due parole per una storia
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due parole per una storia
Classe II C Laboratorio di scrittura creativa DUE PAROLE PER UNA STORIA Brevi racconti ideati e scritti dai ragazzi e dalle ragazze della classe II C dell' Istituto Lattanzio - Di Vittorio di Roma. Claudio Gradi Giuseppe Marino Mattia La Tona Damiano Croce Luciano Ilas Patrizio Pesce Daniele Libertone Lucrezia Muratore Silvia Emiliani Gabriele Margani Manuel Cecchetto Sakib Siddiquei Gianmarco Cangemi Matteo Marzano Simone Fruscella Gianni Olaru Matteo Testa Stella Missaoui Tutti sappiamo quale grande potere evocativo abbiano le parole. Esse ci riportano ai ricordi e ci proiettano verso gli altri. Dopo una lezione come tante nascono per caso questi racconti che parlano della personalità, della fantasia, delle paure e della capacità di sognare dei vostri e nostri ragazzi. In totale libertà hanno scelto cosa raccontare e come raccontarlo. Con tanta volontà hanno tessuto la trama delle piccole vicende. Con profonda fiducia hanno accolto la sfida ed hanno condiviso i loro pensieri. Leggerli è stato emozionante. Ciascuna storia parla dei sentimenti che agitano questi adolescenti che, a volte con passo deciso, a volte con andatura incerta, affrontano la vita. Leggendoli scoprirete la bellezza della loro fantasia; la bellezza del riuscire a raccontarsi raccontando. 28 Novembre 2014 2 Il salto dell'uomo basso In un paesino piccolo-piccolo sconosciuto dal resto del mondo viveva un uomo talmente basso che tutti lo chiamavano Bassotto. Bassotto era una persona con grande cuore, simpatico, con una lunga e folta barba, grandi orecchie e una grande pancia. Come nessuno si aspetterebbe Bassotto ogni quattr’anni si allenava per partecipare alle Olimpiadi internazionali. Nel suo paese c’erano altri campioni molto bravi nella lotta grecoromana,nel lancio del disco,del giavellotto e anche in altre discipline. Invece, il punto di forza di Bassotto era la corsa. Vi chiederete il perché? Beh perché Bassotto era molto bravo a rotolare e siccome nessuna regola delle Olimpiadi dice che non si può fare, Bassotto decise tanti anni fa di sfruttare il suo corpo, diciamo per assumere una forma come quella di un pallone, per giocare alle Olimpiadi. In tutto questo però sorgeva un problema: la corsa comprende anche la disciplina della corsa ad ostacoli . Bassotto non si preoccupò di questo problema anche se invece di saltare gli ostacoli poiché era obbligatorio era bravissimo ad oltrepassarli senza neanche toccarli ,talmente era basso. 3 Arrivò il giorno che quel paesino tanto aspettava. Tutti i partecipanti si radunarono alla fine del villaggio per cominciare il cammino verso Olimpia la città delle Olimpiadi. Vespa,l’allenatore di Bassotto,l’unico al mondo in grado di volare,era una persona di poche parole,molto calma,che passava subito ai fatti e soprattutto era uno furbo. Vespa e Bassotto erano molto amici e come allenatore Vespa era molto apprezzato da Bassotto per gli aiuti che gli aveva dato fin’ora. Durante il cammino verso Olimpia, che in pratica durò circa un anno, i due ragionavano su come affrontare il problema dei salti. Vespa con la sua furbizia pensò a uno stratagemma e una volta deciso cosa fare disse a Bassotto di non preoccuparsi. Mancava ormai una settimana all’inizio del concorso e Bassotto con il suo amico, nonché allenatore, arrivarono alle porte della città di Olimpia che come si può immaginare era affollatissima di gente. Bassotto si chiese dove fossero finiti gli altri concorrenti provenienti dal suo villaggio e Vespa gli rispose che c’era chi si era perso per strada,chi rinunciò e chi addirittura mori. Passò una settimana e le Olimpiadi ebbero inizio. C’erano concorrenti provenienti da tutto il mondo,fatto sta che essi erano tutti alti,grossi e cosi robusti che in mezzo a loro Bassotto neanche si riusciva a intravedere. Iniziò la prima gara di velocità;Bassotto usando la sua innaturale abilità:ruotare, riuscì a vincere. Successivamente Bassotto vinse la corsa dei 100 metri, dei 400 e dei 1000 ottenendo a tutte, la medaglia d’oro. Bassotto riscaldandosi per l’ultima corsa ,quella dei salti, notò che era talmente scarso da non riuscire neanche a saltare una mela. A quel punto Vespa 4 intervenne mettendo alla base delle scarpe di Bassotto delle molle progettate da egli stesso che oltre al fatto di reggere il peso del suo amico riuscivano anche a farlo saltare fino a raggiungere l’altezza dell’ostacolo. “Bassotto alla linea di partenza,la gara sta per avere inizio,scattato il via per la prova,Bassotto iniziò la rincorsa avvicinandosi al primo ostacolo. Bassotto saltò,attenzione Bassotto supera gli ostacoli con un solo salto,tocca terra in un modo piuttosto doloroso rompendosi l’osso del collo ma poi riesce ad assumere la sua solita forma a sfera e taglia il traguardo “. Fu cosi che Bassotto vinse le Olimpiadi nella sua disciplina anche se fu Vespa ad assumere tutta la sua gloria poiché Bassotto mori dopo pochi giorni dopo in ospedale a causa della rottura del collo. 5 Il sarcofago di fuoco In un villaggio molto lontano c’era una forte luce che proveniva dalla cima della montagna ogni notte. Tutte le persone del villaggio avevano sempre pensato che quella forte luce fosse il sole della notte. Un giorno però un signore prese coraggio andò in cima alla montagna e tornò in paese dicendo a tutti che non era il sole della notte ma un sarcofago che prendeva fuoco di notte; da quel giorno venne chiamato il “Sarcofago di fuoco”. Tutte le persone del villaggio, il giorno dopo, si precipitarono in cima alla montagna, solo che ad un tratto videro un cartello dove c’era scritto che bisognava pagare per poter visitare questa nuova scoperta del signor Peppino e tutte le persone cominciarono a pagare una dietro l’altra. Effettivamente all’entrata c’era un sarcofago, che però non era infuocato. Il signor Peppino disse che dovevano tornare la sera se lo volevano vedere. La sera stessa tornarono tutti e tutti videro questo sarcofago infuocato e rimasero sbalorditi e cosi andò avanti giorno dopo giorno. Molte persone andavano a visitare questa grandiosa novità da tutto il mondo. Un giorno, però, arrivò un giovane ragazzo che quando sentì di questo “Sarcofago di fuoco” cominciò ad insospettirsi perché sapeva che un oggetto non può prendere fuoco ogni notte e poi spegnersi di giorno rimanendo 6 intatto. Allora, una sera, andò di nascosto in cima a questa montagna e vide che il signor Peppino stava costruendo un qualcosa che guarda caso alla fine prese le sembianze di un sarcofago; dopo