1- Quiz Biologo n.7 temi

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1- Quiz Biologo n.7 temi
Organizzazione e composizione delle cellule eucariotiche.
Descrivere alcuni ruoli funzionali di organuli a membrana
L’argomento trattato in questo tema è di fondamentale importanza in biologia, dal momento che le cellule eucariotiche sono le uniche capaci di raggiungere gradi estremi di specializzazione e costituiscono, quindi, le unità
strutturali e funzionali di base di tutti gli organismi complessi. L’evoluzione
della cellula procariote a quella eucariote è quindi un evento estremamente
importante nella storia evolutiva dei sistemi viventi, tuttavia è bene non
dilungarsi eccessivamente su questo punto. Infatti, il tema richiede specificamente di descrivere la cellula eucariotica, dando quasi per scontato il salto
evolutivo di cui sopra. Inoltre, descrivendo l’organizzazione e gli organuli
della cellula eucariotica non bisogna trascurare di trattare anche quelle
strutture che sono caratteristiche della cellula vegetale: spesso, infatti, si
tende a considerare questo tipo di cellule come qualcosa a se stante. Infine,
la descrizione degli organuli deve essere esauriente, ma, allo stesso tempo,
sintetica.
mappa concettuale
➜
Definizione di cellula procariotica ed eucariotica.
Differenze significative tra i due tipi di cellule.
➜ Processi evolutivi che hanno permesso la
trasformazione di alcuni procarioti in eucarioti.
➜ Organuli cellulari presenti negli eucarioti.
➜ Descrizione dei vari organuli sotto l’aspetto sia
morfologico che funzionale.
➜ Non dimenticare di descrivere anche la membrana
plasmatica, la quale, pur non essendo un vero e proprio
organulo, svolge un ruolo fondamentale per l’attività
biochimica cellulare.
➜
Le cellule eucariotiche, che costituiscono tutti gli organismi pluricellulari, si
sono evolute a partire da antenati procariotici.
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➜Differenze
tra procarioti
ed eucarioti
I procarioti sono microrganismi unicellulari, simili ai batteri attuali, la cui
caratteristica principale è di essere privi di un nucleo ben delimitato contenente il materiale genetico.
Le cellule eucariotiche hanno dimensioni maggiori rispetto a quelle procariotiche, e il loro materiale genetico è meglio organizzato. Nei procarioti l’intero archivio genetico consiste di un singolo cromosoma, composto da un
filamento circolare di DNA, che si trova a diretto contatto con il citoplasma.
Negli eucarioti, la maggior parte del DNA è organizzata in diversi cromosomi, segregati dal resto della cellula in un nucleo delimitato da un doppio
strato di membrana, che prende il nome di involucro nucleare. Nel citoplasma, inoltre, sono presenti compartimenti delimitati da membrana con diverse funzioni, mentre il mantenimento della struttura cellulare, affidato nei
procarioti a un rivestimento rigido esterno alla membrana (parete cellulare),
viene delegato a proteine che formano il cosiddetto citoscheletro. Un ulteriore elemento di distinzione fra eucarioti e procarioti è che i primi presentano nel citoplasma una serie di organelli con struttura e funzione altamente specializzata, all’incirca delle dimensioni di una cellula procariote. Fra
questi si ricordano i perossisomi, i mitocondri, i cloroplasti nelle cellule vegetali, i lisosomi.
➜La
teoria dell’endosimbiosi
Lisosomi a parte, gli altri organelli sembrano derivare da batteri adottati da
una cellula ospite ancestrale come endosimbionti. Questa ipotesi è confermata dall’osservazione che all’interno di mitocondri e plastidi è presente un
sistema genetico funzionante, che include DNA ed enzimi che ne permettono la duplicazione, la trascrizione e la traduzione. Diverse proprietà caratterizzano questo apparato genetico come tipicamente di origine procariote,
distinguendolo dal sistema genetico eucariote della cellula.
