Tecnica guerra lavoro CONFRONTO
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Tecnica guerra lavoro CONFRONTO
DRonEziNe La prima rivista italiana sui droni numero 0 CONFRONTO Telecamere gopro contro sony Tecnica guerra Dalla radio al volo autonomo senza pilota, ma con i missili lavoro DRonEziNe -1 trattori volanti Il cielo non è più un limite, ma un nuovo punto di vista. bramor-i Autonomous Unmanned Aerial Vehicle APPLICAZIONI TIPICHE: •SORVEGLIANZA E SICUREZZA; •ISPEZIONE DI IMPIANTI ENERGETICI; •AGRICOLTURA DI PRECISIONE; •ORTOFOTOGRAFIA; •MAPPATURA 3D; •TERMOGRAFIA DI EDIFICI; •PREVENZIONE DEGLI INCENDI; •LOTTA AL BRACCONAGGIO; •LOTTA ALL’ABUSIVISMO EDILIZIO; •RIPRESE AEREE; •RILIEVI ARCHEOLOGICI; •VULCANOLOGIA/GEOLOGIA; •MONITORAGGIO DEL TRAFFICO; PROFESSIONALITÀ DESIGN ELEGANZA CONVENIENZA BELLEZZA PERFORMANCE PER MAGGIORI INFORMAZIONI W W W . E U R O L I N K S Y S T E M S . C O M DRonEziNe - 2 Da 20 anni, la giusta soluzione per qualsiasi esigenza dal mondo dei droni. sommario Rubriche 04 Editoriale 05 Associazioni 30 Contro editoriale 09 normativa 06 Aspettando il regolamento dell’Enac Applicazioni 09 Trattori volanti Tecnica 12 Il cervello tra le nuvole 15 Volare come il capitano Kirk 19 GoPro contro Sony 19 Recensione 22 Microdrones MD4-1000 Terza Pagina 24 La guerra postumana 27 Senza pilota sulla portaerei 28 Drone Art 22 DRonEziNe - 3 editoriale di Stefano Orsi Il drone e lady giustizia A prile 2013. Nella cittadina di Marion in Ohio (Stati Uniti), un piccolo drone civile che stava facendo riprese aeree sul tribunale della contea è finito addosso alla statua di Lady Justice. Grave imbarazzo per il fotografo e grattacapi per il comandante dei vigili del fuoco, che si chiedeva se fosse il caso di usare un elicottero vero per tirare giù quello che ai suoi occhi era un elicottero giocattolo. Siamo certi che in qualche modo il velivolo verrà recuperato e la storia avrà un lieto fine. Ma quale insegnamento possiamo trarre da questo curioso incidente? Negli USA, ma un po’ anche in tutti gli stati del mondo e in particolare in Italia, proprio in questi giorni si legifera a proposito della possibilità di utilizzare piccoli velivoli a pilotaggio remoto (APR) in ambito cittadino in aree segregate e non. Soprattutto oltreoceano ci sono contese aperte: alcuni Stati sono favorevoli all’utilizzo civile di questi piccoli UAV, che in gergo vengono definiti UAS (Unmanned Aircraft Systems), anche per missioni di soccorso e recupero. Altri stati confederati invece, per maggiore tutela della privacy, vogliono negare il loro DRonEziNe - 4 uso anche a forze dell’ordine, polizia e vigili del fuoco compresi. Curioso che il drone sia finito proprio tra le braccia di quella giustizia che presto dovrà deciderne la sorte. Se una cosa simile fosse successa in Italia, che ha il patrimonio artistico e culturale più importante del mondo, le affilate pale avrebbero potuto danneggiare seriamente un monumento di grande valore storico? Le assicurazioni (che sicuramente il proprietario avrà stipulato) avrebbero coperto il danno? E sopratutto i media e le istituzioni come avrebbero reagito? Noi siamo sicuri che i piccoli droni civili siano una risorsa per tutti. Possono aiutare geologi, sismologi, architetti e ingegneri a monitorare i danni derivati da smottamenti e frane, aiutare i contadini a valutare la salute dei raccolti, ispezionare palazzi pericolanti. Eppure ci assale il dubbio che dalle nostre parti un episodio così possa fermare ogni tipo di attività, sportiva e professionale, con l’emanazione di nuove leggi severe e punitive. Lady Giustizia, non ti arrabbiare. Quel piccolo drone è volato tra le tue braccia per cercare la tua protezione, non per farsi beffe di te. associazioni siamo uniti grazie all’enac I n Italia la filiera dei droni è appena nata e già ha una sua associazione: Assorpas, che riunisce il mondo dei light RPAS (Remotely Piloted Aircraft Systems), piccoli aeromobili a pilotaggio remoto. Droni “tascabili”, nati da realtà legate all’areonautica, all’università ed anche all’hobby e diventati una realtà produttiva fatta di riprese aeree, documentari, missioni in appoggio all’agricoltura di precisione, campagne scientifiche e di monitoraggio del territorio. Un mondo dinamico, pieno di entusiasmo che cresce alla faccia della crisi, ma anche in un vuoto normativo preoccupante, che potrebbe mettere a rischio lo sviluppo stesso del settore: «È stata proprio l’Enac, l’ente nazionale di controllo delle attività aeronautiche, a suggerirci di creare un’associazione che riunisse tutta la filiera dei droni: costruttori, progettisti, utenti» ci dice Stefano Russo, uno dei fondatori dell’associazione. «L’Enac sta in questi giorni studiando un regolamento per l’uso professionale di questi mezzi aerei, ed era letteralmente bombardata dalle domande di tanti imprenditori e professionisti, soprattutto cameraman e fotografi, che volevano chiarimenti: non potendo dare risposte a tutti, ha spinto per avere un interlocutore unico, con cui discutere della normativa che farà uscire questo nascente settore industriale dall’incertezza dovuta alla mancanza di regole chiare». A cominciare dalla sicurezza? «Certo, correlando il tipo di velivolo al tipo di operazione da effettuare, con protocolli, sia di comportamento che tecnici, che in sostanza saranno una sintesi del “buon senso” applicato al settore. Per esempio, sul drone di nostra progettazione abbiamo dei sistemi “a fusibile meccanico” che, in caso di impatto, fanno sì che l’energia rilasciata sia esigua, limitando i danni a persone e cose. Ma lo strumento di sicurezza più efficace rimane sempre la preparazione dell’operatore. Non dimentichiamoci che i droni sono ecologici: quando abbiamo fatto le riprese per un documentario sul relitto della Costa Concordia, prima ci guardavano come marziani, poi tutti hanno apprezzato il fatto che i nostri droni elettrici non inquinano e sono poco invasivi. Costano infinitamente meno dell’intervento di un elicottero e possono avvicinarsi al soggetto della ripresa fin quasi a toccarlo, senza creare disturbo all’ambiente e alle attività umane». Stefano Russo Vice Presidente e Tesoriere di Assorpas DRonEziNe - 5 Cosa dice la legge di Stefano orsi I droni civili sono utili in moltissimi campi, ma pongono problemi legali per la privacy e la sicurezza G ià nel 2011 l’Enac si era interessata al mondo dei piccoli o grandi velivoli senza pilota a bordo. E dopo lunghi studi, il 24 dicembre 2012 pubblicava un comunicato nel quale proponeva una bozza di regolamentazione dei mezzi a pilotaggio remoto. In questa prima bozza non solo venivano definite quote, pesi, zone di volo e comportamenti da tenere, ma veniva data anche una nuova definizione della parola aeromodello. Il mondo modellistico italiano era insorto con una In Svizzera i voli dei piccoli droni sono permessi, a patto sche il pilota sia costantemente in contatto visivo. O almeno ci sia un secondo pilota possa vedere costantemente l’APR e prendere i comandi. Inquadra il codice per scaricre la normativa elvetica DRonEziNe - 6 alzata di scudi, sollevando obiezioni verbali e scritte nei confronti dell’Ente, il quale ha proposto due incontri (poi diventati tre) per offrire un terreno di confronto costruttivo attraverso appositi workshop. Queste tavole rotonde hanno visto il susseguirsi di interventi da parte di associazioni e di singoli modellisti, di operatori video, di produttori di droni, di associazioni di pilotaggio, insomma di tutto il panorama italiano interessato alla nuova normativa. Mentre scriviamo, siamo ancora in attesa del regolamento definitivo, che si presume sarà reso noto verso fine anno. La domanda che tutte le realtà coinvolte si sono poste è se effettivamente ci sia bisogno di legiferare contro o a favore di questo nascente settore. La risposta non è semplice, quel che è certo è che tutte le nazioni avanzate stanno sottoponendo a norme i mezzi a pilotaggio remoto, gli APR. Vediamo dunque quel che succede all’estero. Gran bretagna In Inghilterra la normativa definisce chiaramente le distanze da rispettare, in caso di sorvolo di persone, veicoli o case e le massime quote rispetto al terreno sia in caso di navigazione autonoma, sia nel caso di pilotaggio remoto. aspettando il regolamento ENAC normativa Costa Concordia Un drone utilizzato per le riprese di un documentario CBS sul naufragio del Giglio Stati uniti Negli Stati Uniti le leggi variano a seconda dello stato confederato e della propensione al volo urbano dei nuovi droni civili. In Usa l’attenzione è particolarmente rivolta al tema della privacy, molto sentito dai cittadini americani, con posizioni a dir poco contrastanti: in alcuni stati il volo degli UAV (Unmanned aerial vehicle, veicolo aereo senza equipaggio) civili in forza alle polizie locali è espressamente vietato, in altri è ben apprezzato e fortemente caldeggiato. Vengono definite chiaramente le distanze da rispettare in caso di sorvolo di persone, veicoli o case e le massime quote rispetto al terreno sia in caso di navigazione autonoma, sia nel caso di pilotaggio remoto. Svizzera In Svizzera troviamo una regolamentazione molto semplice, che classifica in modo univoco i droni e i mezzi a pilotaggio remoto per utilizzo civile. Nella Confederazione, i voli dei piccoli droni o APR entro