Il senso della vita ed altre riflessioni

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Il senso della vita ed altre riflessioni
Giuseppe Guarino
Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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La religione di Israele. .
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Vita eterna ed ibernazione
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Destino ed ineluttabilità degli eventi
Molti libri...un solo libro . .
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Chi paga qui?
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Chi pratica lo zoppo... .
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Ci vediamo il 22 Ottobre 2011.
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La nostra fatica .
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Occhio per occhio .
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Il bidone
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Non vi spaventate .
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La bellezza della Creazione .
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Perché i vangeli sono stati scritti così?
21 dicembre 2012 - la fine del mondo?
I tempi sono maturi!
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La concorrenza migliora il mercato .
Gli standard di Dio
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Marco 4:26-29 - una parabola .
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L'arca sull'asciutto .
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Corrispondenza con Leonardo .
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Dio o Mammona? .
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Il senso della vita .
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Il monopolio di Dio
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Attenti a non dare i numeri .
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Sii forte e coraggioso .
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Riflessioni dell'ultima ora sul Natale.
Appendice I – Il ritorno di Gesù.
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La religione di Israele
Finalmente ho terminato di leggere “A Scientific Investigation of the Old
Testament” scritto da Robert Dick Wilson all’alba del secolo scorso. Avevo
cercato questo libro per tanto tempo, dopo averne letto delle citazioni su altri
testi e di più ancora dopo avere apprezzato la competenza di Wilson leggendo i
suoi due volumi sul libro di Daniele.
Wilson è uno studioso eccezionale, purtroppo, però, il suo lavoro è disponibile
solo in lingua inglese.
Robert Dick Wilson poteva vantare delle credenziali davvero notevoli, forse
ineguagliabili: conosceva circa 45 – 46 lingue e ciò gli aveva consentito
un’invidiabile possibilità di accesso diretto a molte delle prove necessarie ai
suoi studi. Il suo metodo serio e scientificamente accurato rende le sue
conclusioni accurate e ben motivate. Mentre altri testi riescono di più facile
lettura ma sono più ricchi di postulati ed affermazioni lapidarie piuttosto che di
prove, i libri di Wilson sono di difficile lettura perché quello che sostiene si
prende anche la briga di dimostrarlo e questo basta a motivare il tempo che
richiede la lettura dei suoi studi.
Eppure il capitolo di “A Scientific Investigation” che più mi ha colpito è stato il
più breve e quello apparentemente più elementare. Qui il Wilson uomo di
scienza e di studio - linguista e storico - si incontra con l’uomo di fede, col
credente che non solo scoprono di convivere molto bene nella stessa persona,
ma riescono a dar vita a delle riflessioni davvero degne di nota.
Apriamo una parentesi.
La sua fede monoteista fece guadagnare l’epiteto di faraone eretico ad
Akhenaton, altrimenti noto anche come Amenofi IV. A lui ho dedicato
un articolo nella sezione storica del mio sito. Delle conclusioni affrettate
potrebbero spingere alcuni a pensare che egli fosse un precursore delle religioni
del Dio unico che oggi predominano sul pianeta – se consideriamo ebrei,
cristiani e musulmani insieme. Io non concordo. Il famoso faraone non
cominciò qualcosa, bensì l’abbracciò. E nemmeno nella sua forma più pura,
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tanto la assimilò alla propria cultura egiziana. La più lucida fede di Abramo era
più antica della sua espressione di monoteismo di almeno 500 anni.
L’archeologia è una scienza preziosa per la conoscenza storica, ma ha i suoi
limiti. Il più evidente è che non può sperare di riuscire nell’opera di recupero
dei resti di civiltà vissute in stato di nomadismo o seminomadismo, come il clan
di Abramo, ad esempio, o quello dei madianiti, anche loro monoteisti - con
loro entrò in contatto Mosè durante il suo esilio. L’unica traccia storica
dell’esistenza e del credo di questi popoli è la Bibbia.
Nel 399 a.C. venne processato ad Atene il filosofo Socrate. L’accusa recitava:
“Socrate è colpevole di non riconoscere come Dei quelli tradizionali della città,
ma di introdurre divinità nuove”. Storica, n.26 dell’Aprile 2011. I greci
mostravano un forte attaccamento alla loro religione tradizionale, come ebbe a
constatare Paolo ad Atene e ad Efeso.
La domanda che nasce spontanea dall’osservazione di millenni di religione e
religiosità che ci hanno preceduto è: Perché Israele?
Torniamo quindi all’inizio della nostra discussione. E’ questa infatti la
domanda che Robert Dick Wilson si pone dopo un accurato e scientifico esame
dell’Antico Testamento. E’ una domanda che da tempo mi pongo anche io. E’
la stessa domanda che divenne argomento di discussione quando un mio fratello
in Cristo mi rese partecipe di questa sua stessa riflessione.
La coincidenza è semplicemente spiegabile: Non si può non guardare la storia e
non percepire l’incredibile paradosso dell'esistenza stessa della religione
ebraica.
Ci assicurano gli storici che in Mesopotamia, sulle rive dei grandi fiumi Tigri
ed Eufrate, fioriva un sistema statale complesso già mille anni prima della
nascita di Abramo. Vi erano avanzati sistemi di misura, di calcolo, una struttura
amministrativa statale che attingeva a scuole internazionali dove venivano
istruiti gli scribi. La cultura mesopotamica era poi complessa, almeno bilingue,
dove l’antichità classica del mondo e della letteratura sumerica serviva come
indispensabile bagaglio culturale per chi studiava per inserirsi
nell’amministrazione statale della civiltà accadica. Eppure il mio personale
stupore sui progressi culturali e scientifici – matematici ed amministrativi
soprattutto – svanisce quando si considerano le ingenue credenze religiose di
questi popoli.
Dall’altra parte del mondo conosciuto, bene o male nello stesso periodo, sulle
sponde del fiume Nilo nacque la grande e suggestiva civiltà egiziana. La sua più
visibile evidenza del progresso matematico ed architettonico raggiunto, le
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piramidi, sopravvivono ancora oggi, a millenni di distanza, lasciando a bocca
aperta anche il tanto evoluto uomo moderno. Eppure le credenze religiose
egiziane fanno sorridere! In questo campo anche loro non mostravano
altrettanta eccellenza come in tutte le altre branche della scienza umana.
Anche il monoteismo di Akhenaton era lontanissimo dal monoteismo
professato da Abramo e si risolveva in una forma di adorazione del disco solare,
che si discostava dal credo pagano ed egiziano classico, soltanto nel numero
delle divinità riverite, ma non nella forma primitiva di culto. Eppure lo stesso
faraone possedeva in altri campi una tale straordinaria conoscenza e maturità
scientifica da riuscire ad edificare una intera città, Akhetaton, ed allinearla
perfettamente con delle costellazioni, segno di una evolutissima conoscenza
astronomica e capacità di calcolo matematica.
Che dire dei greci. Le loro vette intellettuali non hanno rivali nella storia antica,
sono ancora oggi oggetto di studio ed influenzano in maniera insospettabile ma
profondamente radicata, la società in cui viviamo. Eppure le loro credenze
religiose e il loro pantheonsono animati da inverosimili divinità, capricciose,
schiave delle loro passioni e desideri, che intervengono nelle vicende umane
senza un significato vero e proprio e solo mossi da egoismo e da loro
irrefrenabili vizi e tendenze.
Filone giudeo visse nella città di Alessandria, il più grande centro culturale dei
suoi tempi, fra il 20 a.C. ed il 50 d.C. Fu uomo dotto, istruito nella cultura greca
che lo circondava in ogni dove, ma profondamente convinto e fiero della
propria eredità e cultura ebraica. Riassumendo molto efficacemente la sua
posizione intellettuale, esprimendosi con ponderata terminologia greca, scrisse:
“Mosè ha raggiunto la sommità della filosofia”. Per Filone, le migliori e più
lucide concezioni della filosofia greca su Dio ed il Suo rapporto con il mondo,
sono indebitate con gli scritti di Mosè. E, mi si permetta di aggiungere che, per
quanto ne sappiamo, potrebbe anche avere ragione!
Di nuovo, riflettendo su questi nuovi elementi, mi chiedo - e immagino si
chieda ormai anche il lettore: Perché Israele?
Perché la forma più evoluta di religione di tutta la storia antica e forse
dell'intera storia dell'umanità non ci è stata tramandata dalle grandi civiltà del
passato che pure, per altri versi, così tanto hanno contribuito alla crescita della
conoscenza e della tecnica dell’umanità, bensì da un piccolo popolo, altrimenti
insignificante e storicamente trascurabile quale è Israele? Non fosse stato per la
sua religione, di Abramo, il pastore nomade uscito fuori dalla terra di Ur per
vagare nelle zone della odierna Palestina, non sapremmo altrimenti nulla.
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Scrive Wilson: “La religione dell’Antico Testamento è essenzialmente
interiore. E’ la religione della mente e del cuore, d’amore, di gioia, fede,
speranza e salvezza tramite la grazia di Dio soltanto. Come spiegare questa
religione? Deve essere nata per derivazione, evoluzione o rivelazione. I profeti
dicono che essa venne da Dio. Nessun altra teoria sulla sua origine può
dimostrare la sua unicità ed i suoi risultati, la sua superiorità e la sua
influenza”. A Scientific Investigation of the Old Testament, p. 208.
E’ questa la spiegazione per la straordinaria unicità del fenomeno della fede nel
Dio unico tramandata dall’ebraismo e dal cristianesimo?
Se volessimo supporre che la nostra fede sia il risultato di una evoluzione del
pensiero umano, come spiegare che essa provenga da un popolo di pastori
nomadi, le cui conoscenze in tutti gli altri campi della scienza umana non
giustificherebbero un tale eccezionale progresso nel solo campo religioso.
Se fosse un credo derivato da altre forme religiose, ciò non ne spiegherebbe
l’assoluta ed indiscutibile unicità.
E se invece la fede della Bibbia fosse quello che pretende di essere: il risultato
di una diretta e personale rivelazione di Dio all’uomo?
La Bibbia ci dice che Dio parlò ad Abrahamo. Ci dice che si rivelò a Mosè. Ci
dice che Dio parlò ai profeti.
In Ebrei 1:1-2, leggiamo: “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in
molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato
a noi per mezzo del Figlio…”
Forse è questa la sfida di Dio all’uomo: invitare a riconoscerlo; non trovarlo,
bensì riconoscerlo.
In questa prospettiva le parole dell’ebreo Giovanni rivolte in greco ad un
mondo greco, acquistano un significato molto forte: “Nessuno ha mai visto Dio;
l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.”
In realtà la storia può suggerirci le domande, ma solo la fede può darci le
risposte.
26 Aprile 2011.
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Vita eterna ed ibernazione
Non guardo Voyager, il programma serale in onda su RAIDUE, ma ne ho
sentito parlare. La scienza mi interessa, mi attrae e mi affascina. Ma programmi
dove si mira più al sensazionalismo che all’attendibilità Scientifica mi lasciano
indifferente.
Sono un appassionato di storia antica, egiziana e mesopotamica in particolare.
Spesso mi imbatto in testi che parlano degli antichi sumeri e degli egiziani e dei
supposti contatti che hanno avuto con civiltà aliene comprovati secondo alcuni
persino dai ritrovamenti archeologici. Capisco che studi di questo genere
possano attrarre il lettore medio o il profano molto di più degli studi storici
ortodossi, ma è chiaro che è in quest’ultimi che vanno ricercate le verità
storiche sul nostro passato.
Lo stesso dicasi per la scienza. A volte risulta un po’ pesante o noiosa; può
essere difficile da comprendere. In questa prospettiva, l’opera divulgativa di
Piero Angela e adesso di suo figlio, proprio attraverso il mezzo televisivo,
risulta di particolare valore e significato.
Il 9 maggio 2011 Voyager ha parlato di ibernazione, di individui che si sono
fatti ibernare o che si ripropongono di farlo. L’ibernazione consiste, in parole
molto povere, nell’abbassamento della temperatura corporea in modo
conservare il corpo e i suoi organi nel tempo anche dopo la morte. La speranza
è quella di essere risvegliati in un futuro dove la scienza consentirà una vita più
lunga, con la cura per malattie oggi letali. Il commentatore televisivo diceva che
questi tentativi sono espressione del desiderio dell’umanità di ogni tempo: la
ricerca della vita eterna.
Ora volendo fare dell’umorismo potrei dire che vivere per sempre nell’Italia di
oggi non è che sia un sogno così attraente. Ne dovrebbero cambiare di cose;
soprattutto, nella prospettiva di una vita lunghissima - se non addirittura eterna il sistema pensionistico!
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Facendo invece meno spirito, immagino una società dove la gente sarebbe
praticamente immortale o giù di lì e penso: ma se nemmeno la paura della
transitorietà della condizione umana riesce ad arrestare la cattiveria dell’uomo,
cosa accadrebbe se non vi fosse più nemmeno questo freno? In questa
prospettiva e volendo analizzare la questione da una prospettiva biblica - sono
qui per questo - acquistano un senso le parole di Dio all'indomani del peccato
dei nostri progenitori: “Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla
conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e
prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre.” –
Genesi 3:22.
Per questo nell’economia cristiana la vita eterna è una realtà che passa dalla
resurrezione. In 1 Corinzi 15:50 l’apostolo Paolo lo dice chiaramente: “Ora io
dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio;
né i corpi che si decompongono possono ereditare l'incorruttibilità.”
Sarà al ritorno di Cristo che il Signore ci darà un corpo che può vivere
eternamente e soprattutto che lo farà in armonia – finalmente – con il suo
Creatore. Filippesi 3:20-21 dice: “Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei
cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che
trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo
della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.”
Questa la fede della Chiesa. Questa la speranza di ogni cristiano.
E allora mi chiedo – e questo interrogativo lo giro al lettore: Com’è possibile
che una intera nazione come la nostra si professi cristiana e, appena due
settimane dopo avere festeggiato la resurrezione di Cristo e beatificato un
pontefice, stia lì a contemplare la vita eterna come un mito o come un miraggio
che appartiene alle conquiste della scienza dell'uomo di un lontano futuro?
Personalmente sono almeno perplesso.
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Destino ed ineluttabilità degli eventi
E’ stato sconvolgente leggere il resoconto dello storico giudeo Giuseppe Flavio
sull’epilogo della rivolta giudaica che portò nel 70 d.C. alla distruzione del
tempio e della città di Gerusalemme. Egli riporta che il numero delle vittime di
quella catastrofe fu di oltre 1.300.000 persone. Tremenda fu in particolare la
sorte di coloro i quali, dopo la distruzione di Gerusalemme, si erano arroccati
nella fortezza di Masada. Questi, infatti, decisero, dopo un ultimo accorato
discorso del loro leader, di suicidarsi in massa pur di non cadere in mano dei
romani.
Per chi conosce la Bibbia ed ha letto di come Gesù profetizzò innanzi tempo
sulla distruzione del tempio e della città e del fatto specifico che questi due
eventi sono direttamente collegati alla reiezione del Messia da parte della
nazione di Israele, questo ultimo fatale discorso assume dei toni davvero molto
significativi. Riporta così Giuseppe Flavio: “Avremmo fatto meglio ad intuire il
proposito di Dio molto prima … e comprendere che lo stesso Dio che
anticamente aveva avuto in favore la nazione giudaica, l’ha adesso abbandonata
alla distruzione; perché se avesse continuato ad esserle favorevole o se non
fosse stato tanto dispiaciuto di noi, egli non avrebbe permesso la distruzione di
così tanti uomini e avrebbe liberato la città santa dal fuoco e dalla distruzione
che è avvenuta per mano dei nostri nemici”. Dalla “Guerra Giudaica”, citata nel
libro “Readings from the First Century World” edito da Walter A. Elwell e
Robert W. Yarbrough, pag. 53-54.
Vi è un senso di ineluttabilità di chi nel commentare questo o quell’evento
sospira: "era destino che andasse così!"
Davanti ad una morte prematura, spesso si sente dire: "era il suo destino, era
destinato così".
Nel piangersi addosso di alcuni davanti all’ennesima svolta negativa nella
propria vita si sussurra rassegnati: "è il mio destino, la mia sorte".
L’esistenza o meno di un Destino all’interno delle vicende umane è un
problema squisitamente filosofico. E come accade nella Bibbia, che non è un
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libro filosofico ma è, invece, sempre diretta alle ripercussioni pratiche delle
cose, la mia riflessione parte da una domanda: - credi nel Destino?
Ebbene, se credi nel Destino, sappi che Dio è Signore e Padrone anche di
quello!
In pratica ed in maniera definitiva, apprendiamo dalla meditazione della Sacra
Scrittura, che non esiste un “Destino” come molti lo intendono, cioè come il
percorso inevitabile degli eventi, semplicemente perché Dio è Signore di ogni
cosa e di ogni evento.
Un medesimo modo di dibattere sulle credenze popolari lo incontriamo negli
scritti di Paolo, nella sua epistola ai Colossesi. Qui egli discute della complessa
cosmologia gnostica, della contemplazione di “emanazioni divine” da Dio
immaginata dai sostenitori di questa eresia. Paolo non ne confuta le dottrine o il
pensiero; sembra invece opporre, con sottile intelligenza, un ragionamento
molto semplice, nel quale è come se dicess: "inventatevi tutte le genealogie
celesti che volete, Cristo è sempre al di sopra di tutto e di tutti e Lui solo vale la
pena conoscere e servire."
La risposta di Paolo evita una polemica difficile, lunga e forse anche inutile, e
ribadisce con fermezza la devastante semplicità della fede cristiana.
“Egli - Gesù - è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura;
poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le
visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state
create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose
sussistono in lui”. Colossesi 1:15-17.
Per dimostrarci con un linguaggio incredibilmente semplice – è un pregio della
Scrittura, non un suo limite – che non esiste alcun decreto immutabile sulla
sorte di nessuno, la Bibbia spesso ci parla di Dio che si “pente” di ciò che ha
fatto o di ciò che sta per fare e decide di tornare sui suoi passi, cambiando
opinione sul da farsi su questa o quella questione. In parole povere, se
apprendiamo dalla Parola di Dio che Dio stesso può “cambiare idea”, allora
possiamo concludere che il corso degli eventi, apparentemente immutabile, può
invece essere cambiato e che, quindi, per logica conseguenza, non vi è nulla di
inevitabile.
Vediamo qualche esempio biblico di ciò che dico.
“In quel tempo Ezechia si ammalò di una malattia che doveva condurlo alla
morte. Il profeta Isaia, figlio di Amots, andò da lui, e gli disse: "Così parla il
SIGNORE: Dà i tuoi ordini alla tua casa; perché tu morirai; non guarirai".
Allora Ezechia voltò la faccia verso il muro e pregò il SIGNORE, dicendo:
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"SIGNORE ricòrdati, ti prego, che ho camminato davanti a te con fedeltà e con
cuore integro, e che ho fatto ciò che è bene ai tuoi occhi". Ezechia scoppiò in un
gran pianto. Isaia non era ancora giunto al centro della città, quando la parola
del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: "Torna indietro, e di' a Ezechia,
principe del mio popolo: "Così parla il SIGNORE, Dio di Davide tuo padre: Ho
udito la tua preghiera, ho visto le tue lacrime; ecco, io ti guarisco; fra tre giorni
salirai alla casa del SIGNORE. Aggiungerò alla tua vita quindici anni, libererò
te e questa città dalle mani del re di Assiria, e proteggerò questa città per amor
di me stesso, e per amor di Davide mio servo.” – (2 Re 20:1-6)
La preghiera di Ezechia cambiò il suo “destino”! Isaia gli aveva annunciato la
sua morte con parole molto forti: “Così parla il Signore”, aveva detto il profeta.
Nonostante questo, però, la preghiera di Ezechia fa mutare il consiglio stesso di
Dio e il Signore lo guarisce concedendogli quindici anni in più da vivere.
E’ difficile sopravvalutare il potere della preghiera, quando vediamo che può
influenzare gli stessi decreti di Dio. Questo deve farci comprendere che
possiamo cambiare la nostra vita e la vita di coloro che stanno intorno a noi,
possiamo cambiare le situazioni, possiamo volgere le circostanze a nostro
favore!
La preghiera fa la differenza nella vita di un uomo, perché tramite la preghiera
invitiamo Dio nella nostra vita con tutto ciò di positivo che la sua presenza
implica.
La differenza fra Giuda e Pietro – come fra chi crede e chi non crede – non è
poi così marcata: è una preghiera di ravvedimento, un cuore che capisce di
avere peccato e si appella alla grazia di Dio per il perdono e la riconciliazione
con il Padre. Giuda non pregò, ravvedendosi di quanto aveva fatto, ma
disperato, senza fiducia nella grandezza di Dio, nella sua Grazia, nel suo
perdono, poté solo suicidarsi. Pietro, invece, si affidò all’immenso amore di Dio
e tornò al Signore, sicuro della grazia di Dio che cancellava il suo peccato. La
salvezza è lontana soltanto una preghiera!
Torniamo al tremendo evento che abbiamo citato all’inizio, la distruzione di
Gerusalemme.
Eusebio di Cesarea, storico della Chiesa del IV secolo, narra che i cristiani
residenti a Gerusalemme furono divinamente avvertiti della distruzione che da
lì a poco sarebbe avvenuta ed abbandonarono la città. Eppure io sono certo che
l’intero popolo avrebbe potuto essere risparmiato: sarebbe stato sufficiente
credere al messaggio degli apostoli.
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E’ vero quindi che Dio sa e conosce ogni cosa, passato, presente e futuro. Ma
chiamare in causa il “destino” o la “sorte” come responsabili per gli eventi della
nostra vita è troppo facile, ma è anche stupido (mi si perdoni questo termine),
perché significa soltanto "gettare la spugna".
Riconoscendo, invece, che Dio è Padrone e Signore di ogni cosa - anche di
quello che gli uomini chiamano “Destino” - rivolgendoci a Lui, possiamo
cambiare il corso degli eventi a nostro favore e permettere al Signore di fare la
differenza nella nostra vita.
Maggio 2011
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Molti libri … un solo libro
Tempo fa avevo un problema. Da autodidatta quale per certi versi sono, non
riuscivo a scrivere nulla che avesse per me una lunghezza apprezzabile. Poi
lessi che un lungo libro è sempre la somma di brevi parti collegate fra loro, a
volte anche indipendenti fra loro, con un unico filo conduttore che le rendono
parte di un unico e più consistente prodotto finale, il libro stesso.
Riflettendoci sono giunto alla conclusione che lo stesso può dirsi della Bibbia.
E’ vero che questa raccoglie diversi libri, scritti da vari autori, in diverse epoche
e in diverse circostanze, ma è anche vero che più si studia la Parola di Dio, più
si percepisce l’unità d’intento che la pervade dalla prima all’ultima pagina.
La conclusione è che diversi autori hanno scritto per diversi motivi ed in
diverse epoche, ma che l’assistenza particolare dello Spirito Santo ha reso il
loro lavoro, anche a loro insaputa, tessere di un mosaico più grande.
In questa prospettiva potremmo paragonare lo Spirito Santo ad un editore che
supervisiona i lavori indipendenti di vari autori, dando un contributo sufficiente
a renderli parte di un progetto più grande.
L’unità di disegno che rivelano le pagine della Bibbia, dalla Genesi
all’Apocalisse, è un’ulteriore prova dell’elemento soprannaturale,
dell’ispirazione divina che ha guidato gli autori delle pagine sacre.
Vediamo qualche esempio concreto.
Genesi 3:15, “Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la
progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno.”
Con ragione questo brano, che troviamo nel primo libro della Bibbia, è stato
considerato il primo annuncio evangelico. L’interpretazione classica di questo
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verso è tanto significativa quanto sorprendente. Le parole della Genesi parlano
della vittoria di Cristo, che schiaccia il capo del serpente distruggendo per
sempre le opere del Diavolo; ma la ferita che ne riceverà, è la morte che dovrà
patire sulla croce per pagare per il nostro peccato. Nulla di strano se non il fatto
che queste parole sono state scritte oltre mille anni prima che si compissero.
Stupefacente è la narrazione di Genesi 22, dove è impossibile non ravvisare il
parallelo fra quanto succede ad Abramo ed il sacrificio di Cristo. Al grande
patriarca viene chiesto dal Signore di sacrificare suo figlio Isacco. Abramo
parla, profetizzando, grazie alla sua fede, del sacrificio che il Padre avrebbe un
giorno provveduto per il peccato dell’uomo con il suo Figlio offerto sulla croce
per la nostra salvezza.
“E Dio disse: "Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel
paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò".
Abraamo si alzò la mattina di buon'ora, sellò il suo asino, prese con sé due suoi
servi e suo figlio Isacco, spaccò della legna per l'olocausto, poi partì verso il
luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno, Abraamo alzò gli occhi e vide
da lontano il luogo. Allora Abraamo disse ai suoi servi: "Rimanete qui con
l'asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi torneremo da voi".
Abraamo prese la legna per l'olocausto e la mise addosso a Isacco suo figlio,
prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco
parlò ad Abraamo suo padre e disse: "Padre mio!" Abraamo rispose: "Eccomi
qui, figlio mio". E Isacco: "Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per
l'olocausto?" Abraamo rispose: "Figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello
per l'olocausto". E proseguirono tutti e due insieme. Giunsero al luogo che Dio
gli aveva detto. Abraamo costruì l'altare e vi accomodò la legna; legò Isacco
suo figlio, e lo mise sull'altare, sopra la legna. Abraamo stese la mano e prese il
coltello per scannare suo figlio. Ma l'angelo del SIGNORE lo chiamò dal cielo
e disse: "Abraamo, Abraamo!" Egli rispose: "Eccomi". E l'angelo: "Non
stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio,
poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo". Abraamo alzò gli occhi,
guardò, ed ecco dietro a sé un montone, impigliato per le corna in un cespuglio.
Abraamo andò, prese il montone e l'offerse in olocausto invece di suo figlio.
Abraamo chiamò quel luogo "Iavè-Irè". Per questo si dice oggi: "Al monte del
SIGNORE sarà provveduto". (Genesi 22:2-14)
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Lo stesso tema, la morte espiatoria di Cristo è il soggetto dell’incredibile
profezia che rinveniamo al capitolo 53 del libro del profeta Isaia, scritto molti
secoli prima della nascita di Gesù. Vale proprio la pena citarlo per esteso.
“Chi ha creduto a quello che abbiamo annunziato? A chi è stato rivelato il
braccio del SIGNORE? Egli è cresciuto davanti a lui come una pianticella,
come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza da
attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci. Disprezzato e abbandonato
dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al
quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima
alcuna. Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori
quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e
umiliato! Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa
delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e
mediante le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo smarriti come
pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere
su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca.
Come l'agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa,
egli non aprì la bocca. Dopo l'arresto e la condanna fu tolto di mezzo; e tra
quelli della sua generazione chi rifletté che egli era strappato dalla terra dei
viventi e colpito a causa dei peccati del mio popolo? Gli avevano assegnato la
sepoltura fra gli empi, ma nella sua morte, egli è stato con il ricco, perché non
aveva commesso violenze né c'era stato inganno nella sua bocca. Ma il
SIGNORE ha voluto stroncarlo con i patimenti. Dopo aver dato la sua vita in
sacrificio per il peccato, egli vedrà una discendenza, prolungherà i suoi giorni, e
l'opera del SIGNORE prospererà nelle sue mani. Dopo il tormento dell'anima
sua vedrà la luce, e sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il mio servo, il
giusto, renderà giusti i molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità. Perciò
io gli darò in premio le moltitudini, egli dividerà il bottino con i molti, perché
ha dato sé stesso alla morte ed è stato contato fra i malfattori; perché egli ha
portato i peccati di molti e ha interceduto per i colpevoli.” (Isaia 53:1-12)
E’ inequivocabile che Isaia parli della morte di Gesù e la ricchezza dei dettagli
della sua profezia è spiegabile solo per l’opera di ispirazione dello Spirito
Santo.
Alcuni problemi che sorgono nell’individuazione dell’autentico insegnamento
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della Parola di Dio, sono dovuti alla mancanza della percezione dell’unità di
intento della Bibbia. Considerandola un unico libro, in essa scopriamo la
gradualità della Rivelazione che Dio ha fatto di sé e del suo piano per l’uomo,
culminato nell’incarnazione di Gesù Cristo.
In Ebrei 1:1-2a leggiamo: “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in
molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a
noi per mezzo del Figlio”
Dello stesso tenore le parole dell’evangelista Giovanni: “Poiché la legge è stata
data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù
Cristo.”
Ma perché una Rivelazione graduale? Perché Dio non ha rivelato tutto e subito,
già dalle prime pagine della Bibbia?
Rimanendo in tema con l'osservazione iniziale di questa riflessione, posso dire
che mi sembra che a volte alcuni rimproverino alla Bibbia quello che invece
viene apprezzato nei migliori scrittori.
Immaginate un libro "giallo" dove l’identità dell’assassino e tutti gli indizi
determinanti venissero rivelati nelle prime due pagine! Chi vorrebbe leggerlo?
Il piacere del lettore sta proprio nel cogliere e ricollegare tutti gli indizi lasciati
qua e là da uno scrittore intelligente e, al dischiudersi delle ultime pagine della
narrazione, arrivare con lui alla soluzione del mistero. Allo stesso modo, che
utilità avrebbe un testo scolastico dove gli studenti debbano subito confrontarsi
con le problematiche più complesse della materia studiata? Non è più saggio,
invece, procedere per gradi? Infatti è così che succede in ogni testo scolastico o
di studio che si rispetti.
E' così scandaloso se lo stesso accade nelle pagine della Bibbia?
Alcuni banali errori sulla dottrina o la prassi cristiana originano dall’errata o
imperfetta percezione della continuità esistente fra l’insegnamento dell’Antico
Testamento e quello del Nuovo: la transitorietà del primo patto e la completezza
e perfezione del secondo, in Cristo.
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Ad esempio, i Testimoni di Geova non percepiscono che gli indizi dell’Antico
Testamento trovano la loro spiegazione nelle formulazioni trinitarie del Nuovo
Testamento e che ciò non turba l’Unità di Dio ma la amministra nella Trinità.
