La valutazione dei rischi nei processi legati alle apparecchiature
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La valutazione dei rischi nei processi legati alle apparecchiature
La valutazione dei rischi nei processi legati alle apparecchiature sanitarie Ing. Rosario Corradino (1) Ing. Fabrizio Dori (2) (1) Prof. Silvano Dubini (3) Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione, Azienda Ospedaliera Careggi, Firenze Assegnista di Ricerca, Dipartimento Elettronica e Telecomunicazioni, Università di Firenze (3) Professore di Bioingegneria, Dipartimento Elettronica e Telecomunicazioni, Università di Firenze (2) Ar-0301 15/03/2003 Generalità L’impiego di apparecchiature nella pratica medica comporta l’esistenza di una vasta serie di pericoli; le caratteristiche spesso critiche dei processi di lavoro in cui questi dispositivi sono generalmente utilizzati determinano inoltre un ambiente di lavoro particolarmente difficile e delicato, aumentando considerevolmente il livello di rischio presente. I pericoli che insorgono quando si va ad analizzare un processo che implica l’uso di dispositivi medici sono tali da non poter garantire una protezione assoluta, un tipo di tutela cioè che annulli praticamente il rischio: ciò comporterebbe infatti una riduzione dell’efficacia tale da rendere il dispositivo stesso inappropriato allo scopo per cui è stato progettato; a fronte dunque di questa inaccettabile riduzione di funzionalità vengono adottati una serie di provvedimenti che garantiscano un grado di protezione adeguato rispetto alle esigenze del paziente e dell’operatore, sia a livello clinico che sotto l’aspetto della sicurezza. La gestione di un dispositivo medico deve necessariamente ispirarsi a criteri che ne garantiscano l'uso sicuro, appropriato ed economico. I passi principali attraverso i quali è possibile raggiungere questo obbiettivo sono la scelta del dispositivo più adatto nel momento dell’acquisto, la manutenzione preventiva e correttiva soprattutto delle apparecchiature, le prove prestazionali, la taratura, la valutazione dell’obsolescenza. È evidente come questa prospettiva coinvolga non solo tutta la vita del dispositivo all’interno della struttura sanitaria ma anche il momento dell’acquisizione, imponendo che le apparecchiature utilizzate in ogni attività siano appropriate all’uso clinico, sempre perfettamente funzionanti e tenute sotto periodico controllo per quanto riguarda la sicurezza. Ciò nonostante vi sono ancora dei margini per ridurre il livello di rischio, poiché esistono altre fonti di pericolo legate al contesto in cui l’apparecchiatura è usata. Sulla base di questa considerazione non si possono determinare gli aspetti potenzialmente dannosi dell’impiego di un dispositivo limitandosi ad osservarne le caratteristiche intrinseche, ma è necessario valutare tutto il processo in cui il dispositivo è usato. La valutazione dei rischi mira dunque a definire un insieme di parametri critici riguardanti l’uso delle apparecchiature attraverso l’analisi dei processi e delle fonti di rischio ad esse collegate. Risultano quindi esclusi i rischi funzionali e quelli derivanti da errori progettuali o costruttivi; i primi riguardano infatti la funzione diagnostica o terapeutica per cui i dispositivi sono stati costruiti, la cui valutazione è affidata agli operatori sanitari, mentre per i secondi la marcatura CE 2 obbligatoria garantita e certificata dal Fabbricante, ci permette di dare per scontata la qualifica di dispositivi “costruiti a regola d’arte” in cui si presume la conformità ai requisiti essenziali che assicurano un livello di sicurezza progettuale e costruttivo adeguato. In questa ottica vanno sviluppate le valutazioni dei rischi derivanti dalle modalità di uso dei dispositivi cariche dei comportamenti degli utilizzatori. 