L’introduzione degli endosimbionti sembra essere avvenuta per fagocitosi da
parte di una cellula ospite di dimensioni elevate, che aveva già acquisito
alcune proprietà in senso eucariotico quali una membrana flessibile tale da
permettere l’endocitosi di corpi extracellulari voluminosi, uno scheletro
interno che forniva sostegno strutturale e facilitava i movimenti della membrana durante la fagocitosi, e un apparato adeguato per la degradazione del
materiale fagocitato.
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➜La
transizione
procarioti-eucarioti
Lo sviluppo di queste strutture cellulari rappresenta l’essenza della transizione procarioti-eucarioti, in quanto in questo modo la cellula acquisisce un
vantaggio selettivo nei confronti dell’ambiente in cui vive, diventando capace di sfruttarlo al meglio. Le maggiori dimensioni deriverebbero dalla capacità di generare una superficie ampiamente ripiegata, che aumenta la superficie a contatto con l’ambiente, e quindi con i nutrienti. Le invaginazioni
sulla membrana creano delle aree in qualche modo segregate rispetto
all’ambiente esterno, quindi anche il processo di digestione, che nei procarioti precede quello di ingestione, si trova a essere in qualche modo più localizzato in aree precise, e diventa così maggiormente efficiente. Inoltre, data
la propensione all’autosaldatura delle membrane biologiche, queste aree
particolarmente specializzate nella digestione potrebbero essersi facilmente
staccate dal resto della membrana e ritrovarsi nel citoplasma come vacuoli
circondati da membrana e contenenti enzimi: i precursori dei lisosomi.
Inoltre, con lo stesso procedimento si sarebbe potuto semplicemente inglobare e internalizzare il materiale da digerire. Alla fine di questo percorso la
cellula si è trasformata in un fagocita, sia pure primitivo.
A un certo punto del processo evolutivo, i cianobatteri, una classe di microrganismi capace di sfruttare l’energia della luce solare per estrarre idrogeno
da molecole d’acqua, liberando ossigeno molecolare come sottoprodotto
(fotosintesi). Prima di questo periodo, tutte le forme di vita dovevano essere anaerobie, e presumibilmente erano molto suscettibili all’azione tossica
dell’ossigeno (cfr. stress ossidativo). Quindi, dal momento della comparsa
dell’ossigeno nell’atmosfera, solo le cellule che avevano sviluppato dei meccanismi di protezione nei confronti di questa tossicità potevano sopravvivere. Compaiono, quindi, delle cellule dotate di perossisomi, organuli cellulari
capaci di detossificare l’ossigeno, che verosimilmente derivano dall’endosimbiosi con batteri aerobi primitivi, adottati prima dei mitocondri. Si tratta di
vacuoli rivestiti di membrana che contengono enzimi ad azione ossidante, in
grado di trasformare l’ossigeno in perossido di idrogeno, che viene poi neutralizzato dalla catalasi.
➜La
comparsa delle cellule
aerobie
Una volta protetta dallo stress ossidativo, la cellula può provvedere a migliorare la propria resa energetica, grazie all’acquisizione di mitocondri e, nelle
cellule vegetali, cloroplasti.
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I mitocondri, evolutisi da procarioti aerobi fagocitati da una cellula in grado di
resistere allo stress ossidativo perché dotata di perossisomi, permettono un
maggiore recupero di energia dovuto all’accoppiamento di due reazioni, la sintesi di ATP e lo sfruttamento dell’ossigeno (fosforilazione e ossidazione). Questo
processo costituisce la principale fonte di energia negli organismi aerobi.
➜La
comparsa delle cellule
fotosintetiche
Nelle cellule vegetali un’ulteriore acquisizione permette la specializzazione
in direzione della fotosintesi. I cloroplasti, infatti, deriverebbero dall’endosimbiosi con i cianobatteri, e sarebbero successivi alla formazione dei mitocondri. In questo modo la cellula si svincola dalla presenza di nutrienti nell’ambiente, diventando in grado di produrre gli elementi di cui hanno necessità a partire da aria, acqua e luce.