Oppure, quando non ammettono trasfusioni di sangue in virtù di alcuni brani
dell’Antico Testamento ripresi anche nel Nuovo, ma nel contesto comunque
della difficile transizione dall'esclusivismo della fede ebraica all'universalismo
del messaggio evangelico, trascurano che le norme veterotestamentarie che
riguardavano comunque il “mangiare” il sangue, pratica altamente contraria alla
profilassi anche oggi, niente hanno a che vedere con l’intervento della scienza
medica che utilizza, con la massima attenzione e cura, le trasfusioni di sangue
per salvare vite umane.
Volendo dare un’occhiata anche a casa mia, devo dire che alcuni fratelli
evangelici esagerano in certe prassi o comportamenti, dimenticando la libertà
che abbiamo in Cristo. Alcuni non indossano orecchini, altri impongono alle
donne di non portare i pantaloni; in America molti ritengono l’uso dell’alcol in qualunque misura - contro l’insegnamento biblico. Dall’altra parte altri
eccedono nella libertà di Cristo, senza tenere in giusto conto la santità della
condotta alla quale Dio ci ha chiamati in Gesù.
Nella Chiesa Cattolica, invece, troviamo una organizzazione del clero che
ricorda più quella ebraica che quella immaginata nelle pagine del Nuovo
Testamento. Il Papa potremmo definirlo erede del Sommo Sacerdote ebraico ed
il clero, separato dal resto dei credenti, ricorda il sacerdozio personale ed
ereditario degli ebrei. Nel Nuovo Patto, però, non si parla di sacerdoti perché
non sono previsti sacrifici; né occorrono gerarchie ecclesiastiche che creano una
così marcata separazione fra il clero ed il resto dei credenti. Nella ricerca della
“visibilità” della Chiesa, nel suo scadere nel formalismo che pure Gesù aveva
condannato nei religiosi del suo tempo, la tradizione romana perde di vista
l’essenza puramente spirituale della “Chiesa” e della fede del Nuovo
Testamento.
Il cristiano di cultura media, con una conoscenza biblica che gli viene da una
lettura costante ed attenta della Sacra Scrittura, non può certo sperare di
controbattere con efficacia contro chi critica la Parola di Dio con motivazioni
storiche, linguistiche, filosofiche, umanistiche. Spesso è anche difficile
discutere con chi per chiusura mentale, ma senza un motivo concreto, rigetta la
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testimonianza della Bibbia e non ne riconosce l’autorità come Parola di Dio.
Ma, come per altre realtà spirituali, il cristiano percepisce nel suo spirito che le
Sacre Scritture sono opera dello Spirito Santo. Tempo fa un mio amico di fede
cattolica mi disse: - leggendo la Bibbia … non so dimostrarlo e forse nemmeno
spiegarlo a parole, ma sento qualcosa di speciale.
E’ vero: è un’esperienza spirituale che quindi si stenta a spiegare cercando un
punto di riferimento nel nostro linguaggio o esperienza quotidiani; leggendo la
Bibbia, lo Spirito Santo ci parla, parla al nostro spirito. Questa è la mia
esperienza. Questa è l’esperienza di quanti si accostano alla lettura della Parola
di Dio; di quanti la meditano, la vivono, la custodiscono nel loro cuore come
tesoro spirituale. Fra quelle pagine, in quelle pagine, con quelle parole, Dio
parla loro – a noi! – e si rivela, donandoci, ad ogni passaggio, ad ogni lettura,
più luce su di sé e sul suo infinito amore.
Non possiamo fare molto di più se non condividere questa meravigliosa
scoperta con chi ci ascolta ed invitarlo a fare altrettanto prestando orecchio alla
Parola di Dio.
29 Maggio 2011.
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Chi paga qui?
Vengo guardato con perplessità quando dico che vorrei un terzo figlio. Perché?
Perché un impiegato con il mio stipendio non può riuscire a mantenere un certo
tenore di vita e garantirlo a tre figli.
Perché oggi una bella macchina è indispensabile – ma la mia è costata
cinquecento euro e cammina lo stesso! Perché un cellulare solo non basta – io
vivrei benissimo, forse meglio, anche senza. Perché ai figli bisogna comprare
tutto quello che serve a non farli sentire “inferiori” ai loro amici o compagni di
scuola – invece io ritengo più importante comunicare loro dei valori che vanno
oltre la marca dei jeans o delle scarpe che indossano.
Il “dio” denaro regna indisturbato sul mondo di oggi. Si crede di poter comprare
tutto e per logica conseguenza, che tutto abbia un prezzo. Anche il tempo è
danaro! E l'importanza di una persona spesso dipende dai soldi che possiede o
da quelli che ti può fare guadagnare.
Non mi sorprende quindi più di tanto che spesso mi venga rivolta la domanda:
“quanto guadagni con questo sito internet e per le cose che scrivi?”
No, non ho un introito economico dal sito internet che curo. Eppure ritengo di
essere stato sempre ed abbondantemente remunerato per il mio lavoro qui e per
quello che ho svolto in chiesa. Sono stato pagato bene ed in anticipo. Per questo
ci metto tanto impegno e lo faccio con tanta passione. Ma questa paga non è
quella che molti potrebbero immaginare. I soldi sono poca cosa al confronto.
Sentite quanto stupende sono le parole dell’apostolo Paolo: “Benedetto sia il
Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni
benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo. In lui ci ha eletti prima della
creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui,
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avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo
come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della
gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio”. (Efesini 1:3-4)
Non c’è molto da rubare a casa mia. Le cose che per me hanno più valore, agli
occhi di un ladro sono oggetti di nessun uso: Bibbie, libri, appunti. Quando ero
giovane ero solito lasciare una Bibbia in auto. Pensavo che se mi avessero
rubato la macchina, avrebbero potuto leggere la Bibbia e convertirsi al Signore.
Una volta nella tenda di evangelizzazione “Cristo è la Risposta” ho sentito la
testimonianza di un ragazzo. Raccontava di essere entrato sotto la tenda per
vedere cosa poteva rubare, ma che alla fine si era convertito a Cristo. Questo si
che è stato un furto di classe e lui si che si è dimostrato un ladro con i fiocchi:
ha rubato la cosa più preziosa che c’era la dentro.
Tornando a noi. Pur non essendo ricchissimo dal punto di vista materiale, non
posso di certo lamentarmi. Il Signore ha sempre provveduto dandomi due cose
importantissime: 1. Quanto mi serve per vivere. 2. La capacità di accontentarmi
e vivere felice con quello che ho.
Quest’ultima cosa non è certo un dono da nulla. Spesso, infatti, noto che anche
chi ha tantissimo vive scontento nella continua ricerca di altre cose da
aggiungere ai propri averi. Credo che sia naturale e vero per ogni essere umano,
ma non per questo meno drammatico. Nell’Ecclesiaste leggiamo: “l'occhio non
si sazia mai di vedere e l'orecchio non è mai stanco di udire”. (Ecclesiaste 1:8)
Quindi vedo un dono di Dio nel senso di appagamento che provo a godere
anche dei doni materiali che Egli mi elargisce.
Vi è un altro dettaglio importante nel mio rapporto con le cose materiali che
possiedo. Vi è mai capitato di nutrire un affetto particolare per un oggetto,
magari di poco valore oggettivo, ma per voi prezioso perché appartenuto o
regalatovi da una persona cara? Ecco, questo è il rapporto che mi lega alle mie
cose: poche o molte che siano hanno per me un valore speciale, perché so che
tutto quello che ho è Dio che me l’ha provveduto e donato.
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Era da tempo che volevo dire qualcosa a riguardo del guadagno che ne ho
studiando e scrivendo della Parola di Dio. Spero di avere fornito una
chiarificazione sufficiente.
31 Maggio 2011.
“Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i
ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine
consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov'è il tuo tesoro,
lì sarà anche il tuo cuore”. (Matteo 6:19-21)
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Chi pratica lo zoppo ...
C'è un detto dalle mie parti, in quel meraviglioso idioma che è il siciliano: "cu
pratica u zoppu all'annu zuppia". Tradotto in italiano sarebbe più o meno: "chi
pratica lo zoppo entro l'anno zoppicherà anche lui". Questo proverbio perde
qualcosa nella traduzione, mentre è molto efficace nel mio dialetto. In italiano
c'è comunque un detto simile: "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"; anche se
devo riconoscere che quest'ultimo non è così efficace come il primo. In inglese
si usa dire: "birds of a feather flock together", "uccelli con le stesse penne fanno
stormo insieme"; anche qui la traduzione fa perdere qualcosa.
Spesso i detti popolari tramandano una saggezza che deriva dall'esperienza del
popolo che li produce e sono davvero preziosi nel cammino della vita.
Salomone ne raccolse diversi nel suo libro chiamato appunto dei Proverbi. Sullo
stesso argomento, egli scrisse: "Chi va con i saggi diventa saggio, ma il
compagno degli insensati diventa cattivo." (Proverbi 13:20).
Scrivo questa riflessione dopo avere discusso della questione con mio figlio. Ha
un'età particolare ed è importante che impari, nelle scelte che fa nella vita, a
regolarsi alla luce dell'insegnamento dei propri genitori, ma soprattutto della
Parola di Dio. Quindi quando mi chiede se la Bibbia ci insegna o meno se
dobbiamo o possiamo "stare", "frequentare", "essere amici", con un certo tipo di
persone piuttosto che un altro, la domanda è degna di seria considerazione e la
risposta - per non cadere nel fraintendimento e in una superficiale
generalizzazione che invaliderebbe la vera sostanza dell'insegnamento che ci
trasmette la saggezza popolare ed anche la Bibbia - deve essere all'altezza della
complessità della questione.
Purtroppo nel mio percorso di vita mi sono potuto avvalere della tragica
esperienza di un mio coetaneo. Avevo 15 anni circa. Ero alle superiori. Un mio
compagno di classe - me lo ricordo come fosse ieri - mi parlò di amici nuovi
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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che stava frequentando. Mi disse: "io non sono d'accordo sul fatto che bisogna
emarginare certe persone e solo perché fanno uso di droghe non posso
frequentarli". Devo dire che allora, dall'alto dei miei pochi anni, il suo discorso
filava: non è giusto emarginare una persona solo perché ha un problema! Mi
ricordo quell'anno, dopo qualche mese, Salvatore - mi pare di ricordare che si
chiamasse così - cominciò a non venire più a scuola. Le sue sorelle più grandi
erano nello stesso istituto e ci informarono sul perché: aveva cominciato a
drogarsi anche lui! Per me quella fu una lezione di vita che mi si stampò nella
mente "a caratteri di fuoco", per utilizzare una colorita espressione che era
tipica del mio professore di Tecnica Bancaria.
Torniamo, però, a quello che dice la Bibbia. In 1 Corinzi 15:33 l'apostolo Paolo
scrive: "Non v'ingannate: «Le cattive compagnie corrompono i buoni
costumi.»". Paolo cita un detto di Euripide (485-407 a.C.) ripreso da Menandro,
commediografo greco vissuto fra il 342 ed il 291 a.C. nella sua raccolta di
scritti morali utilizzata nelle scuole.
La premessa "non vi ingannate" è molto significativa. Spesso siamo convinti di
essere immuni, di potere attraversare la vita saldi come rocce, inamovibili nelle
nostre convinzioni. Ma non è così. Siamo esseri umani. Sbagliamo. Ci lasciamo
trascinare. Ci convinciamo di cose sbagliate. Cambiamo opinione. Nutriamo
dubbi. Ci lasciamo influenzare. Frequentare un certo tipo di persone le cui
scelte di vita non condividiamo alla luce della Parola di Dio, è, sempre alla luce
della Parola di Dio, ma anche della saggezza popolare come abbiamo visto,
almeno non consigliabile. L'esperienza di vita conferma che "le cattive
compagnie corrompono i buoni costumi". Chi crede che non è così, molto
verosimilmente finisce per ricredersi solo quando è troppo tardi.
Il Signore ci comanda di amare il prossimo come noi stessi. Ma questo non
significa che sia saggio fare comunella con ogni tipo di persona con questo
pretesto. Ho avuto conoscenti che si sono rivelati con le mani un po'
"lunghette", visto che se c'era qualcosa che potevano portare via da un negozio
senza pagare lo facevano. Personalmente non ho ritenuto utile entrare più da
nessuna parte con tale persona, né averne una frequentazione particolare.
Questo significa disobbedire al comandamento dell'amore verso il prossimo? Al
contrario, se chi ruba vede che è trattato come chi non ruba non capirà mai che
rubare non è giusto. Poi stare accanto ad una persona che fa certe cose potrebbe
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condurre a dei guai inaspettati. Immaginate se quando ero con lui lo prendevano
mentre rubava qualcosa. Come sarei riuscito a convincere anche la persona più
ingenua che io non ero lì a rubare con lui?
Dall'altra parte avere amicizie con credenti e con persone che vivono una vita
retta, renderà il nostro percorso cristiano molto più sicuro. Rimango sempre
edificato da una conversazione con un fratello o una sorella in Cristo, quando si
parla delle meraviglie del Signore e della Parola di Dio, quando ci si esorta e
sostiene a vicenda. Quando si chiede un consiglio ad un credente, si ha buone
speranze di ricevere una parola saggia che sia fondata sull'insegnamento della
Parola di Dio.
Ho letto da qualche parte un'obiezione mossa da alcuni: ma Gesù non stava
proprio con i peccatori? Si, certo. Ed è vero che per quaesto era anche criticato
dal clero giudaico? E' un'obiezione al nostro ragionamento che va attentamente
valutata, visto ha la parvenza di un certo valore come quel "non è giusto
emarginare nessuno" del mio compagno di classe. Gesù, è vero, stava anche in
mezzo ai peccatori. Ma perché ad un certo punto del suo ministero si trovò
quasi da solo? Mentre le masse lo circondavano se faceva miracoli, quando
predicava apertamente la Verità "molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e
non andavano più con lui". Giovanni 6:66. Gesù stava anche tra i peccatori
perché annunciava loro il regno di Dio. Quanti stanno fra i non credenti e lì
riescono a dare una testimonianza efficace della Verità? Quanti invece stanno
zitti per paura che - come Gesù - testimoniando alla Verità possano perdere i
loro "amici"? Facciamoci un bell'esame di coscienza. Non ci inganniamo, "le
cattive compagnie CORROMPONO i buoni costumi". Stando sempre in mezzo
a dei non credenti che operano in maniera contraria alla Parola di Dio è molto
più probabile che saremo noi ad essere pian piano trascinati lontano dalla Fede,
piuttosto che loro convinti dalla nostra presenza a convertirsi al Signore. Se
rimaniamo in mezzo a certa gente è infatti soltanto in virtù del fatto che
tacciamo sulla Verità per non perderne la compagnia. Ho notato spesso quanto
sia facile convincere della gente ad andare in un ristorante nuovo, in un locale,
in viaggio... mentre quanto è frustrante vedere le loro facce quando gli chiedi di
unirti a te in chiesa!
Visto che abbiamo citato diversi proverbi, in chiusura del mio ragionamento ne
tiro in questione un altro: "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei". E' un detto molto
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comune e secondo me molto vero. Guardando la serie TV Ally Mcbeal - mi
piacevano molto i primi episodi - mi sono reso conto di una cosa che alla fine è
molto ovvia. Se vuoi essere un avvocato, stai insieme ad avvocati. Imparerai a
parlare come un avvocato, a ragionare come un avvocato, a pensare e muoverti
persino come un avvocato. In realtà non ho conosciuto nei miei anni di
esperienza lavorativa nessun professionista di successo che non fosse amico o
frequentasse colleghi professionisti dello stesso ramo. Mia moglie ed io
facciamo lo stesso lavoro ed è interessante a volte confrontarsi anche su
questioni professionali. Allo stesso modo sento un senso di cameratismo per i
colleghi che fanno il mio stesso lavoro anche se per società diverse dalla mia.
Per farla breve, se si vuole essere un cristiano di successo, pensare e parlare
come un cristiano, agire come un cristiano, vivere come un cristiano, è
altrettanto ragionevole supporre che ciò possa avvenire molto più naturalmente
quando si è attorniati da cristiani, da gente che ha i medesimi ideali e si prefigge
gli stessi nostri scopi.
Il Signore ci ha detto: "Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate
dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe". Matteo 10:16.
Perché siamo pecore in mezzo ai lupi? Perché cerchiamo il regno di Dio, le
buone opere. Siamo miti, ci studiamo di fare il bene. Mentre il mondo che ci
circonda è malvagio e vuole solo trascinarci nel suo vortice di perdizione. Ma il
Signore ci dice, ci raccomanda, ci consiglia di essere "prudenti" come serpenti.
E il monito della Parola di Dio è davvero molto chiaro perché lo si possa
ignorare sperando di non averne conseguenze negative.
La saggezza orientale, tramandata nella Scrittura negli scritti di Salomone;
quella greca, ripresa da Paolo nel Nuovo Testamento; quella italiana, quella
anglo-sassone e persino quella siciliana sono tutte concordi a darci il medesimo
insegnamento di vita. E' proprio da stolti non prestare la dovuta attenzione.
13 Luglio 2011
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Ci vediamo il 22 Ottobre 2011
Ci risiamo. Oggi, 17 Ottobre, arrivo in ufficio e, mentre, quasi meccanicamente,
vado per aprire la posta su yahoo, leggo l'ennesima notizia: "Secondo la lettura
matematica della Bibbia il mondo finirà il 21 ottobre 2011". Lo confesso: non
riesco a credere ai miei occhi.
Non sono passati molti mesi da quando ho scritto uno studio sul ritorno di
Gesù, predetto da alcuni per la primavera di quest'anno. Ed eccoci a dovere
discutere di un'altra data che uno "studioso" della Bibbia è riuscito a ricavare
per calcolare la "fine del mondo", o "il ritorno di Cristo" o entrambe le cose.
Leggo nell'articolo: "La data della crocifissione di Gesù è fissata il primo aprile
del 33 d.C. Moltiplicando per due volte tra loro i tre numeri sacri 5, 10 e 17 si
ottiene 722.500. Per Camping, questi sono esattamente i giorni tra la morte di
Gesù e la fine del mondo, e cadrebbero esattamente il 21 ottobre 2011.
Camping ha confermato questa teoria in un messaggio audio diffuso di recente:
“Possiamo essere certi che il mondo intero sarà distrutto il prossimo 21
ottobre”.
Che Gesù sia stato crocifisso nel 33 d.C. è improbabile. E' ormai riconosciuto
che un errore del nostro calendario gregoriano, fa cadere, paradossalmente, la
nascita di Gesù nel 4 a.C. Secondo alcuni addirittura nel 6 a.C. Anche il calcolo
del giorno e mese della crocefissione non è semplice, ma nemmeno discuterne e
tralasciamo il dettaglio. Che poi il 5, il 10 ed il 17 siano numeri "sacri" a me
non risulta; almeno non lo sono più degli altri e di sicuro meno significativi del
3, del 7 o, persino del 4 e del 6 - ma questa è un'altra questione. Un ultimo
appunto è che i giorni del nostro calendario, dal 29 d.C. o 33 d.C. che si voglia,
non corrispondono. Mancano diversi giorni, eliminati qua e là nel corso dei
secoli per cercare di riparare agli errori del nostro calendario.
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Ma, mettendo da parte le motivazioni matematiche che non rendono attendibili i
calcoli e le acrobazie numerico-bibliche di alcuni, la verità è che ci troviamo
davanti all'ennesimo penoso e squallido tentativo di predire la fine del mondo,
Bibbia alla mano.
Non ripeto quanto ho già detto nel mio articolo sul ritorno di Gesù, mi limito a
dare appuntamento al lettore al 22 Ottobre 2011, qui, su queste pagine.
Catania, 17 Ottobre 2011
E' domenica 23 ottobre 2011 e la fine del mondo non è arrivata. Lascio questo
articolo sul mio sito a futura memoria.
L’appendice I di questo libro parlerà del ritorno di Gesù in forma di studio
biblico. Altri studi sull’argomento li trovate sul mio sito internet
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La nostra fatica
Comincio questa mia riflessione con una buona notizia: "Perciò, fratelli miei
carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell'opera del Signore,
sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore". (1 Corinzi 15:58)
Credo che una delle cose più brutte che possa accadere ad una persona sia
accorgersi di avere faticato tanto per niente. E' successo un po' a tutti immagino.
A me si, più d'una volta.
Dopo qualche anno che gestivo questo sito ero un po' scoraggiato dal fatto di
non ricevere e-mail da parte dei miei ipotetici lettori. Cominciai a pensare
sempre di più che il silenzio potesse significare che nessuno leggesse quello che
pubblicavo. Ora, per potere presentare i miei studi non solo dovevo scriverli,
ma, visto che non avevo soldi per pagare nessuno perché lo facesse, né ero
riuscito a trovare qualcuno che sposasse la mia causa, avevo dovuto imparare io
stesso a creare un sito per poterli pubblicare su internet. Non è stata cosa da
poco ed ha richiesto tempo ed impegno. Ma ringrazio Dio perché ce l'ho fatta.
Una volta realizzato il sito, il lavoro non finiva certo lì. Dovevo scrivere e
sistemare quello che avevo scritto, raccoglierlo nella maniera migliore e,
possibilmente, aggiornare il tutto più spesso che potevo. Anche questa non è
stata - e non è - poca fatica. Quindi, quando il silenzio della mia posta
elettronica mi spinse a considerare che forse tutto quel lavoro era stato inutile,
per me fu una vera e propria delusione. Per diverso tempo non feci
aggiornamenti, sebbene continuavo a tenere la proprietà dei due domini
tutt'oggi attivi. Pregai il Signore che mi facesse capire cosa dovevo fare. Questa
mia "mania" di scrivere era realmente un mettere a frutto un dono per la Chiesa
o l'espressione di un desiderio di protagonismo, come qualcuno mi aveva detto
una volta? In buona sostanza, ero lì lì per mollare.
Veramente il Signore ci risponde. E risponde come solo Lui sa fare. Ci
aspettiamo una voce divina dal cielo, ma spesso ci guida dolcemente
utilizzando le nostre stesse facoltà. Io credo che con me lo abbia fatto dandomi
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una semplice intuizione: aggiungere un contatore di entrate. Era qualcosa di
ovvio, ma spesso l'ovvio, le semplici risposte che abbiamo sotto al naso, ci
sfuggono.
Così aggiunsi un contatore di visite e mi resi conto che il mio lavoro non
passava inosservato, che c'erano un numero di ingressi superiore a quelli che mi
aspettavo, visto che il mio era ed è un sito di studio e soprattutto di studi biblici.
Quasi nello stesso periodo cominciai a ricevere e-mail da diversi fruitori. Chi
chiedeva consigli, chi mi ringraziava, chi condivideva la propria esperienza, chi
mi esortava a continuare.
Il fatto è che siamo esseri umani e abbiamo bisogno di certezze. Eppure Mosè
guidò il popolo di Israele solo per obbedienza alla Parola di Dio, senza avere
certezze. Il popolo fece crollare le mura di Gerico semplicemente obbedendo al
"folle", all'apparenza folle, comandamento del Signore. Abbiamo così tanti
esempi nella Bibbia. Ed in proposito leggiamo nell'epistola agli Ebrei: "Or la
fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si
vedono". Ebrei 11:1. E Gesù disse: "beati quelli che non hanno visto e hanno
creduto!". (Giovanni 20:29)
Spesso il Signore ci chiama a compiere un'opera della quale non vediamo
immediatamente i frutti. Potrebbe addirittura succedere che non ne vedremo
mai del tutto i frutti. Ma questo non ci deve scoraggiare o fare smettere di
testimoniare di Cristo, di operare in obbedienza alla chiamata che abbiamo
ricevuto da Dio e di mettere a frutto i doni, i talenti, che Egli ci ha dati per
utilizzarli alla Sua Gloria.
Immaginiamo Noè, il quale il Signore chiamò a costruire un'arca sull'asciutto e
che dovette aspettare anni prima di vedere il significato del proprio lavoro; anni
durante i quali fu esposto al ridicolo dai propri simili, per quella che
all'apparenza era un'impresa senza senso.
Che dire di Paolo! L'apostolo dedicò tutta la sua vita a Cristo, a testimoniare di
lui, a fondare e coordinare a distanza chiese in ogni dove. E rimase fedele alla
sua chiamata anche quando, anziché essere acclamato da tutti come un grande
maestro ed un santo (noi al suo posto ci saremmo aspettati questo come
minimo, dopo tanta fatica) come giusto ringraziamento, gli uomini lo misero in
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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catene e lo trascinarono in un tribunale. Eppure Paolo aveva questa certezza:
che il suo dovere era obbedire all'Evangelo, al mandato specifico che gli aveva
dato il Signore e che tutto il resto non lo riguardava nemmeno, perché il
Signore sa ogni cosa! Sapeva inoltre che non era un Tribunale di uomini che
doveva temere, bensì il giudizio di Dio. "Noi tutti infatti dobbiamo comparire
davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che
ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male". (2 Corinzi 5:10)
Lui non lo vide, e difficilmente avrebbe potuto immaginare che la sua opera per
il Signore sarebbe stato il fondamento della Chiesa come noi oggi la
conosciamo.
Eppure il Signore spesso ci aiuta nelle nostre debolezze. A volte guardo indietro
negli anni trascorsi. Alle cose di buono che ho fatto, a quelle che avrei potuto
fare ma non ho fatto e, in ultimo, nota dolente, a quelle cattive che avrei fatto
meglio a non fare - troppe in percentuale rispetto alle altre due precedenti
categorie. In queste riflessioni, constato che, spesso, anche per delle cose buone
che ritengo di avere fatto, non ho mai avuto il bene di vedere alcun frutto e
spesso, visto che sono umano, penso che forse siano state inutili e che, alcuni
miei sforzi, non abbiano avuto nessun risultato concreto.
Poi invece capitano delle cose che mi ridanno fiducia e ringrazio il Signore che
mi fa capire che la mia fatica non è vana anche quando i frutti non li vedo
subito e persino anche quando non li vedrò affatto.
Il 9 Novembre ho ricevuto una mail di un mio amico di vecchissima data.
Eravamo insieme alle superiori, poi, come spesso accade, ci siamo persi di
vista. Sono trascorsi oltre dieci anni ormai dall'ultima volta che l'ho visto. E'
riuscito a rintracciarmi grazie al mio sito internet. Ecco cosa mi ha scritto nella
sua lettera, dalla quale ovviamente ho tolto i dettagli personali:
"Carissimo Giuseppe ... da martedì ho ripreso a lavorare. Per questo devo
ringraziare veramente il SIGNORE. Sai che oltre a rivolgermi in preghiera
leggo qualche passo della Bibbia. Conservo ancora quella che mi hai regalato
(credo di avergliela regalata una ventina di anni fa se non ricordo male) nella
quale in qualche pagina si trovano le sottolineature o i tuoi appunti a margine.
E' un ricordo tuo che mi sono portato con piacere e al quale sono veramente
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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affezionato ... Per quanto mi riguarda sono molto colpito dalle lettere di S.
Paolo. Il passo dove mi sento pervaso di energia è nella lettera ai Filippesi 4,13
"tutto posso in Colui che mi da forza".
Ciao alla prossima."
In Sicilia sentirete spesso dire dalla gente: "è tuttu pessu!". E' un detto che
tradotto significa "è tutto perso" e sottintende che fare del bene, comportarsi
bene, è tempo sprecato, non porta a niente.
Ebbene non è vero, non è così, non è "tuttu pessu", non per noi credenti almeno,
perché la nostra fatica non è vana nel Signore e quello che facciamo
annunciando la Parola di Dio lascia un segno positivo nelle persone che
incrociano il nostro cammino anche quando non lo vedremo nell'immediato.
Ciao Gino!
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Occhio per occhio
La frase biblica "occhio per occhio, dente per dente", la cosiddetta "legge del
taglione" è una delle parti più spesso utilizzate per giustificare la propria rabbia
per un torto subito, per invocare sentimenti di vendetta o per motivare gli sforzi
di rivalsa personale. Altri, però, sono lo spirito e il contesto nel quale questa
affermazione viene concepita. Brevemente, in meno spazio che mi sarà
possibile, cercherò di rendere giustizia alla Parola di Dio ed al suo autentico
significato, legale e morale e di ricollegarlo al senso della nostra fede cristiana.
La frase "incriminata" si trova nell'Antico Testamento. Citiamo due brani per
esteso.
"occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, scottatura
per scottatura, ferita per ferita, contusione per contusione. Se uno colpisce
l'occhio del suo schiavo o l'occhio della sua schiava e glielo fa perdere, li
lascerà andare liberi in compenso dell'occhio perduto. Se fa cadere un dente al
suo schiavo o un dente alla sua schiava, li lascerà andare liberi in compenso del
dente perduto." (Esodo 21:24-27)
"Quando uno avrà fatto una lesione al suo prossimo, gli sarà fatto come egli ha
fatto: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa
lesione che egli ha fatto all'altro". (Levitico 24:19-20)
Non credo di dire nulla di sorprendente quando affermo che qui la Parola di
Dio, tramite Mosè, sta stabilendo un principio giuridico di equità, valido fino ai
nostri giorni. E', infatti, vero che anche oggi, per rendere giustizia a chi ha
subito un danno, ma per punire adeguatamente chi lo ha causato, la legge deve
stabilire un risarcimento o una punizione proporzionali al danno arrecato. Ciò
garantisce un principio di rispetto per il diritto di chi ha subito un torto ad
essere adeguatamente risarcito, ma sancisce anche che chi ha sbagliato non può
essere punito a dismisura, sproporzionatamente, rispetto al reato che ha
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commesso.
Un'altra non ovvia chiave di lettura per le parole della Legge mosaica è che la
stessa limita il desiderio di "vendetta" o di "risarcimento" del danneggiato,
rimettendolo nelle mani della giustizia costituita, che diviene garante dell'equità
nei rapporti sociali, la definizione dell'entità reale del danno e la quantificazione
del risarcimento o la somministrazione della pena conseguente. Siamo in un
contesto giuridico molto evoluto, lontani dall'interpretazione ed uso
semplicistici di questa frase in cui scade l'uomo comune, ma anche dalla
strumentalizzazione in contesti più impegnati.
