Anteprima - Italus Hortus
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Review n. 15 – Italus Hortus 18 (3), 2011: 33-45 L’attività di raccolta, caratterizzazione, valorizzazione e conservazione della biodiversità vegetale di interesse agricolo in Italia con particolare riguardo alle risorse genetiche frutticole Carlo Fideghelli* e Petra Engel CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Ricezione: 18 ottobre 2011; Accettazione 5 dicembre 2011 Recovery, characterization, utilization and conservation activity of PGRFA in Italy with special focus on fruit genetic resources Abstract. Since the early 1990s worldwide efforts concerned with the safeguard and sustainable utilization of agricultural biodiversity have been strongly supported by numerous initiatives, in particular the Agenda 21 and the Convention on Biological Diversity (CBD) in 1992, the Global Plan of Action (GPA) for the conservation and the sustainable use of plant genetic resources for food and agriculture in 1996 and the FAO International Treaty on PGRFA in 2001. To implement these agreements, a series of initiatives, at international, regional and national level, have been undertaken. Italy ratified the CBD in 1994 and the International Treaty (IT) in 2004 and established that the Ministry of Environment has the competence for biodiversity in general, while the Ministry of Agricultural Policies has the competence in the field of Biodiversity for food and agriculture. Furthermore, the European Union supports initiatives aiming at the recovery, conservation, characterization, documentation and exploration of plant genetic resources by funding projects within its AGRI GEN RES programmes. Within this framework Italy has approved a series of laws and projects which have led to the establishment of the Committee for Genetic Resources, the endorsement of the National Plan for Agricultural Biodiversity, as well as the publication of laws from several Regional Governments for the recovery, characterization and conservation ex situ and in situ of autochthonous GR at risk of extinction. As a result, several specific long and medium term activities were launched, such as a national project for the implementation of the IT which comprises more than 70 major crop species of agro-economic relevance. At regional level, many programmes for the recovery, safeguard and documentation of local germplasm have been carried out, often in collaboration with University departments or other stakeholders, and private initiatives, such as NGOs, united in the “Rural Seeds Network”, which contribute both to the activities carried out at national and local level. Key words: horticulture, legislation, conservation, characterisation, autochthonous germplasm. Introduzione Il termine biodiversità per indicare la diversità biologica, viene utilizzato per la prima volta nel 1986 al Forum Nazionale sulla Biodiversità tenutosi a Washington (Wilson e Peter, 1988) e comprende l’intera variabilità delle forme di vita. La biodiversità agricola è un sottoinsieme della diversità biologica generale e comprende la biodiversità microbica, animale e vegetale. La biodiversità agricola o germoplasma è una risorsa naturale essenziale come il suolo, l’acqua e l’aria (Fitzgerald, 1989) e la diversità biologica è fondamentale non solo per l’equilibrio ecologico ma anche per la sicurezza alimentare. La diversità genetica delle piante è la componente fondamentale di ogni sistema produttivo agricolo e l’uomo, da quando ha dato vita all’agricoltura circa diecimila anni fa, si è sempre preoccupato di individuare nuova variabilità vegetale e di conservarla per la sua futura utilizzazione e per migliaia di anni gli agricoltori sono stati i soli a farsi carico della conservazione del germoplasma selezionato nell’ambito dei tipi spontanei delle diverse specie. Tra le prime testimonianze storiche di descrizione varietale di diverse specie da frutto c’è quella del greco Teofrasto (370-286 a.C.), allievo di Aristotele, nella sua Historia Plantarum. In Italia la coltivazione delle piante da frutto si è sviluppata con Roma e con essa la pomologia, testimoniata da numerosi autori latini: Catone il Censore (234-149 a.C.), autore del trattato De Agricoltura, Columella (4 a.C. circa - 65 d.C.) con le sue opere De Re Rustica e De Arboribus, Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) che, nella sua opera Naturalis Historia, descrive le numerose varietà di * [email protected] 33 Fideghelli e Engel fruttiferi coltivate dai Romani nel primo secolo dopo Cristo (Fideghelli, 2008). Con la caduta dell’Impero Romano, la maggior parte del ricco patrimonio varietale descritto dagli autori latini andò perduto. Dopo un lungo periodo di abbandono dell’agricoltura, la prima testimonianza storica della consapevolezza della importanza della salvaguardia e dell’utilizzo delle risorse genetiche per il benessere dell’uomo risale all’imperatore Carlo Magno (782-814 d.C.) che nel suo Capitulare de villis (795), un decreto sulla riforma delle pratiche agricole da seguire e applicare su tutto il territorio del suo impero, dà precise disposizioni per la piantagione obbligatoria di 77 specie agroalimentari, tra le quali specie da frutto, come ciliegio, mandorlo, melo, melo cotogno, pero, noce, nocciolo, gelso e fico (Engel, 2006). Dopo Carlo Magno e fino al Rinascimento, la custodia della diversità genetica delle piante da frutto è stata curata dai vari ordini monastici che svilupparono anche una certa attività di miglioramento genetico selezionando nuove varietà (Bellini e Nin, 2007). Nel Rinascimento, le varietà conservate dai monaci escono dai conventi e tornano ad essere coltivate nelle campagne, non solo per l’autoconsumo, ma anche per la loro commercializzazione. Nel ‘500 nascono in Italia i primi Orti Botanici, presso le più prestigiose Università, quali Pisa (1543) Padova (1545), Pavia (1558), Bologna (1568), che inizialmente raccoglievano soprattutto piante medicinali ed aromatiche allo scopo di conservare e soprattutto studiare la biodiversità delle specie vegetali e i loro effetti positivi per il benessere umano (Giardini dei semplici) (Del Prete et al., 2001). Di questo periodo sono due le opere fondamentali nella storia della pomologia italiana, i Commentari al Dioscuride di Pietro Mattioli (1501-1578) e l’Iconographia Plantarum tomo X di Ulisse Aldrovandi (1522-1605). Nel Rinascimento, la coltivazione delle piante da frutto si sviluppa soprattutto in Toscana sotto i Medici ed è il Granduca Cosimo III che dà incarico al botanico Pietro Micheli (1672-1742) di catalogare e illustrare le ricche collezioni di varietà di fruttiferi presenti nel granducato. Nel ‘600, anche in Francia iniziò lo sviluppo della pomologia per merito di appassionati come Olivier de Serres (1539-1619) ed esperti “giardinieri” della corte francese come Le Lectier Sieur e J.B. de la Quintinie (1624-1688). La pomologia europea ebbe un grande sviluppo nel ‘700 con opere fondamentali di H.L. Duhamel du Monceau, H. Knoop, J. Kraft, J. V. Siekler, J. P. Mayer, W. Kooner (Baldini, 2004). 