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INDICE
Premessa……………………………………………………………………….pag. 2
Il Fascismo e la valorizzazione strategico-militare della Sicilia:
l’aeroporto Magliocco di Comiso………………………………………………..» 3
USA-Sicilia, a special relationship?......................................................................» 4
Il processo di militarizzazione della Sicilia e il «Fianco Sud»
della NATO……………………………………………………………………….» 6
L’influenza della nuova strategia americana e della NATO nella politica
militare italiana…………………………………………………………………..» 8
La dottrina Lagorio…………………………………………................................» 11
Dall’oblio del Magliocco alla installazione dei missili Cruise: origini e
ragioni della scelta…………………………………………………………….....» 12
Missili e mafia…………………………………………………………………...» 15
Lo status giuridico delle basi militari…………………………………………...» 18
Conclusioni……………………………………………………………………....» 20
Bibliografia……………………………………………………………………....» 22
Appendice: mappe geografiche e foto
Mappa 1: lo sbarco alleato del 1943
Mappa 2: raggio d’azione dei Cruise
Mappa 3: le radici della mafia
Mappa 4: la mafia e lo sbarco americano
Mappa 5: basi della Stidda in Sicilia e Europa
Mappa 6: i comandi e le infrastrutture NATO in Italia
Mappa 7: installazioni concesse in uso agli USA
Foto 1-2: la base NATO di Comiso
Foto 3 : l’aeroporto Magliocco oggi
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I CRUISE A COMISO
UNA SCELTA NON SOLO STRATEGICA
“Anche se l’opinione pubblica mi è sempre parsa un fantasma intangibile, credo si possa parlare di una sostanziale
indifferenza dei comisani per il problema dei missili. Indifferenza, correggiamo subito, molto attiva, che nasce da una
sindrome siciliana tipica: il pessimismo della ragione cui si aggiunge il pessimismo della volontà. Una conseguenza
razionalissima: tradurre in comportamenti volontaristici, e quindi velleitari, delle idee negative sul piano della
ragione, pirandellianamente non sussiste. Per quale motivo si dovrebbe agire se la nostra visione del mondo ci porta
a considerarlo inutile e dannoso? Tuttavia non potrei nemmeno sostenere che i siciliani siano musulmanamente
sdraiati davanti alla soglia di casa a vedere scorrere il fiume. Anche qui lavorano imprenditori di efficienza quasi
nordica, che agiscono però spinti da un impulso economico. Non mai dietro una spinta utopica o che si tinge di
colori vagamente simbolici, di componenti irrazionali. Ora, il popolo siciliano-se così si può definire questo
coacervo di etnie oscuro e misterioso che io chiamo la Sicilia nazione- è allergico a ogni forma di misticismo, di
entusiasmo. Tutto, dunque, viene ricondotto a una matrice economica per il rifiuto istintivo di immaginare un
movente ideale che non sia immediatamente confrontabile con un obiettivo da conseguire. Siamo capaci di una
rivolta per il pane, ma non di una rivolta per i missili, strumenti misteriosi, vagamente affascinanti nella loro
tecnologia micidiale, comunque lontani. Che nessuno ha mai visto, che continueremo a non vedere. Appaiono dunque
svuotate le marce e i sit-in che si svolgono secondo ritmi teatrali lontanissimi dal nostro spirito. Tra noi qualsiasi
rapporto si tinge di recita, ma festosa e carnale, mentre il teatro cui ci fanno assistere i pacifisti-simulare la morte
atomica-appartiene a forme di simbologia che ci sono estranee”.1
“La storia è scritta essenzialmente dalla geografia che crea sulla superficie del pianeta che ci ospita
linee cosiddette forti e linee deboli, le quali si oppongono a movimenti di masse oppure li
favoriscono”2. La geografia gioca, dunque, una parte essenziale nel determinare la storia e il destino
di un’area e di un popolo e in tal senso non si può negare l’importanza che il fattore geografico e/o
strategico ha rivestito negli anni Ottanta ai fini della scelta di Comiso quale base NATO per la
installazione dei missili Cruise. La collocazione della provincia di Ragusa, di fronte alle coste
dell’Africa settentrionale, nell’isola che si trova al centro del Mediterraneo-per alcuni secoli Mare
Nostrum per la realtà immutabile della posizione geografica, ha fatto sì che fosse crocevia di civiltà,
luogo di sintesi e di sviluppo, di apporti culturali diversi3; allo stesso tempo è stata terreno strategico
privilegiato della lotta fra le potenze che, da tremila anni, si disputano l’egemonia su questo mare.
Un popolo, quello ragusano, che, al di là delle crisi temporanee, ha saputo determinare una fioritura
economica senza precedenti, incentrata su una economia agricola moderna, ma segnato
angosciosamente da una incertezza permanente, come negli anni Ottanta, quando il suo futuro
G. B UFALINO, Perché siamo indifferenti, Epoca, n° 1738, 27.01.1984.
Citazione di S. SILVESTRI, in L. RIMMAUDO, L’aeroporto di Comiso e la militarizzazione della provincia.
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Nell’antichità, a causa della sua posizione privilegiata al centro del Mediterraneo, la Sicilia attirò le mire delle potenze
in espansione, subendo una dopo l’altra le dominazioni di ateniesi, spartani, cartaginesi, romani, bizantini, arabi,
normanni, spagnoli, tutti mossi da concreti interessi commerciali e militari.
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dipendeva dalla grande e incontrollabile partita che Stati Uniti ed Unione Sovietica giocavano nel
Mediterraneo e che proprio in quegli anni ha determinato la paradossale presenza sul suo territorio
dei missili accanto alle serre. L’unico merito che i ragusani hanno avuto agli occhi degli altri
osservatori è stato quello geostrategico di fronteggiare le coste africane. E’ per questo che il
militarismo fascista costruì nel 1937 l’aeroporto militare di Comiso contro la base inglese di Malta;
per questo, negli anni Ottanta, la NATO ha fatto dell’aeroporto Magliocco la base dei missili Cruise.
Il Fascismo e la valorizzazione strategico-militare della Sicilia: l’aeroporto Magliocco di Comiso
Con il suo disegno di egemonia imperialistica sul Mediterraneo, il Governo fascista comprese
perfettamente l’importanza di fortificare ed armare il “bastione-Sicilia” per la conquista del Nord
Africa. In particolar modo la politica di espansione verso l’Africa e la valorizzazione strategicomilitare della Sicilia che il governo di Mussolini andava mettendo a punto sin dalla sua costituzione,
aveva come suo presupposto primario la costruzione di un avamposto militare che tenesse d’occhio
l’isola di Malta, dominata dagli inglesi, e i movimenti della flotta britannica che sin dalla seconda
metà dell’800 controllava le uniche due vie d’accesso nel Mediterraneo: lo stretto di Gibilterra e il
canale di Suez. La scelta dei comandi militari cadde subito nella zona della provincia di Ragusa,
geograficamente la più a sud del Paese e perciò la più vicina alle coste del Nord Africa4.
La costruzione dell’aeroporto Magliocco5, voluta da Mussolini nel quadro della militarizzazione
della Sicilia, “punto chiave” per controllare le vie di comunicazione da Oriente ad Occidente e
ultimata nel 1939, alla vigilia della guerra, fece scattare un primo processo di militarizzazione del
territorio. La presenza di un aeroporto strategico così importante, punto nevralgico nella strategia
militare, a cui facevano capo una miriade di piccoli campi d’aviazione, mimetizzati nelle zone
adiacenti (Bosco di San Pietro, a ridosso della valle dell’Acate, Mortilla, Gela, Sciacca, Licata, ecc.)
e utilizzati come depositi di munizioni, non poteva sfuggire all’obiettivo degli aerei Alleati,
soprattutto con l’intensificarsi delle operazioni di guerra in Africa. Dal Magliocco transitavano le
Tale scelta, inoltre, aveva degli importanti precedenti storici: all’epoca delle guerre puniche (III e II sec. a.c.), dalle
coste della Sicilia sud-orientale partirono le flotte romane per la conquista di Cartagine, e in epoca bizantina, il corpo di
spedizione comandato da Belisario, generale dell’imperatore Giustiniano, salpò dalle stesse spiagge per andare a
combattere i Vandali del Nord Africa (533 d.C.). Una scelta facile, dunque. Del resto, quale altra zona poteva soddisfare
in egual misura le esigenze del regime, se non una che era stata felicemente collaudata nientemeno che da alcuni dei più
grandi condottieri che la storia avesse mai avuto?
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L’aeroscalo fu intitolato a Vincenzo Magliocco, generale siciliano dell’aviazione, morto il 27 giugno 1936 a Lekempti,
nell’Africa Orientale Italiana. Fu soprattutto grazie all’intervento dell’on. Biagio Pace, archeologo comisano di fama
internazionale, se, nel giugno del 1937, riordinando l’assetto territoriale della provincia di Ragusa allo scopo di
eliminare una situazione risalente al periodo feudale e pregiudizievole alla popolazione di Comiso, con legge n. 952
(“Modificazioni alle circoscrizioni territoriali dei comuni di Comiso, Ragusa, Vittoria, Biscari e Chiaramonte Gulfi, in
provincia di Ragusa, e di Caltagirone, in provincia di Catania”) il Governo fascista attribuiva al Comune di Comiso un
aumento complessivo di superficie di 2269 ettari, dei quali 620 li otteneva dalla città di Vittoria, che non gradì per
niente il provvedimento, non tanto per l’amputazione territoriale, ampiamente risarcita con l’assegnazione di ben 1040
ettari del vicino Comune di Biscari (Acate), ma perché in quell’area di 620 ettari vi erano compresi i 146 di contrada
Cannamellito sui quali si stava costruendo l’aeroporto.