E' mia opinione che la composizione originale della legge mosaica risalga alla
seconda metà del XVI secolo a.C. Ma il codice di Mosè non è il più antico della
storia.
La terza dinastia di Ur (Ur III) ha regnato su un vasto territorio dell'antica
Mesopotamia fra il 2120 ed 2000 a.C. Appartiene a questo periodo il famoso
codice di leggi attribuito al sovrano fondatore della dinastia Ur-Nammu. (Per
onore della cronaca, va detto che il professor Pettinato concorda con chi oggi è
più propenso ad attribuire invece il codice al figlio del grande sovrano, Shulgi. I
libri di scuola ed i testi ci metteranno un po' a recepire questo fatto ed è per
questo, che, sebbene io sia convinto dalle argomentazioni di questo grande
studioso, propongo l'attribuzione tradizionale). Il codice di leggi raccolte per la
vasta e complessa organizzazione statale di UR III prevedeva il medesimo
principio dell' occhio per occhio.
Più incerta è la datazione del regno babilonese di Hammurabi. Gli studiosi non
concordano sulla data esatta del suo regno, ma di sicuro è più antico del periodo
in cui visse Mosè. Il famoso codice di leggi di Hammurabi prevedeva
apertamente qualcosa di molto simile alla legge mosaica. Le leggi che vi
troviamo erano numerate; vediamo cosa prevedevano quelle che riguardano la
nostra discussione.
legge 196. Se un uomo toglie l’occhio ad un uomo, gli sarà tolto un occhio.
legge 197. Se spezza l’osso di un uomo, gli sarà spezzato un osso.
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legge 200. Se un uomo spezza un dente di un suo pari, anche il suo dente verrà
spezzato.
La Bibbia non solo è la Parola di Dio, ma si presenta anche come un valido
testo giuridico, concepito per la nazione di Israele, perfettamente in armonia
con le esigenze del periodo nel quale è stata elaborata. La legge mosaica
permetteva un'equa amministrazione della giustizia, indispensabile per
un'organizzazione statale complessa che si rispetti.
Alla luce di quanto detto, comprendiamo meglio il contesto storico e sociale
(indispensabile per una corretta comprensione di qualsiasi sistema giuridico o
codice di leggi) nel quale vanno inquadrate le parole di Mosè e della Sacra
Scrittura. L'utilizzo gratuito della frase oggetto della nostra discussione da parte
di alcuni, oggi, altra realtà storica, non solo non è rispettoso della Parola di Dio,
ma tradisce il vero ed autentico senso della legge che Dio volle per il suo
popolo, al quale, in quel momento storico delegava un'amministrazione equa
della giustizia, non lasciando alcuno spazio a violenti sentimenti di vendetta
personale.
E' doveroso, però, non fermarsi a questa semplice analisi del testo che stiamo
considerando, ma rivederlo anche alla luce di ulteriori fatti.
Scrisse infatti l'apostolo Giovanni: "Poiché la legge è stata data per mezzo di
Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo". (Giovanni
1:17)
In un momento storico ben preciso, il Signore ha inviato il suo Figlio. Questo
evento ha sconvolto la storia, ma ha sconvolto anche i termini della relazione
fra Dio e gli uomini stabiliti nella Legge mosaica.
"Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per
mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio".
(Ebrei 1:1)
Per noi cristiani le parole di Gesù hanno una rilevanza assoluta. Le sue
interpretazioni della Torah (la Legge mosaica) sono più che commenti o
interpretazioni nello stile rabbinico: sono la maniera in cui noi dobbiamo
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comprendere il vero senso di quelle parole e viverle nell'era che ha già visto la
manifestazione del Cristo (Messia) promesso - tutt'altro rispetto a quello in cui
quelle legge vennero promulgate.
Gesù rilesse così le parole "occhio per occhio": "Voi avete udito che fu detto:
"Occhio per occhio e dente per dente". Ma io vi dico: non contrastate il
malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra; e a
chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. Se uno
ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. Dà a chi ti chiede, e a chi
desidera un prestito da te, non voltar le spalle. Voi avete udito che fu detto:
"Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico". Ma io vi dico: amate i vostri
nemici, [benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi
odiano,] e pregate per quelli [che vi maltrattano e] che vi perseguitano, affinché
siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra
i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate
quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i
pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non
fanno anche i pagani altrettanto? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il
Padre vostro celeste". (Matteo 5:38-48)
Le parole di Gesù sono molto profonde ma, diciamocelo francamente, a prima
vista, utopistiche. Eppure anche queste debbono esser viste nel loro contesto.
Gesù aveva detto apertamente: "Non pensate che io sia venuto per abolire la
legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento".
(Matteo 5:17). Le parole di Gesù hanno un senso più profondo di quello della
semplice enunciazione di un principio in un codice. Nel suo discorso della
montagna, il Signore non sta reinterpretando la Legge mosaica, non la sta
criticando o annullando. Al contrario, parla delle leggi del regno di Dio, dove il
cuore dell'uomo è completamente dato a Dio ed il suo senso di giustizia supera
le realtà terrene per considerare sempre la prospettiva di Dio, giusto ed ultimo
giudice.
Anche i profeti dell'Antico Testamento avevano compreso che la Legge (anche
quella mosaica) poteva imporsi all'uomo ma non cambiare l'uomo. Mentre
toccava al Signore stesso compiere questo miracolo. L'epistola agli Ebrei cita
l'Antico Testamento quando vi leggiamo: "Questo è il patto che farò con loro
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dopo quei giorni, dice il Signore, metterò le mie leggi nei loro cuori e le
scriverò nelle loro menti". (Ebrei 10:16)
Il periodo al quale fa riferimento l'autore di Ebrei (secondo me Paolo), è quello
messianico.
Il Signore mette nel nostro cuore la sua legge, il desiderio di mettere in pratica
un'altra legge, quella dell'amore e del perdono, insegnataci a parole e con i fatti
dal Signore Gesù. E' una legge personale, spirituale, che non conosce
coercizioni o imposizioni esterne, ma che nasce dal cuore. E' una legge che può
esistere solo nel regno di Dio, nella sua manifestazione perfetta al compimento
dei tempi, al ritorno del Signore Gesù. Ma è una realtà che, in una certa misura,
anche oggi la Chiesa si sforza di anticipare al mondo. E' una legge così
complessa, difficile, perfetta, che Gesù non ce lo nasconde, cercare di obbedirla
e di viverla significa cercare la stessa perfezione che è propria di Dio.
Dal punto di vista squisitamente legislativo, la legge di Mosè si proponeva di
organizzare l'amministrazione della giustizia in Israele. Con la venuta di Gesù,
però, la Legge è stata elevata ad una realtà spirituale del cristiano che si sforza,
con l'aiuto dello Spirito Santo promesso a tutti i credenti, di vivere nel suo
quotidiano non solo la giustizia di Dio, ma soprattutto il Suo amore e la Sua
bontà. Purtroppo va detto che la miseria della condizione umana regolarmente
ci delude e per quell'ideale che tutti desideriamo, la Parola di Dio ci conforta
nelle parole dell'apostolo Pietro: "secondo la sua promessa, noi aspettiamo
nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia". (2 Pietro 3:13)
Febbraio 2012
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Il Bidone
Un paio di giorni fa sono rimasto senza benzina perché il galleggiante del
serbatoio della mia auto s'è rotto. Per farla molto breve, dirò che ho comprato
un bidone ed ho messo la benzina in auto. Ho riposto il bidone nel bagagliaio
dell'auto e l'ho lasciato lì. In un primo momento ho pensato di buttarlo, visto
che, avendolo usato per del carburante, ero riluttante ad utilizzarlo per altro. Ma
poi ho ritenuto più opportuno lasciarlo in auto ... forse avrebbe potuto essermi
utile in qualche altra circostanza.
Ieri sera è stata una serata speciale in chiesa. Sono venuti dei ragazzi italiani (la
mia chiesa è americana) e mi è stato chiesto di tradurre. Ci siamo messi da
parte, io al centro, loro tutti attorno a me. Quattro ragazzi e una ragazza.
Quest'ultima in particolare era molto interessata a sentire la Parola di Dio e mi
ha sinceramente commosso vedere questa ragazzina così presa dalle cose di
Dio. I maschietti, oggettivamente un po' più immaturi (ma non è sempre così?)
avevano trovato una scusa per allontanarsi. Ho fatto del mio meglio per fare
capire cosa predicava il mio amico John e non solo per tradurre - perché,
credetemi, non basta tradurre soltanto le parole dall'inglese all'italiano quando
una persona insegna sulla Parola davanti ad una chiesa composta da militari
americani.
Poi abbiamo pregato per questi ragazzi, insieme a loro. E' stato molto bello e
toccante. Per me che ho un figlio pressoché della loro età, è stato molto sentito:
quando diventi genitore (almeno è stato così per me) diventi protettivo anche
nei confronti dei figli degli altri. E le paure sono sempre le stesse. Perché
viviamo in un mondo cattivo e corrotto, che vuole solo distruggere le vite dei
nostri figli e farne solo delle efficienti macchine per produrre reddito, mentre
Dio ci ha destinato per vette molto più alte. E, siccome da soli non possiamo
arrivarci, per raggiungere quei meravigliosi traguardi che Dio vuole per noi,
abbiamo bisogno del Suo aiuto, che Lui stesso ci porti lì. Il desiderio e la
preghiera è che questi giovani capiscano e non cedano alle seduzioni di questo
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mondo e intraprendano una via di vera felicità e ricchezza SPIRITUALE, che è
possibile solo con la continua presenza di Dio attorno a noi e in noi.
Sono uscito dalla chiesa con grande premura perché dovevo andare a prendere
mio figlio e dopo di lui la pizza.
Ma è il mio latore di lavoro che decide come e quando impiegare le mie
capacità. E' come avere una reperibilità 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ma la paga è
troppo buona, anticipata, contanti, in una misura colma, scossa e senza trucchi.
Quindi, quando mi fermo allo stop per prendere la strada principale per tornare
a casa, voltando lo sguardo a sinistra per vedere se la via era sgombra vedo un
ragazzone che spinge con grande forza un'auto in salita, la cui naturale discesa
era arrestata solo da un marciapiede che bloccava una ruota. Porgo a lui ed a
colui che palesemente era il proprietario dell'auto una domanda assurda: - avete
bisogno d'aiuto?
La domanda - non siamo ipocriti - nel mio caso, di premura e con un figlio ed
una pizza ed un altro figlio ed una moglie a casa che aspettano era più nella
speranza di sentirmi dire: - no, non ti preoccupare, ce la facciamo da soli, vai a
prendere tuo figlio e la pizza che noi ci arrangiamo.
Ma non fu questa la risposta.
- Avete bisogno d'aiuto?
- Si. - risposero entrambi.
Scesi dall'auto. Chiesi qual era il problema. Mi venne detto che era finita la
benzina. E fu naturale per me chiedere a che cosa servisse spingere un'auto
senza benzina. Consigliai quindi, anche visto che la famiglia del proprietario
era in macchina appesantendo ulteriormente il veicolo, di evitare di spezzarci la
schiena a spingere un'auto in salita e spingerla proprio contro il marciapiede in
discesa e parcheggiarla su quello, al sicuro. Dissi al proprietario che la
potevamo spingere quanto si vuole, ma se manca la benzina semplicemente
manca la benzina. Il mio discorso lo ricondusse alla ragione. Con l'auto ormai al
sicuro sul marciapiede, io tornai alla mia auto, al mio percorso, al pensiero di
figlio, pizza, moglie e figlio.
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Ma mentre giro l'auto e finalmente prendo quella benedetta strada per andare a
casa, vedo un uomo che percorre quella stessa strada in salita con un
improbabile contenitore blu in mano.
Sarà servito a qualcosa stare seduto in chiesa per quasi trent'anni a sentire
predicare la Parola di Dio! E poi avere anche la presunzione di leggerla e
studiarla da me. Tutte queste informazioni accumulate dovranno pure essere
servite a qualcosa! O sono buone soltanto per sentirmi dire bravo quando scrivo
uno studio, o insegno, o predico? Evidentemente non è andato tutto perso,
perché davanti a quel bivio che è la possibilità di fare qualcosa di buono e
aiutare il prossimo o fare finta di niente, ho preferito i panni del Samaritano
diretto a Gerico. Mi fermai e gli dissi di salire.
Era un ragazzo nigeriano. Gli chiesi se era cristiano o musulmano. Lui mi disse
cristiano cattolico. Io gli dissi che ero cristiano evangelico. Il tragitto fu breve e
lui mi ringraziò diverse volte. Nella semplicità della sostanza del vangelo, gli
dissi che il Signore ci ha messi sulla terra per aiutarci a vicenda e non per
scannarci a vicenda, come invece la maggior parte della gente fa nel mondo. E
lui concordò. Aggiunsi anche che Dio è il centro della nostra esistenza e il
nostro punto di riferimento.
Arrivammo al rifornimento di benzina.
Aveva 10 euro ed un contenitore di soli 4 litri. E, grazie a Dio, ancora 10 Euro
bastano per comprare più di 4 litri di benzina. Ovviamente la cosa, davanti a
quella pompa di benzina con distributore automatico, non era un problema da
nulla.
Il bidone!
Io avevo ancora il bidone in auto.
Potete immaginare la contentezza di quell'uomo che aveva incontrato
probabilmente l'unico siciliano in quel paesino sperduto con in auto un bidone
da 10 litri (non ne avevano meno capienti quando ero andato a comprarlo) e un
bidone già utilizzato per carburante. Per un ragazzo nigeriano 10 euro non sono
poca cosa e non dovere buttare un paio di litri di benzina è una piccola
benedizione.
Con il sorriso in bocca tornammo alla sua auto. Sulla via di ritorno parlammo di
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quanto sono belli i figli e come ti danno gioia e coraggio. Due papà, tanto
lontani culturalmente, ma, alla fine, con così tante cose in comune! Gli dissi a
quale chiesa appartenevo. E lui mi disse che ci conosceva perché siamo proprio
vicino casa sua.
Lo lasciai e mi strinse forte la mano ringraziandomi.
So che Dio ha messo nella mia auto quel bidone proprio per aiutare quel
ragazzo e la sua famiglia ieri sera. E allora anche la serata di freddo che ho
preso quando sono rimasto senza benzina in autostrada e anche i 122 euro per il
traino dell'auto mi sembrano avere un senso.
Ovviamente ho lasciato a lui il bidone. Non era mai davvero appartenuto a me.
Dio me l'aveva dato solo per poterlo usare al momento giusto.
1 marzo 2012
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Non vi spaventate … Luca 21:9
Stiamo affrontando tempi difficili, in Italia e nel mondo. Solo un folle non
sarebbe turbato da quanto sta accadendo. Ieri mattina (29 maggio) in ufficio ho
lasciato internet sintonizzato sul telegiornale di Sky per seguire i risvolti del
sisma che ha colpito il nord Italia. Sapere che alle continue scosse di questi
giorni si sono aggiunte dei terremoti in Calabria ed a Cipro mi ha colpito. A
pranzo guardo il telegiornale e, con preoccupazione, ho seguito gli ultimi
sviluppi della crisi in Siria: la possibilità di un intervento militare e, quindi, di
un'ulteriore guerra diventa ogni momento più concreta. Sono un marito, un
padre, un cittadino italiano: queste cose non possono non turbarmi.
Ma sono anche un cristiano e la Parola di Dio mi conforta e mi dona forza,
perché il Signore non ci ha lasciato nell'ignoranza.
Il sermone profetico di Gesù si trova nei tre vangeli sinottici, nelle tre tipiche
prospettive caratteristiche di ciascun evangelista. Luca scrive: "Quando
sentirete parlare di guerre e di tumulti, non vi spaventate, perché queste cose
devono avvenire, non non verrà subito la fine." (Luca 21:9). Se oggi il Medio Oriente è una polveriera non ci deve, quindi, sorprendere. L'Iran, Israele e il suo
alleato di sempre, gli Stati Uniti, sono in forte tensione. La Siria potrebbe essere
attaccata da un momento all'altro. Tutto il mondo arabo è in tumulto. Le parole
di Gesù non hanno mai descritto così bene gli eventi della storia dell'umanità.
Eppure al di sopra del nostro sentimento di confusione devono vincere le sue
parole: "non vi spaventate". Nella nostra fede dobbiamo trovare la forza di stare
sereni e sicuri in Lui, a prescindere da quanto succede nel mondo. Gesù l'ha
predetto: "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno". (Luca
21:10). E sebbene è naturale, è umano, ci chiediamo perché queste cose
avvengono, Gesù ci dà la sua risposta: "guardate di non turbarvi, perché
bisogna che tutte queste cose avvengano." (Matteo 24:6). Purtroppo queste cose
debbono succedere: sono gli inevitabili risvolti delle scelte di un mondo senza
Dio.
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Leggiamo ancora nel vangelo di Luca: "e vi saranno grandi terremoti in vari
luoghi." (Luca 21:11). Perché ci sorprendiamo se le parole del Signore si
avverano? Dobbiamo invece ricavare conferme per la nostra fede in Lui.
Sembra che negli ultimi anni si parli sempre più spesso di terremoti in ogni
parte del pianeta, in Italia, in Giappone, e in altre parti del mondo. Certo vedere
le immagini scorrere in tv ci sconvolge e ci riempie di profonda tristezza e
sgomento. Ma, alla luce della Parola di Dio, troviamo la forza per tramutare
ogni sentimento di incertezza o paura in speranza.
"Ora, quando queste cose cominceranno ad accadere, guardate in alto e alzate
le vostre teste, perché la vostra redenzione è vicina." (Luca 21:28)
In mezzo a tanto dolore, alla confusione che generano certi eventi, Gesù ci dona
parole di speranza e di vita: il suo ritorno è vicino! Certi eventi presagiscono
che questo meraviglioso, stupendo evento è soltanto più prossimo. "quando
vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte."
(Marco 13:29).
L'invito per questo mondo è sempre più pressante: "Ravvedetevi dunque e
convertitevi, affinché i vostri peccati siano cancellati, e perché vengano dei
tempi di refrigerio dalla presenza del Signore, ed egli mandi Gesù Cristo che è
stato predicato prima a voi, che il cielo deve ritenere fino ai tempi della
restaurazione di tutte le cose, dei quali Dio ha parlato per bocca di tutti i suoi
santi profeti fin dal principio del mondo." (Atti degli Apostoli 3:19-21).
L'avvertimento del Signore è per questa generazione come per nessuna che l'ha
preceduta: "Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno, né l'ora in cui il
Figlio dell'uomo verrà." (Matteo25:13).
29 maggio 2012
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La bellezza della creazione
Eravamo stati con la mia famiglia in uno dei tanti ipermercati che ormai
dominano il paesaggio della provincia della mia città. Avevo mio figlio piccolo
in braccio. Indicandogli uno dei tanti alberi che vi sono nel parcheggio gli ho
detto: - Questo è un albero. Ho continuato: - Guarda che bello! Queste sono le
foglie. Dio ha creato ogni cosa bella...
Oggi viviamo in un'epoca disincantata. La scienza (ma forse è meglio dire la
tendenza a fare della scienza una religione - attitudine che in sé di scientifico
non ha nulla) vorrebbe convincerci che l'uomo illuminato del nostro secolo
deve rassegnarsi ed accettare il fatto che siamo qui per caso, che siamo frutto di
un processo evolutivo spontaneo, automatico, di meccanismi originati
casualmente nel nostro universo.
Riducendolo ai minimi termini, possiamo schematizzare così il pensiero
cristiano:
DIO = UNIVERSO (Stelle, Pianeti, animali, ecc... , uomo)
e così quello antiteistico:
CASO = UNIVERSO (Stelle, Pianeti, animali, ecc... , uomo)
Appare evidente che la mente umana non riesce a concepire l'universo senza
tentare di individuare una qualsiasi causa per la sua esistenza, sia essa Dio o il
"caso".
Che gli scettici si sentano tanto entusiasmati dalle conoscenze scientifiche del
nostro tempo è fuori luogo. E comunque l'uomo è da sempre eccessivamente
orgoglioso dei propri risultati raggiunti: perciò non può far scalpore. In realtà
nessuno ha veramente rivoluzionato i paradigmi di pensiero della mente umana,
le leggi dell'universo o della logica comune, ma semplicemente sostituito uno
degli elementi presenti nell'equazione giudaico-cristiana, cioè Dio, con un'entità
astratta ed impersonale, empiricamente e semplicemente (persino
semplicisticamente, direi) definita "caso", inteso come una serie non
programmata di eventi fortuiti concorrenti alla formazione dell'universo e della
vita come noi la conosciamo. Ciò è inevitabile perché finché il nostro universo
esisterà, sarà sempre vera un'equazione alla base di tutto
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CAUSA = EFFETTO
alla quale, allo stato attuale delle nostre conoscenze ed in ossequio ad ogni
possibile parametro concepibile dal nostro intelletto, è impossibile sostituire
0 = EFFETTO
La semplicità ed efficacia della riflessione che troviamo nella Sacra Scrittura
sono devastanti: "I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia
l'opera delle sue mani." (Salmo 19:1). L'immensa bellezza del creato e la sua
perfezione sono l'evidenza dell'esistenza e della maestà del nostro Dio. Sono
convinto che sia stato proprio Lui a darci la capacità e persino a farci avvertire
il bisogno di cercarlo e trovarlo riconoscendolo come causa dell'esistenza del
mondo.
Possiamo, quindi, ignorare il problema; ma se riflettiamo sulla questione non
riusciremo a farlo evitando un ragionamento di base che preveda
CAUSA = EFFETTO
che quindi risulterà in una riflessione
? = UNIVERSO
Qui le strade si dividono.
Lo scettico dirà:
CASO = UNIVERSO
Il credente:
DIO = UNIVERSO
Personalmente, da credente, vedo l'incredulità soccombere definitivamente nella violenza perpetrata alla nostra stessa intelligenza - quando si vuole far
supporre che dal caos sia casualmente originato l'ordine, dalla confusione la
perfezione, dal nulla la bellezza del creato. Insomma, la stupefacente
conclusione alla quale sono giunto e che mi sento con ogni tranquillità di poter
comunicare al lettore è che l'incredulo oggi deve per forza di cosa mettere in
moto quei processi fideistici che tanto disprezza nel credente, e sublimarli, al
punto da poter riuscire a credere l'incredibile e sostenere l'impossibile per
evitare così di dover credere, nell'accezione giudaico-cristiana del termine. Da
cristiano sono convinto che chi crede in Dio è un uomo che semplicemente si
arrende all'evidenza dell'esistenza di un Creatore e crede in Lui come causa del
divenire di ogni cosa.
La scorsa domenica, al mare, mentre galleggiavo sull'acqua a pancia in su
vedevo il cielo e le nuvole sopra me mentre queste cominciavano a coprire il
sole. Mi sono sentito sopraffatto dalla grandezza e bellezza della Creazione,
dalla gloria di Dio che pervade tutte le cose. Se è stato davvero il caso a creare
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tutto, una serie di circostanze fortuite, perché ogni cosa che vediamo è così
bella? Non bastava che tutto funzionasse? Perché l'essere umano oltre ad essere
funzionale ed intelligente è anche bello? Perché il passo di un felino è così
incredibilmente elegante? Perché gli alberi sono stupendi e maestosi? Perché la
Luna suscita così tanta emozione e non fenomeni fisici soltanto? E' stato il caso
a mettere una voce dentro di noi - che chiamiamo coscienza - che ci dice cosa è
giusto e cosa è sbagliato? E ancora, è lecito chiedersi: se siamo originati da una
serie di eventi fortuiti, se è il caso che regna sul nostro universo: cosa è giusto e
cosa è sbagliato? Cosa lo stabilisce?
Un difetto cronico dei motivi del rifiuto dell'equazione giudaico-cristiana sta nel
fatto che il negazionismo non può soddisfare i requisiti di "causa = effetto" che
abbiamo invece preso come elemento imprescindibile della nostra discussione.
E comunque quando alcuni ci dicono che l'uomo è giunto su questo pianeta
grazie ad un processo evolutivo o che l'universo è originato da un big-bang, io
non riesco a capire perché questo dovrebbe realmente scuotere la mia fede. La
questione sul come l'universo sia divenuto quello che vediamo oggi e sul come
l'uomo sia giunto ad essere ciò che oggi noi vediamo, può benissimo essere
intesa come una descrizione dettagliata dell'effetto, ma non mette
necessariamente in discussione la causa che ne è all'origine.
Schematizzando:
CAUSA (?) = EFFETTO (big bang, nascita di soli, pianeti, satelliti ed altri
corpi celesti, inizio della vita e del processo evolutivo, comparsa dell'uomo)
La scienza si concentra sull'effetto, mentre sulla causa in realtà non ha nulla da
dire e, quindi, in realtà nulla dice. Pronunciarsi sulla causa che ha innescato
tutto questo processo che ha dato vita all'universo ed alla vita come noi la
conosciamo appartiene alla fede, intesa come la capacità del nostro spirito di
spingersi oltre il visibile. Discutere sull'effetto non può mettere in questione la
causa. Insomma, non si può semplicisticamente risolvere il problema
distogliendo l'attenzione dal primo termine dell'equazione, dilatando all'infinito
la discussione sul secondo, concentrandoci sull'effetto finire per trascurare di
indagare anche sulla causa.
Personalmente non credo nell'evoluzione. Ma non sono uno scienziato e,
quindi, non me la sento di giudicare in prima persona cose che non conosco.
Sono un religioso. Mi piace molto anche la scienza e sono un fan di
fantascienza - il primo romanzo che ho letto a circa otto anni era proprio un
racconto di fantascienza. So che esistono diversi scienziati contrari alla teoria
evoluzionista e che molti di questi sono creazionisti. Ma tutto questo riguarda la
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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discussione dell'effetto. Se affrontiamo la questione dal punto di vista della
fede, in realtà ed oltre ogni convinzione personale e dettaglio secondario,
importa davvero poco come, in quale modo, mediante quali processi Dio ha
creato il mondo. Non potrebbe, infatti, avere Egli aver creato dal nulla la
materia per poi innescare l'esplosione (appunto big bang) che ha dato vita al
nostro universo? E nello stesso modo in cui Lui ha creato le leggi fisiche che
governano il nostro universo (come la forza di gravità, ad esempio) non può
aver creato nell'universo delle leggi che regolano il processo evolutivo della
vita, ben sapendo che queste avrebbero condotto alla comparsa dell'uomo che
egli intendeva creare? In questo modo si farebbe dell'uomo la tappa più alta
dell'intento creativo - evolutivo - di Dio!
Sto cercando di conciliare scienza e religione? No, sto dicendo che sono due
tipi di indagine diverse e che il supposto contrasto fra scienza e religione è solo
nelle menti di chi concepisce l'una o l'altra per scopi che poco hanno di
scientifico o di religioso.
Osservare l'universo e trarne le conclusioni è campo degli studi scientifici, di
fisica, astronomia, ecc... e non compito, Bibbia alla mano, di teologi e biblisti a meno che non siano veramente scienziati e, quindi, all'altezza di farlo.
Sconfinando in un campo che non era squisitamente loro i religiosi - specie del
passato - hanno offerto ingenuamente il fianco ai propri "avversari", sostenitori
delle varie teorie scientifiche che con grande facilità hanno via via smontato le
insostenibili impalcature create da teologi che maldestramente ed
improbabilmente provavano a vestire i panni di scienziati "della domenica".
Ancora oggi in verità c'è chi apre dei dibattiti per capire in quanti giorni Dio ha
realmente creato il mondo o chi prova a trovare un trattato scientifico nella
Parola di Dio. Mi sembra così assurdo ed inutile andare a cercare verità
scientifiche che la Bibbia non promette o annuncia di dare in nessuna sua
pagina! Questo comportamento finisce soltanto per screditare le Scritture
giudaico-cristiane e perdere di vista il loro autentico significato spirituale agli
occhi dell'uomo del XX e XXI secolo, oggettivamente meno ingenuo dal punto
di vista intellettuale dei simili che lo hanno preceduto.
In ogni organismo che si rispetti il buon funzionamento dello stesso dipende dal
corretto funzionamento di ciascuno degli organi che lo compongono. Se le mie
mani si convincessero una mattina di volere fare la parte dei piedi io sarei
rovinato. Ma se ogni mio organo fa il suo lavoro e lo fa bene, io sto bene, il mio
corpo funziona. Se quindi lo scienziato fa lo scienziato tutto va perfettamente
bene. Se il religioso fa il religioso tutto va perfettamente bene.
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Schematizzando:
CAUSA (ricerca affidata alla fede) = EFFETTO (ricerca affidata alla scienza)
Lo studio della storia antica nei testi di storia "ortodossi" mi confonde.