un certo limite di In Gran Bretagna le norme stabiliscono le distanze minime nel sorvolo di persone, veicoli o case e le quote massime di volo sia in caso di navigazione autonoma, sia in caso di pilotaggio remoto. inquadra il codice per scaricre la normativa britannica peso sono permessi, a patto che il pilota sia costantemente in contatto visivo con lo stesso e nel caso il pilotaggio sia fatto in FPV (cioè attraverso occhiali a realtà aumentata o monitor) su autorizzazione dell’autorità aeronautica elvetica, e solo a condizione che un secondo pilota possa vedere costantemente l’APR e prenderne immediatamente i comandi in caso di necessità. Stessa cosa per il volo completamente automatico, che deve essere fatto entro il campo visivo e a patto che il pilota ne possa riprendere il comando. Particolari voli in aree affollate o a rischio sono permessi solo dopo accordi con gli enti preposti alla navigazione aerea. E in Italia? La bozza del regolamento proposto fa nette distinzioni tra l’uso professionale dei velivoli a pilotaggio remoto e quello ludico/sportivo degli aeromodellisti. Inoltre, vengono definiti anche i temi della ritrasmissione delle immagini provenienti dagli APR, cioè le immagini riprese dalla videocamere di bordo che ne consentono l’utilizzo anche in aree al di fuori della portata ottica (BLOS - Behind Line Of Sight). Il mondo modellistico ha una disciplina parallela che si chiama FPV (First Person View – che semplificando viene comunemente intesa come Vista in Prima Persona) che permette ai piloti di pilotare aerei, elicotteri, multirotori (ma anche auto e barche radiocomandate) come se il pilota fosse effettivamente a bordo, grazie all’utilizzo della telemetria e sopratutto alla ricezione di immagini in tempo DRonEziNe - 7 normativa reale riprese dalle videocamere di bordo. Questa disciplina del modellismo aereo è molto preoccupata delle limitazioni che l’Enac potrà imporre alla propria attività. Negli altri stati europei viene definita la distanza massima alla quale gli aeromodelli possono spingersi. E che equivale alla portata ottica di un osservatore / collaboratore che deve affiancare il pilota modellista durante tutto il volo ed eventualmente prendere il controllo del velivolo in caso di necessità. Sarà così anche da noi? Vedremo cosa delibererà L’Ente Nazionale Aviazione Civile. Cosa ci riserverà il futuro Dal punto di vista economico c’è un grande fermento attorno a questo nuovo business dei droni, che al momento rimane in attesa delle disposizioni Enac. Una intera industria neonata spera che, nonostante la profonda crisi, il settore possa avere un tasso di crescita superiore alla media nazionale, con la certezza che tutte le attività saranno svolte rispettando parametri e standard di sicurezza, preservando l’incolumità degli operatori, delle persone e delle cose sorvolate. lavoro aereo I droni civili e i mezzi a pilotaggio remoto possono rendersi utili in operazioni difficili o pericolose per gli operatori umani Grandi rischi Nel terremoto emiliano i droni hanno aiutato i vigili del fuoco a verificare tetti e muri pericolanti. Spesso tali prestazioni sono state fornite gratuitamente da piccole aziende private. Nello scorso aprile, i droni hanno monitorato una frana nel comune di Monselice. pompieri I mini droni possono evitare rischi ai vigili del fuoco entrando in avanscoperta in edifici pericolanti o incendiati. Sono già stati eseguiti con successo le prime simulazioni di lancio di salvagente a bagnanti in difficoltà. Agricoltura In Spagna l’ Institute for Sustainable Agriculture ha utilizzato un drone con termocamera per studiare gli effetti di un fitofarmaco. Fauna In alcune riserve naturali russe verranno utilizzati UAV per monitorare alcune specie di animali a DRonEziNe - 8 rischio estinzione e per la prevenzione contro attività di bracconaggio. In India è partito un progetto per sorvegliare i parchi nazionali popolati da elefanti. CATASTO I comuni possono noleggiare i droni per monitorare abusi edilizi o l’avanzamento lavori di opere pubbliche documentandone l’avanzamento. I droni possono fornire la documentazione di legge per la detrazione fiscale per il montaggio dei pannelli solari: nella maggioranza dei casi i pannelli solari sono installati sopra i tetti di case, capannoni industriali o in grandi aeree di campagna; il noleggio di un piccolo UAV costa meno rispetto a un aereo o a un elicottero. Tv Piccole emittenti locali e case di produzione possono permettersi il noleggio di droni per riprese aeree di eventi sportivi locali e fatti di cronaca. Il drone di zio tobia di Matteo Campini I velivoli senza pilota rinnovano l’antichissimo mestiere del contadino L’ agricoltura si trova di fronte a una sfida difficilissima: nutrire un mondo sempre più sovrappopolato, mantenendo costi accettabili in modo che tutti, anche gli ultimi della Terra, possano permettersi cibo buono e sano tutti i giorni, senza sacrificare altro terreno agli appetiti di un’umanità sempre più numerosa e con stili di vita sempre più consumistici. Non potendo aumentare all’infinito l’estensione dei campi, l’unica strada percorribile è quella di incrementare la produttività di quelli che ci sono oggi. Una delle frontiere più promettenti è l’agricoltura di precisione, che significa portare l’esatta quantità di acqua, agrofarmaci, diserbanti e fertilizzanti esattamente dove serve, alle piante che ne hanno più bisogno, evitando sprechi di prodotti chimici e carburanti per i trattori, risparmiando allo stesso tempo all’ambiente le chimiche agricole inutili. Il risultato è un raccolto più sano e abbondante a costi più contenuti. il ranch di john John, farmer dello Iowa, come suo padre e suo nonno prima di lui, coltiva una terra generosa ma difficile. Campi strappati al Mississippi da difendere dal gelo spaventoso dell’inverno, alle estati torride, dove la colonnina di mercurio sfonda tranquillamente i 37 gradi, dai tornado e dai 50 giorni all’anno di grandine e violenti temporali che trasformano il ranch di famiglia in una palude. Da tre generazioni, la famiglia di John sa che per avere un buon raccolto non basta spargere con l’elicottero insetticidi e anticrittogamici a tonnellate. Ogni angolo dei campi ha le sue esigenze, e un farmer coscenzioso sa dove e come intervenire. Il nonno di John percorreva faticosamente a cavallo in lungo e in largo la proprietà, per assicurarsi dello stato di salute di ogni pianta di mais. Il padre di John faceva lo stesso col trattore. John fino a ieri si affidava alle fotografie con analisi spettrale riprese da un satellite artificiale, sfruttando un abbonamento a prezzi convenienti offerto dall’associazione locale dei coltivatori. I falsi colori delle foto del satellite gli dicevano quali piante soffrivano per mancanza d’acqua, quali avevano bisogno di antiparassitari, dove intervenire con più o meno fertilizzante. Un metodo comodo, ma non sempre preciso, soprattutto perché le termografie del satellite sono fortemente influenzate dalla temperatura dell’aria, rendendo difficile interpretare correttamente i risultati. Il satellite non basta, non oggi, per lo meno, dove la precisione in agricoltura fa la differenza tra successo e fallimento di una azienda agricola di medie dimensioni. John così si è affidato a un drone, un semplice esacottero di derivazione hobbistica, che gli permette di Un drone in volo su un campo dello Iowa DRonEziNe - 9 applicazioni trattori volanti ottenere un dettaglio infinitamente superiore a quello del satellite, a costi persino più contenuti. Un drone equipaggiato con una telecamera a infrarossi che gli dà indicazioni precise sull’idratazione del mais, sulla salute del suolo, sulle malattie delle piantine: un tesoro di informazioni ricavato semplicemente illuminando il mais con un faro a infrarossi ed elaborando l’immagine letta dalla telecamera di bordo. il mississippi ringrazia Il costo del noleggio del drone viene ripagato in fretta con i significativi risparmi sulle chimiche da irrorare nel campo: solo usando un drone per il controllo dell’azoto, cioè in pratica per vedere dove è necessario concimare e dove no, i farmer americani hanno ottenuto risparmi che vanno dai 17 ai 52 dollari per acro all’anno, risparmiando il 40% del fertilizzante. Anche il Mississippi ringrazia, il grande fiume è sull’orlo del collasso ecologico a causa dell’eutrofizzazione, cioè l’esplosione della popolazione delle alghe, che crescono in maniera abnorme sottraendo ossigeno ai pesci proprio perché le alghe si ingozzano di concimi chimici che i famosi 50 temporali all’anno dilavano dai campi e trascinano nel fiume, avvelenandolo. E oltre al fertilizzante grazie al drone si risparmia anche acqua, con grande sollievo dei farmer dell’Arizona e del Texas, che lottano con i denti per strappare le loro terre dall’avanzare del deserto. Secondo le previsioni della Federal Aviation Administration, per il 2030 nei cieli americani ci saranno decine di migliaia di droni, molti dei quali saranno proprio trattori con le ali. O meglio, con le eliche. DRonEziNe - 10 Sulle risaie del Giappone Già oggi in Giappone ci sono più droni agricoli che trattori, visto il grande successo commerciale dei droni Rmax costruiti da Yamaha. In questo caso, il compito del drone non è quello di fotografare, ma di difendere il riso