Informazioni - Sindacatoscuola FLC CGIL Brescia

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Informazioni - Sindacatoscuola FLC CGIL Brescia
INFORMAZIONE
Giugno 2011
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Sommario:
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SINDACALE
FLC Cgil – Universita’ Cattolica “S. Cuore”
Sedi Padane
Che fine ha fatto il contratto del personale tecnicoamministrativo?
CEL: inizio della trattativa per il rinnovo del contratto
Riunione a Roma dei delegati FLC-CGIL delle università
libere
Rapporto sui diritti globali 2011
CHE FINE HA FATTO IL CONTRATTO DEL
PERSONALE TECNICO-AMMINISTRATIVO?
Nel mese di marzo sono state inviate alla
direzione di ateneo le piattaforme per il rinnovo
del contratto 2011-2014 (come ricorderete FLCCGIL ha inviato la piattaforma realizzata grazie
alla collaborazione delle lavoratrici e dei
lavoratori in varie riunioni e conclusa nell’
assemblea generale del 21 marzo).
Il 10 maggio si è svolto un incontro preliminare
per
l’apertura
della
contrattazione
fra
organizzazioni sindacali e direzione a cui ha
partecipato il Direttore Amministrativo Prof.
Marco Elefanti. Si è trattato di un incontro
formale di apertura a cui però, fino ad oggi, non
ha fatto seguito alcuna convocazione.
A maggio vi è stato un incontro tra le OO.SS. e
la Direzione su il polo unico che coinvolgerà il
personale delle Segreterie di Facoltà.
Intanto il 29 giugno le organizzazioni sindacali
sono state convocate dall’Amministrazione per
discutere della possibile “detassazione dei
componenti accessori della retribuzione”.
E’ del tutto evidente che il rinnovo contrattuale,
oramai, sara’ affrontato dopo la pausa estiva.
Collaboratori ed Esperti Linguistici (CEL):
INIZIO DELLA TRATTATIVA PER IL RINNOVO
DEL CONTRATTO
Il giorno 15 giugno si e’ svolto un primo incontro
tra CGIL (unica rappresentante del settore) ed
Amministrazione per il rinnovo contrattuale del
personale Collaboratori ed Esperti Linguistici
(CEL) . Nel corso dell’incontro sono state
affrontate tutte le possibili modifiche normative
all’attuale testo contrattuale; mentre per quanto
concerne l’aspetto economico viene confermato
l’attuale sistema di riferimento alla docenza
universitaria statale.
RIUNIONE A ROMA DEI DELEGATI FLC-CGIL
DELLE UNIVERSITA’ LIBERE
Si e’ svolto a Roma presso la sede nazionale
della FLC-CGIL un incontro dei delegati FLC
delle università libere e private di tutta Italia per
un confronto sulla situazione degli atenei non
statali..
Ci sembra importante infatti confrontarsi con le
altre università libere per verificare le condizioni
di lavoro, la situazione dei rapporti contrattuali e
lo stato della contrattazione. Allo stesso tempo
sarà possibile verificare come si possono trovare
linee di azione e obbiettivi comuni in modo da
avere più forza e possibilità di raggiungerli.
Di seguito una breve sintesi dell’incontro:
Università non statali: sintesi della riunione
del 20 giugno 2011
Si è svolta il 20 giugno u.s. nei locali della FLC
CGIL nazionale, siti in Roma via L. Serra 31, la
riunione sulla università non statali finalizzata a
riorganizzare sindacalmente questo comparto
all'interno della nostra organizzazione per
garantire al personale che vi opera tutele e diritti
a cominciare da quelli contrattuali.
Si è trattato quindi di un primo incontro con i
rappresentanti sindacali FLC di ateneo
finalizzato a monitorare la nostra presenza e lo
stato della contrattazione nelle università libere,
pontificie e meramente private operanti in tutta
Italia con l'obbiettivo della FLC CGIL di
candidarsi ancora di più a rappresentare anche
questo particolare mondo della conoscenza
troppo spesso relegato ai margini del nostro
dibattito.
