Condominio: basta una maggioranza agevolata per

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Condominio: basta una maggioranza agevolata per
Condominio: basta una maggioranza agevolata per dire "sì" (o "no") ai lavori per l'attestazione dei cavi in fibra
ottica di Nunzio Izzo
L'art. 1, ult. comma, della recente legge 18 giugno 2009, n. 69 (G.U. n. 140 del 19 giugno 2009, suppl. ord. n. 95)
stabilisce che "Le disposizioni dell'articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, si applicano "anche" alle innovazioni condominiali relative ai lavori di
ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica". Disposizione che, per il rispetto del termine ordinario
di quindici della c.d. vacatio legis (art. 10 preleggi), trova applicazione dal 4 luglio 2009 (la legge 69/2009 è stata
pubblicata nell'arretrato del 27 maggio scorso). Al di là della ennesima ed apprezzabile riduzione delle ordinarie
maggioranze deliberative condominiali, la novella risolve, normativamente, la dibattuta questione interpretativa, sorta
per il combinato disposto dell'art. 2 L. n. 133/2008 (di conversione del D.l. n. 112/2008) e degli artt. 90 e 91 del d.lgsl
1° agosto 2003, n. 259, in merito alla legittimità della facoltà degli amministratori di condominio di opporsi alla
installazione, nei locali condominiali, di apparati tecnici o manufatti delle società concessionarie per il passaggio dei
cavi della banda larga. Infatti, la riportata previsione normativa dimostra per tabulas che detti lavori riguardano un
impianto comune del condominio, perché, altrimenti, non potrebbe sussistere la competenza decisionale dell'assemblea
dei condomini che la novella riconosce ora formalmente e, a contrario, che una deliberazione assembleare può,
altrettanto legittimamente, non consentire tali lavori che sono relativi al "prolungamento" dei cavi della rete pubblica
distruttrice della banda larga all'interno dell'edificio in condominio, per una connessione alla stessa che non incide,
minimamente, sul servizio pubblico, in quanto l'eventuale dissenso attiene solo alla connessione alla rete che resta
inalterata. La speciale previsione normativa sembra escludere anche l'applicabilità, enfatizzata, dell'art.1102 c.c., in
ordine all'uso paritario della cosa comune, perché, se riferito alla rete, pubblica e generale, della banda larga, pare
indiscutibile che questa non costituisce una cosa comune, bensì un cavo o una struttura che sono di proprietà esclusiva
delle società concessionarie, terzi estranei alla collettività condominiale. Qualora, poi, dette società - per intuibili motivi
di eventuale maggiore sicurezza - dovessero preferire l'installazione dei manufatti di loro esclusiva proprietà nei locali
condominiali - al pari, ad esempio, dei ripetitori per la telefonia mobile - potranno liberamente sottoscrivere un regolare
contratto di locazione, anche nummo uno, che valga a tutelare le ragioni proprietarie dei condomini, con l'impedimento
di un'appropriazione per usucapione dell'area interessata, per la quale non è valida una mera dichiarazione antecedente
il perfezionamento di un tale acquisto a titolo originario. In ultima analisi, dette società potranno avvalersi anche della
speciale procedura di esproprio, ove ne sussistano le condizioni, corrispondendo, però, la relativa indennità,
costituzionalmente dovuta, e soggiacendo, inoltre, agli oneri condominiali in relazione all'acquisito della proprietà
esclusiva di una porzione dell'edificio in condominio. L'intervento del legislatore si rivela, pertanto, opportuno perché
con esso viene confermata la differenziazione della installazione della rete della banda larga dalla connessione, libera ed
eventuale, alla stessa: l'una pubblica e l'altra privata. Nel recente passato, è stato sostenuto, con una certa virulenza, che
gli amministratori di condominio non potevano, assolutamente, opporsi alla installazione nelle parti comuni dell'edificio
condominiale di armadietti, centraline e cavi in genere per la connessione dei singoli condomini alla rete della banda
larga, senza che potesse essere pretesa alcuna indennità per tale occupazione e senza, altresì, alcuna partecipazione alle
spese condominiali per la manutenzione e conservazione di quelle porzioni dell'edificio condominiali occupate da tali
manufatti particolarmente invasivi, dei quali le società concessionarie rivendicavano la proprietà esclusiva con una
prospettica formazione dell'usucapione. Sono stati scomodati illustri accademici ed esperti della materia per confortare
la fondatezza di tali pretese, alimentandosi, in tal modo, reciproche diffide seguite, spesso, anche da liti giudiziarie per
l'ostinato rifiuto a sottoscrivere, quantomeno, una, conciliativa e risolutiva, locazione "nummo uno" che valesse ad
impedire validamente la formazione dell'usucapione, come verificatosi, nel passato, per le centraline distributrici
dell'energia elettrica. I gestori, preoccupati dal mancato introito dei canoni per l'utilizzazione del servizio, hanno
favorito una vasta campagna informativa, denunciando sulla stampa quotidiana che gli amministratori di condominio