dal riso selvatico, il temibile crodo, che cresce prima del riso e lo soffoca. In passato, strappare a mano il crodo era il terribile, massacrante compito delle mondine. Oggi in tutto il mondo il crodo si combatte coi diserbanti. E grazie ai droni, i giapponesi possono diserbare solo dove c’è il crodo, invece che trasformare massicciamente le risaie in piscine velenose. Il successo dei droni giapponesi dipende anche dall’illuminata burocrazia del Sol Levante, che invece di proibire o comunque ostacolare lo sviluppo dei droni, come peraltro fanno in tanti, Stati Uniti compresi, ha capito che per evitare lo spopolamento delle campagne bisognava puntare diritti alla fase due della meccanizzazione, quella dei trattori alati. Così già nel 1981 è stato lo stesso ministro dell’agricoltura a chiedere a Yamaha di fare un drone agricolo spruzzatore, e il primo modello, l’elicottero nella foto di apertura di questo articolo, è stato completato già nel 1991. Un drone fino a un certo punto, è più che altro un elicottero radiocomandato che ha bisogno di un pilota professionista. Nel primo anno di attività, gli elicotteri Rmax hanno liberato dal crodo 100 mila acri di terreno, oggi ne curano 2,5 milioni, il 40% dell’intera produzione di riso dell’arcipelago. Yamaha ha già cominciato a esportare i suoi elicotteri robot in Corea del Sud e pensa di venderli anche in Australia, autorità aeronautiche permettendo. E poi puntano all’obiettivo grosso, gli Stati Uniti: i giapponesi vedono interessantissime opportunità per i loro droni agricoli nella coltivazione nordamericana di uva, mandorle, pistacchi. E, naturalmente, riso. agro-droni all’italiana Trattori volanti nei nostri campi? Ne parliamo con Paolo Marchesini di DuPont-Pioneer «p roprio pochi giorni fa, parlavo con un collega brasiliano dell’uso che in Sudamerica fanno dei droni per vincere la sfida dell’agricoltura di precisione» ci racconta Paolo Marchesini di DuPont Pioneer, una delle maggiori multinazionali agricole del mondo. «E ragionavo su quanto sarebbero utili da noi, forse più ancora che in Brasile. Perché là i campi hanno estensioni gigantesche, mentre da noi i campi sono piccoli, spezzettati, e spesso hanno una morfologia complicata. E ancora più bisogno di aiuto». E i droni come possono aiutarci? «Grazie ai droni, possiamo avere una visione del campo dall’alto, e sapere quali piantine soffrono per parassiti, mancanza d’acqua o di fertilizzante. Possiamo arrivare a una precisione del metro quadrato, mappare il campo e passare le informazioni al software del trattore - i trattori moderni sono praticamente guidati dal computer- e intervenire solo dove serve. Un compito che oggi non è semplice; la visione a bordo campo non basta. E il drone fa quello che un elicottero non può fare. Non solo per questione di costi, basta vedere qual è la realtà dei nostri campi in Piemonte o Lombardia: incuneati tra case, paesi, tralicci dell’alta tensione. Dopo due o tre passaggi dell’elicottero, partirebbero le petizioni dei cittadini inferociti». Quindi senza droni non c’è agricoltura di precisione? «Non ho detto questo. Noi di Pioneer abbiamo delle te- lecamere all’infrarosso montate sulle trebbiatrici che valutano la salute delle piante al momento in cui vengono tagliate: ma queste informazioni serviranno per il prossimo raccolto, non si può Paolo Marchesini , fare più nulla per quelle Government, Public and Regulatory Affairs Manager ormai mature. Con le Southern Europe - DuPont Pioneer stesse camere montate sul drone si potrebbe intervenire prima del raccolto, dosando esattamente quello che serve per il campo, invece che concimare, passatemi l’espressione, “a occhio di porco”: se il coltivatore ritiene che in media il suo terreno abbia bisogno poniamo di cento dosi, ne usa 150 per andare sul sicuro. Sprecando denaro e inquinando». Uno spreco evitabile che giustifica il costo del drone? «Il drone non dovrebbe essere acquistato, ma noleggiato attraverso il consorzio agrario o gestito da terzisti che offrono il servizio. Mi pare difficile immaginare i coltivatori che diventano esperti di droni. E non è solo questione di risparmio, ma di qualità e sicurezza alimentare: se in un angolo del campo, all’insaputa del contadino, le piante sono stressate dalla mancanza di acqua, nutrimenti o farmaci, diventano preda dei parassiti. Come le piralidi, farfalle che attaccano il nostro mais aprendo la strada a infezioni da fungo molto pericolose per la salute umana. E l’infezione si propaga alle piante sane, causando danni enormi che i droni potrebbero contribuire a limitare». DRonEziNe - 11 il cervello tra le nuvole di Silvio Di Domenico Facciamo conoscenza con l’elettronica di bordo dei nostri multi: sensori grandi come fiammiferi che ci fanno volare in tutta sicurezza L a possiamo chiamare con vari nomi: scheda di volo, flight control (o semplicemente FC), scheda di controllo, flyght control. In sostanza è un microprocessore collegato a una serie di sensori che riceve in ingresso i segnali del radiocomando e in uscita pilota i controller dei motori e vari accessori. La principale differenza tra un modello e l’altro sta nel numero di sensori. Possiamo volare con tre giroscopi, il minimo, oppure con una serie di sensori da far invidia alla piattaforma inerziale di un Boeing di linea e spesso superare in prestazioni i sensori che hanno porGiroscopi Informano il processore sulle variazioni dell’accelerazione angolare. Ne servono tre, uno per ogni asse. DRonEziNe - 12 tato l’uomo sulla luna. Il sensore principale è il giroscopio, spesso abbreviato in gyro. Fornisce alla flying control l’accelerazione angolare, ossia al pari del giroscopio usato per il controllo della coda degli elicotteri radiocomandati comunica al processore se il multirotore sta ruotando su uno dei tre assi per permetterne la correzione automatica. In realtà ne basterebbe uno per ogni asse e possiamo volare. Ha il difetto di accumulare errore nel tempo, questo fa sì che in breve il processore non ha più un dato preciso e il pilota deve continuamente intervenire sui comandi per tenere fermo il multirotore, più o meno come succede su un elicottero RC. Per un volo più preciso possiamo affiancare ai giroscopi altri sensori: tra i più comuni l’accelerometro, abbreviato in ACC. Aiuta il giroscopio fornendo al processore informazioni sull’accelerazione nelle tre direzioni, e quindi oltre alla direzione verso cui si si sta spoAccelerometro Aiuta il giroscopio aggiungendo il valore dell’accelerazione sui tre assi. Agli albori della nostra disciplina, spesso si smontavano dalle interfacce della console di videogame Wii sensori e piattaforme inerziali Tecnica Migliaia di euro Un drone per riprese aeree professionali. Per arrivare a questi livelli, bisogna procedere per gradi. stando il modello riporta anche la direzione dell’accelerazione gravitazionale, che dipende dalla gravità della Terra e quindi è sempre presente. Essendo una costante universale, diventa un ottimo riferimento per riportare in piano il nostro drone e annullare la precessione, ossia l’errore dei giroscopi. Il risultato è un mezzo molto più stabile e facile da portare: una volta centrati i comandi tornerà da solo perfettamente livellato. E contrasta le folate di vento e ferma le oscillazioni. Ma l’accelerometro funziona solo su due assi, beccheggio e rollio, e non può fare nulla per risolvere la precessione sullo Yaw, cioè la rotazione sull’asse verticale: in pratica, il timone di direzione di un aereo o il rotore di coda di un elicottero. Qui la gravità non ci aiuta, ma il magnetismo terrestre sì. Quindi a gyro e accelerometro si affianca il magnetometro, che non è altro che una bussola: perfetta per mantenere una prua costante. Ancora non basta: con questi sensori possiamo contrastare ogni movimento del drone, ma non abbiamo nulla che ci aiuti a tenere una quota costante. Chi piota elicotteri sa che mantenere la quota livellata richiede una costante variazione della spinta dei motori al variare dell’assetto. Un buon pilota lo fa istintivamente, ma un barometro ci aiuta avvisandoci di ogni variazione con una precisione di pochi centimetri e permettendo all’elettronica di intervenire su richiesta del pilota per mantenere in automatico una quota costante per tutto il volo. Con barometro, accelerometro, gyro e magnetometro il nostro drone è quasi pronto a volare da solo. Quasi, perché vola dritto ma non sa dove andare. Per insegnargli la strada serve un altro fondamenale sensore, il gps. Con lui le cose si fanno serie: leggendo cinque volte al secondo la propria posizione geografica sulla superficie terrestre, il multirotore può, su richiesta del pilota, mantenere in perfetta autonomia la posizione in aria contrastando da solo spostamenti e vento, tornare in automatico alla posizione di decollo, magari in condizioni di emergenza, o anche navigare in autonomia raggiungendo una serie di Way Point programmati a terra. Spesso tutti questi sensori sono integrati in una sola scheda, detta IMU, che è a tutti gli effetti una piattaforma inerziale digitale. Alcuni sensori invece sono accessori separati, che potremmo installare in un secondo tempo, espandendo le possibilità del nostro mezzo. per un multi acrobatico bastano i gyro per un volo facile servono anche gli acc per riprese aeree stabili