Il Paese in fiera - Politicamentecorretto

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Il Paese in fiera - Politicamentecorretto
Mensile in lingua italiana
Giugno-Luglio 2008
Numero 62-63 - Anno 6
o
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www.eureka.gr
AMMUINA
E CULTURA
La bellezza è cultura. Chi
meglio di noi italiani afferra
questa raffinata equivalenza.
Sarà per questa ragione che
il logo dell’IIC di Salonicco è
stampato sulla locandina
della manifestazione “Miss
Italia nel Mondo 2008”, che furbescamente - si è svolta il
2 Giugno, festa della Repubblica? La nostra rappresentanza culturale nella città
macedone è in compagnia di
ristoranti, pasticcerie, modelli di scarpe, porte blindate, agenzie ddi trasporti, saloni di bellezza, etc.: tutte società economicamente impegnate per questa vetrina
del “born italians”. E quale è
stato l’impegno dell’Istituto? Un rapido esame di italiano per la candidate? Quale
il suo ritorno di immagine?
La promozione dell’eccellenza didattica dell’Istituito?
Un concorso di bellezza è
una manifestazione culturale? È questa è cultura italiana? No, proprio no. Ma
quale cultura e come trasmetterla all’estero? Volenteroso ed annoso dibattito
che si infrange sugli scogli
della burocrazia ministeriale
e dell’arroganza gestionale.
Sostiene il ministro Frattini:
«La cultura e in particolare la
cultura italiana è un formidabile strumento di sviluppo
e insieme di promozione
complessiva del nostro Paese nel mondo». E - aggiunge - «agli Istituti spetta il
compito e l’ambizione di poter essere la macchina della
lingua e dello stile italiano,
del Made in Italy». Sulla
stessa lunghezza d’onda si è
dichiarato anche il ministro
Bondi. Entrambi avevano
risposto ad una riflessione di
Salvatore Carruba che in un
articolo, su “Il Sole-24 Ore”,
aveva lanciato il quesito «a
che serve la cultura», specificando, tra le altre sue considerazioni, che la cultura è
uno «strumento di sviluppo
e di promozione complessiva del Paese nel mondo (ed
allora urgerebbe una riflessione sugli Istituti di Cultura
all’estero)».
Indicativo è il fatto che
quando qualcuno suggerisse
una “riflessione” - e non una
“discussione” - sugli Istituti, piovino subito dichiarazioni politiche su quale ruolo
devono avere nella promozione culturale. Ma sono dichiarazioni che sembrano
giustificare il «facite ammuina» di alcuni direttori. Certo
è invece che per gli italiani
all’estero che fruiscono della
cultura che viene offerta dagli IIC le analisi siano altre.
A leggere le agenzie, ogni
IIC ha le proprie specificità,
per cui limitiamoci a elencare alcuni punti di casa nostra: mancanza di programmazione; mancanza di capacità di analisi della domanda culturale; mancanza
di confronto con la comunità. Risultato? Si dimentica
che gli utenti non sono i partecipanti di conferenze andate deserte, rari intellettuali, i soliti amici della congrega, ma greci che chiedono of ferte stimolanti e italiani che vorrebbero provare
il piacere di sentirsi orgogliosi delle proprie radici, e
non provare imbarazzo di
fronte a certe “manifestazioni
Pag. 3,culturali”.
SAIA: la ricerca negata
e-mail: [email protected]
A Salonicco, Italia ospite d’onore
In Italia
In Grecia
Istituti di Cultura: proposta di legge. Franco Narducci, Vice Presidente
della Commissione Esteri alla Camera (eletto nella Circoscrizione Europa
nella lista del PD), ha depositato in Parlamento una Proposta di Legge
recante “Norme sugli Istituti italiani di cultura e la promozione e diffusione all'estero della cultura, della lingua e della scienza italiane”. Il parlamentare, nel depositare la Proposta di Legge, ha sottolineato che «tale Proposta nasce, conformemente a quanto ho dichiarato durante le elezioni
scorse, dalla necessità di aggiornare la legg e 401/90 che regola il funzionamento della rete degli Istituti di cultura all'estero e disciplina le modalità di promozione della cultura italiana all’estero». «Un’esigenza - ha
proseguito - fortemente avvertita non solo dal mondo culturale, politico e
dalla società civile italiana, ma anche dalle comunità italiane residenti all’estero che ritengono ormai largamente superati i meccanismi di promozione
della lingua e della cultura italiana posti attualmente in essere».
Tolleranza zero. Padanità, difesa dei diritti degli italiani e salvaguardia delle
tradizioni locali. Non sono temi nuovi, quelli sul tavolo del prosindaco di
Treviso, il leghista Gentilini. Solo, questa volta, la sua crociata è a difesa dei
cani. Italiani, certo. «Non vogliamo razze straniere - ha detto il prosindaco oggi chiedo un salto di qualità: avere come amico dell’uomo i cani e le razze
che avevano i nostri progenitori. Vogliamo quegli amici dell’uomo che accompagnavano i nostri agricoltori e rispettavano l’economia floreale». La
dichiarazione ha suscitato la reazione di allevatori e veterinari. Ha detto Fabio Fattori: «I cani sono sempre incroci di razze che vengono da diverse aree
geografiche. È difficile trovare una razza italiana di cane, figuriamoci una
veneta o addirittura trevigiana». Anche l'allevatore Guido Pontello smentisce l’esistenza di “padani a quattro zampe”. «Al massimo l’unica connotazione possibile è nazionale, vedi il setter inglese o il bracco italiano. Più
specifici non si può andare».
Il testamento biologico. È un documento che permette di lasciare scritta
la volontà di morire e rifiutare le cure - ed è stato applicato per la prima volta
in Italia. È successo a Modena, dove Vincenza Santoro Galani, 70 anni, ha
scelto di morire “secondo volontà”. In particolare, a consentire alla donna
di rifiutare le cure è stata l’applicazione di una norma del 2004, che stabilisce
la possibilità di nominare un amministratore di sostegno, cioè una figura autorizzata a decidere in caso di perdita delle facoltà intellettive. Il 9 maggio
scorso il magistrato aveva accolto la richiesta della donna, intenzionata a rifiutare ogni cura che potesse prolungare le sue sofferenze. E aveva nominato il marito amministratore di sostegno, come indicato dalla signora
stessa. La donna era affetta da sclerosi laterale amiotrofica, una malattia incurabile, e aveva comunicato a suo marito e ai figli di non volere interventi
né accanimenti terapeutici rifiutando, quindi, anche la respirazione artificiale. E il marito ha rispettato la sua volontà.
Tabagismo in ritirata. In Italia diminuiscono i fumatori, ma cala anche
l'età di quelli che iniziano a fumare. Il 61,8% ha acceso la prima sigaretta
quando aveva meno di 17 anni. Il 17% addirittura prima di averne 15. L’età
media della prima boccata è 17,4 anni. E gli uomini iniziano prima delle
donne. Lo riferisce un sondaggio Doxa (realizzato su un campione di 3mila
persone per l’Istituto superiore di sanità, l'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e la Lega italiana lotta contro il cancro-Lilt). Se, negli
ultimi 50 anni, si assiste a una costante riduzione del numero dei fumatori»
(confermata nell'ultimo anno: dal 23,5% del 2007 al 22% del 2008, pari a 11
milioni di italiani) preoccupa l’età molto precoce nella quale gli italiani si
affacciano al vizio del fumo. «Circa il 45% dei fumatori ed ex fumatori italiani ha avuto il primo contatto con la sigaretta tra i 15 e i 17 anni», spiega la
Doxa.
Cittadino Romagnoli, adesso basta! In occasione della saga kitsch di
“Miss Italia nel Mondo” all’ufficio del vice sindaco di Salonicco, con delega
alla cultura, è arrivata - protocollata con il numero 1914 in data 16 Maggio una lettera di cui pubblichiamo uno stralcio: «Egregio Vice Sindaco, da
parte degli organizzatori della manifestazione “Miss Italia nel Mondo
Grecia” le chiediamo il patrocinio. (…) La manifestazione è organizzata
dall’Istituto Italiano di Cultura di Salonicco, dalla Camera di Commercio
Italo-ellenica, dal Ministero degli Affari Esteri italiano, mentre sarà presente, in qualità di rappresentante del governo italiano, l’onorevole Massimo Romagnoli». Inoltre, un deputato - assessore in carica alla Pubblica Istruzione della Provincia di Messina - e un senatore, membro della Commissione Istruzione e Beni culturali, hanno inviato agli organizzatori lettere
di incoraggiamento “pilotate”. Nella prima si legge: «Con l’occasione Vi informo che a giorni, su proposta dell’On. le Massimo Romagnoli sarà costituito alla Camera dei Deputati un gruppo di amicizia Italia-Grecia,
composto da parlamentari greci e italiani, sono sicuro che insieme a lui avremo modo di collaborare con maggiore intensità sia sul progetto di Miss
Italia Grecia che su altri progetti che interessano la comunità italiana in
loco». Nell’altra: «Mi auguro che nei prossimi anni avrete il sostegno della
Camera Italiana di Commercio di Salonicco e delle associazioni italiane che
quest’anno per problemi tecnici sono stati assenti».
La volpe Romagnoli e l’uva. «Non nascondo che talvolta penso che gli
italiani all’estero non si meritino tante cose. Solo una piccola percentuale dei
connazionali nel mondo è davvero interessata al voto. Se le cose cambiano
per davvero, bene; se no, meglio lasciare stare tutto e non votare».
Un gesto d’amore per “Clio”. Venerdi 20 giugno alla scuola materna “Il
Mulino Magico” si terrà una manifestazione, aperta a tutti, un po’ diversa
dal solito. Dalle ore 17.30 alle 22.00 verrà allestita una mostra dei lavori
artistici dei piccoli alunni che saranno messi in vendita, assieme a posters,
piccoli oggetti costruiti sia dagli stessi bimbi sia dalle maestre. Inoltre è stata
indetta una lotteria. Il ricavato sarà devoluto, tramite la Caritas di Atene, a
“Clio” (nome fittizio di una bambina di 22 mesi) che vanno a coprire una
parte delle spese per le sue due recenti operazioni al cuore (soffre di tetrade
di Fallot), avvenute alla clinica Onassio. La Caritas sta già offrendo a “Clio”,
al fratello di cinque anni e alla madre una casa-rifugio in quanto sia la mamma che il maschietto sono vittime di maltrattamenti e violenze familiari. Per
l’acquisto dei biglietti e/o per la partecipazione: “Il Mulino Magico”,
Troados 23, Aghia Paraskevì, Tel. 2106003148. (e.d.a.)
Cambio della guardia. Costanzo Raimondo, da oltre dieci anni segretario
generale della Camera di Salonicco, ha lasciato la carica a fine maggio. La
serietà che lo ha caratterizzato e la grande disponibilità dimostrata a tutti
quelli che lo hanno incontrato non potranno essere dimenticate. Gli succede Marco Della Puppa, già suo assistente, cui vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro.
