ATTI del CONVEGNO ELETTRONICA

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ATTI del CONVEGNO ELETTRONICA
ATTI del CONVEGNO
ELETTRONICA INDUSTRIALE E AUTOMAZIONE:
TESTIMONIANZE SUL RUOLO DEI GENOVESI
11 marzo 2011
Sezione Ligure
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INDICE
1.
Introduzione .................................................................................................................................. 5
2.
Programma .................................................................................................................................... 7
3.
Fabio Saccomanno – Past ENEL CRA e Facoltà di Ingegneria ................................................... 9
4.
Franco De Benedetti – past Elsag Bailey ................................................................................... 19
5.
Riccardo Zoppoli – Facoltà di Ingegneria .................................................................................. 23
6.
Giacomo Torre – Cofondatore Orsi Automazione; Siemens MES ............................................ 30
7.
Sergio De Luca – Ansaldo STS .................................................................................................. 31
8.
Claudio Andrea Gemme – Ansaldo Sistemi Industriali ............................................................. 32
9.
Giovanni Battista Ferrari - ABB ................................................................................................. 34
10.
Giuseppe Casalino – Facoltà di Ingegneria............................................................................. 36
11.
Paolo Marenco – Aizoon e La Storia nel Futuro® ................................................................. 37
12.
Giulio Sandini – Fondazione IIT, Facoltà di Ingegneria ........................................................ 38
13.
Stefano Massucco – Facoltà di Ingegneria ............................................................................. 39
14.
Mario Marchesoni – Facoltà di Ingegneria ............................................................................. 44
15.
Piero Nardini – Danieli Automation ....................................................................................... 48
16.
Franco Rosatelli – Ansaldo Energia........................................................................................ 51
17.
Ferruccio Bressani – ASG Superconductors ........................................................................... 53
18.
Remo Pertica – Distretto Tecnologico SIIT ............................................................................ 54
19.
David Corsini – Telerobot, Polo della Robotica ..................................................................... 56
20.
Carlo Castellano – Esaote e Genova High Tech ..................................................................... 58
21.
Paolo Odone – Camera di Commercio di Genova .................................................................. 59
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1. Introduzione
La storia dell‟Elettronica industriale e dell‟Automazione ha avuto a Genova un punto di snodo di
grande significato a livello nazionale, ponendo altresì “pietre” significative a livello mondiale.
Nell‟anno delle celebrazione per i 140 Anni della Facoltà di Ingegneria, abbiamo voluto
organizzare una giornata in cui i più significativi contributi sia scientifici che industriali si sedessero
attorno alla bella tavola del Salone Piano Nobile di Villa Giustiniani Cambiaso, sede della Facoltà
di Ingegneria dell‟Università di Genova, per mettere insieme i pezzi di questa storia.
La conferenza ha permesso di sfatare un assunto: quello che Genova in questi settori abbia perso un
ruolo centrale dopo la fine di alcuni grandi protagonisti dell‟industria pubblica degli anni 70.
Non è infatti così. Nulla si è distrutto, tutto sì è trasformato e l'aspetto più evidente è che si è
passati da alcune aziende operanti nel settore, controllate dallo Stato, e una sola grande privata, la
Marconi, ad un numero più che doppio di aziende multinazionali in maggioranza private che hanno
scelto la localizzazione a Genova per la qualità della Scuola industriale ligure, in buona parte
"figlia" della Facoltà di Ingegneria. E' molto meglio per una multinazionale, si pensi ai casi di
Siemens MES ed Ericsson, costruire Poli di eccellenza da centri di competenza già avviati che
partire da zero. E così è avvenuto.
Un messaggio di fiducia per il futuro di questo territorio.
La conferenza, aperta al pubblico, è stata l‟ultima dell'8° ciclo La Storia nel Futuro®, che dal
2003 porta a conoscere storie di imprese di successo agli studenti della Facoltà.
Alcuni giovani laureandi e neolaureati partecipanti al ciclo sono stati selezionati per partecipare
all'8° Silicon Valley Study Tour, dal 22 agosto al 1 settembre 2011. Da questi viaggi sono nate
start up in Italia, Aizoon la prima nel 2005, ha oggi quattrocento addetti. Un processo di creazione
di impresa innovativa a beneficio della Città e del Paese.
La conferenza è stata registrata in video da Fondazione Ansaldo: il DVD è disponibile per gli
interessati.
Con la pubblicazione di questi atti, resi possibili dal contributo della Federazione AEIT Sezione
Ligure, abbiamo voluto andare incontro al desiderio del decano del corso di Controlli Automatici
dell‟Università di Genova, che ha fortemente voluto e ottimamente coordinato questa Conferenza:
Fabio Saccomanno.
Paola Girdinio
Preside Facoltà di Ingegneria
Università degli Studi di Genova
Paolo Marenco
Direttore Aizoon
[email protected]
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2. Programma
Elettronica industriale e Automazione:
testimonianze sul ruolo dei genovesi
Facoltà di Ingegneria
Villa Giustiniani Cambiaso, Via Montallegro 1 - Genova
Venerdì 11 marzo 2011 - ore 14,20
Genova e “i genovesi” hanno avuto un ruolo determinante nell’affermazione
dell’Elettronica e dell’Automazione.
Partendo dai pionieri degli anni Trenta-Sessanta arriviamo alle esperienze
industriali di oggi, di livello mondiale. Un albero genealogico di storie proiettate nel
futuro.
Registrazione audio-video a cura di Fondazione Ansaldo
•
14,20 Saluto del Preside Paola Girdinio
•
14,30 Relazione di Fabio Saccomanno (Past ENEL CRA e Facoltà di
Ingegneria) “I primi passi: esordi, migrazioni, primati”
•
15,00 Tavola Rotonda presieduta da Fabio Saccomanno e diretta da
Paolo Marenco (Aizoon e La Storia nel Futuro®):
Franco De Benedetti - past Elsag Bailey
Riccardo Zoppoli - Facoltà di Ingegneria
Giacomo Torre - Siemens MES
Sergio De Luca - Ansaldo STS
Claudio Andrea Gemme –Ansaldo Sistemi Industriali
Giovanni Battista Ferrari - ABB
Giuseppe Casalino – Facoltà di Ingegneria, SIIT
•
16,20 Da Ingegneria all’Industria, spunti di riflessione da esperienze diverse
Giulio Sandini – Fondazione IIT, Facoltà di Ingegneria
Stefano Massucco - Facoltà di Ingegneria
Mario Marchesoni - Facoltà di Ingegneria
Piero Nardini - Danieli Automation
Franco Rosatelli- Ansaldo Energia
Ferruccio Bressani - ASG Superconductors
Remo Pertica – Distretto Tecnologico SIIT
David Corsini – Telerobot, Polo della Robotica
•
18,00 Conclusioni: Carlo Castellano-Genova High Tech, Easote
Paolo Odone-CCIAA
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3. Fabio Saccomanno – Past ENEL CRA e Facoltà di Ingegneria
I primi passi: esordi, migrazioni, primati
Come prima cosa, intendo rivolgere un particolare ringraziamento alla Preside Paola Girdinio per
aver voluto inserire l‟appuntamento di oggi fra le iniziative della Facoltà, in occasione dei 140 anni
della „Regia Scuola Navale‟ di Genova.
Quando mi è stato chiesto di pensare un po‟ all‟organizzazione, ho subito accettato con entusiasmo
ma anche con qualche preoccupazione, per l‟ampiezza (e varietà) dell‟argomento e l‟esigenza di
una trattazione sintetica.
Per opportuna prudenza, ho voluto inserire nel titolo dell‟incontro la parola „testimonianze‟, per non
escludere - e anzi, dando per scontato - che ulteriori testimonianze possano essere raccolte per
ottenere un quadro più completo.
Più in particolare, sono stato attratto dall‟idea di poter tenere la relazione introduttiva (“I primi
passi: esordi, migrazioni, primati”), avente per oggetto il periodo più antico, che parzialmente ho
anch‟io vissuto e che - con espressione più o meno colorita - possiamo anche chiamare
„pionieristico‟: un periodo caratterizzato da comprensibile, genuino entusiasmo per una attività che
si presentava - e, di fatto, era - di avanguardia.
Si aveva la sensazione di vivere un momento „magico‟, di importante svolta (non solo tecnicoscientifica) verso un futuro più progredito: anche se non mancavano diffidenze esterne ed
incertezze, in un‟altalena di speranze e timori, delusioni e - parziali, ma incoraggianti - successi.
In effetti, nel solco dell‟Ingegneria tradizionale - sostanzialmente basata su „materia‟ ed „energia‟, e
particolarmente concentrata sul progetto di componenti e impianti - stava in quel periodo maturando
un‟ingegneria nuova, basata sull‟uso del „segnale‟ secondo le regole della logica e della
matematica, e fortemente creativa ed ambiziosa.
Con l‟Automazione si intende infatti mettere i sistemi fisici in condizione di comportarsi - nel
rispetto delle loro caratteristiche naturali di funzionamento - secondo i nostri desideri, anche in
situazioni perturbate.
Si tratta di una „sfida‟ con la Natura, e l‟affermazione della mente umana ha un particolare „sapore‟
di Umanesimo, a dispetto del luogo comune che vede contrapposte - se non addirittura
incompatibili - le discipline scientifiche e quelle umanistiche.