3 Il quadro normativo Il quadro normativo di riferimento nella gestione e nell’utilizzo delle apparecchiature e dispositivi nella pratica medica risulta estremamente vario. La molteplicità degli strumenti normativi è legata principalmente ai seguenti fattori: 1. grande variabilità delle tipologie di dispositivi utilizzati e delle attività in cui essi sono coinvolti; 2. molteplicità degli aspetti della vita di un dispositivo (ad es. l’immissione in commercio, la marcatura, il monitoraggio sulla produzione, la pubblicità); 3. insieme molto ampio di rischi potenziali collegati all’uso delle apparecchiature; Il principale punto di riferimento legislativo nel nostro Paese è rappresentato dalla Costituzione, che sancisce il diritto alla salute per tutti i cittadini (art. 32 e 35). Alla Costituzione seguono le leggi e soprattutto le normative comunitarie europee competenti in materia tecnica e quelle nazionali che le recepiscono: per mezzo di esse si fissano i principi e le regole attraverso cui si specificano le caratteristiche del prodotto, i criteri di accettazione e di collaudo ed i livelli di sicurezza di impiego, imponendo i requisiti essenziali che devono essere soddisfatti. A queste direttive si affiancano poi le norme tecniche armonizzate, le raccomandazioni internazionali, le norme nazionali e tutti i contributi di carattere scientifico collegati, che definiscono il comune sapere della comunità scientifica su cui basarsi per il raggiungimento dei requisiti richiesti per legge. Il panorama a cui ci si trova di fronte risulta caratterizzato sia da prescrizioni obbligatorie che da prescrizioni volontarie. Per chiarire meglio questo concetto è necessario rifarsi al principio generale secondo cui la libera circolazione dei beni è una pietra miliare del mercato unico, per cui, nell’ambito della Comunità Economica Europea, si è molto sentita l’esigenza di ridurre gli eventuali ostacoli a tale circolazione. I meccanismi messi a punto per realizzare tale obiettivo si basano su una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione, ispirata dai principi seguenti che qui riportiamo così come sono stati espressi nella “Guida all’attuazione delle direttive fondate sul nuovo approccio e sull’approccio globale”, pubblicata dalla Comunità Europea stessa: 4 • L'armonizzazione legislativa si limita ai requisiti essenziali che i prodotti immessi nel mercato nella Comunità devono rispettare per poter circolare liberamente all'interno della Comunità stessa. • Le specifiche tecniche dei prodotti che rispondono ai requisiti essenziali fissati nelle direttive vengono definite in norme armonizzate. • L'applicazione di norme armonizzate o di altro genere rimane volontaria e il fabbricante può sempre applicare altre specifiche tecniche per soddisfare i requisiti previsti. • I prodotti fabbricati nel rispetto delle norme armonizzate si presuppone siano conformi ai corrispondenti requisiti essenziali. Il filo che unisce questi approcci di tipo complementare è il fatto che entrambi riducono all'essenziale l'intervento dell’Autorità preposta e lasciano all'Industria la più ampia scelta possibile delle modalità per soddisfare gli obblighi che le incombono. Uno degli elementi che rappresentano il carattere innovativo di questo approccio è senza dubbio il fatto che l'applicazione delle norme armonizzate che conferiscono una presunzione di conformità è sempre volontaria; il Fabbricante può quindi scegliere se farvi o meno riferimento, a patto naturalmente di dimostrare con altri mezzi di sua scelta, come l'applicazione di specifiche tecniche esistenti, che i suoi prodotti sono conformi ai requisiti essenziali imposti dalla Normativa. Tuttavia l’applicazione della norma armonizzata, dal momento che consente di escludere l’onere della prova a cui abbiamo fatto cenno, costituisce un “canale preferenziale” per il raggiungimento della conformità ai requisiti essenziali e viene adottato nella maggior parte dei casi. In ogni caso l'applicazione dei requisiti essenziali deve essere in funzione del rischio insito in un dato prodotto e nell’uso a cui tale prodotto è destinato, per cui una attenta e completa valutazione dei rischi diventa il fondamentale punto di partenza per l’applicazione di qualunque Normativa; inoltre questa flessibilità nella scelta delle modalità per soddisfare i requisiti fissati consente di adeguare sia i materiali e la progettazione del prodotto al progresso tecnologico, sia le modalità di utilizzo al contesto specifico in cui l’apparecchiatura è inserita. In questo scenario il D.Lgs. 626/94 costituisce un cardine nel sistema prevenzione ed ha come fine il miglioramento continuo della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Va comunque sottolineato che la tutela della salute dei cittadini è il valore su cui si basa l’intera attività di una Struttura Sanitaria; proprio per questo è