L’Ambasciata d’Italia in Atene annuncia il bando
di un concorso per l’assunzione di un impiegato
con mansioni di autista-commesso-centralinista.
Richieste le relative competenze professionali
e la perfetta conoscenza dell’italiano e del greco.
Termine della presentazione della domanda: 18 Giugno.
Per informazioni rivolgersi all’Ambasciata d’Italia.
Tel.: 210-3617260 oppure 210-3617263
o consultare il sito:
www.ambatene.esteri.it/Ambasciata_Atene/Menu/Ambasciata/News/
sekeri, 2
Il 28 maggio insieme al Segretario Generale del Ministero della Macedonia e Tracia, Lukas Ananikas, l’Ambasciatore Gianpaolo Scarante ha
inaugurato a Salonicco la mostra Alessandro Magno: Opere dalle Collezioni dei Musei della Macedonia e Iconografia del Mito
in Italia. L’esposizione, organizzata dal Museo Archeologico di Salonicco, dall’Ambasciata d’Italia e dall’Istituto Italiano di Cultura di
Salonicco durerà fino al 15 di novembre.
Il 23 maggio l’Ambasciata insieme ai Comuni di Kifissia, Egaleo, all’Associazione dei Comuni dell’Attica “TEDKNA” e alle Associazioni
“Meno Velocità più Vita” e “Pedoni di Kifissia”, ha organizzato il Concerto per la Vita. Sul Palco del Teatro Municipale di Egaleo si è esibito anche il gruppo de I Nomadi che ha suonato per la prima volta in Grecia varie canzoni del suo repertorio. L’iniziativa mirava a
sensibilizzare i giovani sul tema della sicurezza stradale incoraggiandoli, come sottolineato dal palco dal Prof. Elio Celone, Presidente dell’Associazione “Meno velocità, più vita”, ad improntare la guida sempre alla massima prudenza.
Il 30 maggio presso il Teatro Regio si sono svolte a Salonicco le celebrazioni per la Festa della Repubblica. Dopo un saluto dell’Ambasciatore
e la consegna di alcune onorificenze, si è tenuto un concerto dell’orchestra da camera de I Solisti Veneti che hanno eseguito musiche tra gli
altri di Vivaldi, Paganini e Rossini.
I giardini dell'Ambasciata hanno accolto il 15 maggio una serata dedicata alle creazioni della moda e del design italiano. L’evento, organizzato in collaborazione con la Camera di Commercio italo-ellenica di Atene, ha presentato ad un pubblico di oltre quattrocento ospiti una
selezionata rassegna di prodotti italiani di alta gamma tra cui le creazioni di “Luxottica”, “Ferrari”, “Montegrappa” ed “Artemide”.
Per iniziativa dell’Ambasciata ed attraverso il concreto impegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Salonicco, l’Italia è tornata alla Fiera del
libro di Salonicco, svoltasi tra il 29 maggio e il primo di giugno. Nello stand appositamente allestito sono state presentate le novità editoriali
per l’insegnamento dell’Italiano agli stranieri. Altri importanti temi culturali (arte, archeologia, saggistica, ecc.) sono stati presentati negli
stand dei singoli editori italiani presenti.
2 Giugno, consegnate le onoroficenze
In occasione della Festa Nazionale della Repubblica sono state consegnate da Gianpaolo Scarante
le onorificenze a:
Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana. Stavros Cosmatos, Lila Cronopulu-De Chaves, Maria Angela Ielo, Ioannis Manos; Alexander Mitrogogos, Davide Saltiel, Nikos
Tsuclos, Tamara Rocchi, Margherita Bovicelli, Jorgos Assimakis, Andrea Riziotis, Jorgos Kostantes.
Commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana. Jorgos Teodoro Limberakis, Umberto Reni Nicholas Stampolidis, Angelo Delivorias, Marina Lambraki-Plaka, Cristos
Sarandopulos, Antonios Danassis.Afentakis.
Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana: Spiros Flogatis, Emanuele Greco,
Francesco Scandale.
Andreas Riziotis è stato insignito del titolo di Cavaliere
OSSI su proposta dell’Ambasciatore Gian Paolo Cavarai, cui va il merito di aver riconosciuto il valore del suo
lavoro. «Esempio incomparabile di approfondimento,
ricerca, diffusione e promozione della lingua e cultura in
Grecia. Con la sua vasta attività e la sua intuizione
letteraria di tradurre e diffonder e la Divina Commedia
nella lingua greca parlata e popolare ha permesso al
pubblico greco di conoscere a fondo l’opera del Sommo Poeta
e assaporarne i significati sostanziali». È quanto si leg ge
nella motivazione.
All’amico Andreas invio i miei più sinceri complimenti.
Mi associo alla sua gioia contenuta. Per questo anziano e
distinto signore che, negli ultimi anni, ha dedicato buona
parte del suo tempo alla traduzione della Divina Commedia, “Eureka” ha intrapreso una aspra polemica con
l’allora direttore dell’IIC di Atene, Molisani, il quale,
nonostante diverse sollecitazioni dello stesso Riziotis non ha
mai, dicesi mai, preso in considerazione il suo prez ioso
lavoro. E infatti, la sua è l’unica traduzione integrale in
greco del testo di Dante. A Molisani, Andreas Riziotis si
era rivolto parecchie volte e per poter accedere ai fondi, messi
a disposizione dal MAE per le traduzioni e per aver e la
possibilità di presentare la sua fatica nelle aule dell’Istituto.
Per entrambe le richieste, da Molisani sono soltanto arrivate
risposte di sufficienza, se non di irritazione. Per il dir ettore esondante“filologo” della lingua greca, ma con una specializzazione in epigrafia latina - il lavoro di Riz iotis non
raggiungeva un livello “scientifico” suf ficente.(s.c.)
[email protected]
La Spirale termina la sua curva in basso.
Quanta sofferenza, quanta ignavia inutile.
Comincia la risalita. Infine.
Nulla di nuovo, tutto nuovo sulla strada
dell’Evoluzione.
La responsabilità per i propri pensieri
diventa più vera,
quasi quanto la giusta carezza
ad un bimbo inerme.
Pure, continui a riproporti con gli stracci
della tua immagine vetusta,
come se lo spazio vuoto non fosse invece
già pieno nella mente del Tutto.
Causa e Effetto, nel gioco eterno dell’Essere,
non sembrano averti insegnato
quanto Potere dimora nel tuo pensare, e segui
pensando maldestro.
Ma ricorda, i Piani Sottili non possono apparire
nelle vecchie forme.
Il Paese
in fiera
Gianpaolo Scarante
Ambasciatore d’Italia
L’Italia ha accolto l’invito a partecipare alla
Fiera Internazionale di Salonicco in qualità di
“Paese Ospite d’onore”. Siamo onorati di
questa possibilità e faremo del nostro meglio
per assicurare una presenza autorevole e aggiornata, significativa della realtà dell’Italia di
oggi in tutti suoi aspetti.
Stiamo lavorando, in un clima di ottima collaborazione, con tutte le Autorità locali e i responsabili dell’organizzazione della manifestazione per realizzare una serie di iniziative di
carattere economico e culturale. Vogliamo
offrire spunti e prospettive sul nostro Paese
che siano in grado di interessare il grande
pubblico che visita la Fiera, sia che si tratti di
operatori economici sia che si tratti di semplici visitatori. Vorremmo inoltre che la presenza italiana sia un omaggio alla città di Salonicco e a tutti i suoi abitanti.
Tutte le più importanti aziende e gruppi italiane presenti in Grecia, da Impregilo a Edison ed Eni solo per citarne alcune tra le più
importanti, parteciperanno all’esposizione
fieristica con propri stand. Attraverso la visita
del settore riservato all’Italia sarà possibile avere una panoramica completa di quello che
l’economia italiana offre oggi nei settori industriale, meccanico, impiantistico e dell’energia, passando attraverso la tecnologia e la
scienza d’avanguardia senza trascurare l’offerta più avanzata e completa di servizi per
l’industria. L’anno 2008 è stato dedicato al
pianeta Terra. L’Italia a Salonicco porterà una
articolata esposizione scientifica dal titolo
“Madre Terra”, in collaborazione con il gruppo Finmeccanica-Telespazio, che partecipa al
consorzio per la realizzazione del satellite europeo per il monitoraggio globale dell’ambiente. L’esposizione che sarà curata dalla
“Pnykart Foundation” e sarà accompagnata
da un convegno scientifico e specifici seminari tecnici organizzati dal gruppo Finmeccanica-Telespazio, per sensibilizzare i visitatori sull’importanza del cambiamento climatico e sulla necessità di agire in modo concertato per proteggere il nostro pianeta dai
gravissimi rischi ambientali incombenti.
Stiamo inol tre lavorando per una nutrita
serie di eventi collaterali che accompagnino la
manifestazione economica. Per quanto concerne la musica nel corso della fiera sarà inaugurato il primo “Festival Italo ellenico” in collaborazione della “Pnykart Foundation” che
prevede concerti della Nuova compagnia di
canto popolare di Napoli, di Elena Ledda e
Mauro Palmas, di James Senese e di Danilo
Rea, tutti ottimi artisti che si esibiranno affiancati da cantautori greci tra cui per citarne
alcuni Savina Jannatu e Jannis Charulis.
Ma l’Italia è conosciuta in Grecia anche per
il folclore e le sue tradizioni. Nel corso dell’evento, all’interno degli spazi della Fiera e
nel centro della città, in collaborazione con il
Comune di Salonicco, si svolgeranno le sfilate
dei famosi sbandieratori toscani e dei figuranti del Consorzio Rievocazioni Storiche di
Venezia, che ricorderanno la storia e le grandi
tradizioni del nostro paese.
Dall’Italia arriveranno alcune vere e originali gondole veneziane, che navigheranno sul
lungomare di Salonicco. Sarà così possibile
per gli amanti dell’Italia compiere una classica
escursione in una vera gondola veneziana partendo non dalla Piazza San Marco della città
lagunare, ma dalla Torre Bianca di Salonicco.
Per la moda, altro aspetto per cui è qui noto
e apprezzato il nostro paese, due giorni saranno interamente dedicati al design e allo
stile italiano. Tra l’altro, avremo una mostra
sulla storia degli ultimi 50 anni della moda italiana con capi di abbigliamento ed accessori
indossati dai più noti personaggi del cinema
internazionale.
Avremo inoltre una sfilata di alta moda e prêtà-porter con una selezione di modelli delle ultime collezioni donna dei più noti stilisti italiani. Sono coinvolti tutti gli importatori locali
dei grandi marchi italiani in Grecia, a testimonianza del forte impatto anche economico
che riveste questo settore.
