10.Sistema pensionistico.pptx
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Università Commerciale Luigi Bocconi Anno Accademico 2012-2013 Scienza delle Finanze CLEAM classe 2 SISTEMA PENSIONISTICO Francesco Dal Santo SISTEMA PENSIONISTICO Ø Concetti di base Ø Funzioni svolte Ø Definizioni di equità Ø Classificazione dei sistemi pensionistici § modalità di finanziamento § effetti sul risparmio § rendimento individuale dei contributi § pensioni individuali § distribuzione dei rischi tra generazioni Ø Il sistema pensionistico italiano § sistema pre-Amato § riforma Amato § riforma Dini § riforme successive § riforme ed equilibri Ø Coesistenza tra Pubblico e Privato: la previdenza integrativa Concetti di base Ø Il sistema pensionistico è un meccanismo redistributivo che trasferisce risorse correntemente prodotte dalla popolazione attiva a favore di chi: § ha cessato l’attività lavorativa per ragioni di età anagrafica (pensioni di vecchiaia) o di età contributiva (pensioni di anzianità); § non è più in grado di partecipare al processo produttivo per una sopravvenuta incapacità lavorativa (pensioni di invalidità); § pur non avendo mai fatto parte della forza lavorativa, è legato da rapporti familiari con persone decedute che hanno fatto parte della forza lavoro (pensioni ai superstiti); § è sprovvisto di qualunque forma di reddito e non è in grado di lavorare (pensioni assistenziali). Ø Il sistema è finanziato dai contributi sociali versati dai lavoratori e dai datori di lavoro agli enti che erogano prestazioni pensionistiche. Ø In presenza di squilibrio tra spese pensionistiche ed entrate contributive, lo Stato può intervenire ricorrendo alla fiscalità generale. Funzioni svolte Ø Funzione assicurativa (income smoothing): il sistema pensionistico trasferisce reddito lungo l’arco di vita dell’individuo dal periodo di attività a quello di vecchiaia: § assicurazione contro la caduta di reddito associata alla cessazione dell’attività lavorativa; § associa il trattamento pensionistico ai contributi versati; § affianca il meccanismo individuale del risparmio/investimento. Ø Funzione previdenziale: il sistema pensionistico garantisce all’individuo il mantenimento di un tenore di vita simile a quello raggiunto nella fase terminale della vita lavorativa (purché abbia adeguatamente contribuito al finanziamento del sistema). Ø Funzione assistenziale: il sistema attribuisce a tutti i cittadini un reddito adeguato ad una esistenza dignitosa: § richiede una dissociazione tra contributi versati e pensioni percepite in modo da sostenere i redditi bassi. Definizioni di equità Ø Equità assicurativa o attuariale: si realizza quando a tutti gli individui è garantito lo stesso tasso di rendimento interno, cioè il tasso che eguaglia, in un dato istante di tempo (es: il momento del pensionamento), il valore capitalizzato dei contributi versati al valore attuale del flusso di pensioni ricevute. Ø Equità previdenziale: realizzata quando a tutti gli individui, a parità di durata della vita lavorativa (e quindi contributiva), viene garantito lo stesso tasso di sostituzione (cioè pensione/ultima retribuzione). Ø Equità assistenziale: realizzata quando tutti gli individui possono raggiungere lo stesso livello di reddito minimo. Classificazione dei sistemi pensionistici I sistemi di pensionamento si classificano sulla base delle diverse modalità di finanziamento. Distinguiamo quindi: Ø sistemi pensionistici a ripartizione (= i contributi versati finanziano le pensioni erogate nello stesso periodo di contribuzione) con due meccanismi di determinazione delle pensioni: § metodo retributivo § metodo contributivo Ø sistemi pensionistici a capitalizzazione (= i contributi che ogni lavoratore versa sono investiti nel mercato dei capitali e la pensione percepita dal lavoratore è pari ai contributi versati aumentati del rendimento ottenuto dal loro impiego). Li confronteremo sulla base di: Ø effetti sul risparmio determinati dall’introduzione di un sistema pensionistico; Ø rendimento