Numero 85 - Anno XIV, Novembre/Dicembre 2006
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Numero 85 - Anno XIV, Novembre/Dicembre 2006
IL CLUB Anno XIV n.85 (novembre/dicembre 2006) Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS Pubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa Responsabile editoriale Maurizio Karra Associazione dei camperisti e degli amanti del plein air del Redazione Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo Aderente a Collaboratori Francesco Bonsangue, Maurizio Carabillò, Paolo Carabillò, Luigi Fiscella, Ninni Fiorentino, Enza Messina, Primo David e Giuseppe Eduardo Spadoni In questo numero: Editoriale A.I.T.R. Associazione Italiana Turismo Responsabile Vita del Club Gemellato con Camping Car Club ProvenceCote d’Azur Calabria Camper Club Sila Tecnica e Mercato Sede sociale Via Rosolino Pilo n.33 90139 Palermo Tel 091.608.5152 Fax 091.608.5517 Internet: www.pleinairbds.it E-mail: [email protected] Viaggi e Turismo Comitato di Coordinamento Maurizio Karra (Presidente); Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Francesco Bonsangue, Adele Crivello, Patrizia La China, Massimiliano Magno ed Elio Rea (Consiglieri); Maurizio Carabillò, Mimma Ferrante, Vittorio Parrino e Alfio Triolo (Collaboratori) Collegio sindacale Silvana Caruso La Rosa (Presidente); Luigi Fiscella e Franco Gulotta (Componenti) Collegio dei Probiviri Pippo Campo (Presidente); Giuseppe Carollo e Pietro Inzerillo (Componenti) pag. Miseria e nobiltà Sapori d’autunno Girotondo intorno al vulcano Dalle zolfare alla lava Scatti d’autore Il progetto di adozioni a distanza del nostro Club A caccia di sapori Ritorno al camper In viaggio col principe Ricordi di viaggio In ricordo di Jacob Fugger Una passeggiata per le valli 3 4 5 8 10 12 13 16 18 21 23 28 30 Terra di Sicilia La fortezza sul mare Ad ogni mottu c’è lu contra Bivona: non solo pesche 35 36 37 Rubriche Terza pagina Riflessioni L’angolo della poesia Cucina da camper Internet, che passione Musica in camper News, notizie in breve L’ultima parola In copertina Un’istantanea della Romantiche Strasse (foto di Francesco Bonsangue) Questo numero è anche online sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it IL CLUB n. 85 – pag. 2 39 43 43 44 44 45 48 Editoriale Q uando, circa quindici anni fa, alcuni di noi, uniti dalla comune passione del viaggiare in camper, pensarono di aggiungere al rapporto di lavoro, che li “costringeva” a stare insieme durante il giorno sotto lo stesso tetto del BdS, anche una parte del loro tempo libero, con la creazione di un’associazione di turismo itinerante, furono in tanti a prenderci in giro o addirittura per pazzi: finirete per parlare di banca anche sabato e domenica, ma chi ve lo fa fare? Oppure: nessuno vi verrà dietro e fra tre mesi non sarete nemmeno i quattro gatti di adesso! Tutti sanno com’è andata e chi ha avuto ragione; i quattro gatti di allora sono divenuti tanti e tanti di più e di tutte le province siciliane, e la storia del nostro Club, che sinteticamente è leggibile anche sul nostro sito Internet, ricorda - a quanti ignorano come siamo nati - che spesso proprio da un’idea bislacca possono venir fuori grandi progetti che poi travalicano anche gli obiettivi (e i confini) che in un primo momento ci si era prefissi. Negli anni tutti noi abbiamo viaggiato in lungo e in largo per la nostra terra e molti hanno percorso itinerari molto più lontani sui vari continenti, in gruppi piccoli e grandi o da soli; abbiamo così pian piano imparato a conoscere mondi nuovi, condividendo sensazioni ed esperienze grazie a questo nostro giornalino e, guardando anche oltre il nostro piccolo orizzonte, grazie anche al nostro sito web. Ma abbiamo anche cercato di guardare il mondo con occhi sempre nuovi, concretizzando ideali di turismo responsabile verso l’ambiente e verso gli altri grazie alla voglia di portare con noi messaggi di pace e di rispetto per quanto e per quanti apparivano “diversi”. Abbiamo quindi cercato di vincere diffidenze e idiosincrasie, egoismi ed egocentrismi e ci siamo ritrovati ambasciatori di pace per il mondo, guardati talvolta con occhi strani e con atteggiamento anche sfottente da altri camperisti che usano il loro mezzo solo per andare a gozzovigliare nelle sagre di paese e a lordare le spiagge e le piazze dei paesi che “visitano”, pensando di affermare così un loro preciso diritto di libertà senza nel contempo conoscere regole e doveri. Non è stato facile lasciar perdere le cose più semplici e ovvie (il semplice divertimento) e mirare in alto, a qualcosa che coniugasse il mero divertimento all’impegno. Ma noi avevamo un sogno, un ideale; e poi un altro e un altro ancora: e li abbiamo via via realizzato e li stiamo continuando a realizzare perché non abbiamo voluto cullarci sui primi “allori”. E così, quando ci siamo ritrovati, poche settimane fa, all’inaugurazione della settima edizione della nostra mostra fotografica, ci siamo guardati tutti negli occhi un po’ increduli: quasi duecento foto di trenta di noi stavano lì a testimoniare cosa è diventato questo nostro Club; non a parole ma con i fatti. Erano la testimonianza dei nostri valori e dei nostri obiettivi associativi, erano la concretizzazione del nostro modo di essere viaggiatori e di vivere il viaggio come esperienza e arricchimento. Nessuno di noi si meravigli se così tanta eco la mostra ha avuto sulla stampa (nelle prossime pagine troverete anche alcuni articoli a noi dedicati sull’argomento da quotidiani, riviste e siti Internet); nessuno sottovaluti nemmeno il fatto che quest’anno il calendario del Club è stato prodotto dal Banco di Sicilia in ventimila copie per farne omaggio anche alla propria clientela. Le cose non accadono casualmente, credetemi. Ma è importante non “sedersi” e cullarsi sugli allori. Ancora più importante, proprio quando pensiamo di aver i IL CLUB n. 85 – pag. 3 nostri occhi del tutto aperti sul mondo, fare uno sforzo ancor più difficile e provare ad aprirli per davvero al massimo, così da accorgerci che esistono tanti mondi paralleli al nostro che solo col nostro massimo sforzo potranno essere conosciuti almeno un po’; mondi che spesso coesistono anche a due passi da noi ma che spesso è più facile ignorare, supponendo che non esistono. In quella sede festaiola e spensierata che è stato il Circolo del Banco di Sicilia la sera del 22 novembre u.sc., mentre tante persone ammiravano le nostre foto, noi abbiamo dato notizia, davanti all’Amministratore Delegato e al Direttore Generale del Banco di Sicilia che presenziavano all’inaugurazione della mostra, dell’ultimo progetto in ordine di tempo che vogliamo perseguire, credo di gran lunga il più complesso di quelli che abbiamo portato avanti finora: un piano pluriennale di adozioni a distanza sotto l’egida della Comunità di Sant’Egidio, ONLUS che è stata prescelta fra quelle italiane e internazionali che operano nel settore per le valenze etiche e sociali della sua missione e la fama di cui gode. A tale scopo abbiamo provveduto ad aprire presso la Filiale 99 di Palermo del Banco di Sicilia un apposito conto corrente intestato Club Plein Air BdS – Opere di beneficenza. Il conto (n. 2199–2698.32) servirà ad accogliere, oltre al primo versamento delle somme appositamente raccolte tra i presenti all’inaugurazione della mostra fotografica, tutte le somme destinate al progetto di adozioni da parte dei nostri soci nonché dei colleghi e dei pensionati del Banco di Sicilia che sono stati raggiunti da un’apposita comunicazione aziendale. Sarà nostra personale responsabilità fornire periodicamente un resoconto delle somme raccolte e del loro specifico utilizzo. E i prossimi numeri del nostro bimestrale conterranno tutte le news utili per informare degli sviluppi dell’iniziativa, che però attende il sostegno continuo di tutti noi. Anche questo vuol dire essere soci del Club Plein Air BdS: non dimentichiamolo mai. Maurizio Karra Miseria e nobiltà Un insolito pomeriggio domenicale, quello del 15 ottobre, trascorso al Teatro Savio di Palermo per assistere alla rappresentazione de “Il cortile degli Aragonesi”, insieme all’amico Filippo La Porta, ci ha permesso un interessante tuffo nel passato della Sicilia e della sua lingua L’ invito era arrivato da una nostra vecchia conoscenza, quel Filippo La Porta che ci aveva fatto da guida nell’ultimo ciclo di visite di Palermo, effettuato dal nostro Club l’anno scorso, e che ci aveva affascinato grazie alla sua cultura e alla sua simpatia. Questa volta il nostro amico ci ha spalancato il mondo del teatro siciliano, invitandoci alla rappresentazione de “Il cortile degli Aragonesi”, una vastasata in tre atti del ‘700 di anonimo, da lui stesso recentemente rielaborata. Così il pomeriggio di domenica 15 ottobre una quarantina di soci del Club si sono dati appuntamento al Teatro Savio di Palermo per un tuffo nella Palermo del ‘700, allietati anche dalla musica d’epoca suonata dal vivo su un liuto, una tjorba (un altro affascinante strumento a corde dell’epoca), e da un clavicembalo. Ben presto è iniziato il primo atto della rappresentazione, ambientato all’interno del cortile dal quale l’opera trae il titolo, che racconta le vicissitudini tragicomiche di due innamorati poveri in canna, Lisetta e Onofrio, costretti ad elaborare mille strategie per poter fare una “fuitina” di nascosto dai genitori, a ‘za Laura e u ‘zu Cosimo, interessati non meno di loro alla poca “roba” disponibile nelle due famiglie. Qui e in basso alcune scene della vastasata Vari colpi di scena si sono susseguiti lungo i tre atti della rappresentazione, in cui si introducono anche personaggi nobili e borghesi che fanno da contrasto con le vite povere e ingenue dei poveri del cortile: c’è il barone, il suo saggio servitore e perfino un malandrino e un notaio da operetta, che contrastano con la loro lingua aulica con il dialetto siciliano antico parlato dal volgo, lingua che ha affascinato i presenti sia grazie alla sua innata musicalità, sia perché riportava alla memoria antichi proverbi o modi di dire che ciascuno di noi ricordava di avere udito in famiglia anche da piccoli, facendo sì che gli intervenuti ritrovassero più che mai intatte le radici con il passato della nostra città, confuso indissolubilmente con quello della propria famiglia. La rappresentazione è giunta al termine anche troppo presto, non senza aver fatto riflettere sulla vita grama e senza prospettive che si conduceva all’epoca e sull’enorme divario sociale, culturale ed economico che vi era tra le classi meno abbienti e i vari signorotti locali, ed è stata salutata con un fragoroso applauso che premiava il meritato impegno e la IL CLUB n. 85 – pag. 4 convinta recitazione dei protagonisti: Gaspare Sanzo, Erina Mollica, Maurizio Bologna, Rosalba Bologna, Filippo La Porta e Massimo D’Anna. E nel salutarci alla fine di questa piacevole esperienza, da più parti è venuto l’auspicio di rinnovare il piacere dello stare insieme sia in camper che nei weekend palermitani, scoprendo altre mille sfaccettature della nostra splendida città. Mimma Ferrante Sapori d’autunno La gita nel Parco dei Nebrodi, a Floresta, fra magici scenari naturalistici e i genuini sapori della tradizione siciliana Quella del 21 e 22 ottobre è stata sicuramente una delle escursioni più belle dell’anno: a dirlo non è certamente solo chi scrive, dato che unanime è stato il giudizio fra i ventisei equipaggi partecipanti alla gita. Merito anche delle due bellissime giornate di sole venute fuori dal maltempo che aveva invece flagellato tutta quanta la Sicilia fino al venerdì precedente e merito dei luoghi visitati. Parliamo del Parco dei Nebrodi, un’area naturalistica di per sé fantastica per i suoi paesaggi mozzafiato, per i suoi piccoli centri a misura d’uomo, per i suoi prodotti genuini che riportano ai sapori d’altri tempi: un mix che l’autunno contribuisce a rendere ancora più esaltante già a partire dai colori fiammeggianti del paesaggio boschivo che fa da cornice a ogni centro abitato all’interno del Parco, come a Floresta, meta della gita, il comune più alto della Sicilia, situato all’interno di una conca di rara bellezza dove dominano castagneti secolari. Molti degli equipaggi che hanno preso parte alla gita si erano avventurati già il venerdì, alcuni addirittura fin dalla mattina (i soliti pensionati tanto invidiati), proponendosi un’anteprima della gita sul mare della vicina cittadina di Brolo; ma chi era stato anche chi, muovendosi a fine giornata, “fuggito” da Palermo era approdato a Castelbuono o “fuggito” da Enna era approdato a Randazzo, altri due bellissimi centri non a caso facenti parte di altri due parchi, le Madonie il primo, l’Etna il secondo. Comunque, a fine mattinata del sabato, la quasi totalità dei partecipanti era già sul luogo dell’appuntamento, in contrada Favoscuro di Floresta, nel parcheggio della trattoria “Don Santo” dove si sarebbe “celebrata” la cena, pronti, dopo un pranzo che a tutti era stato consigliato caldamente di fare “leggero” (a causa dell’imminente cena “pesante” della sera), pronti - dicevamo – a percorrere i vicini sentieri del bosco alla ricerca di funghi e castagne. I nostri soci fra i boschi vicino Floresta Magari di funghi ne sono stati trovati pochi e quegli stessi, nel dubbio sulla loro commestibilità, sono stati più ammirati e fotografati che raccolti per essere mangiati; ma quanto a castagne ne sono state raccolte a chili sia dai grandi che dai più piccoli, ritrovatisi quindi a fine pomeriggio a far ritorno ai camper con cesti e sacchetti ricolmi all’inverosimile, contenti anche di mostrare il bottino di guerra agli ultimi soci nel frattempo arrivati. A fine giornata, la saletta riservata della trattoria Don Santo attendeva i nostri soci per una pantagruelica cena a base di pro- IL CLUB n. 85 – pag. 5 dotti di memorabile bontà, forse anche a livelli più alti (e non era cosa facile) rispetto alle precedenti occasioni in cui il nostro gruppo si era fermato da …quelle parti. Dopo un collage di antipasti in cui hanno fatto la parte del leone i formaggi e i salumi della casa, si è entrati nel vivo con i maccheroni di casa al ragù di maiale nero dei Nebrodi gratinati al forno, un’apoteosi del gusto se non ci fosse stata anche la presenza delle fettuccine ai funghi porcini freschi (ecco perché nei boschi i nostri soci non ne avevamo trovato!), che hanno mandato in estasi anche i palati più esigenti. Mauro Azzaretto con i suoi bambini mostra il “bottino” di castagne raccolte nel bosco Per non parlare poi di quella grigliata di carni, dal vitello al maiale, dal castrato alla salsiccia, che giungeva in bocca come manna, portando con sé quella distinta selezione di sapore e genuinità che soprattutto per chi vive in città è divenuta ormai un miraggio. Per finire, dopo la frutta, con un magico cannolo con ricotta e pistacchi che ha coronato in modo eccezionale la cena e tutta la serata. Meno male che il vino a fiumi e le grappe e gli amari finali hanno consentito anche alle panze più riottose di far pace con il resto del corpo, regalando una notte di sonno meraviglioso a tutti i soci. La mattina della domenica il risveglio è coinciso con i primi furgoni di prodotti locali che tentavano di entrare nel parcheggio stipato di camper; poco male, dato che gli acquisti fatti un po’ da tutti hanno fatto sì che fin dalla mattina si partisse con la giusta carica da buongustai: dai funghi alle provole, dal lardo ai salami, dai funghi di bosco alle mele della vicina Etna, dai fichidindia alle conserve fatte in casa, insomma non c’è stato nessun socio – credo – che sia stato immune dallo shopping. Concluso anche questo rituale e salutati altresì i proprietari della trattoria, dove pure salsiccia e carne di castrato sono stati acquistati fino all’ultimo a chili e chili per le dispense di casa, il gruppo dei camper si è mosso in corteo per raggiungere il vicino centro abitato di Floresta, dove ad atten- derci c’erano i vigili urbani che hanno fatto sistemare il serpentone di mezzi lungo la circonvallazione a nord del paese. Qui è trascorso il resto della domenica, fra ulteriore shopping di prodotti locali (provole di ogni tipo, prima di tutto, dato che Floresta è denominato il paese della provola) e assaggi nei vari stand allestiti nella piazza centrale e lungo il corso per la sagra dei funghi. Inutile parlare dei visi ridanciani delle persone, mescolatesi ben presto a qualche altro gruppo di turisti giunti nell’occasione in paese; inutile ricordare i sacchetti ricolmi di ogni bontà (come le famose provole fotografate qui accanto) che faticosamente ognuno reggeva in mano, mentre con l’altra tentava magari un assaggio a questo stand e un altro in quello accanto, fra formaggi, salumi, cannolicchi, ecc.. E poi, mentre in paese sfilavano Ferrari e altre auto d’epoca ad allietare i locali (che in pieno In alto, a cena da Don Santo. In basso i nostri camper a Floresta IL CLUB n. 85 – pag. 6 I maestosi boschi dei Nebrodi, con i loro verdi dalle mille tonalità resi ancor più belli dal fiammeggiare dei bruni e dei rossi autunnali ci porgevano il loro saluto, testimoni di una Sicilia che va preservata e gelosamente custodita affinché nessuna omologazione possa mai distruggerne quelle peculiarità e quelle mille particolarità che ne fanno una terra unica e non a caso così tanto amata da tutti i siciliani ovunque residenti nel mondo. A Floresta fra i sapori e i colori dell’Autunno Castagneti e castagne inverno non superano le 350 anime) e i turisti, anche i nostri camper hanno iniziato la loro sfilata ridiscendendo giù per le strade dei Nebrodi così da fare ritorno, appesantiti palesemente dai tanti ge- nuini prodotti acquistati nel weekend, nelle varie città della Sicilia – Palermo, Termini Imerese, Milazzo, Siracusa, Palazzolo Acreide, Enna, ecc. - da cui erano partiti tra venerdì e sabato. IL CLUB n. 85 – pag. 7 Testo di Maurizio Karra Foto di Francesco Bonsangue e Maurizio Karra Girotondo intorno al vulcano In treno dalle zolfare del nisseno alle pendici dell’Etna nella bellissima gita d’inizio novembre in compagnia di un siciliano doc come Primo David U n grande successo di partecipazione ha riscosso la gita che, tra il 3 e il 5 novembre, ci ha portato nuovamente a Villarosa e da qui all’esplorazione delle pendici dell’Etna a bordo della CircumEtnea, in una sorta di viaggio nel viaggio che ha entusiasmato grandi e piccini. I numeri dei soci intervenuti parlano chiaro sul gradimento dell’iniziativa: oltre trenta equipaggi per un totale di 83 persone presenti, di tutte le età, tutti ugualmente entusiasti di imbarcarsi sull’unica ferrovia a scartamento ridotto rimasta in Sicilia, per andare ad esplorare i paesaggi unici al mondo che costellano le pendici del più alto vulcano dell’Europa. L’appuntamento era per la sera di venerdì 3 novembre presso la stazione ferroviaria di Villarosa, nel cuore della Sicilia, dove il nostro Club aveva visitato appena un mese prima il Museo del treno, dedicato agli emigranti e alle zolfare e curato con grande amore da Primo David e dalla sua associazione. Qui, infatti, dopo il pernottamento, era previsto l’indomani mattina alle 7,15 l’imbarco sul treno che ci avrebbe condotto a Catania per la coincidenza con le vetture riservate della CircumEtnea. I nostri camper alla stazione di Villarosa Come previsto, i camper dei nostri soci sono arrivati uno dopo l’altro già nel corso del pomeriggio, sistemandosi l’uno accanto all’altro fino a riempire tutta la parte interna della stazione, a ridosso dei vagoni del Museo del treno. Quello che non era previsto è stato il notevole abbassamento della temperatura nel corso della notte a fronte di un cielo magnificamente stellato: il termometro, infatti, è arrivato a toccare alcuni gradi sottozero, dopo una settimana di temperatura diurna vicina ai venticinque gradi, causando il repentino ricorso a stufe e coperte di lana che però non tutti avevano pensato di risistemare in camper approssimandosi la stagione