Non mancheranno infine una rassegna cinematografica con i capolavori del cinema italiano neorealista organizzato in collaborazione con il Festival Cinematografico di Salonicco in previsione di una più stretta collaborazione nel futuro tra il Festival di Salonicco e quello di Venezia, e un evento sportivo. Stiamo lavorando per un incontro di calcio tra i veterani della nazionale italiana Campione del Mondo 1982 e una squadra di veterani del calcio ellenico.
Da questo sia pur rapido elenco, credo emerga lo sforzo e l’impegno che, insieme alle
autorità locali, stiamo producendo per assicurare un programma che sia all’altezza delle
aspettative e del grande rilievo che riveste la
Fiera internazionale di Salonicco.
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Giugno-Luglio 2008
La vendetta “sommaria” al quartiere Pigneto
L’inviato de “La Repubblica” racconta la sua visita al centro di accoglienza che raccoglie quasi mille profughi
Slancio
Patrasso: l’inferno del campo comune
Roma: giustizia
e intolleranza
«L'ho fatto per lo schifo che c'è al Pigneto. Basta andare al
commissariato di Porta Maggiore e vedere le denunce fatte dai
cittadini. È una cosa mia, personale. La politica leviamola da
mezzo». È questa una delle prime dichiarazioni rilasciate dall’uomo indagato come responsabile del raid avvenuto a fine maggio
al Pigneto, a Roma. «È una cosa mia personale», dice l’uomo, che
si è presentato spontaneamente in Questura. Ma, ammette lui
stesso, a fargli compagnia in quella “personale” vendetta, ha trovato una quindicina di persone, che hanno finito per trasformare
la rabbia di uno, in una spedizione punitiva.
La storia è semplice, quasi banale: a una donna viene r ubato il
portafoglio ed un suo amico cerca di ritrovarlo. Chiede in giro ad
alcuni immigrati, che sa essere “informati” e gli viene indicato un
negozio di uno straniero. Qui, trova un extracomunitario che gli
promette di farglielo riavere, ma, al successivo appuntamento,
l’uomo non porta nulla. E scattano le minacce: «Se vedemo alle
5, se non salta fuori il portafoglio sfascio tutto». Alle cinque, il
portafoglio non “salta fuori”, a farlo però sono quindici giovani
del quartiere, che, forse hanno solo voglia di alzare le mani, o,
forse, rappresentano la disperazione di una zona “assediata”
dalla microcriminalità, spesso di matrice straniera, che diventa il
simbolo di una cittadinanza che si sente sola, abbandonata e
costretta a farsi “giustizia da sé”. Il resto è la comune cronaca di
un danneggiamento, con vetrine e saracinesche sfondate.
Questi, in sintesi, i fatti. Per uscire dalla sintesi, basta fare attenzione ad alcune parole usate nel racconto: «immigrato»,
«straniero», «extracomunitario». La differenza, in questa storia, è
tutta lì. Perché la città è divisa. Da un lato, gli immigrati che
accusano i romani in particolare, ma gli italiani in generale, di
essere razzisti. Dall’altro, una cittadinanza che, come riconosciuto dalle stesse autorità, percepisce l’improvvisa insicurezza
del proprio spazio urbano. E vitale. È proprio su quest’ultimo
concetto che ci si dovrebbe concentrare per cercare di capire la
reale dinamica dei fatti, ma questo non accade. Non lo fanno i
media. Non lo fanno i politici. Non lo fa la gente comune, che accetta la versione che le viene offerta: è un raid razzista, fascista,
squadrista, neo-nazista. In pochi si chiedono cosa effettivamente
significhino quelle parole, molti le usano semplicemente perché
riempiono la pagina o la bocca. E fanno effetto. Un brutto effetto, che va, in un certo senso, a “nobilitare” un atto di vandalismo.
Perché, seppure sbagliata, un'ideologia, comunque nobilita chi vi
crede, riconoscendo un movente più “alto” alle sue azioni, anche
se condannabili.
Al Pigneto, però, è accaduto qualcosa di diverso e, forse, ancora più grave: la spedizione è avvenuta, dice il responsabile, per
«lo schifo che c’è». Non contano Destra e Sinistra, conta che
quella è stata la reazione dell’uomo qualunque. Certo, un uomo
che ha precedenti contro il patrimonio e non esita ad alzare le
mani, ma un uomo che non voleva difendere bandiere o filosofie, solo riavere il “suo”. E questo è molto più difficile da contenere di qualunque mini-movimento di estremisti. Facciamo un
passo indietro. Torniamo in Questura. Il giorno prima di quello
in cui il responsabile del raid si è andato a presentare agli agenti,
dalle prime ore del mattino, gli agenti della Confederazione Autonoma di Polizia-Consap, manifestavano imbavagliati davanti
alla sede, per denunciare «la carenza di risorse che impediscono
di garantire la sicurezza della città». Poliziotti, nella loro giornata
di riposo, picchettavano davanti ad altri poliziotti, in divisa, per
chiedere più attenzione per una città che, in molti quartieri, confessano, «è abbandonata a se stessa». «Occorrerebbero almeno
altri due o tremila agenti spiega il Sindacato . Alcuni Commissariati non riescono a far uscire le macchine. La sera, c’è un'unica
pattuglia con l’etilometro a turno. Mancano i mezzi, le attrezzature, gli uomini. Al Pigneto, i poliziotti non sono andati,
perché non c’erano agenti». Insomma, gli uomini non ci sono.
Né per garantire la sicurezza ai romani, né per garantirla agli
stranieri.
Nel frattempo arriva la notizia dell’Associazione Nazionale
Thèm Romanò Onlus che promuove un corteo di protesta civile
contro atti di razzismo nei confronti dei Rom e Sinti in Italia, dal
quale poi «si passerà alla costituzione di un Coordinamento Nazionale Permanente Antirazzista». E adesso che c’entrano i rom?
C’entrano, perché l'Associazione si è presa i tempi necessari
all’organizzazione del corteo, ma, nel frattempo, la causa che lo
aveva scatenato il lancio di molotov contro campi nomadi è caduta nel dimenticatoio, schiacciata dai più recenti episodi di questa guerra che si combatte tra italiani ed immigrati. Ormai, ogni
giorno. «C’è un silenzio assordante, in questo momento in Italia
scrive Alexian Spinelli, presidente dell’Associazione, nella nota
in cui annuncia il corteo - un silenzio colpevole, delittuoso. Può
portare a un genocidio culturale pericoloso che noi Rom conosciamo sulla nostra pelle col nome di Porrajmos (divoramento), è
marchiato sulla nostra carne! (…). Certo che il singolo che delinque va punito secondo le leggi vigenti ma non si può
colpevolizzare un popolo intero, è razzismo! Com’è possibile
che, mentre la situazione italiana è chiarissima, all’estero visto il
monito del Parlamento Europeo al nostro governo, in Italia nessuno si accorge di nulla? Non una sola voce autorevole di
esponenti politici o ecclesiastici o di intellettuali italiani s’elevata
per condannare una simile barbarie! Silenzio, silenzio tuonante!».
È vero, perché il male possa dire la sua è sufficiente che i buoni
rimangano in silenzio. O che parlino senza trovare nessuno che li
ascolti. Così, per paradosso, la gente pensa che sia la sicurezza il
fronte su cui stranieri e italiani combattono questa battaglia. In
realtà, questa non è il campo, ma finisce per essere motore e
traguardo. C’è bisogno di sicurezza. Per tutti, stranieri e romani.
E di giustizia.
Valeria Arnaldi
«Qui è peggio dell’Africa».
Fa specie che a dirlo sia uno, Ibrahim, che non sa niente dell’Africa. Un povero pastore
afgano del nord, un azara. Da
sempre discriminato in patria
rispetto a un pashtun o a un
tagiko, costretto fin dalla nascita al peggio e alla guerra, ma
che ora, qui in Grecia, si sente
ridotto a «uno zero assoluto».
Uno che a nemmeno trenta
anni è già arrivato al capolinea
della vita. Senza più alcun
diritto se non quello di morire.
E pensare che per raggiungere
l’Europa s’è venduto casa, pecore e quel poco di terra che
gli aveva lasciato il padre. Seimila euro in tutto, in gran parte serviti per pagarsi il
“viaggio”. Viaggio è però una
parola che non rende, quasi
un’offesa allo strazio che l’ha
portato - nascosto nel cassone
di un camion quando non
addirittura nel baule di una
auto - attraverso migliaia di
chilometri prima in Pakistan,
poi in Iran, quindi in Turchia,
infine su un’isoletta greca di
cui nemmeno sa il nome e da
dove su una barchetta, insieme ad altri come lui, pigiati
come sardine, è poi approdato
a Patrasso. E qui, fine della
corsa e fine del sogno. Anzi,
fine di tutto perché i greci non
scherzano con i clandestini.
Niente centri d’accoglienza
e poche chiacchiere se sia
giusto o sbagliato trattarli così. Solo indifferenza e fastidio
per un problema senza soluzione. Impossibile, infatti, rimandarli indietro. Così come
impossibile, a causa del patto
che lega la Grecia agli altri partner europei, fingere di non
vedere. Chiudere, insomma
un occhio e lasciarli liberi di
arrivare a Roma, Amburgo,
Madrid o Stoccolma che sia.
In attesa di non si sa cosa bisogna pur stoccarli da qualche
parte perché non facciano
danni e soprattutto non turbino l’ordine pubblico. Su una
delle tante isole dell’arcipelago o qui non lontano dal
porto di Patrasso, che dopo
Atene e Salonicco è per grandezza la terza città del paese.
In uno spazio aperto che non
si può nemmeno definire carcere, perché in carcere quantomeno ti danno da mangiare, ma dal quale non si può
uscire e dove tutti i giorni sei
costretto a stringerti un poco
di più per far posto ad altri disgraziati come te.
Il “campo” non ha nemmeno un nome. È una brulla
radura al centro di un parco
non distante dal lungomare
“Iroon Politechnion”. Basta
entrarci, anche solo per un
attimo, rendersi conto dell’infinito squallore mentre centinaia di occhi ti scrutano smarriti, per pensare che in uno
zoo si sta meglio. Che qualunque cosa è preferibile a questa
fogna a cielo aperto dove
nessuno fa più caso alla puzza,
alla promiscuità e agli insetti.
Qualcosa di indegno per un
essere umano e che stride
ancor di più perché non lontano da qui la vita scorre normale. C’è gente che passeggia
per strada, coppie che sorridono sedute al bar davanti a
una bibita e altri che giocano a
tennis o calcetto nei circoli
d’intorno. Indifferenti anche
loro, come tutti del resto.
