La valutazione dei rischi nei processi legati alle apparecchiature

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La valutazione dei rischi nei processi legati alle apparecchiature
La valutazione dei rischi
nei processi legati
alle apparecchiature
sanitarie
Ing. Rosario Corradino (1)
Ing. Fabrizio Dori (2)
(1)
Prof. Silvano Dubini (3)
Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione, Azienda Ospedaliera Careggi, Firenze
Assegnista di Ricerca, Dipartimento Elettronica e Telecomunicazioni, Università di Firenze
(3)
Professore di Bioingegneria, Dipartimento Elettronica e Telecomunicazioni, Università di Firenze
(2)
Ar-0301
15/03/2003
Generalità
L’impiego di apparecchiature nella pratica medica comporta l’esistenza di una vasta serie di
pericoli; le caratteristiche spesso critiche dei processi di lavoro in cui questi dispositivi sono
generalmente utilizzati determinano inoltre un ambiente di lavoro particolarmente difficile e
delicato, aumentando considerevolmente il livello di rischio presente.
I pericoli che insorgono quando si va ad analizzare un processo che implica l’uso di
dispositivi medici sono tali da non poter garantire una protezione assoluta, un tipo di tutela cioè che
annulli praticamente il rischio: ciò comporterebbe infatti una riduzione dell’efficacia tale da rendere
il dispositivo stesso inappropriato allo scopo per cui è stato progettato; a fronte dunque di questa
inaccettabile riduzione di funzionalità vengono adottati una serie di provvedimenti che garantiscano
un grado di protezione adeguato rispetto alle esigenze del paziente e dell’operatore, sia a livello
clinico che sotto l’aspetto della sicurezza.
La gestione di un dispositivo medico deve necessariamente ispirarsi a criteri che ne
garantiscano l'uso sicuro, appropriato ed economico. I passi principali attraverso i quali è possibile
raggiungere questo obbiettivo sono la scelta del dispositivo più adatto nel momento dell’acquisto, la
manutenzione preventiva e correttiva soprattutto delle apparecchiature, le prove prestazionali, la
taratura, la valutazione dell’obsolescenza. È evidente come questa prospettiva coinvolga non solo
tutta la vita del dispositivo all’interno della struttura sanitaria ma anche il momento
dell’acquisizione, imponendo che le apparecchiature utilizzate in ogni attività siano appropriate
all’uso clinico, sempre perfettamente funzionanti e tenute sotto periodico controllo per quanto
riguarda la sicurezza.
Ciò nonostante vi sono ancora dei margini per ridurre il livello di rischio, poiché esistono
altre fonti di pericolo legate al contesto in cui l’apparecchiatura è usata. Sulla base di questa
considerazione non si possono determinare gli aspetti potenzialmente dannosi dell’impiego di un
dispositivo limitandosi ad osservarne le caratteristiche intrinseche, ma è necessario valutare tutto il
processo in cui il dispositivo è usato.
La valutazione dei rischi mira dunque a definire un insieme di parametri critici riguardanti
l’uso delle apparecchiature attraverso l’analisi dei processi e delle fonti di rischio ad esse collegate.
Risultano quindi esclusi i rischi funzionali e quelli derivanti da errori progettuali o costruttivi; i
primi riguardano infatti la funzione diagnostica o terapeutica per cui i dispositivi sono stati costruiti,
la cui valutazione è affidata agli operatori sanitari, mentre per i secondi la marcatura CE
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obbligatoria garantita e certificata dal Fabbricante, ci permette di dare per scontata la qualifica di
dispositivi “costruiti a regola d’arte” in cui si presume la conformità ai requisiti essenziali che
assicurano un livello di sicurezza progettuale e costruttivo adeguato.
In questa ottica vanno sviluppate le valutazioni dei rischi derivanti dalle modalità di uso dei
dispositivi cariche dei comportamenti degli utilizzatori.
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Il quadro normativo
Il quadro normativo di riferimento nella gestione e nell’utilizzo delle apparecchiature e
dispositivi nella pratica medica risulta estremamente vario.