di che lo mise a terra e gli diede fuoco. Poi aprì il cancello e cominciò a far entrare i turisti facendosi pagare, come sempre. Il ragazzo capì che il signor Peppino ogni giorno costruiva un sarcofago di legno che poi usava per truffare le persone, la mattina seguente quello bruciato lo buttava e ne ricostruiva uno nuovo. A quel punto il ragazzo raccontò tutto ai cittadini del villaggio. I cittadini infuriati lo denunciarono alla polizia per aver truffato centinaia di persone. Peppino confessò tutto dicendo che aveva iniziato molto tempo prima a dare fuoco a questi sarcofaghi ma il perché di tutto questo non lo volle mai dire. Dopo che le persone cominciarono a credere che quella grande luce fosse il sole della notte decise di inventare la scoperta per poi farsi pagare dei visitatori. I cittadini provarono molta rabbia per quello che aveva fatto e all’insaputa della polizia che lo aveva condannato a 10 anni di prigione, lo rapirono, lo portarono in cima alla montagna lo misero nell’ ultimo sarcofago che aveva costruito e gli diedero fuoco. Cosi il signor Peppino morì. 7 Il sole e il tasso C'era una volta in un villaggio sperduto in Africa un tasso di nome Ciro, che non faceva altro che esplorare il sottosuolo circostante alla ricerca di cibo. Ciro adorava mangiare lombrichi e piccoli vermi; adorava stare in compagnia anche se passava spesso il suo tempo da solo e adorava la frescura dei boschi d'estate. Odiava invece l'inverno per le sue giornate piovose e fredde. Ogni giorno Ciro guardava il sole e gli chiedeva cosa facesse lassù e per combattere la solitudine gli domandava se lo poteva difendere dai predatori. Ma purtroppo il sole gli rispose che non lo poteva aiutare perché il suo dovere era quello di riscaldare il pianeta. Ciro allora si arrabbiò molto rimanendo così da solo con tutti i pericoli che doveva affrontare. Da quel momento il povero tasso rimase molto triste e avvilito e non rivolse più una sola parola al sole. Ma per dispetto il sole inventò l'inverno tutti gli anni costringendo Ciro a rimanere sempre in letargo. 8 Il suono delle stelle “L'anima è piena di stelle cadenti”, disse qualcuno una volta. Era a questa semplice frase dalle mille sfumature che Ilaria dedicava le sue serate. Amava da sempre sedersi sull'erba impregnata di rugiada di quella collina e perdere lo sguardo nelle stelle di mezzanotte. Quella dai corti capelli neri e dai limpidi occhi nocciola era un'adolescente come le altre, con i problemi personali e complessi mentali di ogni altra ragazza, ma che amava perdere se stessa. Si dimenticava di ogni cosa, contando quei piccoli ed irraggiungibili cristalli che drappeggiavano la coperta del cielo: non era più una quindicenne senza amici, o una bambina che si chiudeva nella propria stanza ogni qualvolta i suoi genitori si mettessero a urlare troppo, oppure una persona innamorata della musica che non ha la possibilità di praticarla. Forza, coraggio, paura e mistero si nascondevano in quel profilo di giovane donna dagli occhi di bambina, ma davanti a quello spettacolo, il suo essere si annullava per lasciar spazio a quelle stelle senza tempo che, mute come lei, la osservavano. Quella notte, però, fu diversa dalle altre. Non vi erano le stelle assieme all'erba intrisa di rugiada ad aspettarla in cima alla collina, bensì una piccola figura 9 rannicchiata nel prato che, con il naso all'insù, osservava il cielo plumbeo e privo di luce. Avvicinandosi cautamente a lei, la mora notò che quella ragazza aveva all'incirca la sua età, nonostante il fisico asciutto e minuto la facessero sembrare ancora una bambina. Osservando la sua immobilità, credette che con un solo tocco, avrebbe potuto osservare quel corpo trasformarsi in un miliardo di granelli di polvere, senza possibilità alcuna di raggiungerla. -Ciao- sussurrò la misteriosa ragazza verso di lei, tenendo gli occhi fissi al cielo. Ilaria girò la testa a destra e sinistra, cercando il suo l'interlocutore. -Stai parlando con me?- le chiese a bassa voce, avvicinandosi di qualche altro passo. Anche senza la luce delle stelle o della luna, i suoi lunghi ricci rossi sembravano brillare come il fuoco in contrasto ai profondi occhi azzurri come il mare, spenti, privi di vita ed immobili sulle nuvole nere. -Non credo che l'erba possa rispondermi- piegò la testa di lato facendo ondeggiare i capelli sulla schiena, regalandole un sorriso forzato e bagnato di lacrime. La voce di quella ragazza aveva un suono dolce e armonico e la mora, sedendole accanto, non riuscì a smettere di fissarla. Era una ragazza così carina eppure così triste... - Mi chiamo Alice, se ti interessa. Sono corsa via di casa perché ho litigato con i miei genitori: per anni non ho fatto altro che quello che mi chiedevano ma questa sera ho urlato loro che sono stufa di questa vita da burattino. Mia madre piangeva e mio padre mi 10 urlava dietro mentre correvo via e poi sono arrivata qui. Sono stanca di tutto, di questa vita vuota e del mondo a cui non importa nulla di me. - nel pronunciare le ultime parole, la rossa strinse più forte le gambe al petto. - E io sono Ilaria - rispose lapidaria, osservandola con sguardo indagatore. Quella sera senza stelle, le due ragazze non parlarono più di nulla né presero accordi per rincontrarsi, anche se erano rimaste colpite l'una dall'altra, così diverse nell'aspetto ma così simili nell'essere. Qualche giorno dopo, erano di nuovo lì, una di fronte l'altra con le stelle da mute spettatrici a quel dialogo senza suono. Si sedettero sul prato esattamente come qualche giorno prima, con le spalle che si toccavano ed i nasi all'insù verso lo spazio pieno di brillanti. - L'hai mai sentito il suono delle stelle?- ruppe il silenzio Alice, con la sua delicata voce. - Il suono delle stelle? No, che cos'è?- Ilaria la guardò, colpita dallo spontaneo e leggero sorriso che incurvava in su le sue pallide labbra illuminate dalla luna. - Anche se non ci siamo mai dette molto, tu sei una persona speciale e tutte le persone, secondo me, sono delle stelle: così simili ma così uniche e diverse- continuò la spiegazione, indicando con l'indice il cielo nero punteggiato di bianco sopra le loro teste - Ogni stella ha una sua grandezza, una forma e, anche se non lo vediamo, un suo colore. Anche le persone sono così e ad ogni persona si associa un sentimento e, che si tratti di rabbia, amore, odio, rispetto o indifferenza, questi sentimenti risvegliano un suono nelle nostre menti. La vita è costellata di stelle che suonano in continuazione. La 11 musica è ovunque!