Tutte le cellule eucariotiche hanno la stessa “dotazione” di organelli e compartimenti, che nell’insieme occupano circa la metà del volume della cellula.
Gli organuli non sono distribuiti nel citoplasma in maniera casuale. In molte
cellule, per esempio, l’apparato del Golgi, un insieme di cisterne delimitate
da membrana, è in stretta associazione al nucleo, mentre le membrane del
reticolo endoplasmatico si estendono dal nucleo per tutta la cellula. Questa
distribuzione sembra dipendere da interazioni degli organuli con il citoscheletro. Infatti, la localizzazione del Golgi e del reticolo endoplasmatico dipende dall’integrità dell’apparato microtubulare. Ogni organulo riceve proteine
specifiche per la propria funzione, riconoscendole attraverso particolari
sequenze segnali, anche se alcune proteine vengono direttamente trascritte
e sintetizzate nei mitocondri e nei cloroplasti.
➜Membrana
plasmatica
Definisce i confini della cellula, separando il citoplasma dall’ambiente extracellulare. Ha una struttura caratteristica costituita da un doppio strato lipidico in cui sono immerse proteine a funzione diversa, quali enzimi, recettori, canali ecc. Alcune proteine attraversano completamente il doppio strato
lipidico, mentre altre si fermano in punti intermedi. Tutte le membrane
all’interno della cellula hanno la stessa organizzazione, anche se il tipo di
proteine presenti è diverso a seconda della localizzazione (e quindi funzione) della membrana. Le membrane cellulari hanno una struttura asimmetrica, fluida e dinamica, e molte delle molecole che le costituiscono possono
muoversi al suo interno. Alcune proteine, tuttavia, servono come linker strutturali, connettendo la plasmamembrana con proteine del citoscheletro.
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➜Lisosomi
Sono il sistema digerente e della cellula. La forma più semplice è costituita
dai lisosomi primari, organuli omogenei, densi, delimitati da membrana,
contenenti idrolasi acide che possono degradare polimeri di tutti i tipi. Il
basso pH necessario per l’attività delle idrolasi (< 5.0) è mantenuto da una
pompa di ioni idrogeno dipendente da ATP, inserita nella membrana.
La funzione principale dei lisosomi è la degradazione del materiale proveniente dall’ambiente extracellulare (eterofagia), ma in alcuni casi anche citoplasmatico (autofagia).
La via più comunemente usata dalle proteine per entrare in una cellula è
l’endocitosi mediata da recettori. Inizialmente le proteine si legano a recettori sulla membrana in fossette rivestite, sul versante rivolto verso il citoplasma, da clatrina, una proteina necessaria per la gemmazione di vescicole.
Tale rivestimento si disgrega dopo la formazione della vescicola, che a questo punto prende il nome di endosoma. Come i lisosomi, anche gli endosomi
hanno pH acido, che in molti casi induce la separazione dei ligandi dai rispettivi recettori, che possono così essere riciclati e tornare in membrana. Gli
endosomi continuano poi il loro cammino fino a fondersi con i lisosomi, in
cui avverrà la degradazione ad aminoacidi della proteina endocitata. È possibile interferire con questo meccanismo di degradazione semplicemente
aumentando il pH all’interno dei lisosomi, utilizzando basi deboli quali cloruro d’ammonio o 3-metilamina.
I lisosomi sono particolarmente sviluppati nei fagociti professionisti. La fagocitosi, infatti, non è altro che un tipo di endocitosi che dà origine a un fagosoma che si fonderà con un lisosoma formando un fagolisosoma (lisosoma
secondario). I lisosomi dei fagociti, oltre a contenere le idrolasi acide hanno
la capacità di uccidere microrganismi invasori, contribuendo così ai meccanismi di difesa. Molecole prodotte nella risposta immunologica iniziale, quali
anticorpi e complemento, rivestono cellule o batteri estranei e ne facilitano
il riconoscimento da parte dei fagociti (opsonizzazione). Il riconoscimento
porta all’attivazione del fagocita, che consiste nella fagocitosi dell’agente
potenzialmente patogeno, nell’aumentata sintesi di proteasi lisosomiche,
ma anche in un particolare fenomeno che prende il nome di esplosione respiratoria. Questo evento consiste in un aumento del consumo non mitocondriale di ossigeno a seguito dell’attivazione di una specifica NADPH-ossidasi.