individuale dei contributi versati; Ø modalità di determinazione delle pensioni; Ø distribuzione dei rischi tra le diverse generazioni. Modalità di finanziamento Consideriamo due periodi (lavoro e pensione). Accumulazione, t-1 ct -1 = α R = α Wt-1 Prestazione, t Pt Ø Sistema a ripartizione: in ogni periodo il gettito contributivo (somma dei contributi sociali versati) è destinato al finanziamento delle prestazioni erogate nello stesso periodo: § Ct-1 ⇒ Pt-1: PATTO INTERGENERAZIONALE Ø Sistema a capitalizzazione: i contributi che ogni lavoratore versa nel periodo di attività sono investiti sul mercato dei capitali. La pensione corrisponderà al montante accumulato, riscosso sotto forma di rendita: § Pt = Ct-1(1+i) § accumulazione di riserve: OTTICA ASSICURATIVA INDIVIDUALE Effetti sul risparmio SISTEMA A RIPARTIZIONE Il risparmio previdenziale in ogni periodo finanzia l’erogazione delle pensioni nello stesso periodo ⇒ non è investito sul mercato dei capitali ⇒ il livello complessivo del risparmio e l’accumulazione di capitale vengono ridotti dall’introduzione del sistema pensionistico. Ø VANTAGGIO: è possibile avviare immediatamente i trasferimenti pensionistici a favore delle classi anziane anche se in precedenza non è stato versato alcun contributo. Ø EFFETTO PRIMA GENERAZIONE: il sistema a ripartizione genera nella fase di avvio fenomeni redistributivi a favore delle generazioni attive prima della sua introduzione. § Tasso di rendimento implicito che tende a infinito per la prima generazione. Effetti sul risparmio SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE In ogni periodo gli individui risparmiano e destinano (obbligatoriamente) parte del risparmio al finanziamento della propria previdenza ⇒ parte del risparmio “privato” diventa risparmio “pensionistico”. Poiché anche il risparmio previdenziale è investito sul mercato dei capitali al tasso i, il livello complessivo del risparmio effettuato in ogni periodo non è distorto dall’esistenza del sistema pensionistico ⇒ il sentiero di accumulazione di un sistema economico non è modificato. Rendimento individuale dei contributi Consideriamo due generazioni: Ø una che lavora al tempo t-1 e va in pensione al tempo t; Ø un’altra che lavora al tempo t e andrà in pensione al tempo t+1. Indichiamo: Ø Numero lavoratori: Nt e Nt-1; Ø Salario medio lavoratori: wt e wt-1; Ø Monte salari: Wt = Ntwt e Wt-1 = Nt-1wt-1. Ipotizziamo che: Ø wt = wt-1(1+m), m=tasso di incremento produttività; Ø Nt = Nt-1(1+n), n=tasso di crescita lavoratori occupati. Quindi: Wt = Ntwt = Nt-1(1+n)wt-1(1+m) = Wt-1(1+n)(1+m) Rendimento individuale dei contributi Ø Monte pensioni per sistemi a ripartizione (metodo retributivo e contributivo): se aliquota contributiva è α, il monte pensioni al tempo t è dato da: MPtR = α Wt = α Wt-1(1+n)(1+m). Ø Monte pensioni per sistemi a capitalizzazione: se aliquota contributiva è α, il monte pensioni al tempo t è dato da: MPtC = α Wt-1(1+i) dove i è il tasso di interesse di mercato. Ø Quindi, a parità di aliquota contributiva, si ricava: MPtR >o< MPtC ó (1+n)(1+m) >o< (1+i) se nm≈0 possiamo scrivere: MPtR >o< MPtC ó n+m >o< i Rendimento individuale dei contributi Ø Nelle espressioni che precedono è evidente che i tassi (1+n)(1+m) e il tasso (1+i) possono essere interpretati come i due tassi di rendimento dei contributi versati durante la vita lavorativa (periodo t-1) da coloro che vanno in pensione al tempo t. Ø Più precisamente, definiamo il rendimento implicito che il sistema garantisce ad una generazione il rapporto tra il monte pensioni e i contributi versati come segue: § (MPtR /αWt-1)-1 = (1+n)(1+m)-1 ≈ n+m (rend. sistema a ripartizione) § (MPtc /α Wt-1)-1 = ( 1+i)-1 = i (rend. sistema a capitalizzazione) Ø Si dice quindi che il rendimento implicito dei contributi versati è maggiore nei sistemi a ripartizione se: (n+m)>i cioè se il tasso di interesse di mercato è inferiore alla somma del tasso di crescita degli occupati e dei salari (=della produttività) e viceversa. Pensioni