- aprì le braccia, lasciandosi cadere a peso morto sull'erba. I capelli che le cerchiavano la testa e la pelle resa ancor più pallida dalla luna la facevano sembrare, agli occhi scuri di Ilaria, una di quelle fate che si incontrano nelle fiabe, quelle sempre pronte ad aiutare con una buona parola. Riportò lo sguardo al cielo terso di luce, ripensando a tutte quelle persone che avevano costellato la sua vita, entrando e uscendo come se fosse una sala giochi, e lasciando comunque un segno nella sua esistenza. - Il suono delle stelle... - sussurrò a fior di labbra. Chiuse gli occhi e rivide il volto arrabbiato di suo padre che, dopo aver alzato troppo il gomito, imprecava a gran voce contro sua madre in lacrime. Lui, una potente grancassa contro il flebile suono di un'arpa. Pensò a quella ragazza dai grandi occhi cerulei sdraiata al suo fianco e alla sua voce, così flebile ed armonica, come il suono delicato di un flauto dolce. Riaprì gli occhi dopo qualche istante, osservando le stelle che, sotto i suoi occhi increduli, sembravano brillare più di prima mentre nella sua testa, quegli stessi puntini privi di voce, emettevano suoni diversi e distinti. - Riesco a sentirlo anche io! È bellissimo!!! - spalancò gli occhi stupefatta, sdraiandosi accanto ad Alice. Nel suo cuore, qualcosa si era sciolto ed un peso era finalmente caduto dalle sue spalle. Sin da piccola si era sentita costantemente fuori posto ma lì, sotto quel cielo pieno di stelle luminose e con 12 accanto una nuova e vera amica, riuscì a sentirsi finalmente a proprio agio, come una nota musicale che ritrova finalmente il suo posto tra le righe. “L'anima è piena di stelle cadenti”, disse una volta qualcuno, ma quel qualcuno, forse, non aveva mai osservato il cielo, pensando alla propria vita e alle persone che lo circondavano. Quel qualcuno non aveva capito che la vita è un cielo terso di stelle che danzano e ballano al ritmo del nostro respiro e della nostro cuore. Quel qualcuno non aveva mai ascoltato il suono delle stelle. 13 L'amicizia tra la pietra e la roccia C’era una volta sulle montagne, fra l’erba alta, una pietra che, stando molto in alto rispetto alle altre pietre, si sentiva molto sola. Perciò un giorno decise di scendere dalla montagna per raggiungere le altre pietre. Scelse un giorno di vento, così poteva scendere più velocemente. A un certo punto arrivò una ventata così forte che la pietra ruzzolò giù per la montagna velocissima. La pietra era contentissima, perché stava per raggiungere le altre pietre in fondo alla montagna. A un certo punto la sua corsa s’interruppe: si era scontrata con una roccia enorme. La roccia, arrabbiata, le urlò che le aveva fatto male perché andava troppo veloce. La pietra allora le rispose che era molto triste e arrabbiata perché per colpa sua che si era messa in mezzo nella sua discesa, non avrebbe raggiunto le altre pietre. Iniziarono a litigare per chi avesse ragione. La roccia le diceva che non c’era modo per spostarsi perché non si era mai mossa per miliardi di anni, ma era esausta di gridare poiché era vecchia. Quando la roccia smise di parlare, la pietra capì che lei non ne aveva nessuna colpa se si trovava proprio nel punto in cui sarebbe scesa lei. Poiché poi la roccia era lì da tantissimo tempo, decise che ci sarebbe rimasta anche lei. Le due si chiesero scusa e la roccia le raccontò 14 tutte le giornate della sua vita. Alla fine la pietra fece amicizia con la roccia, anche se non ne aveva intenzioni all’inizio. Capì che un amico poteva essere chiunque e non solo quelli uguali a lei. La loro amicizia durò per sempre. 15 L'oca stupida Il primo giorno di primavera un branco di oche si svegliò dal letargo (si, letargo e si, queste oche hanno dormito tutto l'inverno galleggiando sul lago). La più anziana si lamentò: "Ahi ahi mi fanno male le dita dei piedi!" L'oca romana le rispose con un forte accento locale: "Ao' ma che te sei fumata, er rosmarino? Le oche nun c'hanno li piedi". La vecchia oca si fermò un attimo e le rispose: "Eh vabbè allora mi fanno male le spalle". No, se ve lo state chiedendo non è lei l'oca stupida, è solo l'età. Una delle prime oche che si svegliarono dal letargo fu l'oca monella. Lei non si svegliò presto per una giusta causa, ma solo perché voleva vedere come l'oca stupida aveva reagito al suo ultimo scherzo fatto prima del letargo. L'oca monella girava per i negozi alla ricerca di qualcosa da usare per i suoi scherzi quando si avvicinò ad una farmacia e vide nella vetrina un grosso cartellone bianco che pubblicizzava un prodotto chiamato "Guttalax". Notò sotto una scritta in rosso che recitava: "Attenzione, prodotto sconsigliato per chi non soffre di stitichezza". L'oca monella, con un maligno sorriso, pensò di mettere tutte le gocce contenute nella confezione della birra "Rechtschutzversich" in lattina che abitualmente l'oca stupida era abituata a bere. L'oca monella, una volta arrivata alla cassa, fu indecisa se prendere la versione normale o quella concentrata (quest'ultima era a base di prugna, ed aveva anche un intenso aroma di questo frutto) poi 16 pensò che concentrato in italiano significa "radunato in un solo luogo". In quel momento i suoi pochi neuroni rimasti iniziarono a muoversi con un moto uniformemente accelerato con accelerazione pari al raggio del sole moltiplicato a 10^-13. Una volta uscita da questa piccola fase MolecoFisica (tranquilli, non sarà un'altra materia che dovrete studiare) scelse la versione concentrata. L'oca monella, arrivando a casa, mise frettolosamente tutta la confezione da 50ml di "Guttalax" nella lattina di birra "Rechtschutzversich" non sapendo che se quel prodotto demoniaco fosse stato assunto non una goccia alla volta, ma tutto insieme, il povero disgraziato che avrebbe ingerito quel lassativo stimolante, in questo caso l'oca stupida, avrebbe prodotto talmente tanta materia organica fuoriuscente ad alta velocità che sarebbe potuto andare in coma o diventare supersayan. Ora non vi descrivo nei dettagli la faccenda perché per farvela capire meglio mi servirebbe l'aiuto del prof di biologia, vi dico soltanto che il primo giorno di primavera, quando queste oche si svegliarono dal letargo, trovarono l'oca stupida in posizione prona che galleggiava. L'oca monella, un po' spaventata, decise di girare l'oca stupida e notò che lei non aveva le pupille agli occhi ed aveva la bocca semiaperta. Poco dopo l'oca monella, per svegliare l'oca stupida, decise di applicare sul suo corpo una forza F parallela alla massa M diviso per il suo volume V moltiplicato per 10^-13 (in pratica gli tirò un pugno). L'oca stupida si svegliò di scatto e, accorgendosi che aveva davanti a lei l'oca che le aveva causato il malore, iniziò a parlare una lingua che solo lei conosceva (sembrava un misto tra il tedesco e il mandarino...mandarino la lingua non il frutto!) e volò via sul 17 tappeto magico di Aladino, rubato ad una bancarella. Ora voi vi starete chiedendo perché questa povera oca sia stata chiamata "l'oca stupida". La risposta è che la lattina di birra che bevve era già aperta ed odorava stranamente di prugna, mentre le restanti 10^8 lattine di birra che bevve erano tutte sigillate ed avevano tutte un gustoso odore di luppoli. 