Introduzione alla Cinematica

Transcript

Introduzione alla Cinematica
Introduzione alla Cinematica
Prof.ssa Elisa Garagnani – ISIS Archimede
1
Sistemi di riferimento
Consideriamo la frase: «Un uomo esce di casa, cammina lungo un viale, si ferma al bar, poi
corre fino in fondo al viale per imbucare una lettera e torna indietro. Per fare tutto questo
impiega circa 15 minuti».
Possiamo descrivere il movimento di un corpo, per esempio dell’uomo, in tanti modi, con
un disegno, con una frase, con un grafico. . . In ogni caso siamo costretti ad effettuare alcune
scelte:
• stabilire cosa ci interessa del moto in questione (e quindi magari scegliere di approssimare il corpo in movimento, l’uomo dell’esempio, con un punto materiale);
• scegliere un sistema di riferimento spaziale costituito da oggetti che considero fermi
(per es. la strada che va dalla casa alla buchetta);
• scegliere un sistema di coordinate al quale riferire la posizione con opportune misure,
costituito da un’origine (per es. la casa), una direzione (il vialetto) e un verso (casa →
buchetta).
• scegliere un riferimento temporale, utilizzando un orologio o più comodamente un
cronometro che scelgo quando far partire (scelta dell’origine temporale).
Diremo che un corpo si muove quando cambia la sua posizione nel tempo rispetto ad un
altro corpo scelto come riferimento.
Tale scelta è necessaria. Ad esempio, gli aerei di una pattuglia acrobatica in volo, come
quelli mostrati nella figura 1, sono in movimento rispetto alla Terra, ma fermi l’uno rispetto
all’altro.
La quiete e il moto sono, dunque, concetti relativi: un oggetto può essere contemporaneamente in moto rispetto ad un corpo e in quiete rispetto ad un altro.
Possiamo esprimere il movimento di un oggetto solo se prima specifichiamo il corpo, preso
come sistema di riferimento, relativamente al quale osserviamo e misuriamo la posizione
dell’oggetto al trascorrere del tempo. Se questa varia nel tempo, allora possiamo affermare
che l’oggetto è in moto rispetto al sistema di riferimento fissato.
Chiameremo, in conclusione, sistema di riferimento spaziale un insieme di corpi che non
mutano posizione gli uni rispetto agli altri che consideriamo fermi e rispetto ai quali possiamo
determinare la posizione di un altro corpo.
Utilizzeremo perlopiù come sistema di riferimento la Terra e tutto ciò che è fissato rigidamente ad essa, come strade, alberi, case. Parleremo quindi — a volte implicitamente — di
moto rispetto al suolo della Terra.
Figura 1: Quattro componenti della pattuglia acrobatica americana Thunderbirds in
un’esibizione all’aeroporto di Chitose, nell’isola giapponese di Hokkaido (Kyodo News/Ap)
1
Figura 2: La traiettoria generata da un punto fisso su una circonferenza generatrice che rotoli,
senza slittamento, lungo un piano descrive una curva chiamata cicloide.
Figura 3: Un corpo che si trova in A ha posizione positiva, in B ha posizione negativa.
Definizione. Una volta stabilito il sistema di riferimento, per poter descrivere un moto
bisogna stabilire qual è l’insieme delle posizioni che vengono assunte dal corpo in movimento.
Tale insieme prende il nome di traiettoria.
Ad esempio, rispetto ad un osservatore fermo sul suolo della Terra, la traiettoria di un
corpo in caduta libera è una retta verticale, la traiettoria di un proiettile sparato orizzontalmente da un cannone è una curva che prende il nome di parabola. In questi esempi la
traiettoria è una linea nello spazio, che unisce fra loro tutte le posizioni occupate dal corpo,
man mano che il tempo passa.
È importante osservare che cambiando il sistema di riferimento potrebbe cambiare non
solo lo stato di quiete o di moto di un oggetto ma anche la sua traiettoria. Per esempio, un
punto fissato nella ruota di una bicicletta (come quello individuato dalla valvola per gonfiarla)
descrive una circonferenza rispetto al sistema di riferimento del ciclista ed una curva come
quella di figura 2 detta cicloide, rispetto ad un osservatore fermo rispetto alla Terra.
Operativamente, un sistema di riferimento necessita di un sistema di assi cartesiani, detto
anche sistema di coordinate, e di un osservatore, in quiete rispetto alla Terra (o al sistema
di riferimento considerato), munito di metro e cronometro per misurare spazi e tempi.
