Il Paese in fiera - Politicamentecorretto
Transcript
Il Paese in fiera - Politicamentecorretto
Mensile in lingua italiana Giugno-Luglio 2008 Numero 62-63 - Anno 6 o .gr www.eureka.gr AMMUINA E CULTURA La bellezza è cultura. Chi meglio di noi italiani afferra questa raffinata equivalenza. Sarà per questa ragione che il logo dell’IIC di Salonicco è stampato sulla locandina della manifestazione “Miss Italia nel Mondo 2008”, che furbescamente - si è svolta il 2 Giugno, festa della Repubblica? La nostra rappresentanza culturale nella città macedone è in compagnia di ristoranti, pasticcerie, modelli di scarpe, porte blindate, agenzie ddi trasporti, saloni di bellezza, etc.: tutte società economicamente impegnate per questa vetrina del “born italians”. E quale è stato l’impegno dell’Istituto? Un rapido esame di italiano per la candidate? Quale il suo ritorno di immagine? La promozione dell’eccellenza didattica dell’Istituito? Un concorso di bellezza è una manifestazione culturale? È questa è cultura italiana? No, proprio no. Ma quale cultura e come trasmetterla all’estero? Volenteroso ed annoso dibattito che si infrange sugli scogli della burocrazia ministeriale e dell’arroganza gestionale. Sostiene il ministro Frattini: «La cultura e in particolare la cultura italiana è un formidabile strumento di sviluppo e insieme di promozione complessiva del nostro Paese nel mondo». E - aggiunge - «agli Istituti spetta il compito e l’ambizione di poter essere la macchina della lingua e dello stile italiano, del Made in Italy». Sulla stessa lunghezza d’onda si è dichiarato anche il ministro Bondi. Entrambi avevano risposto ad una riflessione di Salvatore Carruba che in un articolo, su “Il Sole-24 Ore”, aveva lanciato il quesito «a che serve la cultura», specificando, tra le altre sue considerazioni, che la cultura è uno «strumento di sviluppo e di promozione complessiva del Paese nel mondo (ed allora urgerebbe una riflessione sugli Istituti di Cultura all’estero)». Indicativo è il fatto che quando qualcuno suggerisse una “riflessione” - e non una “discussione” - sugli Istituti, piovino subito dichiarazioni politiche su quale ruolo devono avere nella promozione culturale. Ma sono dichiarazioni che sembrano giustificare il «facite ammuina» di alcuni direttori. Certo è invece che per gli italiani all’estero che fruiscono della cultura che viene offerta dagli IIC le analisi siano altre. A leggere le agenzie, ogni IIC ha le proprie specificità, per cui limitiamoci a elencare alcuni punti di casa nostra: mancanza di programmazione; mancanza di capacità di analisi della domanda culturale; mancanza di confronto con la comunità. Risultato? Si dimentica che gli utenti non sono i partecipanti di conferenze andate deserte, rari intellettuali, i soliti amici della congrega, ma greci che chiedono of ferte stimolanti e italiani che vorrebbero provare il piacere di sentirsi orgogliosi delle proprie radici, e non provare imbarazzo di fronte a certe “manifestazioni Pag. 3,culturali”. SAIA: la ricerca negata e-mail: [email protected] A Salonicco, Italia ospite d’onore In Italia In Grecia Istituti di Cultura: proposta di legge. Franco Narducci, Vice Presidente della Commissione Esteri alla Camera (eletto nella Circoscrizione Europa nella lista del PD), ha depositato in Parlamento una Proposta di Legge recante “Norme sugli Istituti italiani di cultura e la promozione e diffusione all'estero della cultura, della lingua e della scienza italiane”. Il parlamentare, nel depositare la Proposta di Legge, ha sottolineato che «tale Proposta nasce, conformemente a quanto ho dichiarato durante le elezioni scorse, dalla necessità di aggiornare la legg e 401/90 che regola il funzionamento della rete degli Istituti di cultura all'estero e disciplina le modalità di promozione della cultura italiana all’estero». «Un’esigenza - ha proseguito - fortemente avvertita non solo dal mondo culturale, politico e dalla società civile italiana, ma anche dalle comunità italiane residenti all’estero che ritengono ormai largamente superati i meccanismi di promozione della lingua e della cultura italiana posti attualmente in essere». Tolleranza zero. Padanità, difesa dei diritti degli italiani e salvaguardia delle tradizioni locali. Non sono temi nuovi, quelli sul tavolo del prosindaco di Treviso, il leghista Gentilini. Solo, questa volta, la sua crociata è a difesa dei cani. Italiani, certo. «Non vogliamo razze straniere - ha detto il prosindaco oggi chiedo un salto di qualità: avere come amico dell’uomo i cani e le razze che avevano i nostri progenitori. Vogliamo quegli amici dell’uomo che accompagnavano i nostri agricoltori e rispettavano l’economia floreale». La dichiarazione ha suscitato la reazione di allevatori e veterinari. Ha detto Fabio Fattori: «I cani sono sempre incroci di razze che vengono da diverse aree geografiche. È difficile trovare una razza italiana di cane, figuriamoci una veneta o addirittura trevigiana». Anche l'allevatore Guido Pontello smentisce l’esistenza di “padani a quattro zampe”. «Al massimo l’unica connotazione possibile è nazionale, vedi il setter inglese o il bracco italiano. Più specifici non si può andare». Il testamento biologico. È un documento che permette di lasciare scritta la volontà di morire e rifiutare le cure - ed è stato applicato per la prima volta in Italia. È successo a Modena, dove Vincenza Santoro Galani, 70 anni, ha scelto di morire “secondo volontà”. In particolare, a consentire alla donna di rifiutare le cure è stata l’applicazione di una norma del 2004, che stabilisce la possibilità di nominare un amministratore di sostegno, cioè una figura autorizzata a decidere in caso di perdita delle facoltà intellettive. Il 9 maggio scorso il magistrato aveva accolto la richiesta della donna, intenzionata a rifiutare ogni cura che potesse prolungare le sue sofferenze. E aveva nominato il marito amministratore di sostegno, come indicato dalla signora stessa. La donna era affetta da sclerosi laterale amiotrofica, una malattia incurabile, e aveva comunicato a suo marito e ai figli di non volere interventi né accanimenti terapeutici rifiutando, quindi, anche la respirazione artificiale. E il marito ha rispettato la sua volontà. Tabagismo in ritirata. In Italia diminuiscono i fumatori, ma cala anche l'età di quelli che iniziano a fumare. Il 61,8% ha acceso la prima sigaretta quando aveva meno di 17 anni. Il 17% addirittura prima di averne 15. L’età media della prima boccata è 17,4 anni. E gli uomini iniziano prima delle donne. Lo riferisce un sondaggio Doxa (realizzato su un campione di 3mila persone per l’Istituto superiore di sanità, l'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e la Lega italiana lotta contro il cancro-Lilt). Se, negli ultimi 50 anni, si assiste a una costante riduzione del numero dei fumatori» (confermata nell'ultimo anno: dal 23,5% del 2007 al 22% del 2008, pari a 11 milioni di italiani) preoccupa l’età molto precoce nella quale gli italiani si affacciano al vizio del fumo. «Circa il 45% dei fumatori ed ex fumatori italiani ha avuto il primo contatto con la sigaretta tra i 15 e i 17 anni», spiega la Doxa. Cittadino Romagnoli, adesso basta! In occasione della saga kitsch di “Miss Italia nel Mondo” all’ufficio del vice sindaco di Salonicco, con delega alla cultura, è arrivata - protocollata con il numero 1914 in data 16 Maggio una lettera di cui pubblichiamo uno stralcio: «Egregio Vice Sindaco, da parte degli organizzatori della manifestazione “Miss Italia nel Mondo Grecia” le chiediamo il patrocinio. (…) La manifestazione è organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura di Salonicco, dalla Camera di Commercio Italo-ellenica, dal Ministero degli Affari Esteri italiano, mentre sarà presente, in qualità di rappresentante del governo italiano, l’onorevole Massimo Romagnoli». Inoltre, un deputato - assessore in carica alla Pubblica Istruzione della Provincia di Messina - e un senatore, membro della Commissione Istruzione e Beni culturali, hanno inviato agli organizzatori lettere di incoraggiamento “pilotate”. Nella prima si legge: «Con l’occasione Vi informo che a giorni, su proposta dell’On. le Massimo Romagnoli sarà costituito alla Camera dei Deputati un gruppo di amicizia Italia-Grecia, composto da parlamentari greci e italiani, sono sicuro che insieme a lui avremo modo di collaborare con maggiore intensità sia sul progetto di Miss Italia Grecia che su altri progetti che interessano la comunità italiana in loco». Nell’altra: «Mi auguro che nei prossimi anni avrete il sostegno della Camera Italiana di Commercio di Salonicco e delle associazioni italiane che quest’anno per problemi tecnici sono stati assenti». La volpe Romagnoli e l’uva. «Non nascondo che talvolta penso che gli italiani all’estero non si meritino tante cose. Solo una piccola percentuale dei connazionali nel mondo è davvero interessata al voto. Se le cose cambiano per davvero, bene; se no, meglio lasciare stare tutto e non votare». Un gesto d’amore per “Clio”. Venerdi 20 giugno alla scuola materna “Il Mulino Magico” si terrà una manifestazione, aperta a tutti, un po’ diversa dal solito. Dalle ore 17.30 alle 22.00 verrà allestita una mostra dei lavori artistici dei piccoli alunni che saranno messi in vendita, assieme a posters, piccoli oggetti costruiti sia dagli stessi bimbi sia dalle maestre. Inoltre è stata indetta una lotteria. Il ricavato sarà devoluto, tramite la Caritas di Atene, a “Clio” (nome fittizio di una bambina di 22 mesi) che vanno a coprire una parte delle spese per le sue due recenti operazioni al cuore (soffre di tetrade di Fallot), avvenute alla clinica Onassio. La Caritas sta già offrendo a “Clio”, al fratello di cinque anni e alla madre una casa-rifugio in quanto sia la mamma che il maschietto sono vittime di maltrattamenti e violenze familiari. Per l’acquisto dei biglietti e/o per la partecipazione: “Il Mulino Magico”, Troados 23, Aghia Paraskevì, Tel. 2106003148. (e.d.a.) Cambio della guardia. Costanzo Raimondo, da oltre dieci anni segretario generale della Camera di Salonicco, ha lasciato la carica a fine maggio. La