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APPUNTI DI LETTERATURA LATINA
La tarda Età Imperiale: Terzo Secolo
Con i Severi (Settimio Severo: 193 d.C. – 211 d.C.; Alessandro Severo: 222 d.C. – 235
d.C.) il militarismo condiziona una cultura già sterile e pertanto con la sola eccezione del
campo giuridico (Papiniano, Ulpiano) gli altri settori letterari attraversano una fase di
decadenza ; tuttavia alla fine del secolo si riscontra una timida rinascita che ha come
promotori gli imperatori illirici ( Claudio il Gotico , Aureliano , Probo , Caro e soprattutto
Diocleziano : 284 – 305 d.C. ) energici e decisi a dare nuovo impulso alla cultura pagana:
una anticipazione di questo momento di ripresa può essere visto nei Cynegetica e nelle
Ecloghe di Olimpio Nemesiano che imita Virgilio e perciò riprende temi classici; oppure
nei Dicta Catonis, raccolta di massime morali in distici così chiamate per il sapore arcaico,
molto famosa ancora nel Medioevo.
Ma il III sec., o meglio la fine del II e il principio del III, segna anche l’inizio della attività
dei primi apologisti latini : il termine prende il significato di “ difesa del cristianesimo dalle
accuse dei pagani e prima essenziale esposizione della dottrina cristiana “ ; in Grecia si
erano già affermati gli scrittori cristiani, sia perché questa regione era più vicina ai centri di
diffusione del Cristianesimo sia perché questa religione riempiva il vuoto lasciato nelle
coscienze dalla decadenza del paganesimo e rappresentava anche un movimento
antimperiale che muoveva dalle province orientali. L’apologetica greca appartiene quindi al
principio del II sec. d.C., mentre quella latina alla seconda metà del II sec. d.C. in quanto la
figura principale: Tertulliano, scrive ed agisce sopratutto nell’arco di questo periodo.
Minucio Felice: tra gli apologisti latini rappresenta la tendenza più vicina al classicismo sia
nello stile sia nel pensiero; la sua opera, il trattato dialogico Octavius, esalta la nuova
religione; il suo misticismo non è ancora ben delineato, ma fa già sentire l’opposizione al
paganesimo pur venendo espresso in forme moderate e con classica eleganza; l’autore
dunque rappresenta essenzialmente il cristianesimo dei ceti dirigenti.
Tertulliano ( manuale : Apologeticum, L,1-3 ; 12-13 ) : 160 – 230 circa , nasce a
Cartagine. Cresciuto nelle scuole di retorica e di diritto, (cfr. Apuleio), venne a Roma e
svolse la professione di avvocato. Fattosi cristiano e poi prete nel 195 iniziò la sua opera di
propagandista della nuova fede. E’ un autore che sostiene con fermezza i dogmi della nuova
Fede, dimostra una ostilità per il mondo classico e sebbene si senta in lui l’uomo esperto del
linguaggio letterario, usa una lingua anche plebea, che non disdegna i toni aspri ed
aggressivi, dimostrandosi con ciò un singolare esempio di spontaneità espressiva. Ma il suo
animo passionale non è privo di contrasti: tutta la sua prima produzione infatti è rivolta alla
difesa della unità della Chiesa ( Adversus Marcionem e Apologeticum ) e si affanna a
criticare alcune sette eretiche del suo tempo, come gli gnostici ovverosia i sostenitori
dell’esistenza di due principi nella vita umana da identificare con due divinità: il Bene e il
Male. Dopo il 213 l’immoralità del clero e l’insufficiente rigore con cui si osservavano le
massime della Fede, lo fanno approdare all’eresia montaniana, una sorta di
ultraspiritualismo che in un certo senso precorre la riforma protestante. Egli nega infatti al
clero il diritto di amministrare i sacramenti e di dirsi intermediario unico tra l’umanità e
Dio; si scaglia inoltre contro la facilità a passare a seconde nozze. Le opere di questo
secondo periodo sono infatti: De virginibus velandi, De exortatione castitatis, De pudicitia
ecc.
San Cipriano: vissuto nella prima metà del III sec., scolaro di Tertulliano, vescovo di
Cartagine (248 d.C.). Di animo equilibratissimo, cercò di mitigare i contrasti interni fra le
comunità, dovuti o all’eccessivo rigore o all’eccessiva indulgenza con i quali i cristiani che
una volta avevano abiurato per timore della persecuzione, venivano riammessi o esclusi
dalle comunità stesse: scrisse a questo proposito il De lapsis; di lui va ancora ricordato un
De catholicae ecclesiae unitate, oltre all’epistolario, che ci testimonia molto bene le
condizioni di vita dei fedeli africani durante le persecuzioni.