fredda! Insomma l’autunno era ampiamente arrivato e i soci se ne sono resi conto svegliandosi in ore antelucane all’interno dei camper diventati quasi dei frigoriferi; ma il tempo di imbottirsi di maglioni e giacche a vento e tutti quanti sono scesi giù dai camper ugualmente contenti e, fatti pochi passi, si sono ritrovati davanti al binario della stazione ad aspettare febbrilmente l’arrivo del treno, tra saluti, battute e tanta voglia di condividere insieme questa bella esperienza. Il tempo di occhieggiare verso i binari, sotto un cielo azzurro che prometteva una giornata decisamente fredda, e la sagoma del treno (cioè del primo dei tanti treni che avremmo preso nel corso della giornata) si è avvicinata, preceduta da una campanella che ne annunciava l’arrivo. E tutti quanti, eccitati come scolaretti, sono saliti sul “Minuetto” che ci avrebbe ospitato fino all’arrivo a Catania, sistemandosi sui sedili e ammirando il panorama che sfilava ai lati. Ben presto l’attenzione dei soci è stata calamitata dai vassoi dei cornetti offerti da una graziosa hostess e la giornata è iniziata decisamente all’insegna della dolcezza, tra cioccolato e crema, mentre i bambini presenti di tutte le età tornavano ad incollare il naso ai finestrini per catturare con lo sguardo il paesaggio della piana di IL CLUB n. 85 – pag. 8 Catania. Giusto il tempo di concludere la colazione e ci siamo ritrovati, infatti, alla stazione di Catania. Ninni Fiorentino nominato Capo Stazione Onorario di Villarosa. In basso i nostri soci all’interno del Pendolino che li ha condotti nel primo tratto da Villarosa a Catania Qui, dopo essere saliti sulla metropolitana, ne siamo scesi alla stazione terminale della CircumEtnea, dove ci siamo messi in posa davanti ad un glorioso trenino a Alla stazione della CircumEtnea di Catania Borgo vapore e abbiamo ammirato, nel giardino della Direzione Generale della Società che gestisce l’unica ferrovia a scartamento ridotto della Sicilia, anche un vecchio tornio che serviva a rimodellare le estremità delle ruote dei treni, usurate dopo centinaia di migliaia di chilometri. Dopo il tuffo in queste testimonianze di archeologia industriale, è arrivato finalmente il momento di salire a bordo del trenino della CircumEtnea, nei due vagoni che ci erano stati appositamente riservati da Primo David, per cominciare la nostra avventura esplorativa. Il programma prevedeva un itinerario di poco più di cento chilometri che si sarebbe snodato da Catania a Giarre, arrivando dal livello del mare a quasi mille metri di altitudine, percorsi a bordo del vecchio trenino risalente alla prima metà del ‘900 in mezzo a scenari unici per grandiosità e tipologia. E le attese non sono andate deluse dato che tutti si sono lasciati affascinare come i tanti visitatori eccellenti che negli anni hanno percorso, anche loro sul trenino dell’Etna, lo stesso itinerario, come Goethe e De Amicis, rimasti irretiti dalle forti emozioni provocate dal paesaggio dai forti contrasti, dalla natura intatta e dallo scenario sempre mutevole del vulcano (a muntagna come lo chiamano i catanesi). E anche noi siamo caduti preda dell’incantesimo che si sprigiona da questo ambiente incontaminato, dove la natura regna selvaggia e dove spesso l’uomo si deve arrendere alla violenza del vulcano; sono sfilati davanti ai nostri occhi una moltitudine di scenari diversi che ci hanno incantato per le loro peculiarità uniche, passando dai vigneti e dai frutteti resi fertili proprio dalla lava del vulcano IL CLUB n. 85 – pag. 9 ai piccoli borghi che si alternano l’uno dopo l’altro lungo il percorso, e ancora dalle pianure desolate, scandite dai rami contorti degli alberi di pistacchio e dalle sagome spinose dei fichidindia, fino al panorama lunare delle colate laviche che coprivano intere vallate, interrotte soltanto dal minuscolo binario che, come un filo di Ariana, ci indicava la strada verso la civiltà. Emozioni forti che non hanno risparmiato nessuno dei partecipanti, impegnati a seguire con lo sguardo i mille scenari che si susseguivano al di là del finestrino, a cercare di catturare attraverso l’obiettivo di macchine fotografiche e di videocamere quei luoghi e quei momenti straordinari, mentre perfino i bambini tacevano incantati dallo spettacolo grandioso e il senso di sicilianità permeava tutti fin nel profondo, facendoci rabbrividire di commozione. Il nostro gruppo davanti la Chiesa di San Martino a Randazzo Ritrovarsi, dopo un paio di ore di viaggio, alla stazione di Randazzo è stato come risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti e, ancora trasognati, abbiamo seguito la guida che ci ha condotto ad una visita purtroppo breve della bella cittadina etnea, ricamata dalle pietre laviche che ne scandiscono i numerosi gioielli in pietra. Il borgo, situato a 750 metri di altitudine, risale al IX secolo; prediletta da Federico II di Svevia, la cittadina fu incorniciata per suo volere da una cortina muraria, punteggiata da otto torri, dodici porte e da un maestoso castello. Dalle zolfare alla lava La linea ferroviaria Palermo-Catania, lunga 243 km, nacque dalla fusione delle due preesistenti linee: la Catania-Caltanissetta Xirbi -Canicattì-Licata e la Palermo-Agrigento. L'importanza delle due linee fu originariamente legata al traffico merci per il trasporto e la commercializzazione dello zolfo dai bacini minerari ai porti; solo in seguito si evidenziò l'esigenza di garantire un collegamento ferroviario tra le due maggiori città siciliane con un lunghissimo iter progettuale rallentato da polemiche e difficoltà costruttive. La linea Palermo-Catania, infatti, presenta nel valico di Enna acclività tra le maggiori di tutta la rete FS. Le stazioni di Villarosa, Imera, Bosco Saline e tante piccole stazioncine nel cuore della Sicilia, contribuivano a questo miracolo economico relativo all'estrazione e al trasporto dell'Oro Giallo (Zolfo). Solo recentemente con l'elettrificazione, si è avuta una riduzione dei tempi di percorrenza ed un certo miglioramento del materiale rotabile. Non si può attraversare la parte orientale di questa splendida perla del Mediterraneo, senza essere attratti dal gigante che qui dimora: l'Etna, vulcano in continuo mutamento. Ruotandovi attorno, mostra, ad ogni variazione della prospettiva, scenari e visioni di sé, che vanno dal magico al fiabesco, per ammirarlo in tutta la sua imponenza, nelle tante giornate di sole che inondano l'isola, il turista può utilizzare il mezzo che, dal 1895, si arrampica su di esso per quasi tutta la sua circonferenza: il treno della Circumetnea. La Circumetnea è una ferrovia a scartamento ridotto, lunga 110 chilometri da Catania a Riposto, che circumnaviga l'Etna, mostrandola fra trincee di lava ed agrumeti in fiore, tra pregiati vigneti, alberi di pistacchio e fichidindia ed in tutti i suoi aspetti più peculiari nei parchi naturali che attraversa fino al baluginare del Mar Ionio. Grandi scrittori, quali Goethe e De Amicis, viaggiando con la Circumetnea, restarono affascinati e soggiogati dalle forti emozioni suscitate dal paesaggio, dalla natura selvaggia e dal vulcano sempre mutevole per quanti sono gli infiniti angoli di osservazione che il viaggio in treno sa offrire. Nel 1938 furono immesse in servizio, per la prima volta, sei esemplari delle modernissime "ALn 56 Fiat" meglio conosciute come "LITTORINE" che, possedendo caratteristiche di maggior comfort e celerità, presero in carico la quasi totalità del servizio viaggiatori, determinando così gradualmente la fine dell'utilizzo delle locomotive a vapore che si completò, di fatto, nel 1963. Oggi la Ferrovia Circumetnea gestisce anche la linea Metropolitana di Catania ed è fortemente impegnata nell'implementazione della stessa. Primo David IL CLUB n. 85 – pag. 10 L’abitato si divide in tre quartieri, nei quali si insediarono anticamente tre diverse comunità che gareggiarono fra loro nell’innalzare in modo imponente la propria chiesa-simbolo: i latini con la Basilica di Santa Maria, risalente al XIII secolo, che conserva di quel periodo le absidi ornate da merli ghibellini; i greci con la chiesa di San Nicola, che è anche la più grande della cittadina e che ospita preziose opere di pittura e scultura; e i lombardi con la chiesa di San Martino, con il più bel campanile medievale dell’intera Sicilia, adornato da eleganti bifore e trifore. Le architetture cittadine sono per l’appunto caratterizzate dalla bicromia della pietra lavica e dell’arenaria che decora le facciate delle chiese, dei palazzi nobiliari e della caratteristica via degli Archi, un vicolo scandito ovviamente da archi e da una bella finestra bifora con la colonnina attorcigliata in pietra bianca che faceva parte dell’antica via delle Volte di S. Nicola, successivamente inglobata in un antico complesso conventuale. Purtroppo non c’è stato il tempo per visitare il Castello Svevo, che ospita tra l’altro un’interessante sezione dedicata ai pupi siciliani; e così, dopo un’occhiata alla Porta Aragonese, la più importante porta di ingresso al nucleo storico, e alle due chiese più importanti della cittadina, la Basilica di Santa Maria e la chiesa di San Nicola, e dopo un assalto alle pasticcerie del borgo, svaligiate dei loro dolci tipici, come quelli al pistacchio, non ci è rimasto che pensare al corpo, spostandoci al vicino ristorante “Scrivano”. Qui ci attendeva un pranzo a base di antipasti misti, spaghetti con salsa di maiale, farfallette al pistacchio, pasta alla norma, maialetto in crosta con patate al forno, macedonia e torta al pistacchio. E noi, stremati da tutte le emozioni della giornata, non abbiamo potuto fare a meno di spazzolare via tutto a tempo di record. Il pranzo al ristorante Scrivano Era già l’imbrunire a metà pomeriggio quando siamo risaliti sulla CircumEtnea che, proseguendo la sua circumnavigazione dell’Etna, ci ha condotto alla stazione di Giarre, dopo averci permesso di ammirare una colata lavica “in diretta”; da qui siamo saliti su un altro treno che ci ha condotto alla stazione di Catania, da dove ci siamo imbarcati sull’ultimo treno della giornata, il sesto (!), che con il suo placido ron-ron ci ha riportato alla stazione di Villarosa tra il sonnecchiare degli adulti, appesantiti dal pranzo regale e dalle emozioni della giornata, e il giocoso saettare dei bambini, che sarebbero crollati soltanto in camper. La notte è trascorsa in un attimo, mentre un po’ tutti si rigeneravano dalle fatiche della giornata con un sonno ininterrotto, ma già la mattina della domenica, annunciata da un sole radioso e da una temperatura un po’ più mite, annunciava nuove emozioni. Infatti, proprio sulla banchina della stazione, era stata approntata una “piccola” colazione, a base di focacce ancora calde, condite con olio, caciocavallo grattugiato e origano; una vera goduria! Non mancavano ottime olive e vino rosso in grado di svegliare i morti, che tutti i partecipanti hanno mostrato di gradire più che a sufficienza, sotto gli occhi esterrefatti dei viaggiatori di un treno che transitava in quel momento sui binari. Dopo aver rinvigorito il corpo, c’è stato chi, non essendo presente alla visita del mese scorso, ne ha approfittato per visitare il suggestivo Museo del treno; e poi, tutta la carovana dei camper si è mossa all’unisono per spostarsi nella vicina cittadina di Villapriolo, dove alcune case sono trasformate in museo etnografico con varie ambientazioni: dalla casa del contadino a quella dello zolfataro, dalla bottega del ciabattino alla stalla, con mobili e suppellettili che rimandavano ad antichi mestieri e ad uno spaccato della civiltà Siciliana di fine ‘800, ormai completamente scomparsa. E poi non è rimasto che dare l’assalto alla macelleria cittadina, depauperata di una cinquantina di chili di salsiccia e di carne di maiale, prontamente assaggiata sulle tavole dei camper. Infine, dopo aver brindato all’acquisto da parte di qualche socio del nuovo camper, abbiamo ripreso la strada di casa, con gli occhi ancora pieni degli scenari lunari ammirati sulle pendici. Ma quanto è bella la nostra Sicilia! Mimma Ferrante e Maurizio Karra Un panorama dell’Etna dal finestrino del CircumEtnea La colazione rustica della domenica sul binario 1 di Villarosa In visita al paese museo di Villapriolo IL CLUB n. 85 – pag. 11 Scatti d’autore Grande successo per la settima edizione della mostra “Latitudini d’autore”, alla quale hanno partecipato trenta soci del nostro Club con circa 200 splendidi scatti e da cui è stato tratto come di consueto il calendario del Banco di Sicilia stampato quest’anno in 20.000 copie L’ emozione era palpabile fin dalla vigilia, che i soliti volenterosi hanno trascorso sistemando i pannelli colorati su cui avrebbero fatto bella mostra di sé le numerose foto dei partecipanti, trenta soci orgogliosi di partecipare alla mostra “Latitudini d’autore” 2006 e di condividere con gli altri le emozioni scaturite dal girovagare in Europa (e non soltanto), per lo più a bordo di quei meravigliosi strumenti di viaggio che sono i nostri camper. E l’emozione era tanta per una serie di motivazioni che ci rendevano orgogliosi, una delle quali riguardava proprio le foto, le protagoniste assolute della manifestazione, la cui inaugurazione si è tenuta il 22 novembre, come di consueto nei locali del CRAL di Palermo, in via Rosolino Pilo; quelle foto che ben dimostravano come gli autori siano cresciuti e migliorati nel corso degli anni, grazie al loro numero, che quest’anno ha sfiorato i 200 esemplari (sempre in crescita anno dopo anno, al punto che ormai si riesce a sistemarli soltanto con autentici giochi di prestigio negli spazi a disposizione), al particolare taglio delle inquadrature, sempre più “mature” consapevoli, sempre meno istantanee e improvvisate, e alla varietà delle pose che spaziavano dalla monumentalità ai particolari di natura e alle persone. A proposito di pose, è d’obbligo ricordare le varie sezioni in cui è stata suddivisa la mostra, da “Terra di Sicilia” a “Bell’Italia” e “Bell’Europa”, da “Madre Natura” ad “Uno sguardo sul mondo” a “People”, in un susseguirsi di inquadrature che spaziavano da immagini dense di “sicilianità” a monumenti e angoli incontaminati della nostra splendida Europa, a fisionomie umane appartenenti ad ogni latitudine, dando vita ad un moltiplicarsi di sensazioni forti che ben testimonia la smisurata voglia di esplorazioni dei nostri soci. All’inaugurazione della mostra hanno presenziato l’Amministratore Delegato del Banco di Sici- Il dott. Beniamino Anselmi, Amministratore Delegato del Banco di Sicilia (nella foto fra il Direttore Generale della banca dott. Carlo Enrico e il nostro presidente), all’ inaugurazione della settima edizione della mostra fotografica. In basso un altro momento della manifestazione lia, dottor Beniamino Anselmi, e il Direttore Generale, dottor Carlo Enrico, che si sono intrattenuti con il nostro presidente Maurizio Karra e con tutti i partecipanti alla serata, commentando le foto e le filosofie di vita e di viaggio da cui gli scatti dei nostri soci scaturiscono. In particolare Maurizio Karra, nel dare il benvenuto agli illustri ospiti, ha ricordato le origini del nostro Club, risalenti ormai ad una quin- IL CLUB n. 85 – pag. 12 dicina di anni fa, e l’insopprimibile voglia di viaggiare che ne è alla base, che con il passare degli anni ha dato vita al nostro motto “Insieme per l’amicizia, Cittadini del mondo, Ambasciatori di pace”, che i nostri soci portano in giro per il mondo con orgoglio insieme al logo del Banco di Sicilia, esplorando non soltanto luoghi nuovi, ma anche il mondo con occhi nuovi; affermazione che ben testimonia an- che la nostra capacità di andare alla scoperta della splendida città di Palermo, ammirando il suo notevole patrimonio artistico, ma notando anche le sue inevitabili miserie. La copertina del calendario 2007. In basso le immagini del mese di gennaio (foto di Francesco Gulotta) e di dicembre (foto di Larisa Amenta) Nel corso del suo intervento Maurizio Karra ha anche annunciato il desiderio del direttivo di raccogliere nel corso della serata una somma da destinare in beneficenza a coloro che sono meno fortunati di noi, da utilizzare in particolare per adozioni a distanza e/o come fondi da offrire all’Associazione di Biagio Conte. In risposta al nostro presidente il dottor Beniamino Anselmi si è detto ben felice di condividere questo progetto, interessando allo scopo tutto il Banco di Sicilia con l’istituzione di un conto corrente apposito in cui convogliare le somme che saranno raccolte anche da parte dei vari colleghi della banca; ha proseguito affermando l’importanza dei rapporti interpersonali e il suo desiderio di frequentarci con maggiore assiduità, desiderio frustrato il più delle volte dai suoi pressanti impegni lavorativi; in ogni caso ha ricordato che, nonostante le sue molteplici esperienze lavorative in seno a grandi aziende italiane, il clima umano che ha trovato all’interno del Banco di Sicilia è stato particolarmente coinvolgente e caloroso, con un diretto incremento di rapporti personali che vanno ben al di là di quelli rapporti lavorativi. E’ stata anche l’occasione per presentare il nuovo Calendario del Club, giunto alla sua settima edizione, scandito dalle foto dei soci che cristallizzavano momenti particolari dei loro viaggi del 2006 e dalla sua nuova, coloratissima copertina; calendario che quest’ anno è stato stampato in una tiratura straordinaria (20.000 copie) e che sarà distribuito a tutte le filiali del Banco di Sicilia, per essere esposte nelle stesse ed essere donato ai maggiori clienti delle varie strutture come omaggio di fine anno, raggiungendo un traguardo che ha reso tutti i soci del Club particolarmente orgogliosi. Sono seguiti, quindi, i brindisi tra i presenti, mentre avevano luogo le prime raccolte di fondi per beneficenza e in un vicino televisore si susseguivano le immagini digitali degli ultimi anni di vita associativa del nostro Club e le immagini dei tanti luoghi raggiunti a bordo dei nostri compagni di viaggio. Ed è stato questo l’ultimo tassello di una serata che, come dicevamo fin dall’inizio, è stata particolarmente emozionante, lasciandoci ricchi di sensazioni che non dimenticheremo facilmente e spronandoci alla nostra eterna ossessione: la voglia di viaggiare, di conoscere, di incontrare persone e di guardarle con occhi nuovi, come se ogni volta fosse la prima volta. Mimma Ferrante IL CLUB n. 85 – pag. 13 Il progetto di adozioni a distanza del nostro Club Abbiamo provveduto ad aprire presso la Filiale 99 di Palermo del Banco di Sicilia un apposito conto corrente, intestato al Club Plein Air BdS per Opere di beneficenza, che servirà ad accogliere, oltre alla somma raccolta la sera del 22 novembre, tutti quei versamenti che saranno via via effettuati dai nostri soci nonché da colleghi e pensionati del Banco di Sicilia. Il numero del c/c è 2199 2698 32. Le somme raccolte sul conto serviranno prioritariamente a realizzare un piano pluriennale di adozioni a distanza sotto l’egida della Comunità di Sant’Egidio, ONLUS che è stata prescelta fra quelle italiane e internazionali che operano nel settore in quanto si connota per le valenze etiche e sociali della sua missione. Una somma forfetaria servirà anche per un’offerta di Natale alle comunità di senza tetto, malati di AIDS ed immigrati senza casa gestiti dall’Associazione di Fra Biagio Conte. Ma torniamo al progetto di adozioni a distanza: si tratta di un atto di solidarietà che garantirà ad alcuni bambini (il numero sarà legato alle somme raccolte) che vivono in uno dei Paesi più poveri del mondo e alle loro famiglie un aiuto economico per le prime esigenze (alimentazione, cure mediche), per il vestiario, i giochi e una normale istruzione che possa favorire la loro emancipazione sociale. L’adozione a distanza, quindi, consentirà a una o più famiglie dell’Africa di poter avere cura dei loro piccoli evitando che gli stessi vadano a ingrossare gli eserciti irregolari che alimentano