18 Sam e Sasso:un’amicizia piena di sentimenti C’era una volta Sam, un bimbo di sei anni,ormai alle elementari, Sam, si sentiva grande ed andava in giro a picchiare e lapidare i suoi poveri compagnetti. Sam un giorno, un giorno di dicembre, con la prima neve fuori dalla finestra,il silenzio del freddo e il vento ghiacciato, uscì dalla porta di casa e corse via verso la scuola da solo, poiché la mamma ancora dormiva e il padre era a lavoro, Sam però si fermò prima ad un parchetto vicino la sua scuola, e trovò un sasso, un sasso per lui migliore degli altri, perché era affilato e con sfumature d’oro, proprio come a lui piacevano. Da quel giorno Sam non abbandonò più il sasso, era sempre insieme al sasso che chiamò ‘’Sasso’’. Secondo Sam, Sasso aveva poco più di 74 anni, lo dedusse non appena lo posò sull’altalena e rimase li, fermo , ragione per cui Sam pensò che Sasso era anziano e non gli andava più di giocare. Sam lo accudiva, se a volte Sasso era triste, Sam era li a supportarlo, lo lavava e ci giocava alla Playstation. Sam decise cosi di inventarsi un saluto speciale solo per lui e Sasso, e si inventò ‘’Il saluto della Pietra’’, Sam appena vedeva Sasso si immobilizzava per qualche secondo e non c’era modo di smuoverlo, cosi facendo Sam voleva avvicinarsi il più possibile a Sasso, volevo provare ciò che provava 19 lui, anche per non farlo sentire solo. Un giorno però mentre Sam era a scuola e picchiava un bambino, Sasso che gli cadde dalla tasca decise di rimanere fermo li, e Sam infuriato per l’atteggiamento menefreghista di Sasso lo prese e quando tornò a casa lo chiuse in una teca di vetro per 1 settimana, una specie di punizione. Passata la settimana di punizione per Sasso, Sam si pentì e pensò che non era nessuno per poter mettere in punizione Sasso, cosi decise di farsi perdonare portandolo a fare un pic-nic solo loro due, cosi si incamminarono. Arrivati sul monte ‘’Montagna’’, Sam iniziò un discorso di scuse verso Sasso che invece sembrava proprio arrabbiato, se ne stava li fermo e non rispondeva, non accennava neanche un sorriso, cosi Sam prese coraggio e abbracciò Sasso che si ruppe e morì, Sam vedendo la scena del suo amico morto, morì con lui per solidarietà 20 Sampei & Shrek Questa è la storia di un pescatore e del suo amico orco, che vivevano in una piccola città in provincia di Cuneo. I due convivevano e si aiutavano a vicenda. Sampei aveva origini cinesi, per sopravvivere faceva il pescatore e ogni sera portava il cibo a casa. Shrek invece, si occupava delle faccende domestiche mentre il suo amico era fuori casa. Gli hobby di Shrek erano: catturare draghi, fare a pugni con i cavalieri alle fiere medievali, e sposare principesse. I due avevano un gatto, soprannominato il gatto coi risvoltini, e un mulo parlante. Sampei ogni mattina, armato di canna ed esche, partiva alla ricerca di un posto dove pescare. Non gl'importava del luogo in cui pescava tantomeno del tempo che impiegava a trovare la preda. Come quella volta che decise di affittare una barca e partire senza una metà precisa. Nel tragitto trovò un’isola con un uomo barbuto che parlava ad una noce di cocco, ma non ci fece tanto caso e appena trovò un paio di pesci, iniziò a tornare indietro. Ogni sera Shrek e Sampei cenavano insieme e conversavano allegramente su quello che era accaduto in giornata. Prima di andare a dormire si domandavano sempre se la loro vita, un giorno, avrebbe potuto cambiare. La mattina seguente, mentre il nostro pescatore era fuori, Shrek decise di iscriversi a Masterchef. Quando Sampei tornò, tra una parola e l'altra, saltò fuori pure questa cosa. Sampei fu contentissimo per il suo amico 21 quando sentì la notizia. E fu così che Shrek partì verso l'America, dove alloggiò in un hotel fino al giorno tanto atteso. Si preparò e iniziò a incamminarsi verso il luogo dell'incontro. Davanti al palazzo, vi era una marea di gente, concorrenti con parenti, figli, nipoti, addirittura nonni, mentre lui era solo. Passarono ore e finalmente, giunse il suo turno. Entrò ma vide solo Joe Bastianich dentro, che gli disse che gli altri 2 giudici erano all'apertura di un ristorante. Shrek, tutto sudato, mise la foto del suo amico vicino al bancone da lavoro, come se lo stesse guardando e iniziò a cucinare. Aveva un'ora e mezza per preparare un piatto meraviglioso. Andò tutto bene, tralasciando il fatto che il tacchino fosse scivolato accidentalmente due tre volte sul pavimento e che al posto del sale avesse usato una cosa strana che gli fuoriusciva dall'ombelico. Bastianich, ripudiato da quella portata, prese il piatto e lo lanciò. Shrek iniziò a piangere e a lanciare urletti mentre correva verso l'uscita. La mattina del giorno dopo, partì immediatamente per casa sua. Misteriosamente, appena l'orco arrivò a casa, trovò il suo amico, il quale gli chiese come fosse andato il concorso. Shrek, mentì e gli rispose che la gara era stata rinviata, ma Sampei aveva studiato da Confucio, quindi sapeva già com'era andata. Ogni giorno era sempre la stessa storia, Sampei pescava e Shrek puliva, fino a quando arrivò un lungo periodo in cui i pesci erano introvabili. Così, grazie alle origini cinesi di Sampei, i due decisero di cucinare il gatto coi risvoltini. Prima di cenare, si sentì un tuono, e poco dopo si sentì bussare alla loro porta. Incuriositi quanto impauriti decisero 22 di aprire la porta e in quella notte, con quella fitta nebbia, non riuscivano a vedere granché. La figura si fece ancora più avanti e quando varcò la soglia della loro dimora, Sampei svenì. Shrek iniziò a lanciare urletti come quella volta in America, ma la strana figura gli disse di smetterla. Così, il nostro orco si asciugò le lacrime e lo guardò in faccia. Era bastianich. Il famoso cuoco disse che voleva assaporare quella prelibatezza poggiata sul tavolo. Iniziò a mangiare il gatto e meravigliato, chiese a Shrek chi avesse cucinato, e ne approfittò del suo amico svenuto per prendersene il merito. Il cuoco, ormai sazio, decise