Nel periodo da me considerato, Genova e i „genovesi‟ hanno avuto un ruolo importante - a livello
almeno nazionale - nell‟affermazione dell‟Elettronica industriale e dell‟Automazione, ed anche
nella creazione di nuove realtà - industriali e di ricerca - in diverse parti d‟Italia (ed è per questo
che, nel sottotitolo di questa relazione, compare anche la parola „migrazioni‟). Non sempre, tuttavia,
questo ruolo appare abbastanza noto e riconosciuto come dovrebbe essere, ed oggi abbiamo anche
l‟occasione per contribuire a colmare qualche lacuna ove fosse necessario.
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Come del resto può apparire ovvio, desidero precisare che il termine „genovesi‟ si intende riferito a
tutti coloro che a Genova (anche se nati altrove) hanno operato, maturando un‟esperienza preziosa e
determinante per la loro formazione professionale.
Anche se parlerò di parecchi decenni fa, va da sé che la mia relazione non intende affatto esaurirsi
in una (più o meno ... virtuale) „rimpatriata di superstiti‟, ma piuttosto intende rivolgersi anche alle
generazioni successive che, a buon diritto, possono anche ignorare il mondo di allora.
Nella relazione mi baserò su qualche pubblicazione e, soprattutto, su testimonianze dirette, da me
raccolte e gelosamente custodite.
E qui si inserisce anche un fatto personale. Il prof. Massimo Merega - di cui parleremo - ha
conservato, sull‟argomento, una ricca documentazione commentata (che arriva a coprire gli anni
‟50) ed io ne sono adesso il „custode‟: non solo geloso, ma anche preoccupato di onorarla e farla
valere.
Più o meno convenzionalmente si può pensare che il periodo da considerare arrivi fino agli ultimi
anni Sessanta, quando l‟analogico resisteva ancora alla concorrenza del digitale, e l‟avvento
massiccio dell‟Informatica era appena alle porte.
Questo limite temporale sarà tuttavia tenuto in conto, ovviamente, con la dovuta elasticità.
Nell‟Università di Genova, l‟Elettronica industriale e l‟Automazione cominciarono ad assestarsi a
livello didattico verso la metà degli anni Cinquanta.
Per quanto riguarda in particolare l‟Automazione, gli spazi ad essa riservati erano sino ad allora
piuttosto scarsi, e subordinati ad altre discipline: ci si limitava infatti a descrivere - piuttosto
sbrigativamente, e con argomentazioni anche solo intuitive - qualche applicazione nell‟ambito dei
corsi tradizionali, ad es.
Macchine, Meccanica applicata, Macchine elettriche, Impianti elettrici.
(L‟Elettronica delle Telecomunicazioni ebbe invece un riconoscimento didattico sin dagli ultimi
anni Quaranta. Ciò avvenne tuttavia nell‟ambito dell‟Ingegneria Elettrotecnica dove, di fatto, essa
costituiva un mondo a sé - quello delle „correnti deboli‟ - con il quale si era accettato, dal punto di
vista didattico, di „coabitare‟.)
Si ha infine da ricordare che, nel 1960, vennero istituiti i corsi di laurea in Ingegneria Elettronica, e
l‟insegnamento di “Controlli Automatici” venne reso obbligatorio sia per gli allievi Elettrotecnici
sia per quelli Elettronici.
***
Inizio adesso la relazione vera e propria.
Fino agli anni Trenta, le applicazioni dell‟Elettronica si limitavano praticamente alla radiotecnica
(tubi a vuoto), rappresentata a Genova - sin dai primi anni del Novecento - dalla Marconi inglese,
con sede a Genova e poi a Sestri Ponente.
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Attorno al 1930, la San Giorgio di Sestri cominciò a produrre, su licenza austriaca, raddrizzatori a
vapori di mercurio (del tipo con ampolla di vetro), impiegati nella trazione in corrente continua.
L‟officina fu diretta inizialmente dall‟austriaco Hacckele e successivamente da G. Montobbio.
Nel 1933, Carlo Calosi (genovese di adozione, divenuto nel 1935-36 professore di Elettrotecnica e
direttore dell‟omonimo Istituto) convinse il gruppo industriale SETEMER a costituire un Centro
Studi, dove sviluppò apparati per le comunicazioni telefoniche e per il segnalamento elettronico
ferroviario e stradale.
All‟inizio della guerra, Calosi ideò e realizzò un esploditore magnetico da applicarsi sui siluri, in
modo che l‟esplosione di questi avvenisse sotto la chiglia delle navi nemiche. Il dispositivo, basato
sull‟impiego di tubi a vuoto, si chiamava SIC (Silurificio Italiano - Calosi) e fu adottato con grande
successo dalla Marina italiana e, più ancora, da quella tedesca. Dopo l‟armistizio, Calosi venne
prelevato dagli Americani con i quali - su incarico della stessa Marina italiana - collaborò nel
campo degli esploditori magnetici e delle armi subacquee.
A guerra finita, dopo una breve sosta in Italia, Calosi ritornò nel 1946 negli Stati Uniti, dove passò
alla Raytheon (radar, telecomunicazioni, servomeccanismi) diventandone poi Direttore delle
ricerche e Vicepresidente. Calosi mantenne ugualmente i contatti con l‟ambiente genovese, e
particolarmente con Merega, con il quale aveva condiviso anche l‟esperienza universitaria
(compresa la direzione dell‟Istituto di Elettrotecnica, che da Calosi era passata nel 1944-45 a
Merega).
Nel 1947 la San Giorgio abbandonò la costruzione dei raddrizzatori a vapori di mercurio, e il
personale che si occupava del settore (in particolare, il direttore Aldo Profumo e il capo officina sig.
Della Ragione) passò alla FIRAR, appena costituita a Sampierdarena. Alla FIRAR giunsero anche
Ferruccio Alacevich, Vittorio Burke, Silvio Laurin, Paolo Solari e (dal 1952) Massimo Merega.
L‟attività riguardò, oltre ai raddrizzatori (e thyratron), anche i tubi a raggi X, i magnetron - la
FIRAR fu la prima a costruirne in Italia, su licenza Raytheon .
Principali “migrazioni”
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Nel 1952 nacque a Napoli (al Fusaro) la Microlambda, su iniziativa di Calosi e grazie ai contatti
presi da Merega con i vertici della Finmeccanica. Parte del personale era genovese o, quantomeno,
aveva avuto esperienze a Genova. L‟attività riguardò prevalentemente applicazioni militari, con
produzione di radar. La Microlambda e la romana SINDEL diedero poi origine nel 1960 alla
Selenia, con partecipazione Raytheon e sedi a Roma e Napoli (Calosi ne divenne, in seguito,
Amministratore delegato e Presidente).
Nel 1956 la FIRAR venne chiusa, e nacque - anch‟essa con partecipazione Raytheon - la ELSI di
Palermo che ne rilevò l‟attività, ancora sotto la guida dei genovesi sopra citati (Profumo, Merega
ecc.). Anche la ELSI finì successivamente per chiudere, diventando praticamente una divisione
della Selenia.
***
Nel 1954 fu costituita la Nuova San Giorgio di Sestri, con compiti piuttosto disparati. Una delle
attività riguardava l‟automazione delle centrali di tiro (su navi militari), che nella versione
totalmente meccanica presentavano notevoli difficoltà di messa a punto. Nel 1955 si chiese allora
l‟intervento di Calosi, per realizzare il sistema attraverso le tecnologie elettroniche.
Calosi si avvalse non solo di personale della Nuova San Giorgio, ma anche di ingegneri e tecnici in
forza alla Microlambda.
Nacque così quello che venne chiamato il „gruppo di Genova‟, che riuscì a risolvere il difficile
problema nell‟arco di un anno e mezzo, in tempo utile per la scadenza prefissata.
Fra gli „esterni‟ si possono ricordare Giorgio Quazza ed Emilio Ferrari (stretti collaboratori di
Calosi nella conduzione del gruppo), Luigi Bernardini, Aldo Carlevaro, Marcello Corradetti,
Antonio Guastavino, Guido Lucherini, Paolo Piqué e diversi altri.
Il nucleo della Nuova San Giorgio comprendeva, fra gli altri, Luigi Carlo Rossi (il futuro capo della
Divisione Servosistemi ed Elettronica e, successivamente, della ELSAG), Luciano Barrai, Giacomo
Fava, Maurizio Mosca, Antonio Robbiano, Giuseppe Tarchini. Al gruppo collaborò anche Paolo
Marsilii, che operava a Genova (nell‟Industria e all‟Università).
Si può senz‟altro affermare - anche per quello che vedremo in seguito - che il „gruppo di Genova‟
ha contribuito pesantemente al successivo sviluppo dell‟Elettronica e dell‟Automatica in Italia.
Ed è bello poter ricostruire quei momenti (ormai lontani più di 55 anni) attraverso la seguente
testimonianza di Carlevaro.