serietà che lo ha caratterizzato e la grande disponibilità dimostrata a tutti quelli che lo hanno incontrato non potranno essere dimenticate. Gli succede Marco Della Puppa, già suo assistente, cui vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro. L’Ambasciata d’Italia in Atene annuncia il bando di un concorso per l’assunzione di un impiegato con mansioni di autista-commesso-centralinista. Richieste le relative competenze professionali e la perfetta conoscenza dell’italiano e del greco. Termine della presentazione della domanda: 18 Giugno. Per informazioni rivolgersi all’Ambasciata d’Italia. Tel.: 210-3617260 oppure 210-3617263 o consultare il sito: www.ambatene.esteri.it/Ambasciata_Atene/Menu/Ambasciata/News/ sekeri, 2 Il 28 maggio insieme al Segretario Generale del Ministero della Macedonia e Tracia, Lukas Ananikas, l’Ambasciatore Gianpaolo Scarante ha inaugurato a Salonicco la mostra Alessandro Magno: Opere dalle Collezioni dei Musei della Macedonia e Iconografia del Mito in Italia. L’esposizione, organizzata dal Museo Archeologico di Salonicco, dall’Ambasciata d’Italia e dall’Istituto Italiano di Cultura di Salonicco durerà fino al 15 di novembre. Il 23 maggio l’Ambasciata insieme ai Comuni di Kifissia, Egaleo, all’Associazione dei Comuni dell’Attica “TEDKNA” e alle Associazioni “Meno Velocità più Vita” e “Pedoni di Kifissia”, ha organizzato il Concerto per la Vita. Sul Palco del Teatro Municipale di Egaleo si è esibito anche il gruppo de I Nomadi che ha suonato per la prima volta in Grecia varie canzoni del suo repertorio. L’iniziativa mirava a sensibilizzare i giovani sul tema della sicurezza stradale incoraggiandoli, come sottolineato dal palco dal Prof. Elio Celone, Presidente dell’Associazione “Meno velocità, più vita”, ad improntare la guida sempre alla massima prudenza. Il 30 maggio presso il Teatro Regio si sono svolte a Salonicco le celebrazioni per la Festa della Repubblica. Dopo un saluto dell’Ambasciatore e la consegna di alcune onorificenze, si è tenuto un concerto dell’orchestra da camera de I Solisti Veneti che hanno eseguito musiche tra gli altri di Vivaldi, Paganini e Rossini. I giardini dell'Ambasciata hanno accolto il 15 maggio una serata dedicata alle creazioni della moda e del design italiano. L’evento, organizzato in collaborazione con la Camera di Commercio italo-ellenica di Atene, ha presentato ad un pubblico di oltre quattrocento ospiti una selezionata rassegna di prodotti italiani di alta gamma tra cui le creazioni di “Luxottica”, “Ferrari”, “Montegrappa” ed “Artemide”. Per iniziativa dell’Ambasciata ed attraverso il concreto impegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Salonicco, l’Italia è tornata alla Fiera del libro di Salonicco, svoltasi tra il 29 maggio e il primo di giugno. Nello stand appositamente allestito sono state presentate le novità editoriali per l’insegnamento dell’Italiano agli stranieri. Altri importanti temi culturali (arte, archeologia, saggistica, ecc.) sono stati presentati negli stand dei singoli editori italiani presenti. 2 Giugno, consegnate le onoroficenze In occasione della Festa Nazionale della Repubblica sono state consegnate da Gianpaolo Scarante le onorificenze a: Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana. Stavros Cosmatos, Lila Cronopulu-De Chaves, Maria Angela Ielo, Ioannis Manos; Alexander Mitrogogos, Davide Saltiel, Nikos Tsuclos, Tamara Rocchi, Margherita Bovicelli, Jorgos Assimakis, Andrea Riziotis, Jorgos Kostantes. Commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana. Jorgos Teodoro Limberakis, Umberto Reni Nicholas Stampolidis, Angelo Delivorias, Marina Lambraki-Plaka, Cristos Sarandopulos, Antonios Danassis.Afentakis. Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana: Spiros Flogatis, Emanuele Greco, Francesco Scandale. Andreas Riziotis è stato insignito del titolo di Cavaliere OSSI su proposta dell’Ambasciatore Gian Paolo Cavarai, cui va il merito di aver riconosciuto il valore del suo lavoro. «Esempio incomparabile di approfondimento, ricerca, diffusione e promozione della lingua e cultura in Grecia. Con la sua vasta attività e la sua intuizione letteraria di tradurre e diffonder e la Divina Commedia nella lingua greca parlata e popolare ha permesso al pubblico greco di conoscere a fondo l’opera del Sommo Poeta e assaporarne i significati sostanziali». È quanto si leg ge nella motivazione. All’amico Andreas invio i miei più sinceri complimenti. Mi associo alla sua gioia contenuta. Per questo anziano e distinto signore che, negli ultimi anni, ha dedicato buona parte del suo tempo alla traduzione della Divina Commedia, “Eureka” ha intrapreso una aspra polemica con l’allora direttore dell’IIC di Atene, Molisani, il quale, nonostante diverse sollecitazioni dello stesso Riziotis non ha mai, dicesi mai, preso in considerazione il suo prez ioso lavoro. E infatti, la sua è l’unica traduzione integrale in greco del testo di Dante. A Molisani, Andreas Riziotis si era rivolto parecchie volte e per poter accedere ai fondi, messi a disposizione dal MAE per le traduzioni e per aver e la possibilità di presentare la sua fatica nelle aule dell’Istituto. Per entrambe le richieste, da Molisani sono soltanto arrivate risposte di sufficienza, se non di irritazione. Per il dir ettore esondante“filologo” della lingua greca, ma con una specializzazione in epigrafia latina - il lavoro di Riz iotis non raggiungeva un livello “scientifico” suf ficente.(s.c.) [email protected] La Spirale termina la sua curva in basso. Quanta sofferenza, quanta ignavia inutile. Comincia la risalita. Infine. Nulla di nuovo, tutto nuovo sulla strada dell’Evoluzione. La responsabilità per i propri pensieri diventa più vera, quasi quanto la giusta carezza ad un bimbo inerme. Pure, continui a riproporti con gli stracci della tua immagine vetusta, come se lo spazio vuoto non fosse invece già pieno nella mente del Tutto. Causa e Effetto, nel gioco eterno dell’Essere, non sembrano averti insegnato quanto Potere dimora nel tuo pensare, e segui pensando maldestro. Ma ricorda, i Piani Sottili non possono apparire nelle vecchie forme. Il Paese in fiera Gianpaolo Scarante Ambasciatore d’Italia L’Italia ha accolto l’invito a partecipare alla Fiera Internazionale di Salonicco in qualità di “Paese Ospite d’onore”. Siamo onorati di questa possibilità e faremo del nostro meglio per assicurare una presenza autorevole e aggiornata, significativa della realtà dell’Italia di oggi in tutti suoi aspetti. Stiamo lavorando, in un clima di ottima collaborazione, con tutte le Autorità locali e i responsabili dell’organizzazione della manifestazione per realizzare una serie di iniziative di carattere economico e culturale. Vogliamo offrire spunti e prospettive sul nostro Paese che siano in grado di interessare il grande pubblico che visita la Fiera, sia che si tratti di operatori economici sia che si tratti di semplici visitatori. Vorremmo inoltre che la presenza italiana sia un omaggio alla città di Salonicco e a tutti i suoi abitanti. Tutte le più importanti aziende e gruppi italiane presenti in Grecia, da Impregilo a Edison ed Eni solo per citarne alcune tra le più importanti, parteciperanno all’esposizione fieristica con propri stand. Attraverso la visita del settore riservato all’Italia sarà possibile avere una panoramica completa di quello che l’economia italiana offre oggi nei settori industriale, meccanico, impiantistico e dell’energia, passando attraverso la tecnologia e la scienza d’avanguardia senza trascurare l’offerta più avanzata e completa di servizi per l’industria. L’anno 2008 è stato dedicato al pianeta Terra. L’Italia a Salonicco porterà una articolata esposizione scientifica dal titolo “Madre Terra”, in collaborazione con il gruppo Finmeccanica-Telespazio, che partecipa al consorzio per la realizzazione del satellite europeo per il monitoraggio globale dell’ambiente. L’esposizione che sarà curata dalla “Pnykart Foundation” e sarà accompagnata da un convegno scientifico e specifici seminari tecnici organizzati dal gruppo Finmeccanica-Telespazio, per sensibilizzare i visitatori sull’importanza del cambiamento climatico e sulla necessità di agire in modo concertato per proteggere il nostro pianeta dai gravissimi rischi ambientali incombenti. Stiamo inol tre lavorando per una nutrita serie di eventi collaterali che accompagnino la manifestazione economica. Per quanto concerne la musica nel corso della fiera sarà inaugurato il primo “Festival Italo ellenico” in collaborazione della “Pnykart Foundation” che prevede concerti della Nuova compagnia di canto popolare di Napoli, di Elena Ledda e Mauro Palmas, di James Senese e di Danilo Rea, tutti ottimi artisti che si esibiranno affiancati da cantautori greci tra cui per citarne alcuni Savina Jannatu e Jannis Charulis. Ma l’Italia è conosciuta in Grecia anche per il folclore e le sue tradizioni. Nel corso dell’evento, all’interno degli spazi della Fiera e nel centro della città, in collaborazione con il Comune di Salonicco, si svolgeranno le sfilate dei famosi sbandieratori toscani e dei figuranti del Consorzio Rievocazioni Storiche di Venezia, che ricorderanno la storia e le grandi tradizioni del nostro paese. Dall’Italia arriveranno alcune vere e originali gondole veneziane, che navigheranno sul lungomare di Salonicco. Sarà così possibile per gli amanti dell’Italia compiere una classica escursione in una vera gondola veneziana partendo non dalla Piazza San Marco della città lagunare, ma dalla Torre Bianca di Salonicco. Per la moda, altro aspetto per cui è qui noto e apprezzato il nostro paese, due giorni saranno interamente dedicati al design e allo stile italiano. Tra l’altro, avremo una mostra sulla storia degli ultimi 50 anni della moda italiana con capi di abbigliamento ed accessori indossati dai più noti personaggi del cinema internazionale. Avremo inoltre una sfilata di alta moda e prêtà-porter con una selezione di modelli delle ultime collezioni donna dei più noti stilisti italiani. Sono coinvolti tutti gli importatori locali dei grandi marchi italiani in Grecia, a testimonianza del forte impatto anche economico che riveste questo settore. Non mancheranno infine una rassegna cinematografica con i capolavori del cinema italiano neorealista organizzato in collaborazione con il Festival Cinematografico di Salonicco in previsione di una più stretta collaborazione nel futuro tra il Festival di Salonicco e quello di Venezia, e un evento sportivo. Stiamo lavorando per un incontro di calcio tra i veterani della nazionale italiana Campione del Mondo 1982 e una squadra di veterani del calcio ellenico. Da questo sia pur rapido elenco, credo emerga lo sforzo e l’impegno che, insieme alle autorità locali, stiamo producendo per assicurare un programma che sia all’altezza delle aspettative e del grande rilievo che riveste la Fiera internazionale di Salonicco. 