di dare a Shrek un posto di lavoro in uno dei suoi ristoranti, senza tenere conto dell'errore commesso in America. Finito il discorso, Joe Bastianich sorrise saltò in groppa al suo unicorno e volarono via. Subito dopo Sampei si svegliò e chiese cosa fosse successo. Il suo amico gli raccontò di tutta la vicenda e dell'opportunità di lavoro. Furono tutti e due contenti, e decisero di partire subito. Si trasferirono in una città meravigliosa, piena di persone, dove strinsero subito altre amicizie. Sampei iniziò a fare le faccende domestiche nella nuova casa e Shrek iniziò a lavorare per Bastianich, e con i soldi accumulati lui e il suo amico decisero di aprire un locale tutto loro. Il locale aveva solo menù a base di pesce e al centro della stanza c'era un grosso pesce spada. Sampei portava il pesce al ristorante e Shrek lo cucinava. Con il tempo diventarono famosi tutti e due, aprirono altri locali sparsi per tutto il mondo. Purtroppo il successo e i tanti locali da gestire li fecero separare, ma anche se erano lontani, si volevano bene lo stesso perché erano amici per la pelle, e non importava a nessuno dei due se vi erano 23 centimetri o chilometri di distanza, perché ormai erano diventati inseparabili. 24 Sandokan e il salmone della morte Questa storia parla di un pescatore di nome Sandokan, che, ogni mattina, si svegliava per andare a pescare e poi vendeva il raccolto al mercato. Ogni giorno faceva un bel gruzzolo che usava per mangiare panini al MacDonald, e con i soldi restanti comprava bambole da collezione. Un giorno mentre Sandokan pescava e pensava ai panini che si sarebbe mangiato a pranzo al MacDonald abboccò qualcosa al suo amo; era un pesce enorme e tirava tantissimo la lenza ma Sandokan non demorse, e tirò più di lui. Dopo una strenua e lunga lotta contro il salmone Sandokan prese il pesce e vide che era un salmone lungo 1 metro e mezzo. Sorpreso decise di finire di pescare per poi fare una ricerca. Tornato a casa prese il suo tablet e cercò il misterioso salmone, scoprì che era uno dei pesci più rari del mondo e che si vendeva ad una cifra altissima. Sandokan appena lo lesse fu felicissimo e accarezzò il suo gatto di nome Sandogat. Tornato dal mercato dove aveva venduto il suo ricavato dall'ultima pesca Sandokan decise di cercare un acquirente del suo salmone cosi raro. Trovò una persona ricca nei pressi della sua città disposto ad acquistarlo; allora lui felicissimo si recò nel posto per vendere il suo pesce. 25 L'acquirente gli diede 4 milioni per il suo salmone, Sandokan accettò volentieri e con i soldi ricevuti fece un tempio di ringraziamento per il pesce che gli fece fare tutti quei soldi e spese il restante in panini al MacDonald. Nei 5 giorni prima del decesso fece molte cose Sandokan. Nel primo comprò una moto d'acqua che usò sull'asfalto, si ruppe dopo neanche 2 ore. Nel secondo comprò un iPhone che distrusse appena comprato, lui odiava gli iPhone. Nel terzo e nel quarto iniziò palestra per cercare di dimagrire, nel quinto stranamente morì vicino alla palestra. 26 Il Sasso e i pirati Una mattina d’ estate una ciurma di pirati stava riposando sulla spiaggia di un’ isola dell’ Indonesia. Verso mezzogiorno circa, uno di loro vide galleggiare vicino alla riva della spiaggia una bottiglia. Dentro la bottiglia cosa ci sarà stato? Una mappa, e cosa altrimenti? Insieme c’era anche una lettera dove stava scritto un indovinello che diceva: “Se il tesoro vuoi trovare, sull’ isola sperduta dovrai andare”. Il capitano Jim, detto “lo Scheletrino”, ordinò al suo amico Jack detto sasso, ex capitano ora in pensione, di controllare su una carta del mondo dove si trovasse quest’ isola. Sasso, però, non trovò niente ed allora controllò su un altro libro pieno di polvere e ricoperto da ragnatele. Sasso riuscì a trovare una frase che diceva che questa isola si poteva trovare solo di notte perché il riflesso del sole rendeva impossibile vederla. Trovò anche le indicazioni su dove si trovasse: era a circa dieci miglia dal luogo in cui si erano in quel momento. Sasso andò subito dal capitano e gli disse le novità che aveva scoperto. Jim decise di partire al tramonto per arrivare all’ isola di notte. Durante il viaggio dovettero affrontare numerosi ostacoli : numerose piovre giganti, altri pirati e abitanti delle isole vicine che volevano impedire al capitano Jim di prendere il tesoro. In questi 27 duri combattimenti la ciurma dei dieci pirati si ridusse a tre. Jim, il capitano, sasso, detto “il generale” e Joe , “l’ Aguzzino”. Alla fine del viaggio riuscirono ad arrivare sull’ isola. Era notte fonda. Lasciarono cadere l’ancora in acqua e i tre pirati rimasti in vita scesero sull’isola. Lì costruirono una capanna, ignari che sull’ isola abitavano altri pirati. Stanchi si misero a dormire beatamente. L’isola misurava circa cinque chilometri in lunghezza e dieci chilometri in larghezza. Era circondata dall’Oceano Indiano. Al centro di essa si trovava un vulcano alto circa mille metri; il vulcano era ricoperto sulle sue pendici da palme di cocco. La sabbia era pressoché assente, infatti la costa era rocciosa. All’ alba il capitano Jim si avventurò sull’ isola e quando scoprì gli altri pirati venne subito ucciso, data la sua statura bassa ed il suo corpo magrissimo e scheletrico. Quando gli altri due pirati trovarono Jim, il capo divenne sasso, che era sicuramente il più muscoloso dei due rimasti, il più abile con la spada ed il più alto. Joe, l’ Aguzzino, invece era piccolo, con una benda in testa. Aveva un lungo naso ed una sciabola in mano. Era un po’ grassottello. Jack decise di attaccare ed uccidere gli altri pirati presenti in quell’ angolo sperduto del mondo. Una volta uccisi quei pirati presero la mappa, andarono nel punto indicato da essa e vi trovarono un’ ancora gigante. I due pirati tolsero l’ ancora, scavarono e vi trovarono uno scheletro con una lettera mezza strappata. Sasso chiese a Joe di leggerla. La lettera diceva che il tesoro si trovava dentro la bocca del vulcano, in una galleria poco sopra la lava. I pirati si avviarono verso il vulcano quando apparve loro lo spirito del vecchio proprietario del tesoro. I pirati si misero a 28 correre verso il vulcano per evitare che lo spirito li prendesse e così caddero in una trappola. Joe, l’ Aguzzino, era riuscito a salvarsi e lanciò una corda a sasso. Così anche sasso si salvò. Arrivati sulla bocca del vulcano, dopo aver evitato altre trappole, i due pirati scalarono la montagna e arrivarono nella galleria. Appena entrati si accorsero che era piena di trappole, ma i due le evitarono e trovarono il tesoro. Il baule conteneva oro, gioielli e molti altri preziosi. A quel punto sasso lasciò andare avanti Joe e poi lo uccise con la sua pistola. sasso, allora, tornò alla sua nave e dopo aver navigato in un mare agitato da una terribile tempesta, arrivò nel suo villaggio, in Indonesia, felice di avere il tesoro tutto per sé. Ora era un pirata felice, coraggioso, ma, soprattutto, RICCO !!! 