possibile e doveroso estendere anche a tutti coloro che sono presenti nelle Strutture Sanitarie, ad esempio i pazienti o i visitatori, le misure di tutela riservate ai lavoratori intesi in senso stretto secondo la definizione dell’art.2, comma 1, let.a. 5 Per quanto riguarda gli aspetti presenti nel decreto legati alla gestione dei macchinari vale la pena sottolineare alcuni punti, nell’intento di chiarire come le prescrizioni del D.Lgs. 626/94 possano adattarsi alla problematiche delle apparecchiature nelle strutture sanitarie: • all’art. 3.c si parla di riduzione dei rischi alla fonte, ed è evidente come uno strumento che assicuri questo sia una oculata scelta del dispositivo attraverso una significativa tipizzazione delle caratteristiche tecniche da inserire nei capitolati di gara; • all’art. 3.r si parla di regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei Fabbricanti; • nell’art. 4 emerge ancora l’importanza delle procedure di acquisto in quanto “Il datore di lavoro … in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”. Tale obbligo deve contemperarsi agli obblighi legati alle disposizioni del D.Lgs. 157/95 in materia di appalti pubblici di servizi. • nel Titolo III, che nel suo complesso riguarda l’uso delle attrezzature di lavoro, sono sottolineati ancora i principi preventivi che devono regolare le fasi principali della vita di un dispositivo (acquisto, collaudo, manutenzione/uso, dismissione); si legge in proposito all’art. 35.3 che “All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse”, ancora all’art. 35.4 che “Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano: a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante; b) utilizzate correttamente; c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso”; per quanto riguarda l’art. 36 è utile ricordare il comma 1: “Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili”. Nell’ottica della prevenzione dei rischi centrata sul paziente si inseriscono a questo punto le norme che vincolano il Fabbricante e l’Utilizzatore. 6 Per il Fabbricante la disciplina che regola attualmente il settore dei dispositivi medici è la Direttiva 93/42/CEE, recepita in Italia dal D.Lgs. 46/97. Questa direttiva esprime l’atteggiamento generale del Legislatore Europeo fondato sul concetto di nuovo approccio, ed accoglie pienamente i principi fondamentali dell’armonizzazione tecnica e del rispetto dei requisiti essenziali ai fini della commercializzazione di un prodotto. La portata innovativa che questi presupposti hanno, acquista ancor più rilievo se si considera la sua vastissima applicabilità nel campo delle strutture sanitarie. La definizione giuridica di dispositivo medico è tale infatti da comprendere nel proprio ambito una numerosissima serie di prodotti, che vanno ad esempio dalla siringa ai bisturi, dai pacemakers ai prodotti per il settore odontoiatrico, dalle protesi ai complessi radiogeni, ed i processi che coinvolgono queste attrezzature uniscono aspetti che vanno dalla routine più ordinaria alle procedure di emergenza, interessando tra l’altro ambienti con problematiche estremamente diverse, come l’ambulatorio, la sala operatoria, l’ambiente domestico e così via. Senza entrare in dettagli, ricordiamo che elemento indispensabile per l'immissione in commercio di un dispositivo medico è l'obbligo della marcatura CE, il cui fine è quello di garantire utilizzatori e pazienti circa la sicurezza del prodotto attraverso il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza richiamati dalla norma stessa. Come si è già detto la conformità a tali requisiti può essere raggiunta dal Fabbricante attraverso il rispetto delle norme armonizzate emanate in materia, oppure attraverso la scelta di soluzioni tecniche diverse purché se ne dimostri l’efficacia nel raggiungimento dei requisiti essenziali di sicurezza. Quello che vale la pena di sottolineare è l’importanza della valutazione dei rischi come strumento operativo per il raggiungimento ed il mantenimento dei requisiti. Ciò è espressamente richiesto all’interno dell’allegato I, dove sono espressi i requisiti essenziali che tutti i dispositivi devono soddisfare. In particolare nel comma 2 è possibile leggere che “Le soluzioni adottate dal fabbricante per la progettazione e la costruzione dei dispositivi devono attenersi a principi di rispetto della