IL MATTINO 17 anni, e` lui l`autista della bomba
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IL MATTINO 17 anni, e` lui l`autista della bomba
IL MATTINO 17 anni, e' lui l'autista della bomba Venerdì 2 ottobre. Un pomeriggio come tanti alla Sanità. Giulio Pirozzi è tranquillo, nel suo quartiere. La zona dove la sua "fama di boss" non teme rivali. Ha un nome difendere, un gruppo da far valere contro le insistenze dei clan di Secondigliano, che vogliono controllare tutta la città attraverso alleati e persone a loro fedeli. Pirozzi si oppone spavaldo. Tanto sicuro da accettare volentieri l'invito di quel suo giovane conoscente, sveglio e ancora incensurato, che lo porta al circolo ricreativo di via Cristallini, gestito dal fedelissimo Mario Savarese. L'amico x parla con Pirozzi, lo conduce al circolo, dove lo lascia. Poi va via. Frazioni di secondi e, in contemporanea, arriva una Fiat uno beige. Viene parcheggiata lì vicino. Nessuno so- spetta che, il guidatore y, sia un giovane di 17 anni.Un minorenne con qualche precedente penale. Ungiovanissimogià reclutato dai sanguinari clan dell'"alleanza di Secondigliano". Flash black di un attentato: quello che doveva stroncare ogni velleità di resistenza del clan storico della Sanità Misso-Pirozzi - al disegno di espansione del cartello dominante in città. Attimi. Esplode Fiat uno (rubata solo il giorno prima), con il suo carico di bomba mortale. L'inferno. Via dei Cristallini come Beirut. Urla, sangue. terrore. Tredici feriti, il boss sfiorato di striscio sulla fronte da una scheggia. Il suo amico Mario Savarese costretto a ricorrere alle cure in ospedale. Ci vuole poco, per chi è abituato ad avere a che fare con sangue e morte, a chi conosce le geografie camorristiche, riuscire a fare collegamenti. Ricostruire responsabilità. Tra martedì e mercoledì scorso, così, Giulio Pirozzi comincia a tirare le somme dell'accaduto. Quell'autobomba rischia di minare la sua «credibilità di boss», fargli franare il diffuso consenso popolare raccolto negli anni. E discute con Savarese e altri due suoi fedelissimi. Meditano vendetta, fanno riferimento a un personaggio che avrebbe dovuto aiutarli nel progetto di violenta reazione. Un personaggio che aveva agito anche nel quartiere Materdei. Ma i propositi vengono bloccati dalla Polizia venerdì scorso. Otto giorni dopo il drammatico attentato. Cosa è successo nel lavoro degli investigatori? La svolta avviene nella notte tra giovedì otto e venerdì nove. In Questura, negli uffici della Squadra mobile, è stato fermato proprio x. Un colpo di fortuna, quello che aiuta gli investigatori tenaci. A dimostrazione che anche perquisizioni e fermi a tappeto, i cosiddetti servizi di controllo del territorio», pagano. X era stato fermato proprio nei giorni successivi la strage. Routine. Ma lui crolla. Nella notte, arrivano in Questura i Pm Filippo Beatrice e poi Armando D'Alterio, con Franco Roberti della Procura nazionale. X collabora e nomina come suo difensore l'avvocato Ferdinando Rossi, che viene subito convo- cato. E' il racconto della strage. X si autoaccusa. Viene subito fermato Y. E un minore e bisogna subito avvertire il Pm di turno alla Procura per i minorenni. Il magistrato, Maria Pia Gualtieri, arriva subito dopo e anche Y viene interrogato per essere arrestato. E' il fermo, che stamattina, ai Tribunale dei Colli Aminei, sarà sottoposto all'eventuale convalida del Gip Serena Battimelli. Si delineano i contorni di una strage e dei suoi presupposti criminali, attraverso il grosso lavoro degli inquirenti. Alla riuscita dell'attentato non avrebbero materialmente contribuito più di tre o quattro persone: X, Y, un palo e un ulteriore complice. Dietro di loro, come mandanti, il cartello dei clan di Secondigliano. Una svolta investigativa, impegnata su due fronti. Il Gip Laura Triassi ha, infatti, convalidato, dopo una breve udienza, i fermi di Giulio Pirozzi (assistito dall'avvocato Lello Chiummariello), Mario Savarese (avvocato Vittorio Giaquinto), Enzo Troncone (avvocato Carlo Fabbozzo). Dinanzi ai Pm Rosario Cantelmo e Maria Di Addea (che si alternano nel lavoro investigativo con i colleghi Luigi Bobbio e Luciano D'Angelo) si sono avvalsi tutti, tranne Savarese, della facoltà di non rispondere. Vengono accusati di associazione camorristica. A loro carico le intercettazioni ambientali, registrate il 7 e 8 ottobre. Il Gip Triassi ha subito, nei loro confronti (ma anche del latitante Vincenzo Di Maio, altro fedelissimo di Pirozzi coinvolto nel fermo di venerdì, ma risultato "irreperibile"), firmato un'ordinanza di custodia cautelare. Scenari di guerra, che, come in un «giallo», si svelano nei loro contorni di orrore.