individuali nel sistema a ripartizione retributivo Determinazione della pensione individuale nel sistema retributivo, PR. Definiamo: Ø β = coefficiente di rendimento; Ø RP = retribuzione pensionabile; Ø L = numero di anni di versamento dei contributi, j=1,…,L. Il metodo retributivo prevede che: PR = β x RP x L ossia la pensione è data da una percentuale sulla retribuzione pensionabile moltiplicata per il numero di anni di versamento dei contributi. Pensioni individuali nel sistema a ripartizione retributivo Due ipotesi di definizione della retribuzione pensionabile, Rp. 1. RP è uguale all’ultima retribuzione (RL) prima del pensionamento. In questo caso si ha: PR = PUR = β x RL x L 2. RP è una media delle retribuzioni percepite nel corso della vita lavorativa e rivalutate al tasso composto r (fissato per legge): RP = [R1(1+r)L-1+R2(1+r)L-2+…+RL-1(1+r)+RL] / L RP = ∑jLRj(1+r)L-j / L con j=1,…,L. Quindi in questo caso si ha: PR = PMR = βL∑jLRj(1+r)L-j / L PR = PMR = β∑jLRj(1+r)L-j Se ipotizziamo che la retribuzione cresca ad un tasso m: Rj = R1(1+m)j-1 con j=1,…,L. possiamo scrivere: MC = ∑jLαR1(1+m)j-1 (1+r)L-j Quindi: Ø PUR e PMR crescono al crescere del coefficiente di rendimento β e della durata della vita lavorativa L; Ø PUR cresce al crescere dell’ultima retribuzione; Ø PMR cresce al crescere di m e r. Pensioni individuali nel sistema a ripartizione retributivo Confronto tra PUR e PMR: Ø se m=r, allora PUR = PMR. Infatti, in questo caso: RP = ∑jLR1(1+m)j-1 (1+m)L-j/L con j=1,…,L. RP = ∑jLR1(1+m)L-1 /L con R1(1+m)L-1 = RL RP = LRL/L = RL PMR = βRLL = PUR. Ø se m>r allora PMR < PUR: la pensione basata sull’ultima retribuzione consente di fruire della progressione di carriera; Ø se r>m allora PMR > PUR: la rivalutazione premia chi ha una minore progressione di carriera. Pensioni individuali nel sistema a ripartizione contributivo Determinazione della pensione individuale nel sistema contributivo, PC. Deve soddisfare la seguente eguaglianza: MC = VA(P) dove: Ø MC = montante contributivo = somma dei contributi versati nei periodi di lavoro e rivalutati. Ø VA(P) = valore attuale della pensione nel momento del pensionamento. Definiamo: Ø α = aliquota contributiva; Ø al tasso r (fissato per legge): MC = ∑j=1L α Rj (1+r)L-j con j=1,…,L. Pensioni individuali nel sistema a ripartizione contributivo Se ipotizziamo che la retribuzione cresca ad un tasso m: Rj = R1(1+m)j-1 con j=1,…,L. possiamo scrivere: MC = ∑j=1L αR1(1+m)j-1 (1+r)L-j e quindi se m=r (come in precedenza): MC = ∑j=1L α R1(1+m)j-1 (1+m)L-j MC = LαR1(1+m)L-1 = LαRL Pensioni individuali nel sistema a ripartizione contributivo Ø Ipotizziamo che la pensione PC rimanga costante per tutti gli anni in cui l’individuo vive dopo il pensionamento. Ø Definiamo con j=1,…,e(L) i periodi di tempo dal pensionamento in poi: e(L) è la speranza di vita al momento del pensionamento. Ø Calcoliamo il valore attuale della pensione al momento del pensionamento: VA(P) = ∑j=1e(L) PC /(1+s)j dove s è il tasso di sconto delle pensioni future. Pensioni individuali nel sistema a ripartizione contributivo Quindi, Pc: Ø cresce al crescere di MC, ovvero dell’aliquota α, del tasso di rivalutazione r, delle retribuzioni percepite (di m) e della durata della vita lavorativa; Ø cresce al crescere di s, perché è necessario aumentare l’importo della pensione se questa viene scontata di più; Ø decresce al crescere di e(L), cioè della speranza di vita. La relazione tra PC e la speranza di vita, e(L), è ancora più evidente nel caso particolare: s=0. In questo caso si ha: VA(P) = ∑j=1e(L) Pc = e(L)Pc e quindi MC = VA(P) ó MC = e(L)Pc ó Pc = MC/e(L) Pensioni individuali nel sistema a ripartizione contributivo Come già notato: Ø se m=r si ha che: § PMR = βRLL = PUR (pensione sistema retributivo, entrambi i metodi) § MC = LαR1(1+m)L-1 = LαRL (montante contributivo) Ø se s=0 si ha: VA(P) = e(L)PC (valore attuale) Quindi se m=r e s=0 si ha: Ø PC = LαRL/e(L) e PC = PMR = PUR ó β= α/e(L) Il sistema retributivo e quello contributivo determinano