sicurezza, tenendo conto dello stato di progresso tecnologico generalmente riconosciuto. Per la scelta delle soluzioni più opportune il fabbricante deve applicare i seguenti principi, nell'ordine indicato: – eliminare o ridurre i rischi nella misura del possibile (integrazione della sicurezza nella progettazione e nella costruzione del dispositivo); – se del caso adottare le opportune misure di protezione nei confronti dei rischi che non possono essere eliminati eventualmente mediante segnali di allarme; 7 – informare gli utilizzatori dei rischi residui dovuti a un qualsiasi difetto delle misure di protezione adottate.” Questa misura è riferita esplicitamente al Fabbricante, ma il concetto è facilmente esportabile all’Utilizzatore sulla base di alcune considerazioni: • l’informazione che il Fabbricante deve dare all’Utilizzatore va vista nell’ottica in cui questi la utilizzi per il corretto uso del dispositivo, per ottenere il quale è necessario effettuare una valutazione dei rischi legati all’uso del dispositivo all’interno del processo in cui Utilizzatore e dispositivo sono inseriti; • il concetto di valutazione dei rischi ha carattere generale: nel comma 1 dello stesso allegato si evidenzia che “I dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed eventualmente di terzi quando siano utilizzati alle condizioni e per i fini previsti, fermo restando che gli eventuali rischi debbono essere di livello accettabile, tenuto conto del beneficio apportato al paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza”. Il grado di accettabilità deve tener conto delle condizioni e della destinazione d’uso e l’analisi di questi due aspetti è parte integrante della valutazione dei rischi; • la valutazione dei rischi legati all’uso di un dispositivo medico rientra a pieno titolo nella valutazione dei rischi a cui si riferisce il D.Lgs. 626/94 e alla quale tutti i soggetti coinvolti nel sistema di prevenzione devono contribuire, ivi compresi gli Utilizzatori. A questo punto occorre osservare che i principi del D.Lgs. 626/94, rivolti ai lavoratori, e la conformità ai requisiti della Direttiva 93/42/CEE, destinata al Fabbricante, trovano un punto di incontro nell’ambito determinato dalle disposizioni in materia di Accreditamento Istituzionale delle Strutture Sanitarie Pubbliche e Private, introdotte dal D.P.R. 14/01/97 ai sensi del D.Lgs. 502 del 1992 e successive modificazioni e dalla normativa regionale ad esso ispirata. L’importanza di questo atto risiede nella necessità di inserire nel processo di erogazione di ogni servizio sanitario uno strumento di controllo della qualità non professionale del servizio stesso basato sulla definizione e sulla verifica di una serie di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle Strutture Sanitarie Pubbliche e Private e validi su tutto il territorio nazionale. 8 La natura di queste prescrizioni coinvolge le fasi del processo di erogazione del servizio e gli aspetti della conduzione di una Struttura Sanitaria. Aspetti che spaziano dalle politiche complessive dell'azienda alla struttura organizzativa, dalla gestione delle risorse umane alla gestione delle risorse tecnologiche, dalla qualità al sistema informativo, ecc. In particolare un elemento fondamentale ed innovativo rispetto alla legislazione precedente nel Settore Sanitario è rappresentato dallo spazio riservato alla gestione della tecnologia. Osservando il punto 4 dell’allegato al D.P.R. 14/01/97 in cui sono definiti i requisiti, “Gestione delle risorse tecnologiche”, si legge che “Si devono prevedere specifiche procedure di programmazione degli acquisti delle apparecchiature biomediche e dei dispositivi medici che devono tenere conto dell'obsolescenza, dell'adeguamento alle norme tecniche, della eventuale disponibilità di nuove tecnologie per il miglioramento dell'assistenza sanitaria. La Direzione adotta un inventario delle apparecchiature in dotazione. Deve esistere un piano per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle apparecchiature biomediche; tale piano deve essere documentato per ciascuna apparecchiatura e reso noto ai diversi livelli operativi. La Direzione deve provvedere affinché in ogni presidio sia garantito l'uso sicuro, appropriato ed economico delle apparecchiature biomediche”. È evidente come chiunque operi all’interno di questo processo sia