“Avendo tutti la sensazione di fare qualche cosa di nuovo, di buono, di positivo, tutte le persone
impegnate si dedicavano senza limiti…” Il gruppo “era formato da una ventina di persone, con
alcuni personaggi carismatici per formazione, cultura e capacità di coinvolgimento. Oltre a Calosi
parlo di Quazza, Rossi, Ferrari. Per tutti - sia i locali che quelli in missione -, non esistevano orari
né giorni festivi. Io ho incominciato a fumare alle 5 del mattino quando il collega Corradetti si fece
accompagnare dal portiere per farsi dare cartine e trinciato. Bernardini ci chiese se eravamo
d‟accordo che lui andasse a teatro un sabato sera con la moglie. I giovani ingegneri laureati a
Genova col prof. Marsilii, arrivavano per un colloquio, portandosi il costume per andare dopo al
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mare, e si trovavano mezz‟ora dopo davanti ad un oscilloscopio a fare una risposta in frequenza di
un asservimento. … A poco a poco il sapore del progetto era assaporato da tutti, anche dai più
scettici tecnici cresciuti nella meccanica e che a poco a poco si appassionavano pur conservando il
loro stile di maghi del loro mestiere. Come il signor De Lucchi, responsabile della stabilizzazione,
che prima di acconsentire a una richiesta rifletteva con riserva, e poi produceva delle cose
incredibili. … Evidentemente erede di una tradizione operaia, ci chiamava „signor ingegnere‟,
causandoci forte imbarazzo, e seguiva con passione quello che facevamo. … Periodicamente la
Marina veniva a verificare lo stato d‟avanzamento, ed era sempre un‟occasione di stress. … Un
giorno tutto partì per La Spezia e fu installato su una corvetta. … Si aspettava il mare agitato per
uscire e provare in condizioni reali di rollio e beccheggio. … Fu grande emozione quando il
bersaglio fu per la prima volta agganciato e poi seguito in automatico. … Le prove andarono
benissimo. Erano passati 18 mesi. In quei 18 mesi nacque a Genova un know-how elettronico che
crebbe nel tempo portando a realizzazioni sempre più importanti e ben note. Erano disponibili tutti
gli ingredienti necessari: capi esperti, colti e carismatici, giovani ingegneri e tecnici entusiasti, una
Scuola di Ingegneria locale ricca di potenzialità e di esperienza, una solida tradizione industriale anche se in un settore diverso -, e un progetto che era quasi una sfida”.
Negli anni successivi, la Nuova San Giorgio rivolse la sua attenzione anche alle applicazioni
dell‟automazione in campo civile - un mercato piuttosto discontinuo -. La più importante attività
dell‟azienda rimase quella legata alle applicazioni militari, dove tuttavia la richiesta non era sempre
all‟altezza dell‟organizzazione e delle competenze acquisite (si ventilò anche l‟ipotesi di
abbandonare l‟attività). Nuovi risultati arrivarono con il primo sistema italiano per il puntamento
automatico di bersagli aerei veloci, il controllo dei missili terra-aria Hawk, il controllo del tiro di
bombe antisommergibile, e la nuova centrale di tiro „Argo‟ per la Marina. Successivamente si
intensificò l‟impegno sulle tecniche digitali per applicazioni anche civili, come il controllo
numerico delle macchine utensili, il controllo dei processi e l‟automazione postale.
Nel 1969 la Divisione Servosistemi ed Elettronica (costituita nel 1962) venne scorporata dalla
Nuova San Giorgio per dare origine alla ELSAG. L‟espansione delle citate attività portò
all‟articolazione della ELSAG in più Divisioni: sistemi d‟arma, meccanizzazione postale, controlli
numerici, sistemi di regolazione. Oltre ai già citati Barrai e Fava, vanno particolarmente ricordati
Enrico Albareto, che diventerà Amministratore delegato e poi Presidente della ELSAG, ed Enrico
Gnarro. (Nei primi anni Settanta si sviluppò anche l‟Informatica, soprattutto per merito di Luigi
Stringa.)
***
In campo universitario, l‟Elettronica industriale ebbe il suo corso di insegnamento solo a partire dal
1955/56, nonostante Merega ne avesse proposto l‟attivazione già 8 anni prima.
Il corso fu svolto da Marsilii, sotto il titolo “Elettronica industriale e Servomeccanismi” così,
almeno, veniva detto a noi studenti: e, in effetti, l‟aggiunta dell‟argomento „servomeccanismi‟
arricchì notevolmente i contenuti del corso. Si trattava, di fatto, di una sintesi del futuro corso di
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“Controlli automatici”, e ciò costituisce un primato di Genova a livello nazionale. Credo che il
primato vada diviso a pari merito con Milano, dove un analogo corso fu affidato a Carlo Costadoni.
L‟argomento era stato, in realtà, già trattato da Marsilii stesso l‟anno prima, come parte finale del
corso di “Elettrotecnica 2”, e questo fatto rafforza il primato genovese.
Io preparai - su incarico di Marsilii - le dispense di quest‟ultimo corso, e la parte finale mi attrasse
particolarmente.
Da allora - più di 56 anni fa - sono sempre rimasto targato „controlli automatici‟, sia in campo
industriale sia in quello universitario.
Marsilii aveva una particolare comunicativa e sapeva trasmetterci, con la teoria, anche il senso delle
cose concrete. I suoi assistenti - laureati da poco, e già impegnati nei controlli - erano Carlo
Delgrosso, che lavorava all‟Ansaldo San Giorgio, e Gian Paolo Sacco, che lavorava alla SELIN
sotto la direzione dello stesso Marsilii. Ad essi si aggiunse poi Giacomo Fava (Nuova San Giorgio).
Mi è grato a questo punto aprire una breve parentesi, per ricordare anche il ruolo determinante
svolto in quegli anni da Antonio Agostino Capocaccia e poi da Giuseppe Biorci, Presidi della
Facoltà e promotori dello sviluppo del settore elettronico in questa Università. Capocaccia fu anche
promotore - a livello nazionale - della riforma degli studi di Ingegneria del 1960, che istituì il Corso
di laurea in Ingegneria Elettronica.
Nel 1960/61 il corso si intitolò esplicitamente “Controlli automatici”, ed anch‟io (impegnato a
Milano, in CEA Perego) divenni assistente. Nel 1961/62 Marsilii rinunciò, e il corso venne affidato
a Ezio Volta con Fava e il sottoscritto come assistenti. Il corso di “Elettronica industriale” ritornò
nel 1965/66, affidato -con nuovi contenuti- a Gian Paolo Sacco. Nel 1970/71 il corso di “Controlli
automatici” venne sdoppiato: Volta proseguì con il corso per gli Elettronici, ed io con quello per gli
Elettrotecnici. Fra i nuovi assistenti: Marco Venzano (che fu responsabile della Divisione
Automazione dell‟Ansaldo Impianti), Riccardo Zoppoli e Pier Paolo Puliafito.
Vennero attivati anche i corsi di “Tecnica della regolazione” e “Teoria della regolazione”, affidati
rispettivamente, per diversi anni, a Giacomo Fava e Giuseppe Basile.
***
Nel 1956, dopo il successo ottenuto con il „gruppo di Genova‟, Calosi abbandonò - in un clima di
non adeguata considerazione - l‟attività di consulente della Finmeccanica, e ritornò in America dove
la Raytheon lo nominò Vicepresidente, con l‟incarico di tutta la ricerca industriale applicata.
Nello stesso 1956, il CNR organizzò a Milano un “Convegno internazionale sui problemi
dell‟Automatismo”, l‟AEI dedicò la riunione annuale al tema “Regolazione automatica e
servomeccanismi” (Marsilii, Quazza, Costadoni e Gatti furono i Relatori speciali) ed altre iniziative
furono prese nel campo dell‟Automazione.
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Nel 2006 si è celebrato il cinquantenario, considerando il 1956 come anno di nascita della „control
science‟ in Italia.
I collaboratori di Calosi (quelli ex Microlambda) passarono - quasi in blocco - alla Edison,
costituendo, nell‟ottobre 1956, la CEA (Costruzioni Elettroniche e Automatismi). Lo spirito con
cui si lavorava era ancora quello del „gruppo di Genova‟, per impegno ed entusiasmo.
La parte tecnica era affidata a Quazza e Ferrari, a cui si aggiunse successivamente - come direttore Marsilii.
Da Genova provenivano - oltre ai reduci dall‟esperienza alla Nuova San Giorgio - Ezio Volta (che
però rimase poco), Carlo Delgrosso, ed alcuni neo-laureati fra cui Renato Martini, il sottoscritto e
Paolo Dufour. La CEA - che nel 1958 divenne CEA Perego per fusione con la Perego, impegnata
nella telefonia - non ebbe vita facile. I problemi erano spesso mal definiti, e il mercato era immaturo
e discontinuo.
Spesso si doveva spiegare al (potenziale) cliente di che cosa aveva bisogno, e per far questo
occorreva acquisire conoscenze (in un settore anche del tutto nuovo), e poi convincerlo, col rischio
di apparire dei „pierini‟ e di offenderlo per l‟invasione di campo.
Ricordo anche le difficoltà psicologiche a far accettare, a un capo centrale, i primi regolatori
elettrici di turbina, che non erano abbastanza tozzi, con manopole grosse, e perciò gli sembravano
gingilli inaffidabili. Il capo centrale si convinse, e divenne anzi un sostenitore, dopo che una
situazione di emergenza - con rete isolata, e rischio di blackout - venne risolta in un attimo, con la
semplice manovra di due manopoline.
La CEA Perego operò in diversi campi (fra cui macchine tipografiche e utensili, laminatoi, centrali
elettriche), svolgendo anche un importante ruolo di „ricerca e sviluppo‟.
La realizzazione di prototipi portava però, facilmente, a costi spropositati.