bloccavano la fibra ottica perché si opponevano illegittimamente alla installazione di impianti di telecomunicazione
nella proprietà condominiale per l'enfatizzata considerazione che la relativa licenza costituisce dichiarazione di pubblica
utilità, negando, nel contempo, che ciò giustificasse il riconoscimento di qualsiasi indennità espropriativa. Tuttavia,
veniva ammesso, contraddittoriamente e confusamente, che: "la legge n. 133/2008 ribadisce che qualora la posa delle
infrastrutture crei problemi, le parti concordano un equo indennizzo, senza cagionare ritardo all'esecuzione dei lavori
ed, in caso di dissenso, l'indennizzo è determinato dal Giudice"; non devono essere pregiudicati i diritti di ciascun
condomino a norma dell'art. 1120, secondo comma, Codice Civile; non devono essere arrecati danni alle parti comuni o
alla proprietà esclusiva dei singoli condomini o a terzi; non è necessaria l'unanimità dei consensi per la costituzione di
una servitù sulle parti comuni dell'edificio condominiale (art. 1108 c.c.) se la servitù è imposta da motivi di pubblica
necessità" (cfr. www.mondocasablog.com/.../news-condominiali-le-fibre-ottiche); "che l'opposizione degli
amministratori dei condomini alla installazione della centralina all'interno degli edifici e il passaggio dei cavi nelle
"canaline già esistenti", sul piano giuridico, non trova fondamento" (cfr. www.mediarecord.com); "non ci si può
opporre alla posa delle fibre ottiche in condominio, anche se nessuno dei proprietari l'ha richiesta", pur riconoscendo,
però, che "i cavi e fili possono "correre" nelle proprietà private o in quelle condominiali "solo" se è dimostrata la
necessità del passaggio, perché, se esistono soluzioni alternative, anche più costose, vanno comunque imboccate". Nel
contempo si riconosceva, pacificamente, che "un conto è far arrivare la fibra ottica al condominio, ma un altro è fare i
collegamenti
nell'ambito
del
condominio,
raggiungere
i
singoli
appartamenti"
1
(www.mediamente.rai.it/home/bibliote/.../piol.htm, intervista Parigi, European IT Forum, 05/09/95, "Fibra ottica e
multimedialità interattiva") ed, inoltre, che "i lavori necessari per il collegamento sono effettuati in due fasi: in strada e
nel condominio": gli interventi in strada consistenti nella posa della fibra ottica sotto il manto stradale, provvedendosi al
collegamento degli edifici mediante un prolungamento, sotto il marciapiede, della canalina della fibra ottica sino ad
arrivare alla "parete esterna" degli stabili, mentre gli interventi in condominio si risolvono nel "prolungamento della
fibra ottica" all'interno del condominio sino ai locali dove generalmente sono presenti gli apparati degli altri servizi di
pubblica utilità (luce, gas, telefono). All'interno del condominio viene installato un piccolo dispositivo "alimentato
localmente" che gestisce i collegamenti della rete ... ai condòmini (è sufficiente un solo dispositivo per tutto il
condominio)". Al riguardo - occorre aggiungere - collegandosi alla rete elettrica del condominio senza alcun rimborso
di spesa. La descritta querelle non appariva esente dall'interesse dei gestori di un consistente risparmio economico,
attraverso una utilizzazione gratuita delle aree private, sottraendosi anche alla partecipazione alle spese condominiali,
con la prospettiva futura (più o meno consapevole) di un acquisto gratuito ed originario per usucapione (cfr. Cass. 30
marzo 1993, n. 3865) sia pure delimitato. Tale ingarbugliata questione giuridica, enfatizzata dalla sussistenza e dal
perseguimento del superiore interesse pubblico della comunicazione, viene ora risolta soddisfacentemente dalla
disposizione in commento per due assorbenti e risolutive considerazioni: la previsione di una speciale e ridotta
maggioranza deliberativa assembleare riconosce, inequivocabilmente, non solo, che l'impianto interno è comune - al
pari degli impianti di ricezione dei programmi satellitari ai quali la norma rinvia analogicamente - con l'esclusione,
pertanto, della presunta proprietà esclusiva delle società concessionarie del servizio della banda larga, ma - con
argumentum a contrario - che i lavori di ammodernamento "necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica" possono
essere legittimamente non approvati e, quindi, negati con una legittima deliberazione assembleare, approvata per
esempio con una contraria maggioranza, superiore a quella agevolata. Ciò pare confermare legislativamente che la
insindacabile libertà gestoria ed organizzativa delle società concessionarie si arresta, ineluttabilmente, sulla soglia di
ingresso del condominio, in quanto il prolungamento all'interno dell'edificio in condominio non fa parte della rete
distributrice del servizio pubblico che termina con una centralina che può essere, agevolmente, posizionata all'esterno
del fabbricato e sulla pubblica via. Tanto ciò è vero che il comma 5 della stessa disposizione prevede che "Per gli
interventi di installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, la profondità minima dei lavori
di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l'ente
proprietario della strada". Previsione questa che va ad aggiungersi alle altre deroghe alle norme urbanistiche, all'uopo