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truppe dell’Asse dirette nel Nord Africa e, in particolare, alcuni reparti dell’Africa Korps6: furono i
tedeschi, infatti, a sfruttare la posizione strategica dell’aeroporto dal quale partivano tutte le
incursioni su Malta e contro i convogli inglesi in navigazione nel Canale di Sicilia. Per Comiso
furono anni di angoscia e di pericoli culminati nelle due date del 26 maggio e del 17 giugno 1943,
quando due incursioni alleate diedero il colpo di grazia alla resistenza tedesca e l’aeroporto venne
raso al suolo. Poco dopo, con lo sbarco alleato in Sicilia, l’11 luglio 1943, i reparti della 45ª
Divisione corazzata entrarono in città e lo stesso giorno, vinta la resistenza tedesca, gli americani
espugnavano il Magliocco7.
Usa-Sicilia, a special relationship?
I militari americani fecero la loro prima apparizione a Comiso all’alba del 10 luglio 1943, quando
approdarono sulle spiagge fra Licata e Noto: era l’operazione Husky, lo sbarco alleato in Sicilia,
meglio nota come «operazione Luciano» 8. Alla vigilia dello sbarco alleato, le autorità militari
americane scesero a patti con il boss Lucky Luciano pur di ottenere l’appoggio dei capimafia
siciliani: numerose testimonianze e documenti ufficiali americani hanno permesso di stabilire che,
in previsione dello sbarco in Sicilia, il servizio segreto militare degli USA – l’OSS9 reclutò diversi
esponenti della mafia italo-americana, come Joe Profaci, Vincent Mangano, Nick Gentile e Vito
Genovese, ai quali fu affidato il compito di informare i servizi sulla situazione siciliana e di
preparare il terreno e il personale politico per amministrare l’isola una volta conquistata.
L’ «operazione Luciano», dunque, fu propedeutica non solo e non tanto allo sbarco militare alleato,
quanto piuttosto ad una operazione politica più complessa, tesa a coinvolgere la mafia siciliana
nell’azione di governo dell’isola e più in generale in un ruolo d’ordine a difesa degli interessi
americani in Italia. Un’abbondante letteratura ha ricostruito i legami intercorsi tra il governo
statunitense e i principali gruppi mafiosi siciliani nella realizzazione del sistema di dominio che gli
Stati Uniti ristabilirono in Sicilia subito dopo lo sbarco alleato. Il governo americano arruolò la
mafia all’interno dei propri servizi strategici e militari, utilizzandola quale strumento essenziale del
proprio intervento politico in Italia. Un intervento questo, di chiara matrice conservatrice e anticomunista, che vide perfino la disponibilità dell’amministrazione statunitense a scendere a patti con
il banditismo10. Perfino gli stessi militari italiani posti a capo del ricostruito Esercito Nazionale in
Il famoso corpo speciale tedesco istituito da Hitler per la guerra nel deserto e affidato al comando di Rommel.
Immediatamente dopo la guerra l’aeroporto Magliocco passò in uso al 340th Bombardment Group e al 64th Troop
Carrier Group delle forze armate statunitensi. Fu in questo periodo che l’aeroporto di Comiso fu collegato mediante un
oleodotto alla base aerea di Gela, che ne migliorò la prontezza operativa. Dal 1945 al 1954 la base restò inutilizzata per
essere poi impiegata quale scalo civile dell’Alitalia sino al 1973. A partire da quell’anno l’aeroporto Magliocco fu
ridotto a stazione di controllo radio dell’Aeronautica Militare.
8
Cfr. G. CASARRUBEA, Storia segreta della Sicilia: dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra, Milano, Bompiani,
2005; R. CAMPBELL , Operazione Lucky Luciano. La collaborazione segreta tra mafia e marina statunitense durante la
seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1978.
9
L’Office of strategic services ha preceduto negli anni Quaranta la nascita della CIA.
10
Si pensi ad esempio alla vicenda che vide l’OSS fornire le armi a Salvatore Giuliano per compiere la strage di Portella
delle Ginestre, il 1° maggio del 1947.
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Sicilia, furono protagonisti di torbidi accordi con i leader mafiosi e con i rappresentanti di alcuni
settori del movimento separatista dell’isola11.
Con l’avvento di una “guerra fredda” che rendeva sempre più evidente la frattura Est-Ovest,
l’interesse prioritario per il Presidente americano Truman era quello di evitare che l’Italia finisse nel
campo sovietico12. La Sicilia veniva così assunta ad avamposto strategico per la difesa del teatro
sud-europeo in caso di scoppio di un conflitto globale. Tuttavia la funzione dell’isola non veniva
circoscritta al solo impegno militare antisovietico; la Sicilia assumeva infatti per gli Stati Uniti un
ruolo chiave nel “contenimento interno” contro ogni forma di presenza comunista in Italia. Era
stato lo stesso Truman a garantire al governo italiano la disponibilità degli USA ad intervenire
militarmente in caso di minaccia esterna o interna all’Italia 13. Evitata la formazione di un governo
filosovietico nel cuore del Mediterraneo e fallito il movimento separatista della “quarantanovesima
stella” con l’obiettivo di confederare il futuro Stato indipendente siciliano agli Stati Uniti, la mafia,
dapprima, era rimasta a guardare, incerta sul da farsi e con chi schierarsi, poi i suoi voti andarono
sempre più a favore della DC, partito sul quale gli Stati Uniti avevano cominciato a puntare14.
In Sicilia, gli americani tornarono qualche anno dopo, questa volta in abiti borghesi. La pace era
stata ormai firmata ed era cominciata la guerra fredda, ma soprattutto erano gli anni della
ricostruzione. Sulla scia degli aiuti del piano Marshall, e a volte ripercorrendo le orme dei liberatori
alleati, finanzieri statunitensi vennero in Italia a impiantare nuove industrie. Quelli che tornarono a
Comiso avevano progetti petroliferi: installarono il loro quartier generale a Ragusa e da quì fecero
incursioni nella campagna circostante. Il petrolio estratto, attraverso un oleodotto, raggiungeva
invece Augusta, e quì veniva imbarcato per essere raffinato altrove. Poi i pozzi cominciarono a
esaurirsi e la Gulf li vendette all’ENI, ma la grande illusione era finita da tempo.
11
Alcuni documenti americani hanno ricostruito i legami tra il gen. Giuseppe Castellana, comandante della Divisione
“Aosta”, il boss Calogero Vizzini e alcuni mafiosi trapanesi della famiglia Nasi. Cfr. G. C ASARRUBEA, op.cit.
12
Da quì la decisione di un massiccio impegno nella campagna elettorale italiana, per le elezioni del 18 aprile 1948, a
sostegno della DC e dei suoi alleati; parallelamente i piani della C.I.A. annoveravano la possibilità di moti separatisti in
Sicilia e in Sardegna come ultima carta per evitare la formazione di un governo filosovietico nel cuore del
Mediterraneo. P. Mastrolilli, M. Molinari, L’Italia vista dalla Cia, Bari, Laterza, 2005.
13
Secondo la direttiva 1/2 emanata dal National Security Council, organo consultivo del governo USA, tra le differenti
opzioni militari da intraprendere nel Mediterraneo in caso di partecipazione o controllo totale del governo da parte dei
comunisti, era prevista ad esempio l’installazione di forze in Sicilia o in Sardegna o in ambedue le isole. Sempre per
bloccare una possibile avanzata comunista in Italia, le forze armate statunitensi e britanniche giunsero a progettare un
vasto piano d’intervento militare in Sicilia che prevedeva lo sbarco nei porti dell’isola di oltre 30 unità navali e il
trasferimento di centinaia di cacciabombardieri da Malta agli aeroporti di Augusta, Comiso e Boccadifalco.
14
Al raduno dei capi della mafia (Palermo, 21.11.1946), il boss Cottone dichiarava che “in vista delle elezioni non verrà
appoggiato alcun partito in particolare, ma si cercherà di avere influenza e controllo in ogni partito…la mafia non ha
pregiudizi contro nessun partito ad eccezione del comunismo, anzi la mafia è pronta a combattere il comunismo anche
con le armi”. Archivio di Stato USA, documento 86500/II-2345. Cfr. American Consulate General, Meeting of Mafia
leaders with General Giuseppe Castellano, Palermo, November 21, 1944, in “Relazione di Minoranza - Commissione
Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia”, Roma, 1976, pag. 1121.
5
Il processo di militarizzazione della Sicilia e il «Fianco Sud» della NATO
La posizione geografica della Sicilia non poteva non avere riflessi diretti sull’assetto militare e
strategico dell’isola: per la sua posizione centrale nel Mediterraneo, la Sicilia è il luogo dove per
prima si ripercuotono i mutamenti concernenti l’equazione strategica non solo mediterranea. Ogni
cambiamento che si è avuto nel confronto tra USA e URSS dal dopoguerra in poi si è quasi
immediatamente ripercosso nel dispositivo USA-NATO in Sicilia che si trova così ad essere “il
termometro sensibile ai mutamenti dovuti ai nuovi disegni strategici” 15. Subito dopo l’adesione
dell’Italia al Patto Atlantico, avvenuta a Washington il 4 aprile del 1949, la Sicilia divenne oggetto
di un nuovo processo di militarizzazione16: si fecero frequenti gli stazionamenti di unità navali
americane nei porti siciliani e negli stessi mesi si iniziò a registrare anche un’intensa attività aerea
di velivoli USA sugli aeroporti principali dell’isola. Parallelamente gli anglo-americani iniziarono il
finanziamento e la realizzazione di impianti e infrastrutture di notevole valenza militare-strategica,
primo fra tutti il grande complesso di raffinerie petrolifere nella baia di Augusta, sin d’allora
utilizzato per il rifornimento di carburante delle unità navali militari in transito nel Mediterraneo
centrale. Fu dato inoltre il via all’ampliamento degli scali aerei di Catania e Comiso su cui
esercitavano un illimitato controllo alcune società britanniche ed americane. Con l’adesione al Patto
Atlantico l’Italia diventava il principale caposaldo degli USA e della NATO in un Mediterraneo che
veniva ad assumere un’importanza strategica essenziale nel confronto Est-Ovest. Dopo una serie di
contatti tra gli alti vertici politici e militari statunitensi ed italiani, si giunse nel 1954 alla stipula di
un accordo bilaterale coperto dal segreto militare, che avrebbe regolato da allora in poi la presenza
di basi militari USA sul territorio nazionale17. Grazie a queste infrastrutture l’Italia avrebbe
15
S. PALIDDA, L’Italia: paese sintesi o vittima degli orientamenti strategici U.S.A., Relazione al Seminario “Il
movimento per la pace in Sicilia e in Italia”, Palermo, 18-20 luglio 1983, pag. 6.