coinvolto dalle prescrizioni del D.P.R. 14/01/97, sia che operi come Utilizzatore che come Gestore della tecnologia; inoltre ancora una volta si può affermare che la valutazione dei rischi è uno strumento di chiara utilità nel garantire “l'uso sicuro, appropriato … delle apparecchiature biomediche”. Se a questo punto ricordiamo che il Fabbricante è già coinvolto dalla Direttiva 93/42/CEE vediamo che ogni momento della vita e dell’utilizzo di un dispositivo medico è regolato da requisiti essenziali di sicurezza, il cui raggiungimento si basa su una corretta procedura di valutazione dei rischi effettuata dai soggetti coinvolti nella specifica fase del processo in esame. Dal quadro legislativo complessivo si può osservare che: • l’ampio scenario di problematiche presenti implica la necessità di un modello di gestione integrata e multidisciplinare dei processi coinvolti; • l’analisi dei processi deve basarsi su strumenti di gestione e di monitoraggio efficaci ed efficienti; • la corretta applicazione delle prescrizioni giuridiche deve considerare anche gli aspetti organizzativi, nell’ottica del raggiungimento di un adeguato livello di sicurezza per tutto il processo, senza cioè limitarsi alle singole attività o ai dispositivi come se fossero avulsi dal loro contesto operativo; 9 • è necessario definire un ruolo ben preciso delle varie figure professionali coinvolte, interne ed esterne alla Struttura Sanitaria. I principali riferimenti normativi che riguardano i dispositivi medici con particolare considerazione agli apparecchi sono: Riferimenti Tipologia di rischio normativi Campo di applicazione principali Aspetti generali Rischio elettrico Rischio meccanico D.Lgs. 626/94 Normativa di riferimento sulla sicurezza dei lavoratori Normativa di riferimento sui D.Lgs. 46/97 dispositivi medici D.P.R. Accreditamento Istituzionale 14/01/97 UNI CEI EN Valutazione rischi dispositivi ISO 14971 medici CEI EN Norme tecniche sugli apparecchi 60601-1 (62- elettromedicali 5) CEI 62-XX CEI EN Norme tecniche sugli apparecchi 60601-1 (62- elettromedicali 5) CEI 62-XX D.P.R. Normativa di riferimento sulle 459/96 macchine D.Lgs. Rumore 277/91 L. 447/95 Direttiva Vibrazioni 2002/44/CE UNI EN Valutazione rischi 1050 UNI EN Principi generali di progettazione 292/1, 292/2 UNI EN 953 Ripari UNI EN 349 Schiacciamento UNI EN 418 Arresto d’emergenza UNI EN Comandi 954/1 UNI EN 983 Trasmissioni CEN EN 294 Distanze di sicurezza Linee guida Ultrasuoni I.C.N.I.R.P (vedi bibliografia) 10 (vedi bibliografia) Rischio Radiazioni Ionizzanti Rischio Radiazioni Non ionizzanti Rischio chimico biologico D.Lgs. 230/95 Normativa di riferimento sulle radiazioni ionizzanti D.Lgs. 187/00 D.Lgs. 241/00 D.Lgs. 257/01 D.M. Normativa di riferimento sulla 02/08/91 risonanza magnetica D.M. 03/08/93 D.P.R. 542/94 CEI 76-XX Norme tecniche sui laser Linee guida Campi elettromagnetici I.C.N.I.R.P (vedi bibliografia) Luce Ultravioletti D.Lgs. 22/97 Rifiuti Si può notare che il panorama risulta sufficientemente completo e specifico per quanto riguarda gli aspetti derivanti dai rischi di natura elettrica e per le Radiazioni Ionizzanti, mentre risultano non completi gli ambiti che riguardano i rischi di natura meccanica, chimico-biologica e quelli derivanti dall’esposizione a Radiazioni Non Ionizzanti, nel senso che la normativa e la legislazione sono di tipo generale e quindi meno specifiche per il segmento considerato. Per affrontare le problematiche relative ai rischi di natura meccanica è utile basarsi sulla Direttiva Macchine e sulla Normativa UNI associata all’argomento considerando che, pur non essendo direttamente applicabili ai dispositivi medici, affrontano analoghe fonti di rischio. Per quanto riguarda le Radiazioni Non Ionizzanti la fonte principale di approfondimento sono i documenti dell’I.C.N.I.R.P (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), eccezion fatta per la Risonanza Magnetica ed il Laser già considerati in ambito nazionale. Inoltre occorre sottolineare la vastità e la complessità delle fonti di rischio analizzate; la scelta delle categorie sopra indicate è infatti dettata essenzialmente da esigenze di chiarezza e semplicità nella descrizione, piuttosto che da completezza. Basti infatti pensare ad esempio al fatto che i rischi di natura meccanica comprendono fattori molto diversi tra loro, come il taglio e la stabilità da un lato e le vibrazioni, gli ultrasuoni ed il rumore da un altro. Non è questa la sede per scendere nel dettaglio di tutti questi aspetti, ma anche rimandando ad altro contesto l’analisi più circostanziata delle fonti di rischio e dei riferimenti specifici, ricordiamo che gli strumenti 11 evidenziati sono comunque un fondamentale riferimento anche per le situazioni più particolari e dettagliate. 