29 Set e il sole, un viaggio senza limiti Un giorno Set camminava in un parco vicino casa sua mentre fumava un sigaro, quando vide un suo amico di vecchia data, risalente alle medie o addirittura alle elementari. I due si riconobbero facilmente. Decisero di andare in un bar non molto distante per bere qualcosa di alcoolico, cominciarono a parlare del più e del meno, ricordando della loro adolescenza. Nell'adolescenza di entrambi c'erano stati problemi con la droga, legge, alcool e furti. Piero crescendo però aveva cambiato la sua vita, smettendo di fumare e bere, ed era riuscito a farsi una bella famiglia e a trovare un buon lavoro. Set invece il contrario, dopo due matrimoni falliti, decise di andare a vivere da solo, facendo una vita solitaria, continuando a drogarsi e a bere super alcoolici, e in più continuando a rubare. I due sin dalle medie avevano avuto una passione per la scienza, fantascienza e per i pianeti.. Parlando e parlando si chiesero quanto sarebbe stato bello ad essere i primi due uomini d andare sul Sole, Piero da intelligente disse:” ma non si può andare sul Sole moriremmo ustionati”. Set da stupido disse:”Mica ci andiamo di giorno furbo!!!”. Piero si fece sempre più coinvolgere da questa idea però. Piero e Set 30 volevano essere i primi due uomini ad andare sul Sole. Passarono dieci anni ed era tutto pronto per partire, tute, shuttle, provviste e per Set anche quaranta pacchetti di sigarette, dodici di sigari, dieci litri di vodka e quattro di whiskey. Partirono da un luogo sperduto nel Texas. Decollarono molto felici per la nuova scoperta che potevano fare. Secondo i piani di Set dovevano arrivare sul Sole quando era spento, quindi quando si poteva atterrare facilmente. Dopo quattro giorni di lungo viaggio videro un pianeta che, secondo i calcoli di Set doveva essere il Sole spento. Dopo circa un'ora dal sopralluogo riuscirono ad atterrare, il panorama era magnifico, in lontananza si vedeva la Terra. I due fecero alcuni passi ma qualcosa andò storto, si accorsero che in lontananza si vedeva una bandiera, avvicinando videro che la bandiera era Americana e sull'asticella c'era scritto Apollo 13. Pensarono che forse il Sole era già stato scoperto e forse erano arrivati troppo tardi. Piero pensò che quello non era il sole bensì la Luna. Amareggiati decisero di andarsene ma durante il viaggio di ritorno videro un pianeta molto luminoso, era quello il Sole, si avvicinarono troppo, talmente tanto che la navicella esplose. I due furono scaraventati al di fuori. Piero morì subito schiantandosi contro un asteroide, Set vagò nello spazio per più di una settimana. La terra si faceva sempre più vicino, l'impatto sarebbe stato fatale. Set andò a schiantarsi contro il terrazzo della sua vicina, che vide per l'ultima volta. Set sconvolto si alzò di scatto dal letto, realizzando che tutto quello 31 era un brutto sogno. Solo a metà mattinata riuscì a dimenticare dell'accaduto e ad affrontare una giornata tranquilla. 32 Simone e Stefania Simone era un ragazzo di 15 anni , un giorno mentre stava pattinando nel parco vide una bellissima ragazza e subito se ne innamorò. Simone però non sapeva il suo nome, cosi ogni giorno ala stessa ora andava al parco a pattinare sperando di rincontrarla. Dopo 2 settimane Simone la vide seduta su una panchina da sola così si fece coraggio e le andò a parlare. La ragazza si chiamava Stefania e dopo una lunga chiacchierata Simone riuscì a prendere un appuntamento per la sera stessa. Simone appena tornò a casa subito si fece una doccia e si preparò al meglio per la serata e alle 20 in punto si fece trovare sotto casa di Stefania. La portò a pattinare sul ghiaccio, i due parlarono del più e del meno e dopo una bellissima serata i due tornarono a casa dandosi di nuovo appuntamento per la mattina seguente. La mattina seguente Simone portò Stefania nel luogo in cui si erano conosciuti e gli dichiarò il suo amore. Stefania rimase per qualche secondo immobile e poi scappò via piangendo. Simone tornò a casa tutto deluso pensando che in qualche modo avesse offeso Stefania. Qualche ora dopo pero Stefania richiamò Simone gli chiese scusa e gli propose di tornare alla loro panchina, Simone subito pensò di 33 non andarci ma dopo pochissimo tempo cambiò idea e si presentò sulla panchina. Stefania iniziò subito a parlare chiedendogli scusa e dicendogli che era scappata piangendo non perché si fosse in qualche modo offesa ma perché prima di allora mai nessuno gli aveva detto quelle cose. I due continuarono a parlare e dopo un po’ si diedero il primo bacio, Simone e Stefania si fidanzarono e tornarono felici a casa. 34 Stanco Lo Stantuffo Stanco, questo era il suo nome, era uno stantuffo di media grandezza e ai limiti della vita da lavoratore. Lavorava seriamente fin da quando era piccolo e da sempre veniva rispettato da tutti gli altri stantuffi che collaboravano con lui. Sempre puntuale, elegante, ben lucidato e soprattutto gentile e disponibile con tutti quanti. Non c’era nessuno, neanche il più piccolo ingranaggio, che non lo conoscesse e tutti quanti lo ammiravano. Tutto il dì, Stanco Lo Stantuffo, faceva su e giù sulla sua molla, emettendo qualche sbuffo ogni tanto e dando un sorriso a chi era già stanco dopo le prime ore di lavoro. A pranzo mangiava un po’ d’olio e riprendeva quasi istantaneamente a lavorare sodo fino alla fine del turno. Nessuno, però, avrebbe mai pensato a ciò che accadde qualche giorno più tardi. Quel giorno, spezzò la monotonia della catena di montaggio e di tutti gli stantuffi: Stanco Lo Stantuffo era malato. Con grande stupore, ogni ingranaggio andava spifferando all’ingranaggio o stantuffo che aveva di fianco, che il Grande Stanco era malato e che probabilmente sarebbe stato sostituito! ORRORE! 