le tante guerre tribali del continente nero o che muoiano a pochi anni dalla nascita uccisi da malattie non curate. Ovviamente un’adozione a distanza necessita di un intervento pluriennale (non sarebbe corretto interrompere l’aiuto dopo uno o due anni) e di un’organizzazione seria che utilizzi per davvero i fondi raccolti senza che nessuno possa avere dubbio sulla loro destinazione; e per questo abbiamo optato per la Comunità di Sant’Egidio di Roma. Una volta partito il piano di adozioni, il nostro Club riceverà, a fronte dei contributi versati periodicamente, notizie sui bambini “adottati” e sull’utilizzo concreto delle somme a ciascuno destinate. In questa pagina, e nella successiva, alcune recensioni della settima edizione della mostra fotografica “Latitudini d’autore”, tenutasi pres- IL CLUB n. 85 – pag. 14 so il Circolo del Banco di Sicilia di Palermo dal 22 novembre al 7 dicembre 2006: 30 i soci espositori, circa 200 le foto esposte. I nostri fotografi Alla mostra fotografica hanno partecipato quest’anno: Larisa Ponomareva Amenta, Giovanna Amico, Giovanni Anello, Francesco Bonsangue, Francesco Carabillò, Paolo Carabillò, Adele Crivello, Giulia Crivello, Luigi Fiscella, Francesco Gulotta, Maurizio Karra, Marcello La Barbera, Patrizia La China, Franco Li Vigni, Massimiliano Magno, Elisabetta Martinis, Filippo Milazzo, Giuseppe Palazzolo, Vittorio Parrino, Mariolina Petralia, Piero Petralia, Giovanni Pitré, Eduardo Romano, Radha Santonocito, Giuseppe Schifani, Giangiacomo Sideli, Enza Spadoni, Giuseppe Eduardo Spadoni, Mario Tomasino, Enzo Triolo, Alessia Tuccio, Simona Tuccio. Una panoramica del calendario 2007 Lo scatto che ha rappresentato nel calendario il mese di agosto (foto di Giangiacomo Sideli) Si ringraziano per l’attenzione le Agenzie ANSA e Italpress, il TGR e il Giornaleradio RAI della Sicilia, le compagnie televisive TRM-Telemed e CTS, i quotidiani Giornale di Sicilia, Repubblica, La Sicilia, il settimanale MF Sicilia, i mensili AutoCaravan e Cult, i siti Web Ateneonline.it, Balarm.it e PalermoWeb.it IL CLUB n. 85 – pag. 15 A caccia di sapori Nel week-end del 25-26 novembre siamo andati a caccia di sapori genuini, tra il pregiato vino delle cantine “Planeta” di Sambuca di Sicilia, l’ottimo olio dell’oleificio “Gebbia” e i profumati formaggi del caseificio “La montanara” di Chiusa Scafani, approfittandone anche per esplorare la cittadine che ospitano questi tesori gastronomici. O rmai è diventata una consuetudine: all’arrivo dei primi freddi andiamo a caccia dei sapori più autentici che la nostra terra è in grado di offrirci, approfittando a piene mani dei numerosi giacimenti gastronomici disponibili in Sicilia, regione sicuramente prodiga di prodotti genuini e di grande qualità. Così, nel rinnovarsi di quella che ormai è diventata un’autentica tradizione, anche quest’anno la carovana dei nostri camper si è messa in moto il 25 novembre in una giornata di splendido sole per andare a fare scorta di vino, olio e formaggi, molto apprezzati dalle cavallette targate BdS. Il momento della degustazione presso le cantine Planeta. In basso il romantico paesaggio in cui è inserita la Cantina dell’Ulmo, sulle sponde del lago Arancio L’ingresso del cinquecentesco baglio della famiglia Planeta annesso alla cantina dell’Ulmo di Sambuca La nostra prima tappa è stata nei dintorni della cittadina di Sambuca di Sicilia dove, sulle sponde del lago Arancio, in un contesto scenografico scandito da rosseggianti vigneti, ci siamo fermati presso il cinquecentesco baglio dell’antica cantina dell’Ulmo della famiglia “Planeta”, che da oltre vent’anni produce in Sicilia, sperimentando folgoranti accoppiate di nobili vitigni e di vitigni autoctoni e ottenendo così bianchi sontuosi come lo Chardonnay e il Cometa e rossi corposi e ultrapremiati come il Merlot, il Sirah e il Santa Cecilia (ottenuto con il 100% di Nero d’Avola). L’azienda vinicola, che ha contribuito a rendere celebre il binomio Sicilia e vino di qualità, dispone di ulteriori cantine in altre province: a Menfi, Vittoria, Noto e, di prossima attivazione, quella in contrada Santo Spirito sul crinale nord-est dell’Etna; ma le cantine IL CLUB n. 85 – pag. 16 che abbiamo visitato in Contrada Ulmo sono le prime ad essere state impiantate. Qui ci ha accolto Chiara Planeta che, con grande gentilezza e professionalità, ci ha guidato nell’esplorazione dell’azienda, portandoci a vedere lo stabilimento di produzione, i silos per la decantazione e la bottaia, al cui interno il vino invecchia in barriques che gli danno un aroma particolare; quindi ci ha condotto nell’antico baglio del ‘500, recentemente riconvertito in sala per l’accoglienza degli ospiti, al cui interno, tra mobili d’epoca e suppellettili di classe, abbiamo potuto degustare alcuni dei vini prodotti dall’azienda, dal Segreta bianco all’Alastro, per continuare con il Segreta rosso e concludere con un magnifico Merlot dal sapore vellutato e caldo, il tutto intramezzato dall’offerta di vari formaggi che trovavano il giusto accoppiamento con i vini offerti. E dopo non ci è rimasto che acquistare qualche bottiglia degli ottimi vini degustati, portando con noi un po’ del miracoloso legame che unisce la nostra isola al vino di ottima qualità. Il nostro gruppo all’oleificio Gebbia di Chiusa Sclafani di San Giuseppe, o quella del Carmelo, scenograficamente disposta su una scalinata. Tutto attorno si diramano vicoletti sovrastati da arcate, che ben testimoniano le origini arabe del borgo, ancora perfettamente rilevabili nei Vicoli Saraceni, con stradine lastricate e contorte, archi e minuscole casette, in una delle quali è visibile la ricostruzione di un salotto letterario dell’800 con personaggi illustri della cittadina. Alla sommità della cittadina è visibile l’antica Chiesa Madre, in parte distrutta dal sisma del 1968, sul luogo in cui nel lontano 827 l’emiro arabo Zabut fece erigere l’antico castello cittadino. Alcuni dei vini degustati presso le cantine Planeta dai nostri soci Quindi ci siamo spostati nella vicina cittadina di Sambuca di Sicilia, fermandoci al parcheggio del campo sportivo vicino le scuole elementari; nel primo pomeriggio una gentile guida dell’Associazione Giambecchina ci ha condotto ad esplorare la cittadina, partendo proprio dall’esposizione delle opere di Giambecchina, figlio illustre del borgo, cui ha regalato numerosi quadri che rappresentano l’emblema più autentico della sicilianità, con i paesaggi riarsi dal sole e i visi dei contadini scavati dalla fatica. Quindi ci siamo recati all’Antiquarium cittadino, che ospita reperti del sito archeologico di Monte Adranone, relativo ad una città-fortezza greco-punica, risalente al VII – VI secolo a.C., e abbiamo poi proseguito nell’esplorazione delle varie chiese cittadine, come quella dalla facciata ornata Uno scorcio del centro di Sambuca Dopo questo piacevole tuffo nelle atmosfere di Sambuca ci siamo spostati nei pressi di Chiusa Scafani e cioè presso l’oleificio Gebbia, dove ormai da anni il nostro Club fa scorta dell’ottimo olio extravergine d’oliva prodotto con olive nocellara e biancolilla del territorio. Anche questa volta, dopo che la carovana dei camper si era sistemata per la notte nel cortile antistante l’oleificio, si è rinnovato il rito dell’olio e poi è cominciato quello delle cavallette, con la consueta cena casereccia allestita all’interno dell’oleificio, a base di IL CLUB n. 85 – pag. 17 pane cunzatu con olio nuovo e acciughe, o con ricotta, e di focacce locali, vari tipi di formaggio e vino genuino, fino a che le panze hanno rischiato di scoppiare. E poi finalmente è arrivato l’oblio del sonno… I nostri soci in formato cavallette presso l’oleificio Gebbia La mattina della domenica, sorta al pari del giorno precedente sotto un sole radioso, è stata dedicata alla scorta degli ottimi formaggi del vicino caseificio “La montanara”, tra primosale condito con noci, pepe o pistacchio, caciocavallo, ricotta e tanto altro; è seguita poi una passeggiata nel centro storico di Chiusa Sclafani, alla riscoperta del magnifico gioiello barocco della chiesa di San Sebastiano, oltre che della chiesa dedicata a S.S. Maria Assunta. E poi, per completare l’opera gastronomica, non è rimasto che l’assalto alla pasticceria della piazza, tra cannoli ricolmi di ricotta e profiterol annegati nel cioccolato, autentiche icone di opulenta golosità; meno male che, in mezzo a tanta dolcezza e gusto, perfino il rientro verso casa e il tran tran di ogni giorno è stato meno duro … Testo di Mimma Ferrante Foto di Maurizio Karra Ritorno al camper Anche la SEA propone da quest’anno al pubblico un “furgonato” su Renault Master: ritorno al passato o ...al futuro? U na nuova moda sembra serpeggiare da un po’ fra i vari costruttori, soprattutto adesso che la maggior parte di essi sta spingendo per allestimenti sempre più grandi e “roboanti”: il collaterale ritorno al piccolo, cioè al camper “furgonato”, al van, al cosiddetto camper “puro”. Accanto a quelle ditte che hanno sempre puntato la loro produzione su tali modelli (come Westfalia), qualche anno fa fu l’Adria, accanto alla produzione di massa dei propri mansardati e semintegrali, a tirare fuori un modello di camper del tutto fuori dalla mischia (ricordate l’Adriavan?), incontrando per altro un certo successo nel pubblico, ovviamente in una nicchia di mercato che soprattutto in Italia non conosce per questi modelli grandi numeri. Adesso tocca alla SEA che a Mondo Natura ha presentato il suo Ayar, un veicolo di meno di sei metri allestito su meccanica Renault Master 2.500 TD. Si tratta di un veicolo innovativo e certamente interessante sotto il profilo della qualità (è prodotto negli stabilimenti della Mobilvetta, una delle società facenti parte del Gruppo SEA), che vuole essere forse la risposta italiana alla produzione tedesca e slovena nel settore. Il mezzo è meccanicamente molto ben dotato, dato che la motorizzazione Renault ha cavalli ben più che sufficienti a garantire potenza in ogni situazione. La coibentazione è a sua volta eccellente: 35 mm. sul pavimento, 80 sulle pareti e 40 sul tetto; e anche l’abitabilità interna, ovviamente per la coppia, è sufficiente a garantire movimentazione e piena vivibilità degli spazi: solo l’altezza (cm. 188) è un po’ sacrificata, soprattutto per le persone più alte. Ma chi acquista un camper furgonato non può che esserne pienamente cosciente! L’esterno del van della SEA IL CLUB n. 85 – pag. 18 La zona living dell’Ayar Entrandovi all’interno, comunque, ciò che si evidenzia subito è la qualità dei materiali e la ra- Panoramica dell’interno; nella parte posteriore si notano l’angolo cucina e, in coda, il letto matrimoniale. A destra il vano servizi. zionalità degli spazi che, seppur ridotti come su qualunque furgonato, appaiono comunque ben equilibrati e molto luminosi anche per l’ampia superficie vetrata esterna. I mobili in legno color noce forniscono, infatti, un tocco di eleganza raramente presente su questa tipologia di mezzi, mentre antine e soprattutto pensili garantiscono buoni volumi per lo stivaggio del carico. L’angolo cucina, accanto alla porta scorrevole dell’ingresso, è ben strutturata, con cucina a gas con 2 fornelli e frigo trivalente sottostante; mentre il letto in coda appare comodo come quello dei veicoli mansardati (misura 185 x 130 cm.). Dalla parte opposta troviamo dapprima l’armadio e quindi il bagnetto, che appare privo solo della doccia separata (è il prezzo da pagare…), pur rimanendo comunque comodo e luminoso. Nella parte anteriore, due poltroncine longitudinali con il tavolo centrale assicurano, insieme alle poltrone girevoli della cabina, la vivibilità della zona living, con 4 comodi posti a tavola (o anche 6 stando un po’ stretti). di listino (poco più di 42.500 euro), sicuramente inferiore ad altri van made in Germany, ma di certo non inferiore a quello di un mansardato o di un semintegrale di medio standing, certamente più grande e con un numero maggiore di posti! Ma chi pensa a un camper puro, ha altre priorità: pensate alla libertà di movimento di un van grande (appena) quanto una grossa berlina! Pensate alla sua capacità di viaggiare per strade e autostrade nel massimo silenzio grazie alla sua linea filante senza ingombri posticci come quelli derivanti da una mansarda che limitano di molto la penetrabilità nell’aria e aumentano i consumi di carburante, al baricentro basso e al cambio a 6 marce che garantiscono velocità e confort di marcia! Certo, è una scelta che pochi fanno, ma quel che è certo è che sempre più sono coloro che si sono stufati dei veicoli sempre più lunghi e pesanti. Maurizio Karra SEA Ayar Van Tipologia: furgonato Lunghezza: m. 5,89 Larghezza: m. 1,99 Altezza: m. 2,50 Posti omologati: n. 4 Posti letto: n. 3 (1 matrimoniale + 1 singolo) Serbatoio acque chiare: l. 90 Serbatoio acque grigie: l. 100 WC: kasset l. 17 Il bagnetto dell’Ayar Rimane un po’ limitata la capacità del serbatoio di acqua potabile (90 litri), e quindi la effettiva libertà di utilizzo fuori da strutture di appoggio del veicolo; e rimane un attimo da pensare al suo costo IL CLUB n. 85 – pag. 19 Riscaldamento: stufa combi Truma Frigorifero: trivalente l. 70 Oblò n. 2 (40x40) Prezzo chiavi in mano: € 42.520 In viaggio col principe Tutta nuova, quest’anno, la produzione Elnagh, che propone un comodo semintegrale con ottimo rapporto qualità-prezzo: il Prince 550L U n veicolo tutto nuovo, sia nella linea esterna che negli interni, esempio di una produzione a dir poco rivoluzionata: questo è il Prince 550L, un bel semintegrale che la Elnagh propone a un prezzo davvero interessante, soprattutto in relazione alla dotazione e alla qualità della costruzione: 46.400 euro. Il veicolo, lungo 7,21 metri e largo ben 2,35, è realizzato di norma su meccanica Ducato con motore da 2.3 litri e 130 cavalli di potenza, ma è disponibile a richiesta anche nella versione più potente prodotta dalla Fiat, il 3 litri da 160 cavalli a 48.760 euro. L’esterno (pareti e tetto) è realizzato tutto in vetroresina, con cupoletto anteriore sulla cabina sagomato per assicurare la migliore penetrazione nell’aria quando il veicolo è in movimento. La coibentazione è assicurata da un isolamento di 72 mm. A pavimento, di 40 a tetto e di 32 alle pareti. Ma la cura dei materiali è ancor più evidente quando di entra all’interno. Qui la presenza del legno massello nelle finiture arrotondate del mobilio spicca chiaramente fra le caratteristiche di una dotazione di classe superiore; a ciò si aggiunge anche una razionale e ampia capacità di stivaggio che rende il mezzo davvero interessante. L’interno del semintegrale La porta di ingresso, nella parte anteriore del veicolo, introduce immediatamente nella zona L’esterno del Prince 550L della Elnagh IL CLUB n. 85 – pag. 21 living, con semidinette sulla parete opposta all’ingresso e divanetto longitudinale contrapposto; il bel salotto è completato dai due sedili della cabina, che si presentano con la tappezzeria coordinata, che a veicolo fermo possono essere girati verso l’interno consentendo così di realizzare un comodo salottopranzo per sei persone. La parte alta della cabina è completata, a sua volta, da spazi a giorno fra cui quello centrale predisposto per ospitare uno schermo televisivo al plasma. Alle spalle della semidinette si trova l’elegantissimo piano triangolare di lavoro della cucina con lavello tondo e piano cottura a 3 fuochi in acciaio satinato, sotto il quale sono sistemati mobili pluriuso fra i quali anche uno con anta a scomparsa. Ancora accanto si trova il frigo trivalente da 150 litri a doppia porta, con congelatore separato, sopra il quale a richiesta può essere montato il forno a gas. In coda ecco il letto matrimoniale a media altezza, sotto il quale si trova un ampio garage a tutta larghezza per il massimo stivaggio possibile, al quale si può accedere anche dall’interno. Ma ciò che, a buon diritto, può essere considerato per davvero “principesco” è il bagnetto, luminosissimo e dotato di mobili pro- In alto la zona living del Prince 550L Sotto la zona cucina e, in coda, il letto matrimoniale rialzato In basso, un’immagine del comodo e funzionale bagnetto Si noti a sinistra il vano doccia separato con colonna idromassaggio filati anch’essi in legno, all’interno del quale, separato da una porta rigida scorrevole, si fa notare il vano doccia con doppio scarico (per agevolare lo smaltimento dell’acqua in qualunque condizione di parcheggio) e colonna idromassaggio: un autentico plus difficilmente reperibile anche su mezzi di fascia molto alta e dal prezzo sicuramente maggiore. Infine, chiudendo il giro, fra il bagnetto e la porta di ingresso (che è dotata di controporta con zanzariera) troviamo il comodo armadio con luce di cortesia all’interno. Un altro quasi banale dettaglio del confort che la Elnagh ha voluto assicurare al mezzo risolvendo con un tocco di creatività e di originalità il desiderio di rinnovare la propria gamma dei veicoli ricreazionali puntando a un progetto davvero innovativo, al tempo stesso elegante e funzionale. Elnagh Prince 550L Tipologia: semintegrale Lunghezza: m. 7,21 Larghezza: m. 2,35 Altezza: m. 2,85 Posti omologati: n. 4 Posti letto: n. 4 (2 matrimoniali di cui 1 fisso in coda) Serbatoio acque chiare: l. 100 Serbatoio acque grigie: l. 100 WC: kasset l. 17 Riscaldamento: Webasto 3500 e boiler separato Frigorifero: trivalente l. 150 Oblò n. 2 + 1 panoramico Heki Prezzo chiavi in mano: € 46.400 Maurizio Karra IL CLUB n. 85 – pag. 22 Ricordi di viaggio Girovagando da Salisburgo a Praga e da Wurzburg a Fussen, lungo la Romantische Strasse Quello di questa estate è stato il nostro (mio e della mia consorte, Gabriella) primo, lungo viaggio all’estero in camper. Posso affermare ch’è stato anche il nostro primo “vero” viaggio oltre confine, data l’enorme differenza con le precedenti esperienze preconfezionate, “all inclusive”, che non ci hanno mai consentito di conoscere approfonditamente i luoghi, di percorrere vie alternative, di modificare il programma all’impronta, di provare a condividere usi e costumi locali; in sintesi, di coltivare il gusto della strada e della scoperta. ceca” e tanto è bastato a tenerci di buonumore e a infonderci coraggio. Noi, peraltro, non siamo neppure riusciti ad individuare le persone giuste cui chiedere indicazioni; fatto assai anomalo per gente scolasticamente allevata studiando i “Promessi Sposi” di manzoniana memoria con relativi approfondimenti sul comportamento e sulla condizione psicologica di Renzo Tramaglino al suo arrivo nella sconosciuta Milano. In ogni caso, nel voler scrivere di questo nostro viaggio, considerando che altri sono bravissimi nell’illustrare i viaggi e nel corredarli di tutte le informazioni utili a potenziali futuri viaggiatori e che le località visitate sono note ai più, ho deciso di concentrare la mia attenzione solo sugli aspetti caratterizzanti della nostra esperienza, sebbene consapevole del taglio assai poco giornalistico del resoconto che segue. Il bel tempo Avevo letto una statistica sui fenomeni meteorologici nei paesi dell’Europa centrale, dalla quale emerge che il periodo di minore piovosità va da metà Giugno a metà Luglio. Ebbene, non potevo im- Un’immagine di Dinkesbuhl. In basso le Alpi Bavaresi a Füssen Premetto, ringraziando gli autori, che nel pianificare l’itinerario ho attinto a piene mani all’archivio del Club, stampando e portandomi dietro resoconti di viaggi risalenti a qualche anno addietro, che si sono rivelati utilissimi, attualissimi e persino consolanti. Cito, ad esempio, il nostro arrivo alla periferia di Praga e il traumatico vagare “all’urbigna” per circa due ore alla ricerca del camping (l’azienda produttrice del mio navigatore non commercializza la cartina della Repubblica Ceca): ci sono tornate alla memoria l’analoga esperienza e le considerazioni di altri circa il girare “alla IL CLUB n. 85 – pag. 23 Una pista ciclabile in territorio austriaco Nella foto Gabriella Bonsangue e