Il “campo” n on lo si può
nemmeno definire una favela
perché le baracche, meglio le
cucce, in cui dormono per
terra in quindici, venti o più
hanno muri di cartone che un
temporale può spazzare via da
un momento all’altro. E sono
un forno d’estate e un frigorifero d’inverno. Di servizi
igienici nemmeno a parlarne. I
mille e più prigionieri di
questo lager per i loro bisogni
si devono “appartare” all’ombra di qualche albero. Per
lavarsi c’è una pompa, pietosamente messa a disposizione
da un’ong, o il mare per quei
pochi che di notte riescono a
raggiungerlo. Gli afgani qui
sono maggioranza assoluta.
La gran parte adolescenti: 15,
16, 18 anni al massimo. Azara
per lo più, l’etnia perdente, da
quella dei lavori più umili al
tempo del talebani. Fuggiti da
un paese senza speranza e
finiti qua giù in un posto di
mare, quel mare che molti di
loro non avevano mai visto,
dopo essersi spogliati di tutto.
Fino a diecimila euro hanno
pagato a mercanti di uomini
per avere la chance di un lavoro quale che fosse, la possibilità di raggiungere un parente che ce l’aveva fatta in Italia, Francia, Spagna, Germania o Svezia cui chiedere
aiuto. Non parlano, fingono di
non capire anche se ci si
rivolge con qualche frase di
cortesia nella loro lingua. Non
si fidano di nessuno, hanno
paura e guardano Ibrahim che
è il più vecchio del gruppo e il
leader di questa umanità allo
sbando, perché li tolga d’impaccio. «Noi non siamo ladri,
non vendiamo droga, eppure
il solo fatto che siamo afgani
fa sì che ogni tanto arrivi la polizia, frughi tra le nostre povere cose e poi per dare un senso
a queste irruzioni si porti via
qualcuno. Così, senza ragione». Sarebbero già morti di
fame se qualche organizzazione caritatevole, privata sia
chiaro, non portasse loro ogni
tanto un pugno di riso. Per
paradossale che possa sembrare però non hanno perso la
fede, forse perché credere è
l’unica cosa che è rimasta loro,
e per ciò hanno allestito in
quel nulla una “stanza” per
pregare, nella quale nessuno
s’azzarda a dormire.
I greci hanno risolto alla loro
maniera il problema immigrati. In un cocktail di pugno
duro e tolleranza interessata.
E forse non è un caso che per
questa povera gente abbiano
coniato un’espressione che la
dice lunga: “ekonomikos metanastes”, emigranti economici. Braccia che servono a
irrobustire il pil, a fare in altre
parole quei lavori che anche
qui nessuno vuole più fare - in
agricoltura e nell’edilizia soprattutto - a patto che se ne
stiano buoni, che siano invi-o
sibili. Sarà per le leggi più dure, sarà per altro ma in Grecia
non c’è alcun allarme sociale
attribuibile agli immigrati.
Eppure negli ultimi vent’anni
ne sono arrivati a centinaia di
migliaia. «E anche se non ci
sono cifre ufficiali - sostiene
Theodoros Benakis, managing director dell'Imn (International media network) che
pubblica settimanali in almeno sette lingue, quelle delle comunità più numerose che lavorano in Grecia - non si è
lontani dalla verità sostenendo che siamo oltre il
milione di presenze. Sono tentato di azzardare anche un milione e mezzo».
Più del dieci per cento, dunque, del totale degli abitanti
del paese. Gli albanesi sono la
maggioranza, oltre il 50 per
cento di quel milione e passa.
La loro immigrazione è storia
vecchia. Risale agli inizi degli
anni Novanta, al collasso del
comunismo e all’esodo di
massa che travolse anche l’Italia. Arrivavano attraverso la
frontiera, qualcuno passava e
quel altro no. I meno fortunati
erano subito ricacciati indietro senza tanti complimenti.
Ma ci riprovavano poco dopo.
Nemmeno le leggi per rigide
che siano possono fermare
chi ha fame.
E dagli e ridagli alla fine la
maggior parte di loro ce l’ha
fatta, si è integrata, ha trovato
lavoro, ha messo su famiglia
ed ha perfino ottenuto la nazionalità. Cosa non facile per
tutti gli altri. Anche quando,
infatti, ci sono i requisiti per
mettersi in regola, ci si arrende
di fronte all’ultimo ostacolo:
la burocrazia. Moduli e moduli da riempire, giornate e
giornate di lavoro perso, per
poi sentirsi dire se non si è disposti ad aprire il portafogli,
che manca ancora qualcosa,
che c’è bisogno di un ulteriore
documento.
Renato Caprile
La Repubblica
Visita ufficiale del sottosegretario agli esteri Kassimis nei paesi “griki” di Puglia e Calabria. Il suo grazie all’Italia
Ellinofoni, i glossa zi plategunda
«I glossa zi plategunda». In
italiano si traduce come «la lingua vive parlata». “Plategunda” è il participio presente del
verbo “platèzzi” che significa
“parlare”. È quanto risulta dal
vocabolario Grecanico-Italiano, edito a Bova, un paese elleninofono di Calabria,e curato
da Filippo Violi. Secondo
alcuni studiosi locali, il verbo
ha radice classica e si trova
anche nell’Iliade di Omero.
Oggi, sono circa ventimila le
persone che, in Calabra e in
Puglia, parlano ancora questo
dialetto ellenico. Tempo fa, il
nostro Parlamento ha riconosciuto queste due comunità
come gruppo etnico distinto e
come minoranza linguistica.
In Calabria, come nel Salento
si studia a scuola anche il greco
moderno (fino al liceo) con il
concreto aiuto della Grecia che
ha spedito quindici insegnati di
madrelingua, e sempre con
l’aiuto di Atene, queste comunità hanno un continuo contatto con la Grecia, tramite scambi culturali, e tramite la partecipazione comune nei diversi
programmi europei (ad esempio quelli Interreg).
A fare visita a queste comunità si è recato recentemente
Thodoros Kassimis, sottosegretario agli esteri con la delega all’ellenismo nel mondo.
Prima in Calabria e poi in Puglia. Viaggio ricco di simboli su
come la Grecia pensi alla propria “diaspora”. Loro, i “griki”
non hanno passaporto ellenico, si sentono italiani a tutti
gli effetti, quindi da un punto di
vista cinicamente politico non
rappresentano un serbatoio di
consensi, ma le loro radici sono
elleniche, e tanto basta. E dunque Kassimis, accompa-gnato
dagli ambasciatori a Roma e
presso il Vaticano, ha sentito il
dovere di portare la voce della
Grecia, incoraggiare questa
“minoranza” a sentirsi orgogliosa della propria lingua e
delle proprie tradizioni.
Sulle origini di queste comunità elleninofone i pareri
sono discorsi. C’è chi sostiene
che sono i discendenti di quelle
popolazioni che dettero vita
alle colonie della Magna Grecia; altri pensano che siano nuclei che si sono formati durante
l’impero bizantino. In effetti
l’architettura basiliana di Calabria - vedi la Cattolica di Stile, la
Chiesa di Rossano o la Cattedrale di Gerace - segue l’ordine
architettonico bizantino con
l’abside rivolta verso oriente,
così pure non va dimenticato
che fino a inizio Cinquecento la
messa seguiva il rito ortodosso.
La visita di K assimis ha travalicato con immediatezza il
protocollo ufficiale. In Calabria come in Puglia, la gente ha
accolto la delegazione ellenica
con canti, balli, poesie, e dolci.
Soprattutto nella Grecia Salentina, dove i comuni elleninofoni si sono riuniti in un consorzio. Nel Salento Kassimis è
stato accolto con un “kalòs ìrtate” (benvenuto). Era giunto
nell’isola felice in cui sopravvive, e da pochi anni rivive, il
“griko”, orgoglioso discendente linguistico di un periodo
di splendore “greco e bizantino” che questa terra ha vissuto,
secoli fa, e che tramandato fino
ad oggi si è fatto testimonianza,
anche attraverso i versi e i canti
della tradizione “grika”, della
nostalgica sensazione di trovarsi lontano dalla terra natia, eppure a casa, sotto un sole cocente e avvolti in una valle d’ulivi che conferma, anche per il
sottosegretario, questa percezione di “patria”.
Orgoglio trasformatosi, oggi,
in speranza per le nuove
generazioni che il griko lo studiano a scuola, di pari passo
con il neogreco, perché la preziosa eredità che i nonni hanno
lasciato loro continui a vivere
mentre si riscoprono le radici
comuni con la vicina Grecia,
qui chiamata “mana” (madre),
nonostante si ribadisca ostinati
la propria italianità. Forti emozioni per Kassimis sin dall’arrivo a Sternatia, dove è stato
accolto da anziani del paese che
lo hanno omaggiato, anche
loro commossi per l’importante visita, con poesie d’amore della tradizione grika.
È stata poi, la volta di Martano, dove Kassimis ha così
esternato le proprie sensazioni:
«Sin da ieri sera, allìarrivo in
questa terra, mi sento in mezzo
ad amici e parenti. Vi è una
psicologia comune tra le nostre
popolazioni, perché si fonda su
radici culturali comuni. Ciò che
eravamo ieri ci porta verso ciò
che saremo domani e se si tramanda quanto in comune già esiste, allora il futuro sarà migliore, attraverso la cooperazione tra le popolazioni. La
Puglia e la Grecia sono legate
dalla cultura e dalla lingua che,
fortunatamente, oggi è difesa
anche dal governo italiano». E
ha aggiunto quanto sia importante questo legame «in un
periodo che cerca di accomunare tutto e tutti, nell’era della
globalizzazione, i paesi che
hanno una cultura comune
devono impegnarsi nella tutela
delle proprie radici».
Le parole di Kassimis hanno
assunto anche un importante
significato politico, dimostrato
anche dalla presenza di tutti i
sindaci dei paesi ellinofoni, e
dalla presenza del senatore
Gallo e dell’onorevole Ria ai
quali Kassimis ha espresso
«sincera gratitudine nei confronti del governo italiano per
il sostegno alle realtà ellinofone
presenti nel suo territorio, e
non per una forma di educazione nei confronti degli sforzi
e delle iniziative del governo
greco al riguardo, ma soprattutto perché ne comprende le
ragioni fondamentali e condivide gli obiettivi».
Marina Greco
Il messaggio per il 2 Giugno del Presidente Napolitano.
In Italia c’è il rischio di
una «regressione civile».
Parole durissime quelle
pronunciate dal presidente
della Repubblica, Giorgio
Napolitano, nel messaggio
agli italiani in occasione
della Festa della Repubblica. Parole dure e toni
preoccupati. Che alludono
ai recenti fatti di cronaca
dalla questione dell’immigrazione e dei raid a quella
dei rifiuti. Intolleranza,
violenza, insofferenza forte verso «legittime decisioni dello Stato democratico». Di fronte a tutto
questo, Napolitano lancia
un appello: rifondare
l’Italia come avvenne nel
1946 quando nacque la Repubblica e il Paese riuscì a
ripartire dopo la guerra
con «un forte impegno e
slancio comune».