La molteplicità degli strumenti normativi è legata principalmente ai seguenti fattori:
1. grande variabilità delle tipologie di dispositivi utilizzati e delle attività in cui essi
sono coinvolti;
2. molteplicità degli aspetti della vita di un dispositivo (ad es. l’immissione in
commercio, la marcatura, il monitoraggio sulla produzione, la pubblicità);
3. insieme molto ampio di rischi potenziali collegati all’uso delle apparecchiature;
Il principale punto di riferimento legislativo nel nostro Paese è rappresentato dalla
Costituzione, che sancisce il diritto alla salute per tutti i cittadini (art. 32 e 35).
Alla Costituzione seguono le leggi e soprattutto le normative comunitarie europee
competenti in materia tecnica e quelle nazionali che le recepiscono: per mezzo di esse si fissano i
principi e le regole attraverso cui si specificano le caratteristiche del prodotto, i criteri di
accettazione e di collaudo ed i livelli di sicurezza di impiego, imponendo i requisiti essenziali che
devono essere soddisfatti.
A queste direttive si affiancano poi le norme tecniche armonizzate, le raccomandazioni
internazionali, le norme nazionali e tutti i contributi di carattere scientifico collegati, che
definiscono il comune sapere della comunità scientifica su cui basarsi per il raggiungimento dei
requisiti richiesti per legge.
Il panorama a cui ci si trova di fronte risulta caratterizzato sia da prescrizioni obbligatorie
che da prescrizioni volontarie. Per chiarire meglio questo concetto è necessario rifarsi al principio
generale secondo cui la libera circolazione dei beni è una pietra miliare del mercato unico, per cui,
nell’ambito della Comunità Economica Europea, si è molto sentita l’esigenza di ridurre gli eventuali
ostacoli a tale circolazione. I meccanismi messi a punto per realizzare tale obiettivo si basano su
una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione, ispirata dai principi
seguenti che qui riportiamo così come sono stati espressi nella “Guida all’attuazione delle direttive
fondate sul nuovo approccio e sull’approccio globale”, pubblicata dalla Comunità Europea stessa:
4
•
L'armonizzazione legislativa si limita ai requisiti essenziali che i prodotti immessi
nel mercato nella Comunità devono rispettare per poter circolare liberamente all'interno
della Comunità stessa.
•
Le specifiche tecniche dei prodotti che rispondono ai requisiti essenziali fissati nelle
direttive vengono definite in norme armonizzate.
•
L'applicazione di norme armonizzate o di altro genere rimane volontaria e il
fabbricante può sempre applicare altre specifiche tecniche per soddisfare i requisiti previsti.
•
I prodotti fabbricati nel rispetto delle norme armonizzate si presuppone siano
conformi ai corrispondenti requisiti essenziali.
Il filo che unisce questi approcci di tipo complementare è il fatto che entrambi riducono
all'essenziale l'intervento dell’Autorità preposta e lasciano all'Industria la più ampia scelta possibile
delle modalità per soddisfare gli obblighi che le incombono.
Uno degli elementi che rappresentano il carattere innovativo di questo approccio è senza
dubbio il fatto che l'applicazione delle norme armonizzate che conferiscono una presunzione di
conformità è sempre volontaria; il Fabbricante può quindi scegliere se farvi o meno riferimento, a
patto naturalmente di dimostrare con altri mezzi di sua scelta, come l'applicazione di specifiche
tecniche esistenti, che i suoi prodotti sono conformi ai requisiti essenziali imposti dalla Normativa.
Tuttavia l’applicazione della norma armonizzata, dal momento che consente di escludere
l’onere della prova a cui abbiamo fatto cenno, costituisce un “canale preferenziale” per il
raggiungimento della conformità ai requisiti essenziali e viene adottato nella maggior parte dei casi.
In ogni caso l'applicazione dei requisiti essenziali deve essere in funzione del rischio insito
in un dato prodotto e nell’uso a cui tale prodotto è destinato, per cui una attenta e completa
valutazione dei rischi diventa il fondamentale punto di partenza per l’applicazione di qualunque
Normativa; inoltre questa flessibilità nella scelta delle modalità per soddisfare i requisiti fissati
consente di adeguare sia i materiali e la progettazione del prodotto al progresso tecnologico, sia le
modalità di utilizzo al contesto specifico in cui l’apparecchiatura è inserita.