16
Basi USA e NATO in Sicilia: Area Augusta-Melilli-Priolo (Siracusa), Pontile e Deposito POL + Munizioni Nato
Deposito generale munizioni (Cava Sorciaro), US Naval Air Facility Detachment - US NAF Det (Priolo Garagallo),
Caltagirone (Catania), Stazione di telecomunicazione del 2189th Information System Squadron - US Air Force,
Centuripe (Enna), “Catania Satcom Terminal” - Stazione Satellitare Nato, Comiso (Ragusa), 487th Tactical Missile
Wing - US Air Force, 2189th Information System Squadron – US Air Force, Isola delle Femmine (Palermo), Deposito
generale munizioni Nato, Lampedusa (Agrigento), Stazione Loran C - Coast Guard USA, Marina della Marza (Ragusa),
“Pachino Target” Naval Air facility - US Navy, Monte Lauro (Siracusa), Stazione ripetitrice ICZZ - Ace High Nato,
Motta Sant’Anastasia (Catania), Sigonella Naval Air Station (NAS I) - US Navy, Niscemi (Caltanissetta), Naval
Communication Station (NAVCASMED) - US Navy, Pantelleria (Trapani), Stazione Radar “Serra Gerlando” – Nato,
Centro Radar “Gelkmar” - US Navy, Sigonella - Lentini (Siracusa), Sigonella Naval Air Station 2 (NAS 2) - US Navy,
Sigonella Naval Air Station 3 (NAS 3) - US Navy, Fleet Logistic Support Squadron 24 (VR 24) - US Navy,
Antisubmarine Squadron 25 (VP 25) - US Navy, Helicopter Combat Support Squadron 4 (HC 4) - US Navy, 4th Vertical
on-Board Delivery Squadron (VOD 4) - US Navy, 2nd Explosive Ordnance Disposal Group (EOD) - US Navy, Naval
Mobile Construction Battalion - US Navy, Mobile Seebee Battalion - US Navy, Mobile Mine Assembly Group
(MOMAG) - US Navy, Naval Oceanography Command Detachment - US Navy, Meteo Group - US Navy, Sigonella
Anti-Submarine Warfare Operations Centre (ASWOC), Sigonella NAVCASMED (Naval Communications Area Master
Station Mediterranean) Detachment - US Navy, Aircraft Intermediate Maintwenance Department (AIMD) - US Navy,
Special Ammunition Depot - US Navy, Marine Guard Barracks - Marine Corp, 7024th Special Activities Squadron 487th Tactical Missile Wing - US Air Force, OL-A Operating Location-A Detachment - US Air Force, Trapani-Birgi,
Nato Airborne Early Warning Force Forward Operating Base (NAEW FOB), Base di rischieramento avanzato (COB) F16 (US Air Force) - F-18 (US Navy). A. MAZZEO, Sicilia armata. Basi, missili, strategie nell’isola portaerei della Nato,
Messina, Armando Siciliano Editore, 1991.
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In data 20.10.1954 Italia e Stati Uniti concludono un accordo quadro considerato di massima segretezza che disciplina
concretamente a livello bilaterale le basi e le infrastrutture concesse in uso agli americani sul territorio italiano. G.
6
garantito le operazioni di rifornimento e di “eventuale ripiegamento” per le forze americane di
stanza in Centro Europa e per i bombardieri strategici in grado di colpire obiettivi civili e militari in
Unione Sovietica. Nei piani degli Stati Uniti, l’Italia sarebbe stata in caso di conflitto la “via per
rientrare in Europa, attraverso delle teste di ponte da mantenersi in Sicilia, in Sardegna e,
possibilmente, in tutta l’Italia del Sud”. In seguito a questo accordo, nel 1957 il governo italiano
autorizzò gli Stati Uniti a realizzare nella Piana di Catania una Naval Air Facility della US Navy. Si
diede così il via alla costruzione della base di Sigonella. L’Alleanza Atlantica considerò il «Fianco
Sud» di importanza strategica secondaria rispetto al teatro dell’Europa centrale almeno sino al
dicembre del 1967, quando fu approvato il cosiddetto “rapporto Harmel” che nel tracciare gli
obiettivi futuri della NATO sottolineava l’esigenza di un maggiore impegno nell’area sempre più
esposta del Mediterraneo, in cui gli eventi della guerra dei sei giorni avevano visto un maggiore
attivismo militare dell’Unione Sovietica18. Ma fu solo in seguito alla guerra del Kippur, nel 1973, e
all’elaborazione delle strategie militari USA e NATO tendenti a riaffermare l’egemonia politicomilitare dell’Occidente e il suo controllo delle risorse petrolifere mediorientali, che le regioni del
Mezzogiorno d’Italia vennero assunte a perno del Fianco Sud dell’Alleanza e sottoposte a un rapido
ed ampio processo di militarizzazione19.
La regione mediterranea, definita dalla NATO “ad alto rischio di conflitto limitato”, non poteva così
che esaltare la valenza strategica della Sicilia, isola che diveniva assai importante per il controllo
dei traffici marittimi fra le due sponde del bacino: si prefigurò per la Sicilia un ruolo di
“avamposto” all’interno di una “strategia di difesa globale” che vedeva la NATO proiettata
operativamente al di là dei confini territoriali ed istituzionali. L’isola veniva definita
“particolarmente sensibile nel dispositivo di sicurezza in questa fase di crisi che ha per epicentro il
Mediterraneo”. Così, in vista del rafforzamento del fronte meridionale dell’Alleanza Atlantica, a
partire dal 1979 si avviarono una serie di programmi NATO per la realizzazione di infrastrutture
militari presso gli aeroporti di Trapani-Birgi e Pantelleria e per il potenziamento delle attività nella
base di Sigonella, che fu trasformata in Naval Air Station. Inoltre si diede il via ad un articolato
programma di ridefinizione delle servitù militari nell’isola con la realizzazione di alcuni nuovi
poligoni di tiro e con la decisione d’installare sui Nebrodi un megapoligono per artiglieria di oltre
MOTZO, Regime giuridico delle basi militari NATO e di altri Stati nel territorio nazionale, in AA. V.V., Le basi militari
della N ATO e di paesi esteri in Italia, Camera dei Deputati, 1990.
18
A tal fine venivano prese due decisioni importanti, l’attivazione a Napoli da parte di USA, Italia, Gran Bretagna,
Grecia e Turchia, di un comando speciale alleato per il coordinamento delle operazioni di riconoscimento aeromarittimo
(MARAIRMED), e la costituzione della NAVOCFORMED una forza navale da attivare nel Mediterraneo su chiamata.
19
Il ruolo strategico e l’importanza delle basi italiane è cambiato nel tempo: mentre nella prima fase della guerra
fredda, l’Italia aveva per l’Alleanza una grande importanza geopolitica in quanto paese di frontiera, sul piano
strettamente militare, invece, in caso di guerra totale tra i blocchi, le basi nell’Italia settentrionale erano considerate a
rischio, in quanto le prime a essere colpite, e quindi ospitavano forze a rotazione, non permanenti, per un più facile
ripiegamento. Più importanti invece erano le installazioni navali e aeronavali nel Meridione e nel Tirreno. Per questa
ragione durante gli anni Settanta si assiste al massiccio rafforzamento del Fianco Sud dell’Alleanza. A. DESISERIO,
Paghiamo con le basi la nostra sicurezza, Limes 4/1999, pp. 27-41.
7
23.000 ettari di terra. Fu comunque la scelta di trasferire nel vecchio aeroporto di Comiso i 112
missili nucleari Cruise previsti dal programma di riarmo NATO, a dare risalto internazionale al
processo di militarizzazione dell’isola, trasformando la Sicilia nella “punta di diamante” della NATO
nel Mediterraneo, una sorta di vera e propria “portaerei naturale” dotata di sistemi d’arma
convenzionali, nucleari tattici e strategici disponibili per il teatro mediorientale e il Golfo Persico.
L’ influenza della nuova strategia americana e della NATO nella politica militare italiana
Dal punto di vista dell’organizzazione e degli obiettivi della politica di difesa, il periodo che dal
dopoguerra si protrae per tutti gli anni Sessanta, vede il totale assoggettamento dell’Italia alle
strategie statunitensi. Malgrado l’attribuzione al nostro paese del ruolo di leader del fianco sud della
NATO, sono in realtà le forze USA, a cui l’Italia fornisce un sostanziale numero di basi ed
installazioni militari, ad assumere questo ruolo, mentre alle forze armate italiane vengono relegati
compiti di natura secondaria e marginale20. Dalla seconda metà degli anni Settanta, quando muta la
percezione del ruolo geostrategico assunto dal Mediterraneo e viene definita in tutto il suo spessore
la “minaccia da sud” degli interessi vitali occidentali in Medio Oriente, l’Italia si trova ad assumere
un ruolo sempre più importante ed attivo all’interno dell’Alleanza Atlantica, anche grazie alla sua
posizione geografica di “cerniera del Mediterraneo”. Gli Stati Uniti chiedono all’Italia un contributo
diretto alla stabilità strategica delle operazioni nell’Africa e nel litorale mediorientale del
Mediterraneo. Questa attribuzione all’Italia del ruolo di partner privilegiato risponde all’esigenza
degli Stati Uniti di trovare un paese europeo disponibile a condividere o almeno a legittimare
eventuali avventure future nel teatro mediorientale, scaricando su di esso almeno una parte del peso
che implica il confronto nel Mediterraneo con l’Unione Sovietica. A tal fine gli USA programmano
una serie di interventi tesi ad innalzare gli stock delle munizioni italiane, a sostenere la
modernizzazione delle forze armate italiane e a incoraggiare un maggiore protagonismo italiano
nelle questioni della sicurezza e del mantenimento della pace oltre l’area tradizionale d’intervento
della NATO. A partire dal 1973, con il conflitto arabo-israeliano, il Mediterraneo diventa il punto
d’incrocio di relazioni e conflitti di tipo Est-Ovest e Nord-Sud: la competizione tra i due blocchi
s’inasprisce in seguito al tentativo dell’Unione Sovietica di rafforzare significativamente la propria
presenza nell’area mediterranea e mediorientale21. L’URSS per tutti gli anni Settanta e per buona
parte degli anni Ottanta tenterà di assicurarsi una significativa presenza navale nel Mediterraneo in
modo da arrestare il cosiddetto “roll-back” imposto in questo scacchiere geostrategico dalla politica
20
Il modello di difesa è ancorato alla cosiddetta “soglia di Gorizia” con i reparti militari concentrati in prevalenza nelle
regioni del nord Italia per resistere a un’eventuale invasione sovietica da Nord-Est e con un ruolo principalmente
finalizzato al “contenimento interno”, contro una possibile insurrezione comunista.