2 Giugno-Luglio 2008 La vendetta “sommaria” al quartiere Pigneto L’inviato de “La Repubblica” racconta la sua visita al centro di accoglienza che raccoglie quasi mille profughi Slancio Patrasso: l’inferno del campo comune Roma: giustizia e intolleranza «L'ho fatto per lo schifo che c'è al Pigneto. Basta andare al commissariato di Porta Maggiore e vedere le denunce fatte dai cittadini. È una cosa mia, personale. La politica leviamola da mezzo». È questa una delle prime dichiarazioni rilasciate dall’uomo indagato come responsabile del raid avvenuto a fine maggio al Pigneto, a Roma. «È una cosa mia personale», dice l’uomo, che si è presentato spontaneamente in Questura. Ma, ammette lui stesso, a fargli compagnia in quella “personale” vendetta, ha trovato una quindicina di persone, che hanno finito per trasformare la rabbia di uno, in una spedizione punitiva. La storia è semplice, quasi banale: a una donna viene r ubato il portafoglio ed un suo amico cerca di ritrovarlo. Chiede in giro ad alcuni immigrati, che sa essere “informati” e gli viene indicato un negozio di uno straniero. Qui, trova un extracomunitario che gli promette di farglielo riavere, ma, al successivo appuntamento, l’uomo non porta nulla. E scattano le minacce: «Se vedemo alle 5, se non salta fuori il portafoglio sfascio tutto». Alle cinque, il portafoglio non “salta fuori”, a farlo però sono quindici giovani del quartiere, che, forse hanno solo voglia di alzare le mani, o, forse, rappresentano la disperazione di una zona “assediata” dalla microcriminalità, spesso di matrice straniera, che diventa il simbolo di una cittadinanza che si sente sola, abbandonata e costretta a farsi “giustizia da sé”. Il resto è la comune cronaca di un danneggiamento, con vetrine e saracinesche sfondate. Questi, in sintesi, i fatti. Per uscire dalla sintesi, basta fare attenzione ad alcune parole usate nel racconto: «immigrato», «straniero», «extracomunitario». La differenza, in questa storia, è tutta lì. Perché la città è divisa. Da un lato, gli immigrati che accusano i romani in particolare, ma gli italiani in generale, di essere razzisti. Dall’altro, una cittadinanza che, come riconosciuto dalle stesse autorità, percepisce l’improvvisa insicurezza del proprio spazio urbano. E vitale. È proprio su quest’ultimo concetto che ci si dovrebbe concentrare per cercare di capire la reale dinamica dei fatti, ma questo non accade. Non lo fanno i media. Non lo fanno i politici. Non lo fa la gente comune, che accetta la versione che le viene offerta: è un raid razzista, fascista, squadrista, neo-nazista. In pochi si chiedono cosa effettivamente significhino quelle parole, molti le usano semplicemente perché riempiono la pagina o la bocca. E fanno effetto. Un brutto effetto, che va, in un certo senso, a “nobilitare” un atto di vandalismo. Perché, seppure sbagliata, un'ideologia, comunque nobilita chi vi crede, riconoscendo un movente più “alto” alle sue azioni, anche se condannabili. Al Pigneto, però, è accaduto qualcosa di diverso e, forse, ancora più grave: la spedizione è avvenuta, dice il responsabile, per «lo schifo che c’è». Non contano Destra e Sinistra, conta che quella è stata la reazione dell’uomo qualunque. Certo, un uomo che ha precedenti contro il patrimonio e non esita ad alzare le mani, ma un uomo che non voleva difendere bandiere o filosofie, solo riavere il “suo”. E questo è molto più difficile da contenere di qualunque mini-movimento di estremisti. Facciamo un passo indietro. Torniamo in Questura. Il giorno prima di quello in cui il responsabile del raid si è andato a presentare agli agenti, dalle prime ore del mattino, gli agenti della Confederazione Autonoma di Polizia-Consap, manifestavano imbavagliati davanti alla sede, per denunciare «la carenza di risorse che impediscono di garantire la sicurezza della città». Poliziotti, nella loro giornata di riposo, picchettavano davanti ad altri poliziotti, in divisa, per chiedere più attenzione per una città che, in molti quartieri, confessano, «è abbandonata a se stessa». «Occorrerebbero almeno altri due o tremila agenti spiega il Sindacato . Alcuni Commissariati non riescono a far uscire le macchine. La sera, c’è un'unica pattuglia con l’etilometro a turno. Mancano i mezzi, le attrezzature, gli uomini. Al Pigneto, i poliziotti non sono andati, perché non c’erano agenti». Insomma, gli uomini non ci sono. Né per garantire la sicurezza ai romani, né per garantirla agli stranieri. Nel frattempo arriva la notizia dell’Associazione Nazionale Thèm Romanò Onlus che promuove un corteo di protesta civile contro atti di razzismo nei confronti dei Rom e Sinti in Italia, dal quale poi «si passerà alla costituzione di un Coordinamento Nazionale Permanente Antirazzista». E adesso che c’entrano i rom? C’entrano, perché l'Associazione si è presa i tempi necessari all’organizzazione del corteo, ma, nel frattempo, la causa che lo aveva scatenato il lancio di molotov contro campi nomadi è caduta nel dimenticatoio, schiacciata dai più recenti episodi di questa guerra che si combatte tra italiani ed immigrati. Ormai, ogni giorno. «C’è un silenzio assordante, in questo momento in Italia scrive Alexian Spinelli, presidente dell’Associazione, nella nota in cui annuncia il corteo - un silenzio colpevole, delittuoso. Può portare a un genocidio culturale pericoloso che noi Rom conosciamo sulla nostra pelle col nome di Porrajmos (divoramento), è marchiato sulla nostra carne! (…). Certo che il singolo che delinque va punito secondo le leggi vigenti ma non si può colpevolizzare un popolo intero, è razzismo! Com’è possibile che, mentre la situazione italiana è chiarissima, all’estero visto il monito del Parlamento Europeo al nostro governo, in Italia nessuno si accorge di nulla? Non una sola voce autorevole di esponenti politici o ecclesiastici o di intellettuali italiani s’elevata per condannare una simile barbarie! Silenzio, silenzio tuonante!». È vero, perché il male possa dire la sua è sufficiente che i buoni rimangano in silenzio. O che parlino senza trovare nessuno che li ascolti. Così, per paradosso, la gente pensa che sia la sicurezza il fronte su cui stranieri e italiani combattono questa battaglia. In realtà, questa non è il campo, ma finisce per essere motore e traguardo. C’è bisogno di sicurezza. Per tutti, stranieri e romani. E di giustizia. Valeria Arnaldi «Qui è peggio dell’Africa». Fa specie che a dirlo sia uno, Ibrahim, che non sa niente dell’Africa. Un povero pastore afgano del nord, un azara. Da sempre discriminato in patria rispetto a un pashtun o a un tagiko, costretto fin dalla nascita al peggio e alla guerra, ma che ora, qui in Grecia, si sente ridotto a «uno zero assoluto». Uno che a nemmeno trenta anni è già arrivato al capolinea della vita. Senza più alcun diritto se non quello di morire. E pensare che per raggiungere l’Europa s’è venduto casa, pecore e quel poco di terra che gli aveva lasciato il padre. Seimila euro in tutto, in gran parte serviti per pagarsi il “viaggio”. Viaggio è però una parola che non rende, quasi un’offesa allo strazio che l’ha portato - nascosto nel cassone di un camion quando non addirittura nel baule di una auto - attraverso migliaia di chilometri prima in Pakistan, poi in Iran, quindi in Turchia, infine su un’isoletta greca di cui nemmeno sa il nome e da dove su una barchetta, insieme ad altri come lui, pigiati come sardine, è poi approdato a Patrasso. E qui, fine della corsa e fine del sogno. Anzi, fine di tutto perché i greci non scherzano con i clandestini. Niente centri d’accoglienza e poche chiacchiere se sia giusto o sbagliato trattarli così. Solo indifferenza e fastidio per un problema senza soluzione. Impossibile, infatti, rimandarli indietro. Così come impossibile, a causa del patto che lega la Grecia agli altri partner europei, fingere di non vedere. Chiudere, insomma un occhio e lasciarli liberi di arrivare a Roma, Amburgo, Madrid o Stoccolma che sia. In attesa di non si sa cosa bisogna pur stoccarli da qualche parte perché non facciano danni e soprattutto non turbino l’ordine pubblico. Su una delle tante isole dell’arcipelago o qui non lontano dal porto di Patrasso, che dopo Atene e Salonicco è per grandezza la terza città del paese. In uno spazio aperto che non si può nemmeno definire carcere, perché in carcere quantomeno ti danno da mangiare, ma dal quale non si può uscire e dove tutti i giorni sei costretto a stringerti un poco di più per far posto ad altri disgraziati come te. Il “campo” non ha nemmeno un nome. È una brulla radura al centro di un parco non distante dal lungomare “Iroon Politechnion”. Basta entrarci, anche solo per un attimo, rendersi conto dell’infinito squallore mentre centinaia di occhi ti scrutano smarriti, per pensare che in uno zoo si sta meglio. Che qualunque cosa è preferibile a questa fogna a cielo aperto dove nessuno fa più caso alla puzza, alla promiscuità e agli insetti. Qualcosa di indegno per un essere umano e che stride ancor di più perché non lontano da qui la vita scorre normale. C’è gente che passeggia per strada, coppie che sorridono sedute al bar davanti a una bibita e altri che giocano a tennis o calcetto nei circoli d’intorno. Indifferenti anche loro, come tutti del resto. Il “campo” n on lo si può nemmeno definire una favela perché le baracche, meglio le cucce, in cui dormono per terra in quindici, venti o più