34 Nello stesso periodo, in Italia, ha operato Cesare Majoli (1746-1823) che nella sua Plantarum collectio ha raffigurato centinaia di varietà di frutta coltivate nelle varie regioni della Penisola. In Europa, gli studi pomologici si intensificano nell’'800 per merito di studiosi come L. Noisette, A. Poiteau e Leroy in Francia, L. Oberdiech, Jahn e Lauche in Germania, Van Holle, Burvenich, Bavay in Belgio, Miller, Lyndney, Rogers in Inghilterra. In Italia, l’opera più importante dell’800 è la Pomona Italiana di Giorgio Gallesio (1772-1823) che descrive e illustra con bellissime tavole a colori 160 delle più significative varietà di fruttiferi dell’epoca. Contemporaneo al Gallesio è A. Torgioni Tozzetti (1785-1856), autore di un’altra importante monografia sui fiori, frutti, agrumi illustrata da pregevoli tavole a colori (Bellini e Nin, 2007). Allo stesso secolo appartengono le creazioni di frutti artificiali fatti di vari materiali e riproducenti forma, colore e dimensioni di quelli veri. La più importante di questa produzione è quella realizzata da Francesco Garnier Valletti (1808-1889) di cui si conservano importanti collezioni a Torino, Milano e Firenze (Eccher e Bounous, 1997). L’opera italiana più significativa del ‘900 è di Girolamo Molon (1860-1831) che nella sua Pomologia descrive e illustra diverse centinaia di varietà delle principali specie frutticole (Bassi e Bellini, 1997). Il quadro normativo internazionale Nel secondo dopoguerra, a causa della specializzazione colturale e della meccanizzazione sempre più spinte, il rischio di erosione genetica si è fatto sempre più reale e la consapevolezza del rischio di perdita della diversità biologica ha indotto le Nazioni ad elaborare una strategia globale di salvaguardia della stessa. La prima azione concordata a livello internazionale risale alla Conferenza delle Nazioni Unite “Human Environment” (1972), che ha portato alla costituzione nel 1974 dell’International Board for Plant Genetic Resources (IBPGR) con sede a Roma, nel 1994 divenuto International Plant Genetic Resources Institute (IPGRI) e dal 2006 rinominato Bioversity International (BI). Nel 1980, sulla base delle raccomandazioni dell’UNDP (United Nations Development Programme), della FAO e di EUCARPIA, viene costituito lo European Cooperative Programme for Plant Genetic Resources (ECPGR), il cui Segretariato è ospitato da IBPGR/ IPGRI/ BI. Si tratta di un programma di collaborazione tra i Paesi della Biodiversità vegetale di interesse agricolo Regione europea (che comprende anche Israele e Turchia), che ha l’obiettivo di contribuire ad una conservazione e gestione razionale ed efficace delle RGV ex situ ed in situ e di promuovere il loro utilizzo. Il Programma, finanziato dai paesi partecipanti, è suddiviso in network per coltura o tematici dei quali fanno parte i rispettivi esperti (tab. 1). Ogni Paese partecipante nomina un Coordinatore Nazionale (attualmente, per l’Italia, Carlo Fideghelli). Il Comitato di indirizzo, formato dai Coordinatori Nazionali, stabilisce le priorità di lavoro per periodi quinquennali; attualmente, è operativa la Fase VIII (2009-2013) con le seguenti priorità: • rendere AEGIS (A European Genebank Integrated System) operativo; • caratterizzare, valutare e valorizzare le Risorse Genetiche Vegetali per l’Agricoltura e l’Alimentazione (RGVAA) conservate; • rafforzare la conservazione e la gestione on farm e in situ; • mantenere la funzionalità del catalogo europeo delle RGV conservate presso i singoli paesi pertecipanti (EURISCO); • completare la documentazione delle RGVAA conservate. Un’importante decisione è stata presa alla Conferenza FAO, nel 1983, che ha adottato l’International Undertanking on Plant Genetic Resources, il primo accordo internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l’agricoltura e l’alimentazione (RGVAA) e la promozione dell’accesso alle stesse; allo scopo di monitorare l’implementazione di questo accordo, la Conferenza ha costituito l’InterGovernmental Commission on Plant Genetic Resources for Food and Agriculture. Tab. 1 - Network e gruppi di lavoro attualmente attivi in ECPGR. Tab. 1 - Networks and working groups currently active within ECPGR. Network Gruppi di lavoro Cereali Avena, Frumento, Orzo Colture foraggere Specie foraggere Specie frutticole Malus/ Pyrus, Prunus, Vitis Specie oleose e proteiche Leguminose da granella Colture da zucchero, Bieta, Specie da fibra (lino, canapa), amido e fibra Specie medicinali e aromatiche, Patata Allium, Brassica, Cucurbitaceae, Ortaggi Ortaggi da foglia, Solanaceae, Ombrellifere Documentazione Documentazione ed informazione ed informazione In situ e On farm Cooperazione interregionale On farm; Wild species Cooperazione interregionale Uno degli impulsi più importanti alle iniziative internazionali per la salvaguardia delle risorse genetiche sensu lato è venuto dalla conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e sullo Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 che ha adottato l’Agenda 21, un programma globale sull’ambiente e sullo sviluppo che riconosce la fondamentale importanza della conservazione sia in situ che ex situ delle risorse genetiche vegetali. Alla Conferenza di Rio è stato anche preparato il testo della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) che sancisce tre punti fondamentali: • le risorse genetiche cessano di essere patrimonio comune dell’umanità per diventare un bene su cui hanno sovranità i governi degli Stati dove esse hanno avuto origine e si trovano; • la conservazione è strettamente legata all’uso sostenibile delle risorse; • l’accesso alle risorse deve essere regolato dal Previo Consenso Informato (PCI) delle comunità detentrici e da un accordo di equa ripartizione degli eventuali benefici derivanti dall’uso di tali risorse (benefit sharing). Nell’ambito della IV Conferenza Tecnica Internazionale della FAO sulle RGVAA, svoltasi a Lipsia nel 1996, 150 Paesi hanno formalmente adottato il Global Plan of Action (GPA), Piano di azione mondiale per la conservazione e l’uso