21
Il sostegno dell’URSS al colpo di stato dei militari del 1974 in Etiopia, l’appoggio ai movimenti di liberazione di
Angola e Mozambico che nel 1975 diventano indipendenti dal Portogallo, le buone relazioni con Libia, Siria e Yemen e
sino al 1976 con l’Egitto nasseriano, e soprattutto l’invasione sovietica dell’Afghanistan del dicembre 1979, sono tutti
elementi che mostrano all’Occidente una mutazione dei rapporti di forza con l’Est in grado di minacciare gli equilibri
stabiliti nella regione dopo la seconda guerra mondiale.
8
militare statunitense. In tale contesto il principale strumento d’intervento diretto degli Stati Uniti nel
Mediterraneo è stata la realizzazione di un imponente numero di basi aeronavali in un’area
geografica che dalle isole Azzorre arriva sino al Pakistan. Esse hanno permesso l’installazione di
una serie di infrastrutture di supporto tecnico-logistico della Rapid Deployment Force, la Forza di
Intervento Rapido USA. Questa forza militare flessibile, voluta dal presidente Carter nel 1977 per
contrastare un’invasione sovietica, salvaguardare il traffico petrolifero e garantire la stabilità dei
regimi arabi moderati, fu resa operativa nel 1983 con la realizzazione del CENTCOM (Central
Command), il Comando autonomo della RDF. La Rapid Deployment Force, pur essendo una
struttura totalmente autonoma delle forze armate statunitensi, ha ricevuto immediatamente il pieno e
incondizionato sostegno degli alleati NATO del Sud Europa. Gli Stati Uniti diedero vita alla
costituzione della RDF nella regione mediterranea inserendola in un una nuova dottrina militare,
l’Air Land Battle22 che legittimava le forze armate statunitensi all’attacco preventivo e all’utilizzo di
nuove e più sofisticate armi nucleari, i missili Pershing e i Cruise nelle versioni con lancio da terra,
da unità navali e sottomarini, o da bombardieri in volo. Con l’Air Land Battle le armi nucleari non
sono più necessarie per un impiego finale in un processo di escalation militare ma l’uso di esse e
delle nuove tecnologie emergenti permette l’estensione del campo di battaglia fino ad includervi le
forze nemiche con le quali non esista ancora uno scontro, in modo da annientarle prima che esse si
dispongano alla battaglia vera e propria. Il tutto nell’idea che una guerra di dimensione nucleare
possa essere comunque vinta e limitata nella sua estensione territoriale. Contemporaneamente
l’Amministrazione Reagan muta ruoli ed obiettivi della Marina, non più relegata a forza passiva o
meramente dissuasiva, ma al contrario idonea ad “impadronirsi dell’iniziativa” e ad “attaccare e
distruggere piuttosto che stare sulla difensiva”. Come l’Air Land Battle e la RDF anche la Strategia
Marittima è stata immediatamente adottata dalla NATO23. La nuova strategia americana si basava
inoltre sulla proiezione a lunga distanza della forza militare e naturalmente il bersaglio principale
era costituito dalle aree del Mediterraneo e del Golfo, come anticipato da Carter nel 198024.
22
Dottrina codificata nell’agosto 1982 dall’Army Field Manual 100-5, esaltava il ruolo e lo stile di combattimento della
Rapid Deployment Force. Secondo i ricercatori tedeschi Konrad Ege e Martha Wenger: “Ciò che probabilmente è di
grave conseguenza per il Medio Oriente e il Nord Africa, è che il Field Manual 100-5 prescrive una forza relativamente
piccola, rapidamente dispiegabile, dotata di armi nucleari in grado di essere proiettata in regioni minacciate da
sovversioni, invasioni e perfino dal terrorismo. Queste unità nucleari di dispiegamento rapido sarebbero in grado di
intervenirvi prima, in un contesto in cui una forza convenzionale più grande si dispiegherebbe più tardi”.
23
Secondo quanto spiegato dall’Ammiraglio USA Wesley McDonald, già comandante della Flotta Atlantica della NATO,
essa è “l’unica che rifletta gli imputs e i piani dei nostri alleati”. La “Maritime Doctrine” codifica l’ “escalation
orizzontale”, cioè l’estensione del conflitto dall’Europa centrale al Mediterraneo e al Medio Oriente; ben risponde
pertanto alla mutazione strategica che ha visto la NATO negli ultimi anni proiettare sempre più aggressivamente le
proprie forze verso il fronte meridionale.
24
“Il tentativo fatto da una potenza esterna di assumere il controllo della regione del Golfo Persico sarebbe considerato
come un attacco diretto agli interessi vitali degli Stati Uniti d’America”. Cfr. Comunicato del Summit Ministeriale NATO,
maggio 1982, il quale enfatizzava il riconoscimento dell’importanza degli sviluppi out-of-area dell’Alleanza. “Le
aggressioni armate operate fuori dalla zona della NATO possono minacciare gli interessi vitali dei membri dell’Alleanza.
I paesi alleati sono in dovere di contribuire direttamente o indirettamente agli sforzi tesi a scoraggiare l’aggressione,
come pure a rispondere alle richieste di aiuti da parte delle nazioni esterne alla zona della NATO”.
9
Sul versante europeo, invece, sin dal 1976 i sovietici avevano cominciato a dispiegare nelle zone
occidentali dell’Urss nuovi missili intermedi con testate multiple, una più lunga gittata e una più
elevata precisione di mira. Gli SS20 non modificavano complessivamente i rapporti di forza
nucleare tra i due blocchi, ma suggerivano due constatazioni. In primo luogo, dimostravano
tangibilmente come i sovietici intendessero la nuova distensione di cui avevano appena sottoscritto
le regole con la solenne approvazione dell’Atto finale di Helsinki. In secondo luogo erano una
temibile spada di Damocle sui paesi dell’Europa occidentale contro cui erano puntati. E’ possibile
che la loro installazione non rispondesse a un preciso disegno politico e fosse dovuta semplicemente
all’importanza che le esigenze del complesso militare-industriale avevano assunto al vertice del
sistema sovietico. Di fatto, tuttavia, sottoponevano gli alleati occidentali della NATO a una più
aggiornata e raffinata minaccia 25. Nell’autunno del 1977 il cancelliere tedesco Schmidt sostenne che
l’unico modo per neutralizzare l’effetto politico delle nuove armi sovietiche era quello di stanziare
nei paesi europei della
NATO
missili intermedi di pari potenza e gittata. Ma ciò che più contava era,
in realtà, il nuovo impegno che gli americani avrebbero preso per la difesa dell’Europa e il segnale
che avrebbero dato in tal modo all’Unione Sovietica26.
S. ROMANO, Guida alla politica estera italiana, Milano, Rizzoli, 1993, pag. 206.
Secondo l’ex ministro della difesa Robert Mcnamara, inventore della dottrina della “risposta flessibile”, strategia
ufficiale della NATO, “sul piano militare non c’è bisogno di installare Pershing 2 e Cruise per mantenere uno stabile
deterrente NATO. Tuttavia i leaders europei sostengono che c’è una esigenza politica di installare queste armi, affermano
che esse rafforzeranno la convinzione che gli Stati Uniti verranno a difendere l’Europa se i sovietici attaccheranno. I
380 mila militari americani in Europa sono già una garanzia per questa risposta e l’installazione di Pershing e Cruise
non aumenterà tale garanzia. Dunque gli europei stanno agendo in base ad una valutazione errata, ma visto che lo fanno
la cosa va considerata una realtà. Tuttavia una volta installati, dovremmo tenere lì Pershing e Cruise solo per il tempo
necessario a convincere gli Europei che essi non hanno nessuna giustificazione militare. Dopodichè dovremo ritirarli
unilateralmente”, intervista rilasciata a Newsweek, 05.12.1983.
25
26
10
La dottrina Lagorio
Per lo svolgimento di un ruolo più credibile all’interno della NATO, l’Italia sin dal 1975 diede vita a
un vasto programma di acquisizione di nuovi sistemi d’arma27. La fase di rapida crescita del
bilancio della Difesa coincise con il dicastero di Lelio Lagorio: nei quasi 4 anni in cui egli ricoprì il
ruolo di Ministro della Difesa, le spese militari crebbero infatti dai 5.780 miliardi del 1980, agli
oltre 12.000 miliardi del 1983. Ma fu dal punto di vista di una più attiva e flessibile gestione della
politica estera e militare italiana rispetto a un passato da basso profilo che si registrò un vero e
proprio salto di qualità rispetto al passato. Lagorio, inaugurando il nuovo corso della politica
militare italiana, tracciava un nuovo modello di difesa non più ristretto al concetto della protezione
del territorio dalla minaccia di invasione dall’Est, ma estendeva il ruolo delle Forze Armate alla
salvaguardia degli interessi nazionali e alla protezione delle linee di comunicazioni marittime
essenziali per la sopravvivenza del nostro paese28. Il nuovo modello di difesa tracciato da Lagorio
era finalizzato ad agevolare il riconoscimento di un ruolo attivo all’Italia da parte degli altri Paesi
mediterranei: grazie al trasferimento nel Meridione e in particolare in Sicilia di buona parte del
dispositivo militare terrestre ed aereonavale, si voleva assicurare all’Italia il ruolo di paese guida del
Fronte Sud della NATO e la sua proiezione verso il Mediterraneo. Tuttavia Lagorio si spingeva oltre,
prefigurando per l’Italia un ruolo più autonomo nell’Alleanza Atlantica. A questo scopo il 13
ottobre 1982 esprimeva alla Camera la necessità di “disporre di uno strumento militare difensivo,
aggiornato, moderno, equilibrato” per affermare a livello internazionale la “duplice identità del
nostro Paese che è insieme mediterraneo ed europeo” e dunque “decisamente interessato alla
stabilità non solo in un contesto atlantico ma anche e soprattutto in quello mediterraneo” ben oltre i
limiti geografici imposti dalla NATO. “L’Alleanza”, chiariva Lagorio, “non può più offrire una
garanzia di difesa totale al nostro Paese” e pertanto l’Italia “deve perseguire una sua politica
indipendente e autonoma soprattutto per quanto riguarda i territori non coperti dal patto NATO.