Morì egli stesso in questo modo sotto Valeriano (258 d.C.).
Alla schiera dei primi apologeti va aggiunto Commodiano di Gaza, poeta. Egli nei suoi
testi si vale di una metrica che va sempre più aderendo agli schemi accentuativi della poesia
popolare e come temi si scaglia contro gentili ed ebrei (Apologeticum adversus Iudaeos et
Graecos).
Quarto secolo
Inizia con il consolidamento e la ristrutturazione dello Stato sotto Diocleziano ( cfr.
l’istituzione della tetrarchia , delle 12 diocesi imperiali , del calmiere su salari e prezzi , il
potenziamento del carattere divino del potere imperiale ) e Costantino (306 – 337 d.C. :
efficienza
dell’esercito,
rafforzamento
dell’apparato
burocratico
dell’impero,
consolidamento del potere centrale) che porta anche ad una rinascita della cultura pagana;
ma anche i cristiani finalmente ottengono la libertà di professare la loro fede e quindi si
giunge a una violenta ed aperta opposizione di costoro contro i pagani fino ad auspicarne la
completa eliminazione: 313 d.C. editto di Milano per la libertà di culto ; 325 d.C. primo
Concilio ecumenico di Nicea.
In questa accesa atmosfera non mancano però anime equilibrate che impediscono la rovina
dei tesori d’arte e di pensiero dell’antichità, e superando l’odio di parte esaltano il mondo
antico e ne riconoscono i meriti (cfr. i “sacra furta” di Sant’Agostino).
Ma anche gli scrittori della lotta senza quartiere al paganesimo, come Lattanzio e Firmico
Materno, per combattere ad armi pari contro i loro nemici usano la lingua di Cicerone e
così non mancano almeno implicitamente di riconoscere agli scrittori della Tradizione
pagana alcuni grandi meriti nel formarsi della stessa spiritualità cristiana.
Finita quindi (data emblematica: 313 d.C., editto di Milano) la lotta cruenta, cessate le
persecuzioni, sopraggiunti i christiana tempora, il dissidio giuridico, tranne qualche
sporadica reazione, si compone; mentre quello culturale non ha più l’ardore infiammato dei
secoli precedenti perché la cultura pagana è comunque in declino. Rimane l’eterno conflitto,
quello che si consumerà in ogni uomo che nasca o che viva, tra quanto è in lui di cristiano e
quanto ancora di pagano. Si avvia dunque ad opera dei cosiddetti Padri della Chiesa:
SANT’AMBROGIO, SAN GEROLAMO, SANT’AGOSTINO ( cfr. manuale per
l’inno I ambrosiano : Aeterne rerum conditor ; l’epistola di Gerolamo XXII, 30 e dalle
Confessiones agostiniane II,4, 9; 6, 12) la costruzione organica dell’edificio della Fede, che
rimarrà eredità fondamentale per il Medioevo; prevalgono dunque in questi scrittori gli
interessi per la dottrina e per il contenuto teologico, ma c’è anche poesia, a volte, e
comunque ancora una notevole raffinatezza retorica.
La continuità con il Passato è ancora ben assicurata dalla Scuola, dove la tendenza è quella
di creare grosse raccolte, manuali e repertori enciclopedici dove mettere insieme tutto il
meglio della civiltà classica per tramandarla ai posteri. In questo senso è soprattutto la
Grammatica, intesa non solo come dottrina normativa della lingua ma anche come
disciplina operante un commento critico e filologico ai testi, che mantiene viva la tradizione
delle opere e la loro conservazione, anche se a volte solo frammentaria (attraverso glosse,
chiose, commenti, scolii, ecc.).
Il centro principale di questi studi è la scuola di Elio Donato, autore di un commento a
Virgilio e a Terenzio, fondamentali per noi. Lì troviamo anche Claudio Donato, Servio,
Macrobio e Diomede. La loro opera è alla base degli studi grammaticali e retorici del
Medioevo (cfr. il sistema delle artes del Trivio e del Quadrivio).
In campo storico troviamo alla corte di Giuliano l’Apostata (360 – 363 d.C.) il più grande
storico della decadenza: Ammiano Marcellino, di Antiochia .