In questo scenario il D.Lgs. 626/94 costituisce un cardine nel sistema prevenzione ed ha
come fine il miglioramento continuo della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
Va comunque sottolineato che la tutela della salute dei cittadini è il valore su cui si basa l’intera
attività di una Struttura Sanitaria; proprio per questo è possibile e doveroso estendere anche a tutti
coloro che sono presenti nelle Strutture Sanitarie, ad esempio i pazienti o i visitatori, le misure di
tutela riservate ai lavoratori intesi in senso stretto secondo la definizione dell’art.2, comma 1, let.a.
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Per quanto riguarda gli aspetti presenti nel decreto legati alla gestione dei macchinari vale la
pena sottolineare alcuni punti, nell’intento di chiarire come le prescrizioni del D.Lgs. 626/94
possano adattarsi alla problematiche delle apparecchiature nelle strutture sanitarie:
•
all’art. 3.c si parla di riduzione dei rischi alla fonte, ed è evidente come uno
strumento che assicuri questo sia una oculata scelta del dispositivo attraverso una
significativa tipizzazione delle caratteristiche tecniche da inserire nei capitolati di gara;
•
all’art. 3.r si parla di regolare manutenzione di ambienti, attrezzature,
macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla
indicazione dei Fabbricanti;
•
nell’art. 4 emerge ancora l’importanza delle procedure di acquisto in quanto
“Il datore di lavoro … in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati
chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e
per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a
rischi particolari”. Tale obbligo deve contemperarsi agli obblighi legati alle disposizioni del
D.Lgs. 157/95 in materia di appalti pubblici di servizi.
•
nel Titolo III, che nel suo complesso riguarda l’uso delle attrezzature di
lavoro, sono sottolineati ancora i principi preventivi che devono regolare le fasi principali
della vita di un dispositivo (acquisto, collaudo, manutenzione/uso, dismissione); si legge in
proposito all’art. 35.3 che “All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di
lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da
svolgere; b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall'impiego delle
attrezzature stesse”, ancora all’art. 35.4 che “Il datore di lavoro prende le misure necessarie
affinché le attrezzature di lavoro siano: a) installate in conformità alle istruzioni del
fabbricante; b) utilizzate correttamente; c) oggetto di idonea manutenzione al fine di
garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove
necessario, da apposite istruzioni d'uso”; per quanto riguarda l’art. 36 è utile ricordare il
comma 1: “Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare
alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei
lavoratori stessi ad esse applicabili”.
Nell’ottica della prevenzione dei rischi centrata sul paziente si inseriscono a questo punto le
norme che vincolano il Fabbricante e l’Utilizzatore.
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Per il Fabbricante la disciplina che regola attualmente il settore dei dispositivi medici è la
Direttiva 93/42/CEE, recepita in Italia dal D.Lgs. 46/97.
Questa direttiva esprime l’atteggiamento generale del Legislatore Europeo fondato sul
concetto di nuovo approccio, ed accoglie pienamente i principi fondamentali dell’armonizzazione
tecnica e del rispetto dei requisiti essenziali ai fini della commercializzazione di un prodotto. La
portata innovativa che questi presupposti hanno, acquista ancor più rilievo se si considera la sua
vastissima applicabilità nel campo delle strutture sanitarie. La definizione giuridica di dispositivo
medico è tale infatti da comprendere nel proprio ambito una numerosissima serie di prodotti, che
vanno ad esempio dalla siringa ai bisturi, dai pacemakers ai prodotti per il settore odontoiatrico,
dalle protesi ai complessi radiogeni, ed i processi che coinvolgono queste attrezzature uniscono
aspetti che vanno dalla routine più ordinaria alle procedure di emergenza, interessando tra l’altro
ambienti con problematiche estremamente diverse, come l’ambulatorio, la sala operatoria,
l’ambiente domestico e così via.
Senza entrare in dettagli, ricordiamo che elemento indispensabile per l'immissione in
commercio di un dispositivo medico è l'obbligo della marcatura CE, il cui fine è quello di garantire
utilizzatori e pazienti circa la sicurezza del prodotto attraverso il rispetto dei requisiti essenziali di
sicurezza richiamati dalla norma stessa.