Riflettendo sulle forme di religione degli antichi popoli della Mesopotamia e
dell'Egitto, che sono le più antiche civiltà riportate alla luce dalle ricerche
archeologiche, mi sono convinto che la tendenza dell'uomo - e quindi
dell'umanità nel suo tragitto storico - non è quella di evolversi dal politeismo
verso il monoteismo, bensì l'esatto contrario: scadere dal monoteismo nel
politeismo. Mi è parso infatti che più che politeiste molte espressioni di
convincimenti religiosi su questa o quella divinità del passato fossero
fondamentalmente monoteiste, ma con uno spiccato senso sincretista nei
confronti degli altri credo. (Spesso anche oggi molti fra i cristiani - lasciando da
parte i dettagli ai teologi - riescono ad identificare il loro Dio biblico con l'Allah
dei musulmani, concludendo che sia solo la stessa entità divina con un nome
diverso). Che un sistema comprendente varie divinità possa essere
sostanzialmente associabile ad un certo tipo di monoteismo è un'altra mia
convinzione. Ritengo, infatti, che in una cultura politeista e sincretista, l'uomo
metta a tacere il suo protendere verso il monoteismo, giustificando l'esistenza di
più divinità, riconoscendo una particolare dignità ad uno di essi e via via una
serie di divinità minori, per cultura, tradizione o rispetto verso le convinzioni di
altri. E' come dire che l'uomo avverte l'importanza della monogamia e che
questa è lo stato ottimale per vivere una sana vita sentimentale e sessuale, ma
trova ogni giustificazione plausibile per motivare le sue scappatelle o il nascere
e morire di relazioni inconsistenti. (In questo senso vale proprio la pena
ricordare come la Bibbia parli dell'idolatria e del trascurare l'esclusivismo del
culto richiesto da Yahweh come una forma di prostituzione o una sorta di
relazione extra coniugale). Non vedo grandi differenze fra gli antichi eroi e re
mesopotamici che venivano col tempo ad acquisire una più o meno assoluta
misura di divinità ed ai quali veniva riservata una qualche forma di culto e gli
"eroi" della fede dei nostri giorni per i quali viene riservata una più o meno
intensa forma di culto e devozione, sicché il cattolicesimo odierno è troppo
simile al paganesimo che intendeva soppiantare, visto che, nell'assecondare la
tendenza dell'uomo a scadere nel politeismo (anziché istruire adeguatamente
circa il monoteismo biblico) l'ha soltanto convogliata all'interno della fede
cristiana, creando un piccolo disastro religioso, un pantheon neopagano dove
una divinità principale presiede su un vario numero di divinità minori alle quali
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vengono devolute competenze specifiche - salute, vista, protezione di questa o
quella città o professione, ecc... (nota 1) Non è un fenomeno nuovo e nella
Bibbia, nei libri storici dell'Antico Testamento, proprio per il nostro
insegnamento ed a futura memoria, se ne parla apertamente. Infatti, nonostante i
chiari moniti della Torah, della Legge mosaica, non erano rari i casi di
adorazione di divinità pagane in varie forme. Lo stesso Salomone inquinò,
nell'ultimo periodo della sua vita, la purezza della sua fede. Fondamentalmente
dobbiamo aspettare la catastrofe dell'esilio babilonese - permessa da Dio
proprio per l'infedeltà del suo popolo - perché il giudaismo prenda dei contorni
definiti ed idolatria e politeismo non vengano più tollerati in nessuna forma fra
il popolo di Israele.
La realtà è che lontano dall'autentico monoteismo giudaico-cristiano non
troviamo una forma convincente di monoteismo. Prendiamo come esempio
Akhenaton, faraone egizio passato alla storia proprio come "eretico" perché
fondamentalmente monoteista, o forse è meglio dire adoratore di un solo Dio,
Aton, a discapito degli altri tradizionalmente adorati in Egitto. Personalmente
credo che il culto di questo re non fosse meno pagano di chi adorava più
divinità. Né il suo esclusivismo ne fanno un monoteista nel senso in cui lo
possiamo intendere noi. Il culto del dio Aton infatti lo aveva preceduto e
probabilmente il suo sentimento di devozione era preso in prestito da altre
forme di monoteismo che già esistevano al di fuori dell'Egitto o da un eccessivo
amore per il suo dio. (vedi nota 2) E questo ci porta ad un'ulteriore riflessione,
che ho comunque già fatto in precedenza: se il monoteismo è davvero una
forma "evoluta" di culto, alla quale quindi l'umanità giunge maturando ed
affinando il proprio intelletto, perché non proviene dalle civiltà mesopotamiche,
dai Sumeri, o dai Babilonesi, o dagli stessi Egizi o persino dai Greci, tutti
popoli che raggiunsero vette nella scienza, nella matematica, nella geometria,
nelle lettere, nella tecnica, tanto da porre dei modelli che ancora oggi
seguiamo? Come si spiega che la forma oggettivamente più nobile e bella di
monoteismo abbia avuto origine con Abramo, un ebreo nomade che viveva di
pastorizia?
Vale la pena dire qualcosa di più sui greci, i quali possedevano una cultura
scientifica e filosofica di tutto rispetto. Ancora oggi l'Iliade e l'Odissea vengono
riconosciute come capolavori letterari. Le tragedie greche vengono ancora
inscenate e le opere degli antichi filosofi sono l'incubo degli studenti e la
passione di intere generazioni di studiosi. Eppure la religione greca era a dir
poco ridicola - sebbene sia pure vero che anche il pantheon greco riconosceva
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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una divinità suprema, Zeus, e poi a questa ne erano affiancate innumerevoli
altre. Gli dei greci erano mossi da passioni vili, da motivazioni ignobili; erano
in parole povere la proiezione nel divino della miseria dell'umanità. Il culto che
si dedicava a queste divinità, quando non era addirittura crudele, culminava in
comportamenti lascivi e immorali ed in ultima analisi non arricchiva la
spiritualità umana in nessun senso. Filone Alessandrino - per dare il colpo di
grazia alla religione dei greci - filosofo ebreo vissuto ad Alessandria d'Egitto
nel I secolo d.C., sosteneva che quanto i filosofi greci dicevano di buono ed
esatto su Dio, lo dovevano agli scritti di Mosè! La stessa idea greca di un logos,
mediatore cosmico fra il divino e l'umano, egli lo considera patrimonio del
Pentateuco, della cultura ebraica e non greca. E potremmo anche concordare
con Filone, se teniamo conto che per il logos, di cui parlano gli scritti biblici di
Paolo e Giovanni, è difficile che questi si siano ispirati alla cultura greca
piuttosto che alla propria radice ebraica.
Un pastore ebreo, Abraamo, è il padre della nostra fede e della fede
monoteistica giudaico-cristiana (e fondamentalmente anche musulmana) e non
Platone o qualche alto grande nome della filosofia. Questo deve far riflettere
sulla possibilità che sia proprio una rivelazione personale di Dio (come quella
che dice Abramo di aver ricevuto) che ci permette di completare il senso di Dio
in noi e non una possibile elevazione culturale dell'individuo.
Sono convinto che la bellezza del mondo che ci circonda testimoni alla mente
ed al cuore dell'uomo sincero che Dio esiste. E' questo il primo passo di fede
necessario per poterlo cercare e trovarlo nella rivelazione che egli ha dato di sé
nelle Sacre Scritture.
"Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si
vedono; infatti per mezzo di essa gli antichi ricevettero testimonianza. Per fede
intendiamo che l'universo è stato formato per mezzo della parola di Dio, sì che
le cose che si vedono non vennero all'esistenza da cose apparenti. ... Ora senza
fede è impossibile piacergli, perché chi si accosta a Dio deve credere che egli
è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano". (Ebrei 11:1-3, 6)
NOTE
__________________
1. Imhotep fu una figura di grande spicco durante il regno del Faraone Gioser
(2670 a.C. circa). Fu architetto e costruttore della piramide a sei gradoni che si
trova a Saqqara, sito oggi non lontano dal Cairo; fu uomo saggio e si rivelò
consigliere importantissimo per il faraone. La sua fama gli sopravvivrà e
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viaggerà nei secoli, aumentando fino al punto che "Durante la XXVI dinastia,
Imhotep fu elevato al rango di un dio - altri dicono un "santo" - venerato in tutto
l'Egitto ... A Menfi, a sudovest del tempio di Ptah, si trovava una "città di
Imhotep" e a Saqqara, non lontano dalla piramide a gradoni, era stato edificato
un tempio di Imhotep di cui non si conosce l'esatta ubicazione..." Era la fine di
un lento processo le cui tracce compaiono nella storia egiziana. "A partire dalla
XIII dinastia, nel XVIII secolo a.C., la tradizione attribuì a Imhotep poteri di
guarigione [...] divenne il patrono dei medici [...] Capace di alleviare le
sofferenze, Imhotep appariva ad alcuni malati, con un libro in mano, e rivelava
loro il giusto rimedio [...] La longevità di Imhotep guaritore fu notevole, poiché
i greci ne fecero il loro Asclepio, signore della vita e della salute, al quale si
attribuivano guarigione miracolose". Queste citazioni le ho tratte dal libro di
Christian Jacq, I grandi saggi dell'antico Egitto, Collana Oscar Mondadori, I
edizione febbraio 2011, pagine 11, 12, 13. C'è da meravigliarsi se gli italiani
hanno a malapena atteso che "padre Pio" morisse per potergli dedicare statue,
immagini e pregarlo, rendendolo oggetto di una diffusissima e popolarissima
devozione? E' nella natura umana, una natura che l'apostolo Paolo condanna
apertamente quando accusa: "Essi che hanno cambiato la verità di Dio in
menzogna e hanno adorato e servito la creatura, al posto del Creatore che è
benedetto in eterno. Amen". (Romani 1:25). Che un'accusa di questo genere
possa riferirsi anche a dei cristiani ciò è davvero preoccupante!
2. Akhenaton diventa faraone con il nome di Amenhotep IV, ma lo cambia ad
un certo punto in onore del suo dio Aton, al quale dedica la costruzione
un'intera città, Akhetaton. Qui porta la sua residenza e vi rimane fino alla sua
morte. Del suo culto esclusivo per Aton condivido questo giudizio: "Né folle né
falso profeta, fu un mistico che concentrò il suo pensiero su uno degli aspetti
della simbologia solare, a scapito di un universo spirituale infinitamente più
ricco ereditato dai predecessori e riscoperti di successori". Christian Jacq, I
grandi saggi dell'antico Egitto, pag. 110.
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Perché i vangeli sono stati scritti così ?
Dr. Who è il titolo di una fortunata serie televisiva di fantascienza cominciata
nei lontani anni '60 ed ancora oggi trasmessa - sebbene non sappia dire
esattamente a quale stagione sia giunta. La seguivo, poco più che bambino,
negli anni '70, quando la RAI - allora c'era solo quella! - ne trasmise alcuni
episodi. Ho visto con piacere qualche episodio anche delle serie più recenti e
devo dire che il progresso della serie e dei personaggi è notevole - sono ancora
oggi un cultore di fantascienza, sebbene non abbia più da dedicarvi molto
tempo.
La cosa che più mi affascinava in Dr. Who era la cabina telefonica classica
inglese che serviva al protagonista (Dr. Who appunto) per viaggiare nello
spazio e nel tempo. Sebbene fosse apparentemente normale, quando Dr. Who vi
entrava essa si rivelava essere un ambiente molto spazioso, all'altezza di quello
che ci si aspetterebbe da un mezzo capace di fungere da astronave e da
macchina del tempo.
A vederla da fuori chi l'avrebbe detto che un oggetto tanto comune potesse
nascondere al suo interno simili fantastiche potenzialità?
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Questa premessa perché qualche giorno fa mi sono trovato a discute con un mio
amico, come me appassionato di fantascienza ed anche di fantascienza datata
(ricordate Spazio 1999 o Star Trek?) sullo stile di composizione dei vangeli. Ad
essere onesto, si lamentava dello stile scarno, essenziale, troppo essenziale a
suo avviso, delle narrazioni evangeliche. Perché la Bibbia riporta così pochi
dettagli sulla vita di Gesù? - mi chiedeva.
Non è che anche io non mi sia posto questa domanda tempo fa. Ma vi ho
trovato una risposta grazie al mio interesse per l'indagine storica. Da questo
punto di vista, il "problema" suscitato dallo stile dei vangeli è senz'altro
spiegabile. Marco ad esempio, che è davvero essenziale nello stile e nei
contenuti, è un'opera perfettamente in sintonia con gli altri scritti suoi
contemporanei. In parole povere, era quello il metodo corrente di scrittura nel
periodo in cui quel vangelo fu scritto. E come noi oggi scriviamo soddisfacendo
i nostri lettori contemporanei, in ogni epoca ogni scrittore serio per
propensione, ma anche per senso di praticità, scrive nello stile letterario proprio
del periodo in cui vive. Se consideriamo che un film o telefilm appena degli
anni '70 ci appare oggi rozzo ed ingenuo, dobbiamo considerare il risultato dei
vangeli, composti duemila (2000!) anni fa, più che buono. Se Matteo propone
una cronologia diversa degli eventi rispetto a Marco, è perché il suo intento
narrativo - perfettamente in armonia con la letteratura ebraica (vedi ad esempio
il libro biblico di Geremia!) - tende più a sottolineare il senso degli eventi che il
loro ordine cronologico - che invece ossessiona noi uomini del XXI secolo! In
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particolare, proprio Matteo mi ha così "sconvolto" con il suo meraviglioso
"disordine" narrativo ma il suo grande ordine tematico, da proporre uno studio
specifico proprio sullo schema dietro la narrazione del primo vangelo. Sul mio
sito lo trovate fra gli studi clicca qui per leggerlo
Perché poi tre vangeli sinottici ed il quarto di Giovanni? Credo la risposta sia
evidente: quattro narrazioni ci offrono una prospettiva completa, a 360 gradi, di
quanto dobbiamo sapere sulla persona di Gesù e sugli eventi che hanno
caratterizzato il suo ministero terreno. Da cristiano, lo dico in tutta onestà,
leggendo questi scritti e studiandoli, non ho mai avvertito il bisogno di un
quinto evangelo.
Sempre considerando l'approccio storico ai vangeli intesi come documenti, il
loro valore di evidenze storiche è più che attendibile, in quanto manifestamente
dipendenti dal resoconto di testimoni oculari degli eventi che in essi sono
descritti. E, paradossalmente, in quanto documenti anonimi risultano essere
ancora più attendibili, perché devono aver dovuto passare l'attento esame di
tutta la Chiesa nascente prima di essere tanto universalmente accettati come
narrazioni attendibili prima e Parola di Dio poi.
I vangeli clamorosamente falsi, attribuiti a questo o quell'apostolo, invece, che
hanno proliferato nel II secolo, essendo palesemente di valore pressoché nullo
dal punto di vista teologico ma anche storico, hanno goduto soltanto per
qualche tempo del favore di questa o quella setta eretica dove erano stati
prodotti o diffusi, scivolando nell'oblio, almeno fino a quando qualche fortuito
ritrovamento non li ha portati alla luce e qualche sapiente operazione
commerciale non ne ha sfruttato le potenzialità di guadagno, cercando di
attribuire loro un valore che oggettivamente non hanno mai avuto.
Quando poi si parla di contrasti all'interno delle narrazioni evangeliche o fra di
loro, invito a riflettere su quanto sia difficile a volte attingere dalle diverse fonti
di informazione (giornali, notiziari) circa la verità di eventi dei nostri giorni; o
quanto sia difficile a volte in un'aula di tribunale accertare la verità dei fatti
accaduti anche in presenza di diversi testimoni.
L'attendibilità dei testimoni per eccellenza della nostra fede, gli apostoli, sta nel
fatto che costoro erano così certi di quanto avevano visto da dedicare tutta la
loro vita alla causa del Cristo, e di non fermarsi dal proclamare la Verità
nemmeno quando minacciati di morte e poi veramente uccisi.
Scriveva l'apostolo Pietro: "Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la
venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole
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abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà."
(2 Pietro 1:16 - Nuova Riveduta)
E forse ancora più incisivo qualche tempo dopo l'apostolo Giovanni: "Quel che
era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri
occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della
parola della vita (poiché la vita è stata manifestata e noi l'abbiamo vista e ne
rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre
e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo
anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione
è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo." (1 Giovanni 1:1-3 - Nuova
Riveduta).
Tralasciando i profondi significati dell'ultima citazione, quello che
inequivocabilmente si capisce è che l'apostolo Giovanni dice apertamente:
Guardate che abbiamo perfettamente capito ciò di cui siamo testimoni (notate il
plurale!), sentito, visto e persino toccato; noi siamo sicuri delle cose che
annunciamo, dell'evangelo.
Bisogna essere onesti: non molti eventi storici possono vantare fonti tanto
attendibili.
Ma il mio amico, poco interessato alla storia, non rimase per nulla convinto dai
cenni che gli feci di quanto sopra ho detto. Riflettendoci a casa, quindi, ho
elaborato tutt'altra risposta.
I vangeli e la Bibbia in generale, sono come la cabina telefonica - macchina del
tempo di Dr. Who! Esteriormente appaiono come semplici libri di 27 o 16
capitoli, ma quando entri dentro trovi immensi significati, interi libri dentro i
libri, i capitoli, i versi, a volte persino le singole parole. Gli innumerevoli testi
scritti sulla Bibbia, se li vogliamo considerare come il frutto dell'osservazione
di quanto trovato durante le ricognizioni all'interno di questo stupefacente
"contenitore", sono lì ad attestare l'immensa mole di informazioni che
custodiscono questi scritti all'apparenza tanto scarni.
Non è forse vero che oggi per facilitare lo spostamento di grossi files si usa
"zipparli"? Lo faccio spesso per mandare diverso materiale via e-mail: raccolgo
tutto in una cartella, poi comprimo; quindi allego e spedisco il tutto. La Bibbia
allora non possiamo immaginarla come un messaggio di Dio inviato all'uomo,
accuratamente "zippato" in maniera da potersi recapitare con successo
all'umanità intera?
Me la cavo meglio con la storia che con la scienza e l'informatica, ma spero di
non aver fatto troppa brutta figura ed aver dato nuovi spunti di riflessione da
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altre prospettive che non sono le solite - spirituali e storiche - che regolarmente
propongo nei miei studi.
Chiudo con un'ultima importante considerazione.
I tempi sono maturi e c'è poco spazio per i dubbi. Il Signore è alle porte ed il
ritorno di Gesù è vicino. L'unica cosa sensata che ci conviene fare è prepararci
per quel glorioso momento ... il resto conta così poco!
Maranatha!
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21 dicembre 2012 - la fine del Mondo?
Mi sono riproposto di acquistare il film 2012 in Bluray. E' piaciuto molto a me
e mio figlio -a lui piacciono da sempre (non so per quale strano meccanismo) i
film di catastrofi di quel genere.
Ma, intrattenimento a parte, per un periodo questa storia del calendario dei
Maya, l'antica civiltà dell'America precolombiana, che, secondo i calcoli di
alcuni, prevedeva la fine del mondo per quest'anno ha goduto di un certo credito
e forse fa ancora parte delle molte ansie - e spauracchi - che affliggono
l'umanità in questo incerto periodo storico.
Ho già scritto di altre previsioni di catastrofi, fine del mondo, ritorno di Gesù
calcolato calendario alla mano, e credo che il cristiano autentico che conosce le
Sacre Scritture non possa dare credito a dei "falsi profeti" che sfruttano le
incertezze o persino le paure insite in ogni essere umano per il proprio
guadagno economico o disperata ricerca di notorietà.
Perché il 21.12.2012 non è avverrà la fine del mondo?
Perché il nostro calendario, chiamato Gregoriano, è errato. Contiene sbagli di
ogni sorta. Nel punto d'inizio stesso, visto che non si sa quando nacque
esattamente Gesù ed alcuni hanno paradossalmente individuato quell'evento nel
4 o persino nel 6 a.C. Perché mancano alcuni giorni, o settimane, soppresse
all'occorrenza per cercare di rimediare agli errori palesi commessi nella
formulazione del nostro calendario. Quindi, in parole povere, sebbene il
21.12.2012 sia una data molto suggestiva per un film, in realtà il 21.12.2012 del
nostro calendario non corrisponde al 21.12.2012! Non mi sforzerò più di tanto
di dimostrare quanto ho appena detto, e invito chi volesse farlo ad approfondire
la questione anche con una semplice ricerca su internet, visto che si tratta di
fatti risaputi.
Un'altra cosa molto importante. E' vero che scientificamente il mondo dovrà un
giorno finire. Ogni cosa che riguarda il nostro universo, nasce, cresce e muore.
E' una legge che credo abbia voluto Dio stesso. E' anche vero che la Terra, in
linea teorica, è esposta a tanti pericoli "cosmici". Degli asteroidi troppo grandi
per disintegrarsi semplicemente nell'atmosfera come i tanti che ci colpiscono
ogni anno nel nostro tragitto nello spazio, potrebbero colpirci e causare vere e
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proprie catastrofi di proporzioni planetarie. E' tanto verosimile che alcuni
scienziati ipotizzano che sia stato proprio l'impatto di un grosso asteroide e il
conseguente sconvolgimento climatico planetario ad avere causato l'estinzione
dei dinosauri. Ciò, in linea puramente teorica, è possibile.
Ma da cristiano, purtroppo, non riesco a vedere la nostra storia, la storia
dell'umanità, intesa come il soggiorno della razza umana sul nostro pianeta,
come un caso. Credo infatti fermamente che non sia il "caso" a reggere
l'universo ma Dio stesso.
Ne discutevo con un mio collega dopo avere appreso una triste notizia. La
domanda infatti di base è questa: - Siamo in alto mare a bordo di una nave
senza timoniere nel centro di una tempesta? O, invece, alla guida di questa nave
c'è Dio? Io preferisco la seconda opzione e so di non essermi imbarcato in un
viaggio verso l'ignoto. Certo la navigazione non è facile, il mare è sempre
un'incognita, ma so che stiamo andando da qualche parte ed il porto di arrivo
sarà il "cielo" stesso e allora mi godo per quanto posso la crociera senza troppo
stress.
Immaginare Dio come quello che spinge la barchetta nel mare e poi sta a
guardare cosa succede alle formichine a bordo è per me inconcepibile. Quindi
rifiuto categoricamente l'idea di un Dio trascendente, distante, freddo spettatore
delle vicende umane. Dio ci ha creati per amore. E per amore ci sostiene. Egli
ha il controllo di ogni cosa. Leggiamo le stupende parole dell'epistola agli Ebrei
in proposito.
"Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri
per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del
Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure
creato i mondi. Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua
essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver
fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi
altissimi." (Ebrei 1:1-3)
Più chiaro di così? Il Figlio stesso di Dio, Creatore di ogni cosa, sostiene tutte
le cose con la parola della sua potenza.
Ci troviamo sempre più spesso a doverci confrontare con profezie della fine del
mondo. La Bibbia, è vero, parla di profezie che riguardano la fine dei tempi. Ce
ne parla non perché a nostra volta noi si profetizzi ma perché noi si possa essere
pronti per quell'evento e non si sia impauriti da quello che accadrà. Non sarà
una catastrofe a distruggere questo mondo, né la follia dell'uomo. Il corso della
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storia sarà arrestato dal ritorno di Gesù per portare finalmente giustizia e pace a
questo mondo travagliato. E' questa certezza che ci da speranza!
Vale la pena citare il vangelo di Luca per esteso.
"Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la
sua devastazione è vicina. Allora quelli che sono in Giudea, fuggano sui monti;
e quelli che sono in città, se ne allontanino; e quelli che sono nella campagna
non entrino nella città. Perché quelli sono giorni di vendetta, affinché si
adempia tutto quello che è stato scritto. Guai alle donne che saranno incinte, e
a quelle che allatteranno in quei giorni! Perché vi sarà grande calamità nel
paese e ira su questo popolo. Cadranno sotto il taglio della spada, e saranno
condotti prigionieri fra tutti i popoli; e Gerusalemme sarà calpestata dai
popoli, finché i tempi delle nazioni siano compiuti. Vi saranno segni nel sole,
nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal
rimbombo del mare e delle onde; gli uomini verranno meno per la paurosa
attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli
saranno scrollate. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con
potenza e gloria grande. Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire,
rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina". Disse loro
una parabola: "Guardate il fico e tutti gli alberi; quando cominciano a
germogliare, voi, guardando, riconoscete da voi stessi che l'estate è ormai
vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il
regno di Dio è vicino. In verità vi dico che questa generazione non passerà
prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le
mie parole non passeranno. Badate a voi stessi, perché i vostri cuori non siano
intorpiditi da stravizio, da ubriachezza, dalle ansiose preoccupazioni di questa
vita e che quel giorno non vi venga addosso all'improvviso come un laccio;
perché verrà sopra tutti quelli che abitano su tutta la terra. Vegliate dunque,
pregando in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste
cose che stanno per venire, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo". (Luca
21:20-36)
La realtà dei fatti è che con questo "al lupo al lupo" dei giorni nostri, la gente
finirà per farci il callo e quando realmente verrà il momento del giudizio per
questo mondo, come quando noi stessi annunciamo che, sebbene non sappiamo
quando, dobbiamo essere pronti per il ritorno di Gesù, la risposta di molti sarà
un cinico scetticismo. Ma la Parola di Dio è chiara ed è lì per ogni uomo che
vuole aprirsi all'amore di Dio.
Ci vediamo il 22 dicembre 2012 per vedere com'è andata la fine del mondo.
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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Se qualcuno crede realmente che il 21 dicembre 2012 o qualche altra prossima
data sia quella in cui accadrà la fine del mondo, me lo faccia sapere. Gli
comunicherò le mie coordinate bancarie per farmi trasferire tutti i suoi soldi,
magari anche solo due o tre giorni prima della catastrofe - allora soltanto
crederò che è veramente convinto di quello che dice!
Marana tha!
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I tempi sono maturi
Caro Fabio, mio fratello in Cristo, mi hai chiesto un piccolo studio esplicativo
sulle parole di chiusura che ho utilizzato in una mia riflessione. Il minimo che
posso fare è accontentare un amico che ha sempre per me parole di amicizia e
sostegno.
Avevo scritto: I tempi sono maturi e c'è poco spazio per i dubbi. Il Signore è
alle porte ed il ritorno di Gesù è vicino. L'unica cosa sensata che ci conviene
fare è prepararci per quel glorioso momento ... il resto conta così poco!
Maranatha!
Quest'ultima parola utilizzata da Paolo in una sua epistola (1 Corinzi 16:22) ha
un profondo significato. E' una parola aramaica che l'apostolo traslittera in
greco e include significativamente alla fine di un suo scritto. Questo termine
sintetizza l'attesa e la preghiera della Chiesa che attende il ritorno del Signore
Gesù (Apocalisse 22:20).
Nel mio ormai piuttosto lungo cammino cristiano, ho sempre avuto
l'impressione che alla gente sembri che il ritorno di Cristo sia un'invenzione
della chiesa evangelica.
Così non è.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica approvato e pubblicato da Giovanni Paolo
II, opera di una Commissione con a capo il Cardinale Joseph Ratzinger (oggi
papa Benedetto XVI) è l'opera di riferimento definitivo per l'insegnamento della
Chiesa Cattolica Romana. Sono convinto che nessun cristiano cattolico possa
trascurare la lettura seria ed attenta di questo testo!
Vi leggiamo: " ... i cristiani pregano, soprattutto nell'Eucaristia per affrettare il
ritorno di Cristo dicendogli <<Vieni, Signore>> (1 Cor 16:22, Ap 22:17-20)".
p.186, capitolo secondo, paragrafo 671, dell'edizione completa del 1992.
Più avanti viene detto: "Dopo l'Ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è
imminente, anche se non spetta a noi <<conoscere i tempi e i momenti che il
Padre ha riservato alla sua scelta>> (At 1,7). Questa venuta escatologica può
compiersi in qualsiasi momento ... ", p.186, paragrafo 673.
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La fede ufficiale della Chiesa Cattolica sul ritorno di Cristo esprime la sostanza
della fede che ci tramanda il Nuovo Testamento e che anima anche le chiese
evangeliche - perché non può non animare il cuore di ogni autentico cristiano.
La Bibbia non fa di noi dei "profeti". Le profezie bibliche non sono messe lì
nelle Sacre Scritture per fare di noi dei "pronosticatori", ma per darci conforto e
certezza della nostra fede e della Fedeltà di Dio e del suo imminente e sicuro
giudizio finale nelle vicende dell'umanità.
Perché ho detto che "i tempi sono maturi"?
E' vero che non sappiamo quando il Signore ritornerà ma è anche vero che egli
stesso ci dice di vegliare e ci dice quali saranno gli eventi che precederanno il
suo ritorno.
"Ma quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno li sa, neppure gli angeli del
cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo. Come fu ai giorni di Noè, così sarà
alla venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni prima del diluvio si
mangiava e si beveva, si prendeva moglie e s'andava a marito, fino al giorno in
cui Noè entrò nell'arca, e la gente non si accorse di nulla, finché venne il
diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figlio
dell'uomo."
(Matteo 24:36-39)
Scrive così Luca: "Essi gli domandarono: "Maestro, quando avverranno
dunque queste cose? E quale sarà il segno che tutte queste cose stanno per
compiersi?" Egli disse: "Guardate di non farvi ingannare; perché molti
verranno in nome mio, dicendo: "Sono io"; e: "Il tempo è vicino". Non andate
dietro a loro. Quando sentirete parlare di guerre e di sommosse, non siate
spaventati; perché bisogna che queste cose avvengano prima; ma la fine non
verrà subito". Allora disse loro: "Insorgerà nazione contro nazione e regno
contro regno; vi saranno grandi terremoti, e in vari luoghi pestilenze e
carestie; vi saranno fenomeni spaventosi e grandi segni dal cielo".
Se dico che i tempi sono maturi non è forse vero? Non vediamo sotto i nostri
stessi occhi come le cose che il Signore ha previsto stanno avvenendo?
Quanti stanno profetizzando la fine del mondo!!!
Quante guerre sta conoscendo il nostro tempo e quanti popoli si stanno
sollevando in rivolta!
Quanti terremoti stanno devastando il nostro pianeta ultimamente!
Noi viviamo nell'occidente ricco, ma quanti popoli vivono del bisogno e nella
malnutrizione!
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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La Bibbia non ci dice quando Gesù ritornerà, ma quanto sta accadendo ci
autorizza a poter annunciare a questa generazione che il ritorno del Signore è
vicino e che è tempo di considerare la propria condizione davanti a Dio, proprio
partendo dall'evidenza della prossimità del suo giudizio finale sull'umanità.
E' la certezza del prossimo avvento di Gesù che deve toccare lo spirito di
ognuno di noi. Molti di noi non vedranno fisicamente il ritorno di Gesù, ma
sappiamo che l'incontro con il Signore riguarda ogni uomo individualmente. Ci
dice infatti la Scrittura: "Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta
sola, dopo di che viene il giudizio" (Ebrei 9:27).
Dipende da noi se l'incontro con il Signore sarà di condanna o di salvezza. Allo
stesso modo, il ritorno di Gesù, che significherà per questo mondo giudizio
finale delle vicende umane, per noi che speriamo in lui sarà momento di gioia
infinita e salvezza definitiva.
" ... così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i
peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo
aspettano per la loro salvezza." (Ebrei 9:28)
E' quindi normale, nella trepidante attesa della Chiesa espressa dalla parola
riportata da Paolo MARANATHA, che guardandoci intorno, considerando gli
eventi dei nostri giorni, noi ci ricordiamo le parole di Gesù: "Ma quando queste
cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra
liberazione si avvicina." (Luca 21:28).