«Non posso tacere la mia
preoccupazione, in questo
momento, per il crescere di
fenomeni che costituiscono - ha detto Napolitano - la negazione dei
principi e valori costituzionali: fenomeni di intolleranza e di violenza di
qualsiasi specie, violenza
contro la sicurezza dei
cittadini, le loro vite e i loro
beni, intolleranza e
violenza contro lo straniero, intolleranza e violenza
politica, insofferenza e
ribellismo verso legittime
decisioni dello Stato
democratico».
«Chiedo a quanti, cittadini e istituzioni, condividano questa preoccupazione - ha aggiunto - di
fare la loro parte nell’interesse generale, per fermare ogni rischio di regressione civile in questa
nostra Italia, che sente
sempre vive le sue più profonde tradizioni storiche e
radici umanistiche».
L’Italia avrebbe bisogno
di «un forte impegno e
slancio comune», come
sessant’anni fa, quando
speranza e volontà diffuse
fecero «rinascere il Paese
in un clima di libertà, attraverso uno sforzo straordinario di solidarietà e
unità». Oggi, ha sottolineato, «non possiamo
permetterci di fare un
passo indietro».
La Festa del Due giugno,
ha aggiunto Napolitano, ci
fa riflettere su «come»
nacque sessanta anni fa la
Repubblica: «Tra grandi
speranze e potendo contare sulla volontà allora diffusa tra gli italiani di ricostruire e far rinascere il paese, in un clima di libertà,
attraverso uno sforzo straordinario di solidarietà e unità». «Riuscimmo - ha affermato il Presidente - in
quegli anni lontani a risalire dallabisso della guerra
voluta dal fascismo, e a
guadagnare il nostro posto
tra le democrazie occidentali. E abbiamo poi superato tante tensioni e prove.
Non possiamo ora permetterci di fare un passo
indietro; sapremo, ne sono
certo, uscire dalle difficoltà e farci valere ancora una
volta, grazie a un forte impegno e slancio comune».
E ha concluso: «Buona festa della Repubblica a tutte
le italiane e a tutti gli italiani».
3
Giugno-Luglio 2008
LAVORARE
STANCA
Chi vi ve con il corpo di qua e
l’anima di là, dove il qua e il là sono
rispettivamente la Grecia e l’Italia,
non può fare a meno di fare certi paralleli, di osservare certe analogie, di
applicare ad un posto regole e comportamenti che valgono nell’altro. Di
esempi se ne possono fare a volontà e
io mi diverto a farne uno.
L’antefatto é noto: il neo ministro
Brunetta (non é un vezzeggiativo, si
chiama proprio così) ha solennemente
dichiarato che manderà a casa tutti i
fannulloni, testuali parole, che a suo
dire infestano l’amministrazione
pubblica.
Il proposito è buono, sempre che la
cosa si applichi anche ai pubblici
amministratori, a partire dai ministri, ma un primo ostacolo che vedo è
quello di misurare la “fannullonagine”, se così la possiamo chiamare, perché non è che uno è fannullone o
non lo è, ci sono vari gradi di fannullosità e poi, non è che si tratti di una
etichetta valida sempre e in tutte le situazioni, per cui io posso lavorare come un ossesso in uf ficio ed essere, o essere considerato dalla mia gentile
consorte, un fannullone in casa.
Una domanda: ma un’altr o problemino da tenere da conto é quello
delle autonomie.
Già oggi quello che vale a Roma
non vale a Palermo o a Bolzano, tanto per toccare i due estremi geografici e
non del Bel Paese, figuriamoci
domani quando tutti saranno autonomi: le Regioni dallo Stato, le Province dalle Regioni, i Comuni dalle
Province, le Strade dalle Piazze!
Quando mai ci potrà essere un metro
comune per misurare la voglia di
lavorare, un metro depositato al Museo dei pesi e delle misure di Parigi come il banale metro, adottato da tutti?
Con queste pr emesse, che l’operazione possa avere successo non ci crede
nessuno ma, vista la imperante globalizzazione, il mio timore è che la si
possa applicare anche in Grecia dove
gli effetti potrebbero essere devastanti,
e vediamo quali e perché.
A stare a quello che si dice in giro,
la metà degli addetti alla pubblica
amministrazione, quelli di fede governativa, quale che sia il governo, oggi
sono fannulloni istituzionali, visto
che a lavorare tocca a quelli di fede opposta: una applicazione rigida della
legge porta quindi ad un immediato
dimezzamento degli addetti ai lavori,
scusandomi per la contraddizione in
termini, e mi fermo solo a questi.
Che farà tutta questa gente senza
lavoro ma soprattutto senza stipendio? Si metterà in giro in cerca di un
nuovo lavoro con due pesanti effetti :
uno spaventoso incremento del traffico
in una città dove il traffico è già spaventoso, ed un crollo del giro d’affari
di bar, caffetterie, delivery e altre attività legate al tempo libero remunerato.
Ma il calo di af fari del settore
rischia di innescare effetti a valanga,
a cominciare dal licenziamento di camerieri e ragazzi addetti alle consegne
a domicilio i quali, a loro volta, si
metteranno in cerca di un nuovo lavoro provocando una ulteriore crisi
nel traffico e nei consumi e così via fino
a provocare una crisi totale che in
confronto quella americana del '29
cosa da ridere è stata.
E allora, con questa immagine
davanti agli occhi, mi permetto di
dare un consiglio al nostro Brunetta:
caro ministro, fermati un attimo e riflettici su, non é che alle volte è meglio
essere un fannullone nella pubblica
amministrazione piuttosto che un indefesso pubblico amministratore?
Novantun anni, nato a Istanbul, vive in una casa di riposo. L’interruzione del vitalizio
La legge sull’aborto offre la possibilità alle donne di gestire la propria vita
I ricordi del Cavaliere
Giù le mani dalla 194
Novantuno anni ben portati, magro, elegante nel portamento e curato nel vestire, ci
riceve in una bella giornata
quasi estiva davanti alla sua abitazione, per adesso chiamiamola così, dove siamo andati a trovarlo perché ha bisogno di un po’ di compagnia, di
poter scambiare quattro parole nella sua lingua madre, di
sentire un po’ di affetto intorno, cosa che dice essere quella
che gli manca di più. Rimasto
solo, alla fine di una vita piena
di avvenimenti interessanti,
ha scelto una casa di riposo
consona con la modesta pensione che riceve dall’Italia.
La situazione logistica è discreta: una cameretta con servizi al piano terra, così come
lo sono tutte le altre che l’affiancano, che si affaccia su un
vasto cortile con qualche albero; la bella giornata e l’ora
mattutina rendono il tutto più
accettabile. Certo lo spettacolo degli altri ospiti della
casa, non tutti nelle invidiabili
condizioni del nostro, seduti
davanti alla porta dei loro
miniappartamenti, in attesa
che la giornata trascorra, nella
speranza che qualche parente,
qualche amico, si ricordi di loro e vada a trovarli, induce a
tristi riflessioni sul destino
che potrebbe toccare anche a
noi.
Parla il nostro uomo, e parla
in fretta, e vorrebbe raccontarci tutto insieme come se temesse che dopo questa volta
non dovremmo più tornare a
trovarlo, e si fa fatica a mettere le cose in ordine, d’altra
parte novantanni di vita intensa, di ricordi sempre più
sbiaditi, non possono che
generare un fiume di parole
impossibile da tenere entro gli
argini e noi, con le nostre diverse curiosità, diamo un nostro contributo a sviare con-
tinuamente il discorso.
Tra i racconti del passato emergono anche le angustie
del presente: il vitalizio di
guerra che non riceve da vari
mesi; gli incompresi motivi
che ne hanno determinato la
sospensione, di fatto se non
di diritto; della assistenza che
non è mai abbastanza; dei
rapporti con l’ambiente che
lo ospita.
E intanto i ricordi escono a
fiotti dalla sua bocca. È nato
nel 1917 ad Istanbul da genitori italiani, originari di Livorno, che lì vivevano perché
lì lavorava il padre, al Ministero del Debito Pubblico
della Grande Porta che era
però gestito dai francesi. Frequenta la scuola italiana di Istanbul completata la quale siamo arrivati intorno al 1935
- e il nostro ha 18 anni, torna,
ma è un modo di dire perché
non c’era mai vissuto, in Italia
per arruolarsi volontario e
frequentare la scuola militare
della Marina a La Spezia dalla
quale uscirà con la qualifica di
radiotelegrafista e di idrofonista.
Il f lusso dei ricordi ordinati
si interrompe per fare un salto
in avanti di diversi decenni.
«Cavaliere sono stato nominato nel 92 da Scalfaro, e cavaliere non lo si diventa per
caso, ma per meriti..», e ci
accompagna a vedere la pergamena incorniciata che fa
bella mostra di sé su una parete della sua stanza; vorremmo approfondire la questione dei meriti, ma lui ha tirato
fuori la nomina a Cavaliere
per sottolineare che nemmeno questo è servito a fargli
evitare che il suo vitalizio di
guerra gli svanisse dalle mani.
Si ritor na alla sua gioventù,
al fatto che dopo la scuola
militare si è imbarcato, sul leggendario “Incrociatore”, dal
nome allora famoso. E poi
una “crociera” durata otto
mesi che lo ha portato a girare
mezzo mondo, nel frattempo
tira fuori un pacco di cartoline
illustrate che ad ogni tappa
mandava alla famiglia che
abitava nel quartiere Beyoglu
di Istanbul.
«Ma lo sapete che parlo
cinque lingue? L’italiano, il
greco, il turco, il francese, lo
spagnolo... sì, ero fascista,
come tutti», e la cosa non ci
sorprende, sarebbe stato strano se non lo fosse stato, quanto poi all’intensità della fede
anche lui riconosce che, nel
suo come in quello di tantissimi altri, si trattava di una
pallida verniciatura superficiale, destinata a sbiadire se
non a svanire sotto il sole africano.
«Prima in Libia, alla base di
Tobruk e poi a Creta. La vedete questa foto?». «Ma quella
è una divisa inglese», obiettiamo. «E che ci faceva lei con
una divisa inglese addosso?».
Così ci racconta la storia che
dal campo di concentramento
tedesco di Iraklio è finito a
combattere con gli inglesi in
Palestina.
E poi? E poi il dopoguer ra
in Italia, la fortuna di essere
mandato da una banca italiana a lavorare in Turchia, la
moglie greca, l’abbandono
del paese e del lavoro nel 74, ai
tempi della crisi per la questione di Cipro e la decisione
di trasferirsi ad Atene. Infine
nella casa di riposo e i problemi con questo vitalizio che
improvvisamente è scomparso, e stiamo parlando di
poco più di 200 euro mensili
che gli servivano per fare una
vita da “pascià”, come si conviene a chi a Costantinopoli è
nato al tempo degli autentici
Pascià.