hanno muri di cartone che un temporale può spazzare via da un momento all’altro. E sono un forno d’estate e un frigorifero d’inverno. Di servizi igienici nemmeno a parlarne. I mille e più prigionieri di questo lager per i loro bisogni si devono “appartare” all’ombra di qualche albero. Per lavarsi c’è una pompa, pietosamente messa a disposizione da un’ong, o il mare per quei pochi che di notte riescono a raggiungerlo. Gli afgani qui sono maggioranza assoluta. La gran parte adolescenti: 15, 16, 18 anni al massimo. Azara per lo più, l’etnia perdente, da quella dei lavori più umili al tempo del talebani. Fuggiti da un paese senza speranza e finiti qua giù in un posto di mare, quel mare che molti di loro non avevano mai visto, dopo essersi spogliati di tutto. Fino a diecimila euro hanno pagato a mercanti di uomini per avere la chance di un lavoro quale che fosse, la possibilità di raggiungere un parente che ce l’aveva fatta in Italia, Francia, Spagna, Germania o Svezia cui chiedere aiuto. Non parlano, fingono di non capire anche se ci si rivolge con qualche frase di cortesia nella loro lingua. Non si fidano di nessuno, hanno paura e guardano Ibrahim che è il più vecchio del gruppo e il leader di questa umanità allo sbando, perché li tolga d’impaccio. «Noi non siamo ladri, non vendiamo droga, eppure il solo fatto che siamo afgani fa sì che ogni tanto arrivi la polizia, frughi tra le nostre povere cose e poi per dare un senso a queste irruzioni si porti via qualcuno. Così, senza ragione». Sarebbero già morti di fame se qualche organizzazione caritatevole, privata sia chiaro, non portasse loro ogni tanto un pugno di riso. Per paradossale che possa sembrare però non hanno perso la fede, forse perché credere è l’unica cosa che è rimasta loro, e per ciò hanno allestito in quel nulla una “stanza” per pregare, nella quale nessuno s’azzarda a dormire. I greci hanno risolto alla loro maniera il problema immigrati. In un cocktail di pugno duro e tolleranza interessata. E forse non è un caso che per questa povera gente abbiano coniato un’espressione che la dice lunga: “ekonomikos metanastes”, emigranti economici. Braccia che servono a irrobustire il pil, a fare in altre parole quei lavori che anche qui nessuno vuole più fare - in agricoltura e nell’edilizia soprattutto - a patto che se ne stiano buoni, che siano invi-o sibili. Sarà per le leggi più dure, sarà per altro ma in Grecia non c’è alcun allarme sociale attribuibile agli immigrati. Eppure negli ultimi vent’anni ne sono arrivati a centinaia di migliaia. «E anche se non ci sono cifre ufficiali - sostiene Theodoros Benakis, managing director dell'Imn (International media network) che pubblica settimanali in almeno sette lingue, quelle delle comunità più numerose che lavorano in Grecia - non si è lontani dalla verità sostenendo che siamo oltre il milione di presenze. Sono tentato di azzardare anche un milione e mezzo». Più del dieci per cento, dunque, del totale degli abitanti del paese. Gli albanesi sono la maggioranza, oltre il 50 per cento di quel milione e passa. La loro immigrazione è storia vecchia. Risale agli inizi degli anni Novanta, al collasso del comunismo e all’esodo di massa che travolse anche l’Italia. Arrivavano attraverso la frontiera, qualcuno passava e quel altro no. I meno fortunati erano subito ricacciati indietro senza tanti complimenti. Ma ci riprovavano poco dopo. Nemmeno le leggi per rigide che siano possono fermare chi ha fame. E dagli e ridagli alla fine la maggior parte di loro ce l’ha fatta, si è integrata, ha trovato lavoro, ha messo su famiglia ed ha perfino ottenuto la nazionalità. Cosa non facile per tutti gli altri. Anche quando, infatti, ci sono i requisiti per mettersi in regola, ci si arrende di fronte all’ultimo ostacolo: la burocrazia. Moduli e moduli da riempire, giornate e giornate di lavoro perso, per poi sentirsi dire se non si è disposti ad aprire il portafogli, che manca ancora qualcosa, che c’è bisogno di un ulteriore documento. Renato Caprile La Repubblica Visita ufficiale del sottosegretario agli esteri Kassimis nei paesi “griki” di Puglia e Calabria. Il suo grazie all’Italia Ellinofoni, i glossa zi plategunda «I glossa zi plategunda». In italiano si traduce come «la lingua vive parlata». “Plategunda” è il participio presente del verbo “platèzzi” che significa “parlare”. È quanto risulta dal vocabolario Grecanico-Italiano, edito a Bova, un paese elleninofono di Calabria,e curato da Filippo Violi. Secondo alcuni studiosi locali, il verbo ha radice classica e si trova anche nell’Iliade di Omero. Oggi, sono circa ventimila le persone che, in Calabra e in Puglia, parlano ancora questo dialetto ellenico. Tempo fa, il nostro Parlamento ha riconosciuto queste due comunità come gruppo etnico distinto e come minoranza linguistica. In Calabria, come nel Salento si studia a scuola anche il greco moderno (fino al liceo) con il concreto aiuto della Grecia che ha spedito quindici insegnati di madrelingua, e sempre con l’aiuto di Atene, queste comunità hanno un continuo contatto con la Grecia, tramite scambi culturali, e tramite la partecipazione comune nei diversi programmi europei (ad esempio quelli Interreg). A fare visita a queste comunità si è recato recentemente Thodoros Kassimis, sottosegretario agli esteri con la delega all’ellenismo nel mondo. Prima in Calabria e poi in Puglia. Viaggio ricco di simboli su come la Grecia pensi alla propria “diaspora”. Loro, i “griki” non hanno passaporto ellenico, si sentono italiani a tutti gli effetti, quindi da un punto di vista cinicamente politico non rappresentano un serbatoio di consensi, ma le loro radici sono elleniche, e tanto basta. E dunque Kassimis, accompa-gnato dagli ambasciatori a Roma e presso il Vaticano, ha sentito il dovere di portare la voce della Grecia, incoraggiare questa “minoranza” a sentirsi orgogliosa della propria lingua e delle proprie tradizioni. Sulle origini di queste comunità elleninofone i pareri sono discorsi. C’è chi sostiene che sono i discendenti di quelle popolazioni che dettero vita alle colonie della Magna Grecia; altri pensano che siano nuclei che si sono formati durante l’impero bizantino. In effetti l’architettura basiliana di Calabria - vedi la Cattolica di Stile, la Chiesa di Rossano o la Cattedrale di Gerace - segue l’ordine architettonico bizantino con l’abside rivolta verso oriente, così pure non va dimenticato che fino a inizio Cinquecento la messa seguiva il rito ortodosso. La visita di K assimis ha travalicato con immediatezza il protocollo ufficiale. In Calabria come in Puglia, la gente ha accolto la delegazione ellenica con canti, balli, poesie, e dolci. Soprattutto nella Grecia Salentina, dove i comuni elleninofoni si sono riuniti in un consorzio. Nel Salento Kassimis è stato accolto con un “kalòs ìrtate” (benvenuto). Era giunto nell’isola felice in cui sopravvive, e da pochi anni rivive, il “griko”, orgoglioso discendente linguistico di un periodo di splendore “greco e bizantino” che questa terra ha vissuto, secoli fa, e che tramandato fino ad oggi si è fatto testimonianza, anche attraverso i versi e i canti della tradizione “grika”, della nostalgica sensazione di trovarsi lontano dalla terra natia, eppure a casa, sotto un sole cocente e avvolti in una valle d’ulivi che conferma, anche per il sottosegretario, questa percezione di “patria”. Orgoglio trasformatosi, oggi, in speranza per le nuove generazioni che il griko lo studiano a scuola, di pari passo con il neogreco, perché la preziosa eredità che i nonni hanno lasciato loro continui a vivere mentre si riscoprono le radici comuni con la vicina Grecia, qui chiamata “mana” (madre), nonostante si ribadisca ostinati la propria italianità. Forti emozioni per Kassimis sin dall’arrivo a Sternatia, dove è stato accolto da anziani del paese che lo hanno omaggiato, anche loro commossi per l’importante visita, con poesie d’amore della tradizione grika. È stata poi, la volta di Martano, dove Kassimis ha così esternato le proprie sensazioni: «Sin da ieri sera, allìarrivo in questa terra, mi sento in mezzo ad amici e parenti. Vi è una psicologia comune tra le nostre popolazioni, perché si fonda su radici culturali comuni. Ciò che eravamo ieri ci porta verso ciò che saremo domani e se si tramanda quanto in comune già esiste, allora il futuro sarà migliore, attraverso la cooperazione tra le popolazioni. La Puglia e la Grecia sono legate dalla cultura e dalla lingua che, fortunatamente, oggi è difesa anche dal governo italiano». E ha aggiunto quanto sia importante questo legame «in un periodo che cerca di accomunare tutto e tutti, nell’era della globalizzazione, i paesi che hanno una cultura comune devono impegnarsi nella tutela delle proprie radici». Le parole di Kassimis hanno assunto anche un importante significato politico, dimostrato anche dalla presenza di tutti i sindaci dei paesi ellinofoni, e dalla presenza del senatore Gallo e dell’onorevole Ria ai quali Kassimis ha espresso «sincera gratitudine nei confronti del governo italiano per il sostegno alle realtà ellinofone presenti nel suo territorio, e non per una forma di educazione nei confronti degli sforzi e delle iniziative del governo greco al riguardo, ma soprattutto perché ne comprende le ragioni fondamentali e condivide gli obiettivi». Marina Greco Il messaggio per il 2 Giugno del Presidente Napolitano. In Italia c’è il rischio di una «regressione civile». Parole durissime quelle pronunciate dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio agli italiani in occasione della Festa della Repubblica. Parole dure e toni preoccupati. Che alludono ai recenti fatti di cronaca dalla questione dell’immigrazione e dei raid a quella dei rifiuti. Intolleranza, violenza, insofferenza forte verso «legittime decisioni dello Stato democratico». Di fronte a tutto questo, Napolitano lancia un appello: rifondare l’Italia come avvenne nel 1946 quando nacque la Repubblica e il Paese riuscì a ripartire dopo la guerra con «un forte impegno e slancio comune». «Non posso tacere la mia preoccupazione, in questo momento, per il crescere di fenomeni che costituiscono - ha detto Napolitano - la negazione dei principi e valori costituzionali: fenomeni di intolleranza e di violenza di qualsiasi specie, violenza contro la sicurezza dei cittadini, le loro vite e i loro beni, intolleranza e violenza contro lo straniero, intolleranza e violenza politica, insofferenza e ribellismo verso legittime decisioni dello Stato democratico». «Chiedo a quanti, cittadini e istituzioni, condividano questa preoccupazione - ha aggiunto - di fare la loro parte nell’interesse generale, per fermare ogni rischio di regressione civile in questa nostra Italia, che sente sempre vive le sue più profonde tradizioni storiche e radici umanistiche». L’Italia avrebbe bisogno di «un forte impegno e slancio comune», come sessant’anni fa, quando speranza e volontà diffuse fecero «rinascere il Paese in un clima di libertà, attraverso uno sforzo straordinario di solidarietà e unità». Oggi, ha sottolineato, «non possiamo permetterci di fare un passo indietro». La Festa del Due giugno, ha aggiunto Napolitano, ci fa riflettere su «come» nacque sessanta anni fa la Repubblica: «Tra grandi speranze e potendo contare sulla volontà allora diffusa tra gli italiani di ricostruire e far rinascere il paese, in un clima di libertà, attraverso uno sforzo straordinario di solidarietà e unità». «Riuscimmo - ha affermato il Presidente - in quegli anni lontani a risalire dallabisso della guerra voluta dal fascismo, e a guadagnare il nostro posto tra le democrazie occidentali. E abbiamo poi superato tante tensioni e prove. Non possiamo ora permetterci di fare un passo indietro; sapremo, ne sono certo, uscire dalle difficoltà e farci valere ancora una volta, grazie a un forte impegno e slancio comune». E ha concluso: «Buona festa della Repubblica a tutte le italiane e a tutti gli italiani». 3 Giugno-Luglio 2008 LAVORARE STANCA Chi vi ve con il corpo di qua e l’anima di là, dove il qua e il là sono rispettivamente la Grecia e l’Italia, non può fare a meno di fare certi paralleli, di osservare certe analogie, di applicare ad un posto regole e comportamenti che valgono nell’altro. Di esempi se ne possono fare a volontà e io mi diverto a farne uno. L’antefatto é noto: il neo ministro Brunetta (non é un vezzeggiativo, si chiama proprio così) ha solennemente dichiarato che manderà a casa tutti i fannulloni, testuali parole, che a suo dire infestano l’amministrazione pubblica. Il proposito è buono, sempre che la cosa si applichi anche ai pubblici amministratori, a partire dai ministri, ma un primo ostacolo che vedo è quello di misurare la “fannullonagine”, se così la possiamo chiamare, perché non è che uno è fannullone o non lo è, ci sono vari gradi di fannullosità e poi, non è che si tratti di una etichetta valida sempre e in tutte le situazioni, per cui io posso lavorare come un ossesso in uf ficio ed essere, o essere considerato dalla mia gentile consorte, un fannullone in casa. Una domanda: ma un’altr o problemino da tenere da conto é quello delle autonomie. Già oggi quello che vale a Roma non vale a Palermo o a Bolzano, tanto per toccare i due estremi geografici e non del Bel Paese, figuriamoci domani quando tutti saranno autonomi: le Regioni dallo Stato, le Province dalle Regioni, i Comuni dalle Province, le Strade dalle Piazze! Quando mai ci potrà essere un metro comune per misurare la voglia di lavorare, un metro depositato al Museo dei pesi e delle misure di Parigi come il banale metro, adottato da tutti? Con queste pr emesse, che l’operazione possa avere successo non ci crede nessuno ma, vista la imperante globalizzazione, il mio timore è che la si possa applicare anche in Grecia dove gli effetti potrebbero essere devastanti, e vediamo quali e perché. A stare a quello che si dice in giro, la metà degli addetti alla pubblica amministrazione, quelli di fede governativa, quale che sia il governo, oggi sono fannulloni istituzionali, visto che a lavorare tocca a quelli di fede opposta: una applicazione rigida della legge porta quindi ad un immediato dimezzamento degli addetti ai lavori, scusandomi per la contraddizione in termini, e mi fermo solo a questi. Che farà tutta questa gente senza lavoro ma soprattutto senza stipendio? Si metterà in giro in cerca di un nuovo lavoro con due pesanti effetti : uno spaventoso incremento del traffico in una città dove il traffico è già spaventoso, ed un crollo del giro d’affari di bar, caffetterie, delivery e altre attività legate al tempo libero remunerato. Ma il calo di af fari del settore rischia di innescare effetti a valanga, a cominciare dal licenziamento di camerieri e ragazzi addetti alle consegne a domicilio i quali, a loro volta, si metteranno in cerca di un nuovo lavoro provocando una ulteriore crisi nel traffico e nei consumi e così via fino a provocare una crisi totale che in confronto quella americana del '29 cosa da ridere è stata. E allora, con questa immagine davanti agli occhi, mi permetto di dare un consiglio al nostro Brunetta: caro ministro, fermati un attimo e riflettici su, non é che alle volte è meglio essere un fannullone nella pubblica amministrazione piuttosto che un indefesso pubblico amministratore? Novantun anni, nato a Istanbul, vive in una casa di riposo. L’interruzione del vitalizio La legge sull’aborto offre la possibilità alle donne di gestire la propria vita I ricordi del Cavaliere Giù le mani dalla 194 Novantuno anni ben portati, magro, elegante nel portamento e curato nel vestire, ci riceve in una bella giornata quasi estiva davanti alla sua abitazione, per adesso chiamiamola così, dove siamo andati a trovarlo perché ha bisogno di un po’ di compagnia, di poter scambiare quattro parole nella sua lingua madre, di sentire un po’ di affetto intorno, cosa che dice essere quella che gli manca di più. Rimasto solo, alla fine di una vita piena di avvenimenti interessanti, ha scelto una casa di riposo consona con la modesta pensione che riceve dall’Italia. La situazione logistica è discreta: una cameretta con servizi al piano terra, così come lo sono tutte le altre che l’affiancano, che si affaccia su un vasto cortile con qualche albero; la bella giornata e l’ora mattutina rendono il tutto più accettabile. Certo lo spettacolo degli altri ospiti della casa, non tutti nelle invidiabili condizioni del nostro, seduti davanti alla porta dei loro miniappartamenti, in attesa che la giornata trascorra, nella speranza che qualche parente, qualche amico, si ricordi di loro e vada a trovarli, induce a tristi riflessioni sul destino che potrebbe toccare anche a noi. Parla il nostro uomo, e parla in fretta, e vorrebbe raccontarci tutto insieme come se temesse che dopo questa volta non dovremmo più tornare a trovarlo, e si fa fatica a mettere le cose in ordine, d’altra parte novantanni di vita intensa, di ricordi sempre più sbiaditi, non possono che generare un fiume di parole impossibile da tenere entro gli argini e noi, con le nostre diverse curiosità, diamo un nostro contributo a sviare con- tinuamente il discorso. Tra i racconti del passato emergono anche le angustie del presente: il vitalizio di guerra che non riceve da vari mesi; gli incompresi motivi che ne hanno determinato la sospensione, di fatto se non di diritto; della assistenza che non è mai abbastanza; dei rapporti con l’ambiente che lo ospita. E intanto i ricordi escono a fiotti dalla sua bocca. È nato nel 1917 ad Istanbul da genitori italiani, originari di Livorno, che lì vivevano perché lì lavorava il padre, al Ministero del Debito Pubblico della Grande Porta che era però gestito dai francesi. Frequenta la scuola italiana di Istanbul completata la quale siamo arrivati intorno al 1935 - e il nostro ha 18 anni, torna, ma è un modo di dire perché non c’era mai vissuto, in Italia per arruolarsi volontario e frequentare la scuola militare della Marina a La Spezia dalla quale uscirà con la qualifica di radiotelegrafista e di idrofonista. Il f lusso dei ricordi ordinati si interrompe per fare un salto in avanti di diversi decenni. «Cavaliere sono stato nominato nel 92 da Scalfaro, e cavaliere non lo si diventa per caso, ma per meriti..», e ci accompagna a vedere la pergamena incorniciata che fa bella mostra di sé su una parete della sua stanza; vorremmo approfondire la questione dei meriti, ma lui ha tirato fuori la nomina a Cavaliere per sottolineare che nemmeno questo è servito a fargli evitare che il suo vitalizio di guerra gli svanisse dalle mani. Si ritor na alla sua gioventù, al fatto che dopo la scuola militare si è imbarcato, sul leggendario “Incrociatore”, dal nome allora famoso. E poi una “crociera” durata otto mesi che lo ha portato a girare mezzo mondo, nel frattempo tira fuori un pacco di cartoline illustrate che ad ogni tappa mandava alla famiglia che abitava nel quartiere Beyoglu di Istanbul. «Ma lo sapete che parlo cinque lingue? L’italiano, il greco, il turco, il francese, lo spagnolo... sì, ero fascista, come tutti», e la cosa non ci sorprende, sarebbe stato strano se non lo fosse stato, quanto poi all’intensità della fede anche lui riconosce che, nel suo come in quello di tantissimi altri, si trattava di una pallida verniciatura superficiale, destinata a sbiadire se non a svanire sotto il sole africano. «Prima in Libia, alla base di Tobruk e poi a Creta. La vedete questa foto?». «Ma quella è una divisa inglese», obiettiamo. «E che ci faceva lei con una divisa inglese addosso?». Così ci racconta la storia che dal campo di concentramento tedesco di Iraklio è finito a combattere con gli inglesi in Palestina. E poi? E poi il dopoguer ra in Italia, la fortuna di essere mandato da una banca italiana a lavorare in Turchia, la moglie greca, l’abbandono del paese e del lavoro nel 74, ai tempi della crisi per la questione di Cipro e la decisione di trasferirsi ad Atene. Infine nella casa di riposo e i problemi con questo vitalizio che improvvisamente è scomparso, e stiamo parlando di poco più di 200 euro mensili che gli servivano per fare una vita da “pascià”, come si conviene a chi a Costantinopoli è nato al tempo degli autentici Pascià. A.L. SAIA: la ricerca negata Con i fichi secchi non si fa ricerca, tantomeno