Come si è già detto la conformità a tali requisiti può essere raggiunta dal Fabbricante
attraverso il rispetto delle norme armonizzate emanate in materia, oppure attraverso la scelta di
soluzioni tecniche diverse purché se ne dimostri l’efficacia nel raggiungimento dei requisiti
essenziali di sicurezza.
Quello che vale la pena di sottolineare è l’importanza della valutazione dei rischi come
strumento operativo per il raggiungimento ed il mantenimento dei requisiti. Ciò è espressamente
richiesto all’interno dell’allegato I, dove sono espressi i requisiti essenziali che tutti i dispositivi
devono soddisfare.
In particolare nel comma 2 è possibile leggere che “Le soluzioni adottate dal fabbricante per
la progettazione e la costruzione dei dispositivi devono attenersi a principi di rispetto della
sicurezza, tenendo conto dello stato di progresso tecnologico generalmente riconosciuto. Per la
scelta delle soluzioni più opportune il fabbricante deve applicare i seguenti principi, nell'ordine
indicato:
– eliminare o ridurre i rischi nella misura del possibile (integrazione della
sicurezza nella progettazione e nella costruzione del dispositivo);
– se del caso adottare le opportune misure di protezione nei confronti dei rischi
che non possono essere eliminati eventualmente mediante segnali di allarme;
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– informare gli utilizzatori dei rischi residui dovuti a un qualsiasi difetto delle
misure di protezione adottate.”
Questa misura è riferita esplicitamente al Fabbricante, ma il concetto è facilmente
esportabile all’Utilizzatore sulla base di alcune considerazioni:
•
l’informazione che il Fabbricante deve dare all’Utilizzatore va vista nell’ottica in
cui questi la utilizzi per il corretto uso del dispositivo, per ottenere il quale è
necessario effettuare una valutazione dei rischi legati all’uso del dispositivo
all’interno del processo in cui Utilizzatore e dispositivo sono inseriti;
•
il concetto di valutazione dei rischi ha carattere generale: nel comma 1 dello stesso
allegato si evidenzia che “I dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo
che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei
pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed eventualmente di terzi
quando siano utilizzati alle condizioni e per i fini previsti, fermo restando che gli
eventuali rischi debbono essere di livello accettabile, tenuto conto del beneficio
apportato al paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute
e della sicurezza”. Il grado di accettabilità deve tener conto delle condizioni e della
destinazione d’uso e l’analisi di questi due aspetti è parte integrante della
valutazione dei rischi;
•
la valutazione dei rischi legati all’uso di un dispositivo medico rientra a pieno titolo
nella valutazione dei rischi a cui si riferisce il D.Lgs. 626/94 e alla quale tutti i
soggetti coinvolti nel sistema di prevenzione devono contribuire, ivi compresi gli
Utilizzatori.
A questo punto occorre osservare che i principi del D.Lgs. 626/94, rivolti ai lavoratori, e la
conformità ai requisiti della Direttiva 93/42/CEE, destinata al Fabbricante, trovano un punto di
incontro nell’ambito determinato dalle disposizioni in materia di Accreditamento Istituzionale delle
Strutture Sanitarie Pubbliche e Private, introdotte dal D.P.R. 14/01/97 ai sensi del D.Lgs. 502 del
1992 e successive modificazioni e dalla normativa regionale ad esso ispirata.
L’importanza di questo atto risiede nella necessità di inserire nel processo di erogazione di
ogni servizio sanitario uno strumento di controllo della qualità non professionale del servizio stesso
basato sulla definizione e sulla verifica di una serie di requisiti strutturali, tecnologici ed
organizzativi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle Strutture Sanitarie
Pubbliche e Private e validi su tutto il territorio nazionale.
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La natura di queste prescrizioni coinvolge le fasi del processo di erogazione del servizio e
gli aspetti della conduzione di una Struttura Sanitaria. Aspetti che spaziano dalle politiche
complessive dell'azienda alla struttura organizzativa, dalla gestione delle risorse umane alla
gestione delle risorse tecnologiche, dalla qualità al sistema informativo, ecc.