A.L.
SAIA: la ricerca negata
Con i fichi secchi non si fa
ricerca, tantomeno didattica.
Eppure Emanuele Greco, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, continua
il suo lavoro, nonostante che il
finanziamento per il 2008 sia di
soli 646 mila Euro. Con questa
cifra, specifica, si possono pagare gli stipendi e le borse di
studio, mentre ai professori ospiti, che vengono dall’Italia
per tenere lezioni e seminari,
abbiamo chiesto di pagarsi le
spese del viaggio e del soggiorno.
Facciamo un paio di conti.
Ancora nel 2001 la dotazione
di SAIA superava il milione di
Euro. Dall’anno successivo,
ovviamente per motivi di bilancio e di risparmio, questa cifra è diminuita, fino a toccare
quota 646 mila Euro per il
2008, cioè un taglio del 40%
nel giro di sei anni. Un
decisione “intelligente” per
stimolare la ricerca archeologica e continuare a mantenere
alto il livello scientifico di questa “eccellenza culturale” che è
stata segnalata da decine riviste
specializzate di respiro internazionale. A fronte di questi riconoscimenti deve essere stato
imbarazzante per Emanuele
Greco giustificare il “rinvio” di
un lavoro di scavo, programmato in collaborazione con la
sovraintendenza ellenica, perché in cassa non ci sono ventimila euro per sostenere questo
lavoro.
Per mantenere in efficienza
SAIA occorrerebbe almeno
un milione e mezzo di Euro,
perché queste sono le spese
fisse annuali: 600 mila Euro
per gli stipendi (oggi decurtati
del 25%), 100 mila per le borse
di studio, 130 mila euro per le
utenze della sede di Atene, di
quelle periferiche e dell’ufficio
di Roma, 30 mila euro per l’acquisto di libri (spesa minima
per mantenere ad un buon
livello una biblioteca che conta
50 mila volumi), 35 mila Euro
per il rimborso delle spese dei
docenti che vengono a tenere
lezioni e seminari. Totale: 906
mila euro, anche eliminando
pubblicazioni e scavi, che poi
dovrebbero essere le ragioni
primarie della presenza di
SAIA in Grecia.
La scuola l’anno prossimo
compirà cent’anni - la sua storia è depositata nelle migliaia di
volumi e di pubblicazioni - ed
è una delle diciasette scuole
archeologiche presenti nella
capitale, le quali godono invece di ottima salute finanziaria.
L’Ecole Francaise d’Athenes
spende ogni anno 5 milioni di
Euro, di cui 1,2 solo per la ricerca. L’American School of
Classical Studies spende per la
ricerca 1 milione di dollari (una
bella cifra anche se la divisa
americana è in affanno). La
British School of Athens
spende sempre per la ricerca
500 mila sterline. Il confronto,
dunque, tra SAIA e le tre principali scuole estere pone serie
interrogativi sul “come” il
nostro Paese intenda sostenere la cultura italiana nel mondo. In archeologia, come nelle
altre discipline, non si può
lavorare con i fichi secchi, e
non è sufficiente la buona volontà individuale. Tantomeno
l’arte di arrangiarsi.
Contributo ordinario dal 2001 al 2008
EURO x 1000
Alfonso Lamartina
1200
1000
800
600
400
200
0
1
2
3
4
5
Anni 2001-2008
6
7
8
Sembra di essere tornati
indietro di trent’anni, ma non
si tratta di un ringiovanimento
fisico, le rughe purtroppo
avanzano inesorabilmente lo
stesso, quanto di un “rincoglionimento”, se mi perdonate l’espressione, intellettuale.
Sull’abor to, sulla legge sull’aborto, si è scatenato un putiferio inatteso, al punto che
anche personaggi di un certo
peso, malgrado l’età e la mole,
hanno indossato le armi e
sono partiti per la crociata alla
testa di una armata eterogenea
in confronto alla quale quella
di Brancaleone era sì, una cosa
seria.
Parlando di aborto, cominciamo col chiarire due punti
che ritengo siano fondamentali. Primo: l’aborto era praticato anche prima che nascesse la legge 194 ed almeno questo dovrebbe essere un fatto
scontato, anche se a sentire
certe prese di posizione pare
che non tutti siano convinti.
Certo, era considerato un reato, veniva praticato in clandestinità con tutte le implicazioni che questo comportava,
era al di fuori di ogni controllo
sanitario, era facile lasciarci la
pelle, ma permetteva ai benpensanti di vivere con la coscienza tranquilla: come dire,
occhio che non vede...
Secondo: la 194 non mai stata una legge impositiva, non è
come quella che ti impone di
indossare la cintura di sicurezza quando sei in auto e se
non lo fai ti becchi la multa. La
194 fissa delle regole entro le
quali l’aborto da illegale diventa legale, ma sta alla coscienza, alla sensibilità, di chi
si trova nella situazione di
ricorrervi il praticarlo o meno,
ma anche qui, sempre a sentire certi discorsi, pare invece
che ti puntino la pistola alla
tempia sostituendo la vecchia
espressione “o la borsa o la
vita” con la più attuale “o
l’aborto o la vita!”.
Un altro equivoco del quale,
mi sembra necessario sgomberare il campo, da donna che
ha provato questa grande sofferenza e che ha lavorato insieme ad altre donne che ad un
certo punto della propria vita
hanno scelto di ricorrere alla
194, è quello che l’aborto venga praticato, da chi è costretto
a ricor rervi, a cuor leggero:
“che debbo fare oggi? ah... sì,
prima vado dal parrucchiere,
poi passo dal supermercato e
poi, visto che mi trovo in zona, vado ad abortire...”
Non è così! La decisione di
abortire è sempre stata sofferta, dettata da motivi seri e non
priva di strascichi che possono accompagnarti più o meno
consciamente, più o meno
profondamente, per tutta la
vita. Capisco che ad alcuni, a
tanti, la pratica dell’aborto
possa risultare indigesta, ripugnante anche, e che desidererebbero che nessuno vi facesse ricorso, così come ad altri
risulta indigesto, ripugna l’uso
della droga, ma non sarà certo
una legge che proibisce l'uno
o l’altra che ne decreterebbe la
scomparsa.
A questi signori, a questi che
parlano dal pulpito, a questi
che pontificano ex-cathedra,
vorremmo ricordare che potrebbero spendere meglio le
loro energie e le loro parole se
le dedicassero a studiare e rimuovere le cause che generano questo fenomeno, indicando come campi di indagine sia quello economico che
quello culturale.
Sug gerimento banale, se non
fosse per il fatto che è rivolto a
quegli stessi che sono contrari
all’uso di qualsiasi contraccettivo, uso che eliminerebbe
non so quanti casi di aborto,
perché non dispongo di statistiche a conforto, ma almeno
un caso mi sento di sostenerlo
anche senza prove, e qui una
spiegazione me la dovrebbero, ce la dovrebbero dare: va
bene, ritengono che con
l’aborto si commette un omicidio? e allora perché sono
contrari all’uso di un qualcosa
che può evitare di commettere
l'omicidio stesso?
Perché allora non insegnare
alle nuove generazioni, che
comunque fanno sesso sempre in più tenera età, a farlo
usando di più la testa e non le
parti basse?
E allora il dubbio mi viene
perché non tanto contro
l’aborto questi signori si sono
schierati, quanto contro il “libero arbitrio”, per usare una
espressione usata ed abusata
tra di loro, contro la libertà di
decidere della propria vita!
Ed allora il dubbio si fa
consistente: Abortire? é una
bestemmia! Usare il preservativo? per carità di Dio!
Divorziare? Non se ne parla
nemmeno! Pianificare le nascite? ma nemmeno per idea!
Pur troppo quello di pensare
di risolvere i problemi con la
proibizione é un vizio antico,
vizio che in altri tempi ti
poteva costare caro, molto
caro, vizio che ogni tanto
sembra nascondersi, attenuarsi, per poi tornare con più vigore di prima, e la canea sviluppatasi intorno alla 194 a
trent’anni dalla sua entrata in
vigore ne è la prova più evidente.
Nessuno, spero e vorrei
esserne convinta, vuole
negare a nessuno di credere in
quello che vuole e di prodigarsi a fare proseliti, ad un
patto però, quello di usare l’arma della convinzione e non
della proibizione, almeno nelle questioni che riguardano la
coscienza individuale.
In altre parole e tanto per
semplificare, costringeteci
pure ad usare la cintura di
sicurezza ma lasciateci libere
di decidere se vogliamo
indossare quella di castità!
Dolly Vannuccini
Un “dilettante” a Roma
. Davanti a un folto pubblico
di studiosi e ricercatori, italiani
e stranieri, e in presenza del
nostro Ambasciatore, nell’aula
magna della Scuola Archeologica Italiana di Atene, è stata
presentata l’opera Il primo
incontro di Winckelmann
con le collezioni romane.
Ville e palazzi di Roma
1756, curata dalla professoressa Joselita Raspi Serra
dell’Università degli Studi di
Salerno. Dopo un breve discorso di benvenuto del Direttore della Scuola, Prof.
Emanuele Greco, sono intervenuti la professoressa Ida
Baldassare dell’Università
“L’Orientale” di Napoli, il
professore Marcello Barbanera dell’Università “La Sapienza” di Roma e il professor Jorge García Sánchez dell’Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma. Ha
concluso la manifestazione la
stessa curatrice dell’opera, ripercorrendo il percorso formativo dello Winchelmann, lo
studioso che impostò un modello di un’utopia estetica cui
fecero riferimento intere generazioni successive, lo storico dell’arte che seppe trapiantare in Germania la trattistica
italiana, francese e inglese,
inventando la storia dell’arte in
senso moderno, il “dilettante”, amico del pittore Adam
Friedrich Oeser, studioso attento alle tecniche degli artisti.
Le osser vazioni, le note, le
citazioni, i giudizi, i ricordi che
le opere delle collezioni romane sollecitarono in Wickelmann nel suo primo approccio con le raccolte di antichità
che riempiono le carte del
manoscritto 68, trascritto dal
tedesco da S. Oloff Montinari,
testimoniadoci “l’andare e
ritornare” del loro autore, sono raccolte e divise per
collezioni nei quattro tomi che
costituiscono l’opera, corredate da un esaustivo apparato
esegetico, critico e bibliografico.
Incastonando ogni opera nel
commento, la curatrice ha ricollocato nelle antiche sedi, sala per sala negli interni e nei diversi punti degli esterni, le
sculture, i rilievi, le are, le epigrafi. Da sottolineare, pur
tenendo presente le guide cronologicamente vicine di indubbio sussudio, che l’apporto di Winckelmann risulta
sempre la più puntuale testimonianza soprattutto, oltre
che per il commento, sia nella
4
localizzazione delle opere,
molte oggi disperse e perdute,
che nella presentazione dei
complessi.