Questa situazione - del resto ben preventivabile - non fu tollerata dalla Edison, che perse fiducia
nell‟azienda e smise di sostenerla finanziariamente. L‟attività cessò nel 1968.
Già nel 1964, Quazza aveva lasciato la CEA Perego per costituire il Centro Ricerca di
Automatica dell‟ENEL (Direzione Studi e Ricerche), seguito da me, Martini ed altri;
successivamente, arrivò dalla CEA Perego anche Ferrari. L‟ENEL decise di assumerci, anche in
considerazione delle esperienze di studio e progettazione nel campo dei sistemi elettrici (per
l‟energia), da noi maturate in CEA Perego. Anche in questo nuovo ambiente - fatto di impiantisti,
anche molto conservatori - lavorammo con entusiasmo, non intimiditi ed anzi stimolati
dall‟ampiezza e novità dei problemi.
Le attività del Centro toccarono anche momenti di eccellenza, con risonanza internazionale.
Fra i temi sviluppati, ricordo in particolare il controllo centralizzato del sistema elettrico - tenuto
conto anche delle esigenze di sicurezza (contro possibili blackout) e di economicità dell‟esercizio -,
la determinazione di modelli dinamici di diversa approssimazione (per il sistema elettrico e per le
centrali di generazione), nonché il controllo e stabilizzazione di grandi sistemi elettrici
interconnessi.
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Quest‟ultimo problema aveva creato notevoli perplessità, dopo i primi tentativi non riusciti - a causa
di una instabilità del tutto imprevista, e apparentemente inspiegabile - di collegare, in prossimità del
confine italo-jugoslavo, il sistema elettrico dell‟Europa occidentale con parte di quello orientale
(fino ad allora in funzionamento separato: il collegamento aveva anche un riflesso politico non
indifferente...). Grazie a uno studio fatto diversi anni prima - per ben altri scopi, e con risultati
apparentemente poco utilizzabili - si poté individuare la causa dell‟instabilità e, quindi, risolvere il
problema: si apportarono allora le dovute modifiche ai sistemi di controllo - modifiche essenziali,
ma relativamente modeste e poco costose - e il desiderato collegamento fu realizzato.
Questa esperienza venne presa utilmente in considerazione per problemi analoghi, in diverse parti
del mondo.
La diaspora dalla CEA Perego terminò nel 1968, con la chiusura dell‟azienda. Delgrosso, seguito da
alcuni altri, costituì a Firenze la ECS (Electronic Control Systems), Dufour passò alla INNSE
(Milano), Bernardini e Martini alla IME (Pomezia) e così via.
Tutti portarono con sé un‟esperienza di lavoro ad alto livello.
A Genova, diverse società - anche relativamente piccole - erano da tempo sorte nel campo
dell‟Automazione, ed altre si aggiunsero, con attività particolarmente legate alle esigenze delle
grandi industrie e di altre realtà locali: fra esse, la Controlli elettromeccanici (poi Controlli
elettronici), la già citata SELIN, l‟Eurocontrol (con Gian Paolo Sacco) e successivamente la EAA
(Elettronica Applicata all‟Automazione, con Ubaldo Traverso e Andrea Merlino).
***
La mia relazione è al termine.
Non ho cercato affatto di nascondere la mia passione per l‟Automazione, a cui mi sono legato dai
tempi della tesi di laurea (...altro che nozze d‟oro! ...e non sembra ancora finita). Ho avuto la
fortuna di imbattermi, praticamente, nel „primo autobus‟ in partenza (1956): e vi sono salito senza
esitazione, senza mai pentirmene.
Per il periodo precedente - ...ancora più antico - non posso vantare, ovviamente, testimonianze
„mie‟: ma ho avuto il privilegio (e la fortuna) di conoscere personalmente diversi protagonisti di
quell‟epoca, fra cui - anzitutto - Merega e Calosi.
Ho messo in particolare evidenza l‟epoca in cui Calosi era il gran regista dell‟Elettronica italiana
(con Merega ...aiuto-regista), e ho ricordato il ruolo importante svolto da Marsilii, Quazza, Rossi e più indirettamente - Capocaccia.
Per una triste concomitanza del destino, Capocaccia, Marsilii, Quazza e Rossi ci hanno
precocemente lasciato nel 1978, nel giro di pochi mesi. Tutti e quattro sono stati, per me e molti
altri, punti di riferimento essenziali.
Certamente, la mia relazione non è esente da lacune.
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Non mi sono ad esempio soffermato su quelle - anche importanti - realtà genovesi (industrie; enti e
aziende di pubblico servizio -elettricità, acqua, gas, trasporto ferroviario ecc.-; società di consulenza
e progettazione impiantistica) che hanno soprattutto utilizzato l‟Automazione, adattandola ai
problemi specifici senza particolari contributi innovativi.
E nemmeno ho parlato dell‟„indotto‟ genovese collegato all‟Automazione, che pure si è fatto spesso
onore nella produzione di componenti e apparati speciali.
Non pochi argomenti, i cui contenuti si estendono anche ben oltre il periodo „pionieristico‟, sono
del resto rinviati - integralmente - alle successive relazioni di oggi.
Fonti
Massimo Merega
- documentazione varia
- L‟Istituto di Elettrotecnica 1932-1982 (1983)
- Appunti su „Genova e l‟Elettronica‟ (1987)
Michele Nones
- Dalla San Giorgio alla Elsag (ed. Franco Angeli, 1990)
Umberto Marana
- La San Giorgio ed i Sangiorgini (archivio storico Elsag Bailey San Giorgio, 1993)
Giorgio Sacerdoti, Francesco Ranci
- La cultura informatica in Italia (ed. Bollati Boringhieri, 1993)
Antonio Lepschy
- Trent‟anni di Automatica in Italia (Automazione e Strumentazione, 1997)
Luciano Barrai, Aldo Carlevaro, Arrigo Frisiani, Silvio Laurin
- testimonianze varie (2003)
17
(intervento di Saccomanno prima della tavola rotonda)
L‟incontro odierno fa parte degli „appuntamenti‟ per i 140 anni della „Regia Scuola Navale‟ di
Genova, e quindi doveva essere particolarmente „pensato‟ anche in termini celebrativi. Per tale
motivo era scontato che si desse uno spazio adeguato alla rievocazione del periodo „pionieristico‟.
Per i periodi successivi si è presentato il delicato (ed anche imbarazzante) problema di selezionare i
temi da trattare - fra i molti possibili - e decidere (eventualmente raggruppandoli, se opportuno) a
quali relatori affidarli, con l‟intesa che vengano ricordate le ricerche-applicazioni-iniziative svolte,
soffermandosi solo su quelle di particolare rilievo e/o originalità a livello (almeno) nazionale.
Si è pertanto costituito un „comitato organizzatore‟, comprendente Franco De Benedetti (con
riferimento prevalente all‟Industria) e Riccardo Zoppoli (Università, CNR e Associazioni), oltre a
Paolo Marenco (Aizoon, La Storia nel Futuro®) e al sottoscritto (più impegnati nell‟organizzazione
generale).
Il comitato ha operato in un clima di particolare affiatamento e condivisione.
Si è arrivati così al programma che prevede adesso una Tavola rotonda, seguita da ulteriori relazioni
e interventi di chiusura.
Il tempo a disposizione non è molto, soprattutto se si tiene conto anche degli inevitabili „tempi
morti‟ tra un intervento e l‟altro.
Desidero ringraziare tutti coloro che hanno aderito e offerto la loro collaborazione, e in particolare ovviamente - i miei tre compagni „di comitato‟.
Fuori di ogni retorica, desidero però sottolineare che la mia gratitudine per De Benedetti, Zoppoli e
Marenco è particolarmente profonda, per l‟amicizia - e, direi, anche l‟affetto - con cui hanno
sopperito a qualche mia forzata indisponibilità, con puntualità ed efficienza ...e senza farmelo mai
pesare.
Io rimango a questo tavolo, per potermi ancora riservare qualche breve (...brevissimo) intervento.
Ma adesso la direzione dell‟incontro spetta a Marenco: gli passo allora il microfono, e comincio a
stare un po‟ zitto.
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4. Franco De Benedetti – past Elsag Bailey
Il professor Saccomanno nel suo intervento ha mirabilmente tratteggiato la nascita e lo sviluppo
dell‟elettronica industriale a Genova (fino ad allora l‟elettronica si identificava con la riproduzione
dei suoni) e ha ricordato gli uomini e le società che con grande slancio, intraprendenza e
lungimiranza avevano individuato un filone di attività che avrebbe assunto un ruolo non secondario
nell‟economia genovese.
Nel periodo preso in considerazione dal prof. Saccomanno erano nate molte iniziative sia all‟interno
di società già esistenti sia coraggiose avventure ad opera di piccoli gruppi di tecnici di grande
valore, potremmo caratterizzare quel tempo come il tempo della fantasia al potere.
A partire dai primi anni 70 con lo sviluppo delle applicazioni di elettronica industriale e il
conseguente aumento del mercato si è assistito da un lato all‟aumento delle dimensioni di molte
delle iniziative già avviate, dall‟altro la tendenza all‟aggregazione fra diverse le iniziative.
Questi fenomeni sono andati aumentando in modo considerevole e hanno dato origine a nuove
realtà che riunivano al loro interno conoscenze ed esperienze diversificate che hanno consentito la
creazione di strutture in grado di competere sui mercati mondiali.