prestazioni uguali se vale anche β= α/e(L). Pensioni individuali nel sistema a capitalizzazione Determinazione della pensione individuale nel sistema a capitalizzazione, PK. Definiamo: Ø α = aliquota contributiva; Ø MC = montante contributivo = somma dei contributi versati nei periodi di lavoro e investiti al tasso i (determinato dal mercato): MC = ∑jL αR1(1+m)j-1 (1+i)L-j con j=1,…,L. Ø VA(PK) = ∑e(L)j PK /(1+s)j con s≠0 Anche in questo caso si ha: MC = VA(PK) montante contributivo = valore attuale della pensione nel momento del pensionamento La differenza rispetto al sistema a ripartizione di tipo contributivo sta nel fatto che in questo caso i contributi sono investiti sul mercato dei capitali e capitalizzati sulla base del rendimento effettivamente ottenuto (i), mentre nel metodo contributivo i contributi sono rivalutati ad un tasso fissato per legge, r. Pensioni individuali nel sistema a capitalizzazione Quindi, Pk: Ø cresce al crescere di MC, ovvero dell’aliquota α, del tasso di interesse i, delle retribuzioni percepite (di m) e della durata della vita lavorativa; Ø cresce al crescere di s; Ø decresce al crescere di e(L), cioè della speranza di vita. Sistemi pensionistici: riepilogo Ripartizioneretributivo Ripartizionecontributivo Contributi pagati dai lavoratori attivi (patto intergenerazionale) Contributi pagati dai Contributi pagati dai lavoratori attivi pensionati quando (patto erano lavoratori attivi intergenerazionale) Monte pensioni (totale pensioni) Dipende da salari, aliquote, produttività e occupazione Dipende da salari, aliquote, produttività e occupazione Dipende da salari, aliquote e tasso di interesse sul mercato Pensione individuale Dipende da retribuzioni pensionabili (percepite nell’ultimo anno o nell’intera vita lavorativa) Dipende da contributi versati nell’intera vita lavorativa e dal tasso di rivalutazione dei contributi Dipende da contributi versati nell’intera vita lavorativa e dal tasso di interesse di mercato Finanziamento Capitalizzazione Distribuzione dei rischi tra generazioni Alla base di tutti i sistemi pensionistici c’è un accordo tra generazioni che si può valutare sulla base della ripartizione di un insieme di rischi, in particolare: Ø rischio di inadeguatezza dei rendimenti: il lavoratore, nonostante il versamento dei contributi, si potrebbe trovare al momento del pensionamento a fruire di un trattamento previdenziale insufficiente per una vita dignitosa; Ø rischio demografico: legato all’invecchiamento della popolazione e all’aumento della speranza di vita; Ø rischio di inflazione: le pensioni possono perdere valore reale; Ø rischio salariale: legato a possibili squilibri nel rapporto tra salari e pensioni. Distribuzione dei rischi tra generazioni Le modalità di ripartizione di questi rischi dipendono: Ø dalle modalità di finanziamento e di definizione delle prestazioni; Ø dagli equilibri che il sistema pensionistico sceglie di rispettare: § finanziario (per i sistemi a ripartizione): le entrate contributive devono essere uguali alle pensioni erogate in un certo periodo di tempo; § macroeconomico: le pensioni erogate non devono superare una quota “accettabile” del PIL e non tendono a crescere “eccessivamente”; § equitativo: il sistema deve realizzare finalità redistributive giudicate rilevanti, tenendo presente che un sistema pensionistico svolge anche funzioni di tipo redistributivo. Distribuzione del rischio di inadeguatezza dei rendimenti SISTEMA A RIPARTIZIONE È di cruciale importanza la scelta del tasso di rivalutazione delle retribuzioni (metodo retributivo) e dei contributi (metodo contributivo). Questo tasso può essere calcolato in modo tale da garantire l’adeguatezza dei rendimenti, tenendo conto delle altre variabili rilevanti (tasso di rendimento, durata della vita lavorativa, produttività, aspettativa di vita). SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE Il rischio di inadeguatezza dei rendimenti è a carico dei futuri pensionati poiché i contributi vengono capitalizzati al tasso di