Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli

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Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli
1 dicembre 2013 n° 9
III DI AVVENTO – Le profezie adempiute
MT 11,2-15
Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". Gesù rispose loro: "Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi
camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai
poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo
di scandalo!". Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna
sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei
palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io
vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di
Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti
hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell'Elia
che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!
COMMENTO
La distanza fra l'attesa e il compimento, fra la domanda e la risposta, tra
l'uomo che cerca e Dio che viene incontro: questo segna la differenza tra
il Battista e chi incontra Gesù. E' la distanza tra l'anelito dell'uomo che
cerca, e la pace dell'uomo che ha trovato, anzi è stato trovato da Cristo.
Il cuore dell'uomo è attesa. "Siamo fatti per te ed il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te", ci ripete S. Agostino. L'attesa messianica
aveva assunto nel corso della storia del popolo d'Israele connotati molto
diversi; pochi avevano compreso il significato autentico della venuta del
Cristo, molti invece avevano riposto nella promessa di un nuovo regno e
nell'avvento del messia, speranze di grandezza e di potere o, al più, di liberazione solo da altre umane oppressioni e tirannie.
Giovanni Battista che pure con forza aveva annunciato il Messia, è in prigione e cerca notizie su Gesù. Rimane perplesso perché Gesù non si sta
comportando da giustiziere, come sperava. Gesù capisce le perplessità di
Giovanni chiuso in carcere e tiene a rassicurarlo. La risposta che gli manda, tradotta nel nostro linguaggio, dice così: "Non temere, guarda i segni
che faccio e vedrai che corrispondono ai segni preannunciati dal profeta
Isaia riguardo al Messia, ma io non opero come tu pensavi che avrei fatto.
Io faccio una cosa del tutto nuova, che non potevi prevedere. Pertanto
non ti scandalizzare di me e fidati. So quello che faccio". Per Giovanni
questa risposta è consolante e lo è anche il sentir dire che Gesù parla bene di lui. È un aiuto per sopportare il carcere. Gesù inoltre ne fa pubblicamente l’esaltazione, dicendo di lui che non è semplicemente un profeta,
ma il più grande dei profeti. Con Giovanni infatti, ogni grandezza umana,
nel suo essere in Dio e per Dio, ha trovato la sua massima esaltazione.
Gesù lo definisce il nuovo Elia, ma ancora una volta molti non l'accettano.
È la sorte dei profeti essere incompresi e violentati. È l'assurdo della
storia degli uomini che attendono per secoli una venuta e poi non sanno riconoscere e rifiutano l'evento salvifico finale. Saper leggere la storia
della salvezza, saper riconoscere gli inviati di Dio, è dono dello Spirito e
non dell'intelligenza umana. Per questo Gesù puntualizza “Chi ha orecchi
ascolti”.