servono tutti DRonEziNe - 13 Tecnica scegliere la scheda giusta Dopo questa carrellata di sensori si intuisce che scegliere una scheda piuttosto che un’altra spesso dipende anche da quali sensori ha o possiamo montare e quindi da quello che farà il nostro mezzo. Se vogliamo un piccolo acrobatico da pilotare come un elicottero bastano i gyro, se vogliamo un mezzo meno nervoso che ci aiuti rimanendo fondamentalmente fermo quasi da solo, servono gli ACC; se vogliamo un mezzo che sia in grado di riprendere un’inquadratura senza sudare per tenerlo in posizione servono tutti. Questo è il primo punto da tenere presente nella scelta della scheda di volo. Ma dovremo anche considerare se vogliamo tutti i sensori subito o preferiamo ridurre la spesa iniziale e accessoriare il nostro mezzo in seguito. Dovremo anche fare un esame delle nostre competenze e ammettere onestamente se usare un saldatore o se mettere mano su stringhe di configurazione al PC fa per noi oppure no: infatti, esistono schede Plug and Fly con al massimo un paio di regolazioni da fare e schede dove bisogna ottimizzare il codice in base ai sensori che avremo comprato o magari smontato dalla Wii di nostro figlio. Altra scelta è se vogliamo un prodotto commerciale legato poi, per gli aggiornamenti, alla ditta produttrice (spesso cinese) o preferiamo un prodotto open source dove il codice è sviluppato da una comunità e dove spesso possiamo sbizzarrirci a provare le più fantasiose varianti o addirittura crearcene una personalizzata. questione di budget Una volta tratte le conclusioni, prima di andare a vedere cosa ci offre il mercato vi do un ultimo consiglio: meglio non saltabeccare da una scheda all’altra. Ognuna ha una sua filosofia, e una volta che ne avremo studiata una non ne vale la pena passare a un’altra. Quindi, meglio scegliere una scheda che potrà seguirvi, espandendola e travasandola da un mezzo all’altro, lungo il vostro percorso nel mondo dei multirotori. Questo vale soprattutto per chi vuole realizzare un mezzo complesso, magari per un lavoro aereo. In questo caso è necessario procedere per piccoli passi, impratichendosi con un mezzo piccolo ed economico da riparare, per poi riusare l’elettronica e l’esperienza in un mezzo più grande. Non vorrete fare scuola di volo con un mezzo che costa qualche migliaio di euro, vero? DRonEziNe - 14 mikrokopter la regina delle schede Capostipite e re indiscusso per anni, la scheda Mikrokopter è modulare come poche, permette di integrare per gradi sensori e funzioni. Formato un po’ datato che rende l’elettronica esposta a polvere e acqua. I settaggi base permettono di far volare di tutto. Ma per sfruttarla al cento per cento bisogna studiare le centinaia di parametri che si possono variare. La si trova al sito www.mikrokopter.de PRO Avanzatissimo progetto si adatta a qualsiasi mezzo anche per lavori professionali Contro Costoso e legato a elettronica proprietaria, complesso da settare in modo ottimale Meglio scegliere una scheda espandibile, che possa seguirci nella crescita nel mondo dei droni volare Come il capitano Kirk Di Luciano zanchi Pilotare un mezzo volante controllato dal computer, come le astronavi di Star Trek, non è più un sogno ma una realtà alla portata di tutti F ino a pochi anni fa, il sogno di poter costruire e pilotare un mezzo volante era limitato agli aerei ed elicotteri radiocomandati. Ma i sogni non si fermano, Star Trek ci ha insegnato che le navi spaziali non vengono pilotate con la classica cloche: i “piloti” pigiano su strane console piene di lucette mentre il computer di bordo si occupa del vero e proprio pilotaggio del mezzo. Fino a qualche tempo fa, questa modalità di pilotaggio era talmente lontana dalla nostra realtà che nessuno si sarebbe mai sognato di provarci davvero. Ma ora, grazie alla disponibilità di avanzate schede di controllo a prezzi più che accettabili, a software open source disponibili su Internet e a dettagliati tutorial, il tarlo del volo automatico inizia a penetrare nel nostro cervello. E un nuovo sogno comincia a prendere forma: poter controllare il nostro mezzo volante solo da un computer, tablet o smartphone e, seduti comodamente sulla sedia di comando come il Capitano Kirk, impartire ordini di rotta e comandi, verificando i risultati non su un simulatore ma nella realtà di volo del nostro modello. primi passi Il punto di partenza è la realizzazione di un multirotore RC con il quale iniziamo a imparare il pilotaggio manuale. Chi ha già pilotato elicotteri radiocomandati si troverà subito a suo agio. Chi non ha mai fatto questa esperienza dovrà passare necessariamente un po’ di tempo al simulatore prima di alzare dal suolo il multicottero senza fare danni. La costruzione o l’acquisto di un kit di un multirotore a 4 o 6 motori oggi non è più un problema. In commercio ci sono kit collaudati a prezzi assolutamente abbordabili. Una bella esperienza è anche quella di costruirsi il multirotore da sé, acquistando e assemblando le varie componenti. In questo caso su forum italiani e stranieri si possono trovare ottime guide alla costruzione e “build log” da seguire. Purtroppo (o per fortuna) oggi non esistono kit pronti al volo in grado di effettuare un volo automatico. Costruito lo scheletro del multirotore (frame) e installati DRonEziNe - 15 Tecnica dal radiocomando al volo autonomo motori e regolatori, è quindi necessario installare sul modello una scheda di controllo per il volo autonomo. Diverse sono le schede oggi disponibili con caratteristiche e costi diversi. Per semplicità utilizzeremo la scheda CRIUS AIO PRO, particolarmente economica e sulla quale caricheremo il firmware Megapirateng. Anche in questo caso non c’é nulla di pronto al volo e per procedere è necessario seguire una delle guide all’installazione e configurazione di Megapirateng disponibili in rete, che spiegano come collegare motori, regolatori, gps, ricevente rc e radio modem per la telemetria. È facile tutto ciò? se dicessi di sì, il mio naso si allungherebbe fino a rompere il tablet su cui sto scrivendo. Ma non è poi neppure cosí difficile. Basta leggere per bene le guide e fare un po’ di pratica con l’ambiente di sviluppo Arduino per poter configurare il software, compilarlo e caricarlo sulla scheda. Non è un “pronto al volo”, ma neppure ci vuole una laurea in ingegneria. E assicuro che far funzionare al meglio tutte le componenti del multirotore è una sfida che vale la pena di cogliere, perché la soddisfazione nel vedere funzionare il tutto ripaga ampiamente le serate passate a leggere e studiare i tutorial. Allora abbiamo costruito o assemblato il nostro multirotore, abbiamo fissato opportunamente la scheda CRIUS AIO PRO sulla frame e abbiamo collegato motori, ESC, radio rc e telemetria. Abbiamo configurato e caricato il software MegaPirateNG e siamo pronti ad effettuare le prime operazioni propedeutiche al volo. Uno dei vantaggi nell’uso di questi software di volo automatico è la disponibilità di strumenti di configurazione e controllo veramente sofisticati e potenti. Nel Pronti al volo La scheda Crius Aio installata su un quadricottero DRonEziNe - 16 nostro caso utilizzeremo un software chiamato Mission Planner che, collegato alla scheda (tramite cavo usb o bluetooth o radio modem) consente di effettuare tutte le operazioni preliminari, come ben descritto nelle guide e tutorial: verifica e calibrazione dei canali radio rc, calibrazione accelerometri, impostazione modi di volo, verifica della funzionalità del gps, ecc. Se tutte le verifiche pre-volo descritte nei tutorial hanno dato esito positivo siamo pronti al collaudo che deve essere eseguito nella modalità di volo Stabilize. Modo di volo STABILIZE In questa modalità il multicottero tende a mantenersi orizzontale regolando i giri dei motori. Megapirateng ha un sistema di autoregolazione veramente comodo. Una volta impostata la modalità di autoregolazione, si mantiene il modello in hovering cercando di mantenerne l’orizzontalità con la radio. Gradualmente il modello “impara” a stare orizzontale da solo, e dopo pochi secondi si potranno abbandonare i comandi della radio e il multirotore rimarrà autonomamente in volo orizzontale quasi senza interventi manuali. In questa modalità il modello va pilotato, altrimenti una lieve brezza o un piccolo disturbo sposterà il multirotore dalla sua posizione di hovering. Non siamo ancora al volo automatico! Dopo aver collaudato per bene il nostro multicoso in Tecnica modalità stabilize possiamo fare un primo timido passo nel campo del volo automatico attivando una modalità di volo che hanno chiamato, chissà perché, LOITER. Siamo ancora lontani dalla ponte di comando dell’Enterprise del capitano Kirk, ma ci stiamo avvicinando. Modo di volo LOITER Attivando questo modo di volo con un interruttore della radio (canale 5), il software della scheda di controllo utilizza in modo integrato tutti i sensori a disposizione (giroscopi, accelerometri, magnetometro, barometro e gps) al fine di mantenere il modello fermo sui tre assi a una determinata quota. Con gli stick della radio possiamo intervenire per modificare la posizione e la quota, ma appena lasciamo i comandi il multirotore si ferma in posizione e tenta con tutte le sue forze di stare fermo in aria. E sorprendentemente ci riesce! Il prossimo passo, che inizia a