rendimento di mercato: Ø rendimenti insufficienti Ø perdite in conto capitale Distribuzione del rischio demografico Questo rischio è di solito misurato dal rapporto tra pensionati e lavoratori attivi. Nei sistemi a ripartizione la distribuzione di questo rischio dipende dalle modalità di garanzia dell’equilibrio finanziario. Tale equilibrio si ha quando: α wl Nl = PR N p α = aliquota contributiva, wl = retribuzione pro-capite lavoratori attivi Nl = numero lavoratori attivi , PR = pensione pro-capite N p = numero pensionati Distribuzione del rischio demografico Quando il sistema a ripartizione “fissa” il rapporto tra pensioni da erogare e retribuzioni, il rischio demografico è a carico dei lavoratori attivi: l’aliquota deve aumentare. Dato α wl N l = PR N p se Np Nl se aumenta, e σ σ ≡ PR / wl è dato, allora α αt = σ Np Nl , deve aumentare: rischio demografico a carico lavoratori attivi. Distribuzione del rischio demografico Esempio: un sistema a ripartizione con metodo retributivo dove il tasso di sostituzione è fisso (come con metodo retributivo basato su ultima retribuzione): wp = ultimo salario pro-capite pensionati,wl = (1 + m) wp PR / wp = 80% = tasso di sostituzione=>PR / wl = 80% /(1 + m) Equilibrio richiede α N l wl = PR N p => α = ( PR / wl ) × ( N p / N l ) In questo caso α = 80% /(1 + m) × ( N p / N l ) => (1 + m)α = 80% × ( N p / N l ) Se m=0, quando la popolazione invecchia (aumento di N p / N l ) aumenta α : rischio demografico a carico dei lav. attivi. Distribuzione del rischio demografico Quando il sistema a ripartizione “fissa” l’aliquota, il rischio demografico è a carico dei pensionati. Dato α wl Nl = PR N p se Np Nl Nl PR = k wl : Np se α = k allora aumenta, e α è dato, PR deve diminuire: rischio demografico a carico dei pensionati. Esempio: un sistema a ripartizione con metodo contributivo dove l’aliquota contributiva è fissa in modo tale che all’allungarsi della vita media (aumento di e(L)) il rischio demografico gravi interamente sui pensionati. Distribuzione del rischio demografico Variabili che riducono il rischio demografico nei sistemi a ripartizione: Ø aumento del numero dei lavoratori attivi: § aumento immigrazione regolare; § aumento tassi di occupazione/attività; § aumento del tasso di fecondità; Ø aumento delle retribuzioni medie dei lavoratori attivi: § aumento produttività; § mercato del lavoro che distribuisce ai salari l’incremento della produttività. Distribuzione del rischio demografico Nel sistema a capitalizzazione non si pone a livello individuale il problema dell’attribuzione del rischio demografico. La pensione individuale tiene conto della speranza di vita della popolazione al momento del pensionamento (ma non è influenzata da un allungamento successivo della vita attesa, né individuale né della popolazione). Tuttavia, è possibile che si verifichi un errore di stima, ad esempio che la longevità dei pensionati venga sottostimata dal mercato: in questo caso si può porre un problema di equilibrio finanziario e la necessità di un intervento pubblico. Distribuzione del rischio di inflazione SISTEMA A RIPARTIZIONE Protezione dei pensionati se sono previste forme di indicizzazione delle pensioni erogate al tasso d’inflazione Ø Indicizzazione: pt+1 = pt x (1+tasso d’inflazione) Ø Valore reale della pensione costante nel tempo Altrimenti α diminuisce a vantaggio dei lavoratori. SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE Rischio non assicurabile (coperto eventualmente con intervento pubblico). Distribuzione del rischio salariale SISTEMA A RIPARTIZIONE Protezione dei pensionati se sono previste forme di indicizzazione delle pensioni erogate al tasso di crescita dei salari. Altrimenti α diminuisce a vantaggio dei lavoratori. SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE Non c’è alcun collegamento fra pensioni ed evoluzione salariale corrente con la conseguenza che l’andamento del rapporto fra pensioni e retribuzioni non è in alcun modo vincolato. Distribuzione dei rischi ed equilibrio