E’ autore dei Rerum Gestarum Libri XXXI, di cui noi possediamo gli ultimi 18 che
riguardano gli anni 353 – 378. Egli inizia partendo da Tacito (→ cfr. vol. 3), ossia dalla
morte di Domiziano (96 d.C.) per giungere alla sconfitta di Adrianopoli (378 d.C.) ad opera
dei Goti e alla morte di Valente ( 378 ). La sua posizione di fronte ai cristiani è oscillante,
perché ora sembra aderire alla politica accorta e realistica come quella messa in atto da
imperatori come Teodosio, sotto il quale lo storico operò, ora invece giudicare con più
severità la nuova religione, assecondando la politica filopagana di Giuliano l’Apostata.
Si può avvicinare per ricchezza di informazioni e vastità di impianto all’opera di Ammiano
la Historia Augusta, raccolta di biografie imperiali scritte da diversi autori vissuti sotto
Diocleziano e Costantino; essa rappresenta la continuazione della tradizione delle Vite
svetoniane ( scritte al tempo di Traiano e Adriano e strutturate in De viris illustribus e De
vita Caesarum; Tranquillino Svetonio,il loro autore, visse fra il 70 e il 140 ca. d.C. e fu
responsabile degli archivi imperiali sotto Adriano) e si fa apprezzare per l’abbondanza di
curiosità, pettegolezzi ed aneddoti; lo stile spesso piatto e monotono, è però a volte di tipo
“giornalistico”.
Epitomatori di Livio sono Giulio Ossequente ed Eutropio.
Il più grande poeta del secolo è Ausonio ( cfr. pg. 240 del manuale per i contenuti della
Mosella), gallo di Bordeaux, vissuto tra il 310 e il 379 d.C., egli si fece anche cristiano, ma
non riuscì a comprendere i veri valori della nuova religione. Fu un verseggiatore d’ingegno,
dotato di ricca musicalità, anche se non lo si può considerare geniale.
Gli occhi un po’ chiusi sul Presente, incurante del crollo imminente, scioglie un canto
nostalgico ed appassionato dedicato a persone, cose e luoghi cari, come appunto nel
poemetto Mosella (una regione di confine tra Gallia e Germania dell’impero sottoposta a
continue incursioni barbariche, dal poeta però vista ancora come meta di turismo e di
svago).
Alla fine del secolo un nuovo vigore, una nuova intonazione si manifestano negli ultimi due
poeti latini: Claudiano, di Alessandria e Namaziano ( cfr. pg.244 del manuale per De
reditu suo ) di origine gallica.
Il primo da giovane scrisse in greco, imitando gli ultimi epici greci e compose una
Gigantomachia. Poi apprese il latino dei classici, cioè un latino puro, letterario e, venuto a
Roma (395 d.C.), si trasferì poi alla corte di Onorio a Milano. Compose molto poesie di
occasione dedicate ai principali personaggi di corte; con un senso visivo che ricorda Ovidio,
egli si dimostra ancora convinto della forza di Roma. Dedicò al generale Stilicone alcuni
poemi che esaltavano la guerra contro i Goti (403-405 d.C.) e il suo consolato (Laus
Stilichonis e De bello Gothico); poi celebrò Onorio e le sue nozze con la figlia del generale
(De nuptiis Honori et Mariae): insomma si propone come un raffinato poeta cortigiano.
Rutilio Namaziano ricoprì importanti incarichi nell’amministrazione imperiale sotto
Onorio (395 – 423 d.C.) e nel 417 d.C. si recò in patria per vedere di persona gli effetti delle
invasioni barbariche. Questo viaggio gli suggerì la composizione di un poemetto in distici
De reditu suo, incompiuto; vi leggiamo , ad esempio , l’elogio di Roma, che il poeta
partendo salutava con animo pieno di entusiasmo per la sua grandezza (“fecisti patriam
diversis gentibus unam”) e pieno di dolore per i suoi mali presenti (nel 410 d.C. era
avvenuto il fatidico sacco di Roma ad opera dei Goti di Alarico) ma anche di fede nel suo
sicuro avvenire. Certo i numi fondatori e protettori di Roma, quelli celebrati da Virgilio ed
Orazio (cfr. Eneide e Carmen saeculare di Orazio) erano ormai un ricordo nostalgico
circondato di rovine: ma Roma, il “nume turrito”, la “ provvida dea delle genti e madre
degli uomini ”, sarebbe sopravvissuta nella Poesia e nell’Arte .
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