Perciò la politica militare italiana non può esaurirsi nella NATO”29.
Le tappe con cui si concretizzò la “dottrina Lagorio”, videro nel 1980 la firma di un accordo per la
difesa militare della neutralità dell’isola di Malta alla quale l’Italia forniva assistenza ed aiuti
Nel 1975 veniva varata la legge speciale per l’ammodernamento dei mezzi della Marina, mentre nel 1977 era la volta
delle due leggi di ammodernamento per l’Esercito e l’Aeronautica. Sempre a partire dal 1975 le spese militari italiane
aumentarono ad un tasso superiore a quello del PIL. Se nel 1976 le spese militari assorbivano il 2,3 % del PIL, nel 1985
giungevano al 2,7%. Contemporaneamente si avvertiva una notevole espansione della spesa per la ricerca e lo sviluppo
militare; essa, dal 1975 al 1985, passava dal 2,3% all’11,6% del complesso della spesa governativa per la Ricerca e lo
Sviluppo. L’industria bellica nazionale di riflesso, subiva una notevole espansione sino a diventare nei primi anni
Ottanta, la IVª esportatrice al mondo di sistemi d’arma. M. DE ANDREIS , P. MIGGIANO, L’Italia e la corsa al riarmo,
Milano, Franco Angeli, 1987, pag. 200.
28
Tale sopravvivenza era legata alla libertà di accesso alle fonti energetiche mediorientali, come chiarì qualche tempo
dopo lo stesso Lagorio quando giunse ad affermare che “l’accesso alle risorse è senza dubbio, al momento, uno degli
aspetti più critici per il mondo occidentale… privarci delle risorse od inibircene l’accesso può essere in effetti un mezzo
assai efficace per ridurre la nostra capacità di resistere ed addirittura di esistere”. P. MIGGIANO, La politica di sicurezza
italiana, in op.cit., pag. 134. Cfr. L. LAGORIO, Il “modello di difesa”, Relazione al Parlamento in data 14 aprile 1981, in
IPD Informazioni Parlamentari Difesa, n. 4-5, 1984, pag. 23.
29
Cfr. L. LAGORIO, Indirizzi di politica militare, Ministero della Difesa, Roma, 1980; L. LAGORIO, op. cit.
27
11
militari senza specificarne le condizioni; le iniziative di cooperazione militare con Egitto ed Iraq; la
scelta di Comiso quale base per i Cruise; l’autorizzazione concessa il 2 dicembre 1982 all’uso delle
basi italiane per il supporto logistico della Rapid Deployment Force; l’invio di un gruppo navale in
Somalia nel tentativo di far giocare all’Italia un ruolo nel conflitto del Corno d’Africa; il
potenziamento del dispositivo aeronavale e la “diluizione” verso Sud dei reparti un tempo
concentrati sul fronte nord-orientale grazie alla realizzazione di nuove basi militari nel Meridione
d’Italia, in particolare in Puglia e in Sicilia; la partecipazione delle forze armate italiane ad una serie
di missioni militari nello scacchiere mediorientale.
Fu sempre Lagorio a dare il via alla formazione di una Forza di pronto intervento (FoPI) capace di
spostarsi in 24 ore in qualsiasi luogo del paese, dotata di una doppia capacità, militare e di
protezione civile e che solo a partire dal 1985 sarebbe stata “sdoppiata” in 2 tronconi differenti, una
FoPI omonima con fini esclusivi di intervento in caso di calamità, e in una FIR (Forza d’Intervento
Rapido)30, caratterizzata da una “elevata mobilità tattica e strategica che consente di proiettare
tempestivamente le sue componenti nelle aree minacciate”. Alla FIR saranno assegnati i compiti di
intervento su tutto il territorio nazionale per contrastare tempestivamente l’azione nemica e quello
di fornire un contingente per operazioni all’estero quale forza di sicurezza e/o di interposizione sulla
base di accordi bi/multilaterali.
Dall’oblio del Magliocco alla installazione dei missili Cruise: origini e ragioni della scelta
Alla fine del 1978 il presidente americano Carter convocò un vertice nella Guadalupa a cui
parteciparono americani, tedeschi, inglesi e francesi, dove si convenne il rafforzamento della difesa
NATO
in Europa, con l’installazione dei missili Pershing II e Cruise, entro quattro anni, qualora i
negoziati americano-sovietici sulla riduzione delle armi nucleari non fossero giunti a risultati
apprezzabili e a condizione, posta dal cancelliere Schmidt, che la Repubblica Federale Tedesca non
fosse stata la sola nazione a mettere a disposizione il proprio territorio per installare tali armamenti.
Esclusa dal direttorio che si era di fatto formato al vertice dell’Alleanza, l’Italia ebbe comunque
nello spiegamento dei missili americani una parte importante. Si aprirono delle consultazioni tra i
paesi europei della
NATO
e fu Cossiga, allora Presidente del Consiglio, ad assicurare l’assenso
dell’Italia che era stata esclusa al vertice della Guadalupa e che tornerà in seguito ad esservi
ammessa. L’Italia riacquisiva un ruolo nella NATO, che nella sostanza era sempre stato marginale, ma
che tuttavia aveva la sua rilevanza politica 31: non aveva mai posseduto il grado di influenza militare
A. SION, La Forza di Intervento Rapido, in Rivista Militare, marzo-aprile 1986, pag. 52.
Dichiarazioni programmatiche alla Camera dei deputati del Presidente del Consiglio, On. Cossiga, 09.08.1979:
“Nell’Alleanza atlantica l’Italia è presente con la consapevolezza della validità di una organizzazione di paesi liberi che
ha carattere difensivo anche nell’impostazione dei suoi schieramenti di forze e nei mezzi di cui esse sono dotate. In
coerenza con questa ispirazione, l’Italia ha dato una valutazione pienamente positiva alla stipulazione degli accordi Salt
2 proprio in quanto miranti a tradurre nella realtà, nel settore degli armamenti strategici delle due grandi potenze
mondiali, i concetti della parità e dell’equilibrio delle forze che pienamente rispondono agli scopi dell’Alleanza”.
30
31
12
e politica sull’Alleanza dei suoi maggiori alleati europei e ogni tentativo di accrescere la sua
partecipazione nazionale nella programmazione delle strategie nucleari aveva pesato assai poco. Il
paese non discuteva dei problemi nucleari della
NATO,
che poi erano il cuore della sua strategia
difensiva, nelle sedi istituzionali; infatti la strategia nucleare della
NATO
rimase sempre un tema
riservato, di cui poco si discuteva, come fosse cosa d’altri e l’Italia vi partecipasse in qualità di
locataria delle sue installazioni32.
La decisione di installare a Comiso la più potente base missilistica d’Europa, resa pubblica solo il 7
agosto 1981 dal Governo italiano, era stata preceduta da un articolo pubblicato il 20 marzo sul
settimanale “Il Mondo” dal titolo “Un missile cadrà a Ragusa”: era la prima notizia ufficiosa della
decisione del governo, anche se, in verità, le indiscrezioni indicavano Comiso ormai da molti mesi e
circolavano di sicuro fin dal 12 dicembre del 1979, giorno in cui il vertice dell’Alleanza atlantica
rese noto il programma di installazione in Europa di 572 missili a medio raggio in funzione
antisovietica33. Comiso fu scelta con molto anticipo sulla data dell’annuncio e fu preferita ad altre
località più settentrionali per assicurare ed esaltare quella che è stata definita la «doppia funzione»
dei Cruise installati in Italia. La concessione ufficiale sarebbe avvenuta verso la fine del 1980 in
occasione di un incontro tra il Ministro della Difesa Lagorio e il Dipartimento di Stato USA. A
partire dal gennaio del 1981 gli Stati Uniti insediarono a Comiso uno staff tecnico per soprintendere
al sopralluogo del sito. Il tutto fu tenuto nel più assoluto riserbo e nonostante alcune indiscrezioni
stampa, il Ministero della Difesa negò per tutta la primavera del 1981 di aver concesso il vecchio
aeroporto siciliano per installarvi i missili Cruise. Il Parlamento fu informato della decisione solo
nella seduta di chiusura estiva dell’8 agosto. Comiso sarebbe stata preferita anche rispetto ad altre
due basi del Mezzogiorno sia per le migliori condizioni dei sistemi di collegamento, sia per la
32
Cfr. A. Panebianco, “Missili, scandali, inchini” in Argomenti radicali III, 1979, n° 14, pp. 23 ss; M. Simoncelli,
“Armi, affari, tangenti. Ascesa e declino dell’industria militare italiana tra il 1970 e il 1993”, Roma, Ediesse, 1994.