sostenibile delle RGVAA. Il Piano, nato come strumento per rendere effettivo l’International Undertaking, è composto da 20 aree prioritarie di attività, con l’obiettivo principale di aiutare i paesi a sviluppare efficienti programmi nazionali per la conservazione e l’uso sostenibile delle RGVAA (Gass et al., 1998). Seguendo le raccomandazioni del Technical Consultative Committee dell’ECPGR, riunitosi a Nitra (Slovacchia) nel 1995, è stato deciso che l’ECPGR sarebbe stato usato come piattaforma per l’implementazione del GPA nella Regione europea, come parte del Sistema Globale della FAO sulle RGVAA. Nel 2001, la Conferenza della FAO ha adottato il Trattato Internazionale sulle RGVAA (www.planttreaty.org.), documento legalmente vincolante che ha come obiettivi la conservazione e l’uso sostenibile delle RGVAA e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione, al fine di perseguire un’agricoltura sostenibile e la sicurezza alimentare in conformità alla Convenzione sulla Diversità Biologica. Elemento centrale del Trattato è un Sistema Multilaterale di accesso alle risorse genetiche appartenenti a 64 specie vegetali coltivate ritenute essenziali per l’alimentazione umana, nonchè alle informazioni legate a queste accessioni. In effetti, l’Art. 11.2 stabilisce che “Il Sistema Multilaterale 35 Fideghelli e Engel […] includerà tutte le RGVAA […] che sono mantenute sotto la gestione e il controllo delle Parti Contraenti e che si trovano nel pubblico dominio”, quindi ne fa parte automaticamente tutto il materiale che non è protetto da brevetti o altri vincoli di proprietà intellettuale del quale le Parti Contraenti hanno il controllo e il potere di deciderne l’utilizzo. Nella tabella 2 è riportato l’elenco delle specie orto-frutticole comprese nell’Allegato 1 del TI. Nel 2006, l’Organo Direttivo del TI ha adottato l’Accordo Standard per il Trasferimento del Materiale vegetale (SMTA) che disciplina le modalità per lo scambio di materiale vegetale tra “donatore” e “ricevente”. La UE, il 22 maggio 2007, ha emanato la Risoluzione del Parlamento Europeo dal titolo “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010” che, tra le altre cose, riconosce l’importanza di misure aggiuntive a favore delle specie minacciate di estinzione e la interdipendenza tra produzioni agricole, paesaggio e turismo (Fideghelli e Engel, 2009). Durante la 10° Conferenza delle Parti della CBD, tenutasi a Nagoya (Giappone) nell’ottobre 2010, sono state approvate le modalità per definire l’accesso alle risorse genetiche, la ripartizione dei benefici derivanti dal loro uso e la cooperazione tra paesi per evitare la biopirateria (http://www.cbd.int/abs). I leader dell’Unione Europea, constatato che l’obiettivo della Risoluzione del Parlamento Europeo del 22 maggio 2007 di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 era fallito, nel maggio 2011 hanno definito una nuova strategia sulla biodiversità da realizza- Tab. 2 - Specie ortofrutticole incluse nell’allegato I del Trattato Internazionale. Tab. 2 - Horticultural species included in Annex I of the International Treaty. Specie ortive e tuberi Nome comune Asparago Genere Specificazioni Asparagus Brassica et al. (Armoracia, Barbarea, Camelina, Gruppo Brassica (specie oleaginose ed ortive: cavoCrambe, Diplotaxis, Eruca, Isatis, Lepidium, escluso il Lepidium meyenii lo, colza, crescione, rapa, ravanello, rucola, senape) Raphanobrassica, Raphanus, Rorippa, Sinapis) Carota Daucus Cece Cicer Cicerchia Lathyrus Fagiolo Phaseolus Fava Vicia Lenticchia Lens Manioca Manihot solo il Manihot esculenta Melanzana Solanum Patata Solanum inclusa la sezione melongena inclusa la sezione tuberosa, escluso il Solanum phureja. Patata dolce Ipomoea escluso il Phaseolus polyanthus Principali Aracee (taro, cocoyam, dasheen, tannia) Colocasia, Xanthosoma Pisello Pisum Pisello arboreo Cajanus Vigna Vigna Yams Dioscorea Specie frutticole Agrumi Citrus inclusi Fortunella e Poncirus come portinnesti Albero del pane Artocarpus solo la specie da pane Banana Musa esclusa la Musa textilis Fragola Fragaria Melo Malus Noce del cocco Cocos 36 Biodiversità vegetale di interesse agricolo re entro il 2020, tenuto conto che, entro il 2050 deve essere raggiunto l’obiettivo di proteggere, valorizzare e adeguatamente ripristinare la biodiversità e gli ecosistemi che vi provvedono, alla base del benessere dell’uomo e della prosperità economica, affinchè le catastrofiche conseguenze causate dalla perdita di biodiversità siano evitate. L’obiettivo intermedio al 2020 è l’arresto della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nell’Unione Europea accrescendo, nel contempo, il contributo dell’UE per allontanare la perdita globale di biodiversità. Nel luglio del 2011, durante la 13a Riunione della Commissione della FAO sulle RGAA, è stato adottato l’aggiornamento del GPA, necessario per poter indirizzare le politiche dei vari paesi per applicare e rendere effettivi i trattati e i programmi sottoscritti; in particolare la CBD e il TI. Il coinvolgimento dell’Italia L’Italia, sin dall’inizio, è stata fortemente coinvolta in tutte queste iniziative sviluppate nel corso degli ultimi 40 anni. Nell’ambito dell’ECPGR, esperti italiani sono presenti in 21 degli attuali 22 gruppi di lavoro e network tematici, presiedendo o co-presiedendo i gruppi Brassica, Prunus, Specie da fibra e On farm. Nell’ambito di ogni gruppo di lavoro e per ciascuna specie è costituito un database europeo con tutte le informazioni disponibili sulle singole accessioni, gestito da un’istituzione competente appartenente ad uno dei paesi dell’ECPGR. A oggi, due di questi database sono gestiti dai partner italiani: quello dei fruttiferi minori, dal DISPA dell’Università di Firenze e quello della canapa, dal CRA-CIN di Bologna (www.ecpgr.cgiar.org/germplasm_databases.html). I lavori preparatori per l’avvio di AEGIS sono in fase conclusiva. L’Italia, attraverso i membri dei gruppi di lavoro sulle specie prescelte come “specie pilota” (Allium, Avena, Brassica e Prunus), ha contribuito attivamente alla stesura delle specifiche tecniche del Progetto. L’aggiornamento di EURISCO, sia per quanto riguarda il numero delle accessioni mantenute, sia per il loro inserimento o meno nel Sistema Multilaterale è previsto entro il 2012. Per quanto riguarda il GPA, l’Italia ha redatto due Rapporti Nazionali sulle RGVAA, che sono confluiti, nel 1996 e nel 2009, rispettivamente, nel Primo e nel Secondo Rapporto sullo Stato delle RGVAA nel Mondo, elaborati dalla FAO, nell’ambito del World Information and Early Warning