35 L’incubo peggiore di ogni pezzo era proprio la sostituzione. Ma ci pensate voi? Voi che vi state chiedendo “cosa sarà mai una sostituzione?”, beh ve lo dico io! Il pezzo sostituito non vedrà MAI più la luce. Mai più! Di fatto tutti quanti cercavano di ungersi per bene ogni singola parte del corpo metallico, evitando così strappi metallici, ruggine e via dicendo… Fra le catene di montaggio, correvano strane voci di corridoio. Da chi diceva che Stanco Lo Stantuffo era stufo marcio di lavorare fra di loro; a chi diceva che forse era meglio che si fosse ammalato, così qualcun’altro avrebbe potuto eccellere nel proprio lavoro e diventare famoso proprio come Stanco. Insomma, tutta invidia! Ma Stanco sapeva bene che i suoi giorni erano giunti al termine, con quasi 26 anni di vita di solo lavoro e alcuna pausa, era più che logico che il suo cuore si stava per arrugginire del tutto! Niente e nessuno avrebbe potuto fermare questo corso, dunque Stanco Lo Stantuffo era tranquillo. D’altronde non avrebbe sofferto molto: sarebbe stato riciclato insieme ad altri materiali per poi dare vita a qualcosa di unico, insomma sarebbe rinato! Dunque chiuse gli occhi, prese coraggio e ringraziò tutti quanti, poi emise un ultimo e felice sbuffo e si spense per sempre. L’addetto alle sostituzioni, venne nel reparto di Stanco Lo Stantuffo, lo prese e lo portò via da tutti gli altri non appena finì di sistemare il nuovo e brillante stantuffo. 36 Una simpatica amica Avevo tre anni quando l’ho conosciuta, durante il primo anno d’asilo. Non ci parlavamo molto a quei tempi. Dal secondo anno abbiamo iniziato a parlarci e quindi a conoscerci. Abbiamo passato un’infanzia armoniosa insieme, e inoltre andammo nella stessa scuola sia alle elementari sia alle scuole medie fino a diventare migliori amici. Riguardo alle superiori, però, avevamo idee diverse e quindi ci separammo. Ormai sono quattro anni che non ci vediamo, ed oggi mi sono deciso di mandarle un messaggio, in cui le chiedo se le va di uscire. Ha accettato, ci vediamo domani. L’indomani mi sono svegliato di colpo. Mi alzo dal letto e vedo l’ora. Ho mezzora per prepararmi. Faccio colazione, la doccia, mi vesto ed esco. Arrivo al bar in perfetto orario, mi siedo e aspetto. Dopo cinque minuti arriva una bella ragazza e mi chiedo se può essere lei. Quando si avvicina la riconosco subito. Ci salutiamo ed iniziamo a raccontarci tutto quello che è successo in questi anni. Dopo aver finito il caffè andiamo a fare una passeggiata al parco. Ormai sono le sei e lei se ne deve andare. Prima di separarci, però, le chiedo se tra noi ci potrebbe essere qualcosa in più. Lei, un po’ mortificata, rifiuta, dicendo però di voler rimanere amici. Torno a casa sconsolato, pensando che lei, per me, sarà sempre e solo una simpatica amica. 37 Viaggio ai confini della salsiccia In un giorno che non ricordo dell’anno tremiladuecento e trecentoventi iniziava la prima rivoluzione Salsicciana. Ma andiamo per gradi (anche perché vi sto raccontando il finale della storia). Nel più remoto angolo dell’universo circolare, nella galassia S-U-In, c’era un pianeta abitato interamente da salsicce. Questo pianeta aveva una stranissima forma, così strana che tutte le astronavi SUPERIPERMEGA spaziali si SUPERIPERMEGA stupivano dinnanzi alla complessità e alla maestosità di questa “creatura”. Ci sarete arrivati, questo pianeta era a forma di maiale. Maiale che era controllato dalle salsicce intelligenti, pronto per iniziare guerre e per conquistare le fattorie iperspaziali. Ogni team di salsicce controllava una parte del corpo e la ottimizzava al meglio a seconda del momento. Infatti in caso di guerra il team che controllava l’apparato digestivo iniziava a produrre acidi biogastrobrucianti che scioglievano qualunque cosa gli si parava a tiro. All’inizio dell’inverno universalmente freddo però, con l’arrivo dei gelidi venti e dei freddi diciannove, per mantenere intatto il cervello tutto il team andava in letargo. Tutto il resto del corpo attendeva con ansia questo letargo poiché la ciurma poteva dedicarsi al completo ozio e all’arte del “non fare niente”. Questa procedura però era contro la legge universale dei maialoni. Tutti 38 temevano che da un momento all’altro sbucasse un controllore iperspaziale, pronto a sorvegliare il suino ed il suo corretto funzionamento. Manco a farlo apposta arrivò nel bel mezzo di un letargo, il controllore più spietato della galassia S-U-In. Nessuna poteva essere la scusa in quel momento. Zarik, così si chiamava, adottava metodi alquanto strani per la supervisione del pianeta. Infatti egli leccava ogni singola salsiccia per verificarne l’identità fisica e per scansionarne il corpo, alla ricerca di virus. Arrivato all’apparato circolatorio, il controllore, si accorse che questo aveva evidenti problemi di colesterolo ed ordinò di comprare gelati Valsoia al più vicino discount iperspaziale. A quei tempi c’era una forte crisi, dovuta alla fine di tutte le guerre. Il controllore andò via lasciando al pianeta una sanzione salatissima da pagare. Il team del cervello, tornato dal letargo poco dopo, ebbe una brillante idea (o quasi). Il Supremo comandante del cervello Macinat invitò tutto l’equipaggio ad una riunione nello stomaco. - Pronto pronto? Mi sentite tutti? - Disse il comandante - Si signor capitano! – - Data la grave situazione in cui siamo, dovremmo risparmiare su ognuno dei vostri team, mi dispiace salsicciotti! – concluse il capitano. La folla era inferocita, tutti si aggrovigliarono attorno al capo e lo uccisero. Questa scena era stata così cruenta che “Radio Insalata” la dovette oscurare e uccidere a colpi di grissino chiunque accennava al discorso. Tutti i salsicciotti, per uscire dalla crisi (almeno per qualche mese), escogitarono un piano tanto geniale quanto stupido. 39 - Dichiariamo guerra al sole! Quel pianeta è ricchissimo! – si udiva tra la folla. Così fu. Tutti i team si recarono alle proprie postazioni, era tutto pronto per la guerra. I salsicciotti scoprirono subito che la loro idea non era delle più geniali, ma era troppo tardi. Il pianeta a forma di maiale si trasformò in una grande grigliata, alla quale partecipò tutto l’universo. - Ecco figliolo, è così che si è risolta la fame nell’universo –. 40 Il Sasso di Sandy Sandy, era una ragazza di 14 anni, che viveva in una piccola città chiamata SanSasso City. Lei, aveva dei genitori che non andavano molto d'accordo e litigavano sempre, ad orari precisi. La mattina dalle 07:00 alle 09:00, il pomeriggio, no, dato che erano a lavoro e non si incontravano, poi la sera dalle 19:00 alle 22:00. Lei, ormai, conoscendo gli orari, a un' ora precisa si andava a chiudere in camera sua. Un giorno, però, i suoi genitori, Marcella e Marcello, urlavano talmente forte che Sandy uscì fuori nel giardino e iniziò a lanciare dei sassi contro un albero. Ne lanciò uno, due, tre e continuò a farlo fino ad arrivare al sasso con il numero 9. Questo sasso, però, era particolare. Quando la ragazza lo stava raccogliendo dal masso di sassi, esso in qualche modo fuggì, e cascò sull'erba. Vedendo la roccia sull'erba, cercò di prenderla e tirarla verso l'albero. Mentre ci stava mettendo le mani sopra per raccoglierlo, il sasso si aggrappò all'erba con le sue piccole manine, e in qualche modo provava a fuggire dalle mani e dalla furia di Sandy. Il numero 9, era talmente piccolo, ma talmente forte. 