Il dinamismo, lo spirito di iniziativa dei “Genovesi” che coniugavano conoscenze tecniche di
avanguardia, spirito di iniziativa e imprenditorialità sono rappresentate dallo schema, nel quale si è
cercato di rappresentare sinteticamente (e forse con qualche omissione) quanto è avvenuto fra gli
inizi degli anni 70 e oggi nel campo dell‟elettronica industriale a Genova
Probabilmente un discorso simile meriterebbe essere fatto per le telecomunicazioni.
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Lo schema evidenzia tre grandi sorgenti di know how, di formazione di uomini, di grandi
opportunità, di esperienze sia tecniche che manageriali, di conoscenza di mercati nazionali e
internazionali: parliamo di Ansaldo, Elsag e Marconi.
Ansaldo, Elsag e Marconi nell‟avviarsi nel nuovo campo dell‟elettronica industriale partivano da
esperienze assai significative e assai diverse fra loro.
L‟Ansaldo poteva vantare una grande esperienza nel campo della meccanica e dei grandi impianti
per l‟energia e la siderurgia.
L‟Elsag aveva uno storico passato nella meccanica di precisione e negli apparati militari.
La Marconi come evoca ancor oggi il suo nome aveva una grande esperienza nel campo delle
telecomunicazioni.
Io mi soffermerò in particolare sull‟importante sviluppo dell‟elettronica di processo a Genova.
Le Aziende Ansaldo, Elsag e Marconi avevano tempestivamente riconosciuto l‟importanza
dell‟elettronica industriale quale mezzo indispensabile per il controllo e la gestione di processi
industriali complessi, di grandi dimensioni e strategici per lo sviluppo industriale del Paese, in un
campo fino ad allora dominato esclusivamente da aziende sia europee che nord americane straniere
dai nomi altisonanti.
Tutte e tre le aziende nei primi anni „70 avevano avviato attività di elettronica di processo
organizzate in nuove divisioni inserite all‟interno delle loro strutture.
L‟Ansaldo in particolare attraverso le attività di Ansaldo Impianti e più specificatamente della
divisione DAU, diede origine a numerose società che sono ancor oggi attive e di notevole
importanza. I relatori successivi illustreranno successivamente gli sviluppi attuali di queste società.
Marconi aveva creato una divisione di elettronica industriale e aveva sviluppato prodotti
specificamente destinati a questo nuovo mercato. Tuttavia dopo pochi anni da Marconi si staccò
quasi l‟intero gruppo di persone che si occupava di elettronica industriale dando origine alla Orsi
Automazione, unica rilevante società genovese di elettronica industriale al di fuori delle allora
Aziende a Partecipazione Statale.
Orsi Automazione si sviluppò nel corso di diversi anni arrivando a una dimensione competitiva sul
mercato italiano e creando controllate in Spagna, Francia e Germania.
Successivamente Orsi Automazione è confluita nella Siemens nel cui ambito continuano ad operare
le strutture che si erano sviluppate in Orsi, una parte delle quali è ancor oggi presente a Genova.
Sarà Giacomo Torre, uno dei fondatori, a illustrare più in dettaglio il percorso della Orsi
Automazione.
In breve tempo le tre aziende si trovarono in accanita concorrenza fra loro, in particolare Ansaldo
ed Elsag, dopo un lungo periodo di rivalità, arrivarono nel 1984 ad un accordo per la fusione delle
rispettive divisioni in una unica società creando così la società Esacontrol una struttura di
dimensioni sufficienti a competere sul mercato italiano con le agguerrite filiali delle grandi società
tedesche e americane.
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In pochi anni Esacontrol divenne la società leader dell‟elettronica di processo sul mercato italiano,
anche grazie all‟ottenimento della licenza della americana Bailey Controls Company che rese
possibile affacciarsi anche sul mercato mondiale con un nome noto e rispettato.
Lo sviluppo di Esacontrol continuò rapidamente fino ad arrivare nel 1989 all‟acquisizione della
stessa Bailey Control Company e delle sue filiali nei vari Paesi.
Pressoché contemporaneamente venne acquisita in Francia la divisione controllo di processo della
Schlumberger.
Le tre entità Bailey Controls, Esacontrol e la divisione di Schlumberger vennero incorporate in una
nuova società che prese il nome di Elsag Bailey, si era così raggiunta una dimensione competitiva
per confrontarsi con i più importanti attori mondiali quali Taylor, Fisher&Porter, Foxboro,
Honeywell, Hartmann&Braun, ABB e Siemens.
L‟ulteriore passo fu nei primi anni „90 la quotazione di Elsag Bailey nel listino Dow Jones alla
Borsa di New York.
Il fenomeno delle aggregazioni dei vari attori sul mercato accelerò e portò in un breve periodo di
tempo all‟acquisizione di Foxboro da parte di Honeywell; ABB, attraverso l‟ acquisizione della
Combustion che era un suo concorrete globale, acquisì la Taylor.
Elsag Bailey partecipò a questo fenomeno acquisendo prima la americana Fischer&Porter e
successivamente la Hartmann&Braun società, a quel tempo numero 2 in Germania dopo Siemens,
formando a questo punto un gruppo che comprendeva oltre 40 società sparse fra nord e sud
America, Europa- inclusa l‟Europa dell‟est - e Russia, Medio Oriente, Giappone e Australia con un
fatturato globale di 1400 milioni di $ USA del tempo e oltre 10.000 dipendenti.
Purtroppo tutti i sogni, anche i più affascinanti, prima o poi svaniscono e un brutto giorno del 1999
Finmeccanica, azionista di riferimento di Elsag, e di conseguenza di Elsag Bailey decise di far cassa
e mise sul mercato l‟intera sua partecipazione in Elsag Bailey pari a circa il 30% .
Per acquisire Elsag Bailey si creò una serrata competizione fra i due maggiori competitori: Siemens
e ABB e quest‟ultima prevalse mettendo e a questo punto fine all‟esaltante avventura Elsag Bailey
in terra genovese, iniziando nel contempo quella di ABB.
In quel momento per i maggiori concorrenti nel campo il valore strategico dell‟Elsag Bailey, era
molto elevato come è dimostrato dal fatto che, a fronte di una quotazione al mercato di New York
dell‟azione Elsag Bailey che mediamente era intorno a 20$ ad azione l‟offerta con cui ABB vinse la
sfida contro Siemens sfiorò i 40 $.
La successiva e conseguente integrazione fra le strutture di ABB e di Elsag Bailey coinvolse un
gran numero di strutture in tutto il mondo che furono riunite sotto l‟unico marchio ABB, questo
ovviamente avvenne anche in Italia dove (fortunatamente) tutta la parte sistemistica venne
concentrata a Genova dove continua ancor oggi brillantemente la sua attività.
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L‟ingegner Giovanni Battista Ferrari ci racconterà i successivi sviluppi nell‟ambito dell‟attività
genovese di ABB.
Le attività industriali si modificano e si trasformano continuamente attraverso periodi di veloci e
spesso grandi trasformazioni intervallati da periodi di maggiore stasi.
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5. Riccardo Zoppoli – Facoltà di Ingegneria
TRE EVENTI DAGLI ANNI ‟60 A OGGI: IL PROGETTO ESQUILINO, IL CALCOLATORE
MODIAC, LA DIASPORA DEI CONTROLLISTI GENOVESI.
E‟ con grande piacere che riprendo il testimone di Fabio Saccomanno. Cercherò di proseguire il suo
bel racconto per arrivare ai giorni nostri.
Nei pochi minuti disponibili, non potendo descrivere l‟amplissimo ventaglio di iniziative – sia
accademiche che di cooperazione tra Università e Industria – avviate a partire dagli anni ‟60, mi
limiterò alla descrizione di tre avvenimenti: le sperimentazioni del Progetto Esquilino, il progetto e
lo sviluppo del calcolatore MODIAC e la “diaspora” dei controllisti genovesi dalla fine degli anni
‟90 in poi.
Entrai nell‟Istituto di Elettrotecnica della nostra Facoltà nel 1965. Era in atto una profonda
evoluzione scientifica e culturale. Divenne Direttore Giuseppe Biorci, ed Ezio Volta diede un forte
impulso al Corso di “Controlli Automatici”. Come ha già detto Saccomanno, Volta si avvalse della
collaborazione di tre assistenti di grande valore sia come ingegneri che come docenti: Giacomo
Fava, Marco Venzano e Saccomanno stesso.
Il reclutamento dei giovani da parte di Volta fu intenso e su tematiche decisamente proiettate verso
il futuro. Entrarono nell‟Istituto tre suoi nuovi assistenti: Vincenzo Tagliasco, Pier Paolo Puliafito e
il sottoscritto. Ma vanno assolutamente citati i ricercatori miei compagni di corso o giunti in quegli
anni: Sandro Chiabrera, Alessandro Viviani, Giorgio Molinari, Sandro Ridella, Giuseppe
Gambardella, Carlo Braccini e altri ancora.
Né è possibile dimenticare il contributo di Beppe Basile: a lui si deve un impulso innovativo nello
sviluppo della Sistemistica verso quella che allora si chiamava “Modern Control Theory”. Basile
aveva la capacità di spiegare, con semplici disegni, le proprietà strutturali dei sistemi dinamici nello
spazio degli stati. Quei disegni, la sua porsche gialla e il suo piccolo aereo rimangono indelebili nei
miei ricordi.
