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21 Corriere Fiorentino Mercoledì 30 Novembre 2011 FI Culture Il cinema indiano che guarda a Tagore. E non chiamatelo Bollywood Firenze e l’India, un legame di celluloide che ogni anno si rinnova grazie al «River to River», il festival che dal 2 all’8 dicembre porterà al cinema Odeon una nutrita selezione di film indiani. Diretto con passione da Selvaggia Velo, il festival ospiterà per la sua undicesima edizione una retrospettiva dedicata al poeta, scrittore e filosofo Rabindranath Tagore (primo non europeo a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1913) dai cui scritti il più grande regista indiano di sempre, Satyajit Ray, ha tratto alcuni dei suoi film migliori, come «The Home and The World», «Hungry Stones» e «Three Daughters». Tra i numerosi titoli in programma, da non perdere: «Chaplin» (film d’apertura), l’odissea di un uomo che lotta per la sopravvivenza quotidiana senza perdere mai la speranza di diventare un attore famoso; «Speak», appassionante racconto intriso di realismo su un padre pakistano che deve prendersi cura di sei figli; «Zindagi Na Milegi Dobara», un coloratissimo on the road, classico film made in Bollywood; «Snow», storia di uno sradicamento individuale a seguito di una catastrofe naturale; infine «Asshole», film-scandalo all’ultimo Festival di Berlino, ritratto allucinato e provocatorio di un mondo giovanile fatto di violenza, droghe e pornografia. Marco Luceri © RIPRODUZIONE RISERVATA Il concerto Domani all’Obihall grande serata per i trent’anni del gruppo musicale. Che il loro leader racconta così Il salvagente degli Stadio Curreri: «Le canzoni? Ormai sono rimaste l’unica àncora per i giovani» di MARCO BERNARDINI La ragazzina «bellina col suo sguardo garbato e la vocina» oggi è una donna nel pieno della maturità. Con ogni probabilità è madre e, magari presto, diventerà anche nonna. Proprio come quella bella signora alla quale, lei quindicenne, scattava le ultime pose davanti a quel mare il cui ricordo l’autunno avrebbe cancellato. Le fotografie sarebbero rimaste, però. In un cassetto, un poco seppiate dal tempo e gonfie di suggestioni. La ragazzina di trent’anni fa ha avuto una bella fortuna il giorno in cui un bizzarro personaggio ammaestratore di note le suggerì attraverso un ellepì in vinile di fermarsi un attimo di più in casa, la sera, e di chiedere al babbo chi fossero i Beatles dei quali lei sentiva tanto parlare ma che non conosceva. Misteriosi e sconosciuti, proprio come il mondo che pulsava fuori. Ebbene, se è vero che anche la musica può giocare un ruolo pedagogico a favore delle nuove generazioni, allora non vi è dubbio che Gaetano Curreri è stato ed è ancora un buon maestro. Con quella canzone cult, appunto, Chi erano mai questi Beatles provvide a far crollare il muro eretto da una presunta incomunicabilità generazionale. Ne va orgoglioso. «Magari bastasse una sola canzone, come si dice. Eppure forse a qualcosa servì quel nostro lavoro che dovrebbe essere usato, senza limiti di tempo, da ciascun genitore. Il compito principale degli adulti, babbo, mamma, nonni, è quello di fornire indicazioni ai ragazzi in base a quelle che sono state le esperienze di vita vissuta. Oggi Si parla di... Gaetano Curreri e a destra gli Stadio al completo Vasco Rossi Sono inseparabili da sempre. «Quando ancora non c’era la De Filippi alla tv, giravamo tutte le case discografiche di Milano per vendere Albachiara» I ragazzi contestano l’autorità, ma desiderano, in realtà, modelli positivi ❜❜ più che mai, in un momento storico così complicato e fumoso, i giovani hanno bisogno di un punto di riferimento esistenziale. Apparentemente sembrano voler rifiutare i modelli del passato. In realtà, se questi stessi modelli sono positivi e sani, sono affamati di conoscenza e