In alcuni casi è sufficiente individuare un sistema di coordinate ad una dimensione se la
traiettoria è rettilinea (macchina che si muove lungo un’autostrada, uomo del nostro esempio
che si muove lungo il viale. . . ). Se invece il moto avviene con una traiettoria che rimane su
un piano serve un sistema di coordinate a due dimensioni (posizione di un alunno nell’aula, di
una pedina nella scacchiera. . . ) e nel caso più generale ho bisogno di tre dimensioni (posizione
di una farfalla in un’aula, di un pesce in un acquario. . . ).
2
2.1
Moti in una dimensione
Posizione, istante e spostamento
Fissiamo ora la nostra attenzione sulla descrizione di un moto che avviene in una dimensione,
cioè la cui traiettoria sta su una retta o su una linea piana approssimabile come porzione
di una retta. Ad esempio, studiando il moto di una macchina in opportuni tratti di strada,
possiamo a grandi linee schematizzare la linea dello spartitraffico pensandola come retta.
Fissiamo, dunque, un sistema di coordinate ad una dimensione. Per rappresentarlo, disegnamo la retta sulla quale avviene il moto, fissiamone un punto O che chiameremo origine
ed un verso.
La posizione di un corpo è la distanza con segno tra il corpo e l’origine. Solitamente la
posizione si indica con la lettera s, anche se bisogna fare attenzione a non confonderla con la
s di secondi. In alternativa si può trovare indicata anche con x, ricordando che il sistema di
coordinate spaziale in una dimensione è, dal punto di vista matematico, un asse delle ascisse.
Nel Sistema Internazionale l’unità di misura della posizione è il metro [m].
La posizione può, quindi, essere espressa da un numero negativo (se ci si trova prima
dell’origine), nullo (se il corpo si trova nell’origine) o positivo (se ci si trova dopo l’origine).
2
Ora introduciamo nella nostra descrizione un orologio, ancora meglio, un cronometro
che decideremo di far partire al momento più opportuno (ad esempio nell’istante in cui inizia
il movimento). Fissiamo così anche un’origine temporale. Siamo così pronti ad associare, ad
ogni posizione del corpo in movimento, una lettura simultanea del cronometro. Chiameremo
istante il valore letto sul cronometro.
Domanda Supponiamo che il punto materiale con cui schematizziamo il nostro oggetto in
movimento si trovi nella posizione s = 3m all’istante t = 10s. Per quanti secondi
l’oggetto rimane in quella posizione? In altre parole, quanti secondi dura un istante?
Per riflettere. La parola istante è astratta dal linguaggio quotidiano, nel linguaggio scientifico assume, invece, un significato meno familiare. Infatti, per la maggior parte delle
persone la parola istante significa un breve intervallo di tempo, per esempio si dice:
«sarò lì tra un istante». Quando, dunque, utilizziamo tale parola in fisica, dobbiamo
ricordarci che non rappresenta un intervallo di tempo ma, per definizione, la lettura sul
cronometro. Una lettura sull’orologio dura zero secondi. Quindi, un oggetto in moto
occupa una certa posizione ad un certo istante per zero secondi. Diremo, perciò, che la
posizione è una grandezza istantanea.
Una data posizione dell’oggetto e la corrispondente lettura sul cronometro, cioè il corrispondente istante, sono strettamente connessi. Chiameremo evento questa combinazione.
2.2
Spostamento e spazio percorso
Consideriamo il moto di un punto materiale che viaggi nella direzione rettilinea del sistema
di riferimento fissato.
Spostamento tra due istanti. Chiamiamo spostamento relativo all’intervallo di tempo ∆t =
t2 − t1 la variazione della posizione del corpo tra due istanti temporali (quello finale,
t2 , e quello iniziale, t1 ), cioè:
∆x = x2 − x1 .
Il simbolo ∆, che rappresenta la variazione di valore di una grandezza, significa che dal valore
x2 della posizione all’istante finale va sottratto il valore x1 della posizione all’istante iniziale.
Nel Sistema Internazionale l’unità di misura dello spostamento è il metro [m].
Osserviamo che uno spostamento può assumere sia un valore positivo (se il corpo si
muove nel verso crescente scelto nel sistema di riferimento) sia un valore negativo (se il corpo
si muove nel verso opposto a quello del sistema di riferimento). Per esempio, in riferimento
alla figura 3 nella pagina precedente, da B a A lo spostamento è positivo:
∆x = xA − xB = (3m) − (−2m) = 5m,
mentre da A a B lo spostamento è negativo:
∆x = xB − xA = (−2m) − (3m) = −5m.