farci assaggiare l’emozione del volo autonomo è l’attivazione della modalità di volo: ritorno a casa automatico. Modo di volo RETURN TO LAUNCH (RTL) Il canale 7 della radio può essere impostato un po’ come “panic button” e in caso di emergenza, attivando l’interruttore, qualsiasi cosa stia facendo il multirotore, il software di bordo inizia le procedure automatiche di ritorno a casa che noi seguiremo a vista senza disturbare il modello con il radiocomando. Come prima cosa il multirotore guadagna quota per portarsi a una quota di sicurezza (definita in fase di configurazione) in grado di poter superare eventuali ostacoli (siepi, alberi, recinzioni). Quindi ruota la prua verso il punto di decollo (posizione di home: dove la scheda è stata “armata”) e inizia il viaggio di ritorno. Raggiunta la verticale sulla “home” procede con una discesa controllata fino a toccare lentamente il suolo, arrestare i motori e disarmare la scheda. Tutto ciò in modo totalmente autonomo. Dopo tutto il tempo passato al simulatore per imparare a tenere in volo il multirotore, vedere ora il modello che torna a casa da solo è sempre sorprendente. Con l’RTL abbiamo verificato che il nostro software di bordo è in grado di far volare il modello in modo autonomo e possiamo quindi finalmente salire sul ponte di comando e provare l’emozione del primo volo totalmente autonomo. Modo di volo AUTO Come i modi di volo Stabilize e Loiter, anche il modo di volo Auto è attivabile da una posizione del canale 5 della radio. Prima di lanciarci nel volo automatico dobbiamo utilizzare il programma Mission Planner per disegnare il percorso che desideriamo che il multicottero segua durante la missione. Stabiliamo il punto di decollo e il punto di atterraggio. Impostiamo sulla mappa i vari punti che costituiscono il piano di volo (waypoints) e le quote che dovranno essere rispettate. Premendo semplicemente un bottone carichiamo infine il piano di volo sulla scheda. Ora tutto è veramente pronto per il volo autonomo. Portiamo il multicottero in un’area adeguata, in modo che il volo si svolga in tutta sicurezza, e armiamo la scheda con i motori al minimo per predisporci al lancio. Non appena attiviamo la modalità AUTO il multicottero decolla automaticamente, raggiunge l’altezza definita nella missione e inizia a volare lungo il percorso predefinito, muovendosi da un waypoint a un altro alla velocità e alla quota stabilite nei parametri di volo, mentre il software Mission Planner scandisce con una voce femminile e in lingua inglese le condizioni di volo e i waypoints raggiunti. L’ultimo waypoint è normalmente di tipo LAND e quindi il modello inizia una lenta discesa automatica verso il suolo. Terminata la procedura di atterraggio il software arresta i motori e disarma la scheda. Se lo desideriamo, per la gestione della missione, anziché disporre di un personal computer, possiamo utilizzare uno smartphone o un tablet, dispositivi sicuramente più pratici e con una maggiore durata della batteria. Tutto ciò è ancora modellismo? Non lo so. e non me ne importa nulla DRonEziNe - 17 Tecnica Con la modalità AUTO siamo entrati decisamente nel territorio del volo automatico. La radio è ormai usata solo all’inizio, per attivare la modalità AUTO. E a meno di eventuali emergenze, non viene più utilizzata per tutta la missione. Abbiamo fatto passi avanti. Siamo saldamente sul ponte di comando della nostra piccola Enterprise ma il sogno è pilotare, come il tenente Sulu, unicamente dal computer di bordo. Con la disponibilità di un solido link tramite radio modem tra personal computer e scheda di controllo a bordo del modello abbiamo la possibilità di impartire al multicottero comandi in tempo reale, lasciando al radiocomando solo il ruolo di gestire eventuali emergenze. Modo di volo GUIDED Con il modo di volo GUIDED possiamo effettuare tutte le operazioni di volo direttamente da un computer, smartphone o tablet. Posiamo il modello a terra (sempre in un’area adatta e in piena sicurezza) e ci sediamo davanti alla nostra “ground station” mentre armiamo con la radio rc il modello. Dal software di gestione possiamo quindi attivare il modo GUIDED e il multirotore effettuerà autonomamente il decollo portandosi alla quota specificata nei parametri di volo, fermandosi infine in attesa di comandi. Cliccando con il mouse sulla mappa visualiz- DRonEziNe - 18 zata dal pc o dallo smartphone possiamo ora impartire al multicottero ordini di spostamento, di cambio di quota, di ritorno a casa e di atterraggio e potremo seguire l’esecuzione dei comandi, oltre che a vista, anche sullo schermo della nostra “ground station”, ascoltando sempre la simpatica vocina che ci tiene informati sulla situazione di volo. Con uno smartphone dotato di gps possiamo perfino chiedere al modello di seguirci mentre camminiamo (modo Follow Me), magari fermandosi a una determinata distanza di sicurezza (modo Lead It). Ora possiamo pilotare il nostro mezzo semplicemente con un computer e abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Qualcuno potrà chiedersi se tutto ciò è ancora modellismo o se forse siamo più vicini all’elettronica applicata o alla robotica....beh, me lo sono chiesto anch’io. Ma tutto sommato non me ne importa nulla. Qualunque cosa sia questa disciplina è fantastica, divertente, è uno stimolo continuo allo studio, all’aggiornamento, alla sperimentazione e alla creatività. Dove ci porterà? Non lo so. Lascio la risposta a quel bambino che sognava gli aeroplanini e che a sessantanni suonati è ancora entusiasta del volo e suggerisce che la strada giusta è sempre quella: seconda stella a destra questo è il cammino e poi dritto fino al mattino. gOPRO CONTRO hERO 3 SONY HDR aS15 Di Stefano Orsi Leggerezza, alto contrasto, uscita video live sono le caratteristiche più importanti per una action camera adatta a un drone. E Sony sfida il leader U na videocamera da utilizzare per riprese aeree su droni e multirotori deve avere alcune caratteristiche imprescindibili. Eccole: Leggerezza: il peso è il peggior nemico dei droni, bisogna scegliere con attenzione la videocamera che possa fare al caso nostro, che abbia un peso contenuto, non possiamo certo portare in volo una handycam professionale da 5Kg. Video Live: deve avere l'uscita video live, che ci permette, per mezzo di un sistema di downlink video, di vedere tramite monitor esterno o occhiali lcd da volo in prima persona cosa il drone stia inquadrando. Contrasto: Deve essere luminosa e avere una buona velocità di compensazione nei passaggi luce/ombra e chiaro/scuro; in volo i fenomeni di controluce, osservando prima l'orizzonte e poi il terreno, sono molto frequenti e accentuati. Gopro: storia di un successo Una scatoletta grigia di 5x5x4 cm che assomiglia (dimensioni a parte) a una lavatrice anni ‘80 con tanto di lente semisferica a forma di oblò. Sexy proprio non è. A giudicarla solo dall’estetica, non verrebbe nemmeno voglia di testarla. Eppure questo sgraziato concentrato di tecnologia negli ultimi due anni è diventato il punto di riferimento per le riprese amatoriali. E non solo, visto che non la disdegnano neppure i professionisti delle video riprese. Non c’è un video maker, un regista molto trendy o un operatore video geek, che non abbia sempre carica in tasca la Action Cam per eccellenza. Nessuna sorpresa che abbia spopolato anche tra gli appassionati delle riprese aeree a livello hobbistico. GoPro è stata inventata dal trentasettenne californiano Nicholas Woodman, definito da Forbes "Mad Billionaire" (miliardario pazzo). Surfista e appassionato di foto e riprese, Woodman progettò la sua prima camera "indossabile" e water proof subito dopo aver creato la sua società nel 2002. All'inizio i primi passi della sua company furono molto incerti. La svolta avvenne nel 2004, quando vendette la prima grossa partita di 100 videocamere a un cliente giapponese per una manifestazione. Miliardario pazzo Nicholas “Mad Billionaire” Woodman, il giovane californiano che ha inventato la GoPro DRonEziNe - 19 Tecnica Gopro hero 3 e sony hdr as15 a confronto GoPro Hero 3 Presente su tutti gli scaffali di ogni tipologia di negozio, chi si azzarderebbe a bussare alla porte di un mercato dominato dalla Hero, che con la versione White, Silver o Black sfruttando la connessione WiFi nativa e la nuova app per Iphone e Android, ha spazzato via ogni tentativo di concorrenza? Inquadra il codice per vederla su Amazon Il successo arrivò nel 2012, con più di due milioni di GoPro vendute nel mondo. Oggi la terza generazione continua a mietere vittime illustri nell'agguerrito settore delle Sport Cam. In tanti provarono a fargli concorrenza, con risultati altalenanti: la Contour con il suo modello di punta HD 1080, seguita a ruota dalla Oregon Scientific con la sua Action Cam HD senza tralasciare l'ultima Drift HD Ghost. Ma nessuno riuscì a scalfire il mito creato dal surfista californiano. Pregi e difetti I colori forse troppo saturi e l'inquadratura a fish eye sono al contempo i suoi principali pregi e difetti. Una tra le tante caratteristiche della GoPro è data dalla sua grande apertura della focale con angoli regolabili, che arrivano sino ai 170 gradi permettendo inquadrature veramente spettacolari. Grazie al nutrito assortimento di accessori e camera mounting è possibile posizionare la GoPro