12 La valutazione dei rischi Per valutazione dei rischi si intende un processo logico attraverso il quale è possibile giungere all’analisi ed alla valutazione delle situazioni di rischio legate ad un determinato processo di lavoro. Il procedimento di valutazione dei rischi è applicabile a qualunque tipologia di processo lavorativo e riguarda tutte le possibili finti di rischio; d’altra parte questo concetto è perfettamente in linea con i principi e le indicazioni del D.Lgs. 626/94, per il quale la valutazione dei rischi costituisce uno dei cardini del sistema di prevenzione. Inoltre, a causa della natura estremamente varia dei pericoli, l’approccio alla valutazione del rischio deve essere multidisciplinare e coinvolgere ogni fase del processo. Lo strumento per raggiungere un processo ragionevolmente sicuro è la conoscenza di questi rischi e la capacità di valutare l’opportunità di adottare adeguate misure protettive. Nel caso della valutazione dei rischi delle apparecchiature in uso all’interno delle Strutture Sanitarie è possibile applicare sia strumenti validi in generale per il macchinario, adattandoli alle particolari esigenze dei processi relativi all’erogazione di servizi sanitari, sia strumenti legislativi e normativi tecnici di carattere più specifico. Gli strumenti normativi principali sono quelli già citati all’interno del Quadro Normativo e sono affiancati, nello stato dell’arte del settore in esame, da tutte le pubblicazioni tecniche e dalla letteratura scientifica pertinenti; in particolare sono molto utili per il loro approccio metodologico al problema la Norma UNI EN 1050:1998, “Sicurezza del macchinario. Principi per la valutazione del rischio” e la Norma UNI CEI EN ISO 14971:2002, “Dispositivi medici. Applicazione della gestione dei rischi ai dispositivi medici”. Ricordiamo che le Norme citate sono rivolte principalmente al Fabbricante e solo indirettamente all’Utilizzatore, ma il tentativo di operare per il meglio imposto dal Nuovo Approccio non vieta, ma anzi spinge, ad utilizzare ogni contributo utile al raggiungimento della conformità ai requisiti richiesti. La valutazione dei rischi viene descritta in questi documenti come lo strumento attraverso il quale si giunge all’eliminazione o alla riduzione dei pericoli attraverso una procedura sistematica e coerente. In tale strumento devono convergere l’esperienza sulla progettazione, sull’uso, la storia dei danni e degli infortuni legati alla macchina ed al processo in cui è inserita, allo scopo di individuare i punti critici ed adottare le conseguenti misure di sicurezza. 13 È possibile affermare che la valutazione dei rischi si attua attraverso due fasi: • Analisi dei rischi • Valutazione del rischio Alla prima fase attengono in primo luogo l’identificazione dei pericoli legati alla macchina in esame, ed i secondo luogo la stima del rischio, intendendo con identificazione dei pericoli la stesura dell’elenco delle fonti di rischio pertinenti attraverso lo studio della vita del dispositivo, degli utilizzatori e degli usi prevedibili della macchina, mentre per stima del rischio va inteso lo studio della combinazione di due elementi critici dell’analisi: la probabilità che si verifichi l’evento dannoso e la gravità delle conseguenze. Alla seconda fase appartiene la valutazione degli elementi raccolti nella prima e l’espressione del giudizio sulla necessità di ridurre con opportune misure i rischi emersi. L’analisi oggetto della fase iniziale è dunque quello strumento che consente di evidenziare tutta una serie di punti critici e di informazioni che sono la base delle decisioni oggetto della fase successiva. Andando più in dettaglio è possibile espandere questo concetto descrivendo i principali passi metodologici attinenti alla prima fase: 1. Determinazione dei limiti della macchina con analisi a. delle fasi di vita del dispositivo, b. dell’uso prevedibile, c. degli operatori e della loro formazione, d. degli altri soggetti esposti. 