didattica. Eppure Emanuele Greco, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, continua il suo lavoro, nonostante che il finanziamento per il 2008 sia di soli 646 mila Euro. Con questa cifra, specifica, si possono pagare gli stipendi e le borse di studio, mentre ai professori ospiti, che vengono dall’Italia per tenere lezioni e seminari, abbiamo chiesto di pagarsi le spese del viaggio e del soggiorno. Facciamo un paio di conti. Ancora nel 2001 la dotazione di SAIA superava il milione di Euro. Dall’anno successivo, ovviamente per motivi di bilancio e di risparmio, questa cifra è diminuita, fino a toccare quota 646 mila Euro per il 2008, cioè un taglio del 40% nel giro di sei anni. Un decisione “intelligente” per stimolare la ricerca archeologica e continuare a mantenere alto il livello scientifico di questa “eccellenza culturale” che è stata segnalata da decine riviste specializzate di respiro internazionale. A fronte di questi riconoscimenti deve essere stato imbarazzante per Emanuele Greco giustificare il “rinvio” di un lavoro di scavo, programmato in collaborazione con la sovraintendenza ellenica, perché in cassa non ci sono ventimila euro per sostenere questo lavoro. Per mantenere in efficienza SAIA occorrerebbe almeno un milione e mezzo di Euro, perché queste sono le spese fisse annuali: 600 mila Euro per gli stipendi (oggi decurtati del 25%), 100 mila per le borse di studio, 130 mila euro per le utenze della sede di Atene, di quelle periferiche e dell’ufficio di Roma, 30 mila euro per l’acquisto di libri (spesa minima per mantenere ad un buon livello una biblioteca che conta 50 mila volumi), 35 mila Euro per il rimborso delle spese dei docenti che vengono a tenere lezioni e seminari. Totale: 906 mila euro, anche eliminando pubblicazioni e scavi, che poi dovrebbero essere le ragioni primarie della presenza di SAIA in Grecia. La scuola l’anno prossimo compirà cent’anni - la sua storia è depositata nelle migliaia di volumi e di pubblicazioni - ed è una delle diciasette scuole archeologiche presenti nella capitale, le quali godono invece di ottima salute finanziaria. L’Ecole Francaise d’Athenes spende ogni anno 5 milioni di Euro, di cui 1,2 solo per la ricerca. L’American School of Classical Studies spende per la ricerca 1 milione di dollari (una bella cifra anche se la divisa americana è in affanno). La British School of Athens spende sempre per la ricerca 500 mila sterline. Il confronto, dunque, tra SAIA e le tre principali scuole estere pone serie interrogativi sul “come” il nostro Paese intenda sostenere la cultura italiana nel mondo. In archeologia, come nelle altre discipline, non si può lavorare con i fichi secchi, e non è sufficiente la buona volontà individuale. Tantomeno l’arte di arrangiarsi. Contributo ordinario dal 2001 al 2008 EURO x 1000 Alfonso Lamartina 1200 1000 800 600 400 200 0 1 2 3 4 5 Anni 2001-2008 6 7 8 Sembra di essere tornati indietro di trent’anni, ma non si tratta di un ringiovanimento fisico, le rughe purtroppo avanzano inesorabilmente lo stesso, quanto di un “rincoglionimento”, se mi perdonate l’espressione, intellettuale. Sull’abor to, sulla legge sull’aborto, si è scatenato un putiferio inatteso, al punto che anche personaggi di un certo peso, malgrado l’età e la mole, hanno indossato le armi e sono partiti per la crociata alla testa di una armata eterogenea in confronto alla quale quella di Brancaleone era sì, una cosa seria. Parlando di aborto, cominciamo col chiarire due punti che ritengo siano fondamentali. Primo: l’aborto era praticato anche prima che nascesse la legge 194 ed almeno questo dovrebbe essere un fatto scontato, anche se a sentire certe prese di posizione pare che non tutti siano convinti. Certo, era considerato un reato, veniva praticato in clandestinità con tutte le implicazioni che questo comportava, era al di fuori di ogni controllo sanitario, era facile lasciarci la pelle, ma permetteva ai benpensanti di vivere con la coscienza tranquilla: come dire, occhio che non vede... Secondo: la 194 non mai stata una legge impositiva, non è come quella che ti impone di indossare la cintura di sicurezza quando sei in auto e se non lo fai ti becchi la multa. La 194 fissa delle regole entro le quali l’aborto da illegale diventa legale, ma sta alla coscienza, alla sensibilità, di chi si trova nella situazione di ricorrervi il praticarlo o meno, ma anche qui, sempre a sentire certi discorsi, pare invece che ti puntino la pistola alla tempia sostituendo la vecchia espressione “o la borsa o la vita” con la più attuale “o l’aborto o la vita!”. Un altro equivoco del quale, mi sembra necessario sgomberare il campo, da donna che ha provato questa grande sofferenza e che ha lavorato insieme ad altre donne che ad un certo punto della propria vita hanno scelto di ricorrere alla 194, è quello che l’aborto venga praticato, da chi è costretto a ricor rervi, a cuor leggero: “che debbo fare oggi? ah... sì, prima vado dal parrucchiere, poi passo dal supermercato e poi, visto che mi trovo in zona, vado ad abortire...” Non è così! La decisione di abortire è sempre stata sofferta, dettata da motivi seri e non priva di strascichi che possono accompagnarti più o meno consciamente, più o meno profondamente, per tutta la vita. Capisco che ad alcuni, a tanti, la pratica dell’aborto possa risultare indigesta, ripugnante anche, e che desidererebbero che nessuno vi facesse ricorso, così come ad altri risulta indigesto, ripugna l’uso della droga, ma non sarà certo una legge che proibisce l'uno o l’altra che ne decreterebbe la scomparsa. A questi signori, a questi che parlano dal pulpito, a questi che pontificano ex-cathedra, vorremmo ricordare che potrebbero spendere meglio le loro energie e le loro parole se le dedicassero a studiare e rimuovere le cause che generano questo fenomeno, indicando come campi di indagine sia quello economico che quello culturale. Sug gerimento banale, se non fosse per il fatto che è rivolto a quegli stessi che sono contrari all’uso di qualsiasi contraccettivo, uso che eliminerebbe non so quanti casi di aborto, perché non dispongo di statistiche a conforto, ma almeno un caso mi sento di sostenerlo anche senza prove, e qui una spiegazione me la dovrebbero, ce la dovrebbero dare: va bene, ritengono che con l’aborto si commette un omicidio? e allora perché sono contrari all’uso di un qualcosa che può evitare di commettere l'omicidio stesso? Perché allora non insegnare alle nuove generazioni, che comunque fanno sesso sempre in più tenera età, a farlo usando di più la testa e non le parti basse? E allora il dubbio mi viene perché non tanto contro l’aborto questi signori si sono schierati, quanto contro il “libero arbitrio”, per usare una espressione usata ed abusata tra di loro, contro la libertà di decidere della propria vita! Ed allora il dubbio si fa consistente: Abortire? é una bestemmia! Usare il preservativo? per carità di Dio! Divorziare? Non se ne parla nemmeno! Pianificare le nascite? ma nemmeno per idea! Pur troppo quello di pensare di risolvere i problemi con la proibizione é un vizio antico, vizio che in altri tempi ti poteva costare caro, molto caro, vizio che ogni tanto sembra nascondersi, attenuarsi, per poi tornare con più vigore di prima, e la canea sviluppatasi intorno alla 194 a trent’anni dalla sua entrata in vigore ne è la prova più evidente. Nessuno, spero e vorrei esserne convinta, vuole negare a nessuno di credere in quello che vuole e di prodigarsi a fare proseliti, ad un patto però, quello di usare l’arma della convinzione e non della proibizione, almeno nelle questioni che riguardano la coscienza individuale. In altre parole e tanto per semplificare, costringeteci pure ad usare la cintura di sicurezza ma lasciateci libere di decidere se vogliamo indossare quella di castità! Dolly Vannuccini Un “dilettante” a Roma . Davanti a un folto pubblico di studiosi e ricercatori, italiani e stranieri, e in presenza del nostro Ambasciatore, nell’aula magna della Scuola Archeologica Italiana di Atene, è stata presentata l’opera Il primo incontro di Winckelmann con le collezioni romane. Ville e palazzi di Roma 1756, curata dalla professoressa Joselita Raspi Serra dell’Università degli Studi di Salerno. Dopo un breve discorso di benvenuto del Direttore della Scuola, Prof. Emanuele Greco, sono intervenuti la professoressa Ida Baldassare dell’Università “L’Orientale” di Napoli, il professore Marcello Barbanera dell’Università “La Sapienza” di Roma e il professor Jorge García Sánchez dell’Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma. Ha concluso la manifestazione la stessa curatrice dell’opera, ripercorrendo il percorso formativo dello Winchelmann, lo studioso che impostò un modello di un’utopia estetica cui fecero riferimento intere generazioni successive, lo storico dell’arte che seppe trapiantare in Germania la trattistica italiana, francese e inglese, inventando la storia dell’arte in senso moderno, il “dilettante”, amico del pittore Adam Friedrich Oeser, studioso attento alle tecniche degli artisti. Le osser vazioni, le note, le citazioni, i giudizi, i ricordi che le opere delle collezioni romane sollecitarono in Wickelmann nel suo primo approccio con le raccolte di antichità che riempiono le carte del manoscritto 68, trascritto dal tedesco da S. Oloff Montinari, testimoniadoci “l’andare e ritornare” del loro autore, sono raccolte e divise per collezioni nei quattro tomi che costituiscono l’opera, corredate da un esaustivo apparato esegetico, critico e bibliografico. Incastonando ogni opera nel commento, la curatrice ha ricollocato nelle antiche sedi, sala per sala negli interni e nei diversi punti degli esterni, le sculture, i rilievi, le are, le epigrafi. Da sottolineare, pur tenendo presente le guide cronologicamente vicine di indubbio sussudio, che l’apporto di Winckelmann risulta sempre la più puntuale testimonianza soprattutto, oltre che per il commento, sia nella 4 localizzazione delle opere, molte oggi disperse e perdute, che nella presentazione dei complessi. L’insieme si compone di schede sulle opere inquadrate anche nella produzione critica