praticamente ovunque, dal manubrio di una bici impegnata in uno spettacolare downhill alla tavola di un surfista californiano al casco di un rider stile Harley Davison o di paracadutista con la sua tuta alare. Il successo della GoPro è dovuto anche ai bellissimi video che popolano i vari canali del "Tubo", postati anche sul sito ufficiale con l'azzeccatissimo slogan "Be a Hero!". DRonEziNe - 20 Lo sfidante orientale Ci prova il colosso Giapponese Sony, leader di mercato in diversi settori dell'elettronica consumer e prosumer con la sua ultima nata HDR-AS15, progettata per affacciarsi nel delicato e combattuto mercato delle Action Cameras. A differenza dell’americana, la giapponese ha un design accattivante e linee piacevoli che trasmettono un feeling molto positivo. Con il peso di soli 65 gr. (senza custodia) si candida a giocare un ruolo di primo piano non solo nel mondo dello sport d'azione, ma anche nelle riprese aeree su piccoli droni. Ci troviamo di fronte un obiettivo molto ampio e luminoso, che lascia ben sperare in un girato che non necessiti di troppe correzioni in post produzione. Tuttavia l’obiettivo non ruota. E la rotazione delle immagini non è possibile nemmeno via software, quindi il posizionamento della piccola videocamera è leggermente penalizzato e in alcuni casi forzatamente obbligato. inquadra il codice per vederla su Amazon Sony Hdr-AS15 Tecnica Il tanto pubblicizzato sistema di riduzione elettronico delle vibrazioni potrebbe diventare un ulteriore arma per combattere lo strapotere della Hero3. Nella versione più evoluta ha anche la connessione WiFi, corredata da funzioni che permettono di copiare facilmente i video. Peccato che non possa scattare foto. Al momento si possono solo estrarre piccoli snapshot, ma non si può sfruttare l'ottica Carl Zeiss per produrre immagini a un risoluzione maggiore di 2Mp. Un vero peccato, molti smartphone di fascia bassa posseggono risoluzioni migliori. Al momento la HDR-AS15 ha un parco accessori abbastanza ridotto che siamo certi crescerà con il tempo a mano a mano che la Sony si addentrerà in questo campo. Il menu di configurazione è molto sconclusionato, ci auguriamo che venga presto posto un rimedio a questo fastidioso difetto. La qualità dei colori abbinata a una buona fluidità dei filmati sono tra i suoi punti di forza. gettisti paiono convergere: l’ aumento delle prestazioni e la riduzione di ingombri e pesi; possiamo così sperare di vedere i prossimi droni con un carico pagante sempre inferiore, che come contropartita ci regala una maggiore autonomia e manovrabilità. In conclusione, la GoPro rimane la camera di riferimento per i droni, ma la Sony può essere un'interessante alternativa a un prezzo conveniente, leggera e flessibile. Ma solo se non dobbiamo fare fotografie in alta risoluzione e ci basta il video. In conclusione... Esistono diversi filmati comparativi, registrati anche da professionisti, che evidenziano in modo inequivocabilmente chiaro i pregi e i difetti delle vecchie e nuove video camere d'azione. Su un fatto però tutti i produttori e pro- a confronto Sensore Memoria Risoluzione Foto Batteria Angolo di ripresa Uscita video live Impermeabilità Peso Prezzo (indicativo) GoPro Hero3 Black Edition 12 megapixel Micro SD sino a 64GB Massima 1920x1080 fino a 60FPS 4K (16:9 and 17:9) @ 12, 12.5, 15fps; 2.7K (16:9 and 17:9) @ 30, 25, 24fps; 1440p (4:3) @ 48, 30, 25, 24fps; 1080p (16:9) @ 60, 50, 48, 25, 24fps; 960p (16:9) @ 100, 48fps; 720p (16:9) @ 120, 100, 60, 50fps; WVGA (16:9) @ 240fps Risoluzione massima di 12MP in modalità time laps, scatto singolo, scatto continuo Litio ricaricabile Regolabile da 120 a 170° Con adattatore Fino a 60 metri, con apposito case Circa 100 grammi 450 euro Sony Hdr-AS15 2 megapixel Micro SD o Memory Stick Massima 1920x1080 a 30FPS Frame Per Second maggiori con risoluzioni più basse: 920x1080/30 P(HQ),1280x720/30P(STD,SLOW, SSLOW),/30P(VGA) Snapshot alla risoluzione massima di 2MP Litio ricaricabile Regolabile da 120 a 170° Con adattatore Fino a 40 metri, con apposito case Circa 60 grammi 250 euro DRonEziNe - 21 MicroDrones MD4-1000 Di S.O. Un drone autonomo e semi-autonomo dalla lunga autonomia adatto all’impiego extraurbano e rurale piegati nelle sede principale più un altro centinaio di persone nel resto del mondo tra rete di vendita e assistenza. Dal 2006 a oggi sono stati venduti più di 800 esemplari del fratello minore MD4-200, mentre per il olitamente un principiante può pilotare un md4-1000 sono state vendute 250 unità partendo dal drone dopo un’ora di lezione» si legge nella 2010 (anno di immissione sul mercato). descrizione del MD4-1000, drone autonomo e semi autonomo progettato e prodotto dalla tedesca Long Range Microdrones Gmbhcon sede a Siegen in Germania. Tra le sue caratteristiche salienti abbiamo una autoIl segreto di tanta semplicità di gestione sta nel si- nomia di volo dichiarata di 88 minuti, anche se sono stema AAHRS (Attitude, Altitude, Heading Refe- da attendersi risultati diversi a seconda delle condirencing System) esclusivo di Microdrones, che fa sì zioni meteorologiche e del payload utilizzato. che anche i piloti completamente inesperti possano Un quadrirotore compatto dal peso approssimativo imparare a pilotare un drone in pochissimo tempo. di 2,5 Kg con capacità di carico raccomandata vaL’azienda nasce nel 2005 e conta a tutt’oggi 25 im- riabile tra gli 800 e i 1200 grammi che può arrivare, s Nel camion dei pompieri Un MD4-1000 della Protezione Civile tedesca con le braccia ripiegate DRonEziNe - 22 recensione grazie alla generosa motorizzazione, sino ai 5Kg di peso complessivo. La distanza tra motore e motore è di circa un metro, il che pone md4-1000 in una fascia di utilizzo extra urbana o rurale o per missioni di durata e distanza, anche grazie alla possibilità di equipaggiarlo con sistemi di telemetria e FPV (First Person View, trasmissione a terra delle immagini in tempo reale riprese dalla telecamera, come se ci si trovasse a bordo del drone). L’ampio pattino d’atterraggio semicircolare garantisce una buona base di appoggio e non interferisce nelle riprese anche con focale molto aperta. macchine si trovano con quotazioni intorno ai 21.000 euro e che i prezzi partono da 40.000 euro per un drone nuovo di zecca. La ground station e il software proprietario per il controllo delle telemetria dei Way Point e della navigazione sono a corredo del mezzo, e in alcune soluzioni è quasi d’obbligo per poter usufruire appieno delle capacità operative offerte dal MD4-1000. Attualmente ci sono altri prodotti, anche di case concorrenti, che probabilmente sono riusciti a sorpassare dal punto di vista delle prestazione i risultati di questo MicroDrones; tuttavia riteniamo che in un impiego extraurbano le generose dimensioni del telaio abbinate all’ottimo rendimento delle eliche lo facciano preferire come macchina da lavoro a tante new entry che ancora pronti al decollo devono ritagliarsi e consolidarsi una fetta di mercato in La cupola superiore è facilmente smontabile con un uni- un settore fortemente competitivo e altamente tecnologico pulsante di blocco per accedere ai controlli pre-volo co come quello degli UAV civili. e sopratutto per collegare le batterie di bordo che sono realizzate con tecnologia a polimeri di Litio (LiPo 6s2p) un drone per pochi per un totale di 22,2 Volts e 12,2 Ah erogati. Sempre sulla Considerando le peculiarità d’uso, le dimensioni e la capottina superiore è montata l’antenna del gps che è il fascia di prezzo, possiamo affermare con sicurezza che cuore pulsante per la navigazione autonoma. pochi saranno i video amatori o i giovani reporter che L’elettronica di controllo, il cervello pensante del sistema, potranno attrezzarsi con un MD4-1000 per le loro riè ben protetta al piano inferiore. Il telaio in fibra di car- prese. In effetti i clienti consolidati della casa germanica bonio garantisce robustezza e leggerezza alla struttura sono forze di polizia, vigili del fuoco, protezione civile e portante. ambientale, ispezione a linee aeree o aziende correlate al Per conoscere il prezzo, come sempre avviene in questi mondo industriale e agricolo. Per altre applicazioni più casi e per questa tipologia di prodotti, bisogna contattare semplici e snelle è sempre possibile affidarsi al md4-200, direttamente la casa madre e tramite un consulente si ar- mentre nel caso in cui siano necessarie prestazioni di cariva alla formulazione di una offerta. Tanto per rendere rico veramente super, allora la Micro Drones offre il nuol’idea, possiamo solo dire che nel mercato dell’usato tali vo MD4-300 con capacità di carico di 3Kg. scheda Batteria: LiPo 6s2p 22,2Volt 12,2Ah Dimensioni: distanza interasse motore – motore 1030mm. Larghezza carrello: 620mm. Eliche: in carbonio 700mm Tempo di volo: > di 80 minuti Velocità di crociera: 15mt/s Costo: A partire da 40.000 euro Temperature di esercizio: -20° / +50° Altre caratteristiche: resistente alla polvere e alla pioggia. Braccia ripeghevoli. DRonEziNe - 23 La Guerra POstUmana I droni uccidono. Non provano né paura né pietà. La battaglia diventa virtuale, ma i morti sono veri Di Luca Masali I droni da combattimento piaccino ai generali. Paragonandoli a Machiavelli, l’Herald Tribune li definisce «macchine per attacchi facili, nascosti e astratti». Facili perché i