System (WIEWS) (http://apps3.fao.org/wiews/wiews.jsp). In occasione della quarta riunione del Governing Body del Trattato Internazionale tenutasi a Bali nel marzo 2011, l’Italia ha annunciato l’inclusione nel Sistema Multilaterale, entro la fine dell’anno, di circa 50.000 accessioni, per metà conservate dall’Istituto di Genetica del CNR di Bari e per metà dalle strutture del CRA e dalla Università di Perugia. Il quadro normativo nazionale L’Italia ha ratificato la Convenzione sulla Biodiversità con la legge n. 124 del 1994, impegnandosi a sviluppare strategie, piani e programmi per la conservazione in situ ed ex situ della biodiversità e per l’uso sostenibile delle risorse genetiche e a creare un Centro di scambio di informazioni (Clearing House Mechanism - CHM). Scopo del CHM è di mettere a disposizione degli utenti nazionali e internazionali dati sulle risorse genetiche, sugli ecosistemi, sugli habitat, sulla conservazione della natura, sulla biosicurezza e sul patrimonio di conoscenze e tradizioni locali. La competenza primaria sulla CBD è del Ministero dell’Ambiente che, sulla G.U. n. 107 del 10/05/1994, ha pubblicato “Le linee strategiche per l’attuazione della Convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione di un Piano Nazionale sulla Biodiversità”. L’obiettivo 7.1 prevede la realizzazione di una rete integrata di centri per la conservazione ex situ del germoplasma, utilizzando come punti nodali le strutture esistenti e gli istituti specializzati. La competenza primaria sulle risorse genetiche di interesse agricolo è affidata al Ministero delle Politiche Agricole (D. L.vo n. 143 del 1997). Il D.P.R. n. 79 del 23 marzo 2005, inoltre, attribuisce al Dipartimento delle Politiche di sviluppo la materia relativa alla salvaguardia e tutela dei patrimoni genetici delle specie animali e vegetali (Fideghelli, 2006). Con la legge n. 101 del 6 aprile 2004 l’Italia ha ratificato il Trattato Internazionale FAO sulle RGVAA, che, all’art. 3, affida alle Regioni e Province autonome le competenze per l’attivazione di quanto previsto dal Trattato. Il Mi.P.A.A.F. si è riservato il compito di mantenere i rapporti internazionali e di monitorare gli interventi delle Regioni, diverse delle quali hanno promulgato leggi per la tutela delle RG autoctone (Lazio, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Toscana, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata, Provincia di Bolzano). Alla Toscana va il merito di aver approvato, nel 1997, la prima legge regionale per la tutela e la valorizzazione delle varietà e razze locali, sostituita nel 2004 dalla legge attualmente in vigore. 37 Fideghelli e Engel I Programmi di Sviluppo Rurale 2000-2006 e 2007-2013 hanno messo a disposizione delle Regioni e Province autonome somme importanti per attivare iniziative di recupero, conservazione e valutazione nonché la concessione di aiuti agli agricoltori che si impegnano a coltivare varietà locali iscritte negli appositi Registri regionali. Il 14 febbraio 2008 la Conferenza Stato-Regioni, presieduta dal Mi.P.A.A.F., ha approvato il Piano Nazionale sulla Biodiversità di interesse Agrario (PNBA) (Mi.P.A.A.F., 2008) che prevede 3 fasi attuative: • ricerca e individuazione di varietà e razze locali, la loro caratterizzazione, la definizione del rischio di erosione/estinzione per la loro corretta conservazione in situ, on farm e ex situ (MiPAAF, 2011); • le stesse azioni della fase A a livello territoriale anche con progetti internazionali; • attivazione dell’Anagrafe nazionale delle varietà e razze/popolazioni locali e del sistema nazionale di tutela e valorizzazione della biodiversità di interesse agrario. Per soddisfare le esigenze di coordinamento delle attività a livello nazionale e di quelle a livello regionale è stato costituito il Comitato Permanente per le Risorse Genetiche previsto dal PNBA, che è ora operativo (CPRG). Le iniziative in atto in Italia L’agrobiodiversità italiana, sia per ragioni geografiche (ampiezza della latitudine e orografia molto diversificata) che socio-culturali (sistema agricolo molto polverizzato), è ancora fortemente legata ai piccoli agricoltori e al territorio. Non per nulla l’Italia detiene oltre il 20% delle produzioni certificate europee (DOP, IGP e STG). In questo contesto positivo si inserisce, però, il dato negativo dell’età avanzata di molti agricoltori proprietari delle piccole aziende e della mancanza del rinnovo generazionale che comportano un serio rischio di perdita sia della biodiversità coltivata che dei saperi tradizionali. Il maggior rischio di perdita delle varietà tradizionali si pone per le specie propagate per seme, ma anche quelle moltiplicate non sono esenti da tali rischi. In una situazione come quella italiana, le politiche di sviluppo rurale giocano un ruolo molto importante per creare le condizioni economiche e sociali per cui queste aziende possano continuare a fare agricoltura competitiva utilizzando la biodiversità agricola come fattore per lo sviluppo locale. Per fare ciò è necessario integrare in modo armonico e collaborativo la conservazione ex situ e on 38 farm. In concreto, per la stragrande maggioranza delle accessioni di interesse agricolo, da parte di alcuni, la conservazione on farm coincide con la conservazione in situ anche se, concettualmente, sono due cose diverse. La conservazione on farm riguarda essenzialmente le varietà locali, mentre la conservazione in situ riguarda le specie selvatiche parenti delle specie di interesse agrario (wild relatives) (Buonumori e Falcinelli, 2005). La conservazione ex situ delle piante arboree da frutto è fatta mediante la coltivazione di piante (generalmente da 2 a 5) delle singole accessioni in frutteti appositamente dedicati. La forma di allevamento ideale è quella libera per poter caratterizzare il fenotipo limitando al minimo gli interventi cesori. Come è facile comprendere, il sistema è piuttosto costoso, sia per gli spazi necessari che per la conduzione del frutteto, ed è per questo che, da tempo, si studiano metodi alternativi di conservazione del germoplasma frutticolo. Le due tecniche più studiate sono la crioconservazione (Reed, 2008; De Carlo et al., 2009) e la crescita rallentata (De Carlo et al., 2009). La criocoservazione consiste nella conservazione di espianti in azoto liquido alla temperatura di -196 °C che, teoricamente, permette la conservazione per un tempo illimitato e in condizioni di sicurezza sanitaria. Due metodi sono maggiormente utilizzati (Caboni et al., 2009) : • incapsulazione-disidratazione: gli espianti (apici