2. Identificazione del pericolo mediante l’analisi del processo. 3. Stima dei rischi attraverso l’osservazione a. delle persone esposte, del tipo e della durata di questa esposizione, b. del rapporto tra esposizione ed effetti, anche con statistiche sugli infortuni, c. dei fattori umani, quali aspetti psicologici, capacità delle persone di gestire situazioni critiche, etc. d. dei sistemi di sicurezza presenti, con particolare attenzione alla possibilità di eluderli o di renderli meno efficaci. Il risultato di questa analisi sarà un elenco delle fonti di rischio legate al dispositivo: per ciascuno dei punti critici trovati, saranno evidenziate la gravità e la frequenza presunta del danno. 14 Sulla base di queste considerazioni si può passare alla seconda fase, in cui deve essere a questo punto deciso se è stata raggiunta una condizione di sicurezza accettabile. Questa decisione rappresenta certamente l’elemento più delicato di tutto il processo in quanto, pur basandosi sugli elementi oggettivi della prima fase, ha come elemento cardine l’abilità dei soggetti coinvolti di formulare un giudizio approfondito: tale giudizio si raggiunge grazie all’esperienza nel settore, alla capacità di analisi, alla competenza, alle intuizioni, ma questi sono elementi soggettivi e come tali difficili da codificare ed estremamente dipendenti dalla percezione del rischio che ha ogni interlocutore. È possibile dare un’indicazione di carattere metodologico dicendo che risulta utile basarsi sull’osservazione dei punti seguenti, senza tuttavia pretendere che questo elenco sia esaustivo: • Eliminazione del pericolo • Protezioni adeguate • Informazioni per l’uso e/o procedure operative adeguate Ricordiamo comunque che le Norme Armonizzate costituiscono uno strumento importante anche dal punto di vista dell’uniformità di giudizio, dal momento che sono il punto di riferimento per lo stato dell’arte del settore. Il processo a questo punto può concludersi con l’osservazione che gli obiettivi di riduzione del rischio sono stati raggiunti oppure iterando la prima fase della valutazione dei rischi fino al raggiungimento di un giudizio positivo. Giova sottolineare che risulta utile alla formulazione del giudizio finale il confronto degli elementi critici trovati con quelli validi per una macchina simile o per un processo lavorativo con rischi assimilabili a quelli in esame, ricordando però che questo punto costituisce solo un elemento ulteriore di verifica e non sostituisce in alcun modo la procedura descritta. Il procedimento visto ha validità generale e può essere applicato a qualunque attrezzatura su cui si voglia eseguire una procedura di identificazione dei pericoli e di stima e valutazione dei rischi; se poi questa attrezzatura è un dispositivo medico ci viene in aiuto la UNI CEI EN ISO 14971, più specifica per il settore in esame. Questa norma è rivolta alla definizione di una procedura attraverso la quale è possibile identificare i pericoli associati ai dispositivi medici o diagnostici in vitro, stimare e valutare i rischi, controllarli e monitorare l’efficacia del controllo. È rivolta principalmente al Fabbricante, ma non ostante questo costituisce un utile punto di riferimento per chiunque sia coinvolto in problematiche analoghe. Da un punto di vista metodologico non si evidenziano differenze sostanziali con la UNI EN 1050, della quale ricalca in buona sostanza i passi descritti. 15 Quello che vale la pena di sottolineare è che gli elementi che forniscono spunti di riflessione sono da ricercarsi ancora una volta nelle specificità dei processi di lavoro in cui sono utilizzati i dispositivi medici. Il primo fra tutti questi elementi è la presenza del paziente all’interno del processo, che introduce quelle criticità che non è possibile riscontrare in nessun altra attività lavorativa. Esistono poi parecchie fonti di pericolo che possono essere associate all’uso dei dispositivi medici e diagnostici in vitro, che ci consentono di ampliare le tipologie generali già viste e che abbracciano tutta la vita di un’apparecchiatura, dalla progettazione alla dismissione, e tutte le attività in cui essa viene impiegata. Pur non entrando nel dettaglio di questi fattori citiamo per tutti i pericoli di natura organizzativa, quelli cioè legati ad esempio all’adeguatezza dei locali e in generale dell’ambiente in cui viene utilizzata, ivi compresi gli impianti a cui è collegata, alla completezza e alla chiarezza delle informazioni allegate, alla formazione del personale, alla presenza di procedure che indichino le misure adeguate da prendere nelle varie situazioni operative (pulizia, sterilizzazione, diagnosi del guasto, ecc). L’utilità degli ultimi esempi risiede soprattutto nel fatto che sottolineano quanto le fonti di danno non siano legate all’apparecchio in sé ma a tutto l’insieme di fattori umani e tecnologici con cui interagisce. 