il piccolo cane, Joy maginare che andasse meglio della statistica (in base alla quale piove meno, ma piove), centrando 25 giorni d’assoluta siccità, di cielo profondamente azzurro, di temperature diurne tipicamente mediterranee, fatta eccezione per trenta secondi di sbruffi d’acqua, pure piacevole dato il caldo, mentre percorrevamo Ponte Carlo a Praga e una pioggerella notturna, sempre durante la sosta a Praga. Probabilmente un clima così splendido, e così inatteso, ha contributo a lasciarci un ricordo particolarmente bello e gradevole, soprattutto della Baviera, che tuttora ci rende convinti di un nuovo viaggio in quella terra, da dedicare alla visita delle tante altre località che abbiamo dovuto tralasciare. Se ripenso alla quantità di giubbotti, scarponi, ombrelli, kway, maglioni, piumoni, che ci siamo portati dietro! Tutto inutile!. Solo sole, sempre sole e un caldo da siesta messicana nelle ore pomeridiane; e proprio grazie al bel tempo, abbiamo potuto sfruttare al meglio la nostra passione per la bicicletta, secondo elemento caratterizzante del ns. viaggio. In bici sulle piste ciclabili Come sempre, ci siamo portati dietro le nostre bici da passeggio, entrambe corredate da cestini e porta pacchi. Scelta rivelatasi utilissima. Già alla prima sosta in uno dei numerosi camping lungo la sponda orientale del lago Ossiacher (in Austria, nei pressi di Villach, qualche chilometro dopo la frontiera di Tarvisio), espressamente programmata per una pri- ma disintossicazione dallo stress da quotidianità annidato nelle nostre menti, abbiamo dedicato diverse ore alle escursioni lungo la splendida pista ciclabile che costeggia questo magnifico lago alpino dalle acque stranamente tiepide: ventiquattr’ore di pace, nel verde e nella quiete; pedalate tranquille in un paesaggio contrassegnato dagli alti monti circostanti, dalle case in legno su prati di perfetta erba rasata e pettinata, con balconi e finestre adorni di colorate composizioni floreali; soste rinfrescanti alle caratteristiche fontane in legno intagliato che costellano il percorso, dalle quali sgorga un’acqua limpidissima e fresca dal sapore antico. Un giorno è bastato a risvegliare pienamente le nostre capacità percettive; i colori sono divenuti vividi, gli odori dei campi penetranti, la gioia di vivere improvvisamente moltiplicata. E’ stato un bel modo d’iniziare il viaggio. L’uso delle bici è poi proseguito regolarmente in tutti gli altri luoghi visitati, traendone grandi benefici, per il fisico, per il notevole risparmio di tempo negli spostamenti, per la possibilità d’accedere ai centri storici, normalmente chiusi al traffico veicolare, per la rapidità con cui abbiamo appreso ”dal vivo” la toponomastica delle città . A Salisburgo, il camping “Nord Sam” dista dal centro circa 4,5 km; per raggiungerlo si percorre una frequentatissima pista ciclabile che nel primo tratto attraversa un ameno parco lungo un affluente del Salzach, popolato d’anatre e germani reali; quindi costeggia la sponda dello stesso IL CLUB n. 85 – pag. 24 fiume sino al centro della città, dov’è agevole posizionare le bici in una delle numerosissime rastrelliere. In circa 25 minuti (meno che con i mezzi pubblici) si arriva nel cuore di Salisburgo. A Praga, la distanza del camping dal centro della città vecchia è analoga. La pista ciclabile costeggia la Moldava e le rastrelliere non mancano e sono sempre tutte vuote. Infatti il problema vero, in quella città, è trovare un luogo adatto dove lasciare le bici, serbando buone speranze di ritrovarle, indipendentemente da accurate legature con catene e catenacci; un sistema l’ho sperimentato ed ha funzionato egregiamente. Se qualcuno è interessato, chieda e glielo rivelerò. Il Ponte Carlo a Praga Il camping Bannwaldsee, sulla sponda dell’omonimo lago, sito nei pressi del più mirabolante tra i castelli di Ludwig II (Neuschwanstein), dista da Füssen, principale centro urbano della zona, circa 6,5 km. La pista ciclabile attraversa splendidi campi e il borgo rurale di Schwangau, in un paesaggio spettacolare, contornato a sud dalle Alpi bavaresi. Il primo giorno di visita alla città ho legato le bici in una zona periferica, dimenticando nel cestino della mia le chiavi del camper e una guida del Touring Club; al rientro le ho ritrovate (in verità non sapevo neppure d’averle perdute) sebbene frattanto almeno una trentina d’altri ciclisti avessero parcheggiato nello stesso luogo: forse non le hanno viste ma sono più propenso a ritenere che semplicemente non abbiano voluto prenderle per quel senso di rispetto delle cose altrui che sembra pervadere le popolazioni locali. L’intera Romantische Strasse (circa 350 km da Wurzburg a Füssen) è percorribile in bicicletta, lungo piste all’uopo dedicate; è notevole la quantità di cicloturisti, tra i quali tantissimi ultrasettantenni, che abbiamo incontrato nel corso del nostro viaggio. Naturalmente andare in bici non è sempre uno spasso, per la semplice ragione che il mondo non è tutto piatto. Gabriella, in particolare, non è amante delle salite, eppure qualcuna ha dovuto affrontarla. A Wurzburg, ridente cittadina attraversata dal fiume Main, si è rivelata faticosa l’ascesa verso Mariemberg, fortezza dai possenti bastioni, dotata di 11 torri, che sovrasta la città dalla cima di una collina ricoperta di vigneti; nell’occasione è stata più Gabry a spingere la bici che la bici a portarLa; però, poi, che bella e agevole la discesa lungo il sentiero che attraversa le vigne e che splendida vista sul fiume e sulla città! Se avete voglia di abbinare, come noi, la bici al camper in modo metodico, non posso trascurare di mettervi sull’avviso circa le ulteriori complicazioni che potrebbero derivarvi dall’eventuale decisione di portarvi dietro anche un cane. Il nostro amatissimo Joy E’ ormai un inseparabile compagno della nostra vita e, quindi, dei nostri viaggi. Sebbene sappiamo di fargli affrontare, a volte, prove e percorsi per lui molto impegnativi, percepiamo chiaramente la sua netta predilezione per la nostra faticosa compagnia, piuttosto che per il riposo in solitudine sul camper. I nostri viaggi debbono quindi tenere conto, e fare i conti, con la sua presenza. La mia bici è attrezzata con un cestello sufficientemente capiente per contenerlo, ma sappiamo bene che è una sistemazione sgradita perché gli lascia poco spazio per i movimenti; se poi durante la marcia viene distratto dal mondo esterno e decide di mettersi in piedi ad abbaiare, il rischio di finire entrambi per terra cresce a dismisura. Eppure, finora non è accaduto e posso ben dire che Joy Il castello di Wallerstein ad Harburg e alcuni figuranti in costume medievale è ormai un ciclo-passeggero sufficientemente in grado di affrontare lunghi percorsi, a patto di una sosta di tanto in tanto per un’annusata e qualche schizzetto. Naturalmente questo non è l’unico problema: in molti luoghi il cane non può accedere (chiese, musei, sinagoghe, tram, autobus di linea, etc.) per cui si è costretti a fare i turni; solitamente prima aspetto io, poi Gabriella. Quello che potrebbe apparire normalmente un inconveniente perché sottrae tempo e costringe a visite individuali se non siete in compagnia di altri, spesso si rivela un vantaggio: quello di potersi godere, durante le attese, la strada, la gente, i negozi, e quant’altro vi capita attorno, specie se avete un cane talmente simpatico da attrarre l’attenzione dei passanti e da costringervi, vostro malgrado, a socializzare. A Praga, nel quartiere ebraico “Josefov” della città vecchia, mentre, seduto su un gradino, attendevo accaldato che Gabriella IL CLUB n. 85 – pag. 25 completasse la visita della Sinagoga Pinkasova e del cimitero, sono stato attorniato da numerosi turisti che volevano accarezzare il cane e fotografarlo; ritengo vi siano molte più foto di Joy in Giappone che a casa nostra. Naturalmente, qualche inconveniente in più lo si ha se il coniuge è uno spendaccione; in tal caso disarmatelo (o disarmatevi) da denaro e carte di credito prima delle lunghe attese! Ed è anche vero che, a volte, si rischia d’esagerare col tempo: come quando ho deciso, sempre a Praga, di fotografare l’interno e le vetrate della Cattedrale di San Vito (biglietto ad hoc con costo aggiuntivo per avere la possibilità di scattare foto liberamente) e di salire sulla torre, con i suoi 300 gradini circa, lungo una claustrofobica scala a chiocciola, per godere del panorama del Hrad, di Ponte Carlo, della città, dei tetti, dei contrafforti dell’immensa chiesa; tempo impiegato, circa 1 ora e mezza, con pazienza della mia consorte ridotta ai minimi termini. Per fortuna c’era il cane a tenerle compagnia! Qualche volta, poche in verità, approfittando dell’ideale ombreggiamento del camper o tenendo conto della specifica destinazione, abbiamo lasciato Joy a sonnecchiare: in quei casi la giornata è stata vissuta in modo meno sereno perché ha sempre aleggiato in noi la preoccupazione che potesse non star bene o che, percependo rumori dall’esterno, abbaiasse disturbando i vicini. E’ accaduto a Salisburgo quando, risalendo il fiume Salzach in battello, ci siamo recati al Castello di Hellbrunn, nel cui immenso parco sono state girate alcune scene del famoso film “Tutti insieme appassionatamente”, e ad Augsburg, quando siamo andati a visitare la Cattedrale e la Fuggerei (probabilmente il primo quartiere di edilizia popolare al mondo, risalente al 1514). Al rientro, Joy lo abbiamo sempre ritrovato sereno, si è sempre profuso in saltellanti festeggiamenti ma, passata l’euforia, ci ha puntualmente tenuto il broncio per qualche ora. In famiglia la sua presenza procura a tutti un rasserenante piacere e un inimmaginabile, per chi non l’ha mai sperimentato, benessere psicologico. Insomma, se viaggiare in camper è godibilissimo, portando con sé pure il proprio cane, è semplicemente fantastico e si ha sempre un buon soggetto per le foto: Joy a Salisburgo, Joy a Praga, Joy sul lago Ossiacher, Joy a Wurzburg, Joy a Fussen, Joy a Rothenburg, Joy a Dinkelsbulh, Joy al Castello di Wallerstein, Joy a Nordlingen, Joy nel cestello della bici, Joy con noi... E tra i tanti inusuali segni di civiltà, di cui purtroppo non rinveniamo traccia nel nostro Paese, in Germania abbiamo notato dinanzi agli ingressi di numerosi negozi delle vistose ciotole ricolme di acqua fresca a disposizione dei cani-passanti e ci ha commossi una vecchina a Praga che, vedendo Joy ansimare al sole, durante una delle attese di cui abbiamo riferito in precedenza, è uscita due volte da casa per portargli da bere senza proferir parola, con un sorriso. più a fondo ciò che, ad un primo sguardo, a volte mi appare insignificante. E’ provare a ricomporre armoniosamente le cose e i colori che mi circondano; è custodire un’emozione in un’immagine; è memoria dei luoghi visitati; è catturare e ibernare attimi di vita di altri. E’ rafforzamento della presenza delle persone che mi sono care. La cattura delle immagini comporta, inevitabilmente, alcuni inconvenienti pratici: portare uno zaino con l’attrezzatura e la macchina appesa al collo; cercare di convincere Joy a non strattonare proprio nell’attimo in cui stai scattando; fermarsi anche quando non si potrebbe, per non perdere una inquadratura o un’immagine accattivante; convincere Gabriella a lunghe attese, a continue soste, a tenere pacchi, bici, cane al guinzaglio, borse, per lasciare a me le mani libere. Insomma, è evidente e giustificato lo scarso entusiasmo di mia moglie per questa mia passione e devo ammettere che, tutto sommato, riesce ad essere davvero molto paziente. In ogni caso, la macchina fotografica è orpello inseparabile di tutti i nostri spostamenti e l’avvento del digitale ha finito col non porre limiti alla mia voglia di scatti, dato che ho trovato modo di sopperire alla cronica carenza di memoria informatica portandomi dietro un computer: di giorno scatto e la sera, sul camper, prima del giusto riposo, “scarico” le immagini. L’occasione più ghiotta in questo nostro viaggio è venuta dalla visita al Castello di Wallerstein, che domina la città di Harburg. Per fortunosa coincidenza, siamo capitati in quel luogo all’inizio dei tre giorni della con- sueta festa annuale del Castello, organizzata fuori e dentro le mura e caratterizzata da un’incredibile dovizia d’ambientazioni da pieno medioevo: i pregiati costumi dei numerosissimi figuranti di tutte le età, dai neonati agli anziani, tutti rigorosamente abbigliati con splendide riproduzioni di capi dell’epoca, curati fin nei minimi dettagli; l’accampamento sotto le mura con le sue tende multicolori, le spade, gli elmi, gli scudi, le spingarde, i cannoni, le balestre, gli archi, le armature, i cavalli bardati, le stoviglie, gli artigiani al lavoro per la forgiatura del ferro, per la realizzazione di scarpe, per la filatura della lana e la tessitura delle stoffe; le bancarelle per la vendita di prodotti tipici di quel tempo, pozioni miracolose comprese, e poi ancora i cavalieri, gli arcieri, i servi, i cuochi, i fornai, i macellai, gli osti. Nelle mani o alla cintura di ciascuno, un corno rivestito di peltro o un boccale, quasi mai inutilizzati, visto il notevole impegno di tutti gli uomini (molto meno delle donne) nel tracannare silenziosamente e continuamente fiumi d’ottima birra tedesca; persino un pessimo bevitore come me ne ha fatto largo uso, apprezzandone l’eccellente qualità senza alcuna conseguenza per l’apparato digestivo e per la sobrietà. Bevanda nazionale per eccellenza, la birra è, ancor oggi, prodotta in Germania da oltre 2.600 birrifici, secondo la legge di genuinità risalente al 1516; forse proprio questo è il segreto della sua bontà. D’altronde, ci hanno colpiti l’attenzione, la cura e il rispetto verso la natura che traspaiono dai luoghi che abbiamo visitato: campagne splendide, pun- La macchina fotografica E’ la mia passione; in molti casi la disperazione di Gabriella. Fotografare è per me tentare di guardare il mondo da punti di vista insoliti; mi costringe a penetrare Panorama di Praga IL CLUB n. 85 – pag. 26 teggiate solo da mucche al pascolo; panorami perfetti, mai disturbati da interventi inopportuni dell’uomo; centri storici chiusi al traffico assistiti da ampi parcheggi esterni alle cinte urbane; ad Augsburg, città di circa 230.000 abitanti, abbiamo pernottato in un immenso parcheggio all’interno della città (1,5 Km dal centro storico), dove l’unico problema è stato scegliere l’albero secolare più ombroso sotto cui sostare. Ancora due figuranti a Wallerstein Quale incredibile carrellata di volti, di personaggi, di abiti, di acconciature si è rivelata la festa di Wallerstein e quante opportunità di immagazzinare immagini! E’ stato un momento tanto inatteso quanto spettacolare del nostro viaggio e, vedendo i tedeschi all’opera, constatando la loro incredibile gentilezza, l’attenzione e la disponibilità riservata a noi, non semplici turisti stranieri, ma italiani, recenti vincitori a loro spese della tenzone calcistica mondiale (gli organizzatori della festa ci hanno fatti sistemare per la notte in un podere privato a circa trecento metri dal castello), stentiamo a credere che si tratti dello stesso popolo che circa 70 anni fa ha dato vita all’olocausto. Il campionato mondiale di calcio Germania 2006 Come dimenticare un evento che ha accompagnato la prima parte del nostro viaggio e che abbiamo vissuto fuori dai confini della nostra Patria, costretti a guardare gli incontri della Nazionale sulla TV austriaca prima e tede- sca poi, in quella lingua impossibile e con il tono deluso dei loro commentatori, del tutto in contrasto con il nostro entusiasmo! Eppure, dobbiamo riconoscere un atteggiamento sportivissimo del nutrito gruppo di tedeschi insieme al quale ci siamo ritrovati, in soli quattro italiani, ad assistere alla semifinale Italia-Germania, dinanzi ad un televisore piazzato sulla terrazza della reception del Camping “Nord Sam” a Salisburgo. Il tifo dei tedeschi, reso evidente all’esterno da migliaia di bandierine agganciate ai vetri di quasi tutte le loro automobili, ci è parso esuberante ma mai sopra le righe e tantomeno violento. La finale Italia-Francia l’abbiamo vissuta in terra tedesca, all’interno del camping “Kalte Quelle” (“Fonte Fredda”) di Wurzburg, guardando le immagini sul mio portatile sintonizzato su una TV tedesca; eravamo in pochissimi e ci siamo ritrovati ad ospitare una monumentale finlandese che ha fatto un tifo indiavolato, e per niente sportivo, per Zizù. Com’è finita lo sappiamo tutti. Avremmo voluto darci alla pazza gioia, ma non ci sembrava un luogo adatto agli eccessi; e così ci siamo limitati a brindare con “BecherovKa” acquistata a Praga, a mangiare ciliegie, macedonia di fragole e mirtilli e ad esporre sul cruscotto del camper una bellissima sciarpa azzurra con il tricolore e la scritta “ITALIA”, che abbiamo mantenuto anche nei giorni successivi, visto che i tedeschi non dismettevano affatto le loro bandierine. Più volte, per strada, ai semafori, ci siamo visti rivolgere sorrisi dai passanti e saluti con le mani in segno di vittoria: immigrati italiani o tedeschi poco amanti dei francesi? Chissà! Intanto noi siamo World Champions! Le fragole, i mirtilli e … Appena giunti in Austria, a Villach, mentre cercavamo un camping, ci siamo ritrovati ad attraversare un grande prato dove alcuni, con cestini in mano, raccoglievano quelle che, alfine, avremmo scoperto essere fragole. E’ un posto dove, anziché venderle belle e confezionate nelle vaschette, le fragole le offrono sulle piantine: basta prendere un cestino della dimensione preferita e mettersi a raccoglierle: il costo è di gran lunga inferiore ma è impagabile il piacere della passeggiata nei IL CLUB n. 85 – pag. 27 prati e della scoperta delle fragoline dietro le foglie. Appena attraversata la frontiera tra Austria (Freistadt) e Repubblica Ceca (Keplice), lungo la strada statale che conduce a Praga, donne appostate ai bordi, dietro piccoli tavolini, vendevano “boriuvcki” contenuti in barattoli di vetro. Presi dalla curiosità, all’ennesimo incontro ci siamo fermati: si trattava di dolcissimi mirtilli di bosco faticosamente raccolti uno ad uno, come il colore rosso della pelle delle loro mani testimoniava chiaramente. Sia a Salisburgo, che in tutte le città tedesche da noi attraversate, tra i banchi di frutta che affollavano i mercati, ciliegie succulente dalle dimensioni enormi facevano sempre bella mostra di sé. Sono i tre frutti (fragole, mirtilli e ciliegie) di cui abbiamo fatto autentiche scorpacciate durante tutto il viaggio, apprezzandone non soltanto le inusuali dimensioni ma anche il gustosissimo sapore. Ovviamente non ci siamo nutriti di sola frutta. La nostra attenzione è stata calamitata in particolare dalle innumerevoli qualità di wurstel, tutte veramente buone specie se condite con le tipiche salse tedesche prevalentemente a base di senape, e dalle patate a pasta gialla di produzione locale. Se apprezzate questo tubero, vi consigliamo, qualora vi troviate in Germania, di acquistarlo verificandone la provenienza dalle etichette (la tracciabilità dei prodotti là esiste davvero): ne scoprirete la bontà, in qualsiasi modo lo cuciniate. Finale Un viaggio ormai ultimato, affidato alla nostra evanescente memoria, torna prepotentemente a galla con tutto il carico di emozioni e sensazioni che lo hanno caratterizzato, se soltanto ci soffermiamo a rivedere una foto, un depliant o uno dei souvenir acquistati. E’ come se ricominciasse, come se non fosse mai finito; e al tempo stesso risveglia il desiderio di ripartire, di raggiungere nuove mete lungo strade mai percorse prima. Il viaggio è dentro di noi; è dentro tutti coloro che coltivano l’ottimismo di un mondo ricco di mille altri luoghi in cui ci si può sentire bene come nella propria terra e nella propria casa. F.sco Saverio Bonsangue In ricordo di Jacob Fugger Ritratto di una città, Augusta, e di un uomo lungimirante e generoso A ugusta Vindelicorum è una città della Baviera fondata nel 15 a.C. dall'imperatore