Dalla discussione è emerso chiaramente che da
parte di questi lavoratori, tecnici e amministra
tiva ma anche dell'area della docenza, il bisogno
di sindacato proprio a partire dai luoghi di lavoro
sia per consolidare il nostro insediamento sia per
realizzare quel fine individuato nel congresso
costitutivo della FLC: costruire la casa comune
dei lavoratori della conoscenza per ricostruirne
appunto la filiera interrotta dalle politiche
neoliberiste di questi ultimi anni.
In considerazione del fatto che nel mondo
dell'istruzione universitaria non statale non opera
un contratto collettivo nazionale di riferimento
ma solo contratti di ateneo, regolamenti e in
molti casi la contrattazione individuale è stato
concordato di seguire un percorso preciso
rappresentato prima dal monitoraggio delle varie
realtà contrattuali, poi attraverso un'analisi
comparata delle condizioni di lavoro, per
passare poi alla fase successiva che consiste
nel dar vita ad un gruppo nazionale capace di
fare opera di coordinamento delle varie realtà, di
individuare linee politiche rivendicative coerenti
con le politiche sindacali della FLC CGIL e della
stessa CGIL e di sostenere il lavoro e le
iniziative dei territori.
Il percorso appena individuato dovrebbe sfociare
nel breve termine ad un appuntamento
seminariale da tenersi a fine settembre dove
verranno chiamati a dare il loro contributo e
apporto sia i nostri rappresentati di luogo di
lavoro che le stesse strutture FLC CGIL ove
insistono appunto queste istituzioni.
Gli obiettivi sono semplici: riorganizzare la rete
attraverso la costituzione di un forum nazionale,
fornire alle compagne e ai compagni tutta la
strumentazione necessaria per aiutarli a
svolgere il loro ruolo sindacale e contrattuale
all'interno dei singoli atenei attraverso la
formazione continua, cominciare a ragionare su
una piattaforma rivendicativa omogenea che
possa essere propedeutica, nella prospettiva a
lungo termine, ad un futuro contratto nazionale
che regolamenti, in maniera uniforme e in tutto il
territorio nazionale, i rapporti di lavoro, mettere in
campo i dovuti momenti organizzativi in grado di
farci passare dalla semplice tutela all'attività
sindacale e rivendicativa vera e propria.
RAPPORTO SUI DIRITTI GLOBALI 2011
La crisi ha segnato la fine dello "stato sociale europeo". E'
la tesi conclusiva del "Rapporto sui diritti globali 2011",
presentato il 7 giugno nella sede della Cgil e promosso,
oltre che dalla stessa CGIL da diverse associazioni
italiane, tra le quali Arci, ActionAid, Antigone,
Legambiente.
Gli Stati europei "stanno cercando di liberarsi dagli oneri
derivanti dalla protezione degli strati sociali più deboli e
dal mantenimento di una serie di servizi pubblici a suo
tempo considerati essenziali per promuovere lo sviluppo
economico-sociale e oggi ritenuti un fardello". Gli autori
del volume citano Luciano Gallino: "Negli ultimi
cinquant'anni il modello sociale europeo ha migliorato la
qualità della vita di decine di milioni di persone e ha
permesso loro di credere che il destino dei figli sarebbe
stato migliore di quello dei genitori. Ora il modello sociale
europeo è sotto attacco nientemeno che da parte
dell'Europa stessa".
La scure sul welfare. Un "passaggio epocale" che rischia
di passare inosservato. E invece i segni per rendersene
conto (e per cercare di fermare questa trasformazione che
appare ineluttabile) ci sono tutti. I tagli abnormi sulla
spesa sociale in Italia, per esempio. Il "Rapporto sui diritti
globali" li elenca tutti, sottolineando come "dal 2008 al
2011 i dieci principali ambiti di investimento sociale
hanno avuto tagli complessivi pari al 78,7%, passando da
2.527 milioni stanziati nel 2008 ai 538 milioni della legge
di stabilità 2011".
Il Fondo per le politiche sociali, per esempio, è passato dai
584 milioni del 2009 ai 435 del 2010 e arriverà nel 2013
ad appena 44 milioni. Il Fondo per la famiglia è passato
dai 346,5 milioni del 2008 ai 52,5 milioni attuali (il taglio
è del 71,3%). Il Fondo per l'inclusione sociale degli
immigrati, finanziato nel 2007 con 100 milioni dal
governo Prodi, è semplicemente sparito. Sparito anche il
"piano straordinario di intervento per lo sviluppo del
sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima
infanzia", che aveva avuto 446 milioni nel triennio 20072209. Stessa fine per il "Fondo per la non autosufficienza".