Diversamente dalla citocromo ossidasi nei mitocondri, questo enzima riduce
l’ossigeno solo parzialmente e porta alla formazione di specie ossidative
quali anione superossido, perossido di idrogeno, radicale idrossile, anione
ipocloroso, che sono fortemente tossiche per un agente patogeno vivente.
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La digestione intracellulare ha come risultato la completa demolizione del
materiale fagocitato, oppure la persistenza di residui indigeribili in organuli
delimitati da membrana (corpi residui). Questi corpi hanno forma variabile e
contengono un pigmento scuro (lipofuscina). Talvolta i corpi contengono
membrane fortemente addossate, a testimonianza delle difficoltà per i lisosomi di degradare i lipidi.
➜Perossisomi
Sono organuli simili ai lisosomi, delimitati da membrana e contenenti enzimi. Si differenziano però in quanto il tipo di enzimi che possiedono è diverso. Il componente prevalente e più caratteristico dei perossisomi è costituito
dalle ossidasi. Catalizzano molte reazioni, fra cui l’ossidazione di acidi grassi
saturi a catena lunga, che non sono adeguatamente elaborati dai mitocondri. Negli epatociti l’attività delle varie ossidasi è responsabile del consumo
di una quota di ossigeno che può arrivare al 20% del totale. Molte delle reazioni di ossidazione portano alla formazione di perossido di idrogeno.
L’azione della catalasi, che lo riduce ad acqua più idrogeno molecolare,
impedisce che la cellula subisca danni dall’effetto pro-ossidante di questa
molecola. La detossificazione dell’alcool è spesso accoppiata all’azione della
catalasi. I perossisomi sono particolarmente numerosi nel fegato, la centrale
metabolica più importante dell’organismo. In altri distretti i perossisomi contengono anche enzimi deputati ad altre funzioni, quali la sintesi di plasmalogeni, fosfolipidi abbondanti nella mielina nel sistema nervoso centrale, o
la sintesi di lipidi complessi nelle cellule delle ghiandole sebacee.
➜Mitocondri
Sono organuli delimitati da un doppio strato di membrana, una interna e
una esterna. La prima forma invaginazioni (creste) che si proiettano verso
l’interno dell’organulo, senza perdere la continuità con la membrana. Le
dimensioni e la forma dei mitocondri variano molto, e questi organuli possono dividersi, fondersi, muoversi all’interno della cellula.
La membrana interna delimita uno spazio (camera interna) che contiene la
matrice. Sparsi nella matrice si possono trovare i granuli scuri della matrice,
che rappresentano zone di accumulo di cationi bivalenti in forma non ionizzata. La matrice mitocondriale contiene anche DNA, ribosomi, e tutte le
strutture necessarie a sintetizzare le proteine. Il DNA mitocondriale codifica
per alcune subunità dei citocromi della catena respiratoria. La maggior parte
delle proteine mitocondriali è però assunta dal citoplasma.
L’acquisizione dei mitocondri rappresenta un vero salto evolutivo e fornisce
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alle cellule che ne sono dotate un particolare vantaggio selettivo. Questi
organuli, infatti, convertono l’energia che la cellula riceve dall’ambiente
esterno sotto forma di nutrienti in una forma immagazzinabile, l’adenosintrifosfato (ATP), che viene utilizzata nell’ambito delle varie reazioni metaboliche della cellula. Il processo mediante il quali i mitocondri, ma anche i
cloroplasti delle cellule vegetali, possono effettuare questa conversione
prende il nome di accoppiamento chemio-osmotico. L’energia derivata dall’ossidazione di substrati viene utilizzata per attivare una pompa che genera
un gradiente di protoni attraverso la membrana mitocondriale, fornendo
energia per diversi sistemi, fra cui la ATP-sintetasi, che converte in ATP quantità equimolecolari di adenosin-difosfato (ADP) e fosfato inorganico (Pi).