33
Comunicato della Sessione congiunta dei ministri degli Esteri e della Difesa della NATO sulle forze nucleari di teatro
Bruxelles, 12.12.1979: “Nel corso degli ultimi anni, il Patto di Varsavia ha sviluppato un’ampia e crescente capacità nel
settore dei sistemi nucleari che minacciano direttamente l’Europa Occidentale e che hanno una rilevanza strategica per
l’Alleanza in Europa. Questa situazione si è aggravata …a causa delle decisioni dell’Urss di realizzare programmi di
ammodernamento e di incrementare in maniera sostanziale la capacità nucleare delle sue forze a lungo raggio…E’ stato
schierato il missile SS20 che costituisce uno sviluppo significativo rispetto ai sistemi precedenti, per la maggiore
precisione, la più grande mobilità, la più lunga gittata, e a causa della sua testata multipla di cui è dotato; è stato inoltre
schierato il bombardiere Backfire con prestazioni superiori rispetto agli altri aerei sovietici sinora schierati nel ruolo di
teatro. Durante questo periodo, mentre l’Urss è andata rafforzando la sua superiorità nel settore delle forze nucleari di
teatro a lungo raggio sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo, il potenziale dell’occidente nel medesimo settore è
rimasto statico. Queste forze, che non comprendono sistemi nucleari di teatro a lungo raggio basati a terra, diventano
anzi sempre più obsolete e vulnerabili…I Ministri hanno rilevato che i suddetti ultimi sviluppi richiedono l’adozione di
iniziative concrete da parte dell’Alleanza al fine di mantenere credibile la strategia Nato della risposta flessibile….
hanno concluso che l’interesse generale dell’Alleanza sarebbe più efficacemente tutelato adottando due iniziative
parallele e complementari concernenti la modernizzazione delle forze nucleari di teatro e negoziati sul controllo degli
armamenti…I Ministri hanno deciso di ammodernare le forze nucleari di teatro a lungo raggio della Nato procedendo
allo schieramento in Europa di sistemi americani basati a terra comprendenti 108 lanciatori Pershing 2, che
sostituiranno gli attuali Pershing IA americani, e 464 missili da crociera…A tale programma di ammodernamento
partecipano tutti gli Stati che fanno attualmente parte della struttura integrata di difesa: i missili saranno dislocati in
alcuni Paesi che sono stati prescelti, e determinati costi concernenti l’infrastruttura saranno coperti attraverso gli
esistenti schemi di finanziamento comuni”.
13
disponibilità immediata di una vasta area demaniale che avrebbe evitato, almeno in un primo tempo,
le procedure di esproprio a danno di privati. Sembra che sia stata valutata perfino la possibilità di
localizzare i nuovi missili nucleari nella base di Sigonella, ma a causa dell’affollamento delle
infrastrutture e della mancanza di un’area idonea a realizzarvi la zona operativa e di addestramento,
questa ipotesi fu presto scartata.
Sulla scelta di installare i missili Cruise a Comiso ecco alcune delle risposte fornite dal generale
Wright ai deputati americani durante l’audizione del maggio 1981: D. Lei dice che questo non è
stato annunciato in Italia. Presumo comunque che il governo italiano abbia approvato tutto ciò. R.
Sissignore, il governo italiano ha approvato, ma non ha ancora reso nota la località prescelta. E’ una
base che è stata suggerita o proposta dal governo italiano nel corso dei nostri colloqui sulla scelta
della localizzazione. Una delle ragioni dell’alto costo è che si tratta attualmente di una base priva di
ogni cosa. D. E perché una cifra così tanto superiore a quella prevista per la base in Gran
Bretagna? R. In sostanza siamo partiti dalla nuda base, dobbiamo costruire tutte le strutture di
supporto. Si tratta di una vecchia base italiana abbandonata dopo la seconda guerra mondiale. D.
Gli Usa hanno già condotto un esame tecnico della base e dei tempi di costruzione? R. Abbiamo
uno staff di tecnici sul posto dal gennaio di quest’anno34. Dalla dichiarazione del generale Wright si
evincerebbe, dunque, che la scelta di Comiso fu concordata con gli italiani e non certo per ragioni di
praticità o di economicità; inoltre la decisione annunciata dal Governo italiano solo il 7 agosto 1981
era conosciuta da lungo tempo negli Stati Uniti e già da otto mesi prima che la decisione fosse resa
pubblica uno staff di militari statunitensi era al lavoro a Comiso.
Una delle ragioni per cui fu scelta Comiso sta sicuramente sulla carta geografica. Infatti prendendo
come ipotetico bersaglio dei Cruise quella parte dell’Unione Sovietica sulla quale erano piazzate le
rampe dei SS20, Comiso appariva una delle zone di lancio più lontane localizzabili sul territorio
italiano. Se il bersaglio però si trovasse sull’Africa settentrionale o nel Mediterraneo, la Sicilia
sarebbe la zona di lancio ideale. Si può dunque considerare la scelta della Sicilia e di Comiso in
particolare come espressione della volontà di allargare verso Sud il raggio di azione della
NATO .
Infatti lo spostamento a meridione del dispositivo militare italiano, secondo quanto sostenuto
dall’ex ministro della difesa Lagorio, serviva proprio a qualificare “l’Italia come difesa avanzata
nella regione mediterranea, contro eventuali minacce da sud verso l’Europa”.
Tuttavia, la decisione di installare a Comiso i 112 missili nucleari Cruise previsti per l’Italia dal
piano di riarmo NATO può essere ricondotta all’esigenza di evidenziare a tutti i potenziali nemici di
Medio Oriente e Nord Africa, la proiezione più dinamica e più aggressiva dell’Alleanza Atlantica
nell’area: infatti puntando il compasso su Comiso e tracciando una circonferenza di 2500 km di
raggio, pari alla gittata dei missili nucleari Cruise, dalla Sicilia si possono tenere agevolmente sotto
Il Manifesto, 10.11.83. Invece, secondo il Gen. Bernard Rogers, comandante supremo delle forze NATO in Europa, la
base a Comiso non sarebbe altro che un favore della NATO all’Italia, in quanto l’Italia ha sempre voluto giocare un ruolo
all’interno della NATO per trarre vantaggio dai benefici che la NATO stessa può offrire.
34
14
tiro nucleare non solo le città sovietiche fino alle sponde del Caucaso ed il territorio di alcuni paesi
del Patto di Varsavia, ma anche le principali capitali arabe. Quindi la scelta di Comiso non è stata
fatta a caso perché sotto il tiro dei Cruise c’è l’intera Africa settentrionale e parte del Medio
Oriente35.
Missili e mafia
La scelta di installare i missili Cruise in Sicilia sarebbe, secondo alcuni autori36, frutto di un’intesa
intervenuta, forse con l’avallo e la mediazione di centri di potere occulto quali la P2 e il Sismi
deviato, fra ambienti politici e militari americani da una parte, e centrali mafiose siciliane dall’altra.
Apparentemente nulla è cambiato dopo l’arrivo dei missili Cruise a Comiso, o meglio con i missili
ci si è resi conto che già da qualche anno, dietro le solite maschere di indifferenza si nascondeva
qualche mutamento, impercettibile nelle sue prime manifestazioni, ma di sicuro più minaccioso
degli stessi missili. Circa 50 anni fa sul litorale ragusano, la terra non valeva nulla. Il paesaggio
agricolo era desertico. Su questa terra sabbiosa bruciata dalla salsedine e da un feroce sole estivo si
riusciva a stento a coltivare la vite. A distanza di anni da quelle stesse zolle i contadini del ragusano
hanno fatto scaturire, con l’introduzione delle coltivazioni in serra, un’enorme ricchezza che ha
cancellato le connotazioni da economia sottosviluppata della provincia di Ragusa, facendone una
delle zone agricole più ricche d’Italia. E’ in questo piccolo eden dell’orticoltura italiana che
l’arrembaggio della mafia, previsto da La Torre e Dalla Chiesa, si è puntualmente verificato. Un
torbido intreccio di forze e interessi mafiosi, una commistione di affari e politica. Nella provincia di
Ragusa, fino agli anni Settanta non si sapeva bene cosa fosse la mafia 37. La criminalità mafiosa
aveva fino ad allora agito in questa zona solo in trasferta, episodicamente, in occasioni speciali: per
spezzare uno sciopero bracciantile, per riciclare danaro sporco, per sbarcare sigarette di
contrabbando, droga o armi sulle coste poco sorvegliate. Mancava, evidentemente, un interesse
della grande mafia all’instaurazione di un proprio dominio in questa provincia periferica. O forse
c’era un interesse a mantenerla al riparo da particolari attenzioni della polizia, per poter usare questa
zona come una specie di porto franco, come una retrovia inosservata, una zona di transito sicuro per
i traffici delle cosche palermitane.
Verso la fine degli anni Settanta più tenace e più sottile era divenuta l’azione di penetrazione
mafiosa e meno risoluta si era rivelata la resistenza locale. Proprio in quegli anni si realizzavano nel
ragusano i primi insediamenti mafiosi. Ad attirare molti appetiti aveva contribuito certamente il
miracolo dell’oro verde, della ricchezza cresciuta nelle serre. Fatto determinante appare comunque
G. LERNER , I missili sono già quì, L’Espresso, 13.11.83
P. GENTILONI, A. SPAMPINATO, A. SPATARO, Missili e mafia: la Sicilia dopo Comiso, Roma, Ed. Riuniti, 1985. G. RESTIFO,
Processi di militarizzazione e sviluppo della mafia nella Sicilia contemporanea, in Incontri Meridionali, n. 3, 1987. U.
SANTINO, Affare Comiso. Mafia, speculazione e base Nato, Palermo, Centro siciliano di documentazione “G. Impastato”,
1983.
37
Cfr. mappe geografiche in appendice sulla diffusione del fenomeno mafioso in Sicilia.
35
36
15
l’invio al soggiorno obbligato in provincia di Ragusa di numerosi boss palermitani di alto rango.
Alcuni di questi personaggi si trovarono talmente bene in questo paradiso sconosciuto, che decisero
di mettervi radici e si insediarono con proprie attività economiche nella zona. Queste presenze
hanno certamente influenzato l’evoluzione di una certa malavita locale, che viveva di piccoli furti e
di espedienti e improvvisamente ha intravisto nuovi orizzonti attraverso il collegamento, più o meno
subalterno, con le grandi famiglie di Palermo e Catania.