romano Augusto, lungo la via Claudia. Oggi non rimane quasi traccia delle origini romane e la città, col nome tedesco di Augsburg, si presenta ai visitatori moderna e popolosa (circa 260.000 abitanti). Vi abbiamo fatto tappa nel corso del nostro viaggio lungo la "Romantische Strasse", dedicando gran parte del nostro tempo alla "Hoer Dom", la cattedrale le cui alte finestre della navata destra sono chiuse dalle splendide e più antiche vetrate della Germania, datate 1130, e quindi alla "Fuggerei", da tutti ritenuto il primo quartiere di edilizia popolare al mondo, costruito a partire dal 1514. Questa seconda meta della nostra visita ad Augsburg mi ha coinvolto emotivamente, al punto da indurmi a prendere con me stesso l'impegno di rendere omaggio, in qualche modo, ad un uomo - Jakob Fugger - poco noto quanto lungimirante e generoso, per ciò che ha saputo concepire e realizzare cinque secoli addietro é il cui lascito è più che mai attuale, efficiente e seducente per semplicità e armonia. E il modo migliore per mantenere la promessa, mi sembra proprio quello di raccontare dell'uomo e della sua realizzazione, approfittando delle pagine del periodico del Club, anche a costo di tediare qualche lettore. L'antefatto 500 anni addietro, pari a 88 centesimi di euro all'anno! Come allora, i portoni della cittadella chiudono dalle 22 della sera alle 5 del mattino e i ritardatari sono, come un tempo, soggetti a multe fino ad un massimo di 1 euro. La Fuggerei ha un'amministrazione propria e viene finanziata tramite il patrimonio dell'omonima Fondazione diretta tuttora dalla famiglia Fugger, senza aiuti statali. Anche la ricostruzione, dopo i notevoli danni subiti dal quartiere durante i bombardamenti del 1944, è stata curata esclusivamente dalla famiglia Fugger. La visita L'ingresso principale si trova lungo Jakoberstrasse e, varcato lo, è necessario munirsi di biglietto (2 euro per gli adulti). Subito a destra si trova uno slargo dove lasciare le bici, unico mezzo di locomozione che è possibile introdurre. La visita è libera, quindi senza accompagnamento, ma allo stesso tempo ben guidata da numerosi pannelli in tre lingue tra le quali l'italiano - sui quali è possibile leggere tutte le informazioni utili a comprendere ciò che si osserva. Il primo pannello, all'ingresso, invita i visitatori a rispettare la privacy degli abitanti della Fuggerei. In effetti, il silenzio e la quiete sono tali da indurre i numerosi turisti, noi compresi, a muoversi con cautela ed a misurare il tono della voce. Le casette hanno un aspetto pulito e ordinato e molte di esse sono ricoperte da piante rampicanti. La pulizia, il silenzio, Due immagini della Fuggerei di Augusta Jakob Fugger il Ricco, finanziere, fece costruire a partire dal 1514, un quartiere circondato da mura, costituito da 67 casette a due piani e da alcune singole, per un totale di 140 appartamenti, ciascuno di 60 mq. circa, che assegnò ai suoi concittadini cattolici caduti in povertà, per un affitto annuo simbolico di 1 fiorino renano e con l'obbligo per gli assegnatari di recitare tre preghiere al giorno - tra cui un'Ave Maria - per il benefattore e la sua famiglia. La "Fuggerei", come viene chiamato il quartiere dal cognome del fondatore, è oggi abitata per lo più da coppie di anziani che pagano lo stesso canone di locazione di IL CLUB n. 85 – pag. 28 l'uniformità architettonica, il colore pastello, la perfezione nella cura delle aiole, le decorazioni floreali dinanzi agli ingressi, le tende alle finestre, tutto concorre a suscitare un senso di armonia e di pace. naggi, che si aggirano per il quartiere abbigliati con leziosi e splendidi abiti; tra questi, il "Guardiano" del complesso, simile più ad un gran cerimoniere che ad un custode. Nei pressi della Fontana è ubicato anche il "Negozietto Meraviglioso" della "Fuggerei" ove è possibile acquistare piccoli gadget e nel cui caffè i visitatori trovano una mini biblioteca (purtroppo con testi solo in tedesco). All'interno del quartiere, la Chiesa Cattolica di St. Markus, realizzata nel 1582, è il luogo ideale ove gli assegnatari delle casette potevano e possono mantenere l'impegno delle preghiere quotidiane per la Famiglia Fugger; ciò che colpisce principalmente, visitandola, sono i massicci scranni e il tetto in legno a cassettoni nonché una iperprotetta cassetta delle offerte, anch'essa in legno massiccio, chiusa da quattro bei catenacci, mirabili opere di artigiani del ferro. Una figurante della Fuggerei La via centrale - "vicolo di mezzo" - è ornata, all'altezza della piazzetta, dalla fontana di Nettuno risalente al 1530. Nei pressi è allestito il Fuggerei Museum ove è ricostruita attraverso immagini, sculture, tavole, plastici, la vita di Jakob Fugger e la storia del complesso. Il percorso museale si conclude con la visita degli interni di una delle casette, perfettamente arredati con mobili d'epoca che hanno il potere di trasmettere al visitatore una palpabile sensazione di rivivere la vita e le abitudini di una modesta famiglia del '500. Dentro ogni appartamento sono appesi a una parete un ritratto di Fugger e l'ordinamento interno che regola la vita del quartiere. Accanto a ogni porta d'ingresso un ingegnoso campanello meccanico in ferro battuto trasmette il movimento con un sistema di leve che affondano in un foro nella parente; ciascun tirante è stato realizzato individualmente e presenta una forma diversa da tutti gli altri, presumibilmente per consentire agli abitanti di riconoscere al tatto la propria casa nei vicoli bui. Oggi la Fuggerei è rischiarata dall'ultimo impianto d'illuminazione a gas esistente ad Augsburg. Nel corso della visita ci siamo imbattuti in fantastici perso- Un altro scorcio del “quartiere” Considerazioni conclusive Visitare la Fuggerei e conoscerne le origini è stato come leggere una favola a lieto fine su un libro per fanciulli, corredato da immagini esplicative dai bei colori vivaci. In realtà si tratta d'una vicenda vera che ha coinvolto donne e uomini veri, uno ricco e famoso, altri poveri e anonimi, purtroppo non frequente nella storia dell'umanità. Quando guardiamo il mondo che ci circonda, non usiamo soltanto la vista: filtriamo ogni cosa con tutti i sensi, con la mente e con il cuore, forti d'un bagaglio che è la sommatoria del nostro vissuto: della stratificazione di esperien- IL CLUB n. 85 – pag. 29 ze, dell'educazione ricevuta, del temperamento individuale; e proprio perché non è solo con gli occhi che guardiamo, ciascuno finisce col "vedere" in modo differente da tutti gli altri, le stesse cose, le stesse persone, gli stessi accadimenti. Attanagliato dal dubbio di enfatizzare oltre misura ciò che ritengo d'aver veduto visitando la Fuggerei, a conclusione del mio personale omaggio provo a razionalizzare le ragioni della mia ammirazione. È sorprendente, innanzi tutto, che un uomo abbia deciso di dedicare buona parte delle proprie sostanze e del proprio tempo ad altri suoi simili meno fortunati e che i suoi eredi si siano presi cura per secoli, e si prendano cura ancor oggi, di questo lascito. E' sorprendente anche che il complesso sia stato realizzato nel pieno centro di Augsburg (il Duomo dista circa settecento metri); già dalle origini esso era perfettamente inserito nel tessuto urbano e ricompreso entro le mura della città, per cui non lo si può in alcun modo paragonare ai quartieridormitorio, in molti casi veri e propri ghetti, di cui sono piene le periferie delle nostre città; l'impostazione è semmai quella di una zona elitaria, curata e protetta. La realizzazione del complesso è, da un punto di vista meramente architettonico, decisamente apprezzabile, poiché coniuga semplicità e bellezza, proporzione dei volumi delle case e degli spazi comuni, colori coordinati e riposanti, quali l'ocra pastello degli intonaci, il rosso mattone dei tetti, il verde degli infissi e delle aiuole. Molti nostri contemporanei, impegnati nel progettare piani regolatori e sviluppo delle città (amministratori, ingegneri, architetti), avrebbero molto da imparare dalla Fuggerei che, oltretutto, s'integra benissimo nel contesto urbano attuale, non dimostrando affatto la veneranda età che ha (500 anni). Sebbene non si abbia modo di sapere con certezza se gli assegnatari delle casette del quartiere, succedutisi nei secoli, abbiano tutti e quotidianamente rispettato l'impegno di pregare per il loro benefattore, ritengo si possa ragionevolmente immaginare che, se esiste da qualche parte, dopo la morte, una residenza privilegiata, il signor Jakob Fugger ne è probabilmente uno degli abitanti. F.sco Saverio Bonsangue Una passeggiata per le valli Fra ameni centri storici e maestosi spettacoli naturali fra Trentino e Alto Adige L a sera del 18 agosto salpiamo da Palermo alla volta di Napoli. Dopo una traversata splendida, appena sbarcati, ci immettiamo direttamente in autostrada in direzione nord. La strada per il Trentino è lunga e il traffico estivo è molto intenso. Stanchi e stressati per la tensione accumulata nel lungo tragitto, finalmente arriviamo nel ridente paesaggio delle valli dolomitiche. Da qui ci sentiamo veramente immersi nel cuore del nostro viaggio. Possiamo cominciare a rilassarci per gustare in pieno la tanto sospirata vacanza. La prima tappa, prettamente tecnica, viene effettuata ad Avio, ridente cittadina della Vallagarina, che si trova proprio lungo l’autostrada del Brennero A22. Appena usciti, proprio a ridosso delle prime case, troviamo un tranquillo parcheggio, dove ci fermiamo per la notte, in compagnia di altri camper, nel frattempo sopraggiunti per il medesimo scopo. L’indomani ci svegliamo di buonora, riposati dopo una notte trascorsa nel silenzio totale, ormai quasi disintossicati già da ogni stress precedente e stimolati solo dal proseguire nel viaggio. Ci circonda un paesaggio affascinante, dominato dalla severa mole del castello dei Castelbarco, tipico esempio di fortezza medievale e dimora signorile, circondato da mura merlate e dominato dall’alto mastio del secolo XI; mentre, dalla parte opposta, incombono maestosi e brulli i monti che circondano la valle. San Michele all’Adige Prima meta del viaggio è San Michele all’Adige, centro della Valdadige, che raggiungiamo percorrendo ancora 63 chilometri dell’autostrada del Brennero fino all’omonima uscita. Nella parte alta del paese sorge il complesso costituito dalla parrocchiale di San Michele, antico sito rifatto in forme barocche nel 1687, e l’antica Prepositura Agostiniana, che risale al 1145, a seguito della donazione fatta dal conte Adalrico degli Appiano di Monreale, feudatari del tempo. Dal 1972 qui è allestito il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, uno dei maggiori istituti italiani di conservazione etnografica. In più di 40 sale sono esposti oltre 12.000 pezzi che rappresentano un’esauriente passerella delle tradizioni tipiche, sia come lavorazione artigianale del legno, del rame, del ferro battuto, della ceramica, dei tessuti, sia come usi locali legati ai costumi tradizionali, riti, musica e devozioni popolari. Sorprende veramente la completezza dell’esposizione. Si comincia dalle cantine, dove sono esposti gli utensili utili per la lavorazione della terra, in particolare per quanto riguarda la lavorazione dell’uva, per il settore caseario, con diverse forme in legno per confezionare il burro. Nei piani superiori vi sono diversi telai perfettamente conservati e sicuramente ancora funzionanti, e persino un’enorme sega per sezionare i tronchi. Quindi si sussegue un’inesauribile serie di oggetti caratteristici, dalle artistiche stufe in ceramica, agli abiti tipici della zona, ai gioielli e corredo di sposa, ai mobili, alcuni semplici e pratici, altri intarsiati o dipinti, a vari oggetti per uso quotidiano o legati alle tradizionali feste locali. Una sala del Museo della Gente Trentina di San Michele all’Adige L’attigua chiesa di San Michele è caratterizzata all’esterno da una bianca facciata, arricchita da un portale a due colonne, sormontato dalla statua del Santo, e da innumerevoli statue di santi e padri della chiesa, alloggiati in apposite nicchie. L’interno ad una navata, in stile barocco, è dominato dalla cupola carica di bianchi stucchi e da pannelli affrescati. Una visita particolare merita l’ex sacrestia, un ampio ambiente ric- IL CLUB n. 85 – pag. 30 camente decorato, dove sono custoditi mobili e oggetti di grande pregio. Fra Merano e Tirolo Mentre ci addentriamo verso nord, appare sempre più un ambiente prettamente tirolese, attraverso paesaggi incantati, dove predomina all’orizzonte il verde dalle mille tonalità nelle ampie foreste di conifere, chiazzate di tanto in tanto da piccole distese di un brillante verde chiaro. Attraversiamo piccoli borghi e casolari dai ripidi tetti spioventi e dalle facciate in legno, i cui balconi e finestre sono ornati da rigogliosi ciuffi di fiori dai mille colori e da bianche tendine ricamate. Come sono lontani dai nostri, questi paesaggi, dove sembra dominare il piacere della natura e dove aleggia in ogni angolo un senso di pace e di tranquillità! Ovunque è silenzio e colore, silenzio degli uomini e colore variopinto dei fiori. Verrebbe voglia di fermarci e restare un bel po’ a godere di questi posti incantevoli, dove veramente l’uomo si sente a contatto della natura nel senso più bello del termine, dove non fa paura la possanza dei monti che ci circondano, ricchi di folta vegetazioni, o che si scorgono più lontano all’orizzonte, nudi e grigi, primi lembi delle Alpi ormai vicine. Qui la natura sembra davvero essere amica, anzi sembra che faccia di tutto per offrire un ambiente ovattato e ridente, quasi volesse riconciliarsi con l’uomo, dimenticando i gravi scempi subiti. In questo contesto ambientale giungiamo a Merano, cinta da colline coltivate a vigneti e frutteti, posta all’incrocio tra la Val Venosta, la Val Passiria e la Val d’Adige, stazione climatica e termale di fama mondiale. Superati tutti i parcheggi segnalati, chiusi da inesorabili sbarre a due metri d’altezza, riusciamo a sostare nei pressi della Stazione Centrale. Imbocchiamo il corso Libertà, fiancheggiato da alberghi e ville sontuose, molte in stile Liberty di fine ‘800, attraversiamo la piazza del teatro, dominata dalla mole del Teatro Puccini, e penetriamo nel nucleo più antico e caratteristico della città. Via Portici Due immagini di Merano: in alto il Kurhaus, in basso la Villa lungo la Passeggiata del Lungo Passirio con un addobbo verde che ricorda la grande fama dell’Ippodromo cittadino Il castello di Merano ne è il cuore, stretta arteria fiancheggiata su entrambi i lati da bassi portici dove sono allineati negozi di ogni genere, soprattutto tipici del luogo, dal genere alimen- IL CLUB n. 85 – pag. 31 tare alle artistiche lavorazioni in legno. Superato il Municipio, attraverso la via Galilei giungiamo alla vicina piazza Castello, così nominata per la presenza del Castello Principesco. In parte nascosto dalle rigogliose fronde di alberi e tappezzato da edera e rampicanti, l’edificio non è una fortificazione, ma una residenza signorile risalente alla seconda metà del '400 in stile tardogotico. Destinato ai frequenti soggiorni del principe del luogo, vi dimorarono in particolari occasioni gli imperatori Massimiliano I e Ferdinando I. Rimasto sempre immutato nelle sue strutture, ma trascurato e spogliato nel secolo scorso, il castelletto venne acquistato nel 1875 dalla città di Merano, che dopo i necessari restauri, lo dotò di un arredamento con mobili d'epoca e opere d'arte che conferissero un assetto per quanto possibile conforme a quello originario. Ripresa la via Portici, giungiamo alla piazza del Duomo, dove sorge l’edificio sacro dedicato a San Nicolò, risalente al XIII secolo e ristrutturato e ingrandito a partire dal XIV e ultimato nel 1465. Esso presenta la facciata con un’inusitata merlatura a scala e un alto campanile, che con i suoi 83 metri è uno dei più alti dell'Alto Adige. Il Duomo è uno dei primi monumenti del Tirolo interamente in stile gotico; ha un interno a tre navate su alti pilastri cilindrici, che sostengono le ampie volte marcate da vistose nervature scure, che creano un elegante contrasto col bianco circostante. Nella sobrietà tipicamente gotica spiccano le ampie vetrate policrome, altari gotici lignei e statue di Santi, pure queste in legno. Tornati all’aperto, ci dirigiamo verso la zona più tipica della città termale fino ad incrociare la Passeggiata Lungo Passirio, sulla riva destra dell’omonimo fiume, con aiuole artistiche, palme e fantasiose statue composte di piante. Passiamo così davanti il Kurhaus, imponente edificio del 1919, simbolo per eccellenza della Merano termale, centro congressuale adibito a conferenze, esposizioni e concerti. Passata la notte nel parcheggio dell’ippodromo, su indicazione di un poliziotto “camperista”, il giorno dopo passiamo a Tirolo, piccolo borgo a neppure cinque chilometri da Merano. La disputa se sia stato il paese a dare il nome alla regione o viceversa risale al periodo medievale. Autentico gioiello di chiara impronta tirolese, sorge su una vallata di straordinaria bellezza. La sua storia antichissima risale a prima dell’arrivo dei romani, anche se i documenti più numerosi risalgono al XII secolo, in particolare al 1138, anno in cui ebbe inizio la costruzione del castello. La chiesetta di San Procolo a Naturno, attorniata dai meleti In basso la bianca sagoma del Castelbello La Parrocchiale di San Giovanni Battista a Tirolo Ci aggiriamo per le vie del paese, tra un negozio ed un altro, tra la visita della parrocchiale di San Giovanni Battista e qualche acquisto di oggetti in pelle, senza naturalmente trascurare il tipico ottimo speck locale. Camminiamo distratti, incuriositi dai grappoli di mercanzia esposta fuori, per strada, quasi alla mercé di ogni passante. Ogni tanto dimentichiamo persino di trovarci ancora in terra d’Italia, tale è diventata l’abitudine di leggere le insegne dei negozi e di sentire parlare in lingua tedesca chi ci passa accanto, soprattutto i più giovani. Sì, proprio ci sembra di essere stranieri nella nostra patria. Persino nei luoghi pubblici e nei negozi non solo avvertiamo il tipico accento marcato delle genti germaniche, ma notiamo che si stenta a parlare correttamente la nostra lingua. Ormai sembra che ci troviamo quasi in un enclave austriaca inserita nel nostro territorio. Persino la scritta “Polizia” è riportata nella duplice lingua. Unico conforto all’amor di patria ci viene dato dalla scritta Carabinieri sulla piccola casermetta o sulla fiancata della gazzella che incrociamo lungo la via. Sorridiamo soddisfatti, constatando che è l’unica parola che non sono riusciti a tradurre in tedesco. Osservando quei giovani nella tipica divisa nera, ci viene quasi di abbracciarli commossi e baciarli, figli della nostra terra: almeno loro parleranno italiano? La Val Venosta Da Tirolo prendiamo la SS.38 e ci dirigiamo verso Floresta, nell’intento di visitare la famosa Birreria Forst. Purtroppo possiamo solo passarci davanti, senza avere la possibilità di trovare un minimo spazio per parcheggiare il camper. Un po’ amareggiati da questa delusione, proseguiamo fino a Naturno. Siamo entrati nella Val Venosta, una delle più belle e famose dell’Alto Adige, dove si trovano notevoli opere pittoriche dell’epoca carolingia e le costruzioni più antiche della regione. Una di queste è la piccola chiesa romanica di San Procolo, piccola costruzione che si fa risalire all’VIII secolo, ricca di artistici affreschi all’interno e all’esterno. Circondato da smisurate distesi di meleti, il piccolo edificio sembra quasi una piccola chiesetta di campagna, come tante se ne vedono anche dalle nostre parti. IL CLUB n. 85 – pag. 32 Non riusciamo a distogliere gli occhi da queste forme, grezze ed artistiche allo stesso tempo, rese ancor più misteriose dal silenzio circostante e dall’ambiente agreste e solitario. Queste antiche pietre emanano un fascino particolare, al di là del significato