I Colleghi miei coetanei avviarono nuovi settori di ricerca: la Bioingegneria, la Robotica,
l‟Elettronica dei semiconduttori e più moderne impostazioni dell‟Ingegneria delle Comunicazioni e
dell‟Ingegneria Elettrica.
Questi orientamenti scientifici e tecnologici avrebbero portato l‟Istituto di Elettrotecnica a
“generare” – all‟inizio degli anni ‟80 – i Dipartimenti di Ingegneria Biofisica ed Elettronica (DIBE),
di Ingegneria Elettrica (DIE), di Ingegneria Informatica, Sistemistica e Telematica (DIST).
Saccomanno sviluppò i Controlli Automatici soprattutto nel DIE, dove ebbe allievi di prim‟ordine,
che lavorarono poi sull‟ Automazione dei sistemi di generazione, trasporto e distribuzione
dell‟energia elettrica. Affido agli amici Stefano Massucco e Mario Marchesoni il compito di
illustrare le attività di quel forte gruppo di ricerca.
Consentitemi un ricordo personale che mi lega particolarmente a Fabio Saccomanno. Già attratto
dai Controlli Automatici, le sue cosiddette “esercitazioni” mi diedero la spinta decisiva verso questa
affascinante disciplina. In realtà non erano “esercitazioni”, ma brevi trattati monotematici (“la
turbina”, “il motore elettrico a corrente continua” e così via), in cui il rigore si coniugava con la
necessità di approssimare, con abilità e fantasia, apparati e impianti che, per non linearità, presenza
di isteresi, strutture a parametri distribuiti, erano assai poco disponibili a farsi modellare con blocchi
23
convenzionali. A Fabio devo anche la prima offerta di lavoro (al Centro Ricerca di Automatica
dell‟Enel) e il primo contratto (sullo “Unit Commitment”).
In questo contesto di novità e di speranze, ebbe origine il Progetto Esquilino, il primo dei tre eventi
di ampio respiro che desidero ricordare. A quarant‟anni di distanza, non esito a definire grandiosa
quell‟impresa scientifica e tenologica.
Il Progetto Esquilino fu ideato e guidato da Volta con una determinazione veramente encomiabile.
Si trattava di dimostrare la possibilità di porre una normale nave da carico sotto il completo
controllo di un calcolatore di processo. Al calcolatore veniva affidato il compito di eseguire le
complesse azioni di avviamento del motore, di regolarne la velocità in ciclo chiuso, di gestire
l‟inserimento degli elettrogeni di bordo, di guidare la nave su rotte di tempo minimo in condizioni
di “comfort” e sicurezza accettabili, di calcolare e modificare tali rotte sulla base delle previsioni
metereologiche fornite dalle poche stazioni a quei tempi disponibili. Negli anni successivi tale
modo di navigare sarebbe stato denominato “Weather Routing”.
La motonave Esquilino, da cui il Progetto trasse il nome, era inoltre un autentico laboratorio
galleggiante. Era stata attrezzata con strumenti capaci di raccogliere innumerevoli informazioni
finalizzate a vari scopi, primo tra tutti la determinazione del modello matematico con cui la nave
(sistema per sua natura a parametri distribuiti e fortemente non lineare) genera i suoi moti sotto
l‟azione del timone, del numero di giri al minuto dell‟elica e, ingresso di difficilissima descrizione e
misura, del moto ondoso.
Tra gli obbiettivi di tutte queste operazioni vi erano la riduzione del personale di bordo, la riduzione
dei consumi e l‟aumento della sicurezza generale.
All‟impresa collaborarono, sotto l‟egida del CNR, gli Istituti di Elettrotecnica e di Ingegneria
Navale (ne era Direttore il Prof. Sergio Marsich), il Lloyd Triestino (che mise a disposizione per più
anni la nave), il CETENA (diretto dall‟Ing. Giuseppe Sitzia), il RINA (l‟Ing. Giovanni Rebaudengo
si imbarcò nel primo viaggio) e l‟IBM, che fornì il calcolatore di processo “1800”. Questa
macchina aveva una memoria primaria di 64 Kbyte. Vi lascio immaginare i frequenti momenti di
sconforto di chi ebbe la sorte di ideare algoritmi di controllo, identificazione, ottimizzazione, ecc.,
scriverli per lo più in FORTRAN e farli girare su tale ordigno. Per giunta, il “1800” venne installato
nella saletta da pranzo del Comandante e del Direttore di macchina; costretti a trasferirsi (sia pure
con un tavolo a loro riservato) nella sala da pranzo degli Ufficiali e i “Signori dell‟Università”,
come eravamo chiamati, non riuscirono mai a calarsi completamente nello spirito del Progetto. Li
ricordo comunque con grande simpatia perché non è facile, per chi in mare è padrone assoluto,
accettare che il proprio ruolo venga anche solo scalfito da qualunque Automazione.
Il Progetto ebbe vita tra la metà degli anni ‟60 e l‟inizio degli anni ‟70. L‟Esquilino era una nave
rinfusiera di circa 10.000 t. Collegava Trieste con i porti dell‟Estremo Oriente. I viaggi – andata e
ritorno – avevano la durata di quattro mesi. Tagliasco, Puliafito e io fummo i primi “capomissione”, se cosi‟ si puo‟ dire. Vi assicuro che non furono viaggi di piacere. Studiare e lavorare a
bordo di una nave piuttosto piccola e decisamente “ballerina” non era sempre gradevole.
Ciascuno di noi si imbarcò per un‟”andata” o un “ritorno” e quindi per due mesi. Navi affondate nel
canale di Suez nei conflitti arabo-israeliani costringevano l‟Esquilino a circumnavigare il Capo di
Buona Speranza. Imbarcati a Genova, non si faceva scalo per circa un mese e si sbarcava (chi se la
sentiva) in un porto vicino a Giacarta. Ricordo che nelle operazioni di carico e scarico gli ufficiali di
coperta si dotavano di cinturone e pistola, non so se come deterrente o per reale necessità.
24
Condivisi la cabina con l‟Ing. Fulvio Tosi, allora al CETENA, ed ebbi come compagno di viaggio il
geniale Sig. Pagnan. Dopo i primi tre viaggi con gli Universitari a bordo, vi furono altri capomissione. Tra questi, ebbero un ruolo fondamentale l‟Ing. Mauro Piattelli e l‟Ing. Gianfranco
Sartirana, anch‟egli del CETENA.
I risultati del Progetto Esquilino furono di ottimo valore. Recentemente, colleghi del Dipartimento
di Ingegneria Navale mi hanno detto che un mio lavoro sull‟”Weather Routing” e‟ ancora citato.
Con il Progetto Esquilino nacque – sempre su iniziativa di Volta – lo IAN (Istituto del CNR per
l‟Automazione Navale) attualmente afferente all‟Istituto di Studi sui Sistemi Intelligenti di
Automazione (ISSIA). Dopo Volta, ne fu Direttore l‟Ing. Aldo Grassia. Alcuni nostri brillanti
studenti sono oggi ricercatori all‟ISSIA. I loro rapporti con l‟Università non si sono mai allentati.
Sbarcati dall‟Esquilino, Tagliasco e io lasciammo le esperienze di Automazione Navale e, ottenute
le ambitissime borse NATO, ci trasferimmo per un anno negli USA, Tagliasco nel ‟71 al “Children
Hospital” dell‟MIT, io nel ‟72 all‟UCLA a studiare e lavorare con Masanao Aoki.
L‟esperienza americana fu fondamentale per entrambi. Rientrati in Italia pieni di idee e di
entusiasmo, tutto (o quasi tutto) ci pareva improvvisamente invecchiato e tutto ci sembrava
possibile.
Mi venne affidato un insegnamento dal nome un po‟ strano: “Programmazione Matematica e
Ottimizzazione” (PMO per gli studenti). Lo considerai un contenitore ideale per inserirvi argomenti
allora considerati innovativi per l‟Italia: il controllo ottimo in ambiente aleatorio, le metodologie di
stima e identificazione, la programmazione non lineare, tutti strumenti importantissimi per il
progetto degli apparati di controllo in condizioni realistiche di non linearità e di incertezza. Tenni
l‟insegnamento di PMO fino all‟inizio degli anni ‟90 quando, anche per far spazio a nuove leve di
Controllisti, passai (non senza rimpianti) a Ricerca Operativa, che insegnerò fino alla conclusione
della mia vita accademica. Chi segue il mio corso vi riconosce una forte innervazione controllistica.
Del resto, i Colleghi delle altre Sedi mi considerano un ricercatore operativo piuttosto eretico.
Ho la presunzione di ritenere che lo “strano” Corso di PMO sia stato accolto piuttosto
favorevolmente dagli studenti. Ebbi subito molti brillanti tesisti. A metà degli anni ‟70, tre di loro
vollero fermarsi in Istituto come borsisti: erano, in ordine cronologico, Riccardo Minciardi,
Giuseppe Casalino e Franco Davoli. Studiammo e crescemmo insieme. Quando all‟inizio degli anni
‟80 li lasciai perché troppo impegnato nel Progetto MODIAC (il secondo argomento di cui desidero
parlarvi) erano agguerriti e autonomi.