disposte all'atto della prima legiferazione in materia, circoscrivendo, così, gli interventi autoritativi alle aree pubbliche e
non private. Deve, con l'occasione, segnalarsi che, frequentemente, gli armadietti o centraline per le connessioni singole
sono utilizzati per servire anche edifici limitrofi e possono essere anche utilizzati per la fornitura di altri e diversi servizi
a pagamento. Un impiego economicamente redditizio. In proposito, si segnala il provvedimento del Tribunale di Roma,
sez. VII dr. Buscema, 11 giugno 2004 (in Dossier Condominio n. 83, pag. 37, ediz. Anaci, sezione di Roma) che ha
ordinato di eliminare immediatamente ogni collegamento tra l'impianto collocato nel condominio ed utenti ad esso
estranei, rimuovendo nel contempo ogni cavo esistente in quanto l'iniziativa abusiva della società integra gli estremi di
una molestia al possesso del condominio sulle sue cose che, in tal modo, è stato illegittimamente limitato. Il
provvedimento era stato chiesto da un amministratore di condominio che, nell'ambito dei doverosi atti conservativi dei
diritti inerenti alle parti comuni, aveva constatato l'allaccio abusivo di utenze relative ad edifici limitrofi all'impianto
debitamente autorizzato. È stata, pertanto, accordata la tutela manutentoria, respingendosi l'eccezione di giurisdizione
del giudice amministrativo perché nella fattispecie non veniva in rilievo alcuna rilevanza pubblica del predetto impianto
che, peraltro, non era stata mai dichiarata ed, inoltre, perché mancava qualsiasi provvedimento di imposizione di servitù
prevista dal codice delle comunicazioni elettroniche. Considerato che i cavi delle fibre ottiche si differenziano per
installazione in esterno e cavi per installazione in interno, appare legittimo e conforme ai principi costituzionali che non
possa pretendersi la coatta installazione in aree private di centraline o armadietti che possono essere installati all'esterno
dell'edificio, risultando irragionevole quanto illegittima la pretesa di utilizzare gratuitamente aree private per una
maggiore sicurezza di tali manufatti, con un ingiusto arricchimento in pregiudizio dei condomini che, addirittura,
potrebbe essere chiamati a rispondere di eventuali danni a detti manufatti (es. infiltrazioni d'acqua), oltre alla possibile
usucapione delle porzioni occupate che, con il decorso del ventennio, verrebbero trasferite alle predette società
concessionarie. In forza della disposizione in commento, non pare più revocabile in dubbio che all'assemblea dei
condomini spetta legittimamente di autorizzare, o non, il prolungamento della banda larga nell'ambito condominiale,
con centraline ed armadietti vari, restando libera ed incondizionata la connessione alla rete, esterna al condominio,
tramite un sottile filo di proprietà del singolo utente e facilmente asportabile con la cessazione dell'utenza. Quanto sopra
precisato, deve osservarsi, conclusivamente, che la disposta estensione delle "disposizioni dell'articolo 2-bis, comma 13,
del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66" si rivela di
grande rilevo giuridico e pratico. Infatti, essa amplia la categoria delle "innovazioni necessarie", configurate,
inizialmente, per gli impianti condominiali di ricezione dei programmi satellitari ed ora comprensive anche degli
impianti "condominiali" per l'utilizzazione della banda larga. Deve, però, evidenziarsi che per la favorevole decisione
condominiale al riguardo è necessaria la stessa maggioranza qualificata ridotta di un terzo del valore dell'immobile e di
un terzo dei partecipanti al condominio e non la "maggioranza semplice" - come equivocamente è stato affermato per un
verosimile lapsus - perché questa ultima, in forza dell'intervento chiarificatore di cui all'art. 27, comma 22, della legge
23 luglio 2009, n. 99, è soltanto quella della maggioranza delle quote millesimali degli intervenuti all'assemblea",
prevista eccezionalmente per le innovazioni volte al contenimento energetico che non può essere estesa oltre il caso
2
previsto. Quella che è identica, per le ipotesi regolate dalle leggi n. 66/2001 e 69/2009, è esclusivamente quella di cui
all'art. 1136, terzo comma (1/3 teste e 1/3 millesimi) e non la maggioranza semplice dei partecipanti alla singola
assemblea, prevista, eccezionalmente, per il contenimento del consumo energetico, nella ricorrenza, peraltro, della
specifica condicio iuris. La novella in commento dimostra, pertanto, il continuo adeguamento della disciplina
condominiale all'evoluzione sociale che assicura la sua perdurante vitalità ed adeguatezza giuridica che, forse, dovrebbe
far riflettere i sostenitori di una generale riforma dell'intera disciplina condominiale che sembrerebbe motivata,
essenzialmente, da non corrette interpretazioni della vigente normativa condominiale non aderenti alla specificità del
condominio e che si ispirano, piuttosto, alle regole ordinarie. La novella legittima, pertanto, gli amministratori di
condominio alla difesa delle parti comuni contro invasioni non debitamente autorizzate e potenzialmente
pregiudizievoli per le ragioni proprietarie dei condomini.
* Avvocato
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