o embrioni) sono incapsulati in alginato di sodio, disidratati osmoticamente con soluzioni concentrate di zucchero, dessicati in silica-gel in flusso d’aria fino ad un contenuto idrico del 20-30% e rapidamente immersi in azoto liquido; • soluzione vitrificante: gli espianti sono trattati con una soluzione crioprotettiva e immersi in azoto liquido. La soluzione vitrificante più utilizzata è la “PVS2” (Plant Vitrification Solution, costituita da 30% di gicerolo, 15% di etilen-glicole, 15% DMSO e 0,4 M di saccarosio). La conservazione in crescita rallentata è fatta in vitro e si basa sul principio di prolungare i tempi di subcoltura (generalmente di 3-4 settimane) fino a 1224 mesi, mantenendo le colture ad una temperatura oscillante tra +2 e +5 °C (De Carlo, 2009). Sia la crioconservazione che la crescita rallentata non hanno ancora una applicazione diffusa, nonostante le prove sperimentali ne abbiano provato l’affidabilità. L’attività di conservazione delle risorse genetiche fino alla loro valorizzazione è condotta da tre categorie di “attori”: istituzioni scientifiche, Regioni e altri enti territoriali, soggetti non governativi (agricoltori singoli o associati, fondazioni, ONG...) che, per ottenere i migliori risultati, dovrebbero agire in sinergia tra loro. Biodiversità vegetale di interesse agricolo All’inizio del 2011 si sono conclusi i lavori relativi alla fase A del PNBA che consistevano nella preparazione di tre manuali per l’identificazione on farm e la conservazione sia ex situ che on farm delle risorse genetiche vegetali, animali e microbiche (Mi.P.A.A.F., 2008). Il manuale sulle RGV è composto di 6 capitoli e 6 allegati. I capitoli trattano della biodiversità, del rischio di estinzione e di erosione, della conservazione, delle linee guida per la loro tutela, la descrizione di alcuni casi studio. Gli allegati sono composti da un glossario dei termini tecnici, da linee guida per le leggi regionali sulle RGV, le tecniche di conservazione ex situ, delle specie erbacee, i marcatori molecolari per il fingerprinting e i descrittori morfologici di circa 80 tra le principali specie arboree ed erbacee coltivate in Italia. Le istituzioni scientifiche Le istituzioni scientifiche si occupano prevalentemente di caratterizzazione, risanamento e conservazione. L’attività di raccolta è spesso commissionata dalle Regioni così come la conservazione, in diversi casi, è fatta su delega delle Regioni o altre Pubbliche Amministrazioni. Il Secondo Rapporto italiano alla FAO per l’aggiornamento del Second Report on the State of the World’s PGRFA evidenzia che “la gestione ex situ delle RGV non è attuata in modo centralizzato e numerose istituzioni sono coinvolte in questa attività rendendo difficile definire la loro posizione nel contesto nazionale”. Le istituzioni scientifiche che in Italia si occupano di recupero, conservazione e caratterizzazione della biodiversità vegetale agricola sono essenzialmente: • le strutture di ricerca del CRA che afferiscono al Mi.P.A.A.F.; • alcuni istituti del Dipartimento Agroalimentare (DA) del CNR; • molti Dipartimenti delle Facoltà di Agraria delle Università; • le strutture di ricerca regionali e provinciali. Già dalla fine degli anni ’70, in seguito ad una iniziativa del Comitato Scienze Agrarie del CNR, fu avviato un primo censimento nazionale delle accessioni e delle cultivar autoctone nazionali delle specie arboree da frutto con il coinvolgimento di tutte le istituzioni scientifiche nazionali (CNR, Ministero Agricoltura e Foreste, Università) e concentrando l’attenzione sia sul materiale individuato e conservato on farm, allora prevalente, che su quello conservato ex situ (Scaramuzzi, 1988; Agabbio, 1994). Da allora diverse iniziative hanno contribuito all’incremento delle conoscenze sull’argomento e sono stati avviati anche diversi programmi mirati alla realizzazione di centri di conservazione ex situ, ovvero di campi di collezione in vivo di una o più specie. La consistenza delle collezioni presso le strutture del CNR e le Università è riportata nelle tabelle 3 e 4. Alla fine degli anni ‘90, il Ministero delle Politiche Agricole ha avviato una importante iniziativa costituita dal Piano di coordinamento per le attività di conservazione delle RGVAA, affidando il compito di coordinamento all’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Roma (Marino et al., 1999; Fideghelli et al., 1998). Più recentemente sono stati avviati programmi specifici che hanno consentito di raccogliere e caratterizzare un gran numero di vecchie varietà non più coltivate e di realizzare collezioni molto più ampie, attraverso la collaborazione tra le diverse istituzioni che operano nelle singole regioni. Istituzioni universitarie, in accordo con le Agenzie di sviluppo regionali e con strutture di ricerca (ministeriali, soprattutto del CRA, e non ministeriali), hanno portato alla realizzazione di iniziative che nel tempo hanno consentito la descrizione, la caratterizzazione e la conservazione, di un vasto numero di accessioni autoctone (Turchi, 1999; Tab. 3 - Accessioni conservate presso gli Istituti del DA del CNR. Tab. 3 - Accessions conserved at the DA institutes of the CNR. Specie Località di conservazione N. accessioni agrumi fruttiferi Bari, Palermo Bari, Firenze, Sassari, Porano 2.200 2.770 ca vite Grugliasco (TO), Bari 4.500 olivo Sassari, Perugia, Bologna 3.230 ortive Bari, Napoli, Catania 12.660 ca cereali Bari 27.670 ca foraggere Bari, Perugia, Catania 5.150 ca da legno Porano (TR), Firenze 4.960 ca Totale 60.940 Tab. 4 - Accessioni di fruttiferi conservate presso i Dipartimenti universitari. Tab. 4 - Accessions of fruit species conserved at University Departments. Specie Località di conservazione N. accessioni albicocco, ciliegio, cotogno, fragola, kiwi, mandorlo, melo, nocciolo, noce, pero, pesco e nettarine, susino Ancona, Bari, Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Piacenza, Pisa, Torino, Udine, Viterbo 3.126 Totale 3.126 fonte: Inventario Nazionale delle RGV conservate ex situ (http://fru.entecra.it) 39 Fideghelli e Engel Youssef et al., 2000; Piazza et al., 2003; Buonumori e Falcinelli, 2005.; Sottile e Restuccia, 2006; Osler et al., 2006; Bounous et al., 2006; Ermacora e Malossini, 2006; Eccher et al., 2007). In Italia, quindi, attualmente, si annovera una serie considerevole di campi di collezione, che hanno non solo lo scopo di conservare la biodiversità censita, ma anche quello di poter approfondire la valutazione agronomica comparativa tra diversi genotipi in un unico ambiente. La più importante di tale