L’attesa della Rivelazione del Cristo non sia soltanto dei cristiani, e che, in un
certo senso, i tempi siano profeticamente maturi, lo colgo nelle stupende parole
dello studioso ebreo Pinchas Lapide:”… dato che nessun ebreo sa chi sia il
Messia venturo, mentre voi credete di conoscere con sicurezza la sua identità, io
non potrò opporre alla vostra certezza un ‘no’, ma soltanto un modesto punto
interrogativo. Sono dunque disposto ad attendere che venga colui che deve
venire, e se questi fosse Gesù di Nazaret ritengo che nemmeno un ebreo che
creda in Dio avrebbe la benché minima obiezione da muovere”. Pinchas Lapide
e Jurgen Moltmann, Monoteismo ebraico – dottrina trinitaria cristiana,
Queriniana, p.71. -
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La concorrenza migliora il mercato
E' da un po' che con mia moglie abbiamo imparato a cambiare, all'occorrenza,
gestore telefonico. Le varie compagnie che operano in Italia si stanno facendo
una concorrenza davvero spietata e propongono offerte sempre più convenienti.
Chi ci guadagna? Di sicuro noi consumatori.
Ho ricevuto un'e-mail di un fratello evangelico che si sofferma sulla
preoccupazione ormai nota della Chiesa Cattolica per la perdita di fedeli in
America latina a favore delle chiese evangeliche. Non parliamo di piccoli
numeri se sembra che gli evangelici - soprattutto pentecostali - siano adesso
nell'America del Sud circa 107 milioni.
Già papa Ratzinger si era recato in Brasile proprio per provare ad arginare
l'avanzata delle "sette" evangeliche, in particolari pentecostali. Che il nuovo
papa, Francesco, cercherà di fare altrettanto sembra inevitabile, se teniamo
conto che anche lui proviene proprio da quella parte del mondo. Del resto è
chiaro a tutti che l'elezione di un "papa" tanto al di fuori degli schemi è sintomo
che anche all'interno della Chiesa Cattolica si avverte il bisogno indifferibile di
far qualcosa per ridare una credibilità alla Chiesa di Roma che, inutile
nascondersi dietro un dito, grazie ai recenti scandali, su diversi fronti, ha perso
proprio fra i suoi stessi fedeli.
E' quasi superfluo dire che mi infastidisce essere etichettato come membro di
una "setta". Come ebbi a scrivere alla RAI quando questo termine venne
utilizzato per marchiare il dissenso delle chiese evangeliche sudamericane,
trovo offensivo liquidare così dei movimenti religiosi soltanto perché non
allineati con la Chiesa di Roma. Il presidente degli Stati Uniti attuale e quelli
passati - escluso J. F. Kennedy - sono stati evangelici o, più in generale,
protestanti. Lincoln era un credente cristiano evangelico! Martin Luther King
era un pastore evangelico. Milioni e milioni di persone nel mondo sono oggi
evangelici. Ho trovato un sito su internet che stima i soli Pentecostali in numero
di 630 milioni di persone in tutto il mondo.
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La fede evangelica è molto semplice. Noi crediamo che la Bibbia è la Parola di
Dio. Crediamo quindi in Gesù Cristo, Salvatore del mondo, e ci sforziamo di
vivere la nostra esistenza secondo i principi biblici, in particolare quelli descritti
nel Nuovo Testamento. Il nostro credo così snello contrappone l'importanza di
una spiritualità che riguarda tutti i veri credenti, che, per definirsi veramente
tali, devono sentirsi tutti impegnati concretamente a vivere secondo l'evangelo.
Per quanto riguarda l'epiteto di "setta" che ci viene riferito, mi permetto di
opporre quanto ha da dire la Bibbia in proposito. L'apostolo Paolo stesso infatti
venne accusato, proprio per il fatto di essere un cristiano, di far parte di una
"setta".
"Abbiamo dunque trovato che quest'uomo è una peste, che fomenta rivolte fra
tutti i Giudei del mondo, ed è capo della setta dei Nazareni". (Atti degli
Apostoli 24:5)
Immagino che ogni buon evangelico a questa accusa - mossa a noi come a
Paolo - voglia rispondere oggi come fece allora l'apostolo:
"Ma ti confesso questo, che adoro il Dio dei miei padri, secondo la Via che essi
chiamano setta, credendo in tutte le cose che sono scritte nella legge e nei
profeti; avendo in Dio la speranza, condivisa anche da costoro, che ci sarà una
risurrezione dei giusti e degli ingiusti. Per questo anch'io mi esercito ad avere
sempre una coscienza pura davanti a Dio e davanti agli uomini". (Atti degli
Apostoli 24:14-16)
Non è emblematico che le accuse a Paolo fossero mosse dal clero ebraico,
sinceramente preoccupato dall'avanzata del movimento dei cristiani?
Mettendo da parte la polemica e le accuse, sono davvero contento di poter tirare
le somme dei miei oltre trent'anni di fede evangelica (quest'anno compio 45
anni) e guardandomi intorno vedo un duplice significato dei nostri sforzi per la
diffusione della Parola di Dio. Il primo, il più ovvio, sono i molti che sono
venuti alla conoscenza della Verità della salvezza in Gesù Cristo e che lo hanno
accettato come personale salvatore, abbandonando l'incredulità per la fede o il
vuoto osservare dei ritualismi per una fede vera e viva in Gesù vivente e
presente. Il secondo richiama il titolo che ho dato a questa riflessione. Perché è
oggettivamente vero che è la nostra presenza nelle piazze, le nostre piccole ma
ferventi chiese, l'eloquenza dei nostri pastori guidati dall'amore e dallo Spirito
Santo, la nostra semplice diffusione di copie della Bibbia in ogni modo e in
ogni dove, la nostra concorrenza che ha spodestato il monopolio cattolico parlo per l'esperienza italiana - ha costretto a cambiare, migliorando
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oggettivamente, il rapporto esistente fra la Chiesa Cattolica ed il cattolico
medio.
Sono lontani ormai anni luce i tempi quando i cattolici non sapevano nemmeno
cosa fosse la Bibbia. E' vero che anche oggi non ne viene stimolata la lettura
sistematica, preferendo sempre lo studio del catechismo a quello della Parola di
Dio; ma non viene comunque nemmeno scoraggiato l'approccio diretto del
credente alla Parola. In tempi passati i preti celebravano la "messa" in latino ed
i credenti erano più spettatori che parte in causa; oggi invece il tutto si svolge in
italiano e diverse parrocchie hanno degli incontri (in stile protestante) dove si
legge la Bibbia e si prega con spontaneità. Se la Chiesa Cattolica è "costretta"
(scusate se lo dico, ma purtroppo lo penso) ad eleggere un "papa" al di fuori dei
canoni, tanto da essere un gesuita e farsi chiamare Francesco, oltre che per i
motivi legati agli equilibri interni alla chiesa romana, è anche perché è troppo
evidente la pressante necessità di offrire ai fedeli qualcosa di più vero ed
incisivo, di più credibile, di più stimolante dal punto di vista spirituale, per
operare almeno in parte un cambiamento richiesto dagli oggettivi cambiamenti
della società che ci circonda. In parte sono convinto che la pressione delle
chiese evangeliche, che oggettivamente soddisfano una spiritualità vera del
credente e non si limitano ad assopirla con vuoti ritualismi, siano fra le forze
esterne che spingono verso i cambiamenti della Chiesa Cattolica. Che ciò sia
positivo è oggettivo. Che ciò sarà un bene per tutta la cristianità, a 360 gradi,
credo sia quasi certo. Riflettevo su questa cosa giorni fa, mentre ascoltavo un
prete cattolico che parlava proprio come un pastore evangelico, invitando a
ricevere Gesù come personale salvatore. E' una gran vittoria scuotere le
coscienze e spronare la "concorrenza" ad offrire un servizio più rispondente alle
necessità vere ed al bene di chi ne usufruisce.
E' vero quello che mi disse il mio pastore tempo fa: l'importante è diffondere la
Parola. Ed è vero. Non ci dobbiamo stancare di parlare delle cose di Dio e della
Parola di Dio, con amore e con sincerità: al momento giusto, se cade nel terreno
giusto, il seme germoglierà.
E se è vero che la concorrenza migliora il mercato, non stanchiamoci mai di
cercare di fare meglio!
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Gli standard di Dio
"Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri né le vostre vie sono le mie
vie", dice l'Eterno. "Come i cieli sono più alti della terra, così le mie vie sono
più alte delle vostre vie e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri". (Isaia 55:89 Nuova Diodati)
Gli standard di Dio non sono gli standard dell'uomo odierno. Non so se i valori
e gli ideali dell'umanità sono stati mai così lontani come lo sono oggi da quelli
della Parola di Dio e nemmeno se l'uomo è mai stato così disinteressato di
conoscere quali siano i valori della Parola di Dio e gli standard proposti da Dio
all'uomo.
Come leggiamo in Isaia, naturalmente gli uomini possiedono ideali, desideri,
aspirazioni, interessi, sogni, ecc... ma non sono quelli di Dio. Ciò che sembra
vitale, indispensabile, per l'uomo del XXI secolo è considerato peccato nella
Bibbia. La maggior parte delle nostre dipendenze moderne (gioco, donne o
uomini, soldi, potere, ambizione, auto, prestigio, ecc... ) ci rendono esseri avidi,
stupidi ed instupiditi, curanti solo di poterci procacciare i mezzi per continuare
nella nostra edonistica ricerca di piacere personale e che ci consentano di
perseguire gli scopi egoistici di un'esistenza fondamentalmente ed
essenzialmente vuota, senza un autentico significato. Se oggi Tony Stark - Iron
Man - ricco, potente e pieno di donne, offre un buon modello di ciò cui l'uomo
medio aspira. Se Steve Jobs è il modello e la rappresentazione del successo
dell'uomo di oggi che riesce ad affermarsi professionalmente. Se il fondatore di
Playboy, nonostante la sua non più giovane età si circonda di belle ragazze e
viene guardato con invidia e come un uomo di sicuro successo. Se è così, allora
la Parola di Dio è vera oggi come lo era oltre duemila anni fa quando queste
parole venivano scritte dal profeta Isaia: "i miei pensieri non sono i vostri
pensieri né le vostre vie sono le mie vie", dice l'Eterno."
Quali sono gli standard di Dio?
Mosè era un uomo cresciuto alla corte egiziana di circa 3500 anni fa. Il faraone
era probabilmente l'uomo più potente al mondo e l'Egitto un regno che non
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temeva rivali. Eppure Mosè finì per macchiarsi di un crimine e dovette sfuggire
alla giustizia egiziana nel deserto, dove visse come un umile pastore per
quarant'anni. Secondo i nostri standard, egli era un uomo che aveva perso tutto,
ricchezza, fama, potere, era caduto in disgrazia e viveva adesso una vita misera.
Eppure fu in quel momento che Dio lo ritenne finalmente pronto, nella
condizione perfetta, per rivelarsi a Lui! La storia narrata nell'Esodo è
meravigliosa e ci conferma che gli standard di Dio non sono i nostri standard.
Davide era il più piccolo dei suoi fratelli e faceva parte della più piccola tribù di
Israele. Eppure Dio scelse lui per creare il più grande regno della storia della
discendenza di Giacobbe. La sua debolezza venne resa forza da Dio e il piccolo
pastorello musicista uccise il tremendo gigante Golia. La scelta di Dio per il re
da dare al suo popolo era caduta sulla persona meno probabile: in lui si sarebbe
affermata la potenza di Dio!
Giona, era probabilmente la persona meno adatta a fare il profeta. Ne da prova
lui stesso, scappando verso il luogo opposto a dove Dio gli aveva detto di
andare, proprio nel tentativo disperato di fuggire alla sua chiamata. E fino alla
fine della sua storia egli "litiga" con Dio perché non ne condivide le scelte ed i
propositi. Eppure Dio scelse lui! E se le avventure e disavventure di un "uomo
di Dio" sono state queste, magari ci troviamo davanti ad una brutta faccenda
che sarebbe meglio dimenticare, come un errore spiacevole. Ma così non
accade. Anzi, il Signore vuole che le vicende di Giona siano scritte in un libro
(quello che porta il suo nome) e vengano tramandate a futura memoria fra i libri
della Sacra Scrittura.
Giovanni Battista poi è un esempio che scuote le nostre certezze dalle
fondamenta. "Giovanni comparve nel deserto, battezzando e predicando un
battesimo di ravvedimento, per il perdono dei peccati [...] era vestito di peli di
cammello, aveva una cintura di cuoio intorno ai lombi e mangiava locuste e
miele selvatico". (Marco 1:4, 6 Nuova Diodati). Non so quanti di noi si
troverebbero a loro agio con un individuo del genere. Eppure Gesù disse di lui:
"In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto mai nessuno più grande di
Giovanni Battista". (Matteo 11:11 Nuova Diodati). Quando mi chiedono qual è
il personaggio dell'antichità che preferisco, io stesso rispondo Alessandro
Magno, o Cesare, o Ramses II, o Nabucodonosor, o il grande Ciro di Persia. Ma
non sono questi gli standard di Dio: Giovanni Battista, proprio lui, che viveva
nel deserto, non aveva casa, né vestiti, né mangiava cibi prelibati, proprio lui, ci
dice la Parola di Dio, è stato l'uomo più grande mai nato sulla terra fino alla
nascita di Gesù. Si, davvero le vie di Dio non sono le nostre vie.
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In ultimo cito l'apostolo Paolo. Se c'era una persona meno adatta a svolgere il
compito che Dio gli affidò, quella era proprio Saulo di Tarso. Ma: le vie di Dio
non sono le nostre vie! Saulo era stato lì e si era rallegrato dell'uccisione di
Stefano, il primo martire cristiano. Era attivo con grande zelo nell'opera di
distruzione della chiesa primitiva. Eppure Dio scelse lui. Lo chiamò. Lo
cambiò. Lo istruì. Lo inviò a predicare l'evangelo con potenza in tutto il mondo.
E quando la sua fedeltà alla chiamata divina lo aveva fatto finire addirittura in
carcere, accadde qualcosa di straordinario. "... dopo averli battuti con molti
colpi, li gettarono in prigione, comandando al carceriere di tenerli al sicuro.
Questi, ricevuto un tale ordine, li gettò nella parte più interna della prigione e
fissò i loro piedi ai ceppi. Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e
cantavano inni a Dio; e i prigionieri li udivano". (Atti 16:23-25 Nuova
Diodati). Che atteggiamento folle! Invece di lamentarsi con Dio per dove li
aveva fatti finire, o di piangersi addosso, o morire di paura per la sorte che li
attendeva, Paolo e Sila, suo compagno di viaggio e, qui, di sventura, cantavano!
Forse che la gioia di Dio è così grande da rendere un prigioniero in carcere più
contento di un re sul suo trono? Non è davvero impensabile in base a tutte le
convinzioni che oggi ci guidano e determinano le nostre scelte, la nostra
condotta, i nostri sogni e le nostre aspirazioni? Eppure se riusciamo a sentirci
insoddisfatti nel soggiorno della nostra comoda casa, davanti ad un 50 pollici,
full led, 3D, con la nostra nuova macchina in garage ed un i-phone 5 in tasca e
riusciamo solo a pensare a come far più soldi per comprarci più cose ... forse
dovremmo rivedere meglio i nostri standard e riflettere se veramente la felicità
si trova in quelle cose che disperatamente facciamo soldi per poter comprare.
Gesù non fu un perdente, un poverino che non venne ascoltato dalla sua
generazione e per ciò venne ucciso sulla croce. Al contrario Egli, Dio da ogni
eternità con il Padre, si è fatto uomo per la nostra salvezza. Visse una vita
perfetta. Fu obbediente a Dio, dando un esempio di ciò che ogni uomo avrebbe
potuto potenzialmente essere ma che la nostra natura sottoposta al peccato ci
impedisce di essere. Lui, giusto per gli ingiusti, morì sulla croce, offrendo se
stesso a Dio quale perfetto sacrificio per il peccato dell'uomo, pagando al nostro
posto il prezzo per il nostro peccato, la morte. Il terzo giorno resuscitò,
vincendo la morte. Oggi siede alla destra del Padre ed un giorno - presto ritornerà per giudicare i vivi ed i morti.
E' Gesù l'eroe di ogni cristiano. E' lui il nostro standard, lo standard di Dio
fattosi uomo, l'esempio perfetto da seguire.
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Noi cristiani non possiamo guardare alla vita ed al suo senso se non dopo avere
indossato gli occhiali della Parola di Dio ed aver messo il collirio della fede nel
nostro Signore Gesù Cristo. Lo studio della Parola di Dio e la guida dello
Spirito Santo sono l'unica autentica maniera per imparare a discostarci dagli
standard di questo mondo e riuscire anche noi a vedere ogni cosa in base agli
standard del nostro meraviglioso Dio, Creatore e Sovrano dell'universo. A Lui
sia la Gloria in eterno.
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Marco 4:26-29 (una parabola)
Chi segue il mio lavoro sa che sto traducendo il Vangelo di Marco. E'
un'esperienza meravigliosa. L'esame di un testo quando lo si traduce diventa
capillare. Devi fare attenzione alle sfumature di ogni singola parola e cercare di
trasmetterle il più possibile nella lingua di arrivo, nel mio caso l'italiano.
Questo di seguito è un brano che mi ha colpito.
(Gesù) Diceva ancora: "così è il regno di Dio: come quando un uomo getta un
seme in terra. Egli dorme di notte, si alza di giorno, senza sapere come accade
che il seme germogli e cresca, perché è la terra da sé che porta frutto: prima
compare l'erba, poi la spiga ed, infine, nella spiga, il grano. Quando il frutto è
maturo, l'uomo prende la falce, perché è giunto il momento della mietitura".
E' da tanto tempo oramai che gestisco questo sito internet. Non è facile lavorare
senza vedere in viso le persone per cui fai le cose. Grazie a Dio una certa
percentuale dei miei lettori mi scrive. Con alcuni sono diventato amico (ciao
Fabio, ciao Viviana). Ma so che ce ne sono molti dei quali non so nulla,
sicuramente più di quanti sono quelli che mi scrivono più o meno regolarmente.
A volte vengono i momenti in cui mi scoraggio - sono un essere umano! Il tanto
studio, le ore sul pc, a scrivere, riscrivere, correggere e ricorreggere e poi il
lavoro alla grafica del sito.
Un tempo mi chiedevo spesso: perché lo faccio? E' una mia vanità? Ne vale
davvero la pena? Mi ponevo spesso domande di questo genere. Domande che
ormai non mi pongo più perché Dio ha già risposto troppe volte e se le
riproponessi insulterei il senso del compito che ormai capisco che Egli mi ha
dato.
Una volta mi sono chiesto: Perché Signore continuo a studiare storia antica, che
senso hanno quegli studi di storia? Forse è meglio che li tolga dal sito, non
servono a nulla. E, nemmeno a dirlo, mi arriva una lettera di una sorella che
aveva trovato il sito facendo delle ricerche in chiesa e si era imbattuta nelle
parti che parlavano di storia.
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Passa un po' di tempo e rinascono i dubbi. Una ragazza (ciao Stefania) trova il
mio sito perché archeologa in cerca di mappe e legge i miei studi e mi dice via
mail che la stanno benedicendo. E io dico: Signore perdona la mia poca fede!
Quanti esempi ancora posso raccontare. Un altro soltanto, permettetemi. Un
giorno ero davvero scoraggiato, stanco. Davvero. Apro la posta elettronica e
trovo la mail di un fratello che mi scrive e mi dice apertamente in due righe di
lettera: "non ti scoraggiare fratello, vai avanti col tuo lavoro."
Dubitare ancora di quello che il Signore vuole che io faccia, del dono che devo
utilizzare per la sua Gloria significherebbe davvero mettere a dura prova la Sua
pazienza.
Questa piccola parabola nel vangelo di Marco è davvero profonda. Ha persino
dei significati escatologici davvero importanti, ma se ne parlassi qui uscirei
fuori da quello che è il messaggio che voglio invece evidenziare adesso. Quello
che mi ha colpito infatti è che l'uomo esce e semina, anzi getta il seme in terra.
Il seme, ci dice il vangelo di Marco nello stesso capitolo al v.14 è la Parola,
ovviamente la Parola di Dio.
L'uomo che semina la Parola parla di Gesù che ha predicato la Parola di Dio
durante il suo ministero, annunciando appunto il regno di Dio. Ma parla anche
di noi che proseguiamo quello che ha cominciato lui. E cosa accade?
Seminiamo. Seminiamo la Parola quando diciamo della nostra fede ad un amico
o ad un conoscente. Quando regaliamo una Bibbia. Quando scriviamo delle
cose di Dio. Quando cantiamo un canto al Signore.
L'uomo della parabola si addormenta la sera, si sveglia il mattino e non sa
nemmeno cosa sta succedendo ai semi che ha buttato sulla terra. Io non so cosa
accade quando scrivo delle cose di Dio. E credo lo stesso sia per chi predica la
Parola, per chi manda in onda un programma in radio dove si parla delle
meraviglie del Signore. Non sono solo a seminare senza sapere cosa accade al
seme gettato. So, però, per certo che il Signore ci chiama a seminare, non a
capire come il seme diverrà frutto: "senza sapere come accade che il seme
germogli e cresca, perché è la terra da sé che porta frutto."
Non ci dobbiamo quindi stancare e non dobbiamo nemmeno pensare troppo
all'utilità immediata di quello che facciamo. Regaliamo una Bibbia, parliamo
delle cose che Dio ha fatto per noi, invitiamo le persone in chiesa, parliamo di
Dio, lasciamo una pagina di un calendario cristiano sul tavolino di una sala
d'aspetto, ecc... Non vediamo cosa accade al seme, ma importa poco, il nostro
compito è seminare. A questo Dio ci ha chiamato, questo dobbiamo fare.
Penserà lui al resto.
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La parte finale della parabola è escatologica, parla della fine della nostra era,
del giudizio che vi sarà al ritorno di Gesù. E' questo il senso vero del lavoro
della semina: la certezza che vi sarà un raccolto.
La Bibbia è la Parola di Dio? Brani della Scrittura come questo mi tolgono ogni
dubbio.
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Costruire l'arca sull'asciutto
Uno dei brani che mi ha sempre preso particolarmente è la narrazione della
Genesi sul diluvio e la storia di come Noè sia scampato costruendo un'arca. Da
ragazzino immaginavo quell'uomo intento a costruire una barca sull'asciutto e la
gente che passava e se la rideva della sua storia su Dio che gli aveva parlato.
"Or la terra era corrotta davanti a Dio; la terra era piena di violenza. Dio
guardò la terra; ed ecco, era corrotta, poiché tutti erano diventati corrotti sulla
terra. Allora Dio disse a Noè: "Nei miei decreti, la fine di ogni essere vivente è
giunta poiché la terra, a causa degli uomini, è piena di violenza; ecco, io li
distruggerò, insieme con la terra. Fatti un'arca di legno di gofer; falla a stanze,
e spalmala di pece di dentro e di fuori.
Ecco come la dovrai fare: la lunghezza dell'arca sarà di trecento cubiti, la
larghezza di cinquanta cubiti e l'altezza di trenta cubiti.
Farai all'arca una finestra, in alto, e le darai la dimensione d'un cubito;
metterai la porta da un lato, e farai l'arca a tre piani: uno da basso, un secondo
e un terzo piano.
Ecco, io sto per far venire il diluvio delle acque sulla terra, per distruggere
sotto il cielo ogni essere in cui è alito di vita; tutto quello che è sulla terra
perirà.
Ma io stabilirò il mio patto con te; tu entrerai nell'arca: tu e i tuoi figli, tua
moglie e le mogli dei tuoi figli con te..." (Genesi 6:11-18)
Spesso nel mio ormai piuttosto lungo cammino cristiano mi sono sentito come
quell'uomo, il Noè biblico, come se vivendo l'insegnamento della Parola di Dio,
agli occhi del mondo di oggi, io non appaia meno ridicolo di chi costruiva una
barca sull'asciutto.
Quando oggi parliamo di peccato ad un mondo che sguazza beato nella piscina
della corruzione e della ribellione alle leggi di Dio, stiamo costruendo un'arca
sull'asciutto. Quando ci ostiniamo a difendere l'insegnamento apostolico sulla
salvezza in Gesù, agli occhi delle masse bombardate con ideologie sincretiste
stiamo costruendo un'arca sull'asciutto. Quando continuiamo a predicare il
giudizio di Dio che presto si manifesterà su questo mondo al ritorno del nostro
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Signore Gesù Cristo, non credo facciamo un'impressione tanto diversa da quella
che faceva Noè ai suoi contemporanei.
Personalmente ciò che mi piace nella persona di Noè è riassunto nel v.22 del
capitolo 6: "Noè fece così; fece tutto quello che Dio gli aveva comandato". In
realtà, alla fine, ciò che veramente conta per un cristiano non è tanto la
preoccupazione per quello che la gente può pensare di lui, quanto l'impegno a
mettere in pratica la Parola di Dio ed annunciarla.
Nella sua epistola, l'apostolo Pietro riprende proprio l'evento del diluvio per
ribadire il prossimo giudizio di questo mondo.
"Se Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li inabissò,
confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi per il giudizio; se non
risparmiò il mondo antico ma salvò, con altre sette persone, Noè, predicatore
di giustizia, quando mandò il diluvio su un mondo di empi; se condannò alla
distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, perché
servissero da esempio a quelli che in futuro sarebbero vissuti empiamente; e se
salvò il giusto Lot che era rattristato dalla condotta dissoluta di quegli uomini
scellerati (quel giusto, infatti, per quanto vedeva e udiva, quando abitava tra di
loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta a motivo delle loro
opere inique), ciò vuol dire che il Signore sa liberare i pii dalla prova e
riservare gli ingiusti per la punizione nel giorno del giudizio." (2 Pietro 2:4-9)
Queste ultime parole sono di conforto per chi ama Dio e la sua Parola, ma
devono anche essere di monito a chi preferisce ignorare la voce della propria
coscienza e vive soltanto per cercare i propri piaceri in questa vita piuttosto che
il Signore e la sua faccia. Quanti spesso dicono con vaghezza di credere in
"qualcosa" e si dicono soddisfatti, tradiscono il loro disinteresse per la ricerca di
Dio. Tutt'altro è l'atteggiamento che ci richiede un avvicinarci a Dio con cuore
sincero: "Or senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio
deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano." (Ebrei
11:6)
C'è chi sente che il peggio è passato, che finalmente l'uomo si sta evolvendo ed
i suoi progressi presto lo condurranno verso l'ottenimento di una vita pacifica e
vissuta nell'agiatezza mentre i progressi della medicina gli garantiranno una vita
lunga ed in buona salute. Lo spauracchio del giudizio imminente annunciato dai
cristiani per secoli sembra ormai passato e il mondo guarda avanti con fiducia
al futuro.
"Ma voi, carissimi, non dimenticate quest'unica cosa: per il Signore un giorno
è come mille anni, e mille anni sono come un giorno. Il Signore non ritarda
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l'adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente
verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al
ravvedimento. Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli
passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le
opere che sono in essa saranno bruciate. Poiché dunque tutte queste cose
devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per
pietà, mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli
infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si scioglieranno!
Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei
quali abiti la giustizia. (2 Pietro 3:8-13)
Alcuni credenti forse si scoraggiano perché vedono il male che cresce e sembra
che Dio non faccia nulla, ma è solo la pazienza di Dio che non lo fa ancora
intervenire, affinché l'uomo abbia ancora tempo per ravvedersi. Molti non
credenti invece tirano un sospiro di sollievo perché ormai da molte parti si
ritiene che la fede cristiana sia soltanto una religione in declino e che il giudizio
che questa annuncia da duemila anni ormai è chiaro che non arriverà mai.
Non sarà fuori luogo esaminare le parole dello stesso Gesù in proposito, che
smascherano anche quei tanti falsi profeti che osano prendere in mano il
calendario ed annunciare giorno ed ora del ritorno di Gesù, venendo
puntualmente smentiti e danneggiando la causa dell'evangelo - sebbene vadano
apertamente contro il vero Evangelo!
Infatti Gesù insegnava apertamente: "Ma quanto a quel giorno e a quell'ora
nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo.
Come fu ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figlio dell'uomo. Infatti,
come nei giorni prima del diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e
s'andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e la gente non si
accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà
alla venuta del Figlio dell'uomo." (Matteo 24:36-39)
Anche la Scrittura mette in parallelo i giorni di Noè con quelli in cui viviamo,
che, tra l'altro, sembrano così vividamente descritti nelle parole di Gesù, da
permetterci di poter dire che, sebbene non sappiamo esattamente quando
avverrà, abbiamo ogni motivo di ritenere che il ritorno di Gesù sia davvero più
vicino che mai.
Bellissime le parole dell'apostolo Paolo:
"Quanto poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva;
perché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene
un ladro nella notte. Quando diranno: "Pace e sicurezza", allora una rovina
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improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non
scamperanno. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno
abbia a sorprendervi come un ladro; perché voi tutti siete figli di luce e figli del
giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre. Non dormiamo dunque
come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri; poiché quelli che dormono, dormono
di notte, e quelli che si ubriacano, lo fanno di notte. Ma noi, che siamo del
giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore e preso
per elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad
ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo." (1 Tessalonicesi
5:1-9)
Il Signore non ci ha destinato al giudizio, alla condanna, alla sua ira. Siamo noi
uomini quando ci allontaniamo volontariamente da Lui, che scegliamo di
portare le conseguenze della nostra ribellione.
Il compito che ci da il Signore non è facile. Con l'arca che costruiamo
sull'asciutto testimoniamo al mondo che le sue opere sono malvagie e che il
giudizio di Dio è su tutti coloro che rifiutano l'amore di Dio in Gesù Cristo,
nostro Salvatore. Non è un compito semplice, tantomeno piacevole. Verremo
derisi, scherniti, forse; certo sarebbe più facile dire alla gente che tutto va bene,
che basta volersi bene, credere in qualcosa, che Dio porterà tutti in paradiso; ma
se lo facessimo non saremmo onesti davanti a Dio ed alla sua Parola. Anche il
profeta Geremia non era molto simpatico ai suoi contemporanei perché
annunciava praticamente da solo ravvedimento e il giudizio imminente di Dio,
mentre molti falsi profeti si guadagnavano le simpatie del popolo annunciando
bene e pace.