successiva al Winckelmann. I testi se da una parte offrono la ricostruzione delle collezioni romane alla metà del XVIII° secolo, in un momento felice che ne registra quasi al completo la ricchezza prima della diaspora, dall'altra danno la possibilità di valutare la realtà del primo giudizio sulle opere antiche di Winckelmann in rapporto all’evolversi della sua produzione critica. Alberto Benvenuti (SAIA) Giugno-Luglio 2008 I dati della Banca Centrale indicano che l’aumento del PIL tende a rallentare A Tecnopolis, la seconda edizione del “Festival italiano in Grecia” Crescita: consumi drogati Il nostro “saper fare” Un paese che produce poco e consuma molto, in un contesto mondiale piuttosto critico. Questa è in sintesi la radiografia dell’economia ellenica che si evince dalla relazione annuale della Banca Centrale di Grecia. A livello globale, la crisi finanziaria innescata dai mutui americani ha spostato da mesi l’interesse degli speculatori mondiali dalle obbligazioni sub-prime ai contratti a termine sulle materie prime. Scommettendo sul rincaro del greggio ma anche su quello del grano e del riso, gli investitori sono riusciti ad ottenere quello che si erano prefissati e cioè a fare in modo che i prezzi aumentassero. I produttori, dal canto loro, non hanno dimostrato alcun interesse ad incrementare l’offerta e si è quindi creata una diffusa situazione di stagflazione o se volete di inflazione crescente in una economia sostanzialmente stagnante. La politica monetaria della Banca Centrale Europea ha seguito fino ad ora le precise indicazioni del governo tedesco, che vede nell’Euro forte l’unica soluzione al rincaro delle materie prime. Da un lato quindi la BCE ha immesso liquidità rifinanziando le banche dei paesi membri, generando inflazione, dall’altro ha lasciato invariati i tassi d’interesse, agitando lo spauracchio dell’aumento dei prezzi da essa stessa causato. Il fallimento delle politiche BCE volte a stabilizzare i mercati finanziari è stato dimostrato dallo sproporzionato aumento dei tassi interbancari (Euribor) a breve negli ultimi mesi nonché dei derivati a medio-lungo termine legati ad essi. In Grecia l’aumento dei tassi è arrivato come una scure sui conti dello stato, visto che la percentuale del debito pubblico ellenico è ad oggi pari al 95% del Pil. Certamente in Italia non stiamo messi molto meglio. Ma la Grecia è anche da anni sul trono delle cicale europee, con la crescita economica spinta dai consumi interni ed un record di deficit delle partite correnti pari al 14,1% del Pil nel 2007. Di questo passo l’indebitamento del sistema paese (settore pubblico e privato) con l’estero è salito dal 43,4% nel 2000 al 93,7% del Pil nel 2007. Semplificando al massimo, per ripianare il debito estero dovremmo tutti lavorare e produrre beni e servizi gratis per un anno, barattando poi tutta la produzione con i debiti contratti in passato. In questo scenario importare prodotti e servizi per poi consumarli sarebbe severamente vietato. Non è del tutto chiaro a chi spetti la parte del grillo parlante in un contesto del genere. Di certo non a noi italiani, che dell’export in Grecia abbiamo fatto un modello da replicare su scala mondiale. Visto però che in questa congiuntura la vecchia Dracma sarebbe stata letteralmente stritolata sui mercati internazionali, qualcuno dovrebbe cominciare a prendere le cose più sul serio, anche tra di noi. L’inflazione, “importata” anch’essa, è reg olarmente aumentata fino ad arrivare al 4,4% su base annua ad aprile 2008. Il governo ha recentemente annunciato 41 misure volte a combattere il carovita: alcune - riservate esclusivamente alle multinazionali dei prodotti di largo consumo, riguardano l’obbligo di notificare al Ministero dello Sviluppo i prezzi applicati in Grecia e all’estero - sembrano di difficile attuazione. Altre, come la creazione di una lista nera delle a- ziende che vendono a prezzi troppo alti e di una commissione per l’ispezione ed il monitoraggio del mercato contro speculazione e rincari sono invece più un proclama politico che un piano d’azione. Nella relazione annuale, la Banca di Grecia auspica un aumento della produttività, del tasso di occupazione e della competitività del sistema paese e richiede al governo misure volte ad aumentare la propensione al risparmio dei cittadini. Alcuni potrebbero interpretare quello sui risparmi come un invito malcelato a tagliare le tasse sui depositi per dare un’ulteriore spinta alla redditività delle banche locali. Non scordiamoci che in realtà il calo dei consumi potrebbe creare un effetto demoltiplicativo sulla crescita con ripercussioni ancora peggiori di quelle inflazionistiche. L’aumento del prodotto interno lordo nel secondo semestre 2007 è infatti calato al 3,7% rispetto al 4,2% del primo, mentre le previsioni per il 2008 parlano di una percentuale di crescita al di sotto del 3,7% su base annua. Probabilmente la chiave di lettura dei dati più vicina alla realtà economica è quella della perdita di competitività del sistema. Il livello di occupazione in Grecia è tra i più bassi dei paesi UE dei 15, al 61,4% rispetto alla media del 66,2%, con un’incidenza minima dei contratti part-time. Si calcola che dal 2000 al 2007, ad un aumento cumulativo dei prezzi del 15% sia corrisposto un aumento del costo del lavoro diretto del 20% e dei costi di trasformazione (spese generali industriali) pari al 41%. Il nuovo contratto collettivo di riferimento per l’industria ed il terziario prevede aumenti salariali del 6,2% nel 2008 e del 5,9% nel 2009, aprendo sostanzialmente la porta alla temuta spirale salari inflazione. Probabilmente anche per questo gli investimenti privati nell’ultimo trimestre del 2007 e nei primi tre mesi del 2008 hanno registrato una riduzione del 4,7% e del 1% rispettivamente, con effetti negativi sull’occupazione locale che potrebbero arrivare a breve. Nella relazione della Banca centrale si parla stranamente poco di privatizzazioni e liberalizzazioni, ma si invita a favorire maggiormente l’accesso degli investitori privati ad alcuni settori (come ad esempio quello energetico) che crescono vertiginosamente potrebbe abbassare prezzi ed inflazione ed attirare capitali freschi dall’estero. La Banca di Grecia accenna poi alla necessità di aumentare la produttività della pubblica amministrazione, senza però affrontare il problema di fondo dell’alto numero di dipendenti pubblici sono più di mezzo milione che appesantiscono la macchina statale e sono spesso asserviti al sistema politico. Poche sembrano quindi essere le proposte realizzabili per tornare ai ritmi di crescita del passato, forse proprio perché queste dovrebbero riguardare misure impopolari che toccano il tenore di vita di molti nonché gli interessi economici dei gruppi di potere più influenti. E poi perché in fondo non mancano quelli che sperano ancora nell’arrivo di altri cavalieri bianchi (o neri, o gialli) che vengono da lontano a salvare l’economia nazionale, come la Deutsche Telecom con Ote. L’importante è che chiunque essi siano, non ci ricordino troppo in fretta che la festa è finita. Giacomo Carelli Delta: la nuova filosofia Lancia www.fiat.gr Il “Salone della Tecnologia e della Creatività”, (dal 4 al 6 giugno presso il centro Technopolis di Gazi), ha chiuso un ciclo di eventi importanti che hanno caratterizzato il “Festival italiano in Grecia 2008”; la concentrazione di un gran numero di iniziative in un periodo di circa quattro settimane, ha perseguito la finalità di creare un clima di forte impatto dell'immagine del nostro Paese sulla comunità locale. L’Ambasciata d’Italia in Atene e l’Istituto per il Commercio Estero, insieme alle altre Istituzioni pubbliche e private operanti in Grecia (Cancelleria Consolare, Istituto di Cultura, Camera di Commercio mista e aziende) hanno dedicato grande attenzione a questo Paese, con cui l’Italia intrattiene intensi rapporti politico-economici e che rappresenta un mercato di primaria importanza per il nostro interscambio. Gli ultimi dati forniti dall’Ente Ellenico di Statistica, relativi al periodo gennaio-febbraio 2008, confermano, infatti, l’Italia quale secondo più importante partner commerciale della Grecia, dopo la Germania e prima della Russia, Francia, Paesi Bassi, Cina, Belgio e Spagna. Nel periodo in esame il commercio bilaterale tra l’Italia e la Grecia ha registrato un incremento del 6,6% rispetto all'analogo periodo dell’anno precedente, attestandosi su un valore di 1.326 milioni di euro. In particolare, gli acquisti greci dall'Italia sono ammontati a 1.016 milioni di euro (+10,1% rispetto ai 12 mesi precedenti) sebbene le importazioni greche dal mondo hanno subito una contrazione del 7,6%; le vendite hanno raggiunto i 310 milioni di euro (-3,4%). Il saldo, tradizionalmente favorevole all'Italia, è cresciuto ancora e si è attestato a 706 milioni di euro (601 milioni l'anno precedente). I risultati fatti registrare dalle nostre esportazioni derivano sia dall'attività di un nutrito e crescente numero di PMI (Piccole e medie industrie) italiane, sia dalla ormai tradizionale presenza dei grandi gruppi industriali nazionali. Il “Festival italiano 2008” ha organizzato una serie di iniziative che hanno consentito di mostrare quanto di meglio offre l'industria italiana, capace di esprimere livelli di assoluta eccellenza in tanti settori, dalla meccanica strumentale alle tecnologie avanzate, alla moda, alla casa, all’agroalimentare. Tali iniziative sono state supportate dall’organizzazione di eventi culturali, quali dibattiti con scrittori famosi, concerti, conferenze, di eventi conviviali (festa della Repubblica del 2 giugno in Ambasciata, giornata con le Regioni, ecc.) e da un’importante campagna pubblicitaria sul’'intera manifestazione. Sotto i rif lettori del “Salone della Tecnologia e della Creatività”, però, era soprattutto il comparto dell’automobile: diventa possibile così scoprire alcuni aspetti del “made in Italy” che a tutt’oggi risultano, per molti, insospettati. Universalmente apprezzata per la creatività e il design, conosciuta in tutto il mondo per l’eleganza, l’originalità e la qualità, l’eccellenza