In particolare un elemento fondamentale ed innovativo rispetto alla legislazione precedente
nel Settore Sanitario è rappresentato dallo spazio riservato alla gestione della tecnologia.
Osservando il punto 4 dell’allegato al D.P.R. 14/01/97 in cui sono definiti i requisiti, “Gestione
delle risorse tecnologiche”, si legge che “Si devono prevedere specifiche procedure di
programmazione degli acquisti delle apparecchiature biomediche e dei dispositivi medici che
devono tenere conto dell'obsolescenza, dell'adeguamento alle norme tecniche, della eventuale
disponibilità di nuove tecnologie per il miglioramento dell'assistenza sanitaria.
La Direzione adotta un inventario delle apparecchiature in dotazione.
Deve esistere un piano per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle apparecchiature
biomediche; tale piano deve essere documentato per ciascuna apparecchiatura e reso noto ai diversi
livelli operativi.
La Direzione deve provvedere affinché in ogni presidio sia garantito l'uso sicuro,
appropriato ed economico delle apparecchiature biomediche”.
È evidente come chiunque operi all’interno di questo processo sia coinvolto dalle
prescrizioni del D.P.R. 14/01/97, sia che operi come Utilizzatore che come Gestore della
tecnologia; inoltre ancora una volta si può affermare che la valutazione dei rischi è uno strumento di
chiara utilità nel garantire “l'uso sicuro, appropriato … delle apparecchiature biomediche”.
Se a questo punto ricordiamo che il Fabbricante è già coinvolto dalla Direttiva 93/42/CEE
vediamo che ogni momento della vita e dell’utilizzo di un dispositivo medico è regolato da requisiti
essenziali di sicurezza, il cui raggiungimento si basa su una corretta procedura di valutazione dei
rischi effettuata dai soggetti coinvolti nella specifica fase del processo in esame.
Dal quadro legislativo complessivo si può osservare che:
•
l’ampio scenario di problematiche presenti implica la necessità di un modello di
gestione integrata e multidisciplinare dei processi coinvolti;
•
l’analisi dei processi deve basarsi su strumenti di gestione e di monitoraggio efficaci
ed efficienti;
•
la corretta applicazione delle prescrizioni giuridiche deve considerare anche gli
aspetti organizzativi, nell’ottica del raggiungimento di un adeguato livello di
sicurezza per tutto il processo, senza cioè limitarsi alle singole attività o ai dispositivi
come se fossero avulsi dal loro contesto operativo;
9
•
è necessario definire un ruolo ben preciso delle varie figure professionali coinvolte,
interne ed esterne alla Struttura Sanitaria.
I principali riferimenti normativi che riguardano i dispositivi medici con particolare
considerazione agli apparecchi sono:
Riferimenti
Tipologia di rischio
normativi
Campo di applicazione
principali
Aspetti generali
Rischio elettrico
Rischio meccanico
D.Lgs.
626/94
Normativa di riferimento sulla
sicurezza dei lavoratori
Normativa di riferimento sui
D.Lgs. 46/97
dispositivi medici
D.P.R.
Accreditamento Istituzionale
14/01/97
UNI CEI EN Valutazione rischi dispositivi
ISO 14971
medici
CEI EN
Norme tecniche sugli apparecchi
60601-1 (62- elettromedicali
5)
CEI 62-XX
CEI EN
Norme tecniche sugli apparecchi
60601-1 (62- elettromedicali
5)
CEI 62-XX
D.P.R.
Normativa di riferimento sulle
459/96
macchine
D.Lgs.
Rumore
277/91
L. 447/95
Direttiva
Vibrazioni
2002/44/CE
UNI EN
Valutazione rischi
1050
UNI EN
Principi generali di progettazione
292/1, 292/2
UNI EN 953 Ripari
UNI EN 349 Schiacciamento
UNI EN 418 Arresto d’emergenza
UNI EN
Comandi
954/1
UNI EN 983 Trasmissioni
CEN EN 294 Distanze di sicurezza
Linee guida Ultrasuoni
I.C.N.I.R.P
(vedi
bibliografia)
10
(vedi
bibliografia)
Rischio Radiazioni
Ionizzanti
Rischio Radiazioni
Non ionizzanti
Rischio chimico biologico
D.Lgs.