Minciardi costituì un gruppo di ricerca sul controllo dei sistemi dinamici a eventi discreti con
applicazioni nei trasporti, nella logistica, nella gestione dei sistemi ambientali; Casalino fu uno dei
padri della Robotica italiana e un caposcuola nella nostra Sede; Davoli si spostò progressivamente
verso il controllo delle reti di comunicazione e passò al settore scientifico-disciplinare di
Telecomunicazioni.
Ho accennato al Progetto MODIAC, un‟avventura per me imprevista e imprevedibile. Era il 1979 e
il CNR aveva reso pubblico uno studio di fattibilità redatto dai migliori informatici italiani. Era
mirato a dare un forte impulso all‟Industria informatica nazionale sia in termini di nuovi prodotti
H/W e S/W sia in termini di applicazioni innovative nei settori della Pubblica Amministrazione e
dell‟Automazione Industriale. La collaborazione tra Industria e Università era richiesta, ma senza
ingombranti vincoli burocratici. I finanziamenti pubblici, erogati su un arco temporale di cinque
anni, erano – una volta tanto per il nostro Paese – adeguati anche perché integrati dai finanziamenti
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delle Industrie. Queste erano infatti chiamate a contribuire alle ricerche con fondi propri di entità
almeno pari a quelli ricevuti dal CNR. Era previsto che le Industrie sviluppassero i prodotti fino alla
fase pre-competitiva.
Partì dunque il Progetto Finalizzato Informatica. Angelo Raffaele Meo del Politecnico di Torino –
considerato il maggior esperto italiano del settore – fu nominato Direttore del Progetto Finalizzato.
La responsabilità del settore “Ricerca di base” fu affidata a Ugo Montanari dell‟Università di Pisa e
la responsabilità del settore “Informatizzazione della Pubblica Amministrazione” a Paolo Bronzoni
del CNR-CNUCE di Pisa. Alcuni Colleghi (tra i quali Biorci) fecero il mio nome per la direzione
del settore “Automazione Industriale”. Non vi furono pareri contrari. Io ero molto perplesso perché
mi consideravo un accettabile controllista, ma giudicavo carenti le mie conoscenze informatiche. Mi
misi a studiare duramente come un neofita (e in effetti lo ero).
Angelo Raffaele Meo fu un grande Direttore, ad un tempo pragmatico e utopista, dotato di
solidissime basi scientifiche ed eccellente progettista. Meo avrebbe voluto progettare, costruire e
lanciare nel mercato internazionale il “mainframe” italiano, niente di più e niente di meno. Io
divenni un “meista” convinto. Il calcolatore MODIAC (acronimo di Modular Integrated system for
Automation and Control) fu progettato e costruito secondo la filosofia di Meo. Sfioro‟ il traguardo
sognato, ma non lo raggiunse. Rimase comunque in produzione per molti anni in Esacontrol, in altre
aziende ad essa collegate e in alcune piccole e medie industrie italiane tra cui la Prima Progetti,
specializzata nel controllo di robot industriali.
Va osservato che, verso la fine degli anni ‟70, i calcolatori di processo, presenti sul mercato
internazionale, stavano cambiando la loro architettura generale. Le tradizionali configurazioni “a
stella”, basate su un unico calcolatore centrale collegato alla strumentazione e ai controllori
dell‟automazione di base da linee dedicate, venivano sostituite dalle cosiddette architetture “a
informatica distribuita”.
Il MODIAC venne progettato seguendo questa nuova concezione. In particolare, il sistema si
basava su una rete locale costituita da un bus seriale ad alta velocità (su cavo coassiale), gestita con
strategia “token passing”. Una versione preliminare della linea seriale era stata sviluppata in
Ansaldo ancor prima che il Progetto partisse. Con ulteriori miglioramenti, eseguiti in collaborazione
con ricercatori del Politecnico di Torino, divenne uno dei punti di forza del MODIAC. La rete
locale interconnetteva una molteplicità di microcalcolatori a struttura mono o multiprocessore ai
quali erano affidate le funzionalità tipiche dell‟automazione di base. In un nodo di maggior potenza
erano poi concentrate le attività di interfacciamento operatore/processo: visualizzazione del
processo controllato, definizione dei set point, diagnostica e archiviazione dei dati, attivazione di
algoritmi di stima e identificazione dei sistemi, di algoritmi di controllo adattativo, ecc.. Allo studio
e alle sperimentazioni di tali algoritmi parteciparono quasi tutti i gruppi di Automatica delle nostre
Università.
Una cura particolare venne dedicata alla progettazione del S/W di base di nodo e di rete. In questo
contesto, è significativo ricordare un accordo tra CNR e Olivetti, che mise a disposizione del
Progetto Finalizzato potenti ambienti di “fabbricazione” del S/W, realizzati per la configurazione
dei recentissimi calcolatori della linea L1 prodotti dall‟Azienda. Si tenga conto del fatto che, oltre
all‟Ansaldo, entrarono nel Progetto MODIAC E. Marelli, COMAU, Gavazzi, Nuovo Pignone,
Syntax e altre società minori per dimensione, ma non per qualità.
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Desidero ricordare Colleghi con i quali ebbi la fortuna di collaborare: primo fra tutti Giuseppe
Menga del Politecnico di Torino, un controllista alla cui intelligenza e determinazione (ai limiti
dell‟aggressività) si deve in buona parte la riuscita del Progetto, e poi gli amici del Politecnico di
Torino, tra i quali Silvano Rivoira e Angelo Serra. E ancora Giovanni Neri dell‟Università di
Bologna e tantissimi altri che non voglio elencare per timore di dimenticanze. Credo tuttavia che il
coordinamento del Progetto non mi sarebbe stato possibile senza l‟aiuto di Mauro Di Manzo: mi
spiegava con infinita pazienza concetti informatici che a me, controllista diffidente e ansioso,
risultavano ostici; mitigava i contrasti spesso accesi che si innescavano in quella insolita comunità
di ricercatori accademici e industriali, tutti molto competitivi; controllava in modo austro-ungarico
che io non facessi errori di valutazione nell‟erogazione dei finanziamenti.
Né posso dimenticare i manager e i tecnici dell‟Ansaldo: Fabio Capocaccia e Carlo De Cena,
presenti nella fase di fattibilità del Progetto, poi Micheli, Caporali, Duchi e tanti altri abili
progettisti. Ne vedo i volti, ma i loro nomi ormai mi sfuggono. Desidero ancora citare l‟Ing. Alberto
Lina – a quei tempi Direttore della Divisione Elettronica Industriale dell‟Ansaldo – convinto
sostenitore del Sistema MODIAC nella fase finale del Progetto.
E‟ anche interessante ricordare i contatti che non ebbero successo. In un colloquio con Luigi
Stringa, capii che l‟Elsag preferiva star fuori: aveva già sviluppato il sistema Emma, elaboratore
sofisticato e potente, funzionale ai target produttivi dell‟Azienda. Inoltre, forse un po‟ gelosa del
proprio notevole know-how, mi parve che l‟Elsag preferisse tenersi alla larga da quello che poteva
sembrare un coacervo di apprendisti stregoni.
Più strana mi sembrò la posizione della Selenia. Aveva sviluppato il sistema MARA e guardava con
interesse la nostra rete locale. Ricordo che avemmo un incontro in Selenia finalizzato a scambiarci
informazioni. Alla mattina il nostro gruppo (composto solo da universitari) tenne un seminario
molto dettagliato sul MODIAC. Poi fummo invitati a pranzo in uno splendido locale. Il clima era di
grande cordialità. Riportati in Selenia, ci fu cortesemente comunicato che il seminario sul MARA
era annullato. Spiegammo che, nonostante il progetto Finalizzato dovesse arrivare fino alla fase precompetitiva, anche le nostre Aziende ci avevano vincolato con impegni di riservatezza. Avremmo
dunque gradito semplici informazioni di tipo generale: non vi fu nulla da fare.
Piccoli malintesi a parte, credo di poter affermare che la realizzazione del MODIAC entro i tempi
previsti e la sua successiva entrata in produzione furono consentite da una mobilitazione di risorse
umane e finanziarie, accademiche e industriali, quale raramente si vide nel nostro Paese. In tale
contesto, Genova si avvicinò molto a quel ruolo di “Capitale dell‟Elettronica” o “Polo nazionale
dell‟Informatica” che Romano Prodi, allora Presidente dell‟IRI, si compiacque di assegnarle.
Ho detto prima che il traguardo di Meo era il lancio di calcolatori italiani nel mercato
internazionale. Ho anche detto che il MODIAC “sfiorò” questo traguardo. Non lo raggiunse perché
il mercato internazionale era dominato da pochi grandi produttori capaci di imporre i loro standard
“di fatto” e i loro sistemi. Essi non erano più bravi di noi universitari e dei nostri partner industriali.
In molti casi le nostre soluzioni informatiche e sistemistiche furono superiori. Forse, se avessimo
avuto il sostegno finanziario e politico del Governo e del nostro “establishment” industriale,
avremmo potuto stringere vantaggiose alleanze con “competitors” stranieri, trattando da posizioni
tecnologiche di una certa forza.