L’insieme si compone di
schede sulle opere inquadrate
anche nella produzione critica
successiva al Winckelmann. I
testi se da una parte offrono la
ricostruzione delle collezioni
romane alla metà del XVIII°
secolo, in un momento felice
che ne registra quasi al
completo la ricchezza prima
della diaspora, dall'altra danno
la possibilità di valutare la
realtà del primo giudizio sulle
opere antiche di Winckelmann
in rapporto all’evolversi della
sua produzione critica.
Alberto Benvenuti (SAIA)
Giugno-Luglio 2008
I dati della Banca Centrale indicano che l’aumento del PIL tende a rallentare
A Tecnopolis, la seconda edizione del “Festival italiano in Grecia”
Crescita: consumi drogati Il nostro “saper fare”
Un paese che produce poco e consuma molto, in un contesto mondiale piuttosto critico.
Questa è in sintesi la radiografia dell’economia ellenica che si evince dalla relazione annuale della Banca Centrale di Grecia.
A livello globale, la crisi finanziaria innescata
dai mutui americani ha spostato da mesi l’interesse degli speculatori mondiali dalle obbligazioni sub-prime ai contratti a termine sulle materie prime. Scommettendo sul rincaro del greggio ma anche su quello del grano e del riso, gli investitori sono riusciti ad ottenere quello che si
erano prefissati e cioè a fare in modo che i prezzi
aumentassero. I produttori, dal canto loro, non
hanno dimostrato alcun interesse ad incrementare l’offerta e si è quindi creata una diffusa situazione di stagflazione o se volete di inflazione
crescente in una economia sostanzialmente stagnante.
La politica monetaria della Banca Centrale
Europea ha seguito fino ad ora le precise indicazioni del governo tedesco, che vede nell’Euro
forte l’unica soluzione al rincaro delle materie
prime. Da un lato quindi la BCE ha immesso liquidità rifinanziando le banche dei paesi membri, generando inflazione, dall’altro ha lasciato
invariati i tassi d’interesse, agitando lo spauracchio dell’aumento dei prezzi da essa stessa
causato. Il fallimento delle politiche BCE volte a
stabilizzare i mercati finanziari è stato dimostrato dallo sproporzionato aumento dei tassi
interbancari (Euribor) a breve negli ultimi mesi
nonché dei derivati a medio-lungo termine legati
ad essi.
In Grecia l’aumento dei tassi è arrivato come
una scure sui conti dello stato, visto che la percentuale del debito pubblico ellenico è ad oggi
pari al 95% del Pil. Certamente in Italia non stiamo messi molto meglio. Ma la Grecia è anche da
anni sul trono delle cicale europee, con la crescita economica spinta dai consumi interni ed un
record di deficit delle partite correnti pari al
14,1% del Pil nel 2007. Di questo passo l’indebitamento del sistema paese (settore pubblico e
privato) con l’estero è salito dal 43,4% nel 2000
al 93,7% del Pil nel 2007. Semplificando al massimo, per ripianare il debito estero dovremmo
tutti lavorare e produrre beni e servizi gratis per
un anno, barattando poi tutta la produzione con
i debiti contratti in passato. In questo scenario
importare prodotti e servizi per poi consumarli
sarebbe severamente vietato.
Non è del tutto chiaro a chi spetti la parte del
grillo parlante in un contesto del genere. Di certo non a noi italiani, che dell’export in Grecia abbiamo fatto un modello da replicare su scala
mondiale. Visto però che in questa congiuntura
la vecchia Dracma sarebbe stata letteralmente
stritolata sui mercati internazionali, qualcuno
dovrebbe cominciare a prendere le cose più sul
serio, anche tra di noi.
L’inflazione, “importata” anch’essa, è reg olarmente aumentata fino ad arrivare al 4,4% su
base annua ad aprile 2008. Il governo ha recentemente annunciato 41 misure volte a combattere il carovita: alcune - riservate esclusivamente
alle multinazionali dei prodotti di largo consumo, riguardano l’obbligo di notificare al Ministero dello Sviluppo i prezzi applicati in Grecia e
all’estero - sembrano di difficile attuazione. Altre, come la creazione di una lista nera delle a-
ziende che vendono a prezzi troppo alti e di una
commissione per l’ispezione ed il monitoraggio
del mercato contro speculazione e rincari sono
invece più un proclama politico che un piano
d’azione.
Nella relazione annuale, la Banca di Grecia auspica un aumento della produttività, del tasso di
occupazione e della competitività del sistema
paese e richiede al governo misure volte ad aumentare la propensione al risparmio dei cittadini. Alcuni potrebbero interpretare quello sui
risparmi come un invito malcelato a tagliare le
tasse sui depositi per dare un’ulteriore spinta alla
redditività delle banche locali. Non scordiamoci
che in realtà il calo dei consumi potrebbe creare
un effetto demoltiplicativo sulla crescita con ripercussioni ancora peggiori di quelle inflazionistiche. L’aumento del prodotto interno lordo nel secondo semestre 2007 è infatti calato al
3,7% rispetto al 4,2% del primo, mentre le previsioni per il 2008 parlano di una percentuale di
crescita al di sotto del 3,7% su base annua.
Probabilmente la chiave di lettura dei dati più
vicina alla realtà economica è quella della perdita
di competitività del sistema. Il livello di occupazione in Grecia è tra i più bassi dei paesi UE
dei 15, al 61,4% rispetto alla media del 66,2%,
con un’incidenza minima dei contratti part-time.
Si calcola che dal 2000 al 2007, ad un aumento
cumulativo dei prezzi del 15% sia corrisposto un
aumento del costo del lavoro diretto del 20% e
dei costi di trasformazione (spese generali industriali) pari al 41%. Il nuovo contratto collettivo di riferimento per l’industria ed il terziario
prevede aumenti salariali del 6,2% nel 2008 e del
5,9% nel 2009, aprendo sostanzialmente la porta
alla temuta spirale salari inflazione. Probabilmente anche per questo gli investimenti
privati nell’ultimo trimestre del 2007 e nei primi
tre mesi del 2008 hanno registrato una riduzione
del 4,7% e del 1% rispettivamente, con effetti
negativi sull’occupazione locale che potrebbero
arrivare a breve.
Nella relazione della Banca centrale si parla
stranamente poco di privatizzazioni e liberalizzazioni, ma si invita a favorire maggiormente
l’accesso degli investitori privati ad alcuni settori
(come ad esempio quello energetico) che
crescono vertiginosamente potrebbe abbassare
prezzi ed inflazione ed attirare capitali freschi
dall’estero. La Banca di Grecia accenna poi alla
necessità di aumentare la produttività della
pubblica amministrazione, senza però affrontare il problema di fondo dell’alto numero di dipendenti pubblici sono più di mezzo milione
che appesantiscono la macchina statale e sono
spesso asserviti al sistema politico.
Poche sembrano quindi essere le proposte
realizzabili per tornare ai ritmi di crescita del
passato, forse proprio perché queste dovrebbero riguardare misure impopolari che toccano il tenore di vita di molti nonché gli interessi
economici dei gruppi di potere più influenti.
E poi perché in fondo non mancano quelli che
sperano ancora nell’arrivo di altri cavalieri bianchi (o neri, o gialli) che vengono da lontano a
salvare l’economia nazionale, come la Deutsche
Telecom con Ote. L’importante è che chiunque
essi siano, non ci ricordino troppo in fretta che la
festa è finita.
Giacomo Carelli
Delta: la nuova filosofia Lancia
www.fiat.gr
Il “Salone della Tecnologia e della Creatività”,
(dal 4 al 6 giugno presso il centro Technopolis di
Gazi), ha chiuso un ciclo di eventi importanti
che hanno caratterizzato il “Festival italiano in
Grecia 2008”; la concentrazione di un gran numero di iniziative in un periodo di circa quattro
settimane, ha perseguito la finalità di creare un
clima di forte impatto dell'immagine del nostro
Paese sulla comunità locale.
L’Ambasciata d’Italia in Atene e l’Istituto per
il Commercio Estero, insieme alle altre Istituzioni pubbliche e private operanti in Grecia
(Cancelleria Consolare, Istituto di Cultura, Camera di Commercio mista e aziende) hanno dedicato grande attenzione a questo Paese, con cui
l’Italia intrattiene intensi rapporti politico-economici e che rappresenta un mercato di primaria importanza per il nostro interscambio.
Gli ultimi dati forniti dall’Ente Ellenico di
Statistica, relativi al periodo gennaio-febbraio
2008, confermano, infatti, l’Italia quale secondo
più importante partner commerciale della Grecia, dopo la Germania e prima della Russia,
Francia, Paesi Bassi, Cina, Belgio e Spagna. Nel
periodo in esame il commercio bilaterale tra
l’Italia e la Grecia ha registrato un incremento
del 6,6% rispetto all'analogo periodo dell’anno
precedente, attestandosi su un valore di 1.326
milioni di euro. In particolare, gli acquisti greci
dall'Italia sono ammontati a 1.016 milioni di
euro (+10,1% rispetto ai 12 mesi precedenti)
sebbene le importazioni greche dal mondo hanno subito una contrazione del 7,6%; le vendite
hanno raggiunto i 310 milioni di euro (-3,4%). Il
saldo, tradizionalmente favorevole all'Italia, è
cresciuto ancora e si è attestato a 706 milioni di
euro (601 milioni l'anno precedente). I risultati
fatti registrare dalle nostre esportazioni derivano sia dall'attività di un nutrito e crescente
numero di PMI (Piccole e medie industrie)
italiane, sia dalla ormai tradizionale presenza dei
grandi gruppi industriali nazionali.
Il “Festival italiano 2008” ha organizzato una
serie di iniziative che hanno consentito di mostrare quanto di meglio offre l'industria italiana,
capace di esprimere livelli di assoluta eccellenza
in tanti settori, dalla meccanica strumentale alle
tecnologie avanzate, alla moda, alla casa,
all’agroalimentare.
Tali iniziative sono state supportate dall’organizzazione di eventi culturali, quali dibattiti
con scrittori famosi, concerti, conferenze, di
eventi conviviali (festa della Repubblica del 2
giugno in Ambasciata, giornata con le Regioni,
ecc.) e da un’importante campagna pubblicitaria
sul’'intera manifestazione.
Sotto i rif lettori del “Salone della Tecnologia
e della Creatività”, però, era soprattutto il comparto dell’automobile: diventa possibile così
scoprire alcuni aspetti del “made in Italy” che a
tutt’oggi risultano, per molti, insospettati.
Universalmente apprezzata per la creatività e il
design, conosciuta in tutto il mondo per
l’eleganza, l’originalità e la qualità, l’eccellenza
della produzione industriale italiana nelle
tecnologie avanzate è, infatti, molto meno nota.