collezione in vivo per le specie arboree da frutto è il Centro Nazionale del Germoplasma Frutticolo realizzato presso il Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma del CRA a metà degli anni 2000, che occupa 30 ettari nel Parco dell’Appia Antica e che ospita attualmente circa 7.000 accessioni di tutte le principali specie e con la potenzialità di poter conservare fino a 1214.000 accessioni (Fideghelli 2006; Fideghelli e Giannini, 2007). Sin dagli anni ‘70 un’ampia ricognizione e raccolta del materiale frutticolo autoctono nazionale è stata condotta dal Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Bologna e dal CNR di Firenze che hanno “collezionato” un gran numero di accessioni soprattutto di pomacee il primo e di drupacee il secondo (Agabbio 1994; Scaramuzzi 1988). Molto interessante per la sua formula originale è l’attività condotta sul mandorlo, per il quale è stato allestito il Museo vivente del Mandorlo “F. Monastra”, realizzato nel 1997 ad Agrigento, nella Valle dei Templi, dal Dipartimento DEMETRA dell’Università di Palermo in collaborazione con tutte le istituzioni scientifiche siciliane e con le amministrazioni locali. Il Museo raccoglie in un unico ambiente oltre 250 accessioni della mandorlicoltura autoctona siciliana, insieme a genotipi pugliesi, sardi, nonchè genotipi di altri paesi europei e degli Stati Uniti. Il Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura di Acireale (CT) del CRA conserva la biodiversità agrumicola nazionale ed internazionale, non solo autoctona, e funge, peraltro, da Centro accreditato per la distribuzione del materiale di propagazione. Altro esempio, sempre per il comparto agrumicolo, è rappresentato dai campi di conservazione della biodiversità realizzati dall’Istituto di Genetica Vegetale del CNR, sezione di Palermo, che ha raccolto un vasto numero di accessioni agrumicole riferite ad arancio amaro, limone, arancio dolce e mandarino. Il Centro di Olivicoltura del CRA di Rende (CS) dispone, oggi, della più completa collezione mondiale di germoplasma di olivo (oltre 600 accessioni) e il Centro di Viticoltura del CRA di Conegliano Veneto (TV) ha una importante collezione di accessioni viti40 cole (oltre 3.000 unità), conservate in parte a Conegliano e in parte a Tormancina (Roma). Specificatamente orientati alla conservazione delle cultivar di vite autoctone e, comunque importanti per il territorio, che si stimano in non meno di 2.000 accessioni, sono sorti localmente numerosi campi di collezione che mantengono ciascuno dalle poche decine alle parecchie centinaia di varietà. Uno dei più ricchi in varietà locali, minori o rare e in pericolo di estinzione, è quello piemontese realizzato dal CNR con finanziamento regionale a Grinzane Cavour (CN), che ospita oltre 600 accessioni (più di 400 vitigni) provenienti essenzialmente dall’Italia NordOccidentale (Raimondi et al., 2009) (www.ivv.cnr.it/new/index.htm, special topics). Il CRA e il Progetto RGV/FAO Il Progetto RGV/FAO, finanziato a partire dal 2004 dal Mi.P.A.A.F. e coordinato dal CRA-Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma, comprende 25 strutture del CRA, l’Istituto di Genetica di Bari e l’ONG “Rete Semi Rurali”. Gli obiettivi del Progetto sono l’inventario delle accessioni presenti presso le strutture del CRA (tab. 5) e presso l’Istituto di Genetica Vegetale del CNR di Bari, la loro caratterizzazione agronomica, morfologica e molecolare e la valorizzazione produttiva con parTab. 5 - Strutture CRA afferenti al Progetto RGV/FAO e accessioni conservate al 31 dicembre 2010. Tab. 5 -CRA institutions participating in the project RGV/FAO and accessions conserved as of December 31st, 2010. Specie Località di conservazione N. accessioni Fruttiferi Roma, Forlì, Caserta, Bari Agrumi Acireale (CT) 677 Olivo Rende (CS), Pescara, Spoleto (PG) Conegliano Veneto (TV), Turi (BA), Arezzo Monsampolo del Tronto (AP), Montanaso Lombardo (LO) Pontecagnano (SA) 732 Vite Orticole Aromatiche Ornamentali Cereali Foraggere Industriali Da legno Trento Sanremo (IM), Pescia (PT), Bagheria (PA) Acireale (CT), Bergamo, Fiorenzuola d’A. (PC), Foggia, Sant’Angelo Lodigiano, Vercelli Lodi, Sanluri (VS) Bologna, Osimo (AN), Padova, Rovigo, Scafati (SA) Arezzo, Casale Monferrato (AL), Perugia, Roma Totale 6.962 4.325 3.463 154 548 20.395 3.259 2.127 10.203 52.845 Biodiversità vegetale di interesse agricolo ticolare riguardo alle accessioni autoctone; al raggiungimento di questo ultimo obiettivo la Rete Semi Rurali dà un importante contributo. L’inventario mira a definire un sistema unico di descrittori e catalogazione che consenta, tra l’altro, di inserire queste risorse nel Sistema Multilaterale previsto dal Trattato FAO. Attraverso la rete dei Centri e delle Unità di ricerca del CRA, l’azione di individuazione, raccolta e caratterizzazione della biodiversità agricola, è stata diffusa su tutto il territorio nazionale con lo scopo di mettere in rete quanto fatto negli anni precedenti. Uno dei risultati più interessanti del progetto RGV/FAO è senza dubbio l’Inventario Nazionale delle RGV conservate ex situ in Italia, attraverso il quale sarà possibile un reale scambio di informazioni sulle caratteristiche morfologiche, agronomiche e su alcuni tratti qualitativi del patrimonio vegetale conservato, censito e studiato (http://fru.entecra.it). Infatti, questo catalogo, che è attualmente in fase di potenziamento, fornirà agli interessati 34 descrittori di passaporto, adottati e aggiornati a livello internazionale (i cosiddetti Multicrop Passport Descriptors), che sono uguali per tutte le specie, nonché circa una trentina di descrittori specifici per ciascuna. In questa prima fase si raccolgono le informazioni relative alle accessioni delle specie conservate presso le strutture del CRA che fanno parte del Progetto RGV/FAO, più il Dipartimento di Biologia Applicata dell’Università di Perugia; in una seconda fase, si mira ad includere le collezioni mantenute presso altre strutture, o, nei casi in cui per esse esistano già siti internet funzionanti, ad attivare un link ad esse, in modo da poter offrire ai cittadini un unico punto di riferimento dedicato alle RGV presenti in Italia. Questa misura, oltre a consentire di condividere con il mondo le informazioni relative al materiale conservato, è anche indispensabile per l’effettivo “inserimento” delle accessioni delle specie dell’Allegato I del TI nel Sistema Multilaterale dello stesso: il materiale e le informazioni ad esso legate, sono effettivamente, “disponibili” soltanto dopo notifica della fonte, ovvero un sito