finanziario Analisi della distribuzione dei rischi in un quadro di equilibrio finanziario del sistema pensionistico: le entrate contributive e le pensioni erogate in un certo periodo di tempo sono uguali. Ø Il sistema a capitalizzazione garantisce automaticamente l’equilibrio finanziario. Ø Il sistema a ripartizione è in equilibrio finanziario se l’aliquota contributiva è pari a quella di equilibrio (α*): α Rl N l = PN p α = aliquota contributiva, Rl = retribuzione media pro − capite N l = numero dei lavoratori attivi, P = pensione media pro − capite N p = numero dei pensionati α * = aliquota contributiva di equilibrio = Np = indice di dipendenza Nl P Np Rl N l Distribuzione dei rischi ed equilibrio macroeconomico La gestione dei rischi nel sistema a ripartizione ha un impatto sugli equilibri macroeconomici del sistema. Il principale aspetto da valutare è il rapporto tra spesa pensionistica e PIL, che può essere scritto come segue: Sp/PIL = (Np/Na) x (Na/POP) x (POP/Nl) x (Sp/Np) / (PIL/Nl) dove: Sp = spesa pensionistica Np = numero pensionati, Na = numero anziani POP = popolazione; Nl = numero lavoratori attivi Ø Ø Ø Ø Ø Np/Na è il fattore istituzionale Na/POP è il fattore demografico POP/Nl è l’inverso del tasso attività Sp/Np è la spesa media per pensionato PIL/Nl è il prodotto medio per lavoratore attivo Distribuzione dei rischi ed equilibrio macroeconomico Il fattore istituzionale (Np/Na) è di solito non modificabile nei sistemi previdenziali maturi. Il rapporto (PIL/Nl) dipende dalla produttività del sistema economico ed è modificabile solo in parte dal Governo. Il fattore demografico (Na/POP) dipende da variabili sociali, culturali ed economiche ed è modificabile solo in parte dal Governo. Il rapporto POP/Nl riflette la situazione del mercato del lavoro e dell’occupazione (segmentazione per età e per genere). Il rapporto Sp/Np è quello più facilmente modificabile dal Governo (riducendo l’importo medio delle prestazioni individuali): quindi l’equilibrio macroeconomico può venire garantito attraverso la riduzione delle prestazioni per pensionato a parità di altre condizioni. Distribuzione dei rischi ed equilibrio equitativo Il metodo retributivo: Ø consente la completa equità previdenziale quando si basa sull’ultima retribuzione: il tasso di sostituzione è il medesimo per tutti gli individui; Ø non è equo da un punto di vista attuariale: il tasso di rendimento interno dipende dalla dinamica della carriera; Ø l’equità assistenziale dipende dall’importo delle pensioni ricevute. Il metodo contributivo e il sistema a capitalizzazione: Ø non sono equi dal punto di vista previdenziale: il tasso di sostituzione dipende dalla dinamica della carriera; Ø sono equi dal punto di vista attuariale: il tasso di rendimento interno è lo stesso per tutti gli individui; Ø l’equità assistenziale dipende dall’importo delle pensioni ricevute. Distribuzione dei rischi: riepilogo Ripar&zione Capitalizzazione Inadeguatezza pensioni Può essere ridotto, attraverso i tassi di rivalutazione e di attualizzazione È a carico dei pensionati, ma interventi pubblici di salvataggio sono possibili Demografico (N.B. nel sistema a ripartizione viene gestito in modo da garantire equilibrio finanziario) È a carico dei lavoratori attivi se tasso di sostituzione fissato (metodo retributivo). È a carico dei pensionati se aliquota fissata (possibile con metodo contributivo) È a carico dei pensionati (ma possono esserci errori nel calcolo della speranza di vita) Inflazione È a carico dei pensionati se pensioni non agganciate all’inflazione Non può essere ridotto: è a carico dei pensionati Salariale È a carico dei pensionati se pensioni non agganciate ai salari È a carico dei pensionati Il sistema pensionistico italiano Tappe principali: Ø Dal 1970 al 1992: sistema pre-Amato Ø 1992: riforma Amato Ø 1995: riforma Dini Ø 2004: riforma Maroni Ø 2011: riforma Fornero Sistema pre-Amato: dal 1970 al 1992 Ø Sistema a ripartizione Ø Metodo di calcolo retributivo: P = βRp L § Rp = media degli stipendi