sacro dell’edificio, aggiungono tanto di più, un valore storico ed artistico che ci portano ad un tempo molto lontano, quando lo spirito tendeva ad elevarsi in forme semplici verso la ricerca del soprannaturale. Castelbello dista appena nove chilometri da Naturno. Parcheggiamo nell’ampio parcheggio della locale stazione delle ferrovie della Val Venosta, giusto in tempo per il pranzo. Proprio di fronte vediamo la bianca sagoma merlata del castello del XIII secolo, che tentiamo di visitare subito dopo, ma che purtroppo si rivela chiuso e privo di ogni segno di vita. I vigneti del Tirolo, una costante della Val Venosta Ripresa la SS.38, giungiamo a Silandro, dove sostiamo nel parcheggio attiguo ai campi sportivi, con un bel prato verde nei pressi di un turbolento fiumicello. Capoluogo della Val Venosta, è un importante centro agricolo e località di villeggiatura estiva. L’abitato conserva antiche case merlate con caratteristici cortili e portici. Di particolare interesse si mostra la visita della parrocchiale dell’Assunta, imponente costruzione del 1505, più volte rimaneggiata, caratterizzata dall’ardito campanile, che coi suoi 97 m d'altezza è anche il campanile più alto del Tirolo. L’interno ad una navata,di chiara impronta barocca, è un tripudio di colori, che si manifestano negli stucchi e negli affreschi, che lo rivestono di leggiadra eleganza. Decidiamo di passare la notte qui, immersi nell’affascinante magia della vallata e incantati dalla visione di un tramonto dai colori pastello, che infonde ai nostri cuori una commozione inaspettata. Ripreso il cammino il giorno dopo di buon mattino, arriviamo alla ridente cittadina di Sluderno, amena località climatica ai piedi del monte Sole. All’entrata della Val Mazia spicca nel suo imponente candore il castello di Coira, costruito intorno alla metà del XIII secolo, dal 1504 proprietà dei conti Trapp, che lo posseggono tuttora. L’edificio è un complesso di fabbricati che si sviluppano attorno al cortile centrale con elementi architettonici romanici, gotici e rinascimentali. L’interno è riccamente arredato e di grande interesse storico ed artistico, in particolare la volta del loggiato al primo piano, con affreschi rinascimentali che raffigurano l’albero genealogico della famiglia Trapp e soprattutto l’armeria, tra le più grandi raccolte private del genere. La parrocchiale di Santa Caterina, in tardo stile gotico, conserva il campanile romanico a pianta quadrata con due ordini di bifore sormontate da un terzo ordine di trifore. L’interno a due navate è ricco di pregiate opere rinascimentali e barocche, in particolare nel presbiterio il monumento funerario della famiglia Trapp del 1578. Solo 2,5 chilometri lungo la SS 41 separano Sluderno da Glorenza, piccolo gioiello medievale della Val Venosta, che con i suoi 850 abitanti circa è la più piccola città del Tirolo e forse d’Italia. Le mura cittadine, risalenti al 1550, sono ancora intatte, con torrioni semicircolari e tre porte. Ci aggiriamo per le strade tra storici edifici, portici e cammini di ronda, in un ambiente veramente suggestivo. Sembriamo di essere tornati indietro di secoli, nel cuore del Medioevo, un periodo per noi ormai lontano, ma che qui sembra che viva ancora integro e vero, fondendosi senza stridori coi segni e- videnti dei tempi moderni. Fuori dalle mura, subito dopo avere oltrepassato l’Adige, sorge la parrocchiale di San Pancrazio, del 1481, dominato dal massiccio campanile trecentesco, ingentilito da due ordini di bifore ed uno di trifore, sormontati da una caratteristica guglia. Di grande effetto visivo è il pregiato affresco esterno che raffigura il Giudizio Universale del 1496. Proseguiamo il giro nella valle prendendo la SP 85 e, dopo neppure tre chilometri, giungiamo a Malles Venosta, il centro più grande e più interessante della omonima valle. Facciamo una breve visita della cittadina, in particolare la pregiata chiesetta di San Benedetto, risalente al IX secolo, con annesso campanile a monofore e bifore del secolo XII. Al suo interno si trova il più importante ciclo di affreschi d’epoca carolingia in Europa. L’Abbazia di Monte Maria a Burgusio; sotto la via dei Portici a Glorenza IL CLUB n. 85 – pag. 33 Curon Venosta e il Lago Resia In basso, artigianato tipico in legno dell’Alto Adige Panorama di Burgusio e della Val Venosta Ripresa la SS 40, dopo 5 chilometri, ci troviamo a Burgusio, piccolo centro sulle sponde dell’Adige, quasi allo sbocco della valle di Planol, località di villeggia- tura e di sport invernali. Il piccolo abitato e l’intera vallata sono dominati dalla biancheggiante mole, immersa nel verde dei boschi, dell’Abbazia di Monte Maria. Posto IL CLUB n. 85 – pag. 34 a 1333 metri è l’edificio benedettino più alto d’Europa, un complesso di costruzioni varie, giardini, fabbricati rustici e chiostri, in particolare la chiesa di Nostra Signora, risalente al secolo XII e rimaneggiata in forme barocche a partire dal 1642. Torniamo sulla statale 40 ormai diretti verso il vicino confine con l’Austria, dove contiamo di proseguire nella seconda parte del nostro viaggio. Costeggiamo la parte orientale del lago di Resia, un bacino artificiale a 1525 metri, ottenuto mediante lo sbarramento dell’Adige con una diga costruita negli anni 1947-1950 con lo scopo di fornire energia idroelettrica. La creazione di questo bacino artificiale determinò la scomparsa dei piccoli borghi della vallata, completamente sommersi e forzatamente spostati più a monte. Simbolo di questo tragico evento è Curon Venosta, oggi ridente cittadina turistica, posta in uno scenario fantastico di grande effetto pittorico, dominato dalla imponente mole del monte Ortles, che con i suoi 3905 metri rappresenta la vetta più elevata delle Alpi orientali. Muto testimone di un passato scomparso è la mole solitaria del campanile trecentesco della chiesa dell’antico paese, che sorge esile ed elegante dalle calme acque del lago, quasi un monito per le genti future di un ingiusto sacrificio compiuto in nome del progresso. Nonostante il paesaggio che ci circonda sia qualcosa di veramente fantastico, da lasciare letteralmente incantati dinanzi a tanto sfavillio di colori e ai lontani orizzonti, questo edifico modesto, mozzato e quasi sospeso, attira tutta la nostra attenzione. In un momento di commozione dimentichiamo di essere semplici turisti, che vagano spensierati alla ricerca di posti nuovi da scoprire, ma ci sentiamo semplici figli della terra e come tali ci sentiamo vicini alle tante famiglie che loro malgrado sono stati costretti a lasciare la propria casa per una beffarda scelta del destino. Il turismo è anche questo, è fatto anche di queste esperienze un po’ amare magari, ma che fanno comprendere meglio il significato della solidarietà umana. Enza Messina e Paolo Carabillò La fortezza sul mare In visita ad Augusta, centro normanno ma anche importante zona archeologica situata nello splendido golfo del mar Jonio C ittadina industriale situata nella parte settentrionale del golfo megarese, Augusta si estende su una penisola collegata alla terraferma da due ponti, dato che il sottile istmo che la univa alla Sicilia venne reciso nel 1607. Oltre i due ponti si è sviluppata la parte nuova della città in seguito al processo di industrializzazione degli ultimi anni. Probabile sede di un centro dipendente della vicina colonia greca di Megara Hjblea, Augusta e la zona del golfo megarese conobbero un progressivo abbandono a partire del III secolo a. C. , tanto che le prime notizie vere e proprie risalgono soltanto al XIII secolo, quando Federico II di Svevia decise di fame un importante centro militare e commerciale da contrapporre alla potenza di Siracusa. La fondazione del borgo iniziò con la fortificazione del porto e la costruzione del grandioso castello situato in prossimità della terraferma, oltre il quale si sviluppò lungo la penisola il resto dell'abitato che venne popolato rapidamente da numerosi profughi, provenienti dalle città distrutte dallo stesso re svevo e attirati ad Augusta dai privilegi concessi a chi avrebbe acconsentito ad abitarvi. Alla morte di Federico II il borgo passò a Giacomo d' Aragona. Nella seconda metà del '300 Augusta venne concessa in feudo ai conti Moncada, i quali, in un altalenarsi di signorie, la tennero fino al l 566, anno in cui fu restituita al demanio regio sotto il re Martino il giovane. Nel corso del '500 le continue incursioni turche avevano intanto reso necessaria la fortificazione delle difese costiere con la costruzione dei forti Garcia, Vittoria e Avalos e il rafforzamento del castello, mentre la loro sconfitta, avvenuta nel 1551, aveva favorito la ripresa delle attività commerciali del porto. La prosperità economica del centro fu interrotta dalla guerra combattuta dagli spagnoli contro i francesi nel 1676, che ebbe come conseguenza la parziale distruzione di Augusta e il danneg- giamento del suo sistema difensivo. Nuovamente distrutta dal terremoto del 1693, la città venne ricostruita ricalcando l'impianto a griglia ortogonale voluto da Federico II all'epoca della fondazione. Veduta aerea di Augusta La dilagante crescita edilizia ha purtroppo interessato, alterandolo, anche il nucleo antico, che tuttavia mantiene ancora l'originario impianto a scacchiera riconducibile all'urbanistica tipica dei cen- tri fondati da Federico il di Svevia. Visitando oggi la città, tra i monumenti riveste particolare interesse il castello svevo; ma numerose sono anche le chiese e i conventi degli ordini monastici della città edificati tra il '500 e il '600. Si entra nella città antica passando attraverso la Porta Spagnola, detta anche Porta di Terra, edificata nel 1681 in forme manieristiche e barocche in corrispondenza della cortina muraria settentrionale. Alla sua sinistra, al di sopra di un alto terrapieno, si staglia in tutta la sua imponenza il castello svevo, fatto costruire tra il 1232 e il 1242 da Federico II e circondato nel XVI e XVII secolo da una doppia cinta rinforzata da bastioni. Il corpo dell'edificio è costituito da un quadrato difeso da quattro torri angolari e quattro laterali; all'interno si trova un ampio atrio porticato dal quale si accede a diversi ambienti, alterati dai numerosi interventi che interessarono il castello nel corso dei secoli, tra i quali vi è stata anche l'aggiunta di un secondo piano e la trasformazione delle torri laterali. Poco oltre il castello, sulla sinistra, si entra nella villa Comunale progettata alla fine del XIX secolo, dove si trovano il palchetto Il castello IL CLUB n. 85 – pag. 35 della musica e il complesso composto di albergo, bar, arena e cinema Kursaal Augusteo. lunga balconata sulla quale sono collocati l'aquila imperiale sveva, stemma della città, e la meridiana che ricorda l'eclissi totale del 1870. Nel 1730, al secondo piano del palazzo, venne realizzato il teatro. Poco prima di porta di Torrevecchia, situata a conclusione di via Principe Umberto, si svolta sulla sinistra lungo il percorso dell'abbattuta cortina meridionale in via della Rotonda, dove si trova la chiesa di Santa Maria del Soccorso. Ad ogni mottu c’è lu contra Di figghiu masculu non ti ralligrari, né di fimmina rattristari. (Del figlio maschio non ti rallegrare, della femmina non ti rattristare). ‘Na dogghia in cchiù, ma chi sia masculu. (Una doglia in più, ma che sia maschio) * * * Di l’entrata si canusci lu palazzu (Dall’ingresso si conosce il palazzo) ‘Apparenza inganna (L’apparenza inganna) La Porta Sveva Usciti dai giardini pubblici s'imbocca via Principe Umberto, l'asse che attraversa il centro storico da nord a sud. Al suo incrocio con via Garibaldi, nell'angolo a sinistra, vi è la chiesa delle Anime Purganti, che presenta una movimentata facciata barocca con cancellata di ferro battuto e un interno a navata unica di forme classiche; la chiesa venne riedificata dopo il sisma del 1693. Nell'angolo destro s'incontra Palazzo Lavaggi (1865) e, proseguendo su via Garibaldi, le chiese di S. Giuseppe e dell' Annunziata (XVII sec.). Giunti in piazza San Domenico si può vedere il complesso conventuale dei Domenicani, la cui chiesa venne edificata nel '600, dopo l'incendio provocato dai turchi nel secolo prima, su una precedente struttura risalente al XIII secolo (il convento fu invece ricostruito nell'800). Dalla piazza si ritorna sull'asse principale dove, poco più avanti, si apre sulla destra piazza Duomo, con prospetto della chiesa Madre e del palazzo Municipale. Anche la chiesa Madre, dedicata a Maria SS. Annunziata, fu riedificata dopo il terremoto del 1693, per essere completata soltanto nel 1769 in forme barocche e classicheggianti. Il palazzo Municipale, sul lato nord della piazza, risale invece al 1699 e presenta una facciata a due ordini divisi da una Due immagini dell’area archeologica di Megara Iblea, vicino l’abitato di Augusta Di l’omu bonu ognuno n’apprufitta (Dell’uomo buono ognuno si approfitta) Guardati di la nisciuta di l’omu bonu (Guardati della levata dell’uomo buono) Nei pressi di Augusta si può inoltre visitare la ricchissima zona archeologica di Megara Hjblaea, una delle più antiche colonie greche della Sicilia, fondata nell'VIII sec. a.C. e fiorente centro nei due secoli successivi. Alfio Triolo IL CLUB n. 85 – pag. 36 * * * Di la jaddina nasci l’ovu (Dalla gallina nasce l’uovo) Di l’ovu nasci la jaddina (Dall’uovo nasce la gallina) Bivona: non solo pesche Una cittadina e la sua storia, il territorio e i famosi prodotti della sua terra B ivona (5.000 abitanti), centro agricolo, amministrativo e culturale dei Monti Sicani, sorge a 503 metri sul livello del mare e si trova nella parte più interna della Provincia di Agrigento. Il suo territorio si estende su una superficie di 8860 ettari e confina con i Comuni di Santo Stefano Quisquina, Palazzo Adriano, Alessandria della Rocca, Lucca Sicula, Cianciana, Ribera e Calamonaci. Attraversata dal fiume Magazzolo e dal fiume Alba, il suo clima è tipico della regione mediterranea con estati calde e inverni miti. Il settore portante dell'economia è rappresentato dall'agricoltura, nella quale prevale la coltivazione della pesca; a questa si aggiungono olive, mandorle, uva. Grazie ai moderni sistemi di irrigazione, il settore agricolo è considerevolmente aumentato nella sua produttività, così come in forte e- spansione è il comparto artigianale che comprende la produzione di mobili, divani, lavorazioni in marmo ed in ferro battuto, sculture ed oggetti in legno, piatti di terracotta, ricami e merletti ed infine le rinomate "sedie di Bivona". La cittadina, inoltre, rappresenta un centro amministrativo, economico e culturale di notevole importanza. Dal 1991 è sede del Corso di Laurea in Scienze Forestali ed Ambientali della Facoltà di Agraria dell'Università di Palermo. Il primo documento storico che riguarda Bivona risale al 1160, al tempo di re Ruggero II e dei suoi successori Guglielmo l e Guglielmo II. In tale periodo era un semplice casale abitato da popolazione musulmana che lasciò tracce evidenti nella fonetica, nel dialetto (hanea) e nella toponomastica locale (Giddia, Karnicola, Mailla, Canfuto). Divenuta nella seconda Il portale chiaramontano dell’antica Chiesa Madre IL CLUB n. 85 – pag. 37 metà del secolo XIII uno dei principali abitati del1a Sicilia centro meridionale, Bivona fu infeudata alla fine del Duecento. Risalgono a tale periodo l'antica Chiesa Madre, dal magnifico Portale gotico chiaramontano, e il Castello, che venne ricostruito nel 1359 dall' Ammiraglio Corrado Doria. Passata in feudo dai Chiaramonte ai Peralta e, all'inizio del Quattrocento, ai Luna, la città venne coinvolta nella contesa che nel XV e XVI secolo oppose quest'ultima famiglia ai Perollo e che si concluse nel sangue nel 1529 con il famoso Caso di Sciacca. Il secolo XVI fu per Bivona il periodo di maggiore splendore. Elevata a città ducale (1154), godette di una notevole floridezza economica e si arricchì di complessi conventuali e monastici, edificati dai numerosi ordini religiosi che si stabilirono nella città: il Convento dei Carmelitani, dei Domenicani, degli Osservanti, il Monastero delle Benedettine, il Convento dei Cappuccini, il Collegio dei Gesuiti ed il Convento degli Eremiti Agostiniani, che sorse nei pressi dell' antica Chiesa della Madonna dell'Olio. Nel 1812, abolita la feudalità, Bivona venne prescelta come capoluogo di Distretto, e dal 1818 al 1927 fu sede prima di Sottintendenza e poi di Sottoprefettura, divenendo un importante centro amministrativo per altri dodici comuni dell'entroterra agrigentino. A partire degli ultimi anni sessanta, la città è diventata sede di numerose scuole e centro di servizi della zona montana. La sua risorsa principale rimane l'agricoltura, con la coltivazione del pesco. Bivona ha diversi monumenti di notevole rilevanza artistica. Il Portale Gotico Chiaramontano dell’antica Chiesa Madre (XIV sec.) rappresenta il fiore all'occhiello dell'arte gotica in Sicilia. Il Palazzo Marchese Greco, del XVIII sec., elegante e ricco di fregi ornamentali nel prospetto principale, evoca alla mente il barocco siciliano. La Chiesa Madre, a navata unica, è tipicamente barocca; nel suo interno vi si possono ammirare un Crocefisso nero del XVI secolo e la statua marmorea del Cinquecento di scuola gaginiana, raffigurante la Madonna con il Bambino. La Chiesa di Santa Rosalia è molto conosciuta per la statua della Santa, scolpita, neJ 1601, dal sacerdote Ruggero Valenti. Altre chiese interessanti sono quella del Carmelo, con uno splendido portale, la Chiesa di San Paolo ed infine la Chiesa dei Cappuccini, particolare per la sua architettura semplice. In alto una suggestiva immagine del Municipio di iBvona In alto una tavolata di San Giuseppe, per il 9 1marzo In basso la tipica pesca di iBvona In basso un particolare del Palazzo marchese Greco Le feste che si svolgono ogni anno a Bivona sono sicuramente le migliore testimonianze del folklore tradizionale. Esse riflettono, infatti, un profondo legame ai costumi e la patrimonio del passato. Nel corso degli ultimi anni, si è assistito ad un ritorno alle tradizioni, che ormai sembravano essere cadute nell' oblio. Un esempio è dato dalla festa di San Giuseppe, che si svolge il 19 marzo di ogni anno: molte famiglie devote, "per grazia ricevuta", imbandiscono le tavolate adorne di tutte le specialità gastronomiche bivonesi. La festa padronale di Santa Rosalia è un altro esempio di grande kermesse: si svolge il 4 settembre di ogni anno con la processione del fercolo della Santa che viene ac- compagnato da bande musicali per le vie della cittadina e si conclude con i tradizionali fuochi pirotecnici. Per l'occasione si svolge, inoltre, una fiera paesana in cui numerose bancarelle vendono giocattoli ed oggetti utili per la casa; le vie principali del paese vengono addobbate con archi luminosi. Dal mese di luglio fino alla fine di agosto si svolge poi "l'estate bivonese": si tratta di manifestazioni di vario genere (spettacoli, rassegna teatrale, Premio Benemerenza, cinema all'aperto, calcetto, volley, tennis, gara podistica) che ogni anno vengono organizzate dal Comune. Tutti gli anni dal 1984 si svolge infine la Sagra della "Pescabivona", un appuntamento ricco di IL CLUB n. 85 – pag. 38 folklore, in cui si ha la possibilità di degustare la profumatissima "Pescabivona" una pesca unica nel suo genere e che rappresenta il prodotto principale dell' economia bivonese. Bivona vanta anche un'antica tradizione gastronomica, che consente di conoscere ed apprezzare i sapori freschi, genuini e semplici della cucina locale. Specialità gastronomiche bivonese sono la "Pasta Ncasciata", "la Pasta alla Milanisa", sfinci, cannoli, ravioli con la ricotta, cassata. Il gelato è prodotto con ingredienti freschi e genuini. Alfio Triolo Terza pagina Nell’editoriale al precedente numero del nostro bimestrale avevo scritto: “noi siciliani aspettiamo imperterriti e serafici che ci costruiscano “il” ponte, il “nostro” ponte, quello che dovrebbe unirci al “continente”, quello che dovrebbe evitarci le lunghe attese al ferry-boat a Messina o a Villa San Giovanni; che qualcuno dice essere inutile, qualcun altro addirittura dannoso...”