"Allora io dissi (parla il profeta Geremia): "Ah, Signore, DIO! ecco, i profeti
dicono loro: "Voi non vedrete la spada, né avrete mai la fame; ma io vi darò
una pace sicura in questo luogo"". Il SIGNORE mi disse: "Quei profeti
profetizzano menzogne nel mio nome; io non li ho mandati, non ho dato loro
nessun ordine, e non ho parlato loro; le profezie che vi fanno sono visioni
menzognere, divinazione, vanità, imposture del proprio cuore." (Geremia
14:13-14)
Voglia il Signore convincere sempre più persone ad unirsi a noi nella
costruzione dell'arca della salvezza in Gesù Cristo ed ad attendere fiduciosi il
giorno del suo ritorno, per vedere finalmente compiuta la nostra speranza della
vita eterna in lui.
Luglio 2013.
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Corrispondenza con Leonardo
Ho scambiato delle mail con un mio lettore di nome Leonardo che trovo
davvero degne di essere conservate ed anche lette.
Ovviamente Leonardo, mi ha dato l'autorizzazione - senza nemmeno esitare - a
presentare qui la nostra breve ma interessante corrispondenza. Lo rendo noto
espressamente perché vorrei rassicurare chi mi scrive che non pubblicherò,
come non ho mai pubblicato, lettere che mi vengono inviate privatamente!
Grazie Leonardo.
Lettera di Leonardo del 17 giugno 2013
Oggetto: Solo una domanda
Gentile Signore, mi scuso se la disturbo. Vorrei solo chiederle aiuto per un
problema che mi disturba non poco.
Anni fa, presentando la mia tesi sui profeti dell'ottavo secolo presso ISSR
dell'Università della Santa Croce, non mi chiesi se l'esegesi appresa
dall'autorevole voce del compianto professor Bonora fosse una sorta di studio di
serie B relativo alla sacra scrittura in traduzione. Certo mi resi conto che la
conoscenza delle lingue bibliche non potesse che essere fondamentale; ma ora,
a distanza di tanti anni, ho l'impressione che non conoscere l'ebraico, per
esempio ( per il greco biblico non ho grossi problemi ), sia un impedimento ad
uno studio serio e dunque all'esegesi veterotestamentaria stessa.
Ora, considerando che la Parola non può essere oggetto di conoscenza solo di
un ristretto circolo di esperti, e questo per la sua natura di messaggio universale,
le chiedo: non conoscere l'ebraico ( oppure il greco o le due lingue bibliche )
pregiudica la conoscenza scientifica della parola di Dio, quindi la sua teologia?
La ringrazio se vorrà rispondermi e nell'attesa la saluto.
Leonardo S.
La mia risposta:
Buongiorno.
Grazie per la sua lettera. Io ritengo la teologia la complicazione della nostra
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Fede cristiana che è semplice quanto il messaggio del Cristo: ama il prossimo
tuo come te stesso. Infatti tutto il mondo vede la fede di Madre Teresa o di
Martin Luther King e capisce il senso del Vangelo; ma ascoltano i teologi e
rimangono come diciamo qui in Sicilia "più confusi che persuasi". (come capirà
dai miei studi, parlo contro me stesso)
La Verità della Sacra Scrittura è una verità spirituale e lo Spirito Santo ci
illumina ma sono convinto che per non farci impazzire, accecarci anziché
illuminarci, lo faccia rispettando le nostre capacità, anche culturali. Qui in
Sicilia, dove vivo, si usa ancora che passano i furgoncini la mattina con le
granite e a me piace molto comprarla in estate. C'è uno di questi venditori
ambulanti che è un mio confratello evangelico. Mi ha confessato che sa leggere
a malapena, ma è sempre lì che cita a memoria passi della Scrittura e la
comunica a tutta la gente cui vende la sua granita - io la chiamo una granita
"evangelica", accompagnata dalla Parola di Dio.
E io rimango stupito perché vedo la Parola di Gesù avverarsi davanti ai miei
occhi: non ai saggi, ai sapienti, ma ai semplici è dischiusa la Verità
dell'Evangelo! E con quale libertà: io invece che so tanto, troppo spesso tengo
la bocca chiusa quasi come se la mia fede fosse un segreto!
Se l'ebraico fosse così indispensabile tutti gli ebrei sarebbero cristiani - non
trova? Indispensabile è lo Spirito di Dio, che ci ha detto Gesù, ci guida in tutta
la Verità. Indispensabile è l'Amore, che copre i nostri peccati. Indispensabile è
la nostra Fede viva e operante che apre il canale di comunicazione con il nostro
Padre Celeste.
Da studioso della Parola di Dio sono d'accordo con lei. Da cristiano più studio
più ammiro chi sa poco ma fa tanto.
Quindi se mi posso permettere un tono tanto saccente con chi mi può essere
maestro, direi che l'ebraico è indispensabile per una seria esegesi dell'Antico
Testamento che possa vantare l'appellativo di scientifico, ma non è
indispensabile per conoscere Dio ed è per questo scopo che lo Spirito Santo ci
ha donato le Sacre Scritture.
Sono in ufficio ma non ho resistito alla tentazione di risponderle di getto. Potrei
pubblicare la sua domanda e farne uno spunto di riflessione? E se vuole la sua
risposta a questa mia risposta veloce o altre domande che ha da porre.
Ovviamente tratterò i suoi dati personali come lei meglio desidera e ritiene
opportuno.
Spero di non essere stato troppo vago e mi riservo ulteriori riflessioni su questa
questione davvero importante.
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Buona giornata.
Giuseppe - mi dia del tu se vuole, io mi chiamo Giuseppe.
Lettera di Leonardo
Caro Giuseppe, se dobbiamo darci del tu, osiamo la familiarità, non sei
d'accordo?
Dunque, caro Giuseppe, prima di tutto grazie per la cortese e veloce risposta.
Non mi aspettavo tanta solerzia e per questo mi sento autorizzato non solo a
darti del tu, come tu stesso hai suggerito, ma anche ad approfittare del tuo
sapere: ho già registrato il tuo indirizzo nella mia rubrica ... Certo, lo confermo,
il tanto parlare intorno alle lingue originali, mi urta non poco, soprattutto perché
ho l'impressione che chi ne parla vuol farti fuori dal discorso, come se fosse lui
il solo depositario della verità. Ed immagino mia madre con la sua Bibbia in
mano che legge e medita. Ma cosa leggeva e meditava se per conoscere la
Parola doveva saperla leggere in ebraico, in aramaico ed in greco? E cosa ho
studiato io stesso, per cinque lunghi anni se allora conoscevo solo qualche
rudimento di greco classico? Eppure, come mi confermi, la Parola si è fatta
carne, ha usato sì un linguaggio umano ma ha anche voluto nutrire i gentili, gli
altri, l'intero universo. L'ebraico? D'accordo, l'ebraico serve, e tanto, per uno
studio filologico, per un primo approccio al testo, per una più profonda e
successiva aderenza alla Parola stessa, ma questo esclude la gran parte dei
fedeli? Esclude un intero universo di credenti perché latini, slavi o amerindi?
Ecco, la tua risposta centra il problema: il messaggio che passa non può
nascondersi dietro le grammatiche, deve rivelarsi, farsi carne per ognuno,
latino, slavo o amerindo che sia. Anche perché, e dimmi se non ho ragione, a
voler essere davvero onesti, occorre dire che se la Parola si riveste di segni,
ogni segno rivela la Parola. Altrimenti non avrebbe senso, non credi?
E dunque sono d'accordo, lo Spirito mi rivela quanto io posso capire, il
messaggio, cioè, che il Signore ha affidato ad ogni uomo.
Io leggo a stento l'ebraico, ma lo leggo; non trovo seducente il suo suono, però.
In poche parole, non mi piace, devo essere sincero. E quando leggo Isaia o il
mio amato Qoelet, devo farlo nella mia lingua, la lingua che fin da bambino mi
ha rivelato il messaggio delle salvezza. Con il greco ho un rapporto diverso,
infatti trovo questa lingua molto musicale e molto spesso torno sui testi
originali per poter verificare, confrontare, stupire me stesso ... Ma il discorso
resta il medesimo: se la Parola si fa carne, ogni parola deve e può rivelare la
Parola.
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Caro Giuseppe, mi conforti. Lo studio fatto con il mio professor Bonora non è
stato uno studio di serie B della Scrittura. E' stato uno studio appassionato e
profondo, uno studio che ha nutrito la mia anima ed il mio intelletto. Grazie
ancora. [...]
Puoi fare delle mie mail ciò che ritieni opportuno, ti autorizzo anche a citare il
mio nome per esteso, parlando di Dio non ci si può nascondere.
Ti saluto fraternamente
Leonardo S.
Il mio commento finale
Lettere così mi sistemano la giornata!
Non pubblico il cognome per esteso, ma prendo atto e mantengo la volontà di
non nascondersi di questo nuovo caro amico in Cristo.
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Dio o Mammona?
"Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà
riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e
Mammona." (Gesù in Matteo 6:24 – Nuova Riveduta)
La parola traslitterata nell'italiano Mammona corrisponde al greco µαµωνα
dell'originale che a sua volta riprende un termine aramaico che intende
personificare la ricchezza. Quindi potremmo interpretare il concetto inteso con
questa espressione biblica come: "voi non potete servire il Dio vero ed il dio
danaro". Oppure: "voi non potete servire Dio e farvi un dio delle ricchezze".
Ma cos'è il danaro? Cosa sono i soldi?
Le più antiche tracce della cultura umana ci dicono che molto presto l'uomo
inventò il vivere sedentario e di conseguenza nacquero le prime città. Ciò
avvenne millenni fa in Mesopotamia. Le stesse città che vengono nominate nel
libro della Genesi sono quelle che gli storici indicano come le prime della
storia.
"...Cus generò Nimrod, che cominciò a essere potente sulla terra. Egli fu un
potente cacciatore davanti al SIGNORE; perciò si dice: "Come Nimrod,
potente cacciatore davanti al SIGNORE". Il principio del suo regno fu Babel,
Erec, Accad e Calne nel paese di Scinear." (Genesi 10:8-10).
Il paese di Scinear è il termine biblico per indicare la Mesopotamia.
Quest'ultima designazione per l'area dove si trova grossomodo l’odierno Iraq, a
noi senz’altro più familiare, l'abbiamo ereditata dagli antichi storici greci e
significa "in mezzo ai due fiumi", visto che quella zona è caratterizzata dalla
presenza dei fiumi Tigri ed Eufrate, sulle rive dei quali sono nate le prime
civiltà, Sumeri, Accadi, Babilonesi.
La principale conseguenza della nascita della città è la differenziazione delle
attività degli individui all'interno di un tessuto sociale, dove i ruoli sono ripartiti
nell'ottica più ampia delle necessità della collettività organizzata. Così nascono
i mestieri, le professioni, che si affiancano alle attività fondamentali per la
sopravvivenza dell'impalcatura sociale di qualsiasi insediamento sedentario
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dell'uomo, cioè l'agricoltura e la pastorizia. Nella città vi è chi si dedica alla
costruzione di case, chi fa i mattoni, chi forgia gli utensili e le armi, chi lavora il
legno, ecc. La storia ci conferma che, con il crescere dell'insediamento urbano,
di pari passo si crea inoltre un apparato amministrativo statale, con chi lo
governa, chi lo amministra, chi ne difende l'esistenza.
Chi costruisce, però, ha comunque bisogno del pane, della frutta, degli ortaggi,
del latte e della carne, prodotti che dovrà in qualche modo procurarsi. Lo stesso
accade al soldato o a chi lavora nell'amministratore statale, a tutti coloro non
direttamente impegnati in attività connesse a quelle dell'agricoltura o della
pastorizia. Questi dovranno ricevere in compenso per il loro lavoro o questi
prodotti primari, indispensabili per la loro sopravvivenza, o qualcosa che essi
possano con successo dare in cambio per ottenerli. Viceversa si sarebbe tutti
agricoltori o pastori, o entrambi le cose, visto che nulla è più essenziale del
cibo.
Avere la capacità di produrre - o il monopolio di - tali risorse, diede ad alcuni
stati la capacità di controllare i suoi cittadini, impegnati nelle loro varie attività
ma dipendenti da chi forniva loro i beni primari. Nella storia sono tanti i popoli
che hanno sperimentato questo sistema di organizzazione centralizzata. La III
dinastia di Ur che risale agli anni intorno al 2000 a.C. L'esperimento comunista
sovietico è una realtà storica molto più recente.
Nella complicate vicende dell'avventura umana vi sono vari eventi che
determinano la direzione che prenderà la storia. Uno di quegli eventi è stata
l'invenzione della moneta, che perfezionò il semplice istintivo ricorso al baratto.
La moneta altro non è altro che quella cosa che viene da tutti accettata in
cambio della propria attività svolta, o dei prodotti ottenuti con il proprio lavoro.
Per poter avere una funzione di moneta, quindi, un bene deve essere accettato
da chiunque in qualsiasi momento o luogo in cambio di qualsiasi bene o
prestazione. L'oro e gli altri metalli preziosi sono dall'alba della storia la prima
e più comune forma di moneta. Chi non avrebbe accettato oro in cambio della
propria giornata di lavoro, o di parte del proprio raccolto? Si era infatti certi
che, visto il valore intrinseco di questo metallo, sarebbe stato facile darlo in
cambio per ottenere qualsiasi altra cosa. Se accadeva di essere pagati con altri
metalli preziosi, se ad esempio veniva offerto in cambio per prodotti o
prestazioni argento anziché oro, questo era comunque bene accetto; ma visto il
valore inferiore attribuito a questo metallo, a parità di corrispettivo ceduto o di
servizio reso, la quantità di argento corrisposta doveva essere superiore a quella
d'oro. In parole povere se occorrevano 10 grammi d'oro per dieci chili di farina
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o una settimana di lavoro, ne occorrevano invece 30 grammi se si pagava con
argento.
Gli stati già in tempi remoti coniarono monete, nei vari metalli preziosi, che
erano l'espressione della ricchezza del sistema governativo ed amministrativo
centrale, e venivano utilizzate fra i cittadini come sicuro mezzo di scambio. Le
attività commerciali, gli scambi internazionali, la produzione programmata e il
libero mercato sono concetti che nella Mesopotamia già di oltre tremila anni fa
erano alla base del vivere quotidiano, quanto nella nostra società occidentale di
oggi.
E' in questo contesto storico che Paolo scrisse che "l'amore del denaro è radice
di ogni specie di mali" (1 Timoteo 6:10). In quel periodo l'avaro contemplava il
proprio oro accumulato e vedeva in esso il senso del suo dirsi: "sono ricco".
E' chiaro, quindi, il riferimento inteso da Gesù con le sue parole.
"Perché dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore." (Matteo 6:21)
"Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo
averlo trovato, nasconde; e per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che
ha, e compra quel campo." (Matteo 13:44)
"Gesù gli disse: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dallo ai poveri,
e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi." (Matteo 19:21)
Poi accadde qualcosa che segnerà un altro passo in avanti (o indietro: chi può
veramente dirlo?) nella storia dell'umanità. Lo stato organizzato, infatti, pensò
bene di emettere in maniera sistematica dei titoli cartacei che non avessero in sé
valore intrinseco di moneta, ma che garantissero la presenza di questa ricchezza
nei forzieri statali con la possibilità, in qualsiasi momento, di convertire questi
titoli nella quantità di oro che essi rappresentavano. Era nata la cartamoneta.
Lo Stato si assicurava la ricchezza emettendola e trattenendo l'oro nelle sue
riserve statali, e i cittadini la utilizzavano come oggetto di scambio in tutte le
transazioni, acquisti e vendite di ogni genere. Lo “Stato" si accorse inoltre che i
cittadini non prendevano la cartamoneta ricevuta in pagamento e di corsa
andavano a chiedere di tramutarla in oro, ma la trattenevano, la depositavano e
la facevano circolare liberamente, come se questa magicamente avesse
acquisito il valore che in realtà doveva solo rappresentare. In parole povere se
all'inizio 100 lire era solo il valore impresso dalla nazione organizzata su un
foglio di carta colorato e stampato, ufficialmente ed appositamente, che
garantiva un corrispettivo di oro presente nei forzieri dello stato e che con
questo in qualsiasi momento si poteva chiedere di convertirlo, ad un certo punto
l'apparato amministrativo statale immaginò che bastava soltanto una
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percentuale di vere riserve per garantire un importo di moneta circolante molto
più elevato. Quindi se lo Stato era ricco in realtà 100, abilmente metteva in
circolo monete per 1000, contando sul fatto che nessuno sarebbe mai venuto a
chiedere il corrispettivo in oro delle banconote emesse. L'ironia in tutto ciò è
che i cittadini lavoravano, servivano lo Stato e la sua causa, con attività
pubbliche e private, ricevendo dei fogli di carta in cambio che garantivano una
ricchezza che in realtà nemmeno esisteva.
Ma l'inventiva dell'uomo civile non conosce ostacoli e in tempi più recenti
nasce un nuovo tipo di moneta: il credito.
Per capire di cosa parliamo, facciamo un piccolo passo indietro. C'è chi
accumulando il proprio oro si trovò nella incresciosa situazione di essere
cosciente di esporsi alle mire di chi lo voleva ottenere senza alcun titolo
legittimo, lo voleva, in parole povere, rubare. Ciò creava la più grossa ansia al
ricco, perché significava vivere ogni momento nella paura di rischiare di
vanificare tutto il senso di ciò che egli era – visto che un ricco privato delle sue
ricchezze non soltanto smette di essere ricco, ma molto spesso smette di essere
qualsiasi cosa. Da qui il suggerimento di Gesù: "Vendete i vostri beni, e dateli
in elemosina; fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nel
cielo, dove ladro non si avvicina e tignola non rode." (Luca 12:33)
Mi ha sempre colpito l'incontro fra il giovane ricco e Gesù narrato nei vangeli.
"Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui,
gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?"
Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo,
cioè Dio. Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio;
non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo
padre e tua madre"". Ed egli rispose: "Maestro, tutte queste cose le ho
osservate fin dalla mia gioventù". Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: "Una
cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in
cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò
dolente, perché aveva molti beni." (Marco 10:17-22). Il problema di quest'uomo
non erano le sue ricchezze, bensì il suo attaccamento ad esse. Le parole di Gesù
e la sua reazione mettono a nudo l'amore che egli nutre per ciò che possiede.
La ricchezza in se non è condannata nella Bibbia; tantomeno lo è il danaro.
Infatti abbiamo letto che non il danaro, bensì "l'amore del denaro è radice di
ogni specie di mali." (1 Timoteo 6:10). Gesù ad esempio non disse nulla a Levi,
Matteo, per quanto riguardava la sua ricchezza. Abraamo era ricco. Lo era
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Davide, Salomone, ecc... Insomma è il cuore dell'uomo che Dio vuole
correggere, non il nostro sistema economico.
Torniamo alla nostra discussione. Vogliamo pensare bene e immaginare che
nell’Europa cristiana medievale, sebbene si volesse con entusiasmo seguire
l’insegnamento di Gesù, ormai le ricchezze c'erano e chi le possedeva trovava
comunque naturale difenderle. Pochi seguirono l’esempio di Francesco di
Assisi, sebbene sono convinto che diversi ricchi guardarono di sicuro ammirati
alle sue idee, sperando che molti lo imitassero, entusiasti com’erano che
qualcuno decidesse di rinunciare alle ricchezze ed invitasse altri a farlo. Una
risposta senz’altro più razionale di quella di Francesco al problema della
ricchezza fu la nascita di istituzioni che, con grande spirito di carità, per venire
incontro ai ricchi bisognosi, si offrirono spontaneamente di tutelare le loro
ricchezze, mostrandosi pronte a difenderle ad ogni costo. Queste istituzioni
sono le banche.
Le banche, da semplici custodi del danaro come potevano a prima vista
apparire, si mostrarono invece subito dei veri e propri istituti benefici: non solo
garantivano la sicurezza della ricchezza di chi si affidava a loro, ma addirittura
cominciarono a riconoscere degli interessi su quanto depositato. Questo perché
le banche si accorsero che chi depositava il danaro presso di loro lo prelevava
solo in piccole quantità, lasciando il grosso nelle loro casse. Con la certezza che
una certa percentuale del danaro loro affidato non sarebbe mai stato
effettivamente ritirato da chi lo aveva depositato, i banchieri cominciarono a
pensare che se corrispondevano un certo interesse ai propri clienti, potevano
allo stesso tempo prestarlo a chi ne aveva bisogno ad un tasso di interesse
ragionevolmente (alcune malelingue direbbero eccessivamente) maggiore,
lucrando sulla differenza. Questo concetto ha aperto le porte al sistema
economico nel quale oggi ci troviamo (o anneghiamo), basato sul …
CREDITO.
Con il credito il rapporto fra moneta esistente e moneta utilizzabile per gli
acquisti viene a modificarsi in maniera sostanziale. Si può infatti acquistare non
solo con la moneta che si possiede ma anche con quella che si pensa che si
riuscirà ad avere in futuro, a guadagnare. La banca o altri istituti finanziari spuntati come funghi visto che in molti hanno fiutato la potenzialità di questo
settore - anticipano le somme richieste, proporzionalmente al reddito e quindi
all'aspettativa di guadagno futura del richiedente, e in cambio, nel piano di
restituzione delle stesse dilazionato nel tempo, percepiscono l'interesse, che
altro non è che il loro compenso per aver anticipato tali somme.
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Il sistema economico mondiale odierno si basa principalmente sul credito. E la
grande crisi che stiamo sperimentando non è originata, come accadeva in altri
tempi, per via della svalutazione monetaria (inflazione) o da crisi nazionali,
bensì da errate (o, come direbbero altre malelingue, premeditatamente
destabilizzanti) operazioni creditizie.
I vantaggi di questo sistema? Il credito non corrisponde alle effettive banconote
emesse da uno stato, ma, magicamente, le moltiplica, aggiungendovi anche
quelle del futuro. Il credito ha la capacità di rendere il futuro presente.
I punti deboli? Il nostro sistema economico si poggia sul caposaldo che i
creditori delle somme depositate presso le banche non andranno mai tutti
insieme a chiedere la restituzione in carta moneta di quanto depositato e che
nessuno andrà mai dalle istituzioni bancarie o statali a chiedere il corrispettivo
in oro garantito dall'importo stampato sulla cartamoneta - anche se, in teoria,
sarebbe suo legittimo diritto farlo – ma la sicurezza della stabilità
dell’economia mondiale ha dovuto derogare questo diritto. Provate ad andare in
banca e chiedere che vi diano tutto il vostro deposito in banconote. Passerete da
uno sportello all'altro e da un modulo all'altro, da un funzionario all'altro e il
massimo che potrete riuscire ad ottenere è un assegno circolare con scritto su
l'importo dei vostri anni di sudati risparmi. Per quale motivo? Semplice: le
banche non hanno i soldi che dicono di avere, bensì un importo di credito
disponibile che corrisponde solo in parte alle banconote fisicamente depositate
presso le loro casse.
C’è dell'altro. Se oggi apparisse un conto con un milione di euro in una banca
romena, chi se ne accorgerebbe? I pagamenti che si eseguirebbero
telematicamente da quel conto a favore di altri equivarrebbero allo Stato
sovrano del passato che emette carta moneta e la mette in circolo.
In Italia sono state emanate di recente delle leggi restrittive sull'uso della
cartamoneta. Perché ci si potrebbe chiedere? Ma, ancora più significativo, ci
rendiamo conto che tutte le operazioni che forzatamente effettuiamo con
addebiti ed accrediti virtuali di somme non corrispondo ad un effettivo
spostamento di danaro?
Non ci accorgiamo in quest'ottica cosa è diventato l'amore per il danaro oggi?
Non c'è più il luccichio dei forzieri pieni di oro che vediamo nei films di pirati a
riempire gli occhi del ricco o dell’avaro. Oggi c’è solo un triste (lo è nel caso
del mio conto corrente) saldo riportato sullo schermo di un computer, o
stampato sul nostro estratto conto periodico, ad attestare quanto siamo ricchi, o
poveri. E, in linea teorica, non siamo più ricchi o poveri in base ai soldi che
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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abbiamo o non abbiamo; ciò dipende infatti di quanto credito il sistema
bancario ci dice che godiamo. Cito il commercialista dell’impresa dove lavoro:
“un uomo vale non i soldi che ha, bensì il credito che riesce a suscitare.” Mai
questa affermazione è stata più vera di oggi.
Ora mi chiederà il lettore intelligente, se è riuscito ad arrivare fino a qui: ma che
c'entra questa discussione con la Bibbia?
Il fatto è che la Bibbia ha previsto duemila anni fa che l'anticristo, l'ultimo
nemico che acquisirà il potere su tutto il mondo poco prima del ritorno di Gesù,
potrà imporsi proprio grazie al controllo di un sistema di credito mondiale.
Leggiamo cosa scrive Giovanni nell'Apocalisse: “Inoltre obbligò tutti, piccoli e
grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano
destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il
marchio, cioè il nome della bestia (l’anticristo) o il numero che corrisponde al
suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della
bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei.”
(Apocalisse 13:16-18)
Chi legge penserà che io sono contro il sistema economico occidentale così
come lo stiamo vivendo noi nei nostri giorni. Non è così. Potenzialmente, a mio
avviso almeno, siamo all'apice dell'evoluzione nella gestione del fenomeno
economico nella storia dell’umanità. La triste verità è che non sono le
invenzioni del genio umano ad essere cattive, ma l’uomo che utilizza ogni cosa
per il male. Il ferro è stata un’invenzione molto importante, eppure la prima
cosa che s’è pensato di farne sono state spade. L’esplosivo, il fuoco, la stessa
moneta … la storia ci fornisce innumerevoli esempi di invenzioni bellissime
che alla fine sono state utilizzate solo per la fame di potere di chi le gestiva.
La Bibbia sembra dirci nell'Apocalisse che anche il sistema economico
mondiale - creato per dare stabilità economica a tutte le nazioni del mondo, per
favorire l’economia e distribuire meglio la ricchezza - verrà utilizzato
dall’anticristo per bloccare la vita economica di chi si opporrà al suo potere e
favorire la ricchezza di chi lo asseconderà.
Sono convinto che il sistema di credito e il potere delle banche, insieme alla
informatizzazione dei rapporti di deposito e la gestione virtuale del credito che
stiamo sperimentando oggi, se non credo si possa ritenere che sia effettivamente
capace di favorire una tale tirannide mondiale, allo stesso tempo non è
irrealistico pensare che possa preludere alle circostanze che renderanno
possibile quanto descritto nell’Apocalisse.
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So cosa prova la gente quando parlo di queste cose. Non voglio spaventare
nessuno. Ma allo stesso tempo la Parola di Dio non mi autorizza a tacere del
ritorno di Cristo e degli eventi che lo precederanno, che sono davvero parte
fondamentale dell’insegnamento della Chiesa.
Nelle due epistole ai Tessalonicesi l’apostolo Paolo parla degli eventi che
precederanno il ritorno di Gesù di come in quel periodo “… sarà manifestato
l'empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e
annienterà con l'apparizione della sua venuta.” (2 Tessalonicesi 2:8).
La Parola di Dio non ci dice quando tornerà Gesù. Da indizi come quello che ho
considerato in questo articolo possiamo dedurre che quell’evento è imminente –
ed è comunque facile e persino ovvio affermare che oggi è più vicino di ieri.
Ma torniamo al nostro discorso iniziale.
Vale davvero la pena investire nelle ricchezze di questo mondo? Oggi più che
mai, visto che parliamo solo di numeri su un estratto conto, quello che leggiamo
nella Parola di Dio corrisponde a verità.
Disse Gesù:
“Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi
l'anima sua? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua?” (Matteo 16:26)
“E disse loro questa parabola: "La campagna di un uomo ricco fruttò
abbondantemente; egli ragionava così, fra sé: "Che farò, poiché non ho dove
riporre i miei raccolti?" E disse: "Questo farò: demolirò i miei granai, ne
costruirò altri più grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò
all'anima mia: "Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; ripòsati,
mangia, bevi, divèrtiti"". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa l'anima
tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?" Così è di chi
accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio". (Luca 12:16-21)
“Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo,
l'amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo, la
concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della
vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua
concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno.” (1 Giovanni
2:15-17)
Spero che il lettore si renda conto quanto sia importante badare alle ricchezze
vere e non porre fiducia in quelle che offre questo mondo malvagio in cui
viviamo. Personalmente ho aperto due conti corrente, uno presso una banca
italiana, l'altro in cielo. Consiglio al lettore di fare altrettanto, perché mentre
sono convinto che le banche mi stiano dissanguando con commissioni, interessi,
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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assicurazioni, ecc... il nostro Signore è invece un banchiere più amorevole che
onesto. Io preferisco affidare a lui i miei risparmi ed investire nella sua
affidabilità. So che non me ne pentirò.
E tu che leggi, dov’è il tuo tesoro? Dov’è la tua ricchezza, dove la stai
accumulando? Qual è il senso di ciò che fai in questo mondo? Conta solo quanti
soldi hai in banca?
L’intento di questo mio articolo è spingerti a riflettere - se non l'hai fatto già su dove sta veramente andando il mondo e dove stai andando tu.
Prego Dio che la tua sia la direzione giusta.
It's all about money
the new car you bought
the fabulous house you live in
It's all about the clothes you wear
the people you hang around with
you and you alone
But that one night
When you sat on your couch
Your mobile phone is off
There's no TV set to watch
No internet connection
You sat there in a desperate silence
And you didn’t even know why
Man is thirsty of God
But he'd rather drink poison from hell
than water from the Eternal, living well
Man is hungry for God
But he'd rather eat a cutting sharp knife
Than enjoy the healing of the Bread of life
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IL SENSO DELLA VITA
Se ci interroghiamo sul senso della vita siamo degli esseri umani davvero
fortunati. Significa che molto probabilmente abbiamo già soddisfatto tutti i
nostri bisogni primari - viceversa saremmo troppo occupati nella lotta per la
sopravvivenza per aver tempo o voglia di guardare oltre. In parole povere, la
filosofia è di solito figlia dello stomaco pieno, sebbene sia ottima per consolare,
all'occorrenza, anche chi ha lo stomaco vuoto.