degli ultimi 5 anni, rivalutati al costo della vita (inflazione) § β= 2% (max βL = 80%) § Indicizzazione delle prestazioni: - inflazione (semestrale) - tasso di crescita dei salari (annuale) Ø Pensioni di vecchiaia § L ≥ 15 anni § Età = 60 anni M (55 anni F) Ø Pensioni di anzianità § L ≥ 35 anni Riforma Amato: 1992 Ø Sistema a ripartizione. Ø Metodo di calcolo retributivo: P = βRp L § Rp = media delle retribuzioni dell’intera vita lavorativa (per i nuovi assunti) con tasso di rivalutazione pari al tasso di inflazione aumentato di un punto percentuale per ogni anno di contribuzione; § β= 2% (max βL = 80%) § Indicizzazione delle prestazioni: - inflazione (semestrale) - ai salari: eventualmente con legge finanziaria Ø Pensioni di vecchiaia § L ≥ 20 anni § Età = 65 anni M (60 anni F) Ø Pensioni di anzianità § L ≥ 35 anni Riforma Dini: 1995 Ø Sistema a ripartizione. Ø Metodo di calcolo contributivo: MC = VA(P): pro-rata per chi aveva meno di 18 anni di contributi, integrale per chi non ne aveva nessuno: § MC = montante contributivo calcolato con aliquota 33% e con tasso di rivalutazione r pari alla media del PIL nei cinque anni. § VA(P) dipende da e(L); e(L) dovrebbe essere oggetto di revisione decennale. § Indicizzazione delle prestazioni: abolita quella ai salari, parziale quella all’inflazione. Ø Requisiti di età: § L ≥ 5 anni § Età minimo 57, massimo 65 Ø Pensioni di anzianità: graduale abolizione Ø Per chi aveva più di 18 anni di contributi nel 1995 è stato mantenuto il metodo retributivo Riforme e gestione dei rischi Rischio Pre-‐Amato Amato (1992) Dini (1995) Inadeguatezza delle pensioni Molto ridotto Ridotto Rilevante per redditi bassi e per carriere intermittenti Demografico A carico dei lavoratori attivi A carico dei lavoratori attivi, ma elevamento età di accesso (riduzione numero dei pensionati) A carico dei pensionati (aliquota di equilibrio fissa) Inflazione Indicizzazione: a carico dei lavoratori attivi e protezione dei pensionati Indicizzazione: a carico dei lavoratori attivi e protezione dei pensionati Indicizzazione parziale: a carico dei pensionati e dei lavoratori attivi Salariale A carico dei lavoratori attivi e protezione dei pensionati A carico dei pensionati A carico dei pensionati Equità: confronto PRE-AMATO Ø Tassi di sostituzione simili, a parità di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età di pensionamento e dalla dinamica salariale → equità previdenziale. Ø Tassi di rendimento interno più elevati per i profili salariali dinamici e per minore età di pensionamento → non garantisce equità attuariale. RIFORMA AMATO Ø Tassi di sostituzione inversamente proporzionali al tasso di crescita dei salari (e indipendenti dall’età di pensionamento) → non garantisce equità previdenziale. Ø Tassi di rendimento interno si riducono, soprattutto per chi ha profili salariali dinamici → non garantisce equità attuariale. RIFORMA DINI Ø Tassi di sostituzione crescenti nell’età di pensionamento; più bassi per chi ha profili salariali che crescono più velocemente del PIL → non garantisce equità previdenziale. Ø Tassi di rendimento interno uguali per tutti indipendentemente dall’età di pensionamento (nella fascia consentita) e dalla dinamica salariale → garantisce equità attuariale. Trattamenti assistenziali: fino alla riforma Dini Tre principali forme di intervento: Ø integrazione al minimo: integrazione a 420€ mensili (2005) per le pensioni inferiori a questo minimo. Ø Pensioni di invalidità: concessione della pensione integrata al minimo, dopo soli 5 anni di contribuzione, se veniva dichiarata l’invalidità del beneficiario. Di fatto utilizzate come ammortizzatori sociali occulti. Ø Pensioni sociali: a favore dei cittadini senza storia professionale e sprovvisti di reddito, sempre inferiori alle pensioni integrate al minimo. Trattamenti assistenziali: riforma Dini Ø Abolizione dell’integrazione al minimo per le pensioni calcolate con il metodo contributivo. Ø Pensioni di invalidità: attribuite solo in caso di gravi menomazioni