41 Continuava a tirare l'erba con le sue manine, con la coda e anche con i suoi dentini. Si era afferrato con tutto se stesso all'erba, e urlava :"huaaa, thaaa, ihaaaa". Sandy sentendo questi versi, pensava che erano i suoi genitori che hanno finito di litigare e ora stavano scherzando, allora, abbandonò il sasso e rientrò in casa. Nel mentre si avvicinava alla porta, da dietro si sentiva piccolissime urla, a un volume molto basso, come se provenivano da lontano. Si girò e trovo il numero 9 sotto i suoi piedi, e allora si chiese come aveva fatto ad arrivare vicino a lei. Pensando che non poteva camminare, lo ignorò e si voltò verso la casa. Quando Sandy si girò, il sasso gli diede un morso alla gamba destra del piede sinistro. La ragazza si spaventò e allora diede un calcio al sasso, facendolo sbattere contro l'albero. Mentre il numero 9 era in volo, urlò con tutta la sua forza e tirando fuori i suoi polmoni rocciosi:" iii believeeee iii caaan flyyyy, iii caaan touch the". (Albero) Non aveva finito di cantare perche andò a sbattere contro l'albero. Sandy sentendo questa canzone, che era la sua preferita, si avvicino all'albero e pensando che fosse lui che cantava, iniziò a dare calci e pungi all'albero per farlo cantare. Il sasso guardandola, rideva fortemente con la sua vocina da Barbie. Alla fine lei capì che era il sasso che fin'ora aveva fatto tutti quei versi, urla, e che cantava. 42 Vedendo questo fatto, lei si spaventò ma il numero 9 ancora di più. Nessuno sapeva cosa fosse l'uno, o l'altro. Il Sasso, come segno di pietà, alzo le mani come per dire a Sandy, prendimi in braccio. Sandy, vedendo questo, divenne dolce istantaneamente e prese in braccio il Sasso. Da quel giorno hanno fatto amicizia e la roccia non viveva più nel giardino, ma dentro la camera della ragazza. Condividevano lo stesso letto, ma non lo stesso cuscino. Sandy per far si che il Sasso dormisse con comodo, gli aveva donato il cuscino delle sue bambole che era su misura. Erano ormai le 22:00, i genitori avevano smesso di litigare e Sandy non era ancora scesa nel salone, come faceva ogni volta. Marcello e Marcella si erano preoccupati, pensavano che la loro bambina fosse andata via di casa. Salirono entrambi immediatamente nella stanza della ragazza. La giovane, non faceva altro che giocare con il suo sasso, vestirlo, lavarlo, e lanciandolo contro il muro, ci giocava a pallone insomma, e mentre il sasso era in volo, ogni volta cantava la sua canzone, che a Sandy piaceva moltissimo. Trovando il Sasso, la ragazza, ignorava completamente le urla dei genitori, stava sempre nella sua camera a giocare, mentre Marcello e Marcella, di sotto, nel salone, a litigare. Con il Sasso, erano tutti felici. Sandy aveva un nuovo amico, i genitori non erano più disturbati dalla figlia e il numero 9, portò a buon fine la sua missione. 43 Cosi, vissero tutti felici e contenti... No, cosi morirono tutti, uccisi dal sasso, spia internazionale inviata da tutti i vicini, per sterminare la famiglia. 44 La fuga di Adam Adam era un ragazzo ebreo. Viveva in Germania con la sua famiglia composta da sua madre Ariel,suo padre Daniel e la sua piccola sorellina Sarah. Come tutti gli altri Adam andava a scuola, giocava a calcio con i suo amici dopo scuola e aiutava i genitori a fare la spesa. Purtroppo nel 1933 la Germania diventò nazista. Il nazismo fu un'ideologia razzista,antisemita e nazionalista che permase in Germania subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. A capo di questa ideologia ci fu Adolf Hitler il cui era razzista verso gli ebrei come Adam. Hitler perseguitò gli ebrei per anni, Adam fu tra questi ebrei. Un giorno precisamente il 5 novembre 1937 a casa di Adam giunsero dei soldati nazisti per potare la sua famiglia ad Auschwitz il campo di concentramento più grande e più terribile di tutti. In casa, Adam non c'era era fuori in giro con la sua sorellina Ariel,I soldati nazisti presero i genitori di Adam e Ariel portandoli in Polonia ad Auschwitz. Adam tornò a casa proprio nel momento in cui visse i soldati nazisti portar via davanti ai suoi occhi e quelli di sua sorella i suoi genitori. Adam e Ariel allora scapparono via. Andarano dai loro zii in America per trovare vita migliore e per trovare una nuova vita senza i problemi del nazismo. Adam in America si laureò a Chicago in neuro psichiatria e mise su famiglia con la sua bellissima moglie Laura con cui fece due figli che li chiamò con i nomi dei suoi genitori in 45 loro memoria. Ariel diventò Maestra in una scuola media a Pittsburgh dove insegnò storia e raccontò ai suoi studenti quello che lei passò durante il periodo nazista e anche lei mise su famiglia, e dimenticarono cosa accadde in Germania e andarono avanti. 46 Il saggio e lo stupido C'era una volta in un villaggio non molto conosciuto, due fratelli che venivano chiamati dalla gente del villaggio lo stupido e il saggio. Sono stati soprannominati così perché uno ne combinava di tutti i colori, era bravo solo a combinare guai, litigare con le persone, l'altro fratello invece, era il suo opposto, il tipico bravo ragazzo sempre gentile con tutti. Però, anche il saggio, come tutti d'altronde, aveva un difetto quello di vantarsi nei confronti del fratello stupido. Allo stupido il comportamento del saggio dava fastidio, perché per la sua logica, era grazie a lui che il fratello saggio veniva considerato bravo da tutti gli abitanti del villaggio, in effetti se non era per i problemi che causava agli abitanti del villaggio, il saggio non veniva considerato affatto un "eroe" da tutti gli altri, ma era considerato una persona come tutte le altre. Lo stupido capì che era merito suo della tanta fama del fratello saggio. Da allora lo stupido smise di combinare i guai agli altri e tutto ciò che avevano reso noto agli altri e il saggio non avendo più guai da risolvere cominciò lentamente a scendere di fama fino al punto da non essere più conosciuto da nessuno. Infine lo stupido smise di causare danni e cominciò a essere riflettere prima di fare certe mosse e venne considerato saggio dalla 47 gente del villaggio, mentre il "vero" saggio non avendo più problemi da risolvere venne considerato una persona qualunque. 48