di sapere. Noi, gli Stadio e io, nel nostro piccolo tentiamo, ogni giorno, di compiere questa operazione di salvataggio». Vedranno e ascolteranno questa lezione filosofico-musicale, tutti coloro che domani vorranno dedicare parte del pomeriggio eppoi la serata per partecipare a un evento per certi versi epocale e comunque di grande festa come può esserlo la celebrazione di un compleanno. Prima alla Fnac, alle diciotto, e quindi all’Obihall, con inizio alle ventuno, gli Stadio racconteranno con parole e musica i loro trentesimo anno di attività artistica. Da eccezionale volano farà l’ultimo lavoro del gruppo guidato dal genio cantautorale di Gaetano Curreri: Diamanti e caramelle ovvero il titolo del cd appena uscito con dodici inediti i quali rappresenteranno la colonna vertebrale di uno spettacolo, non solo cantato, farcito da quaranta brani senza età, arricchito da una performance «teatrale» di un pifferaio magico «armato» con un seduttivo sax e sceneggiato da una clip che narra di una giovane alla ricerca di se stessa. Proprio come la ragazzina «bellina e con la vocina» di trent’anni fa. È il messaggio che Curreri non smetterà mai di lanciare. Possibilmente dal vivo. Conferma questa sua necessità, quasi fisiologica, di partecipazione. «Al mezzo televisivo ho sempre preferito il contatto con la gente e non mortificherò mai questo mio modo di pensare e di agire. A me piace rivolgermi al prossimo guardandolo negli occhi. Dire anche soltanto buongiorno, per esempio. Anche se, troppo di frequente, le persone ti osservano con aria stupita come per significare Gaetano Scirea «Oggi il mondo del calcio è del tutto fuori di melone. È giusto e comprensibile rimpiangere persone di qualità e perbene come è stato lui» Giacinto Facchetti Anche lui come Scirea è tra i personaggi che Curreri ama citare. A lui e a Scirea è dedicato anche una nuova canzone di «Diamanti e caramelle» ‘‘ma perché questo mi dice così, cosa vuole da me?’’. Nulla voglio, solamente ricordare loro che, malgrado tutto, ogni giornata può essere buona e bella se scandita da attimi positivi». Anche nella palta può nascere un fiore, parafrasando. Anche nel mondo di un calcio fuori di melone, per lui che è una rarità di emiliano di Vignola tifoso della Fiorentina, è lecito celebrare il passaggio di persone perbene come Facchetti e Scirea protagonisti in un brano del nuovo disco. Si intenerisce, quasi. «Due uomini, prima ancora che due campioni, che meritano il rispetto del ricordo eterno perché a loro volta esercitarono l’arte del rispetto. Non amo i calciatori con il cerchietto in testa e le veline sottobraccio. Odio il pallone giocato nei tribunale sportivi e non. Mi piacciono Zanetti e Del Piero, razza in via di estinzione, e sono contento che l’idea dei Della Valle, sul tavolo della pace, si stata accettata anche dalla Federazione. La Fiorentina non vincerà lo scudetto ma, in quanto a linea morale, ha dato una bella lezione a tutti». Anche di questo parlerà e canterà Curreri, sabato a Firenze. Eppoi, immancabile, dirà del suo immenso amico Vasco che, ancora ai box per la revisione, provvede lui a portare idealmente in scena accanto a sé durante ciascun concerto. «Il mio primo e più grande amico. La fantasia al potere, come si diceva nel Sessantotto. Unico e sempre rimasto fedele al suo originale. Quello di quando, visto che non c’era la De Filippi, giravamo tutte le case discografiche di Milano tentando di vendere Albachiara. Nessuno ne voleva sapere. A crederci, alla fine, fu Paolo Bagatti un discografico che produceva musica di liscio, figurarsi! Da quel giorno, Vasco ed io, siamo inseparabili. Lui è come il vento e talvolta mi fa incazzare. Poi, proprio come fa il vento mi porta sempre con sé. E io, ora, porto lui con me. Anche se non si vede». Ma si sente. È l’ennesima magia degli