droni non sbagliano mai il bersaglio. Nascosti perché agiscono lontano dagli occhi dei media, colpiscono nell’ombra senza che nessuno ne sappia nulla, se non sono i militari stessi a rivelarne le operazioni. Astratti, perché la guerra diventa un tragico videogioco. Durante i lavori di un convegno organizzato dal Corriere della Sera, il docente di studi strategici Luciano Bozzo ha dipinto un quadro inquietante: «Immaginate la giornata di un tenente dell’Usaf» ha detto. «Al mattino si alza, fa colazione con uovo al bacon e corn flakes, accompagna i figli a scuola. Poi si dirige nel deserto del Dakota, in una base segreta. Sembra un ufficio, con musica ovattata e segretarie alla macchinetta del caffè. Si siede alla console, e da lì dirige un drone che dall’altra parte del mondo si alza in volo per lanciare un missile contro una presunta base di terroristi. Uccide delle persone. Spegne la console, torna a prendere i figli a scuola e esce a cena con la moglie». Scene del genere non sono fantascienza, sono cose di tutti i giorni: più di metà degli ufficiali che escono dalle accademie aeronautiche non si addestrano a pilotare caccia e bombardieri, ma droni controllati da migliaia di chilometri di distanza. Sparsi per gli Stati Uniti ci sono 150 corsi universitari di pilotaggio virtuale, sia per piloti civili sia per i militari. È difficile stimare quante sono le vittime dei droni; più che di azioni di guerra, si tratta di missioni di “killeraggio mirato”, veri e propri agguati volanti a persone ben precise e identificate. Luigi Ippolito, responsabile esteri del Corriere della Sera, riporta studi che parlano di 2500-3000 morti, tra i quali 900 civili: i cosiddetti “collaTavola rotonda L’evento del Corriere della Sera dedicato ai droni DRonEziNe - 24 Terza pagina Luciano Bozzo, Luigi Ippolito e Steven Ratner teral damage”, i danni collaterali, gli innocenti che sempre, in ogni guerra ci vanno di mezzo. Tra di loro, almeno 200 bambini. E chissà quante donne, vecchi e persone che con il conflitto, o meglio con il terrorismo, primo bersaglio della guerra robotica, non hanno nulla a che fare. Bozzo si affretta a spiegare che in realtà la precisione chirurgica dei droni salvaguardia anche le vite umane dalla parte del “nemico”, permettendo di contenere di molto i danni collaterali rispetto alle consuete tattiche di combattimento. «Obama ha prevalso alle primarie sulla signora Clinton grazie alla sua politica contro la guerra, ha sostenuto l’urgenza e la necessità di chiudere la partita della guerra in Iraq. Ma sotto la sua amministrazione i droni sono cresciuti più che esponenzialmente» ha detto Steven Ratner, esperto americano di diritto internazionale, «e ha ordinato almeno 300 raid di droni in Yemen, Afghanistan, Pakistan nel quadro della lotta al terrorismo e ad Al Quaeda». Bush è stato il primo presidente Usa a introdurre nell’arsenale statunitense gli aerei robot, che ora sono sviluppati da settanta nazioni del mondo, Italia compresa. Dieci anni fa nel mondo c’era una cinquantina di droni, e nessuno è stato usato nella guerra di Bush padre contro l’Iraq. Oggi gli Usa ne scherano 7500. Non è solo questione di costi, anche se i droni sono molto convenienti: con il killer bipartisan «Con i droni i soldati non vanno più fisicamente sul campo di battaglia, non c’è più il contatto col nemico. C’è chi la chiama guerra post-umana, ma a me sembra piuttosto una guerra disumana» fa notare Ippolito, e continua: «sarà anche vero che i droni trasformano il campo di battaglia in una specie di ambiente chirurgico, asettico, astratto. Ma per chi è bersagliato dalle armi intelligenti e sofisticatissime degli aerei robot continua a essere un macello concretissimo». DRonEziNe - 25 Terza pagina quando i droni uccidono prezzo di un solo caccia F22 si possono acquistare ottanta Predator, droni a elica come quello della foto nella pagina precedente, del costo unitario di soli 5 milioni di dollari (a seconda dell’equipaggiamento e dell’armamento). Una macchina in grado di rimanere una intera giornata nel teatro delle operazioni e volare basso, sotto la copertura radar, avvicinandosi al bersaglio fin quasi a toccarlo. Senza rischi, perché i droni sono spendibili; se lo abbattono, pazienza. Ma quello che piace di più a generali e politici è che con la guerra robotica non ci sono piloti morti da far rimpatriare sotto gli occhi delle telecamere, o peggio prigionieri la cui sorte fa trattenere il fiato a una intera nazione: i droni colpiscono di nascosto, lontani dagli occhi dell’opinione pubblica. fermare gli eccessi «I droni sono un estensione del corpo dell’operatore. Sono i suoi occhi, le sue braccia. La sua pistola. E questo porta problemi non solo etici, ma anche politici» ha detto Ratner. «L’opinione pubblica americana ha sempre visto con favore i droni; uccidono terroristi stranieri, e il governo sostiene che lo fanno per proteggere l’America dal terrorismo. Ma i militari si sono spinti troppo oltre, e l’opinione pubblica si è rivoltata». Il pasticcio è successo nello Yemen, quando un drone ha ucciso Al Awlaki, numero due di Al Quaeda. Obama si è affrettato a salutare l’evento come «una grande vittoria», ma è stata una vittoria di Pirro. Perché Al Awlaki era certamente un imam radicale, un serio candidato alla successione di Osama Bin Laden, ma era anche un cittadino americano. Ed è scoppiata violentissima la polemica. Obama viene accusato di aver sostanzialmente ordinato la condanna a morte di un cittadino senza un regolare pocesso. La questione arriva al Congresso, e subito emergono altri dettagli scottanti: sono almeno quattro le persone con passaporto americano uccisi dai droni nelle aree calde del pianeta. A Obama non resta che prendere una posizione forte: in un celebre discorso afferma che la guerra dei droni si è spinta troppo oltre, occorre mettere dei paletti: primo, i droni da ora in poi potranno usare la forza solo se è in gioco la sicurezza degli Stati Uniti; secondo, potranno uccidere un sospetto di terrorismo solo se la cattura non è possibile; terzo, le armi di bordo potranno sparare solo se c’è la certezza che ci siano “zero danni collateDRonEziNe - 26 rali”, cioè se non c’è alcun rischio di ferire o uccidere altre persone al di fuori del bersaglio. Come è ovvio, queste regole in un teatro di guerra possono essere aggirate. Ma, nota Ratner, «è davvero inusuale che un capo di Stato si leghi da solo le mani, e le leghi anche ai suoi successori, in mancanza di trattati internazionali condivisi». Il fatto è che Obama, oltre a doversi confrontare con una opinione pubblica indignata, ha dovuto fare i conti con il diritto internazionale e il semplice buonsenso militare: 300 raid, 3000 morti più o meno mirate dimostrano che con migliaia di droni a disposizione è anche pensabile di assassinare la gran parte della classe dirigente dell’avversario. Ma se si decapita il nemico, poi con chi si tratta quando viene finalmente l’ora della pace? Il rischio è quello di creare caos, di alimentare l’atroce terrorismo faida-te, quello che spinge due disperati a decapitare con un coltellaccio un soldato nel cuore dell’Inghilterra. Oltre a ciò, nota Ratner, il diritto internazionale imponeva a Obama di mettere un freno agli eccessi dei suoi aerei robot. «Nel diritto di guerra moderno ci sono due principi base» spiega Raitner. «La regola della distinzione e la regola della proporzionalità. La regola della distinzione dice che uno Stato non ha il diritto di colpire direttamente civili: oggi un attacco come il bombardamento nucleare del Giappone sarebbe un crimine di guerra. La regola della proporzionalità impone che non si debbano creare vittime civili sproporzionate al raggiungimento dell’obiettivo militare: per esempio un drone non può sparare un missile su una scuola solo perché dentro ci sono dei terroristi. Era logico che Obama declinasse questi principi di civiltà anche nella lotta robotica al terrorismo, se non voleva passare alla storia per la guerra dei droni». Americano L’Imam Al Awlaki, cittadino Usa, ucciso da un drone nello Yemen senza pilota sulla POrtaerei Lo storico volo autonomo di un aereo robot Bell 47B, dal lancio con catapulta al touch-and-go sul ponte della nave U na pietra miliare nello sviluppo dei droni da combattimento, la definiscono gli ingegneri americani: nel mese di maggio 2013 un aereo militare senza pilota ha effettuato un decollo tramite catapulta e un touch and go sul ponte di una portaerei al largo delle coste statunitensi. X-47B: questo è il nome in codice di un UCAS (Unmanned Combact Air System) un velivolo da combattimento, o meglio, un sistema di combattimento aereo prodotto in collaborazione tra la US Navy e la Northrop Grumman. «La marina militare degli Stati Uniti è stata particolarmente orgogliosa di partecipare a questo progetto di velivolo senza pilota, offrendo i ponti di decollo della portaerei USS George HW Bush (CVN77) che svolge attualmente operazioni di training incrociando nell’Oceano Atlantico» dicono le fonti della Marina. Gli esperimenti del programma X47-B iniziarono nel 2008, con il precursore Pegasus che ha effettuato il primo volo di test nel febbraio 2011. E si concretizzano con i primi test di lancio con catapulta nel novembre 2012. Nella settimana dal 13 al 16 maggio si sono svolti i lanci con catapulta