Altre proteine funzionano come canali e accoppiano il flusso di protoni con
il trasporto di altri metaboliti dentro e fuori l’organulo. L’energia che deriva
dai nutrienti attiva la pompa che genera il gradiente per mezzo di un flusso
di elettroni che vengono trasferiti da un composto a un altro. Per esempio,
gli elettroni che derivano da una molecola di carboidrato durante la sua
degradazione ad anidride carbonica vengono trasferiti attraverso un circuito all’ossigeno molecolare, che viene così ridotto per formare una molecola
di acqua. L’energia liberata dall’elettrone passando da uno stato ad alta
energia, a uno a bassa energia, viene utilizzata per attivare la pompa protonica. Il meccanismo è analogo a quello che si osserva in una cella elettrica che
fornisce corrente a un certo numero di motori. Tuttavia, nel caso del mitocondrio, gli elettroni vengono trasportati da molecole carriers. Fra di queste
si ricordano il NAD e il FAD, che possono catturare 2 elettroni e uno ione
idrogeno per formare i cosiddetti equivalenti riducenti (NADH, FADH2). In
questo modo gli elettroni possono passare da una pompa all’altra, formando la cosiddetta catena di trasporto, o catena respiratoria. Nei mitocondri,
inoltre, il piruvato prodotto dalla glicolisi e gli acidi grassi vengono ossidati
ad acetil-CoA, che entra poi nel ciclo dell’acido citrico, producendo anidride
carbonica, che viene eliminata, e NADH, che entra nella catena respiratoria.
La resa energetica del processo nel suo insieme è molto elevata: l’ossidazione di una molecola di glucoso porta alla formazione di 30 molecole di ATP,
contro le 6 molecole che si formano con la glicolisi, sistema utilizzato dai
microrganismi anaerobi.
➜Cloroplasti
Appartengono alla famiglia dei plastidi, e sono caratteristici delle cellule
vegetali. L’organizzazione è molto simile a quanto già detto per i mitocondri. C’è una membrana esterna altamente pemeabile, e una membrana inter-
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na a permeabilità minore, che contiene delle proteine carrier e che delimita
uno spazio che prende il nome di stroma, molto simile alla matrice mitocondriale, nel quale si trovano DNA, RNA, ribosomi, ed enzimi. Tuttavia, c’è una
differenza sostanziale fra i due tipi di organuli, in quanto la membrana interna non forma le creste e non contiene una catena respiratoria. Quest’ultima,
insieme agli enzimi necessari per la fotosintesi, si trova su una terza membrana che forma una serie di sacchetti appiattiti e impilati, i tilacoidi.
I cloroplasti sono organuli specializzati nel processo di fotosintesi, cioè convertono l’anidride carbonica dell’aria in composti organici utilizzando gli
elettroni dell’acqua e l’energia solare, liberando ossigeno molecolare come
prodotto di scarto. Grazie a questo processo l’ossigeno ha fatto la propria
comparsa nell’atmosfera terrestre. Le reazioni implicate nel processo di fotosintesi possono essere raggruppate in due categorie, il trasferimento di elettroni (fase luminosa, perché necessita luce solare), e la fissazione del carbonio (fase oscura, che può avvenire in assenza di luce). Nella fase luminosa, la
luce solare eccita un elettrone nella clorofilla, il pigmento che origina il colore verde dei vegetali. L’elettrone entra nella catena di trasporto in maniera
analoga a quanto descritto per i mitocondri. La clorofilla ottiene l’elettrone
dall’acqua, con liberazione di ossigeno molecolare. Durante il trasporto dell’elettrone, uno ione idrogeno viene pompato attraverso la membrana dei
tilacoidi e l’energia che ne deriva attiva la ATP-sintetasi nello stroma. Come
risultato finale, elettroni ad alto contenuto energetico vengono caricati su
una molecola di NADP+, convertendolo a NAPH. Nella fase oscura, l’ATP e il
NADPH prodotti nel cloroplasto servono come fonte di energia e di equivalenti riducenti per la conversione dell’anidride carbonica in saccaroso, che
viene esportato per provvedere al fabbisogno energetico di quelle parti dell’organismo le cui cellule sono prive di attività fotosintetica. I prodotti della
fotosintesi, inoltre, vengono utilizzati direttamente dalla cellula oppure
immagazzinati sotto forma di polisaccaridi osmoticamente inerti.