Gli amici greci, visitando la Mostra, hanno
avuto modo di ammirare una rassegna di alcuni
articoli di eccellenza della produzione tecnologica italiana che evidenziano l’unicità del
“saper fare”, tipico del nostro Paese e della nostra cultura.
Sono nove le aziende italiane che hanno aderito all’iniziativa, tutte particolarmente attive
nel mercato greco: il gruppo FIAT con il
marchio FIAT (automobili e veicoli commerciali leggeri), Lancia (segmento elegante) ed
Alfa Romeo (segmento sportivo); MASERATI e la LAMBORGHINI due vetture
eccezionali che uniscono il mito della velocità
all’emozione estetica; IVECO, uno dei maggiori costruttori di veicoli industriali, per il
trasporto di cose o persone, ma anche di veicoli
speciali antincendio, per la difesa e di motori
diesel; ALENIA AERONAUTICA del
gruppo Finmeccanica, attiva nell’ideazione,
progettazione, realizzazione e certificazione dei
velivoli militari e civili e sistemi di missione;
IMPREGILO operante nei settori delle costruzioni e dell’ingegneria e leader nella realizzazione di infrastrutture per il trasporto (costruzioni ferroviarie), per il ciclo di trattamento
delle acque reflue e dissalatori e nelle opere per
l'ambiente; gruppo SELI attivo nel settore
della costruzione di gallerie con sistemi meccanizzati con frese a piena sezione; FERRERO il quarto gruppo dolciario al mondo
con 36 società operative nel mondo, 15 stabilimenti e circa 19.600 dipendenti; gruppo
INTESA SAN PAOLO SPA presente ad Atene con una propria filiale dal 1993, la cui
“mission” è di natura “corporate”; FIAT
CREDIT HELLAS, una società commerciale
e di noleggio specializzata nella vendita a rate e
nel leasing di vetture e veicoli commerciali Fiat,
Lancia e Alfa Romeo.
La Mostra, inaugurata il 4 giugno dal Ministro
dello sviluppo ellenico, Cristos Folias,
prevedeva alcuni eventi collaterali, quali la degustazione di prodotti tipici italiani del settore
agro-alimentare e vinicolo (6 giugno), in collaborazione con AB Vassilopulos e con il mercato
ortofrutticolo di Atene, e tre serate musicali.
Il “Festival italiano 2008”, giunto alla sua seconda edizione, nonostante alcuni aspetti organizzativi da migliorare, ha l’indubbio pregio
di aver accomunato soggetti pubblici e privati
nel congiunto sforzo organizzativo e finanziario per il raggiungimento di un obiettivo univoco: quello di far parlare di Italia.
Antonello Canale
Direttore Ufficio ICE Atene
Notizie dalle Aziende
Magnolia Hellas. Due società leader nel
campo delle produzioni televisive, due paesi
diversi (Italia- Grecia), due esperienze industriali
diverse: un’unica società oggi con una unica
chiave di successo: la loro comune filosofia, accompagnata dalla loro professionalità e dall’assoluta conoscenza dei propri mercati e del
mercato internazionale. Due società, Stefi Film
e Magnolia TV, si uniscono sotto il nome di Magnolia Hellas. Il Presidente e Amministratore
Delegato della nuova società è Vittorio Pietra.
Merita di conoscere brevemente la storia delle
due società: Stefi productions è nata nel 1971 da
Vittorio Pietra (attualmente presidente C.d.A) e
Vassilis Katsufis. Da allora è diventata una delle
più importanti società di produzione. Stefi è
entrata nel campo delle televisioni nel 1987. È
stata la prima società a produrre live TV shows per
il canale privato Ant1 dal 1992. Stefi ha
prodotto anche numerosi programmi giornalieri
e settimanali come: “Live Shows”, “Concerts”, e
poi serials, documentari per le tv più importanti
(Alpha, Mega, Ant1, ET1, ET3, NET). Alcune
delle sue serie passate nella storia della TV sono:
“Ciao” (le tre serie), “Fantastico”, “Kato apo tin
Akropoli” ed altre. Inoltre, la società ha prodotto una serie della durata di trenta minuti, col
titolo “knowing Greece”, per la RAI ed una serie
di documentari per Bavarian TV. Il dipartimento
TVP impiega executives qualificati, i quali
analizzano le tendenze del mercato, analisi, proposte, realizzazione e cura di tutte le produzioni
televisive che hanno così tutti gli ingredienti
importanti per il successo. La MagnoliaTV productions, invece fa parte del Gruppo De Agostini e conta oltre la Magnolia Italia, Magnolia
Francia, Magnolia Spa Spagna. I fondatori:
Giorgio Gori, Ilaria Dallatanza, Francesca
Canelta. Magnolia è una società di produzione
televisiva specializzata in format d’intrattenimento per il mercato italiano e internazionale.
Nasce dall’unione di professionisti della comunicazione con una solida esperienza nella televisione commerciale maturata nell’arco degli
ultimi venti anni in reti diversi tra loro per scelte
editoriali e target. La capacità dei suoi leader di
scegliere i migliori talenti creativi in grado di
ideare qualsiasi genere di programma, l’attenzione alla qualità delle realizzazioni, l’abilita
di sviluppare format innovativi e di adattare quelli
non originali ai diversi mercati ha portato in
breve tempo l’azienda ad essere un punto di
riferimento dei maggiori network. Alcuni dei
formati di successo in Italia e nel mercato internazionale che hanno reso il nome di Magnolia uno dei leader nel suo campo sono:
“Eredità”, “L’isola dei Famosi”, “Music Farm”
e tanti altri programmi in onda su Rai 1, Rai 2,
Canale 5, Rete 4, Italia 1 ed anche su vari canali
nationali in Spagnia - “Camera cafè” (Tele 5),
“S.O.S. Adolescentes” (Cuatro) - e in Francia
dove Magnolia ha aperto una nuova sede. La
filosofia che differenzia Magnolia Hellas si basa
sulla: 1) cura assoluta del prodotto unita ad un
attento scouting di tutto ciò che si muove nel
mercato dei format internazionale; 2) una
grandissima conoscenza dei paesi in cui
produce,ed un know how per la realizzazione dei
format; 3) presenza al suo interno di uno staff
creativo che da alla luce un variegato catalogo di
prodotti originali e non, che ha come obbiettivo
di penetrare il mercato ellenico.
Aprilia. Il marchio si è aggiudicato una importante fornitura di mezzi per la polizia ellenica.
138 Pegaso, monocilindrico on-off prodotto
dalla casa italiana, saranno consegnati entro la
fine dell’estate alla polizia. I veicoli verranno approntati direttamente presso lo stabilimento
Aprilia ed arriveranno in Grecia pronti per essere consegnati. Questa fornitura rappresenta
un altro importante traguardo per la casa di
Noale che, grazie alle qualità dei propri prodotti,
è riuscita a sopravanzare la qualificata concorrenza delle marche notoriamente fornitrici
di tali tipi di mezzi. Nei prossimi mesi potremo
vedere con i nostri occhi, e con un certo orgoglio, circolare per le strade della Grecia i prodotti italiani identificati con la nota colorazione
della polizia stradale.
Comites
nel caos
Pubblichiamo due comunicati, a firma
di Saracini, apparsi sulle agenzie, che,
seppure con una analisi di parte, ci informano sullo stato delle cose del Comites Grecia - il “parlamentino” della
nostra comunità - che pur troppo non è
mai stato propositivo, nonostante il generoso contributo annuale erogato dal
MAE per il suo funzionamento. Oggi
il Comites ha a disposizione di più di
30 mila Euro.
17 Aprile. Angelo Saracini ha
presentato oggi le sue dimissioni
dalla presidenza del Comites
Grecia. Nel messaggio, inoltrato
per conoscenza a tutti i consiglieri del Comites, alla stampa e
a vari membri della comunità,
Saracini spiega che a motivare la
sua decisione sono state le «numerose e immotivate assenze in
massa dei sei consiglieri azzurri
che non permettono ormai da
troppo tempo al nostro Comitato di svolgere le sue attività a
favore della nostra comunità
come prevede la legge». «Ricordo ancora una volta - scrive, poi,
Saracini - che i suddetti consiglieri non si sono presentati neanche all'ultima assemblea
convocata presso la Scuola
italiana, contraddicendo di fatto
le loro presunte asserzioni della
non partecipazione alle assemblee nella sede provvisoria di via
Patision, come d’altra parte già
accaduto ad altre assemblee».
27 Maggio. «Il Comites Grecia
nato nell’illegalità chiude in
piena illegalità». Lapidario Angelo Saracini, presidente dimissionario del Comites della Grecia
che, all’indomani dell’ultima riunione, rilancia le sue accuse contro l’operato di alcuni consiglieri.
«Da ieri scrive Saracini il Comites non c’è più grazie ai consiglieri della Lista Azzurri che si
sono presentati dopo più di un
anno di assenze. L’allodola che li
ha raccolti è stato il consigliere
del CGIE Romagnoli». Saracini,
quindi, racconta che in apertura
di assemblea ha di nuovo denunciato il fatto che «non viene applicata la legge riguardo il comportamento e le continue assenze, e conseguente ostruzionismo sistematico, degli Azzurri».
Atteggiamento che «ha portato
alla paralisi completa del Comitato». Una versione che non è
stata condivisa dal rappresentante dell’Ambasciata, Martin
Brook. Quanto ai lavori del Comites, viste le dimissioni di Saracini occorreva provvedere alla
elezione del nuovo Presidente.
«In Assemblea - scrive - si poteva
eleggere a maggioranza, come
proposto, la consigliera Di
Bartolomeo, ex Presidente e con
un passato pieno di riconoscimenti e apprezzamenti da parte
di tutta la comunità italiana. Gli
Azzurri però hanno manifestato
apertamente la loro contrarietà e
la loro posizione che in futuro
avrebbe solo portato ad ostruzionismo e assenteismo per partito preso. Si è quindi deciso, a
votazione, con nove voti favorevoli e due contrari, di chiedere
lo scioglimento del Comitato».
Eureka ritorna
a settembre
.gr
Aut. Trib. Torino, n.5362 del 10.03.2000
Mensile in lingua italiana
Chiuso in tipografia il 3 Giugno 2008
Editore (Εκδότης): Maurizio De Rosa
Direttore(∆ιευθυντής): Sergio Coggiola
Sede: Arrianu 25, 11635 Atene
Tel: +30.210.7248240
In redazione: Valeria Arnaldi,
Maurizio De Rosa, Mauro Faroldi,
Luca Focardi, Vincenzo Greco,
Giuseppe Li Puma, Federico Nicolaci
Redazione romana: Salvatore Viglia
Via Veneto 108 - Cell: 338.3693774
Impaginazione: Maria Tsantila
Tipografia (Τυπογραφείο):
Pillar A.E. - Pertsemli 26
Virona 16231 - Atene
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