la cultura araba in sicilia

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la cultura araba in sicilia
LA CULTURA E LA LETTERATURA ARABA IN SICILIA
Sostiene Karim Hannachi, che per conoscere tutto quello che gli Arabi riuscirono a comunicare alla
cultura, occorrerebbero migliaia di pagine, per questo noi saremo costretti a sintetizzare parecchio.
Nel periodo in cui la Sicilia fu sotto il dominio musulmano fino all’i- nizio del XIII secolo, vi furono
uomini di grande cultura, soprattutto nelle moschee, in cui si studiavano e s’insegnavano la
lessicografia, la grammatica e le scienze religiose. Poi c’erano la giurisprudenza (fiqh) la “hadith”,
cioè la tradizione del profeta e la “qirà’a” (scan- sione del Corano).
Il più rilevante linguista dell’Isola fu sicuramente Ibn Rashìq, nato nell’Africa del nord nel 1000 ed
emigrato a Mazara del Vallo, dove scrisse una delle più belle opere poetiche del tempo, Kitab al
‘umda, inspirata alla vita e al paesaggio siciliano ma dai modi tipi- camente musulmani. Ibn Ra#ìq,
morì a settant’anni, lasciando prova d’altissima poesia. Prima di inoltrarci ai riferimenti letterari,
voglia- mo ricordare i cultori siciliani di scienze craniche, quale il siracusa- no Ibn al-Fahhàm
(1062-1122), il giurista al-Màzari (m. 1141) e il mistico o sufi agrigentino, al-Karkunti (m. 983). Tra i
grammatici, filologi, retorici e i dotti siciliani al-Kattani (m. 1118) e Ibn Rashìq (m. 1070). Un altro
ricco di dottrina di nascita siciliana ma emigrato in Oriente fu Ibn Zafar as-Siqilli (m. 1171), autore
di un trattato pare- netico-narrativo « Conforti politici » dedicato a Ibn Hagiar, notabile musulmano
di Palermo, tradotto in italiano da Michele Amari. Tra i filologi palermitani, il più grande fu Ibn Qattà’
(1041-1121), di cui però si è persa l’opera, che così, lascia un grosso vuoto per la cono- scenza
della storia della letteratura arabo-siciliana dell’isola. Fu autore di una Storia della Sicilia, andata
perduta e di un compendio dei poeti arabo-siculi, « Perla preziosa, sui poeti dell’Isola », di cui
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si sono ritrovati solo dei frammenti. Probabilmente il tutto è andato perso quando Ibn Qattà’, con
l’avvento dei Normanni, decise di emi- grare in Egitto. Si sa che l’opera era composta da ben 170
saggi sui poeti arabi di Sicilia, dal X al XII secolo e, di questi sono rimasti solamente 70. Altre
indicazioni della stessa fonte sono state incluse in un’altra antologia di poesia araba del V secolo
dell’ègira (XI-XII secolo), redatta dal segretario di Saladino, la Kharidat al qasr di ‘Imàd ad-dinIsfahani. L’Amari ebbe il merito di tradurli e di farce- li leggere. Ecco come descrive Ali ibn ‘Abd arRahmàn un giardino di aranci:
Godi degli aranci che hai colto. La loro presenza è presenza di felicità.
Benvenute le guance dei rami, benvenute le stelle degli alberi!
Si direbbe che il cielo abbia piovuto oro puro, e la terra ce ne abbia foggiato sfere
lucenti
E dello stesso poeta la descrizione di un giardino di acque correnti e di palme.
« Palpitava la rugiada nelle pupille dei suoi narcisi, come lacrime d’amante.
I fiori di camomilla ivi i si schiusero al sorriso, e rosseggiavano ver- gognose le guance
degli anemoni.
Tremolano sui rami i lor frutti come tremolano i seni delle belle, snelle qual ramo di
salice.
E contro di essi snuda la spada un ruscello, dall’acqua fresca e dolce, non tocca dal
sole,
mentre si ergono d’ogni lato ignude le palme, prive di velo, adorne sul petto di
collane di datteri.