Si è rotta la coesione sociale. Sorprendentemente, sono in
molti a pensare che i tagli siano "giustificati" in qualche
modo dalla crisi, quindi "il welfare non è sottoposto solo ai
tagli, ma anche a una crisi di consenso", rilevano i curatori
del rapporto. Infatti "una quota importante di italiani non
vuole che il welfare sia universalistico e che ne possano
fruire soggetti 'non meritevoli'". E si ritiene in qualche
modo legittimo che dal welfare possano essere esclusi
proprio coloro che ne avrebbero più bisogno, ma che meno
possono contribuire a sostenerlo.
Poveri e "vulnerabili" in aumento. I risultati sono sotto
gli occhi di tutti, ma emergono anche dalle fredde cifre, a
cominciare da quelle dell'Istat, che rileva la "povertà
relativa" e quella "assoluta". Aumentano inoltre i
"vulnerabili", cioè i candidati a diventare i prossimi poveri.
Tra loro ci sono i bambini: il 22% dei minorenni vive in
condizioni di povertà relativa in Italia e 650.000 (il 5,2%)
in condizioni di povertà assoluta.
Questo spesso perché i loro genitori sono cassintegrati: ha
figli il 58,3% di chi usufruisce della Cig. Chi perde il
lavoro nel 72% è già in una situazione difficile. Ma ci sono
anche i "working poor", definizione statistica riferita a chi
lavora, ma guadagna troppo poco. L'incidenza della
povertà nelle famiglie con persona di riferimento occupata
è dell'8,9% con oscillazioni tra il 4% del Nord e il 19,8%
del Sud.
La casa sempre più un miraggio. L'Italia, si dice sempre,
è il Paese dei proprietari di casa. Lo è infatti l'81,5% della
popolazione. Ma quel 17,1% in affitto si trova spesso in
grave difficoltà: l'incidenza dell'affitto sul reddito ha avuto
una crescita costante e tra il 1991 e il 2009 l'incremento
dei canoni di mercato in città è stato pari al 105%. Chi sta
in affitto appartiene alle fasce meno abbienti, e quindi in
media il canone "brucia" il 31,2% del reddito. Non
stupisce che quindi siano aumentati gli sfratti. Spesso, poi,
si trova in difficoltà anche chi ha comprato la casa ma
deve sostenere il rimborso di un mutuo oneroso: i 10.281
mutui sospesi all'inizio del 2010 a fine anno erano
diventati 30.868.
Il Paese delle disuguaglianze. All'impoverimento dei
poveri dovuto alla crisi e favorito dal "restringimento" del
welfare si contrappone un miglioramento delle condizioni
dei più abbienti: l'Italia è al sesto posto nella classifica
Ocse della diseguaglianza sociale, ricorda il rapporto
Cgil. Che elenca alcune "diseguaglianze tipo": se il salario
netto medio mensile è di 1.260 euro al mese, una
lavoratrice guadagna il 12% in meno; un lavoratore di una
piccola impresa (e in Italia sono la stragrande
maggioranza) il 18,2% in meno; un lavoratore del
Mezzogiorno il 20% in meno; un immigrato il 24,7% in
meno; un lavoratore a tempo determinato il 26,2% in
meno; un giovane lavoratore (15-34 anni) il 27% in meno
e infine un lavoratore con contratto di collaborazione il
33,3% in meno.
La ricetta finale del Rapporto. Si può imprimere una
svolta alla politica economica e sociale del Paese per
"tenere sui diritti" conclude il rapporto. La proposta: 40
miliardi di euro per abbattere la povertà, da ottenere da una
riforma fiscale che tassi le rendite, diverse tasse di scopo a
cominciare da quella sui SUV, tagli alle spese militari ma
anche alle "grandi opere" inutili, e in genere da un
riequilibrio e da una razionalizzazione della spesa
pubblica. Per arrivare a un "basic income", un reddito
minimo garantito che garantisca anche la dignità, oltre che
salvaguardare "un modello sociale che ambisce alla
coesione".
FLC Cgil Cattolica – sedi padane
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