Stadio. © RIPRODUZIONE RISERVATA In scena Sabato al teatro di Rifredi la Crippa e Peter Stein insieme sul palco. Leggeranno testi erotici omosessuali Maddalena e le sue donne, alla riscoperta dell’eros Doppia coppia Insieme in teatro e nella vita: sopra Maddalena Crippa, a destra Peter Stein. Sabato sera alle 21 saranno al teatro di Rifredi «Abbiamo bisogno di conquistare una sessualità libera, matura, e piena». Ne è convinta Maddalena Crippa, che sabato — ore 21 — sarà al teatro di Rifredi insieme a Peter Stein — il regista tedesco, compagno di vita dell’attrice — per una serata di letture di testi erotici omosessuali. Peter Stein leggerà Diario del Ladro di Jean Genet, la Crippa scritti erotici lesbici dall’antologia Considerate le circostanze di Lee Fleming. «Il valore di queste pagine va ben oltre le tematiche di genere — dice la Crippa — fanno bene a tutti, andrebbero lette nelle scuole perché parlano del corpo femminile in un modo veramente degno, che permette di vivere appieno la propria sessualità. Gli uomini dovrebbero venire a frotte per imparare come toccarci!». In effetti, dopo la rivoluzione dei costumi del ’68, non si sono fatti molti passi avanti sul piano della sessualità. «Al contrario, siamo davvero indietro: oggi c’è un’immagine distorta della sessualità femminile. La donna è vista troppo spesso in maniera umiliante, come una bambola al servizio dell’uomo. È sempre assoggettata, oppressa e limitata a un desiderio unilaterale. Tutto si è ristretto alla visibilità del corpo, così le ragazze si ritoccano labbra e seni e sognano di diventare veline». La Crippa ha incontrato Stein dopo aver già collaborato con grandi registi, come Giorgio Strehler o Luca Ronconi. «Peter mi ha portato a superare me stes- sa, con lui ho approfondito la ricerca, il lavoro insieme agli altri. Abbiamo fatto spettacoli che non sono mai stati occasioni di mostrare le mie qualità, ma sempre momenti per comunicare cose veramente importanti e necessarie». La passione del teatro arrivava dal padre, e non quindi un caso se anche il fratello di Maddalena, Giovanni Crippa, è oggi un attore molto apprezzato. «Mio padre avrebbe voluto fare l’attore — spiega lei — poi è di- L’attrice «C’è una visione distorta della sessualità femminile. Siamo viste come bambole al servizio dell’uomo» ventato un commerciante, ma ha sempre seguito l’opera e il teatro e ci ha passato questa passione. D’altronde quelli erano anni d’oro per la cultura: c’era grande fermento, forse oggi dovremmo reinventare quella situazione. Non si va molto lontani senza cultura, senza la possibilità di osservare le regole che ci siamo dati e le relazioni che ci tengono legati. Il teatro, quando è bello, è un’esperienza esaltante che sveglia il cuore, è come ritrovare un’energia da dentro». In tempi di crisi e tagli, allora, tutto questo è a rischio. «Noi del teatro siamo minacciati. In questo Paese vogliono far fuori tutti i luoghi che possono esprimere libertà di pensiero e non essere assoggettati a un unico canale come quello televisivo. E così si mette in pericolo la scuola, la ricerca, il teatro. Certo questi settori vanno razionalizzati, ma adesso stiamo buttando via il bambino con l’acqua sporca». Intanto comunque la Crippa continua ad alternare i suoi lavori sia nel teatro di prosa che nel campo musicale. È ancora in tournée il suo E pensare che c’era il pensiero di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, che porta in scena col pianista Massimiliano Gagliardi. E poi sono molti i progetti in cantiere: un testo contemporaneo, un lavoro musicale, e la speranza di riportare in scena Italiane lo spettacolo sull’unità d’Italia scritto e diretto da Emanuela Giordano per la Crippa, Tosca e Lina Sastri. Gherardo Vitali Rosati © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 159060