Ma dei poeti il più significativo è il siracusano, Ibn Hamdìs, che ci ha lasciato un’opera ordinata di
circa seimila versi. La sua biogra- fia lo dà siracusano, ma altre fonti dicono che sia nato a Noto nel
1055. Sicuramente vide la decadenza del regno Kalbita e il suo fra- zionarsi e dopo la conquista
normanna, emigrò a Siviglia, presso la corte degli Abbaditi, dove fu cantore e amico dell’emiro, alMù’tamid. Dopo la caduta dell’emiro di Siviglia si recò in Africa, dove cantò per la dinastia degli
Ziriti. Ibn Hamdìs morì ottantenne nel 1133 a Bigiaya o a Maiorca da esule e da esule cantò la sua
Sicilia. Ecco alcuni passi di una descrizione di guerra:
Ecco navi da guerra, fabbricate sotto propizia stella, i cui fuochi alimentano
incessantemente il conflitto.
Montagne galleggianti sulle acque, che come fitte boscaglie racchiu- dono brune
lance e spade affilate per leonini campioni.
Incedon natanti quali neri corsieri, con a bordo i cavalieri della mischia; le loro cotte
di maglia, nell’azione, sono costituite dai lun- ghi feltri (delle murate)
A questi versi però fanno eco quelli del rimpianto di un esiliato:
Figli della Frontiera, non siete più miei fratelli in battaglia se non attacco con quanti
Araba sono fra voi il barbaro nemico!
E ancora i quadretti descrittivi.
Fiori:
Bevi su una vasca di ninfea, verde, dal boccio vermiglio. I suoi fiori sembran cacciare
dall’acqua lingue di fuoco
Mare in tempesta:
Dai cavalloni scatenati, dagli intimi sgorghi sfrenati sotto il soffio d’un vento
scatenato.
Pare che entro esso gli stalloni abbian visto le cammelle, e muggi- scano spumanti di
desiderio
Da ricordare anche i due Abd al-RahmÞn, uno di Butera, l’altro di Trapani, detto il segretario (alla
corte di Ruggero), i quali lodano i palazzi e i giardini reali di Palermo. Questi, a detta dei letterati,
sem- brano gli emblemi della poesia araba-sicula
‘Abd Al-Rahmàn di Trapani:
La Favara:
Aduna Favara dei due mari ogni valore e pregio
Una vita piacevole la bellezza dei luoghi senza uguali
si diramano in nove ruscelli le tue acque
e quel loro fluire separate che incanto!
La battaglia d’amore ha il suo terreno di centro tra l’uno e l’altro mare
e in riva al tuo canale la passione attende
oh il lago delle due palme che meraviglia! E il palazzo sovrano eretto in mezzo al lago
che lo cinge
le acque pure e chiare dei due rami di mare
sono perle liquefatte tutta quella liscia lama è un lago
i rami del giardino si protendono
a vedere i pesci a scherzare
e nuota il pesce nelle sue acque limpide
e cantano gli uccelli nel suo folto d’alberi
le arance quando nell’isola maturano
sono fuochi che ardono su rami di crisolito
e il limone somiglia al palore dell’amante
dopo notti di lontananza e di tortura
e somigliano le palme a due leali amanti
in guardia dai nemici in un forte per loro inaccessibile
o pende un sospetto su di loro ed essi
si ostinano a mettere alla prova il pensiero di chi dubita O palme dei due mari di
Palermo vi irrorino
Le piogge d’abbondanza senza pause
Gioite dei decreti del destino concedetevi ogni gaudio
E gli eventi avranno pace
All’unisono con Dio proteggete il popolo d’amore All’ombra vostra sia l’amore
inviolabile
L’ho veduto questo con i miei occhi
Ma sentissi parlare di simili delizie crederei a un imbroglio
(Traduzione di F. M. Corrao e Mario Luzi)
Estratto da Gli Arabi in Sicilia di Alberto Costantino