. Tanti nostri soci sono stati stimolati dall’argomento: qui di seguito Maurizio Carabillò prova a tirare le fila sulle ragioni del si e quelle del no Quello che mi accingo a scrivere non è un articolo che voglia esprimere una mia personale opinione, al contrario vuole costituire lo spunto per intavolare un discorso allargato a tutti i lettori che vogliano esprimere un pensiero, un’opinione, una critica, ecc… Cercherò di essere obiettivo nel prospettare le ragioni del “si” e quelle del “no”. Vogliate dunque perdonare quei casi in cui trapeli la mia personale considerazione dell’opera. Iniziamo con il ricordare le principali caratteristiche del ponte: 3.300 metri la campata centrale 3.666 metri la lunghezza complessiva 60,4 metri la larghezza dell'impalcato 382,60 metri l'altezza delle torri 2 coppie di cavi nel sistema di sospensione 5.300 metri per il diametro di 1,24 metri la dimensione dei cavi 44.352 fili di acciaio per cavo 65 metri di altezza per 600 di larghezza il franco minimo centrale del canale navigabile 50 metri di altezza per 1.000 di larghezza il franco minimo laterale del canale navigabile Le dimensioni farebbero della realizzazione il più lungo ponte sospeso a campata unica del mondo. L’annosa storia della realizzazione si protrae, ormai, da anni. Addirittura c’è chi afferma che lo stesso Cavour avesse il sogno di realizzare un collegamento stabile tra Calabria e Sicilia. Passando a tempi più recenti, è nel ’68 che viene bandito il primo concorso internazionale per un collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia ed il Continente, nel ’81 viene costituita la società Stretto di Messina SpA e nel ’91 viene redatto il progetto di massima definitivo per il ponte a campata unica. Tra alterne vicende il progetto si trascina, quindi, per quasi un trentennio fino a subire un’accelerazione (più o meno di facciata, a seconda dei “gusti politici”) con l’ultimo Governo Berlusconi. Per onor di cronaca, bisogna dire che anche il primo governo Prodi era favorevole alla realizzazione dell’opera, come si può evincere dalla Direttiva del Presidente del Consiglio 23/1/1998 www.strettodimessina.it/ita/quadron ormativo/86_202_ITA_HTML.htm. Vediamo, adesso, di ricapitolare le principali questioni inerenti il ponte e la sua realizzazione: x Pro: Rappresenta un collegamento stabile, sarebbe un’opera prestigiosa per l’intera Nazione, porterebbe turismo, la sua realizzazione smuoverebbe l’economia di aree fortemente degradate, impatto estetico, riduzione dell’inquinamento nella zona dello stretto, tariffe di pedaggio più economiche di quelle dei traghetti, … x Contro: Problemi legati all’impatto ambientale, possibili infiltrazioni mafiose nella realizzazione dell’opera, impatto sulle rotte migratorie di cetacei e volatili, la carenza d’infrastrutture adeguate ai bisogni del meridione, impatto estetico, dubbi inerenti la resistenza ai sismi, possibili licenziamenti in seno alle compagnie di navigazione, … Iniziamo, quindi, a ragionare sui punti precedentemente illustrati, proprio dalle principali critiche mosse dai detrattori dell’opera. Sono stati prospettati dubbi sull’impatto ambientale per quel che riguarda, soprattutto, il materiale di risulta degli scavi di fondazione. Lo studio d’impatto IL CLUB n. 85 – pag. 39 ambientale, secondo il committente sembrerebbe fugare tali dubbi essendo stato approvato in ambito nazionale dal Ministero dell’Ambiente. Di contro, riferendosi al link del WWF (http://www.wwf.it/ambiente/dossi er/ElencoDossier.asp?nArgomento =63&nDossier=11), si riscontra la messa in mora dell’Italia per quel che riguarda proprio questo punto, avendo omesso il calcolo sulle zone di protezione speciale protette dalla Comunità Europea. Chi dei due ha ragione? E soprattutto, qualora avesse ragione proprio il WWF, il Ministero dell’Ambiente come avrebbe potuto fornire parere favorevole? Ed ancora, può essere che gli standard ambientali del WWF siano più “alti” di quelli previsti dalla corrente legislatura?...ed in tutto ciò la Comunità Europea come si colloca? Comunità europea che, novella “Ponzio Pilato” si lava le mani dal punto di vista politico non osteggiando ne appoggiando la realizzazione, salvo poi approvarla come naturale completamento del corridoio Berlino - Palermo. Come si vede il problema è più complesso di quel che, semplicisticamente, è possibile riassumere in poche pagine; ma con l’aiuto di quanti vorranno partecipare a questa iniziativa cercheremo di chiarirci le idee. Altro fattore da tenere in considerazione è quello inerente le possibili, probabili, infiltrazioni mafiose (http://www. uonna.it/noponte1.htm) nel periodo dei lavori. Il fattore mafia è da tenere in conto in relazione, non tanto per quel che riguarda “ehm…la protezione” fornita dalla mafia, quanto piuttosto la possibile imposizione alle ditte eseguenti il lavoro, di materiale scadente da comprare presso “…gli amici degli amici”. A quanti paventano tale prospettiva, i favorevoli al progetto, rispondono che le proble- matiche inerenti la mafia sono le stesse anche per tutte le altre grandi opere realizzate (anche il raddoppio ferroviario Pa-Me, l’autostrada Sa-Rc, … che i più vorrebbero create con “i soldi del ponte”); ciò non di meno, tali opere strategiche vanno realizzate per l’ammodernamento della nazione, anche a costo d’ingoiare qualche boccone amaro. Anche in questo caso, quindi, è lampante come la problematica assuma diversi risvolti a seconda da quale prospettiva la si guardi. In ultima analisi, sembra corretto ipotizzare che la soluzione giusta non esista, essendo fortemente legata alla sensibilità propria del singolo individuo per quel che riguarda i risvolti legali e pratici della questione. Passiamo ora ad un altro punto della presente trattazione, l’impatto sulle rotte migratorie di volatili e cetacei. Gli uccelli, durante i loro viaggi, prendono come punti rotta sia riferimenti naturali che quelli creati dall’uomo (campanili, laghi artificiali, assembramenti urbani,…). Anche in questo caso le note polemiche non mancano. C’è chi afferma che la natura è adattabile e che, allora, anche le dighe, i campi di pannelli solari, le centrali eoliche cambiano i punti di riferimento. Eppure nessuno si lamenta, anzi, queste sono considerate opere utili ed ecologiche. Ancora un problema è rappresentato dall’atavica carenza di strutture al Sud e, per quel che ci riguarda più da vicino, in Sicilia in particolare. In questo caso i fautori del ponte sostengono che l’iniziarne la costruzione ora, mentre i lavori sulla Sa-Rc e sul raddoppio ferroviario Pa-Me non sono ancora conclusi, è una scelta intelligente per avere, a convergenza, le diverse opere pronte nel medesimo istante. I detrattori, invece, sostengono che le risorse per il ponte possano venire più proficuamente indirizzate per il completamento dei già menzionati lavori in Calabria e Sicilia e, solo dopo si possa pensare di creare il ponte… «Si, ma i soldi del ponte sono dei privati, i quali investono sul ponte “credendo nell’affare” e non investirebbero in altre opere! »… «Ma lo stato è comunque garante e se questi investitori dovessero fallire, allora “cappello” pagherebbe lo stesso!». Insomma, ancora una volta la querelle è lungi dall’essere conclusa. Panorama di Messina In basso due immagini futuribili del Ponte IL CLUB n. 85 – pag. 40 Tra Cariddi e Scilla: sogno infantile o realtà (ora, ancora più virtuale)? Riprendo anch’io l’ininterrotto discorso sullo spirito di avventura dell’uomo, che si estrinseca massimamente con i viaggi. Dopo l’editoriale del nostro presidente che nello scorso numero ci invitava ad un confronto, riprendo sull’argomento un mio articolo dal titolo ‘Il Ponte’ (che per antonomasia è diventato quello sullo Stretto di Messina, e che dei viaggi è parte integrante) già pubblicato nel marzo del 1999 sul nostro giornale. Lo condenserò e vi aggiungerò alcune considerazioni dettate dalle nuove attualità. Santiago Calatrava, architetto e ingegnere dell’Adamillo, dice: ‘Costruire un ponte è un gesto simbolico. Il ponte scavalca un ostacolo, aggiunge energia al paesaggio’. Ma non solo. Heidegger dice: ‘il ponte raduna la terra come paesaggio intorno al fiume’. Esso unisce, solidarizza, in senso fisico, economico e sociale. E già Omero, sono quasi sicuro, fece pensare al suo Ulisse la necessità di un ‘ponte fermo’ per evitare le drammatiche insidie del femminile siculo gorgo profondo, ninfa Cariddi, e della reggina Scilla italica marina; di quell'inespresso pensiero, oggi si tramanda solo: ‘oh Scilla!’. E può essere il grido di sorpresa dell'Ulisse, al ricordo, avverato, della omerica predizione; o il palese sospiro di sollievo dei poveri siculi, veri Odissei, dopo l'interminabile viaggio di ritorno da Torino, Marcinelle (vivi o morti), Germania o Milano: finalmente a due passi dalla materna terra! Senza sospettare, i viandanti, che proprio da Scilla cominciava il lungo viaggio. Ebbene, nel 1969 fu bandito dall’Anas un concorso internazionale di idee per l'attraversamento dello Stretto di Messina. Tutti i progetti furono pubblicati dalla rivista Quattroruote che ancora conservo. Allora fui colpito dalle tante possibilità che offriva la tecnica, dai semplici tunnel interrati a quelli semigalleggianti e ancorati sul fondo, come quello recente della Manica; ma il maggior impatto emozionale oltre a quelli di Leonhard e Musmeci, fu l'elegante progetto del compianto architetto Gianluigi Nervi, che poi fu scelto. Tecnicamente basta rifarsi all’idea ponte partorita dalla intelligenza dell'uomo: una lunga liana ancorata ‘all'altra parte’ e solcata in equilibrio a piedi nudi; e poi via via, secolo dopo secolo, la seconda liana, e poi la terza a irrobustire il tutto e le successive a guidare e trattenere l’incauto. Con il tempo le liane diventano funi e si capovolgono le funzioni: le due superiori si trasformano in funi portanti che sostengono una base inferiore rigida calpestabile. I punti di ancoraggio nel tempo variano, da tronco di albero, da spuntone di roccia, da uno o più pali conficcati nel terreno, in strutture tipologiche aggiornate tecnologicamente perchè ad esse é affidato il compito di eliminare gli inconvenienti tipici del ponte sospeso, che sono essenzialmente le oscillazioni longitudinali, trasversali, o sincrone ondulatorie che si autoamplificano, e che devono esaurirsi, frenate opportunamente. In ciò ha sempre aiutato l’osservazione e l’esperienza, oggi coadiuvate da ineccepibili calcoli strutturali. Operata la scelta (le tipologie diverse dal ponte sospeso furono scartate per le condizioni orografiche del luogo e per le violenti correnti marine), si dice che dopo 37 anni di studi (!!!), ‘sono stati risolti tutti i problemi’. Leggiamo e condensiamo in poche righe il progetto presentato dalla Società Stretto di Messina, che fa capire ‘l'immenso e grandioso’, e che è stato ripreso, anche se modificato, dall’idea di Nervi. In ogni sponda, ci saranno due torri cave distanti 52 metri alla sommità, 78 alla base, dato che le due torri sono convergenti verso l’alto (Nervi invece le distanziava di 350 m. con cavi convergenti al centro dei 3300 m. per evitare lo svergolamento). Le due torri saranno interconnesse da tre fasce di 17 m., saranno ottagonali, alte 376 m., in acciaio (21 elementi di 17 m. e l’ultimo di 15), con base 16x12 m., dal peso singolo totale di 54.100 tonnellate, inserite ognuna per 25 m.i in una base cubica di 80.000 mȽ, poggiate su puntoni profondi anche 55 m. Alla sommità di ogni palo è prevista una sella di guida per una coppia di cavi portanti distanziati di 1,75 m. Ogni cavo, diametro 1,24 m., 42.000 tonnellate, lungo 5.070 m., è formato da 88 funi di 13,5 cm., 44.352 fili elementari di 5,38 mm in acciaio armonico (a base di silicio, come le molle, con carico di rottura di 17 Kg. per mm²), trafilato e zincato a caldo, sarà ancorato ai due lati, a circa 900 metri dagli stessi piloni (960 m. in Sicilia e 810 in Calabria), su due ancoraggi di 300.000 mȽ di cemento, calcestruzzo, ghiaia e zavorra. Quindi in totale avremo 4 torri e 4 basi, 4 cavi portanti e 2 blocchi di ancoraggio. In ogni cavo saranno inseriti ogni 30 m., i collari, con le funi verticali, i pendini, che a loro volta sostengono gli oltre 100 cassoni trasversali, sui quali sono poggiati i 3 cassoni longitudinali dell'impalcato, lungo 3176 m., largo 60,4 m., pesante 70.000 tonnellate. Questo avrà al centro un doppio binario monolitico per i treni, e di lato, dodici corsie, sei per ogni senso di marcia, suddivise per traffico leggero, pesante, di manutenzione ed emergenza. Per sicurezza, gli elementi strutturali sono duplicati; esso è dotato di tutte le possibili protezioni attive e passive concepibili attualmente: può resistere ad allungamenti di oltre un metro, a terremoti distruttivi di 7,1 gradi Richter per 40 sec., ai più violenti turbini, se non cicloni, non usi però nella zona, con venti fino a 270 Km/ora; l’impalcato non tocca le torri, potendo relativamente oscillare, con una frequenza propria diversa dai piloni e dal suolo. Una fune tesa crea una ‘freccia’ (un arco), tanto più lunga e pesante essa è; essendo l’impalcato a 70 m. dalla superficie del mare (per permettere il passaggio del naviglio), ed essendo le torri alte 376 m., la freccia risulta di oltre 300 m. Pensiamo solo un poco la tecnologia per attorcigliare i singoli fili dei cavi, la forza di trazione per distenderli, e/o sollevarli, il turbinio degli elicotteri, i martinetti per il sollevamento delle sezioni dei piloni, le navi officina, e la gestione per tutto il tempo della costruzione, dopo aver reso agibili in pieno le infrastrutture di ingresso/uscita dal ponte e mentre lo stretto rimane aperto al traffico. I detrattori sostengono che con l’attuale tecnologia, il ponte è da paragonarsi alla Torre di Eiffel, cioè a ferraccio; come costruire una Ferrari pesantissima per renderla a lungo affidabile. Certo sarebbe bello avere un ponte monolitico in sandwich composito in fibra di carbonio, kevlar e colle epossidiche, a nido d’ape o con funi in titanio con peso dimezzato, se non con fibra di tela di ragno (1000 volte più resistente del migliore acciaio). E si va affermando la nanotecnologia, nanotubi di carbonio a singolo atomo… Ma si pensa davvero che Eiffel avrebbe costruito la sua torre o i suoi ponti aspettando l’evoluzione degli acciai inox per evitarne la manutenzione? Sulla torre una squadra lavora da 2 secoli a riverniciare e a sostituire rivetti di ferro! Giuseppe Eduardo Spadoni IL CLUB n. 85 – pag. 41 Un’immagine aerea dello Stretto di Messina Per concludere questo primo assaggio, possiamo far riferimento al fattore estetico dell’opera. C’è chi pensa che il ponte deturpi il panorama dello stretto e c’è chi, invece, pensa che esso sia bello anche esteticamente, magari già fantasticando su foto e cartoline che inquadrino l’opera. Avete presente il ponte di Brooklin? Infine, ultimo, ma fondamentale tassello del puzzle è rappresentato dalla tenuta sismica dell’opera. Stando sempre ai dati forniti dalla concessionaria Stretto di Messina SpA, il ponte è progettato per resistere a scosse fino al 7.1 grado della scala Richter “…(più severo del devastante terremoto che colpì Messina nel 1908) e di affrontare, grazie alle proprie caratteristiche aerodinamiche, venti con velocità superiore a 216 Km/h…”. Di contro, spulciando un po’ in rete, sul sito WWF si legge:”… il progetto prende come riferimento il terremoto di Messina del 1908 (con magnitudo 7.1 Richter) quando i terremoti hanno raggiunto in varie parti del mondo anche una magnitudo di 8.9; inoltre nel progetto si prevede una durata delle scosse di 30 secondi quando in Italia si sono avute sequenze sino a 80 secondi (terremoto dell’Irpinia)…”. In questo caso, risulta utile considerare che, l’equivalente di una magnitudo 9 è pari all’energia rilasciata da 31,6 miliardi di tonnellate di TNT. Ora, in tal senso ed obiettivamente, appare immediato come nessun manufatto umano possa resistere ad una tale sollecitazione che comporta “…catastrofe; eventualmente un grande spostamento della superfi- cie terrestre”. Ma allora, non dovremmo costruire niente! Per quel che attiene altri dati oggettivi, bisogna ricordare le citate tariffe di attraversamento dello stretto. Prendendo ad esempio la tariffa solo andata per automobili che, ovviamente, rappresentano la maggior parte degli utenti. Secondo il sito della Caronte (www.carontetourist.it/caronteita/ Index.mvd), l’attraversamento dello stretto viene a costare 23.00 euro. Stando alle tariffe medie rilevate sul sito della Stretto di Messina SpA, la stessa tratta avrebbe un costo di appena 9.50 euro. Più ridotto il risparmio di chi viaggia in moto, 6 euro contro 5. In ogni caso, il risparmio in termini economici (che sono quelli che ci riguardano più da vicino) sono evidenti. Per quel che riguarda il traffico treni, seppur meno vicino alle nostre sensibilità di camperisti, anche in questo caso vi è un risparmio. Sia in termini economici sia di tempo il risparmio si riflette (o dovrebbe?!?) sull’utente finale. In particolare: “…è stato fissato il canone che RFI dovrà corrisponde- IL CLUB n. 85 – pag. 42 re alla Stretto di Messina per tale utilizzo a partire dall’apertura al traffico del ponte, prevista per il 2012. Tale canone è stato definito di comune accordo tra RFI e Stretto di Messina… in base alla tariffa attualmente in vigore sul traghettamento dei treni, maggiorata di un premio a fronte del grande risparmio di tempo nell’attraversamento dello Stretto con il ponte (oltre due ore) che determinerà un forte recupero di efficienza con conseguenti risparmi di costi ferroviari di esercizio. Pertanto il canone così come fissato non comporta un maggior onere a carico degli utenti finali. Inoltre, non rappresenta un costo aggiuntivo per RFI, in quanto sostituirà l’attuale costo per il traghettamento dei treni, e quindi non può condizionare le politiche di investimento al Sud del Gruppo Ferrovie…”. Altro dato incontrovertibile è quello inerente alla sensibile riduzione delle emissioni inquinanti. Sempre riferendosi alle ricerche in rete risulta, dai dati ufficiali del sito Caronte, come la cadenza giornaliera sia di ben 216 corse al giorno, cui vanno aggiunte quelle dei traghetti FS. Questo per 365 giorni l’anno ed anche in quei casi in cui i traghetti siano vuoti, o quasi. A questo inquinamento si aggiunge quello dovuto alle innumerevoli macchine che, in coda col motore acceso (per via dell’aria condizionata, cui nessuno specie in estate vuole rinunciare) aspettano l’imbarco. Infine, ma non meno importante degli altri punti, va considerato l’impatto sull’occupazione in seno alle compagnie di navigazione. Gli esuberi derivanti dalla costruzione dell’opera, infatti, con ogni probabilità determinerebbero un ricorso a forme di licenziamenti, cassa integrazione e prepensionamenti. E’ immediato l’impatto sociale che si verrebbe a creare. In definitiva, il ponte rappresenterebbe un’indiscutibile opera di avvicinamento della Sicilia al continente, a fronte della quale si dovrebbe scendere a compromessi sia di natura morale (leggasi infiltrazioni mafiose) sia sociali, sia ambientali. Per concludere, quindi, occorrerebbe discutere con serenità valutando pro e contro; senza preconcetti politici come - è questa la mia paura - sembrano avere i due poli nei palazzi del potere. Maurizio Carabillò Riflessioni Chi controlla il controllore? C i sentiamo più sicuri se siamo più controllati? Telefonini, videocamere, tracce su Internet, Istituti finanziari, carte di credito: sono strumenti a doppia valenza; mentre da un lato aiutano a vivere i nostri tempi, dall’altro minano fortemente la nostra privacy. C’è però un aspetto che non si deve sottovalutare. Se c’è stata un’accelerazione nell’interesse sui