Tra i vari mafiosi di spicco, affidato al soggiorno obbligato di Acate, vi fu Gaspare Gambino, nipote
del famigerato Charles Gambino, che fu a New York “capo dei capi” di Cosa Nostra e la cui
famiglia occupa un posto di grande rilievo nel traffico internazionale della droga. Altri mafiosi
seguirono l’esempio di Gambino come i tre fratelli Lo Cicero, i Rallo, i Girgenti e personaggi ancor
più noti. La società Finanziaria immobiliare, controllata dalla famiglia degli esattori Salvo di Salemi
acquistò, oltre a centinaia di ettari in territorio di Vittoria, 600 ettari di vigneto e 250 di agrumeto in
territorio di Acate, mentre gli Amoroso acquistarono nel ragusano 1700 ettari di terra, ma non
sempre i nuovi arrivati si sono dedicati alla pura e semplice coltivazione della terra.
La vera novità che è emersa con la base di Comiso è stata la nascita di una mafia locale. Diversi
fatti di cronaca e informazioni della polizia hanno segnalato una progressiva evoluzione della
piccola malavita locale verso i modelli mafiosi, grazie a collegamenti inediti con esponenti politici
locali con autorità militari e con famiglie palermitane e catanesi. In un rapporto redatto con la
collaborazione della Criminalpol e della Guardia di Finanza, il generale Dalla Chiesa aveva
ricostruito le tappe della escalation della mafia siciliana, dedicando particolare attenzione al nuovo
corso della malavita catanese, caratterizzato dal collegamento con gruppi della mafia di Palermo,
prevedendo per il futuro uno sviluppo congiunto di programmi mafiosi. A questo proposito Dalla
Chiesa puntò il dito sugli appalti di Comiso38: in sostanza il generale era convinto che la massiccia
presenza delle famiglie palermitane in provincia di Ragusa, cioè in un’area tradizionalmente
neutrale ma convenzionalmente attribuita alla sfera di influenza dei catanesi, non poteva essere
casuale. Il superprefetto condivideva, sia pure in parte, l’intuizione di La Torre sul nesso mafiamissili che la costruzione della base di Comiso veniva a creare. A suo avviso lo sbarco mafioso
attorno a Comiso doveva intendersi come il risultato di un preciso baratto: l’ingresso dei catanesi a
Palermo, in cambio della penetrazione dei palermitani a Ragusa.
“Tali soluzioni sembrano essere confermate anche dalla esistenza di saldi legami fra esponenti della famiglia
Santapaola e la malavita operante in Milano, costituita da rappresentanti delle cosche palermitane, nonché dalla
presenza di importanti imprese appaltatrici catanesi in Palermo, in altri tempi inaccessibile a gruppi economici
esterni. Questo nuovo aspetto del divenire della mafia, legata indissolubilmente, come è noto, al mondo imprenditoriale
e a quello della criminalità economica, tende a dimostrare la esistenza del benestare di personaggi del potere
palermitano, anche mafioso, all’ingresso, nel settore degli appalti, di aziende catanesi a Palermo, previo un
corrispettivo che potrebbe essere costituito dall’inserimento di palermitani nelle iniziative economiche che stanno
sorgendo intorno a Comiso e che costituiscono un richiamo allettante della mafia verso la Sicilia orientale” (Paese
sera, 12, 13, 14 ottobre 1982 ha pubblicato il testo integrale del rapporto Dalla Chiesa).
38
16
Secondo La Torre, invece, installare gli euromissili a Comiso, significava porre in Sicilia un corpo
estraneo destinato a corrompere forme di vita democratica e a inquinare e distorcere ogni
prospettiva di sviluppo economico, mentre i dollari tanto seducentemente promessi sarebbero
rimasti un miraggio, come trenta anni prima, quando i petrolieri americani della Gulf Oil erano
venuti a trivellare pozzi di petrolio attorno a Ragusa. Gli appalti poi avrebbero, ancora una volta,
fatto la fortuna degli intriganti e degli speculatori, la dimensione colossale dell’affare avrebbe
spinto la mafia a metterci le mani, per l’occasione le cosche avrebbero esteso la propria influenza
criminale a un territorio che fino allora ne era stato toccato tanto marginalmente da apparirne
immune. “In Sicilia ci sarà il banchetto mafioso degli appalti per costruire la base, poi si creerà un
equivoco movimento di spie e di provocatori di ogni specie, per motivi di sicurezza si finirà con il
limitare la libertà dei cittadini. In questo contesto la mafia acquisirà nuova forza e nuovi
collegamenti internazionali offrendosi come incontrastato ed unico potere capace di garantire la
sicurezza: un ruolo che già svolge nel triangolo mafioso di Palermo-Trapani-Agrigento dove fattura
centinaia di delitti all’anno, si presenta come garante della sicurezza sociale e come inviolato
baluardo contro la penetrazione del terrorismo in Sicilia”39.
Solo con il crollo della prima Repubblica ci si è resi conto che con esso è stato anche travolto
l’equilibrio geopolitico che per quasi mezzo secolo, dall’epoca dello sbarco americano in Sicilia,
aveva strutturato la precaria coesistenza fra Stato e Cosa Nostra. I politici siciliani che avevano
operato come luogotenenti del Palazzo hanno dimostrato di non essere più in grado di garantire il
patto di non belligeranza che, quasi come una legge non scritta ma molto più cogente di qualsiasi
codice, aveva legato Roma e Palermo. Nel mondo diviso dalla frattura Est-Ovest, comunismoanticomunismo, alla mafia spettava di orientare il voto e il potere politico siciliano per evitare rischi
di slittamento verso il campo comunista. In cambio il potere centrale evitava con cura di stimolare
lo sviluppo economico e sociale dell’isola e del Sud in genere, che considerava un serbatoio di voti
essenziale per bilanciare l’avanzata delle sinistre al Nord. Di questo scambio geopolitico hanno
fruito per decenni i potenti di Roma, i loro rappresentanti a Palermo e naturalmente Cosa Nostra40.
39
40
L’Astrolabio n° 11, 06.06.1982.
L. P ASTORELLI, Per battere Cosa Nostra basta separare la Sicilia dall’Italia, Limes 4/1994, pp. 95-100.
17
Lo status giuridico delle basi militari
Le basi militari alleate in Italia sono sempre state oggetto di polemiche, soprattutto di politica
interna. All’indomani della seconda guerra mondiale e all’inizio della guerra fredda, l’Italia pur
sconfitta si trova ad essere paese di confine tra i due blocchi: di conseguenza acquista grande valore
sia dal punto di vista politico che militare. Infatti le basi sul territorio italiano diventano il mezzo
per
partecipare
alla
difesa
collettiva
dell’Alleanza Atlantica
senza
dover
affrontare
proporzionalmente i costi della sicurezza ottenuta. Nel campo occidentale i rapporti di alleanza
vengono sviluppati su due piani strettamente correlati, quello collettivo e quello bilaterale con gli
Stati Uniti: di quì la distinzione tra basi italiane concesse in uso alla NATO e basi italiane concesse in
uso agli Usa41.
Il problema della competenza a stipulare gli accordi sulle basi militari alla luce della Costituzione
italiana consiste nella questione di sapere se detti accordi rientrano in una delle categorie per le
quali l’art. 80 prescrive l’autorizzazione parlamentare. Solo nel caso in cui si accertasse che essi
non rientrano sicuramente in una di quelle categorie, potrebbe discutersi dell’ammissibilità di una
competenza autonoma del Governo a stipularli in forma semplificata. Gli accordi sulle basi militari
non sono che una specie del più ampio genus degli accordi di collaborazione militare, ai quali fu
fatto esplicito riferimento nel corso dei lavori preparatori dell’art. 80, come esempi tipici di accordi
di natura politica. Nel caso dell’ordinamento italiano, tutto un complesso di modifiche legislative
sono state introdotte dagli atti con i quali si è data esecuzione ai trattati-quadro relativi all’Alleanza
Atlantica ed alla sua organizzazione militare integrata42. Nessuno di tali atti contempla obblighi
specifici dell’Italia relativi a particolari basi militari se si escludono i quartieri militari. Esse
vengono invece istituite come infrastrutture comuni o come basi bilaterali degli Usa, nel quadro
degli obblighi derivanti dalla partecipazione italiana all’Alleanza e spesso in conformità a decisioni
del Consiglio atlantico, attraverso accordi ed intese che non vengono normalmente sottoposte al
controllo parlamentare e rispetto alle quali non vengono adottati specifici provvedimenti di
esecuzione in forma di atti legislativi. Queste intese sono il più delle volte stipulate dall’esecutivo,
governo o ministro della difesa, in forma semplificata e, in talune ipotesi, segreta. E’ dato costante
di tali accordi che l’onere di sopportare la maggior parte delle spese derivanti dalla costruzione o
dall’adattamento delle installazioni incomba allo Stato beneficiario. Ciò è vero in special modo per
gli accordi bilaterali, che contemplano tutti l’obbligo di tale Stato di compensare i costi
eventualmente sopportati dallo Stato di sede per l’esproprio di aree, ed i relativi indennizzi, e per la
41
A. DESISERIO, op. cit.
Siglato il 04.04.1949, il trattato istitutivo del Patto Atlantico fu approvato dal Parlamento italiano con legge n° 465
del 01.08.1949. A questo trattato seguirono altri accordi: il 19.06.1951 fu stipulato il trattato di Londra riguardante lo
status delle forze militari dei paesi N ATO, (S.o.f.a) ratificato in Italia con legge n° 1335 del 30.11.1995; il 28.08.1952 il
protocollo riguardante lo status dei quartier generali militari internazionali istituiti in base al trattato del Nord Atlantico
nei vari paesi della NATO, il 27.01.1950 viene siglato a Washington l’Accordo bilaterale Usa-Italia, sull’assistenza
reciproca seguito il 07.01.1952 dall’Accordo di Roma sulla sicurezza reciproca.