➜Reticolo
endoplasmatico
La cellula presenta due tipi di reticolo endoplasmatico, granulare (o rugoso,
o ruvido) e liscio.
Il reticolo endoplasmatico granulare prende questo nome perché l’analisi al
microscopio elettronico rivela che le membrane sono praticamente rivestite
di ribosomi, organuli costituiti da RNA e proteine, la cui funzione è la sintesi proteica. Le membrane che costituiscono il reticolo granulare sono organizzate in cisterne che comunicano fra loro, situate nel citoplasma. Le proteine sintetizzate dai ribosomi che si trovano sulle membrane del reticolo
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contengono una specifica sequenza segnale che ne media la traslocazione
all’interno della cisterna, e da qui all’apparato del Golgi. Ci sono prove che
indicano che la traslocazione alle cisterne avviene attraverso canali proteici
di conduzione situati nello spessore della membrana, che vengono aperti da
peptidi segnale. Il grado di sviluppo del reticolo granulare e la sua forma
variano a seconda del tipo cellulare. In cellule a elevata attività secretoria
(es. cellule ghiandolari), il reticolo granulare è addensato in pile di cisterne
appiattite.
Il reticolo endoplasmatico liscio ha forma e funzioni differenti da quello granulare. Le membrane non sono impilate in cisterne, ma formano una rete di
tubuli privi di ribosomi. Fra le funzioni del reticolo liscio sono la sintesi di
ormoni steroidei e le reazioni di detossificazione.
La sintesi di ormoni steroidei è il risultato di una serie di reazioni catalizzate
da enzimi del reticolo liscio e nei mitocondri con degli intermedi di reazione
che fanno la spola tra un distretto e l’altro. La sintesi del precursore (colesterolo) e le tappe finali dell’elaborazione degli steroidi avviene nel reticolo
liscio.
Le reazioni di detossificazione sono compito specifico di un particolare sistema enzimatico definito drug metabolizing system (DMS). Negli epatociti tale
sistema altera le attività biologiche di molti composti esogeni, ed è quindi il
principale mezzo di protezione nei confronti del danno chimico.
Particolarmente importanti sono le ossidasi a funzione mista, in particolare
quelle appartenenti alla famiglia del citocromo P450. La detossificazione è
operata in seguito a idrossilazione del composto. L’idrossilazione aumenta la
solubilità del composto e quindi la sua eliminazione attraverso il rene. Il
sistema di detossificazione epatico è molto importante anche sotto un altro
aspetto. Infatti, l’idrossilazione è in grado di attivare alcuni composti ad
azione cancerogena, comportandosi quindi come un’arma a doppio taglio.
➜Apparato
del Golgi
È formato da cisterne e vescicole di membrana collegate fra loro che assumono una caratteristica disposizione a mezzaluna con una superficie a faccia convessa (cis, di formazione) e una concava (trans, di maturazione).
Nell’apparato del Golgi arrivano le proteine dal reticolo endoplasmatico
rugoso. Qui esse vengono modificate e selezionate per le diverse destinazioni all’interno della cellula (per es., lisosomi) o per la secrezione. L’apparato
del Golgi svolge la sua funzione secondo una sequenza molto ordinata di
eventi biochimici, a partire dalle regioni cis per arrivare alle trans. Le proteine viaggiano in vescicole, sia dal reticolo al Golgi, che all’interno del Golgi,
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che, poi, all’esterno. Molte vescicole sono rivestite da proteine quali la clatrina, importante per gli scambi di superficie associati con la gemmazione.