16 Conclusioni Elemento chiave nella scelta e nell’adozione di misure idonee alla riduzione dei rischi è l’analisi con una visione ampia e multidisciplinare dei processi che coinvolgono le apparecchiature. A questa considerazione si giunge considerando la criticità dei molti aspetti che caratterizzano le attività in cui il dispositivo è utilizzato. Sarebbe infatti estremamente riduttivo valutare il livello di sicurezza di un dispositivo svincolandolo dal suo ambiente operativo; è altrettanto pericoloso determinare i rischi specifici di una determinata attività come se fosse separata dal processo di cui fa parte. L’analisi dei rischi deve basarsi sull’intero processo al fine di minimizzare i molti pericoli che insorgono dall’interazione di ogni fase con le altre e con l’ambiente. Per questi motivi soltanto una valutazione dei rischi articolata ed allo stesso tempo legata al processo può interpretare lo spirito di un sistema integrato di prevenzione regolamentato dal D.Lgs. 626/94. 17 Bibliografia • D.Lgs. 626/94: Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. • D.Lgs. 46/97: Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici. • D.Lgs. 332/00: Attuazione della direttiva 98/79/CE relativa ai dispositivi medicodiagnostici in vitro. • D.P.R. 14/01/97: Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private. • D.Lgs. 17/3/1995 n. 157: Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi. • D.P.R. 24/7/1996, n. 459: Regolamento per l'attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine. • D.Lgs. 15/8/1991, n. 277: Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della L. 30 luglio 1990, n. 212. • L. 26/10/1995, n. 447: Legge quadro sull'inquinamento acustico. • D.P.C.M. 1/3/1991: Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno. • D.P.C.M. 14/11/1997: Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore. • D.P.C.M. 5/12/1997: Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l'individuazione degli organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro. • D.M. 16/3/1998: Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico. • D.P.C.M. 31/3/1998: Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l'esercizio dell'attività del tecnico competente in acustica, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera b), e dell'art. 2, commi 6, 7 e 8, della L. 26 ottobre 1995, n. 447 «Legge quadro sull'inquinamento acustico». • Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 giugno 2002 sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi 18 derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE). • D.Lgs. 17/3/1995, n. 230: Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti. • D.Lgs. 26/5/2000, n. 187: Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche. • D.Lgs. 26/5/2000, n. 241: Attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. • D.Lgs. 9/5/2001, n. 257: Disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 26 maggio 2000, n. 241, recante attuazione della direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. • Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999: limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz. • D.M. 2/8/1991: Autorizzazione alla installazione ed uso di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica. • D.M. 3/8/1993: Aggiornamento di alcune norme concernenti l'autorizzazione all'installazione ed all'uso di apparecchiature a risonanza magnetica. • D.P.R. 8/8/1994, n. 542: Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di autorizzazione all'uso diagnostico di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare sul territorio nazionale. • D.Lgs. 5/2/1997, n. 22: Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. • Dir. 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