42
18
loro acquisizione al demanio militare. Per le infrastrutture comuni dell’Alleanza Atlantica, la
copertura dell’onere finanziario è già determinata, trattandosi di attuare obblighi inerenti alla
partecipazione alla struttura militare integrata dell’Organizzazione, al cui adempimento l’Italia è
tenuta in quanto membro dell’Alleanza stessa ed in conformità ai metodi di ripartizione finanziaria
stabiliti dai competenti organi atlantici.
Con l’adozione della decisione del 12.12.1979 sull’ammodernamento delle forze nucleari di teatro
a lungo raggio, l’Italia ha consentito lo schieramento sul proprio territorio nazionale dei sistemi
d’arma americani contemplati dalla decisione stessa 43. Il par. 7 del comunicato finale della riunione
speciale dei Ministri degli Affari esteri e della difesa specificava che la dislocazione dei missili
sarebbe avvenuta “sui territori dei paesi stabiliti” e che “determinati costi concernenti
l’infrastruttura” sarebbero stati coperti attraverso gli schemi esistenti di finanziamento comune. Al
fine di dare attuazione pratica alla decisione indicata, è in seguito intervenuto uno specifico accordo
tra il governo italiano e quello degli Usa, relativo alla localizzazione delle basi destinate ad ospitare
i missili ed alle modalità di funzionamento e di utilizzazione delle stesse. Tale accordo è stato
presentato come una semplice attuazione della decisione del Consiglio atlantico dal Presidente del
Consiglio allora in carica, soprattutto al fine di rendere evidente che nessuna prevaricazione era
stata effettuata dall’esecutivo nei confronti del parlamento, essendosi quest’ultimo già pronunciato
favorevolmente circa la posizione che il governo italiano aveva inteso assumere in sede atlantica il
12.12.1979 sulla questione degli euromissili44. Il governo non ha reputato necessario presentare
l’accordo applicativo al parlamento anche perché, oltre alle ragioni di segretezza, nessun
provvedimento legislativo era necessario per la sua esecuzione, vale a dire per mettere a
disposizione delle forze armate americane la base siciliana di Comiso. Che un accordo con gli Usa
sia intervenuto in materia e che la determinazione della base non sia dipesa da una decisione
unilaterale italiana, è certamente desumibile da due dichiarazioni rese rispettivamente nei mesi di
agosto e di settembre 1981 dal ministro italiano della difesa, Lelio Lagorio. Nella prima, il ministro
dopo aver sottolineato che il segreto militare gli aveva impedito di pre-informare le autorità della
43
Discorso del Presidente del Consiglio, On. Cossiga sui problemi della Difesa, Sicurezza e Disarmo alla Camera dei
Deputati (04.12.1979) e al Senato (10.12.1979) “L’ammodernamento, in buona parte già realizzato ed in parte in corso
di continua rapida attuazione da parte dell’Urss dei sistemi nucleari di teatro a lungo raggio, con la produzione e lo
spiegamento progressivo dei missili SS20 e dei bombardieri Backfire, ha modificato l’equilibrio delle forze tra Est ed
Ovest con particolare riguardo al teatro europeo….Nessuno qui auspica di vedere fra tre anni spiegati in Europa i nuovi
missili Pershing 2 e Cruise, o tutti i nuovi missili programmati. Tutti qui auspichiamo invece che fra tre anni l’Urss non
solo avrà arrestato il suo sostenuto programma di costruzione degli SS20 e dei bombardieri nucleari Backfire, ma che
abbia proceduto alla distruzione di quelli esistenti, o almeno alla maggior parte di essi. Non vi è dunque nessuna
divergenza sulla finalità che perseguiamo nell’ambito della nostra partecipazione all’Alleanza Atlantica….La decisione
del Governo italiano di dare il proprio consenso al programma di ammodernamento- produzione e successivo
schieramento dei missili Pershing 2 e Cruise- in occasione della prossima sessione ministeriale atlantica, si pone con
l’obiettivo concreto di utilizzare con il massimo vigore il periodo di tre anni che intercorre tra la decisione e l’effettivo
schieramento delle nuove armi non per ripristinare l’equilibrio ad un più alto livello di forze nucleari, ma per ricondurre
questo equilibrio a livello più basso”.
44
Cfr. la dichiarazione del sen. Spadolini sulla decisione relativa alla localizzazione della base di Comiso per i Cruise,
La Repubblica, 18.08.1981.
19
Regione Sicilia circa l’avvenuta scelta di Comiso, come sede delle rampe di lancio mobili e
deposito dei missili nucleri, specificava che “la spesa di 200 miliardi per l’adattamento della base
alla sua nuova funzione” era posta a carico dell’erario americano e della NATO (quindi, in parte,
anche dell’Italia) e che la località prescelta offriva vaste aree demaniali in zone non densamente
popolate45. Nella seconda invece, il ministro confermava che Comiso era stato indicato “per la
coesistenza di aeroporto, area demaniale e congrua viabilità”; che la scelta stessa corrispondeva ad
un interesse italiano perché “agli occhi degli U SA una base collocata altrove avrebbe comportato
anche minori costi e per il governo americano questo sarebbe stato più gradito”. E concludeva
affermando che “abbiamo avuto con gli americani rapporti duri, ma eccellenti. E’ stata una perfetta
ma difficile sintonia”46.
Conclusioni
Come nel 1935, nel 1983 a Comiso sono iniziati i lavori per un aeroporto militare; come allora è
stato avviato in Sicilia un processo di militarizzazione assai sofisticato. La maggior parte delle basi
che i tedeschi attrezzarono nell’isola con i loro sistemi di controllo e di armamento sono state
ripescate dalla
NATO :
così è avvenuto per l’aeroporto di Gerbini, tra Lentini e Motta S. Anastasia,
oggi divenuta la base NATO di Sigonella, la più attrezzata e fortificata base logistica in appoggio alla
6ª Flotta americana nel Mediterraneo; così per gli impianti di avvistamento di Testa dell’Acqua, nei
pressi di Siracusa e di Noto; per il porto militare di Augusta e per il Magliocco di Comiso. Ma
rispetto alla militarizzazione fra le due guerre, quella ispirata dall’ideologia e dalla politica del
regime fascista, il ruolo della Sicilia negli anni Ottanta, ed in particolar modo di Comiso e
Sigonella, è cambiato. Non è soltanto, o per lo meno, non è tanto l’uso militare del territorio che
preoccupa ma quello strategico, o meglio dire il ruolo di funzione strategica che va al di là del fatto
in sé dei missili Cruise.
Il 1° ottobre 1982 fu attivato a Comiso il 487th Combat Support Group dell’US Air Force che
insieme al Corpo di Ingegneria Civile della Marina degli Stati Uniti garantì l’inizio dei lavori di
allestimento delle infrastrutture della base, per cui sarebbero stati spesi alla fine 242 miliardi di lire,
di cui 68 a carico dell'Italia, 57 a carico della Nato e 117 degli USA. La base divenne operativa il 30
giugno 1983 con l’insediamento del 487th Tactical Missile Wing. Allo Stormo missilistico fu presto
affiancato il 2189th Information System Squadron, un reparto dell’US Air Force a cui fu assegnato
il controllo e la manutenzione dei sistemi di comunicazione e di elaborazione dati funzionanti a
Comiso e presso le strutture realizzate dalle Forze Armate USA a Caltagirone e a Sigonella. Nel
novembre 1983 fu sottoscritto da Italia e Stati Uniti un “Memorandum”, anche questo segreto, che
avrebbe regolato per il futuro la presenza del personale USA nella base siciliana.
45
46
Intervista del ministro Lagorio, La Repubblica, 9-10 agosto 1981.
Intervista del ministro Lagorio, Corriere della Sera, 08.09.1981.
20
Nel marzo del 1984 la prima batteria di 16 missili fu dichiarata operativa. I comisani si erano
abituati, o meglio rassegnati a convivere con i Cruise, con chi li aveva portati e con chi, invece, li
aveva acerrimamente osteggiati, quando il determinato e convinto lavoro diplomatico, volto alla
distensione e al disarmo nel mondo, dell’illuminato successore del vecchio Cernienko, Michail
Gorbaciov, produsse i primi insperati risultati nel summit di Washington, dove fu firmato un trattato
per la messa al bando delle forze nucleari a raggio intermedio. In seguito all’accordo INF
sottoscritto nel dicembre 1987 dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica per l’eliminazione dei
rispettivi missili nucleari a medio raggio, ha preso il via il processo di progressivo smantellamento
delle batterie missilistiche ospitate nella base di Comiso, il quale si è concluso il 26 marzo 1991 con
il trasferimento nella base di Davis Monthan, in Arizona, dell’ultima serie di missili installati.
A Comiso pian piano si ritornava alla normalità: pacifisti, missili ed americani lasciavano il
territorio che li aveva ospitati. Nel 1983 iniziò la lunga stagione delle proteste, delle marce e dei sitin pacifici47. In quegli anni arrivò a Comiso anche un curioso e pittoresco personaggio: un giovane
monaco buddista, Morishita, che si mise a percorrere in lungo e in largo la città al suono di un
tamburo. Coltivava un sogno: costruire una pagoda della pace proprio dinanzi la base NATO. La sua
utopia, a distanza di anni, è stata realizzata. I missili sono ormai un lontano ricordo, come i soldati
americani e i militari italiani, ma lui e la sua Pagoda sono a Comiso.
Il ritiro della base NATO ha aperto una prospettiva di rilancio di attività civili, e posto al tempo stesso
un serio problema di riconversione delle infrastrutture. Tra pochi giorni verrà inaugurato il nuovo
aeroporto civile, almeno così dicono in Piazza Fonte Diana. Si apre un nuovo capitolo per Comiso e
forse anche per me: finalmente si atterra direttamente a casa!
Malgrado le imponenti manifestazioni pacifiste, spesso orchestrate da Mosca, il Cremlino dovette presto rendersi
conto che non sarebbe mai riuscito a vincere la corsa agli armamenti ed a pervenire ad una situazione di egemonia
sull’Europa occidentale. F. P. FULCI, Il permanente ruolo della Nato nel nuovo quadro geostrategico mondiale, in La
Comunità Internazionale, vol. XLVII, 1-2, 1992, pp. 128-138.
47
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