internet contenente le informazioni e dopo aver contrassegnato le accessioni presenti nel catalogo come “disponibile”. CIGM e Convegni “Piante Mediterranee” A metà degli anni ‘90 è stato costituito il Centro Interuniversitario per le Ricerche, Conservazione ed Utilizzazione del Germoplasma Mediterraneo (CIGM) cui aderiscono le Università della Basilicata, Bari, Lecce, Reggio Calabria, Palermo, Sassari, Catania e Campobasso allo scopo di promuovere e coordinare le ricerche, favorire lo scambio di informazioni e del materiale vegetale, stimolare la collaborazione tra le istituzioni. Il Centro è stato, sin da subito, molto attivo organizzando il I Convegno sulla biodiversità a Massafra (TA) nel 1995. Da allora ne sono stati organizzati altri sette (l’ultimo nel 2008). Nel 2003, in Sardegna, si è tenuto il I Convegno “Piante Mediterranee” cui hanno fatto seguito altri 3 convegni nel 2004 (Sicilia), 2006 (Puglia) e 2009 (Basilicata). Sia i Convegni del CIGM che delle “Piante Mediterranee” hanno visto una vastissima partecipazione di studiosi e la presentazione di oltre 1.500 contributi scientifici a dimostrazione dell’intensa attività della ricerca italiana sul tema delle RG. Il ruolo delle Regioni, delle Province Autonome e degli Enti territoriali Regioni, Province e gli enti territoriali come Comunità Montane e Parchi, per la conoscenza del territorio e la sua gestione normativa, rappresentano le istituzioni più idonee dalle quali partire per coordinare le azioni di raccolta, conservazione e valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo. Diverse Regioni e la Provincia autonoma di Bolzano, come già evidenziato, si sono dotate di leggi che regolamentano l’attività di salvaguardia e valorizzazione delle RGV di interesse agricolo e hanno finanziato e finanziano importanti progetti per lo studio del germoplasma presente sul territorio affidando l’attività di ricerca alle strutture scientifiche (Università, CRA, CNR…). Ciò che fino ad ora è mancato è una vera opera di coordinamento tra le tante iniziative che, con l’approvazione del Piano Nazionale Biodiversità di interesse Agrario (PNBA), che vede coinvolti Ministero delle Politiche Agricole, Regioni, e Province Autonome, è finalmente avviato a soluzione. Le azioni di recupero e studio delle varietà autoctone finanziate dalle Regioni e condotte direttamente o, più frequentemente, in collaborazione con istituzioni scientifiche o commissionate ad istituzioni di ricerca sono numerose e hanno dato un contributo importante di conoscenza e valorizzazione economica del germoplasma autoctono: Piemonte (Bounous et al., 2006; Latino et al., 2008), Lombardia (Eccher et al., 2007), Veneto (Schiavon e Giovannini, 2007), Friuli Venezia Giulia (Osler et al., 2006; Ermacora e Malossini, 2006), Emilia-Romagna (Biscotti et al., 2010), Toscana (Turchi, 1999; 2007), Marche (Luciani e Valenti, 2010), Lazio (ARSIAL, 2011), Abruzzo (Dalla Ragione et al., 2004; Di Santo e 41 Fideghelli e Engel Madonna, 2002), Molise (Cicoria et al., 2000), Campania (Santangelo e Casato, 1999), http://agricoltura.regione.campania.it/frutticoltura/frutticoltura-germoplasma.html, Puglia (Biscotti et al., 2010; Lombardo, 2004), Basilicata (Mennone et al., 2009a; 2009b; 2009c), Sicilia (Caruso et al., 2007; Sottile e Restuccia, 2006; AA.VV, 2007), Sardegna (Bandino et al., 2001). Degna di nota è la bellissima opera in due volumi “Le specie legnose da frutto: liste dei caratteri descrittivi” finanziata ed edita dall’ARSIA della Regione Toscana e preparata dal Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università di Firenze (Bellini et al., 2007) La conservazione delle accessioni autoctone in alcuni casi è affidata dalle Regioni e Province autonome ad istituzioni di ricerca come nel caso di Bolzano, Toscana, Umbria, Sicilia, in altri casi sono le Agenzie Regionali di Sviluppo Agricolo o altre strutture regionali che si fanno carico della conservazione come in Lombardia, Veneto, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, in altri casi ancora la rete di conservazione è affidata ad una pluralità di figure giuridiche come in Piemonte, in Emilia-Romagna e in Sardegna, infine, in altri casi il problema non è ancora definito, come in Puglia e Calabria. Le informazioni sulle accessioni conservate sono molto frammentarie e incomplete; sulla base della bibliografia e i dati disponibili in rete si può stimare, per le sole specie frutticole (esclusi, pertanto, agrumi, olivo e vite), che le accessioni autoctone già individuate, descritte e conservate da e per conto delle Regioni varino da 2.500 a 3.000. Il ruolo dei privati Il ruolo degli agricoltori, ed in particolare dei piccoli agricoltori, è sempre stato determinante nella conservazione delle risorse genetiche vegetali e l’attività di recupero svolta negli ultimi 30 anni, in seguito all’adozione della CBD, ne è la testimonianza più recente. L’industrializzazione dell’agricoltura con la conseguente forte specializzazione e concentrazione produttiva su poche varietà, senza il contributo dei piccoli agricoltori che hanno mantenuto molte delle vecchie varietà, avrebbe portato ad un più grave impoverimento del germoplasma autoctono. Opportunamente, alcune leggi regionali definiscono il ruolo degli agricoltori custodi cui, da parte delle Regioni, viene affidato il compito di conservare le accessioni autoctone iscritte nei Registri regionali. Nella conservazione e nella valorizzazione delle antiche varietà dei fruttiferi giocano un ruolo molto 42 importante i vivaisti ed alcune aziende agricole che fanno attività vivaistica, tra cui esiste una specializzazione proprio per la moltiplicazione delle antiche varietà autoctone (Rete Semi Rurali, 2008) destinate alla produzione per i mercati di nicchia, quasi sempre locali, alla coltivazione nelle aziende agrituristiche più rispettose dell’ambiente e delle tradizioni e nei frutteti familiari coltivati con passione da semplici amatori. Tra le diverse associazioni tra privati, costituitesi in Italia per la difesa della biodiversità, la Rete Semi Rurali con sede a Scandicci (FI) è tra le più attive e tra i soci comprende Archeologia Arborea che si è segnalata, a livello nazionale e internazionale, per l’originalità delle ricerche delle antiche varietà di fruttiferi, non limitate soltanto alla raccolta e conservazione del materiale vegetale, ma anche alla raccolta di informazioni storiche e delle tradizioni legate alle singole varietà e al territorio di ritrovamento (Dalla Ragione e Dalla Ragione, 2006; Dalla Ragione, 2010). Un’altra interessante