230/95
Normativa di riferimento sulle
radiazioni ionizzanti
D.Lgs. 187/00
D.Lgs. 241/00
D.Lgs. 257/01
D.M.
Normativa di riferimento sulla
02/08/91
risonanza magnetica
D.M. 03/08/93
D.P.R. 542/94
CEI 76-XX Norme tecniche sui laser
Linee guida Campi elettromagnetici
I.C.N.I.R.P
(vedi
bibliografia)
Luce
Ultravioletti
D.Lgs. 22/97 Rifiuti
Si può notare che il panorama risulta sufficientemente completo e specifico per quanto
riguarda gli aspetti derivanti dai rischi di natura elettrica e per le Radiazioni Ionizzanti, mentre
risultano non completi gli ambiti che riguardano i rischi di natura meccanica, chimico-biologica e
quelli derivanti dall’esposizione a Radiazioni Non Ionizzanti, nel senso che la normativa e la
legislazione sono di tipo generale e quindi meno specifiche per il segmento considerato. Per
affrontare le problematiche relative ai rischi di natura meccanica è utile basarsi sulla Direttiva
Macchine e sulla Normativa UNI associata all’argomento considerando che, pur non essendo
direttamente applicabili ai dispositivi medici, affrontano analoghe fonti di rischio. Per quanto
riguarda le Radiazioni Non Ionizzanti la fonte principale di approfondimento sono i documenti
dell’I.C.N.I.R.P (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), eccezion fatta
per la Risonanza Magnetica ed il Laser già considerati in ambito nazionale.
Inoltre occorre sottolineare la vastità e la complessità delle fonti di rischio analizzate; la
scelta delle categorie sopra indicate è infatti dettata essenzialmente da esigenze di chiarezza e
semplicità nella descrizione, piuttosto che da completezza. Basti infatti pensare ad esempio al fatto
che i rischi di natura meccanica comprendono fattori molto diversi tra loro, come il taglio e la
stabilità da un lato e le vibrazioni, gli ultrasuoni ed il rumore da un altro. Non è questa la sede per
scendere nel dettaglio di tutti questi aspetti, ma anche rimandando ad altro contesto l’analisi più
circostanziata delle fonti di rischio e dei riferimenti specifici, ricordiamo che gli strumenti
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evidenziati sono comunque un fondamentale riferimento anche per le situazioni più particolari e
dettagliate.
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La valutazione dei rischi
Per valutazione dei rischi si intende un processo logico attraverso il quale è possibile
giungere all’analisi ed alla valutazione delle situazioni di rischio legate ad un determinato processo
di lavoro.
Il procedimento di valutazione dei rischi è applicabile a qualunque tipologia di processo
lavorativo e riguarda tutte le possibili finti di rischio; d’altra parte questo concetto è perfettamente
in linea con i principi e le indicazioni del D.Lgs. 626/94, per il quale la valutazione dei rischi
costituisce uno dei cardini del sistema di prevenzione. Inoltre, a causa della natura estremamente
varia dei pericoli, l’approccio alla valutazione del rischio deve essere multidisciplinare e
coinvolgere ogni fase del processo.
Lo strumento per raggiungere un processo ragionevolmente sicuro è la conoscenza di questi
rischi e la capacità di valutare l’opportunità di adottare adeguate misure protettive.
Nel caso della valutazione dei rischi delle apparecchiature in uso all’interno delle Strutture
Sanitarie è possibile applicare sia strumenti validi in generale per il macchinario, adattandoli alle
particolari esigenze dei processi relativi all’erogazione di servizi sanitari, sia strumenti legislativi e
normativi tecnici di carattere più specifico.
Gli strumenti normativi principali sono quelli già citati all’interno del Quadro Normativo e
sono affiancati, nello stato dell’arte del settore in esame, da tutte le pubblicazioni tecniche e dalla
letteratura scientifica pertinenti; in particolare sono molto utili per il loro approccio metodologico al
problema la Norma UNI EN 1050:1998, “Sicurezza del macchinario. Principi per la valutazione del
rischio” e la Norma UNI CEI EN ISO 14971:2002, “Dispositivi medici. Applicazione della gestione
dei rischi ai dispositivi medici”.