Alcune proteine vengono glicosilate nel Golgi, ma molte vi arrivano già glicosilate. In questi casi la regione ricca in carboidrati subisce una ulteriore
regolazione, con aggiunta o allontanamento di residui, fosforilazione, o solfatazione. Queste modulazioni possono essere importanti per determinare il
destino della proteina. Per esempio, la fosforilazione del residuo di mannoso è un marcatore per gli enzimi lisosomici. La fosforilazione del mannoso
avviene nel cis-Golgi: quando la proteina raggiunge il trans-Golgi, si lega a
un recettore per il mannoso-6P e viene instradato in vescicole destinate a
diventare lisosomi.
L’apparato del Golgi è meglio sviluppato in cellule a elevata attività secretoria.
➜Nucleo
In interfase (tempo intercorrente tra una mitosi e l’altra) il nucleo cellulare è
delimitato dall’involucro. Il DNA, associato a proteine (istoni) è organizzato
in cromosomi, in cui si riconoscono zone più spiralizzate (eterocromatina) e
zone più distese (eucromatina). Quest’ultima è accessibile per la trascrizione,
mentre l’eterocromatina no. L’unità fondamentale del DNA è il nucleosoma,
formato da una particella centrale di 8 molecole di istone avvolta dal DNA.
Esistono due classi di eterocromatina: a) costitutiva, che non è mai implicata
nella trascrizione e comprende il DNA centromerico altamente ripetitivo, che
pare coordini la mitosi senza codificare proteine; b) facoltativa, formata da
DNA che in un particolare momento non viene trascritto.
All’inizio della divisione cellulare una quantità maggiore di eucromatina si
addensa e diviene eterocromatina. Man mano che il processo mitotico continua, la spiralizzazione si fa maggiormente evidente, fino a individuare i cromosomi. Proteine non istoniche formano una struttura portante che permette la variazione della forma dei cromosomi. L’involucro nucleare, che
durante la maggior parte della mitosi si ritrova nel citoplasma sotto forma di
piccole vescicole comincia a riformarsi al momento della telofase. Alcune
proteine associate all’involucro, le laminine, costituiscono degli importanti
punti di attacco per i cromosomi.
All’interno del nucleo si riconosce un’area in cui si producono ribosomi
(nucleolo), particolarmente evidente in cellule che stanno attivamente sintetizzando proteine. L’RNA viene sintetizzato su numerose copie di DNA in
regioni dette organizzatrici del nucleolo. L’elaborazione dell’RNA e la sua
associazione con proteine continua poi nella regione fibrillare e, infine, in
quella granulare.
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L’involucro nucleare circonda il nucleo in interfase e lo segrega dal resto
della cellula. È costituito da due strati di membrane che racchiudono uno
spazio perinucleare. La membrana esterna è in continuità con le membrane
del reticolo endoplasmatico. In molti tipi di cellule la faccia nucleare dell’involucro è ispessita da uno strato fibroso, la lamina, formata da tre laminine
(A, B, C), che aiutano a mantenere l’integrità del nucleo. La laminina B è sintetizzata molto presto nello sviluppo cellulare, mentre la A e la C compaiono in stadi più avanzati del differenziamento. Inoltre, anticorpi anti-laminina B sono stati ritrovati nel plasma di pazienti affetti da lupus eritematoso
sistemico.
L’involucro nucleare è interrotto in numerosi punti dal complesso del poro
nucleare. Si tratta di canali in cui la membrana esterna e interna dell’involucro sono in continuità, che permettono il passaggio di materiale tra nucleo e
citoplasma. Lo scambio è regolato da un sistema di trasporto, il cosiddetto
trasportatore centrale.
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