Esercizio. Considera le seguenti coppie di valori che si riferiscono a posizioni rispettivamente
iniziali e finali lungo un asse orientato. Quali coppie rappresentano uno spostamento
negativo? Quale significato ha tale valore negativo?
1. −3m, 5m;
2. −3m, −7m;
3. 7m, −3m;
Attenzione! Non confondere lo spostamento con lo spazio percorso: il primo è la distanza
(con segno) tra posizione finale ed iniziale; il secondo misura la lunghezza (quindi
positiva) del percorso lungo la traiettoria.
Osserviamo che il numero dei metri effettivamente percorsi nella precedente definizione
non compare: lo spostamento dipende soltanto dalle posizioni iniziali e finali, indipendentemente dal percorso effettuato per arrivarci. Infatti se il punto materiale viaggia
sempre nello stesso verso, lo spazio percorso è proprio il modulo dello spostamento:
∆s = |∆x|. Se, invece, la particella viaggia per un po’ in un verso, si ferma e poi
3
inizia a viaggiare in verso opposto (come nel caso di un oggetto appeso ad una molla
che oscilla, oppure in quello di un corpo lanciato verticalmente verso l’alto) lo spazio
percorso è maggiore dello spostamento ed equivale alla somma dei moduli degli spostamenti in ciascuno dei versi: ∆s = |∆x1 | + |∆x2 | + · · · . Quando il corpo ritorna al
punto di partenza lo spostamento è addirittura nullo.
2.3
Velocità media e rapidità media
Rapidità media (o velocità scalare media) tra due istanti. (In inglese: average speed)
Fissato un sistema di riferimento spazio-temporale, definiamo rapidità media tra l’istante iniziale t1 e l’istante finale t2 il rapporto tra lo spazio effettivamente percorso e
l’intervallo di tempo impiegato.
rapidità =
spazio percorso
.
∆t
Velocità media tra due istanti (Average velocity). Fissato un sistema di riferimento
spazio-temporale, definiamo velocità media tra l’istante iniziale t1 e l’istante finale t2 il
rapporto tra lo spostamento effettuato e l’intervallo di tempo impiegato.
v 1;2 =
x2 − x1
∆x
=
.
∆t
t2 − t1
Poiché ∆t è sempre positivo, la velocità media ha lo stesso segno dello spostamento;
quindi può essere positiva, negativa o nulla. Nel Sistema Internazionale l’unità di misura
della velocità è il metro al secondo [m/s].
Oltre al m/s si utilizzano anche altre unità come il km/h:
1km/h =
1000 m
1
1km
=
=
m/s.
1h
3600 s
3.6
Quindi:
Per riflettere. Quali caratteristiche deve avere il moto affinché la rapidità media coincida
con la velocità media tra gli stessi istanti?
Anche se la velocità è una grandezza a cui siamo abituati sin da piccoli la sua elaborazione
come grandezza fisica ha posto diversi problemi. Ne citiamo due:
• non è ovvio che la velocità debba essere indagata rispetto a come varia nel tempo.
Galilei inizia i suoi studi sul moto di caduta dei corpi cercando un legame tra velocità
e spazio percorso;
• mentre noi siamo ormai abituati a dividere e moltiplicare grandezze non omogenee,
la teoria delle grandezze utilizzata agli albori della fisica è quella di Euclide ed essa
prevede di dare un senso solo a rapporti di grandezze omogenee. Mentre per noi ha
senso dividere uno spazio per un tempo, per gli eredi della cultura greca si può al più
stabilire un’uguaglianza tra rapporti di grandezze omogenee tra loro (dire per esempio,
che una velocità è doppia di un altra se è doppio lo spazio percorso); si opera sempre
con numeri puri. Nasce allora la domanda: quando dirò che la velocità è raddoppiata;
quando è raddoppiato lo spazio percorso o quando considero un tempo dimezzato?
Galilei dopo un cammino faticoso arriverà ad elaborare i moderni concetti di velocità e di
accelerazione, anche se in forma matematicamente diversa dalla nostra. Riuscirà cioè a capire
che il moto diviene indagabile se la natura viene interrogata con quei concetti di spostamento,
velocità ed accelerazione che utilizziamo ancora oggi.
4