dati personali, ciò è dovuto senz’altro alla tecnologia che corre velocissima, ma anche al fatto che i dati personali sono diventati una merce interessante per il mercato. I dati possono essere usati a fini diversi. Se io prenoto un aereo e mi viene chiesto che tipo di menù desidero e se preferisco mangiare qualcosa di osservanza islamica, questa richiesta di sicuro porta immediatamente ad essere “incasellato” nella casella dei soggetti da guardare “con più attenzione”. Ma dobbiamo avere più paura della diffusione delle immagini, della propria foto che può andare in giro su Internet, delle informazioni sul proprio stile di vita, delle proprie abitudini, del pettegolezzo o del “Grande Fratello”, dello Stato, dell’Autorità che per ragione di sicurezza controlla tutti e tutto? Certo, in tempi di terrorismo globale, abbiamo bisogno della sicurezza globale che passa anche attraverso l’uso della tecnologia. Ma qual è il punto cruciale della battaglia alla riservatezza? Difendersi dalla diffusione abusiva dei nostri dati personali, della nostra immagine rubata ad ogni angolo di strada, in ogni esercizio pubblico, in ogni ospedale, in ogni banca, dalla diffusione abusiva commerciale o difendersi, in modo che si possa stabilire una soglia perché lo Stato non possa controllare sempre e tutto di me? Oggi stiamo assistendo ad una rapida progressione nella corsa al controllo totale in nome della L’angolo della poesia Poesia Bella, sublime e meravigliosa poesia. Riempi il mio cuore quando ascolto i tuoi versi, limpidi come l'acqua di un ruscello che scorre silenziosamente verso valle. A te attingono i puri di cuore, gli Angeli del cielo. Ti rivolgi agli umili, ai deboli, a chi al mattino apre i cassonetti dell'immondizia per cibarsi dei resti ormai in putrefazione, a chi è in ospedale da tempo, in attesa di una visita, a chi è abbandonato da tutti, a chi è in carcere senza risposta, a chi ama uno stile di vita sobrio e non ingombrante. Essi ti ascoltano perché sei la loro speranza, la loro liberazione. Non puoi rivolgerti a chi ama il profitto e il losco guadagno, a chi si arricchisce a danno dei poveri, al mondo della globalizzazione, a chi ha tanto interesse per la vanagloria personale, a chi calpesta la libertà degli altri e i loro diritti, ai falsi intellettuali. Essi restano indifferenti alle tue invocazioni, ma i deboli sono lì per cibarsi dei tuoi versi, delle tue parole di vera poesia. Ninni Fiorentino IL CLUB n. 85 – pag. 43 sicurezza. A Roma c’è un ospedale che sta sperimentando l’impianto sotto pelle di un piccolo microchip per l’individuazione delle persone controllabili a distanza. Non è fantascienza! Dobbiamo accettare che - qualsiasi sia la finalità - questi microchip possano essere accettati? Io ritengo di no. E… chi controlla il controllore? Luigi Fiscella Cucina in camper Maniche rigate con carciofi Ingredienti: 3 carciofi, 1 spicchio d’aglio, 20 olive nere, 2 bustine di zafferano, 1 mazzetto di prezzemolo, 400 gr. di pasta maniche rigate, 1 bicchiere di olio d’oliva extravergine, una spolverata di parmigiano reggiano, sale e pepe q.b. Preparazione: pulite e tagliate a fettine sottili i carciofi, uniteli in una padella con l’olio d’oliva, l’aglio, le olive snocciolate, il prezzemolo, il sale ed il pepe. Fate cuocere con coperchio (se dovesse asciugare, aggiungete mezzi bicchiere d’acqua). Fate cuocere la pasta al dente, facendola saltare insieme al condimento per alcuni minuti. Aggiungete abbondante parmigiano. Frittata piccante Ingredienti: 5 uova, 100 gr di salame, tritato, 100 gr di caciocavallo fresco, olio d’oliva extravergine, pangrattato, sale e pepe q.b. Preparazione: amalgamare le uova al pangrattato, aggiungendo sale e pepe. Tagliare a dadini il salame ed il caciocavallo. Fare riscaldare una padella con l’olio, versandovi quindi il composto d’uovo. Appena si addensa un po’, versarvi salame e formaggio, girando la frittata su se stessa non appena cotta dal primo lato. Servire calda. Enza Messina Internet, che passione Buon Natale! Ma è buono anche per la Rete? G ià un paio d’anni fa questa rubrica aveva cercato di scoprire che tipo di sentimento governasse Internet nel periodo natalizio. Abbiamo cercato di farlo anche quest’anno, ma la musica non sembra cambiata, infatti l’anima commerciale che sembra ormai predominare nel funzionamento dei motori di ricerca, porta inevitabilmente a pensare che, anche questa volta, l’occasione sia buona per ogni tipo di commercio e business. Il più classico degli auguri e cioè “Buon Natale”, inserito nel campo di ricerca di Google, restituisce 1.630.000 risultati mentre, inserito come valore di ricerca per le immagini, restituisce 7.430 tra foto e disegni, solo per la ricerca su siti in lingua italiana. Tra le pagine web è predominante la presenza di cartoline virtuali, cioè quelle asettiche mail con immagini natalizie da spedire ad un altrettanto asettico gruppo di corrispondenti che è ormai così grosso che non sai più chi c’è dentro, magari con la musichetta midi di sottofondo che si ripete continuamente, ma con l’immancabile banner pubblicitario che spesso sponsorizza un sito non esattamente in tema. E poi pagine dove si può imparare a dire Buon Natale in tutte le lingue del mondo, siti specializzati nella vendita di addobbi natalizi, dvd e cd musicali, blog per- sonali di individui che “remano contro” e addirittura alcuni dove si possono copiare frasi augurali per “SMS natalizi”, tutti naturalmente e generosamente provvisti di pubblicità! Insomma, escludendo quelle poche pagine destinate ai più piccoli e contenenti fiabe e storie sul Natale, chiaramente sponsorizzate anch’esse, tutto è rigorosamente schematizzato e commercialmente realizzato. Stranamente al primo posto tra le immagini è invece quella estratta da un forum rivolto agli amanti di orologi antichi: una foto di quattro “mamme” natale, vestite quasi unicamente da una striminzita mantellina, usata per gli auguri ai partecipanti al forum! Pensate voglia fare il moralista? Spero di no, forse mi sono solo alzato dal lato sbagliato del letto! Però, pur essendo uno costantemente in dubbio, che da sempre si interroga sulle cose di religione, ho sempre ritenuto positiva e indispensabile l’atmosfera che riguarda la natività: si tratta di un intenso e magnifico momento di aggregazione e tale dovremmo sforzarci di mantenerlo e tramandarlo, alla faccia degli sponsor! E poi, come meglio avrei potuto farvi sentire la mia sincerità nel farvi gli auguri? Buon Natale, a tutti voi. Giangiacomo Sideli Musica in camper Ha inizio da questo numero una nuova rubrica, al cui interno segnaleremo l’uscita di nuovi CD di varo genere musicale, tutti più o meno in grado di tessere la colonna sonora delle nostre vacanze in camper o di darci ispirazione tra le pareti di casa mentre magari lavoriamo a un progetto di viaggio. Tra la musica adatta per sognare e rilassarsi segnaliamo prima di tutto Divenire, il nuovo splendido CD di Ludovico Einaudi, compositore dedito alla musica da camera e alle colonne sonore di opere teatrali e di film; si tratta di 12 brani che, sull’onda del magico suono del pianoforte, accompagnano in un crescendo di emozioni attraverso un universo musicale che fa breccia nell’anima, inducendo al relax e alla ricarica mentale e fisica. Particolarmente adatto a divorare chilometri senza avvertire la fatica o per rigenerarsi dopo una giornata di duro lavoro. E’ uscito da poche settimane, inoltre, il nuovo album di Laura Pausini dal titolo Io canto, che è un pregevole omaggio alla canzone italiana; la splendida voce della cantante, dopo tredici anni di successi ininterrotti e la recente vittoria del prestigioso Grammy a Los Angeles, ci regala nuove emozioni reinterpretando una selezione di brani scelti tra i maggiori successi italiani, che vanno da “Io canto” di Riccardo Cocciante a “Il mio canto libero” di Lucio Battisti a “Strada facendo” di Claudio Baglioni, per citarne soltanto alcuni. Adatto per i momenti in cui ci si sente giù di tono o per accompagnarci in una lunga trasferta di viaggio. Ma dato che siamo in clima natalizio, segnaliamo anche il nuovo album EP di Enya, dal titolo Sounds of the season, una raccolta di 6 brani dal sapore natalizio che vanno da Adeste fidelis a Silent night, interpretati secondo le auliche sonorità dell’artista irlandese, famosa in tutto il mondo per il suo stile morbido e rilassante. Adatto per creare la giusta atmosfera nel corso delle festività natalizie, sia che vi troviate tra le mura domestiche che tra le pareti del vostro camper, magari circondati da una spessa coltre di neve. Buona musica a tutti! M.F. IL CLUB n. 85 – pag. 44 News, notizie in breve Il decalogo dell’ACI Dieci proposte per modificare il rapporto tra lo Stato e gli automobilisti. Lo ha lanciato il presidente dell'Auto-mobile Club d'Italia, Franco Lucchesi, nel corso della 62ma Conferenza del Traffico e della Circolazione di Riva del Garda, sottolineando come sia importante orientare lo sviluppo della mobilità in modo responsabile, con il rispetto per l'ambiente: l'uso dell'auto, per i cittadini privi di alternative valide al mezzo proprio, non è un capriccio, ma una necessità incomprimibile. Il "decalogo" vuole essere il contributo che l'Aci offre alla riflessione dei Parlamentari, nella ricerca di soluzioni compatibili e condivise, alternative a quelle finora delineate nella Legge Finanziaria. In particolare l'Aci propone: al primo punto la riformulazione dell'imposta di proprietà in ragione delle emissioni inquinanti. L'esenzione triennale dalla nuova imposta per l'acquisto di vetture euro 4 nuove ed euro 3 e 4 usate, nonché di vetture a metano, Gpl, ibride, purché contestuale alla rottamazione di auto euro 0, 1 o 2. La seconda richiesta dell'Aci consiste in un contributo fino a tremila euro, limitato ad un biennio, per la rottamazione di vetture da euro 0 ad euro 2 dietro l'acquisto di auto euro 4 o di vetture nuove a metano, a gpl ed ibride, riservato ai possessori di reddito fino a 40mila euro. Inoltre, l'abolizione dell'imposta di trascrizione sostituita da una quota dell'imposta di proprietà, destinata alle province. La sterilizzazione dell'Iva sulle accise dei carburanti o modulazione delle accise in funzione dell'andamento del prezzo del greggio, con meccanismi rapidi di trasferimento del prezzo alla pompa. Sesto punto: ristrutturazione del sistema di distribuzione carburanti, per allargare la gestione delle stazioni di rifornimento anche da parte della grande distribuzione commerciale. Settimo punto: introduzione del sistema di risarcimento in forma specifica da parte delle Compagnie di assicurazione. Ottavo: aumento delle sanzioni per le frodi assicurative con condanna a risarcimenti da destinare in un fondo destinato a ridur- re i premi degli assicurati più meritevoli. Al nono punto viene posta l'applicazione dell'art. 7 del Codice della Strada con predeterminazione della quota di proventi da contravvenzioni da destinare ad interventi per la mobilità e sicurezza. Infine, decimo punto del programma, l'addizionale sugli importi delle sanzioni nei casi di infrazioni più gravi al CdS e destinazione delle somme al finanziamento dei programmi previsti dal Piano Nazionale della Sicurezza stradale. In crociera tra i ghiacciai dell’Antartide Un’idea originale e senza dubbio di grande fascino per un viaggio invernale, una volta tanto senza camper: il tour operator Equinoxe invita a vivere la magia di uno scenario unico fatto di fiordi e ghiacciai alla scoperta dell’Antartide. L’offerta prevede una crociera della durata di 11 giorni a bordo della motonave da spedizione Orlova. Il viaggio si rivela quindi una esperienza dai contorni straordinari a contatto con foche, orche e migliaia di pinguini in un prezioso habitat naturale ai confini del mondo. La spedizione prevede arrivo e sistemazione a Buenos Aires con possibilità di visita e serate a tema nei primi due giorni. Il terzo giorno ci si dirige verso la Terra del Fuoco argentina, ad Ushuaia ove è possibile effettuare una visita guidata del Parco nazionale. Il giorno seguente ci si imbarca sulla nave Or- IL CLUB n. 85 – pag. 45 lova in direzione dello stretto di Drake. In caso di condizioni metereologiche favorevoli, la crociera prosegue verso le isole Shetland del Sud. Il capitano e il capo della spedizione valuteranno in base alle proprie esperienze se procedere verso le isole Melchior e visitare con i gommoni le isole Cuverville e Port Lockroy abitate da migliaia di uccelli marini. Da qui, ghiaccio permettendo, è possibile navigare attraverso lo splendido canale Lemaire costituito da uno scenario di picchi rocciosi e ghiacciai. L’ultima giornata prevede la navigazione e lo sbarco sulla Terra del Fuoco. La quota individuale di partecipazione parte da euro 5.200,00. Partenza speciale 9 dicembre 2006. Sono disponibili anche altre partenze. È importante tenere conto che le spedizioni in Antartide sono effettuabili solo nell’estate australe, da fine novembre a inizio marzo. La quota include i voli Italia/Buenos Aires/Ushuaia in classe economica, la sistemazione a bordo di Orlova in cabina doppia a pensione completa, visite ed escursioni con i gommoni, pernottamento in Hotel ad Ushuaia la notte antecedente all’imbarco su Orlova, visite ed escursioni come da programma, trasferimento e trasporto bagagli dall’Hotel al porto d’imbarco a Ushuaia; tasse portuali; informazioni pre-crociera in inglese e al rientro CD del viaggio. Per informazioni e prenotazioni è possibile contattare Equinoxe al numero 02.2906.0242 o alla E-mail [email protected] o ancora visitare il sito Internet www.equinoxe.it. Nasce a Catania CineSicilia Sulla base di un progetto della Regione Siciliana e Rai educational, è nata a Catania la Cine Sicilia srl, la società della Regione che si occuperà della promozione e della valorizzazione dell'attività cinematografica e dello spettacolo dal vivo nell'Isola, compresa la produzione di audiovisivi destinati alla distribuzione cinematografica e televisiva. A presentarla, il 29 ottobre u.sc., è stato l'assessore regionale ai Beni culturali, Lino Leanza, assieme al direttore di Rai Educational, Giovanni Minoli, il direttore generale del dipartimento per le Politiche di sviluppo e coesione, del ministero per lo Sviluppo economico, Alberto Versace, e la produttrice Elda Ferri. "Creare occupazione, destagionalizzare i flussi turistici e promuovere i luoghi della Sicilia sono gli obiettivi che ci interessa raggiungere - ha detto Leanza supportando le produzioni che decideranno di utilizzare un set naturale come quello che la nostra regione è capace di offrire". Il pacco dono 2007 T.C.I. Piccole città, borghi e villaggi del nord Italia: a questo è dedicato il primo di tre volumi (il secondo sarà dedicato nel 2008 al centro Italia e il terzo nel 2009 al sud) di una collana che, appunto nel giro di tre anni, riceveranno in omaggio tutti i soci del Touring Club Italiano col rinnovo della propria quota associativa. Il volume di quest’anno tratta di un centinaio di piccoli centri delle otto regioni settentrionali, “piccole città d’autore” accanto ai maggiori centri urbani dal punto di vista monumentale e artistico. Ma il pacco 2007 del TCI contiene, oltre alla solita Agenda e al Manuale con l’elenco dei servizi e delle agevolazioni per i soci, anche il primo volume (dedicato all’Italia) del nuovo Atlante Geografico del Touring, un’opera completa e aggiornata che comprende la più dettagliata ed esauriente cartografia sia a livello fisicopolitico che tematico. Gli altri due volumi dell’Atlante, dedicati rispettivamente all’Europa e ai continenti extraeuropei, saranno presenti nei pacchi dono del 2008 e del 2009. La quota di iscrizione è quest’anno di 93,00 euro compreso il servizio assicurativo di assistenza stradale per veicoli fino a 35 quintali di peso complessivo (quindi compreso il camper); di 208,00 euro per l’iscrizione triennale 2007-2009. Sicurezza stradale: Italia promossa, ma... Dei Paesi dell'Unione Europea l'Italia è tra quelli che ha ottenuto i migliori risultati per ridurre la mortalità sulle strade. Nel quinquennio 2001-2006 la riduzione delle vittime della strada supera la media di tutti i 25 Paesi comunitari (-27,6% rispetto ad una media UE del -25,2%). E' quanto è emerso dalla tabella sull'andamento degli incidenti mortali pubblicata dalla Comunità Europea in occasione della Quarta Conferenza sulla Sicurezza Stradale che si è tenuta ai primi di novembre a Verona, alla presenza del commissario UE ai Trasporti, Jacques Barrot, e del nostro ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi. Secondo quanto riportato nella tabella, il Paese che ha registrato la maggior riduzione degli incidenti mortali negli ultimi anni è stato il Portogallo (-41,2%), seguito dalla Francia (-41,8%), dal Lussemburgo (-38,3%), quindi dalla Danimarca (-35,3%), dalla Finlandia (-33,3%), e ancora dal Belgio (-33,1%) e dall’Austria (31,7%). Meno incoraggiante il risultato soprattutto nei Paesi che sono entrati nell’Unione negli ultimi anni, dove il recente sviluppo economico è stato accompagnato da una crescita esponenziale del parco circolante: per Bruxelles i risultati sono stati solo "sufficienti" in Repubblica Ceca (-22,7%), in Estonia (-19,1%), Polonia (-12,8%), Slovacchia (-15,5%) e Cipro (-10%) e addirittura mediocri in Ungheria (-4,1%) e Slovenia (-2,4%). La maglia nera spetta infine alla Lettonia e a Malta, dove i morti sulle strade sono perfino aumentati (rispettivamente del 10,6% e del 8,3%) negli ultimi cinque anni. Dati, questi, che servono anche a noi per capire qual è la sicurezza sulle strade dei Paesi che visitiamo in camper nel corso dei nostri viaggi. IL CLUB n. 85 – pag. 46 Nel 2001 l'UE si era data l'obiettivo di dimezzare gli incidenti fatali sulle strade entro il 2010, passando da 50.000 a 25.000 morti l'anno. Nel 2005-2006 sono stati 37.691, e mantenendo il ritmo attuale per la Commissione nel 2010 scenderanno a 26.008 (-48% rispetto al 2001). Secondo Barrot 'quota 25.000' è un obiettivo "ambizioso ma raggiungibile". Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, l'Italia resta comunque al secondo posto nell'Ue per numero di morti in termini assoluti: 4.844 l'anno, preceduta solo dalla Germania (5.001) che ha una popolazione molto più numerosa. "Gli interventi fino ad ora adottati - ha detto il ministro Bianchi - si sono dimostrati poco efficaci per cui l'obiettivo UE di ridurre del 50% il tasso di mortalità sulle strade entro il 2010 è difficilmente raggiungibile. A livello UE si dovrebbe raggiungere il 35% mentre in Italia si dovrebbe passare da 5mila vittime a 3.500 anziché 2.500". Al via il progetto Medins La promozione e la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale delle regioni euromediterranee sono gli obiettivi del progetto Medins - Identità e futuro, presentato al museo regionale archeologico Salinas di Palermo il 20 novembre u.sc. Al progetto, di cui è capofila l'assessorato ai Beni culturali della Regione Siciliana, partecipano altri 18 partner provenienti, oltre che dall'Italia, anche da Portogallo, Spagna, Grecia, Malta, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto e Libano. Medins raccoglie in maniera innovativa le metodologie di implementazione dei maggiori orientamenti internazionali delle politiche culturali. Tra le prime azioni previste, la definizione di un sistema di certificazione internazionale, di un logo e di un marchio di qualità, e la realizzazione del sito internet. Medins, infine, prevede anche l'attivazione di processi di spettacolarizzazione della cultura immateriale, tra cui la realizzazione di un evento artistico multidisciplinare previsto all'interno del mercato storico della Vucciria di Palermo; lo spazio fisico del mercato storico diverrà il palcoscenico della rappresentazione interdisciplinare, un vero set dell'identità culturale mediterranea, delle sue diversità e delle sue radici comuni. L’ultima parola di Giangiacomo Sideli