dal deck della portaerei e infine il giorno 17 sono stati eseguiti diversi passaggi a bassa quota con tanto di touch and go, l’atterraggio con riattaccata, dove l’aereo robot ha sfiorato con i carrelli il ponte della nave. Il tutto sotto gli occhi curiosi e attenti di vari esponenti militari di diverso rango. Il volo è terminato con un regolare atterraggio presso la base aeronavale di Patuxent River nel Maryland, dopo un volo autonomo di più di un’ora. «Oggi abbiamo visto un piccolo, ma significativo, pixel nella foto del futuro della nostra Marina Militare, di come inizia l’integrazione di sistemi senza pilota nel più ampio e complesso scenario dei combattimenti di guerra che esista oggi: il ponte di decollo di una portaerei nucleare» ha detto David Buss, vice comandante della Naval Air Force. Buss ha definito la missione dell’aereo robot un «evento spartiacque» nella storia dell’aviazione navale: è la prima volta che un aereo senza pilota è stato catapultato da una portaerei, ha potuto volare per 65 minuti nello spazio aereo nazionale ed è atterrato in un’altra base aeronavale con sicurezza e precisione, e soprattutto «senza alcun passaggio di vettori di controllo». Cioè senza che un pilota da terra abbia dovuto intervenire via radio sui comandi dell’aereo: il computer di bordo ha fatto tutto da solo. scheda Il progetto X47 si articola in tre droni di dimensioni e prestazioni differenti. X47-A ha meno di 6 metri di apertura alare, come un F-104; il drone del test, X47-B, ne ha 19 e il fratello maggiore X47-C ne ha 52, poco meno di un bombardiere strategico B-52 DRonEziNe - 27 Drone art Di luca masali I droni invadono la letteratura, la musica, l’arte. Persino la danza e la moda. i n Inferno, l’ultimo romanzo di Dan Brown (l’autore del Codice Da Vinci), un piccolo multicottero da ricognizione nelle mani di una oscura organizzazione segreta tormenta i protagonisti, inseguendoli tra i vicoli e i giardini di Firenze. Fa davvero impressione vedere con quanta naturalezza un best seller americano mescoli con noncuranza Dante Alighieri e Hobbyking, tecnologia hobbystica e versi della Divina Commedia. Il drone riunisce in sé le grandi paure del nostro tempo: l’essere spiati e la fredda intelligenza meccanica che gestisce le nostre vite. In un’epoca dove ci spiano persino nel Dna, dove un semaforo decide se darci la multa oppure no, un algoritmo decide se ci meritiamo il mutuo per la casa o le rate per il frigorifero, dove un aereo robot decide da sé se siamo terroristi o semplici passanti, e in base a quello fa partire o meno il missile, era solo questione di tempo prima che la cultura popolare riforgiasse l’antico mito del cervello meccanico e lo attualizzasse dandogli ali ed eliche per DRonEziNe - 28 stare per aria. Il drone è l’evoluzione logica che unisce l’archetipo del robot con quello dell’occhio onnipresente del potere di Orwell. Ma mentre robot e grandi fratelli, pur nascendo nella letteratura “nobile” sono rimasti confinati nel circuito della fantascienza, i droni rompono i confini, e come una metastasi sciamano alla conquista di ogni forma espressiva: non solo letteratura e cinema, ma anche design, mode e arte. Come i lavori di James Bride, l’artista inglese che ha tracciato col gesso la sagoma in grandezza naturale di un Predator tra le vie di Londra, per dare un segno tangibile della presenza di queste macchine occulte che l’Inghilterra spedisce nelle sue guerre segrete negli angoli più sperduti del mondo. E rendere così i droni «un pochino più visibili, un pochino più vicini. Un pochino più reali», dice lo stesso Bride. C’è chi è più esplicito, come l’artista di strada Essam Attila, che ha creato dei falsi cartelli dell’NYPD, la polizia di New York, che avvisano le persone di stare alla lar- Attenti al drone Il falso cartello della polizia newyorkese costato 56 denunce penali allo street artist Essam Attila. Terza pagina Burqa stealth e droni danzanti Il burqua che rende invisibili ai droni. Sotto, la danza di 16 droni nello show “Meet your creator”: inquadra il codice per vederlo su YouTube. ga, zona controllata da droni armati. Una installazione goliardica che mescola il burocratichese dei poliziotti con le grafiche di Apple «per richiamale l’attenzione sul sempre più vicino momento in cui la polizia spierà e sparerà coi droni in città». Una provocazione che i tutori della legge non hanno apprezzato, ed è costata all’artista americano 56 denunce penali per falsificazione degli stemmi della polizia, una per ogni cartello. A metà strada tra arte e moda c’è la curiosa proposta di Adam Harvey, che ha realizzato una linea di tute, foulard e persino un burqua anti-drone, in un tessuto speciale che (a suo dire) dovrebbe interferire coi rilevatori a infrarossi del drone rendendo impossibile spiare chi li porta. Oltre che soggetto d’arte, i droni possono diventare anche strumenti d’arte, come il pennello per un pittore. Un esempio particolarmente affascinante in questo senso è lo show aereo di 16 piccoli quadricotteri che disegnano una danza di luce, realizzato per l’agenzia pubblicitaria Saatschi & Saatschi dai coreografi del Marshmallow Laser Feast, Robin McNicholas, Memo Akten e Barnaby Steel, su musiche di Oneohtrix Point Never. Protagonisti i quadricotteri prodotti da Kmeal Robotics equipaggiati da specchi e luci. Lo show è stato eseguito senza problemi in un teatro pieno di gente che si godeva lo spettacolo, a dimostrazione di quanti passi avanti si siano fatti nella sicurezza dei robot volanti. Se i droni diventano l’obiettivo preferito dell’arte, non solo underground, non è detto che abbiano la stessa fortuna anche al cinema. Come insegna il flop di Stealth - Arma suprema, film del 2005 di Rob Cohen, imperniato sulle vicende di un drone militare di nome Edi. Costato 135 milioni di dollari, ne ha incassati la metà, segnando il record di perdite nella storia del cinema. Disastro al botteghino Il drone di «Stealth - Arma suprema». DRonEziNe - 29 ortnoC - editoriale di luca masali costruiamo insieme il futuro N el 2015 gli Stati Uniti apriranno il cielo americano ai droni civili. Per quella data, stima l’autorità aeronautica americana, negli Usa voleranno almeno 30 mila robot civili in attività di lavoro aereo. Aprendo nuovi business, creando nuovi posti di lavoro, reinventando anche i mestieri più antichi, come quello del contadino di cui raccontiamo in queste pagine. I droni aprono l’immaginazione, catalizzano energie creative e scatenano la fantasia, a volte allegra e un poco ingenua, come il drone che consegna la pizza (foto qui in basso), a volte sinistra, come i droni da guerra che nelle battaglie nascoste dell’Afghanistan, dello Yemen e del Pakistan hanno fatto 3 mila morti, per un terzo civili. Una pagina nera che abbiamo raccontato in questo numero. L’alba dei droni assomiglia all’alba del personal computer degli anni ‘80. Chi, come me, ha qualche capello bianco e quell’epoca l’ha vissuta, non potrà mai dimenticare quel mix esplosivo di sperimentazione, scienza, passione, hobby, arte e idee fulminanti che oggi ci ha regalato il mondo connesso e digitale di cui ormai non possiamo (e non vogliamo) fare a meno. In questo mondo nuovo che nasce, la creatività italiana ha molto da dire: è italiana, scaturita da una costola di Olivetti, la scheda Arduino che è stata il nucleo che ha reso facile e alla portata di tutti la costruzione dei droni (il nome “Arduino” viene dal bar di Ivrea dove si DRonEziNe - 30 ritrovavano i progettisti). L’Italia delle pmi soffre di cronica mancanza di capitali ma, proprio come i computer degli anni ‘80, il drone è democratico: chiunque, con qualche centinaio di euro, può realizzare e mettere in volo il suo aereo robot, scatenare le sue energie creative e immaginarne usi nuovi e inediti, portando il suo mattone alla costruzione del futuro. Se l’Italia è sinonimo di fantasia e design, è anche famosa per la sua burocrazia asfissiante e un genetico terrore del nuovo. Perché i droni lavoratori possano decollare anche in questo paese dobbiamo affrontare una dura battaglia. Per questo nasce DroneZine: per raccontare quel che succede nel mondo dei droni, certo, ma anche per dar voce alle aziende e alle associazioni che credono nei robot volanti. Per creare un ponte di comunicazione tra società civile e movimento dei droni, per spiegare che i droni non sono necessariamente pistole volanti o spie a elica, ma sono uno dei pezzetti del mosaico che creeranno il mondo del futuro, quello in cui dovremo far vivere i nostri figli. Per questo DroneZine si presenta con la veste antica della rivista: perché un blog parla all’interno di una comunità, mentre una rivista parla all’esterno. Ed è all’esterno che i droni italiani dovranno raccontarsi, farsi conoscere e farsi volere bene. DroneZine anno I numero 0 Luglio 2013 Direttore responsabile Luca Masali Direttore scientifico Stefano Orsi Hanno collaborato Silvio Di Domenico Luciano Zanchi Matteo Campini Grafica e redazione L’Aeroplanino Editore Contatti 3478486728 [email protected] www.dronezine.it www.facebook.com/Dronezine @Dronezine Twitter @Dronezine www.facebook.com/Dronezine Ti aspettiamo su Facebook DRonEziNe - 31 Loro sostengono DRonEziNe Silvio Di Domenico Luciano Zanchi Matteo Campini Sostienila anche tu! scopri come su www.dronezine.it/sostenitori