Ricordiamo che le Norme citate sono rivolte principalmente al Fabbricante e solo
indirettamente all’Utilizzatore, ma il tentativo di operare per il meglio imposto dal Nuovo
Approccio non vieta, ma anzi spinge, ad utilizzare ogni contributo utile al raggiungimento della
conformità ai requisiti richiesti.
La valutazione dei rischi viene descritta in questi documenti come lo strumento attraverso il
quale si giunge all’eliminazione o alla riduzione dei pericoli attraverso una procedura sistematica e
coerente.
In tale strumento devono convergere l’esperienza sulla progettazione, sull’uso, la storia dei
danni e degli infortuni legati alla macchina ed al processo in cui è inserita, allo scopo di individuare
i punti critici ed adottare le conseguenti misure di sicurezza.
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È possibile affermare che la valutazione dei rischi si attua attraverso due fasi:
•
Analisi dei rischi
•
Valutazione del rischio
Alla prima fase attengono in primo luogo l’identificazione dei pericoli legati alla macchina
in esame, ed i secondo luogo la stima del rischio, intendendo con identificazione dei pericoli la
stesura dell’elenco delle fonti di rischio pertinenti attraverso lo studio della vita del dispositivo,
degli utilizzatori e degli usi prevedibili della macchina, mentre per stima del rischio va inteso lo
studio della combinazione di due elementi critici dell’analisi: la probabilità che si verifichi l’evento
dannoso e la gravità delle conseguenze.
Alla seconda fase appartiene la valutazione degli elementi raccolti nella prima e
l’espressione del giudizio sulla necessità di ridurre con opportune misure i rischi emersi.
L’analisi oggetto della fase iniziale è dunque quello strumento che consente di evidenziare
tutta una serie di punti critici e di informazioni che sono la base delle decisioni oggetto della fase
successiva.
Andando più in dettaglio è possibile espandere questo concetto descrivendo i principali passi
metodologici attinenti alla prima fase:
1.
Determinazione dei limiti della macchina con analisi
a.
delle fasi di vita del dispositivo,
b.
dell’uso prevedibile,
c.
degli operatori e della loro formazione,
d.
degli altri soggetti esposti.
2.
Identificazione del pericolo mediante l’analisi del processo.
3.
Stima dei rischi attraverso l’osservazione
a.
delle persone esposte, del tipo e della durata di questa esposizione,
b.
del rapporto tra esposizione ed effetti, anche con statistiche sugli
infortuni,
c.
dei fattori umani, quali aspetti psicologici, capacità delle persone di
gestire situazioni critiche, etc.
d.
dei sistemi di sicurezza presenti, con particolare attenzione alla
possibilità di eluderli o di renderli meno efficaci.
Il risultato di questa analisi sarà un elenco delle fonti di rischio legate al dispositivo: per
ciascuno dei punti critici trovati, saranno evidenziate la gravità e la frequenza presunta del danno.
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Sulla base di queste considerazioni si può passare alla seconda fase, in cui deve essere a
questo punto deciso se è stata raggiunta una condizione di sicurezza accettabile.
Questa decisione rappresenta certamente l’elemento più delicato di tutto il processo in
quanto, pur basandosi sugli elementi oggettivi della prima fase, ha come elemento cardine l’abilità
dei soggetti coinvolti di formulare un giudizio approfondito: tale giudizio si raggiunge grazie
all’esperienza nel settore, alla capacità di analisi, alla competenza, alle intuizioni, ma questi sono
elementi soggettivi e come tali difficili da codificare ed estremamente dipendenti dalla percezione
del rischio che ha ogni interlocutore.
È possibile dare un’indicazione di carattere metodologico dicendo che risulta utile basarsi
sull’osservazione dei punti seguenti, senza tuttavia pretendere che questo elenco sia esaustivo:
•
Eliminazione del pericolo
•
Protezioni adeguate
•
Informazioni per l’uso e/o procedure operative adeguate
Ricordiamo comunque che le Norme Armonizzate costituiscono uno strumento importante
anche dal punto di vista dell’uniformità di giudizio, dal momento che sono il punto di riferimento
per lo stato dell’arte del settore.