della produzione industriale italiana nelle tecnologie avanzate è, infatti, molto meno nota. Gli amici greci, visitando la Mostra, hanno avuto modo di ammirare una rassegna di alcuni articoli di eccellenza della produzione tecnologica italiana che evidenziano l’unicità del “saper fare”, tipico del nostro Paese e della nostra cultura. Sono nove le aziende italiane che hanno aderito all’iniziativa, tutte particolarmente attive nel mercato greco: il gruppo FIAT con il marchio FIAT (automobili e veicoli commerciali leggeri), Lancia (segmento elegante) ed Alfa Romeo (segmento sportivo); MASERATI e la LAMBORGHINI due vetture eccezionali che uniscono il mito della velocità all’emozione estetica; IVECO, uno dei maggiori costruttori di veicoli industriali, per il trasporto di cose o persone, ma anche di veicoli speciali antincendio, per la difesa e di motori diesel; ALENIA AERONAUTICA del gruppo Finmeccanica, attiva nell’ideazione, progettazione, realizzazione e certificazione dei velivoli militari e civili e sistemi di missione; IMPREGILO operante nei settori delle costruzioni e dell’ingegneria e leader nella realizzazione di infrastrutture per il trasporto (costruzioni ferroviarie), per il ciclo di trattamento delle acque reflue e dissalatori e nelle opere per l'ambiente; gruppo SELI attivo nel settore della costruzione di gallerie con sistemi meccanizzati con frese a piena sezione; FERRERO il quarto gruppo dolciario al mondo con 36 società operative nel mondo, 15 stabilimenti e circa 19.600 dipendenti; gruppo INTESA SAN PAOLO SPA presente ad Atene con una propria filiale dal 1993, la cui “mission” è di natura “corporate”; FIAT CREDIT HELLAS, una società commerciale e di noleggio specializzata nella vendita a rate e nel leasing di vetture e veicoli commerciali Fiat, Lancia e Alfa Romeo. La Mostra, inaugurata il 4 giugno dal Ministro dello sviluppo ellenico, Cristos Folias, prevedeva alcuni eventi collaterali, quali la degustazione di prodotti tipici italiani del settore agro-alimentare e vinicolo (6 giugno), in collaborazione con AB Vassilopulos e con il mercato ortofrutticolo di Atene, e tre serate musicali. Il “Festival italiano 2008”, giunto alla sua seconda edizione, nonostante alcuni aspetti organizzativi da migliorare, ha l’indubbio pregio di aver accomunato soggetti pubblici e privati nel congiunto sforzo organizzativo e finanziario per il raggiungimento di un obiettivo univoco: quello di far parlare di Italia. Antonello Canale Direttore Ufficio ICE Atene Notizie dalle Aziende Magnolia Hellas. Due società leader nel campo delle produzioni televisive, due paesi diversi (Italia- Grecia), due esperienze industriali diverse: un’unica società oggi con una unica chiave di successo: la loro comune filosofia, accompagnata dalla loro professionalità e dall’assoluta conoscenza dei propri mercati e del mercato internazionale. Due società, Stefi Film e Magnolia TV, si uniscono sotto il nome di Magnolia Hellas. Il Presidente e Amministratore Delegato della nuova società è Vittorio Pietra. Merita di conoscere brevemente la storia delle due società: Stefi productions è nata nel 1971 da Vittorio Pietra (attualmente presidente C.d.A) e Vassilis Katsufis. Da allora è diventata una delle più importanti società di produzione. Stefi è entrata nel campo delle televisioni nel 1987. È stata la prima società a produrre live TV shows per il canale privato Ant1 dal 1992. Stefi ha prodotto anche numerosi programmi giornalieri e settimanali come: “Live Shows”, “Concerts”, e poi serials, documentari per le tv più importanti (Alpha, Mega, Ant1, ET1, ET3, NET). Alcune delle sue serie passate nella storia della TV sono: “Ciao” (le tre serie), “Fantastico”, “Kato apo tin Akropoli” ed altre. Inoltre, la società ha prodotto una serie della durata di trenta minuti, col titolo “knowing Greece”, per la RAI ed una serie di documentari per Bavarian TV. Il dipartimento TVP impiega executives qualificati, i quali analizzano le tendenze del mercato, analisi, proposte, realizzazione e cura di tutte le produzioni televisive che hanno così tutti gli ingredienti importanti per il successo. La MagnoliaTV productions, invece fa parte del Gruppo De Agostini e conta oltre la Magnolia Italia, Magnolia Francia, Magnolia Spa Spagna. I fondatori: Giorgio Gori, Ilaria Dallatanza, Francesca Canelta. Magnolia è una società di produzione televisiva specializzata in format d’intrattenimento per il mercato italiano e internazionale. Nasce dall’unione di professionisti della comunicazione con una solida esperienza nella televisione commerciale maturata nell’arco degli ultimi venti anni in reti diversi tra loro per scelte editoriali e target. La capacità dei suoi leader di scegliere i migliori talenti creativi in grado di ideare qualsiasi genere di programma, l’attenzione alla qualità delle realizzazioni, l’abilita di sviluppare format innovativi e di adattare quelli non originali ai diversi mercati ha portato in breve tempo l’azienda ad essere un punto di riferimento dei maggiori network. Alcuni dei formati di successo in Italia e nel mercato internazionale che hanno reso il nome di Magnolia uno dei leader nel suo campo sono: “Eredità”, “L’isola dei Famosi”, “Music Farm” e tanti altri programmi in onda su Rai 1, Rai 2, Canale 5, Rete 4, Italia 1 ed anche su vari canali nationali in Spagnia - “Camera cafè” (Tele 5), “S.O.S. Adolescentes” (Cuatro) - e in Francia dove Magnolia ha aperto una nuova sede. La filosofia che differenzia Magnolia Hellas si basa sulla: 1) cura assoluta del prodotto unita ad un attento scouting di tutto ciò che si muove nel mercato dei format internazionale; 2) una grandissima conoscenza dei paesi in cui produce,ed un know how per la realizzazione dei format; 3) presenza al suo interno di uno staff creativo che da alla luce un variegato catalogo di prodotti originali e non, che ha come obbiettivo di penetrare il mercato ellenico. Aprilia. Il marchio si è aggiudicato una importante fornitura di mezzi per la polizia ellenica. 138 Pegaso, monocilindrico on-off prodotto dalla casa italiana, saranno consegnati entro la fine dell’estate alla polizia. I veicoli verranno approntati direttamente presso lo stabilimento Aprilia ed arriveranno in Grecia pronti per essere consegnati. Questa fornitura rappresenta un altro importante traguardo per la casa di Noale che, grazie alle qualità dei propri prodotti, è riuscita a sopravanzare la qualificata concorrenza delle marche notoriamente fornitrici di tali tipi di mezzi. Nei prossimi mesi potremo vedere con i nostri occhi, e con un certo orgoglio, circolare per le strade della Grecia i prodotti italiani identificati con la nota colorazione della polizia stradale. Comites nel caos Pubblichiamo due comunicati, a firma di Saracini, apparsi sulle agenzie, che, seppure con una analisi di parte, ci informano sullo stato delle cose del Comites Grecia - il “parlamentino” della nostra comunità - che pur troppo non è mai stato propositivo, nonostante il generoso contributo annuale erogato dal MAE per il suo funzionamento. Oggi il Comites ha a disposizione di più di 30 mila Euro. 17 Aprile. Angelo Saracini ha presentato oggi le sue dimissioni dalla presidenza del Comites Grecia. Nel messaggio, inoltrato per conoscenza a tutti i consiglieri del Comites, alla stampa e a vari membri della comunità, Saracini spiega che a motivare la sua decisione sono state le «numerose e immotivate assenze in massa dei sei consiglieri azzurri che non permettono ormai da troppo tempo al nostro Comitato di svolgere le sue attività a favore della nostra comunità come prevede la legge». «Ricordo ancora una volta - scrive, poi, Saracini - che i suddetti consiglieri non si sono presentati neanche all'ultima assemblea convocata presso la Scuola italiana, contraddicendo di fatto le loro presunte asserzioni della non partecipazione alle assemblee nella sede provvisoria di via Patision, come d’altra parte già accaduto ad altre assemblee». 27 Maggio. «Il Comites Grecia nato nell’illegalità chiude in piena illegalità». Lapidario Angelo Saracini, presidente dimissionario del Comites della Grecia che, all’indomani dell’ultima riunione, rilancia le sue accuse contro l’operato di alcuni consiglieri. «Da ieri scrive Saracini il Comites non c’è più grazie ai consiglieri della Lista Azzurri che si sono presentati dopo più di un anno di assenze. L’allodola che li ha raccolti è stato il consigliere del CGIE Romagnoli». Saracini, quindi, racconta che in apertura di assemblea ha di nuovo denunciato il fatto che «non viene applicata la legge riguardo il comportamento e le continue assenze, e conseguente ostruzionismo sistematico, degli Azzurri». Atteggiamento che «ha portato alla paralisi completa del Comitato». Una versione che non è stata condivisa dal rappresentante dell’Ambasciata, Martin Brook. Quanto ai lavori del Comites, viste le dimissioni di Saracini occorreva provvedere alla elezione del nuovo Presidente. «In Assemblea - scrive - si poteva eleggere a maggioranza, come proposto, la consigliera Di Bartolomeo, ex Presidente e con un passato pieno di riconoscimenti e apprezzamenti da parte di tutta la comunità italiana. Gli Azzurri però hanno manifestato apertamente la loro contrarietà e la loro posizione che in futuro avrebbe solo portato ad ostruzionismo e assenteismo per partito preso. Si è quindi deciso, a votazione, con nove voti favorevoli e due contrari, di chiedere lo scioglimento del Comitato». Eureka ritorna a settembre .gr Aut. Trib. Torino, n.5362 del 10.03.2000 Mensile in lingua italiana Chiuso in tipografia il 3 Giugno 2008 Editore (Εκδότης): Maurizio De Rosa Direttore(∆ιευθυντής): Sergio Coggiola Sede: Arrianu 25, 11635 Atene Tel: +30.210.7248240 In redazione: Valeria Arnaldi, Maurizio De Rosa, Mauro Faroldi, Luca Focardi, Vincenzo Greco, Giuseppe Li Puma, Federico Nicolaci Redazione romana: Salvatore Viglia Via Veneto 108 - Cell: 338.3693774 Impaginazione: Maria Tsantila Tipografia (Τυπογραφείο): Pillar A.E. - Pertsemli 26 Virona 16231 - Atene Gli articoli esprimono opinioni personali e non riflettono necessariamente il pensiero della direzione del mensile