Già da piccolo io ero alla ricerca del senso dell'esistenza. Mia madre e mio
padre mi avevano permesso una vita ragionevolmente serena; quindi, a letto la
notte mi chiedevo: "Perché siamo qui?" "Chi sono io?" "Esiste un Dio?" "Cosa
accade dopo la morte?" Devo dire che sento nel profondo della mia persona che
qualcuno abbia risposto a queste domande pressanti quando mi hanno passato
una Bibbia ed io ho iniziato a leggerla.
Visto il modo in cui era iniziata la mia ricerca di Dio, ed animato da un certo
pessimismo che è quasi inevitabile nell'osservazione della realtà, fu naturale che
l'Ecclesiaste divenisse subito il mio libro biblico preferito.
"Vanità delle vanità, dice l'Ecclesiaste, vanità delle vanità, tutto è vanità. Che
profitto ha l'uomo di tutta la fatica che sostiene sotto il sole? [...] Ogni cosa è in
travaglio, più di quanto l'uomo possa dire; l'occhio non si sazia mai di vedere e
l'orecchio non è mai stanco di udire. Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si
è fatto è quel che si farà; non c'è nulla di nuovo sotto il sole."
(tratto liberamente dall'Ecclesiaste cap. 1)
Personalmente capisco il fatto che pastori ed insegnanti cerchino di
sdrammatizzare questo genere di riflessioni, proponendo delle interpretazioni
che ne rivedano il senso alla luce dell'ottimismo del Nuovo Testamento. Però,
secondo me, la gioia della fede deve saper fare i conti con l'oggettiva
drammaticità della condizione umana. Anzi, la ricerca di Dio, il bisogno di
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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elevarsi al di sopra di questa misera realtà, per trovarne un senso, nasce proprio
quando si intuisce che "non può essere tutto qui", che "deve esserci
qualcos'altro".
Da qui le parole fortissime:
"È meglio andare in una casa in lutto, che andare in una casa in festa; poiché
là è la fine di ogni uomo, e colui che vive vi porrà mente. La tristezza vale più
del riso; poiché quando il viso è afflitto, il cuore diventa migliore. Il cuore del
saggio è nella casa del pianto; ma il cuore degli stolti è nella casa della gioia."
(Ecclesiaste 7:2-4)
Molta gente riesce a vivere la propria vita semplicemente ignorando la realtà,
nella falsa sicurezza del proprio benessere. Per me è stato diverso: ad un certo
punto della mia vita, la prematura scomparsa di mio padre mi segnò
profondamente, inducendo riflessioni davvero profonde. Fu amaro constatare in
prima persona la correttezza delle parole dell'autore sacro. Ma è solo con la
concreta, cruda a volte, contemplazione della realtà che lo spirito può sentire il
bisogno di spingersi oltre. In un certo modo, anche la morte di mio padre ha
acquistato un senso e non è stata inutile - dolorosa si, ma almeno non inutile visto che ha prodotto un atteggiamento che ha fatto di me un credente, ed uno
studioso delle Sacre Scritture. Non è che Dio promuova o ami la sofferenza.
Essa esiste perché e dove manca Dio! Ed esiste per colpa del peccato dell'uomo
(non mi impressionano retorica e concezioni filosofico-esistenzialiste che
contestano questo fatto), esiste per colpa della nostra testardaggine, per la
nostra ribellione, originaria e quotidiana.
La ricerca del senso della nostra esistenza e di quella dell'universo che ci
circonda è innata in ogni uomo.
"Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori
il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio
alla fine l'opera che Dio ha fatta." (Ecclesiaste 3:11)
Ma ne vale davvero la pena impazzire immersi in pensieri tanto profondi alla
ricerca di risposte così grandi?
"Ho applicato il cuore a conoscere la saggezza, e a conoscere la follia e la
stoltezza; ho riconosciuto che anche questo è un correre dietro al vento. Infatti,
dov'è molta saggezza c'è molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce
il suo dolore." (Ecclesiaste 1:17-18)
So che questa mia discussione esce apparentemente un po' fuori dagli schemi.
Non è, però, forse lecito anche attraversare dei periodi di riflessione come quelli
del grande re filosofo del passato? Io credo di si. Una visione troppo positiva
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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della condizione umana non è realistica. E' quando ci rendiamo veramente
conto della realtà che ci circonda che avvertiamo la spinta a cercare il senso di
quello che vediamo. Se tutto filasse liscio a questo mondo, non cercheremmo
continuamente di dare risposte a quesiti che sembrano impossibili da risolvere.
Da quando sono padre credo di aver capito molto meglio il tipo di relazione
filiale che il Signore vuole con le sue creature, con noi. Mi rendo conto quanto
sia bello essere un genitore quando, ad esempio, porto i miei figli al parco.
Voglio che si divertano e mi piace vederli felici e sereni. Per la loro sicurezza,
però, sono costretto anche a mettere dei paletti, dei limiti invalicabili, necessari
per il loro divertimento e quello degli altri bimbi.
Allo stesso modo, credo che il Signore non ci abbia messi a questo mondo per
soffrire - come oggi purtroppo accade. Né è dispotico nei nostri confronti! In
origine ci aveva dato tutto quello che potevamo desiderare: un posto (l'Eden),
da mangiare (tutti i frutti che volevamo), un lavoro (occuparci del giardino),
una donna (per farci compagnia). Se il Signore mette anche lui dei paletti
(intimandoci ad esempio di non mangiare del "frutto dell'albero della
conoscenza del bene e del male"), se lo fa è per dei motivi ben precisi e - come
ci dimostra quanto accade dopo la Caduta - lo fa per il nostro bene.
Per Natale ho ricevuto in regalo un libro bellissimo: Jim Holt, "Perché il mondo
esiste?"
Lo so che non dovrei mostrare entusiasmo per un testo che fondamentalmente,
accanto all'esposizione di valide teorie scientifiche, propone una filosofia atea;
ma amo davvero troppo la scienza per credere che sia questa a rendere atei gli
scienziati. Al contrario sono convinto che la loro testardaggine ad esserlo,
nonostante le meravigliose scoperte scientifiche che compiono, sia solo frutto di
una preconcetta presa di posizione. Rispetto le posizioni di tutti, ma illudersi di
bypassare la fede con l'ateismo è più frutto dell'esigenza di contrapposizione
che di convinzione, a mio avviso.
Viste le molteplici possibili risposte al perché dell'esistenza del mondo, sia
scientifiche che filosofico-religiose, e dopo avere osservato la semplicità dei
bimbi che giocano al parco, io sono arrivato ad una mia, personale, conclusione
sul senso dell'esistenza: non compete a noi afferrare il senso del tutto.
"Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori
il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio
alla fine l'opera che Dio ha fatta." (Ecclesiaste 3:11)
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E' così che Dio ci ha creati: sappiamo tante cose, ne intuiamo altre; ma non
riusciamo a pervenire al segreto del perché dell'esistenza. Evidentemente non fa
per noi.
In questa prospettiva, è la fede che balza al centro del nostro discorso: "Per fede
comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose
che si vedono non sono state tratte da cose apparenti." (Ebrei 11:3). Con la
nostra mente non possiamo arrivare a capire interamente cosa e come è
successo quando è nato il nostro universo (non mi riferisco ai fenomeni fisici
soltanto). La scienza può intuire, teorizzare, supporre - perché la nascita
dell'universo è un evento troppo remoto per dogmatizzare. Ma vi sono dei
"perché" per i quali, non importa quanto indagheremo, non troveremo mai una
risposta. Quindi il mio suggerimento è adottare la stessa saggia politica dei miei
figli al parco giochi: non interrogarsi più del dovuto su dove siamo e perché ci
siamo, concentrandoci piuttosto sull'intento di godercelo.
Il senso dell'universo è che esiste ed il perché esiste è evidente nel fatto che
viviamo in esso. Se Dio è la sua origine, Dio ne è anche il senso. E se il Cristo
Redentore è la più grane opera di Dio, Egli, Gesù, è anche il senso autentico di
tutto, il motivo d'esistere dell'universo.
Colossesi 1:16 ci conferma questo: "tutte le cose sono state create per mezzo di
lui e in vista di lui".
Consiglio a tutti la lettura dell'Ecclesiaste e di leggerlo per quello che è, tenendo
ben presente quanto sia importante a quale conclusione giunge l'autore di
questo stupendo libro: " ... Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché
questo è il tutto per l'uomo."(Ecclesiaste 12:13)
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IL MONOPOLIO DI DIO
Chiedo subito scusa se ad alcuni questa discussione potrà sembrare polemica.
Forse lo è un po': ma se si discute di ciò che si pensa e ritiene vero, purtroppo
spesso ci si trova a doversi misurare con chi intrattiene opinioni divergenti. Ma
non è proprio il confronto che ci aiuta a crescere?
Sono convinto che nessuno abbia il monopolio di Dio. Molti lo vorrebbero.
Diversi movimenti agiscono come se in pratica l'avessero - anche se gli
appartenenti potrebbero con onestà sostenere il contrario. Nessuno però può
arrogarsi di possedere il monopolio di Dio senza che l'uomo che conosca le
Sacre Scritture cristiane e sia animato da buon senso storca il naso in segno di
disapprovazione.
Possiedo qualche libro antico. In particolare, utile per la nostra discussione è un
vecchio catechismo del Sac. Luigi Locatelli, intitolato "Scienza Vera" che ho
nella ristampa del 1959. Si tratta di un testo per triennio inferiore (Scuola Media
e Avviamento). Nel Vol. 1 di quest'opera, "LE VERITA' DELLA FEDE", a
pag.124, leggo: "La sola vera Chiesa di Gesù Cristo è - la S. Chiesa Cattolica
Romana, - unica custode degli insegnamenti di Gesù Cristo, unica arca di
salvezza per tutti gli uomini". In una storiella poco più avanti, a pag. 126, un
ragazzo dice ad un ministro protestante: "... tu non sei cattolico; quindi, se
muori, vai certo all'Inferno".
Davvero altri tempi. Oggi è impossibile proporre cose del genere al cattolico
medio e sperare che questi le creda. Ma di sicuro permane una certa pretesa
della Chiesa Romana ad assurgersi al ruolo di unica vera Chiesa. L'errore di
base è ritenere che Gesù abbia fondato un'istituzione gerarchica con a capo il
Papa e che questa sia unica perfetta amministratrice delle Verità divine.
Comprendo benissimo di semplificare fatti che, con abile linguaggio teologico retorico - filosofico, possono trovare una qualche razionale spiegazione che
soddisfi chi vuole credere a tutti i costi nell'infallibilità papale e conciliare. Ma
sono abituato a chiamare le cose con il loro nome, anche se la semplice cruda
verità non è facile da accettare per chi è nato e cresciuto in un certo modo - di
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sicuro non mi attiro le simpatie di molti dei miei amici cattolici con queste
parole, ma tacerle sarebbe ipocrita.
Istituzionalizzando Dio, supponendo di possedere un mandato irrevocabile
ricevuto da Gesù stesso, la Chiesa Romana di fatto si conferisce il monopolio
della gestione delle cose di Dio e ancor di più dello Spirito Santo. Nel Nuovo
Testamento è insegnato esattamente il contrario. Non vi è lo Spirito dove vi è la
Chiesa istituzione, bensì dove vi è lo Spirito è lì che vi è la Chiesa. E la Chiesa
non è un'organizzazione gerarchica, bensì l'insieme di tutti coloro che credono
in Gesù.
"infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio."
(Romani 8:14)
Vi è poi chi viene bussando alle nostre porte, per convincerci ad abbracciare le
convinzioni di un movimento religioso. Si tratta di una strategia di diffusione
della fede alla quale riconosco il desiderio di un impegno serio nel regno di
Dio. Con un'unica eccezione: non mi piace la catalogazione e l'insistenza. Non
si scandalizzi nessuno se trovo il movimento dei Testimoni di Geova senz'altro
più interessante oggi di quanto non fosse durante gli anni '70 o '80, sicuramente
meno settario ed "elitario". Ciò perché, avendo superato il periodo
caratterizzato dalla ricerca sul nostro calendario della data esatta della fine del
mondo - puntualmente disattesa - ed avendo fra le proprie fila infoltito il
numero di persone moderate e di cultura, anche questo sta assumendo sempre
più i connotati di un movimento religioso nel senso tradizionale del termine.
Personalmente faccio parte delle chiese evangeliche da oltre trent'anni. Ritengo
che la caratteristica più importante che ci distingue sia l'assenza di settarismo dove il nostro modello ideale di fede viene sostenuto. Il credente evangelico
autentico non può credere che sia il suo appartenere a questa o quella
denominazione a fare di lui un cristiano e che la Grazia di Dio dipenda
dall'affiliazione ad un'organizzazione religiosa - anche se evangelica. Se da una
parte le molteplici denominazioni, il variegato mondo delle denominazioni
evangeliche, possa lasciare perplessi alcuni, io ritengo invece che sia un punto
di forza di quella che è un'espressione spontanea della diversità di circostanze e
di propensioni. Vi sono chiese evangeliche più interessate alla cultura biblica,
altre all'emotività; altre ancora alla spiritualità o alla morale. Vi sono Metodisti,
Apostolici, Presbiteriani, Fratelli, Valdesi, ecc... Vi è poi il fenomeno in
maggiore espansione, quello delle chiese Pentecostali. Io credo che
l'appartenenza ad una denominazione piuttosto che un'altra permette di vivere
con maggiore risultato le propensioni personali ed i doni specifici che
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distinguono i vari individui. Vi sono persone che amano in maniera particolare
uno studio approfondito della Bibbia e che sono molto sobri nella preghiera e
nel loro culto a Dio. Alcune chiese evangeliche fanno per loro. Vi sono altri che
amano cantare e danzare durante il servizio a Dio e l'adorazione in chiesa. Vi
sono altre chiese evangeliche che fanno al caso loro. E così via.
Nessuna chiesa evangelica che veramente tale si definisce può però pretendere
di essere l'unica e sola sulla via per la salvezza.
La Parola di Dio dice "Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà
salvato". (Romani 10:13)
A mio avviso, una delle parole più belle di tutto il Nuovo Testamento è proprio
"chiunque", perché ci spiega quanto universale sia il messaggio della salvezza
nella Parola di Dio.
"Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio,
affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna." (Giovanni
3:16)
"Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei
peccati mediante il suo nome." (Atti 10:43)
"Difatti la Scrittura dice: "Chiunque crede in lui, non sarà deluso." (Romani
10:11)
E' mia opinione che per comprendere la Bibbia, il primo e più importante passo
è riconoscere il semplice fatto che essa vuole dire esattamente ciò che sta
dicendo. Quindi se leggiamo "chiunque" è quasi certo che "chiunque" significhi
proprio "chiunque". Non vi sono allora restrizioni di sorta, o limitazioni e
condizioni, perché "chiunque" include "chiunque".
Nessuna istituzione (o chiesa) ha il monopolio di Dio, mentre qualcuno (una
persona) ha veramente il monopolio della salvezza. Ci autorizza a dirlo la
Scrittura: "In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun
altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo
essere salvati". (Atti 4:12)
Il nome è quello di Gesù. Nel suo vangelo, l'apostolo Giovanni ha anche
spiegato che l'invito alla salvezza rivolto per primi agli ebrei, non è stato da
questi raccolto ed oggi riguarda ogni uomo che apre il cuore a Dio e crede in
Gesù Cristo: "È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto; ma a tutti
quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a
quelli, cioè, che credono nel suo nome;" (Giovanni 1:11-12)
Nessun monopolio in mano agli uomini quindi. Mentre il monopolio assoluto è
nelle mani del Figlio di Dio, Gesù, Creatore e Redentore (Colossesi 1:13-17),
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perfetta Rivelazione di Dio (Giovanni 1:1-18, Ebrei 1:1-3) e perfetto unico
mediatore fra Dio e gli uomini (1 Timoteo 2:5). A Lui soltanto, con il Padre e
con lo Spirito Santo, Dio uno e trino, sia la Gloria in eterno.
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Attenti a non dare i numeri
Visto che mi piaceva un po’ troppo mangiare, da piccolo mia madre mi ha
insegnato una cosa: qualsiasi cibo, anche il più sano, se ne mangi troppo ti farà
male.
Il mio caro amico e fratello Rosario mi ha messo al corrente di uno studio
condotto sulla Bibbia che ha dato risultati stupefacenti, al punto che chi lo ha
condotto da agnostico non credente si è convertito alla fede dell’evangelo: il
sogno di ogni predicatore! Parlo di Ivan Panin, il quale giunse alla conclusione
che la Bibbia è la Parola di Dio a causa della straordinaria, matematicamente
impossibile, ricorrenza del numero 7, che renderebbe innegabile l’elemento
soprannaturale – che noi chiamiamo ispirazione divina delle Sacre Scritture.
Scrivo questa riflessione perché, anche questo per coincidenza, mi sono
imbattuto tra ieri ed oggi in due cose che riguardano proprio questo tipo di
riflessione numerica. La prima è un video di un pastore evangelico, che citava
proprio delle coincidenze numeriche della Bibbia. La seconda è lo scritto di
Filone alessandrino chiamato “De Opificio Mundi”, un trattato del primo secolo
molto bello sulla creazione ed il rapporto di Dio con ciò che ha creato.
Il "De Opificio Mundi" è uno scritto composto in toni senz’altro apologetici e
testimonia la fede sincera ed intelligente di un ebreo vissuto a fra il 50 a.C. ed il
50 d.C. ad Alessandria d’Egitto, capitale culturale del suo tempo. Dopo aver
esaminato vari numeri all’interno della meravigliosa creazione di Dio, Filone
scrive così: “Vi è una tale santità nel numero sette, che occupa un ruolo
preminente rispetto agli altri numeri della prima decade”. (Cap. XXXIII)
Se un matematico scopre che gli originali della Bibbia mostrano la firma di Dio
proprio per la ricorrenza del numero 7 al loro interno, non posso non esserne
contento. Amo moltissimo la matematica. Purtroppo l’ho lasciata al secondo
superiore, ma penso sempre a lei come ad un amore giovanile perduto. Adoravo
le equazioni. Risolvevo problemi di matematica la domenica per divertimento.
Ma è piaciuto a Dio che io avessi una maggiore inclinazione per le materie
letterarie e per le lingue.
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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La scoperta della ricorrenza del numero 7 nelle Sacre Scritture è stata esposta in
diverse opere del già menzionato Ivan Panin, il quale sembra abbia raccolto
oltre 40.000 pagine in 50 anni di studi. In Italia questi risultati sono presenti nel
libro “Nuove Straordinarie Scoperte”, ediz. ERA di Karl Sabiers.
Qui
un
link
ad
un
interessante
sunto
della
questione:
http://laveradevozione.oneminutesite.it/files/62-Il%20numero%207.pdf
Chuck Missler ha ripreso queste informazioni numeriche nel suo libro “The
Creation Beyond Space and Time”.
Capisco l’entusiasmo istintivo di noi credenti per chi si muove in difesa della
Bibbia per tentare di accreditare l’aggettivo di Parola di Dio. Ma allo stesso
tempo, dobbiamo stare molto attenti. E’ stato molto entusiasmante notare le
corrispondenze della straordinaria ricorrenza del numero7 all’interno della
Scrittura. Ma. C'è un "ma". La convinzione che la Bibbia sia la Parola di Dio
non può fondarsi su questo fatto. Sono un appassionato di storia antica ma la
mia convinzione che le Sacre Scritture siano ispirate non dipende dal fatto che
la Bibbia si dimostri un libro storico affidabile o persino straordinariamente
affidabile.
La scoperta di alcune meravigliose caratteristiche che sono proprie della Bibbia
possono scuotere alcuni dal loro sonno spirituale e spingerli ad aprire il cuore a
Dio. Ma da quel momento in avanti il percorso ed il sentimento verso la Parola
di Dio deve cambiare radicalmente.
Quando dico di stare attenti a non dare i numeri, lo dico con dei fatti ben precisi
in mente. Mi sono imbattuto in chi ha pubblicato dei video dove sosteneva la
miracolosa coincidenza del numero dei libri della Bibbia, dei capitoli che
contiene, ecc … Con altri calcoli alcuni predicono questo o quel evento, Bibbia
alla mano. C'è chi ha predetto il ritorno di Cristo o altri eventi catastrofici. Ma
così abbassiamo la Bibbia ai fondi del caffè di chi fa le divinazioni e non è
accettabile.
La Parola di Dio è incidentalmente:
- matematicamente perfetta (se ha ragione chi lo sostiene)
- storicamente accurata (se ha ragione chi lo sostiene – ed io sono fra costoro)
- letterariamente un capolavoro
- filologicamente un caso unico
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- archeologicamente un fenomeno senza precedenti
Ecc… ecc…
La Bibbia è incidentalmente tutte le cose che ho appena detto e anche di più, ma
è soprattutto ed invariabilmente ispirata dallo Spirito Santo con uno scopo ben
preciso, legato alla nostra vita spirituale. Questo scopo non è sorprenderci, ma
guidare l'uomo a recuperare la comunione persa con il Creatore.
“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a
correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben
preparato per ogni opera buona.” (2 Timothy 3:16-17)
La Bibbia non ci deve convincere dell’esistenza di Dio o del soprannaturale. Di
questo ogni uomo ne può essere convinto guardandosi intorno e dentro. La
Parola di Dio raggiunge il nostro spirito, parla al nostro cuore, ci ammaestra,
esorta, convince, guida, sostiene, incoraggia, con un fine ben preciso: “perché
l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”
La Scrittura ci rivela Dio ben oltre il semplice dato della sua esistenza.
L’accettazione della Parola di Dio non è una mera convinzione intellettuale.
"In lui voi pure, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della
vostra salvezza, e avendo creduto in lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito
Santo che era stato promesso". (Efesi 1:13)
"Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando
riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l'accettaste non come
parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale
opera efficacemente in voi che credete." (1 Tessalonicesi 2:13)
"Poiché a noi come a loro è stata annunziata una buona notizia; a loro però la
parola della predicazione non giovò a nulla non essendo stata assimilata per
fede da quelli che l'avevano ascoltata". (Ebrei 4:2)
La Parola di Dio è efficace, ma alcune porte si aprono solo dall’interno e questo
è vero della porta del cuore dell’uomo.
Mi si permetta di parafrasare un brano biblico per lo scopo di questa mia
riflessione. La Parola di Dio è in corsivo, quello tra parentesi è il mio
commento.
"Infatti la parola di Dio (è più che matematicamente perfetta, è più che
storicamente accurata, è più che un capolavoro letterario, perché essa ) è vivente
ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a
dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i
sentimenti e i pensieri del cuore". (Ebrei 4:12)
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Per concludere, non voglio svilire gli studi di nessuno. Io stesso ho dedicato
molto tempo a studiare l’aspetto storico della Bibbia. Ma se mi fossi fermato a
quello avrei perso di vista cos'è realmente la Parola di Dio e sarei stato più
"fissato" che convinto della sua autorità.
Non diamo quindi i numeri, ma qualunque sia il motivo che ci ha fatto
avvicinare allo studio della Parola di Dio, continuiamo a farlo per cibare il
nostro spirito e renderci sempre più adatti al servizio del nostro Signore Gesù
Cristo.
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Propongo qui qualcosa di assolutamente inusuale: una riflessione scritta di mio
pugno, di getto. La presento prima di farla passare dalle mani di qualsiasi
revisione.
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Riflessioni dell'ultima ora sul Natale
Secondo alcuni le differenze esistenti fra le varie denominazioni evangeliche
sarebbero un problema. Non concordo per vari motivi: 1. Perché la
"concorrenza migliora il mercato", come mi ha insegnato il mio professore di
Economia. Il che tradotto in termini rapportati alla nostra discussione significa
che non detenendo nessuno il monopolio dell'infallibilità si riesce ad evitare che
la tirannide spirituale che ha caratterizzato la cristianità per interi secoli possa
nuovamente imporsi. 2. Perché non siamo tutti uguali. Diversi sono i nostri
doni, diversi i contesti, diverse le inclinazioni, diverse le nostre aspirazioni e
persino la nostra comprensione o meglio applicazione della Parola di Dio.
Nell'antichità la chiesa di Roma era diversa da quella di Corinto ed entrambe
diversissime da quella di Gerusalemme; eppure convivevano - più o meno
serenamente.
Allo stesso modo oggi, senza che nessuno si ritenga unico depositario della
Verità, le chiese evangeliche, ognuna secondo la propria chiamata e i propri
programmi specifici, diffondono l'Evangelo con l'unico proposito di aggiungere
nuovi fedeli alla chiamata di Cristo.
E' parte inscindibile dell'autentico credo evangelico - ed io ne vado fiero - la
convinzione che nessuna chiesa o organizzazione salvi, ma Dio, per Grazia,
mediante la Fede in Gesù Cristo e che la Bibbia è la Parola di Dio, da Lui
ispirata e provvidenzialmente preservata. Io credo che l'adesione sincera ed
onesta a questi principi renda un uomo un autentico cristiano, qualunque possa
essere la confessione di fede alla quale aderisce.
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L'uniformità di credo di certe denominazioni religiose è artificiale, innaturale,
fittizia.
Il catechismo della Chiesa Cattolica è un testo davvero notevole, prodotto con
la supervisione di un teologo ed uomo di fede del calibro di Joseph Ratzinger.
In linea teorica questo manuale stabilisce cosa debba credere il fedele cattolico
romano. Si: debba! Perché il Magistero della Chiesa Cattolica Romana è
infallibile - o almeno così lei sostiene - e il fedele ha l'obbligo di aderire,
credere a quanto la Chiesa insegna. Nella pratica, però, non solo il cattolico
medio - scusate se mi limito alla mia esperienza personale, ma questo è quello
che ho osservato - dicevo, non solo il cattolico medio non aderisce alle verità
insegnate dalla sua chiesa, ma spesso nemmeno le conosce o addirittura non è
interessato a conoscerle. Ricordo di assurde discussioni, dove mi sono ritrovato
a difendere il credo del suddetto catechismo argomentando con dei cattolici
perplessi sul fatto che la loro Chiesa insegnasse questa o quella cosa.
Un'esperienza frustrante - ho gettato la spugna ormai - è provare a spiegare ad
alcuni che la consultazione dell'oroscopo è una pratica anticristiana. Cito dal
Catechismo della Chiesa Cattolica: "Tutte le forme di divinazione sono da
respingere ... La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia ...
Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che
dobbiamo a Dio solo".
Più informati su ciò che debbono credere sono i Testimoni di Geova. Godono
da parte mia di una certa simpatia per lo zelo e il sincero interesse che hanno
per le cose di Dio, ma non ne ammiro lo scarso senso critico che li spinge a
credere quasi ciecamente al loro "papa infallibile" che è la Watch Tower, la
Torre di Guardia, il loro Vaticano americano.
Ringrazio Dio che nessuno può arrogarsi il monopolio della nostra salvezza,
che riguarda soltanto la persona di Gesù: "non c'è alcun altro nome sotto il cielo
che sia dato agli uomini, per mezzo del quale dobbiamo essere salvati." (Atti
4:12b - Nuova Diodati).
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La fede cristiana non è identificata dalla nostra conoscenza dottrinale o dalla
nostra più o meno convinta affiliazione a questa o quella organizzazione. Mi
spiego meglio. Non 1) siamo cristiani e non 2) siamo identificati come tali
perché sottoscriviamo, più o meno consapevolmente un elenco approvato di
dottrine o insegnamenti.
1) Siamo cristiani perché abbiamo creduto e crediamo in Cristo. "Perché voi
tutti siete figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù." (Galati 3:6 - Nuova
Diodati). Vedi anche Romani 10 e Giovanni 1. Il Catechismo della Chiesa
Cattolica fa suo questo principio quando insegna: "Credere in Gesù Cristo e in
colui che l'ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per essere salvati.
"Poiché senza la fede è impossibile essere graditi a Dio" (Eb 11,6) e
condividere le condizioni di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato
senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non "persevererà in essa
sino alla fine" (Mt 10,22; 24,13)"
2) Siamo identificati come cristiani dal vincolo dell'amore che ci unisce: "da
questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli
altri." (Giovanni 13:35 - Nuova Diodati). Questo brano è molto significativo e
ci lascia seriamente perplessi se confrontiamo l'idea proposta da Cristo con la
triste realtà delle lotte e contese continue che hanno da sempre caratterizzato la
fede cristiana dalla fine delle persecuzioni ad oggi.
Fatta questa premessa, passiamo a discutere del Natale.
Nelle chiese evangeliche non vi è un approccio univoco al Natale. In Italia
molti mostrano un rifiuto delle festività natalizie, dissociandosi da ogni attività
ad esse connesse. Capisco questa scelta, l'ho condivisa per molto tempo ed in
un certo senso la condivido anche adesso. Capisco inoltre che il taglio netto di
alcune denominazioni religiose deriva anche dall'atteggiamento dell'italiano
medio che vive il Natale come una festa caratterizzata da giochi d'azzardo e
cibo. Per molti infatti il senso religioso di questa ricorrenza è totalmente
trascurato o limitato all'oretta trascorsa in chiesa per la veglia natalizia. Eppure
vi sono molti cattolici e non cattolici che si fermano a riflettere durante il
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periodo natalizio sulla nascita di Cristo in maniera particolare, dedicando
questo periodo alla contemplazione del miracolo dell'incarnazione. Questi
meritano rispetto, ce lo impone la Scrittura. Infatti leggiamo: "Nessuno dunque
vi giudichi per cibi o bevande, o rispetto a feste, a noviluni o ai sabati."