Il processo a questo punto può concludersi con l’osservazione che gli obiettivi di riduzione
del rischio sono stati raggiunti oppure iterando la prima fase della valutazione dei rischi fino al
raggiungimento di un giudizio positivo.
Giova sottolineare che risulta utile alla formulazione del giudizio finale il confronto degli
elementi critici trovati con quelli validi per una macchina simile o per un processo lavorativo con
rischi assimilabili a quelli in esame, ricordando però che questo punto costituisce solo un elemento
ulteriore di verifica e non sostituisce in alcun modo la procedura descritta.
Il procedimento visto ha validità generale e può essere applicato a qualunque attrezzatura su
cui si voglia eseguire una procedura di identificazione dei pericoli e di stima e valutazione dei
rischi; se poi questa attrezzatura è un dispositivo medico ci viene in aiuto la UNI CEI EN ISO
14971, più specifica per il settore in esame.
Questa norma è rivolta alla definizione di una procedura attraverso la quale è possibile
identificare i pericoli associati ai dispositivi medici o diagnostici in vitro, stimare e valutare i rischi,
controllarli e monitorare l’efficacia del controllo. È rivolta principalmente al Fabbricante, ma non
ostante questo costituisce un utile punto di riferimento per chiunque sia coinvolto in problematiche
analoghe.
Da un punto di vista metodologico non si evidenziano differenze sostanziali con la UNI EN
1050, della quale ricalca in buona sostanza i passi descritti.
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Quello che vale la pena di sottolineare è che gli elementi che forniscono spunti di riflessione
sono da ricercarsi ancora una volta nelle specificità dei processi di lavoro in cui sono utilizzati i
dispositivi medici. Il primo fra tutti questi elementi è la presenza del paziente all’interno del
processo, che introduce quelle criticità che non è possibile riscontrare in nessun altra attività
lavorativa.
Esistono poi parecchie fonti di pericolo che possono essere associate all’uso dei dispositivi
medici e diagnostici in vitro, che ci consentono di ampliare le tipologie generali già viste e che
abbracciano tutta la vita di un’apparecchiatura, dalla progettazione alla dismissione, e tutte le
attività in cui essa viene impiegata. Pur non entrando nel dettaglio di questi fattori citiamo per tutti i
pericoli di natura organizzativa, quelli cioè legati ad esempio all’adeguatezza dei locali e in
generale dell’ambiente in cui viene utilizzata, ivi compresi gli impianti a cui è collegata, alla
completezza e alla chiarezza delle informazioni allegate, alla formazione del personale, alla
presenza di procedure che indichino le misure adeguate da prendere nelle varie situazioni operative
(pulizia, sterilizzazione, diagnosi del guasto, ecc).
L’utilità degli ultimi esempi risiede soprattutto nel fatto che sottolineano quanto le fonti di
danno non siano legate all’apparecchio in sé ma a tutto l’insieme di fattori umani e tecnologici con
cui interagisce.
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Conclusioni
Elemento chiave nella scelta e nell’adozione di misure idonee alla riduzione dei rischi è
l’analisi con una visione ampia e multidisciplinare dei processi che coinvolgono le apparecchiature.
A questa considerazione si giunge considerando la criticità dei molti aspetti che caratterizzano le
attività in cui il dispositivo è utilizzato.
Sarebbe infatti estremamente riduttivo valutare il livello di sicurezza di un dispositivo
svincolandolo dal suo ambiente operativo; è altrettanto pericoloso determinare i rischi specifici di
una determinata attività come se fosse separata dal processo di cui fa parte.
L’analisi dei rischi deve basarsi sull’intero processo al fine di minimizzare i molti pericoli
che insorgono dall’interazione di ogni fase con le altre e con l’ambiente.
Per questi motivi soltanto una valutazione dei rischi articolata ed allo stesso tempo legata al
processo può interpretare lo spirito di un sistema integrato di prevenzione regolamentato dal D.Lgs.
626/94.
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