fisiche. Ø Sostituzione delle pensioni sociali con assegno sociale (nel 2011 pari a 417,3 euro). Quindi tentativo di distinguere progressivamente interventi pensionistici da interventi diretti a realizzare l’equità assistenziale, realizzata peraltro su base individuale e non familiare. Riforme successive Non hanno mutato il sistema, ma hanno cambiato alcuni requisiti di accesso o accelerato alcuni processi. Ø Riforma Maroni (2004-2005): § ripristino limiti di età differenziati: 60 anni F, 65 anni M; § accelerazione del superamento delle pensioni di anzianità: necessità di un’età minima che, sommata ai contributi, consente il raggiungimento di una quota minima (2010-2011: almeno 60 anni di età e 36 anni di contributi). L’età minima per la pensione di anzianità viene progressivamente aumentata nel tempo. Ø Riforma Fornero (2011): § adozione del metodo pro-rata per il calcolo della pensione anche per chi aveva più di 18 anni di contributi nel 1995 ma non è ancora andato in pensione (ipotesi residuale); § ulteriore innalzamento dei requisiti anagrafici (problema degli esodati). Riforme ed equilibri Ø I conti del sistema pensionistico sono progressivamente migliorati grazie alle riforme Amato e Dini (anche per revisione istituti assistenziali). Ø Tuttavia, l’equilibrio finanziario non è ancora stato raggiunto: numerose gestioni previdenziali sono in disavanzo (contributi inferiori alle prestazioni erogate) e richiedono un intervento integrativo a carico dello Stato. Ø L’equilibrio finanziario potrà essere raggiunto attraverso: § ulteriori innalzamenti dell’età di accesso; § correzioni dei parametri di calcolo che riflettono e(L). Riforme ed equilibri Le riforme Amato e Dini avevano l’obiettivo di ricondurre il sistema ad equilibrio macroeconomico riducendo il rapporto tra spesa pensionistica e Pil. A quasi vent’anni di distanza dalla riforma Amato possiamo dire che: Ø la crescita del rapporto spesa/Pil è rallentata; Ø potrebbe ridursi nel periodo tra il 2015 e il 2030 per effetto delle riforme e dell’allungamento dell’età pensionabile; Ø potrebbe crescere nel periodo tra il 2030 e il 2050 per effetto del peggioramento del rapporto tra lavoratori attivi e pensionati (effetto baby boomers); Ø potrebbe ricominciare a decrescere successivamente per l’effetto dell’applicazione del sistema contributivo. Coesistenza di Pubblico e Privato: la previdenza integrativa Con la riforma Dini i tassi di sostituzione risultano bassi per i profili retributivi più dinamici. Il problema del mantenimento del tenore di vita per chi è caratterizzato da una crescita salariale più sostenuta della media dovrebbe trovare una soluzione con lo sviluppo della previdenza integrativa: Ø incentivazione fiscale per i fondi pensione; Ø possibilità di destinare il TFR a fondi pensione. Tuttavia, in applicazione del principio della contribuzione definita, con prestazioni non indicizzate all’inflazione il rischio è a carico dei beneficiari. N.B.: nei fondi a contribuzione definita ogni lavoratore è titolare di una posizione nell'ambito del fondo alla quale confluiscono i contributi, nella componente determinata contrattualmente e in quella (eventualmente) volontaria. I versamenti danno luogo a un capitale che al momento della cessazione del rapporto di lavoro è trasformato in rendita ⇒ il rischio dell'investimento è a carico del titolare del conto. TFR RIFORMA DINI Ø Possibilità di destinare gli accantonamenti TFR ai fondi pensione. DECRETO LEGISLATIVO 252/2005 e LEGGE FINANZIARIA 2007 Ø Principio del silenzio-assenso: dal 1° gennaio 2007, salvo esplicita volontà contraria (6 mesi), il TFR maturando confluisce in un fondo pensione (fondi chiusi, aperti,…). Ø Quote di TFR maturando che non confluiscono ad un Fondo Pensione: § se l’azienda ha più di 49 dipendenti ⇒ INPS § se l’azienda ha meno di 50 dipendenti ⇒ azienda Ø Problemi: § per le imprese, rinuncia a fonte di finanziamento a basso costo; § per i lavoratori, assunzione del rischio associato agli investimenti sul mercato dei capitali.