(Colossesi 2:16). Se gli amici cattolici nei quali ci imbatteremo saranno
sufficientemente ferrati nella Parola potranno mettere a tacere le nostre manie di
"perfettini", il compiacimento farisaico di alcuni, proprio adducendo questo
brano biblico. Se qualcuno poi ha dedicato un po' di tempo all'esame della
questione potrebbe anche farci notare che il 25 dicembre è oggettivamente una
probabile data per la nascita di Cristo. Lo hanno dimostrato vari studi e sembra
che la Chiesa ne fosse convinta anche prima dell'editto di Costantino e quindi
dell'inizio del percorso che ha condotto agli sviluppi che hanno dato vita alla
Chiesa Cattolica Romana che conosciamo oggi. Ma non è forse vero che il 25
dicembre coincideva con una festività pagana? Si, è vero. Ma non è altresì vero
che Gesù è nato da una vergine nonostante vi fossero divinità pagane per le
quali si affermava la stessa cosa?
Siamo d'accordo: l'albero di Natale non è un simbolo cristiano; è discutibile
anche il senso della figura di Babbo Natale o Santa Claus. Anche scambiarsi i
regali non è un'usanza cristiana. Non lo è nemmeno farsi gli auguri.
Consultando velocemente internet, Wikipedia, leggiamo: "L'àugure ... era un
sacerdote dell'antica Roma...", àuguri è il plurale: a loro competeva la
consultazione degli auspici per conoscere il volere degli dei. Ci rendiamo
quindi conto di quanto pagana sia l'espressione "auguri" o ritenere che qualcosa
sia di "buon auspicio"? Se ci attacchiamo al senso letterale delle parole, mi
rendo conto quanto sia folle l'espressione che uso spesso io stesso: "ti auguro
ogni bene", oppure: "auguri, Dio ti benedica". Ha scritto, però, bene Paolo: "la
lettera uccide" e continuò meglio aggiungendo: "ma lo Spirito da vita" (2
Corinzi 3:6).
Non so quando è nato Gesù, il giorno esatto, il mese e persino l'anno. Non lo sa
nessuno con certezza. Ma è nato! So che ad un certo momento storico Dio ci ha
visitato, "un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, sulle sue spalle
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riposerà l'impero, e sarà chiamato Consigliere Ammirabile, Dio Potente, Padre
Eterno, Principe della Pace." (Isaia 9:5).
Sono anche io contro le pratiche pagane nell'uso cristiano e mi sforzo di vivere
la fede in conformità al credo apostolico. Ma allo stesso tempo ritengo inutile,
se non controproducente, sublimare gli usi pagani connessi al Natale che
nessuna chiesa ufficialmente e fondamentalmente sponsorizza. Mentre credo sia
molto più bello e costruttivo cogliere l'occasione che ci offre la ricorrenza
natalizia per mettere da parte l'accuratezza storica ed approfondire invece il
senso del miracolo dell'incarnazione, i meravigliosi risvolti della nascita del
Figlio di Dio, tempo addietro, circa 2000 anni fa, in un remoto villaggio della
Giudea.
Buon Natale.
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Appendice I
Il ritorno di Gesù
“… così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per
portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro
che lo aspettano per la loro salvezza”. (Ebrei 9:28).
La Parola di Dio ci dice che Gesù “è stato dato a causa delle nostre
offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione”. (Romani 4:25)
Con la certezza del profondo amore di Dio che ha portato Cristo fino
all’obbedienza della croce per la nostra salvezza ed alla certezza della sua
gloriosa resurrezione, noi cristiani viviamo nella speranza del suo ritorno.
Paolo conferma che la Chiesa sta … “ aspettando la beata speranza e
l'apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù”.
(Tito 2:13)
Il ritorno di Cristo significherà salvezza completa per i credenti: “ma
anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi,
aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo”. (Romani 8:23). Ma
vorrà dire anche giudizio per questo mondo: “Ti scongiuro (scrive Paolo a
Timoteo), davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per
la sua apparizione e il suo regno …”. (2 Timoteo 4:1)
Vediamo in dettaglio quali brani del Nuovo Testamento ci informano
sul ritorno di Gesù.
Leggiamo nel libro degli Atti: “Dette queste cose, mentre essi
guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro
sguardi. E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava,
due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: "Uomini di
Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato
tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo
avete visto andare in cielo". (Atti 1:9-11)
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Sappiamo quindi che Gesù ritornerà e che ritornerà nello stesso modo in
cui è andato in cielo. Mentre, però, all’ascensione di Gesù furono presenti solo
un gruppo di credenti, il ritorno del Signore sarà molto meno silenzioso.
“Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno
anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù (cioè, tutti i popoli) della terra
faranno lamenti per lui. Sì, amen”. (Apocalisse 1:7)
Il ritorno di Gesù sarà un evento che interesserà l’intera umanità e del
quale tutti si renderanno conto. Nessuno si sveglierà l’indomani chiedendosi se
il Messia dei cristiani è veramente ricomparso come questi hanno detto per
secoli che sarebbe accaduto. Tutti lo riconosceranno, sapranno chi è e
dovranno, volentieri o loro malgrado, accettare il suo giudizio sull’umanità
ribelle. “Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di
sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle
creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, e ogni lingua confessi che Gesù
Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.” (Filippesi 2:9-11)
Che l’attesa della rivelazione (sinonimo di “ritorno” nel NT) del Cristo
non sia soltanto dei cristiani, e che, in un certo senso, i tempi sono
profeticamente maturi, lo colgo nelle stupende parole dello studioso ebreo
Pinchas Lapide indirizzate ad un suo interlocutore cristiano:”… dato che nessun
ebreo sa chi sia il Messia venturo, mentre voi credete di conoscere con
sicurezza la sua identità, io non potrò opporre alla vostra certezza un ‘no’, ma
soltanto un modesto punto interrogativo. Sono dunque disposto ad attendere che
venga colui che deve venire, e se questi fosse Gesù di Nazaret ritengo che
nemmeno un ebreo che creda in Dio avrebbe la benché minima obiezione da
muovere”. Pinchas Lapide e Jurgen Moltmann, Monoteismo ebraico – dottrina
trinitaria cristiana, Queriniana, p.71.
In questo studio ritengo inutile toccare argomenti che sono oggetto di
dibattito o di polemica sul ritorno di Cristo. Voglio invece presentare quella
fede semplice, ma intensa, che troviamo nelle pagine del Nuovo Testamento,
una fede che guarda alla venuta di Cristo come al momento della nostra
liberazione finale, il completamento della nostra redenzione in lui. Questo è il
patrimonio della cristianità intera e l’attesa della Chiesa. Non è a caso che
l’Apocalisse, quindi il Nuovo Testamento e così l’intera Bibbia, si concludono
proprio con parole che comunicano questa vibrante attesa: “Ecco (E’ Gesù che
parla), io vengo presto e il mio premio è con me, per rendere ad ognuno
secondo le opere, che egli ha fatto” (Apocalisse 22:12). “E lo Spirito e la sposa
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dicono: "Vieni!". E chi ode dica: "Vieni". E chi ha sete, venga; e chi vuole,
prenda in dono dell'acqua della vita”. (Apocalisse 22:17-18).
Rispondiamo alle domande che è più naturale porsi su un evento così
importante per la nostra fede.
- Quando ritornerà Gesù?
- Cosa accadrà al suo ritorno?
La prima domanda fu posta anche dai discepoli. “Mentre egli era
seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte,
dicendo: "Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua
venuta e della fine dell'età presente?" (Matteo 24:3).
Gesù risponde in dettaglio ai suoi discepoli e poi vedremo cosa, ma
circa il quando sarà il suo ritorno è molto diretto: “Ma quanto a quel giorno e a
quell'ora nessuno li sa …” (Matteo 24:36).
E chiarisce ancora: “Se dunque vi dicono: "Eccolo, è nel deserto", non
v'andate; "eccolo, è nelle stanze interne", non lo credete; infatti, come il lampo
esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio
dell'uomo.” (Matteo 25:26-27).
Il Signore tornerà in maniera inequivocabile, sebbene non ci è dato
sapere esattamente quando.
“Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore
verrà. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della
notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa.
Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell'ora che non pensate, il Figlio
dell'uomo verrà.” (Matteo 24:42-44)
Quando alcuni, Bibbia o altro alla mano, sostengono di essere riusciti a
calcolare il giorno del ritorno di Cristo, costoro mentono e vanno contro
l’autentico messaggio dell’evangelo. La storia ci dice che vi sono stati diversi
tentativi. Quest’anno stesso (scrivevo queste parole nel 2011) è stata prevista la
data del ritorno di Gesù in ben due giorni, a Maggio ed a Settembre, se non
ricordo male. In entrambi i casi ci siamo trovati davanti – come direbbero
alcuni – ad una bufala.
Vi saranno dei segni premonitori, che ci faranno capire che il ritorno di
Cristo è vicino, ma calcolare il giorno esatto del suo ritorno o sapere quanto
vicino sia quel momento non è conforme all’evangelo.
Gesù stesso mise in guardia i suoi discepoli.
“Allora, se qualcuno vi dice: "Il Cristo è qui", oppure: "È là", non lo
credete; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e
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prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l'ho predetto. Se
dunque vi dicono: "Eccolo, è nel deserto", non v'andate; "eccolo, è nelle stanze
interne", non lo credete; infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a
ponente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Dovunque sarà il cadavere, lì
si raduneranno le aquile. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si
oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, le stelle cadranno dal cielo e le
potenze dei cieli saranno scrollate. Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio
dell'uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il
Figlio dell'uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria.”
(Matteo 24:23-30).
Già ai fedeli della città di Tessalonica erano venute all’orecchio delle
false notizie sul ritorno di Gesù. L’apostolo Paolo spiega loro in dettaglio
quanto dovrà precedere il ritorno di Cristo.
“Or vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signor nostro Gesù
Cristo e al nostro adunamento con lui, di non lasciarvi subito sconvolgere nella
mente né turbare o da spirito, o da parola, o da qualche epistola come se
venisse da parte nostra, quasi che il giorno di Cristo sia già venuto. Nessuno
v'inganni in alcuna maniera, perché quel giorno non verrà se prima non sia
venuta l'apostasia e prima che sia manifestato l'uomo del peccato, il figlio della
perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato dio o
oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere nel tempio di Dio come Dio,
mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere Dio.” (2 Tessalonicesi
2:1-4).
Ai tessalonicesi era stato evidentemente detto, in una lettera spacciata
per opera di Paolo o in altra maniera, che il Signore Gesù era già ritornato. Ma
Paolo li mette in guardia, dicendo loro cosa inequivocabilmente accadrà prima
che il Signore Gesù ritorni.
L’ “al lupo al lupo” dei nostri giorni serve solo a confondere. Se ci
atteniamo alla Parola di Dio, sappiamo che il ritorno del Signore è vicino,
perché alcuni degli eventi che lui ha profetizzato si stanno avverando davanti ai
nostri stessi occhi; ma è vero anche che vi sono altri eventi che altrettanto
chiaramente non si sono ancora avverati.
Potrei anche aggiungere che è mia opinione che il ritorno del Signore,
per i segni che vediamo, è certamente vicino, ma non imminente. Ma visto che
il Signore ci comanda espressamente di vegliare, di essere pronti, non possiamo
abbassare la guardia, bensì continuare il nostro cammino di fede speranzosi nel
suo ritorno per la definitiva redenzione nostra e dell’intera creazione.
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“Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli
di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria
volontà, ma a motivo di colui che ve l'ha sottoposta, nella speranza che anche
la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare
nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a ora tutta la
creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le
primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l'adozione, la
redenzione del nostro corpo.” (Romani 8:19-23).
Abbiamo chiarito il “quando”, adesso dobbiamo vedere cosa ci dice la
Scrittura che accadrà al ritorno di Cristo.
Redimerà il nostro corpo
Il Signore ci ha già redenti e possediamo già la vita eterna – sono verità che
apprendiamo dalla Sacra Scrittura. Ma è anche vero che “… noi abbiamo questo
tesoro in vasi di terra” (2 Corinzi 4:7). Come il corpo di Cristo è resuscitato
lasciando vuota la tomba, anche i credenti resusciteranno corporalmente al
ritorno di Gesù. E’ un evento stupendo perché completerà l’opera di redenzione
del Signore in noi. Per questo Paolo descrive in maniera così colorita il
desiderio del credente: “… ma anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello
Spirito noi stessi, dico, soffriamo in noi stessi, aspettando intensamente
l'adozione, la redenzione del nostro corpo”. (Romani 8:23)
In merito alla redenzione del nostro corpo, l’apostolo Paolo si dilunga
nella sua prima epistola ai Corinzi e nella prima ai Tessalonicesi.
"Ora, fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che
dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza.
Infatti, se crediamo che Gesù è morto ed è risuscitato, crediamo pure che Dio
condurrà con lui, per mezzo di Gesù, quelli che si sono addormentati. Ora vi
diciamo questo per parola del Signore: noi viventi, che saremo rimasti fino alla
venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati perché il
Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo con la tromba di
Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per
primi; poi noi viventi, che saremo rimasti saremo rapiti assieme a loro sulle
nuvole, per incontrare il Signore nell'aria; così saremo sempre col Signore.
Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole”. (1Tessalonicesi 4:1318)
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Al suo ritorno quindi il Signore Gesù rapirà a sé quanti credenti saranno
ancora in vita e addurrà a sé anche i credenti defunti resuscitando il loro corpo.
Perché parliamo di redenzione del nostro corpo? Perché il nostro corpo
mortale resusciterà glorioso come quello di Gesù.
"Ma dirà qualcuno: "Come risuscitano i morti, e con quale corpo verranno?"
[…] Vi sono anche dei corpi celesti, e dei corpi terrestri, ma altra è la gloria
dei celesti, altra quella dei terrestri … Altro è lo splendore del sole, altro lo
splendore della luna ed altro lo splendore delle stelle, perché una stella
differisce da un'altra stella in splendore. Così sarà pure la risurrezione dei
morti; il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile. È seminato
ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita pieno di forza. È
seminato corpo naturale, e risuscita corpo spirituale. Vi è corpo naturale, e vi è
corpo spirituale […] Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti
saremo mutati in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima
tromba; la tromba infatti suonerà, i morti risusciteranno incorruttibili e noi
saremo mutati, poiché bisogna che questo corruttibile rivesta l'incorruttibilità e
questo mortale rivesta l'immortalità. (1 Corinzi 15:35, 40-44, 51-53)
Distruggerà l’anticristo
Leggiamo in Apocalisse del ritorno glorioso di Gesù.
“Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco, e colui che lo
cavalcava si chiama il Fedele e il Verace; ed egli giudica e guerreggia con
giustizia. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco e sul suo capo vi erano molti
diademi, e aveva un nome scritto che nessuno conosce se non lui; era vestito di
una veste intrisa nel sangue, e il suo nome si chiama: "La Parola di Dio". E gli
eserciti che sono nel cielo lo seguivano su cavalli bianchi, vestiti di lino
finissimo, bianco e puro. Dalla sua bocca usciva una spada acuta per colpire
con essa le nazioni; egli governerà con uno scettro di ferro ed egli stesso
pigerà il tino del vino della furente ira di Dio onnipotente. E sulla sua veste e
sulla coscia portava scritto un nome: IL RE DEI RE e IL SIGNORE DEI
SIGNORI.[…] E vidi la bestia (l’anticristo) e i re della terra coi loro eserciti
radunati per far guerra contro colui che cavalcava il cavallo e contro il suo
esercito. Ma la bestia fu presa e con lei il falso profeta che aveva fatto prodigi
davanti ad essa, con i quali aveva sedotto quelli che avevano ricevuto il
marchio della bestia e quelli che avevano adorato la sua immagine, questi due
furono gettati vivi nello stagno di fuoco che arde con zolfo. E il resto fu ucciso
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con la spada che usciva dalla bocca di colui che cavalcava il cavallo, e tutti gli
uccelli si saziarono delle loro carni.” (Apocalisse 19:11-16, 19-21)
Colui che cavalca il cavallo bianco è “La Parola di Dio”, nome che
richiama immediatamente al primo capitolo del vangelo di Giovanni, dove il
Signore Gesù era definito tale prima di divenire uomo. (Giovanni 1). Quale
meravigliosa armonia pervade le pagine della Sacra Scrittura! Se non
comprendiamo che l’autore finale delle pagine della Bibbia è Dio rischiamo di
perderci in discussioni vane e nella ricerca di un pensiero umano e di tradizioni
religiose. Se invece riconosciamo che è lo Spirito Santo che ha mosso gli autori
delle pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento, percepiremo, con l’aiuto
dello stesso Spirito Santo, l’unità di intento della Parola di Dio. Colui che fu
Creatore un tempo, (Giovanni 1:1-3, Colossesi 1:16-17, Ebrei 1:1-2), si è
incarnato in Gesù di Nazareth per redimerci egli stesso dal peccato (Giovanni
1:14-18, 1 Timoteo 3:16), e tornerà un giorno per fare giudizio di questo
mondo, cominciando dall’individuo che incarnerà l’inimicizia dell’uomo contro
Dio, l’anticristo.
Sia la comparsa di questo ultimo nemico di Dio, chiamato “anticristo”
seguendo l’uso di Giovanni nella sua prima epistola, che l’apparizione gloriosa
del Messia per distruggerlo erano già patrimonio delle Scritture ebraiche.
Abbiamo già studiato le parole di Daniele: “Io guardavo nelle visioni
notturne ed ecco sulle nubi del cielo venire uno simile a un Figlio dell'uomo;
egli giunse fino all'Antico di giorni e fu fatto avvicinare a lui. A lui fu dato
dominio, gloria e regno, perché tutti i popoli, nazioni e lingue lo servissero; il
suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che
non sarà mai distrutto". (Daniele 7:13-14)
Queste parole furono poi citate e richiamate da Gesù stesso nel suo
sermone profetico, del quale abbiamo già parlato. “E allora apparirà nel cielo il
segno del Figlio dell'uomo; e tutte le nazioni della terra faranno cordoglio e
vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole del cielo con potenza e grande
gloria. Ed egli manderà i suoi angeli con un potente suono di tromba, ed essi
raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti, da una estremità dei cieli
all'altra.” (Matteo 24:30-31).
Queste parole si incastonano perfettamente nel quadro delle visioni
avute da Daniele.
“Ed egli mi parlò così: "Egli (l’anticristo) proferirà parole contro
l'Altissimo, perseguiterà i santi dell'Altissimo con l'intento di sterminarli e
penserà di mutare i tempi e la legge; i santi saranno dati nelle sue mani per un
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tempo, dei tempi e la metà di un tempo. Si terrà quindi il giudizio e gli sarà
tolto il dominio, che verrà annientato e distrutto per sempre. Poi il regno, il
dominio e la grandezza dei regni sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei
santi dell'Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutti i domini lo
serviranno e gli ubbidiranno". (Daniele 7:25-27)
Anche l’apostolo Paolo tocca l’argomento delle conseguenze del ritorno
di Gesù, ed anche in maniera piuttosto approfondita, come abbiamo in parte già
visto. Egli scrive in merito al giudizio su quel nemico finale: “Nessuno
v'inganni in alcuna maniera, perché quel giorno (il ritorno di Cristo) non verrà
se prima non sia venuta l'apostasia e prima che sia manifestato l'uomo del
peccato, il figlio della perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto
ciò che è chiamato dio o oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere nel
tempio di Dio come Dio, mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere
Dio … quell'empio che il Signore distruggerà col soffio della sua bocca e
annienterà all'apparire della sua venuta.” (2 Tessalonicesi 2:3-4, 8)
Chi immagina un ritorno timido di un Gesù mite come quando apparve
come uomo, non conosce le Sacre Scritture. Chi immagina che Gesù
camminerà di nuovo come uomo fra noi, sbaglia. Il ritorno del Signore Gesù
sarà glorioso e risolutore delle vicende umane.
Giudicherà il mondo
La cosa che più mi infastidiva nel leggere la Divina Commedia di Dante a
scuola era vedere che il giudizio per le anime era affidato a dei demoni! Non
discuto sul valore letterario e politico dell’opera del più grande poeta italiano:
quello non lo si può mettere in discussione. Ma cresciuto leggendo la Parola di
Dio, ero geloso della Verità che questa insegna.
La Bibbia ci dice che l’unico giudice è Gesù. “ … il Padre non giudica
nessuno, ma ha affidato tutto il giudizio al Figlio.” (Giovanni 5:22).
Al suo ritorno Gesù eseguirà il suo giusto giudizio. “Cristo Gesù che
deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e il suo regno.” (2
Timoteo 4:1)
La questione sul giudizio, chi e quando sarà giudicato è relativamente
complessa e ritengo dover rimandare il lettore a trattazioni specifiche, perché
non voglio scendere in dettagli che potrebbero far perdere il filo del discorso
inutilmente. E’ infatti la certezza del giudizio che credo conti più di ogni
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dettaglio. La Parola di Dio ci dice: “è stabilito che gli uomini muoiano una
volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27)
Per chi di noi non sarà in vita al ritorno del Signore, il giudizio avrà
luogo alla fine del proprio tragitto terreno. Per chi crede non vi è paura di
questo giudizio, ma addirittura attesa, visto che la fine della vita terrena
significa ricevere il fine per il quale in questa vita serviamo Cristo, lottiamo,
soffriamo, preghiamo, studiamo la Parola di Dio, ci adoperiamo per compiere il
bene, ecc …, la nostra salvezza! Il brano di Ebrei che ho citato poco fa legge
per esteso in questo modo: “Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta
sola, dopo di che viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto
una volta sola per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza
peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza.” (Ebrei 9:27-28).
Il monito dell’apostolo Giovanni è per ogni cristiano: “Ora dunque,
figlioletti, dimorate in lui affinché, quando egli apparirà, noi possiamo avere
fiducia e alla sua venuta non veniamo svergognati davanti a Lui.” (1 Giovanni
2:28)
Il conforto della Parola di Dio per chi crede è grande, perché, è inutile
che lo nascondiamo a noi stessi, nell’uomo è insita la paura per un onesto
giudizio delle sue opere. Ma è per la Grazia di Dio, avendo creduto nel Signore
Gesù Cristo che scamperemo alla giusta condanna per il nostro peccato.
“In verità, in verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a colui
che mi ha mandato, ha vita eterna, e non viene in giudizio, ma è passato dalla
morte alla vita.” (Giovanni 5:24)
Queste sono parole di grande gioia e sollievo.
“In verità, in verità vi dico: L'ora viene, anzi è venuta, che i morti
udranno la voce del Figlio di Dio, e coloro che l'avranno udita vivranno.
Poiché, come il Padre ha vita in se stesso, così ha dato anche al Figlio di avere
vita in se stesso; e gli ha anche dato l'autorità di giudicare, perché è il Figlio
dell'uomo. Non vi meravigliate di questo, perché l'ora viene, in cui tutti coloro
che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno, quelli che hanno
fatto il bene in risurrezione di vita, e quelli che hanno fatto il male in
risurrezione di condanna.” (Giovanni 5:25-29)
Le parole di Gesù sono di una straordinaria profondità. Egli parla sia
della nostra vita spirituale che ha inizio quando udiamo e crediamo
all’evangelo, che dell’ultimo giorno, quel giorno quando gli uomini
risorgeranno tutti, per ricevere o la salvezza o la condanna.
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Giuseppe Guarino – Il senso della vita ed altre riflessioni
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Al di là della questione teologica ed intellettuale vorrei che il lettore
considerasse l’essenza e la vitale importanza di quanto stiamo discutendo.
Infatti, parlare del giudizio non può essere un discorso accademico. Sapere le
cose qui non basta. Bisogna comprendere l’essenza spirituale del problema:
ogni uomo dovrà dar conto di se stesso a Dio ed è bene che in ragione di questo
fatto egli riveda la propria vita e le proprie azioni, se non ha agito e vissuto in
conformità alla Parola di Dio!
Sebbene ognuno di noi sarà chiamato a dar conto a Dio individualmente
del proprio operato, vi sarà comunque “una resa dei conti”, un giorno in cui il
Signore giudicherà l’umanità intera, ponendo fine definitivamente al disastro
iniziato nel giardino d’Eden.
“ … quando il Signore Gesù Cristo apparirà dal cielo con gli angeli
della sua potenza, in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che
non conoscono Dio, e di coloro che non ubbidiscono all'evangelo del Signor
nostro Gesù Cristo. Questi saranno puniti con la distruzione eterna, lontani
dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando egli verrà, in
quel giorno, per essere glorificato nei suoi santi, per essere ammirato in mezzo
a quelli che hanno creduto.” (2 Tessalonicesi 1:7-10).
Prima di introdurre “un nuovo cielo ed una nuova terra” e la “nuova
Gerusalemme”, dove l’uomo abiterà per sempre con Dio in quello stato di
“comunione” ideale che era stata turbata dal peccato del primo uomo,
l’Apocalisse chiude le vicende umane con il giudizio finale. Da questo
momento in avanti i “giochi sono fatti”, non si torna più indietro: o si è dentro o
si è fuori.
“Poi vidi un gran trono bianco e colui che vi sedeva sopra, dalla cui
presenza fuggirono il cielo e la terra, e non fu più trovato posto per loro. E vidi
i morti, grandi e piccoli, che stavano ritti davanti a Dio, e i libri furono aperti;
e fu aperto un altro libro, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati in
base alle cose scritte nei libri secondo le loro opere. E il mare restituì i morti
che erano in esso, la morte e l'Ades restituirono i morti che erano in loro, ed
essi furono giudicati, ciascuno secondo le sue opere. Poi la morte e l'Ades
furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda. E se qualcuno
non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco.”
(Apocalisse 20:11-15).
Non vi è nulla di più importante di questo: accertarsi prima che sia
troppo tardi che il proprio nome sia scritto nel libro della vita.
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In questi giorni sentiamo parlare con una certa frequenza di “fine del
mondo”. Il calendario Maya – secondo alcuni – la prevedeva qualche giorno fa
(oggi è il 25 dicembre 2012). Altri mi hanno detto che è stata spostata al 2013.
L’anno scorso un “predicatore” purtroppo definito “evangelico”, sebbene se
fosse stato veramente tale non avrebbe previsto la venuta di Cristo con il
calendario alla mano, propose una data precisa per il ritorno di Gesù. Quando la
prima passò, ne tirò fuori un’altra “dal cilindro” di pochi mesi più lontana della
prima. Ovviamente si sbagliava.
La Bibbia ci mette in guardia. “Ma quanto a quel giorno e a quell'ora
nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo”
(Matteo 24:36)
“… il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte.” (1
Tessalonicesi 5:1)
Sono previsioni come quelle che abbiamo citato e come le molte altre
che seguiranno (del resto il Signore ci ha messi in guardia in tal senso) che
indurranno molti a credere che anche quanto afferma la Bibbia sul ritorno di
Cristo ed il giudizio sia una favola.
Ma non è così; anzi, se questo succede è in conformità a quanto ha detto
Gesù: “Come fu ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figlio dell'uomo.
Infatti, come nei giorni prima del diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva
moglie e s'andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e la gente
non si accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così
avverrà alla venuta del Figlio dell'uomo. Allora due saranno nel campo; l'uno
sarà preso e l'altro lasciato; due donne macineranno al mulino: l'una sarà
presa e l'altra lasciata. Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il
vostro Signore verrà. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a
quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe
scassinare la sua casa. Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell'ora che non
pensate, il Figlio dell'uomo verrà.” (Matteo 24:37-44)
So di proporre lunghe citazioni bibliche e che possono essere piuttosto
impegnative. Ma l’importanza della questione richiede un attento esame di
quello che dice la Parola di Dio – piuttosto che di quello che io ho da dire in
proposito – e una seria considerazione dei risvolti personali del nostro
atteggiamento nei confronti della Verità, visto che è chiaro per la Parola di Dio
che un giorno tutti saremo definitivamente e perfettamente giudicati. Illudersi
che il giudizio non arriverà mai, che dopo la morte finisca tutto, che un giorno il
Dio che ha creato ogni cosa non venga a chiedere ragione ad ogni uomo ed
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all’umanità tutta di ciò che abbiamo fatto del Suo dono, è un diritto inalienabile
di ogni uomo che Dio stesso gli riconosce. Ma è paragonabile al diritto che ha
un malato di cancro di non farsi curare ed attendere passivamente l’inevitabile.
Più saggio è rendersi conto della propria misera condizione ed accettare la
salvezza nel Figlio di Dio, che il nostro Padre Celeste ha offerto sulla croce per
la nostra salvezza.
Chiudo questo mio breve studio con un significativo brano tratto
dall’epistola dell’apostolo Pietro: “Carissimi, questa è già la seconda epistola
che vi scrivo; in entrambe cerco di tener desto il vostro genuino modo di
pensare facendo appello alla vostra memoria affinché vi ricordiate delle parole
già dette dai santi profeti e del comandamento dello stesso Signore e Salvatore
trasmessovi da noi apostoli. Prima di tutto dovete sapere questo, che negli
ultimi giorni verranno degli schernitori, che cammineranno secondo le loro
proprie voglie e diranno: "Dov'è la promessa della sua venuta? Da quando
infatti i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio
della creazione". Ma essi dimenticano volontariamente che per mezzo della
parola di Dio i cieli vennero all'esistenza molto tempo fa, e che la terra fu
tratta dall'acqua e fu formata mediante l'acqua, a motivo di cui il mondo di
allora, sommerso dall'acqua, perì, mentre i cieli e la terra attuali sono riservati
dalla stessa parola per il fuoco, conservati per il giorno del giudizio e della
perdizione degli uomini empi. Ora, carissimi, non dimenticate quest'unica cosa:
che per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno. Il
Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come alcuni credono
che egli faccia, ma è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma
che tutti vengano a ravvedimento. Ora il giorno del Signore verrà come un
ladro di notte; in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi si
dissolveranno consumati dal calore e la terra e le opere che sono in essa
saranno arse. Poiché dunque tutte queste cose devono essere distrutte, come
non dovreste voi avere una condotta santa e pia, mentre aspettate e affrettate la
venuta del giorno di Dio, a motivo del quale i cieli infuocati si dissolveranno e
gli elementi consumati dal calore si fonderanno? Ma noi, secondo la sua
promessa, aspettiamo nuovi cieli e nuova terra nei quali abita la giustizia.
Perciò, carissimi, aspettando queste cose, fate in modo di essere trovati da lui
immacolati e irreprensibili, in pace.” (2 Pietro 3:1-14)
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