fonte di accessioni dimenticate sono i conventi, le abbazie e i giardini storici come dimostrato dalle ricerche condotte nell’ambito del progetto “Valorizzazione e salvaguardia di raccolte museali naturalistiche di orti botanici, giardini storici e beni paesaggistici” finanziato dal Comitato Beni Culturali del CNR negli anni ’90 di cui faceva parte Francesco Monastra che aveva fortemente voluto questa iniziativa (Avanzato, 2004). Le specie spontanee parenti di quelle coltivate Più recente, rispetto al recupero delle varietà autoctone, è la crescente sensibilizzazione per la conservazione e l’utilizzazione delle specie spontanee parenti di quelle coltivate o Crop Wild Relatives (CWR) come sono conosciuti internazionalmente (Caruso et al., 1999; Cervelli, 2005; Piotto et al., 2005; 2010; Garibaldi, 2010). A conferma di ciò e dell’importanza del territorio italiano per la presenza di una ricca flora di CWR, nel 2005, ad Agrigento, si è tenuta la prima Conferenza internazionale sui CRW che comprendeva anche la Conferenza finale di PGR Forum (European Crop Wild Relative Diversity Assessment and Conservation Forum), un’azione finanziata dal 5° Programma Quadro della Comunità Europea. I CWR possono essere identificati con le specie selvatiche tassonomicamente imparentate con le piante di importanza socio-economica: produzioni agricole, ornamentali, aromatiche e medicinali, forestali alle quali possano fornire caratteri genetici utili mediante incrocio e altre tecniche (Maxted et al., 2005). In questa occasione è anche stato presentato il risultato del Progetto PGR Biodiversità vegetale di interesse agricolo Forum, un catalogo europeo contenente tutte le specie classificate come CWR inclusa la loro presenza nei vari paesi europei e dell’area mediterranea (Crop Wild Relative Information System, CWRIS, http://www.pgrforum.org/cwris/cwris.asp), nonchè la bozza di una futura strategia per la conservazione e l’utilizzo delle CWR. L’International Union for the Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN) ha pubblicato una Lista Rossa europea (European Red List) di specie a rischio di estinzione tra le quali diverse di interesse frutticolo e orticolo (tab. 6). Secondo il 2 nd Country Report on the State of PGRFA i principali CWR del settore ortoflorofrutticolo presenti nelle aree protette italiane sono i seguenti (fra parentesi il numero delle diverse specie appartenenti ai singoli generi): • Fruttiferi: Corylus (2), Crataegus (7), Fragaria (3), Juglans (2), Malus (3), Prunus (16), Pyrus (3), Ribes (7), Rubus (10), Sambucus (3), Sorbus (6), Vaccinium (4). A questi si possono aggiungere i generi Arbutus, Castanea, Ceratonia, Mespilus, Myrtus, Olea, Vitis, ugualmente presenti nel nostro Paese (Raimondo, 2004; Accogli et al., 2009). • Piante da orto: Allium (24), Apium (2), Asparagus (4), Beta (2), Brassica (6), Cirsium (20), Daucus (2), Foeniculum (2), Lactuca (6), Sinapis (3), Solanum (5). • Piante ornamentali e aromatiche: Anemone (12), Achillea (15), Campanula (38), Centaurea (50), Cistus (7), Cyclamen (6), Cytisus (8), Dianthus (19), Euphorbia (39), Gentiana (20), Geranium (20), Helianthus (4), Helichrysum (5), Humulus (3), Lavandula (3), Limonium (21), Linum (14), Mentha (16), Ophrys (22), Orchis (30), Origanum (4), Primula (23), Ranunculus (41), Salvia (10), Saxifraga (43), Thymus (16), Viburnum (4), Viola (38). Alcune di queste specie selvatiche sono oggetto, da tempo, di azioni di recupero ai fini produttivi o di miglioramento genetico come Limonium narborense e sinuatum reperiti in Sicilia (Burchi et al., 2005), Asparagus maritimus e acutifolius presenti nell’Italia centro-meridionale (Falavigna, 2009), Beta vulgaris ssp. maritima presente lungo le coste adriatiche del Veneto e dell’Emilia Romagna (Mandolino, 2007), diverse specie di Brassica del ricco patrimonio genetico siciliano (Branca, 2002). Diversi studi riguardano anche i CWR delle piante arboree da frutto come il Prunus webbii, parente del mandorlo (Godini et. al., 2009; Resta et al., 2009), il lentisco (Pistacia lentiscus L.) che è utiliz- Tab. 6 - Specie ortofrutticole europee a rischio di estinzione (IUCN European Red List). Tab. 6 - European horticultural species at risk of extinction (IUCN European Red List). Ortaggi Genere Fruttiferi n. Genere Allium 117 Asparagus 19 Malus 5 Beta 10 Olea 2 Brassica complex 137 Prunus 16 4 Pyrus 11 Vitis 1 Cicer Cichorium 3 Daucus 12 Lactuca 27 Lens 5 Vicia 22 Fragaria n. 3 zato come portinnesto del pistacchio (Celestre et al., 2009), il Pyrus pyraster Burgsd., studiato come potenziale portinnesto del pero (Caboni et al., 1999, Palombi et al., 2007), e il Pyrus amygdaliformis Vill. (Resta et al., 2009). Riassunto Sin dai primi anni ‘90 numerose iniziative internazionali sono state intraprese con lo scopo di salvaguardare e di utilizzare in modo sostenibile la biodiversità agricola. Particolarmente importanti sono l’Agenda 21 e la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) nel 1992, il Piano Globale di Azione (GPA) per la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura (PGRFA) nel 1996 e il Trattato Internazionale (TI) FAO sulle PGRFA nel 2001. Al fine di rendere operativi questi accordi tra paesi sono state avviate diverse iniziative a livello internazionale, regionale, nazionale. L’Italia ha ratificato l’adesione alla CBD nel 1994 e al TI nel 2004 e ha stabilito che il Ministero dell’Ambiente è il referente per la biodiversità in generale, mentre il Ministero delle Politiche Agricole lo è per la biodiversità di interesse agricolo ed alimentare. Nell’ambito di questa cornice, l’Italia ha approvato una serie di leggi e di progetti che hanno portato alla costituzione del Comitato delle Risorse Genetiche e alla adozione del Piano Nazionale sulla Biodiversità di interesse agricolo, al finanziamento di un progetto nazionale per l’attuazione degli obiettivi del TI (progetto RGV/FAO) alla promulgazione, da parte di diverse Regioni, di leggi regionali per la raccolta, caratterizzazione, valorizzazione e conservazione ex situ e in situ delle risorse genetiche autoctone a rischio di estinzione. 43 Fideghelli e Engel Parole chiave: legislazione, conservazione, caratterizzazione, valorizzazione, germoplasma autoctono Bibliografia AA.VV. 2007. Principali risultati del Progetto di ricerca “Miglioramento e valorizzazione delle produzioni frutticole etnee”. Vol. 1 e 2. UNI Catania-Regione Siciliana-Ass. Agricoltura e Foreste. Catania, 28/29 maggio. ACCOGLI R., MEDAGLI P., MARCHIONI S., 2009. 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