Molto tempo è passato da quegli anni. Oggi mi sembrano importanti e irripetibili: la Divisione
dell‟Ansaldo, protagonista di primo piano nella realizzazione del MODIAC, entrò nell‟Esacontrol;
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venne acquisita la Bailey e con essa (mi sembra) il sistema INFI 90 per l‟Automazione Industriale;
Genova subì la crisi dell‟Industria di Stato; l‟Olivetti cessò di produrre calcolatori; notizie in
generale piuttosto negative giungevano dal ponente industriale della nostra città; arrivarono
investitori stranieri di grande nome; accorpamenti e scorpori di Aziende si succedevano; ebbi
l‟impressione che un capitale di preziose conoscenze, faticosamente formatosi nell‟ambito del
Progetto e in generale nell‟ambiente industriale genovese, si stesse disperdendo; il mio interesse per
la collaborazione con il mondo dell‟Industria si affievolì; seppi che ero tra i candidati per la
direzione del Progetto Finalizzato Robotica e mi affrettai a far sapere che non ero interessato.
Chi ha svolto attività di ricerca in forma assorbente e l‟ha interrotta per assumere incarichi
organizzativi o istituzionali, sa come sia difficile tornare all‟antico “mestiere”. Io ebbi la fortuna di
avere in Vincenzo Tagliasco un agguerrito rivale e un temibile provocatore. Sosteneva, con assoluta
certezza, che il “connessionismo” era la nuova religione (si era alla fine degli anni ‟80) e che i
Controlli Automatici stavano morendo. Mi fece vedere la famosa “retromarcia neurale”
dell‟autosnodato di Nguyen e Widrow e mi sfidò a progettare un regolatore “classico” capace di
fare quella stessa manovra.
Tutte le affermazioni di Tagliasco, specie quelle più perentorie, avevano alcuni contenuti veritieri e
altri di cui era lecito quanto meno dubitare. Ovviamente, questi ultimi erano quelli più stimolanti.
Accettare la sua sfida fu comunque la mia salvezza. Spero di completare quest‟anno il libro sul
neurocontrollo che da troppo tempo sto scrivendo. Nel libro dovrebbe esservi la risposta alla sfida
di Vincenzo.
Questa ennesima digressione personale mi è utile per dire che nel DIST le ricerche di Automatica e
di Sistemistica non si erano certo fermate per la mia assenza. Al contrario, Casalino, Minciardi e
Davoli stavano facendo grandi cose, ciascuno nel suo settore. Seguendo la buona norma di reclutare
giovani più bravi di loro, avevano catturato o stavano per catturare ricercatori entusiasti e
intelligenti. Anche io ripresi a reclutare con loro.
Primo in ordine temporale fu Michele Aicardi. Seguirono i sei ragazzi del ‟98, così chiamati perchè
conseguirono l‟associatura nel 1998, tutti al loro primo tentativo. Li elenco in ordine alfabetico:
Andrea Caiti, Giorgio Cannata, Angela Di Febbraro, Antonella Ferrara, Raffaele Pesenti
(ricercatore operativo), Thomas Parisini. A Genova c‟era un solo posto: varie circostanze, in cui il
caso giocò un ruolo centrale, fecero sì che Giorgio restasse a Genova. Gli altri dovettero migrare in
sedi più o meno accoglienti. Solo Angela riuscì a tornare. Tutti sono oggi professori ordinari.
Thomas fu chiamato prima al Politecnico di Milano e poi a Trieste per una cattedra finanziatagli
dalla Danieli. Oggi è “Chair of Industrial Control” all‟Imperial College.
Nella “diaspora” dei controllisti genovesi non posso dimenticare Giorgio Bartolini, il primo ad
andare via e a non tornare. Chiamato a Cagliari, eravamo tutti convinti che, dopo un paio di anni,
sarebbe rientrato. Così era avvenuto per Casalino, chiamato all‟Università della Calabria.
Purtroppo, uscì poco dopo una legge che bloccava i trasferimenti, condizionandoli alla disponibilità
di finanziamenti per pagare gli stipendi. Il DIST non ebbe mai la disponibilità richiesta.
Appartengono infine alla “diaspora” Giovanni Indiveri e Giorgio Battistelli. Altri giovani sono
entrati progressivamente nel gruppo dei Controllisti (e dei Ricercatori Operativi). Probabilmente
avranno la fortuna di rimanere a Genova per sostituire me (quasi subito) e, tra qualche anno,
Casalino e Minciardi.
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Ho parlato di “diaspora” dandole forse una connotazione un po‟ malinconica e quasi negativa. Non
e‟ certamente così. Essere chiamati da altre Sedi è segno indiscutibile di particolare bravura. Ne trae
poi prestigio la Sede di origine, di cui vengono dimostrati la vitalità e il valore scientifico. In altre
nazioni (si pensi in particolare agli Stati Uniti) la “mobilità” è considerata un fatto del tutto naturale.
Innaturale sarebbe restare tutta la vita nella stessa città.
Ma noi italiani, e noi genovesi in particolare, siamo un po‟ diversi. Quando ci allontaniamo dal
nostro mare e dalla nostra terra siamo assaliti dal “dolore per il ritorno”, che dai Greci ha preso il
nome “nostalgia”. Per questo, quando penso ai ragazzi della “diaspora”, l‟orgoglio è forte, ma non
meno forte è il rimpianto.
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6. Giacomo Torre – Cofondatore Orsi Automazione; Siemens MES
La storia di ORSI Automazione comincia nel 1982, quando quattro giovani laureati decidono di
mettersi alla prova e costruire qualcosa di proprio, attorno ad un‟idea “portante”: con l‟avvento dei
microprocessori e del Personal Computer era possibile (e necessario) un nuovo tipo di automazione,
che combinasse i vantaggi dei sistemi PLC e DCS.
L‟occasione di metterla in pratica ci si è presentata grazie ad un primo lavoro (l‟automazione di un
sistema di filtri per l‟industria saccarifera) che abbiamo ottenuto nel 1982 e che ci ha convinto ad
abbandonare la sicurezza del lavoro dipendente presso la Marconi per intraprendere questa
avventura. Attorno a questo e con tanto lavoro di giorno (e di notte!) abbiamo costruito a tempo di
record un sistema completo, Hardware e Software ed abbiamo cominciato la nostra “scalata”,
crescendo esponenzialmente anno dopo anno.
Dalle 4 persone dell‟inizio siamo rapidamente saliti ad una ventina il primo anno, per diventare
quaranta nel 1983, quasi cento nel 1984, ed abbiamo continuato a crescere per diventare 500 nel
2001, quando siamo stati acquisiti da Siemens. Una crescita che è continuata e continua ancora oggi
e ci ha portato ad essere quasi mille persone.
Gli inizi sono stati nell‟industria saccarifera, che ha delle necessità assai complesse e combina
elementi tipici del settore di Processo con altri dell‟ambiente “Discreto”. Le caratteristiche del
nostro sistema e soprattutto la capacità di presentazione dei dati e dello stato dell‟impianto ben si
adattavano a tali esigenze e questo ci ha permesso, insieme ai successi e alla fiducia accordataci da
una delle maggiori aziende del settore, Eridania, di diventare rapidamente uno dei “player” di tale
mercato. A quel punto, per vicinanza geografica e per dimensioni del mercato saccarifero, la
Spagna ha rappresentato uno sbocco naturale. Immediatamente dopo, anche grazie ad una serie di
contatti “tecnologici” che avevamo negli Stati Uniti, abbiamo deciso di aprire un ufficio a Boston.
Francia, Inghilterra, Germania, Sud Africa sono arrivati in seguito, seguendo i successi commerciali
e l‟espansione su altri mercati verticali, come la siderurgia e l‟alimentare.
Negli anni ‟90 abbiamo poi orientato ancora di più i nostri sforzi sul mercato del software. Anche in
questo caso è stata cruciale un‟intuizione: come già era avvenuto per il mercato del software ERP,
anche i sistemi MES avrebbero premiato l‟integrazione delle varie applicazioni. Questo è
effettivamente avvenuto nel corso degli anni 90 e noi siamo stati fra i primi a presentare una
soluzione innovativa e integrata in questo settore.
La posizione di rilievo che avevamo raggiunto alla fine degli anni ‟90 nel mercato MES, insieme
alla nostra dimensione ormai “adulta” (eravamo circa 500 persone in 8 paesi), combinate con la
decisione strategica di Siemens di entrare sempre di più nel mercato del software industriale in
generale e del MES in particolare ha creato le condizioni per questo passaggio. D‟altronde noi ci
eravamo resi conto che nel nostro settore il tempo delle “start-up” company stava finendo e che la
fase del consolidamento del mercato sarebbe presto cominciata.
Siemens ha avuto un approccio estremamente positivo e aperto, cosa (purtroppo) non sempre
riscontrabile nelle acquisizioni fatte da multinazionali. L‟obbiettivo era non solo acquisire la
tecnologia che avevamo sviluppato ma dotarsi di un gruppo ben affiatato di esperti, attorno al quale
far crescere un nuovo business. Non è un caso che ancor oggi ci siano in Siemens moltissime delle
persone che erano insieme a noi in Orsi Automazione.
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7. Sergio De Luca – Ansaldo STS
Lo spirito di tornare sulla memoria del passato, le mie esperienze nell‟elettronica industriale qui a
Genova: consentitemi di fare qualche provocazione
Marenco ha delineato come eravamo e come siamo distinguendo tra pubblico e privato, anche se le
aziende pubbliche negli anni ‟70 partecipate dallo Stato competevano a livello internazionale. Oggi
la nostra Ansaldo STS, ultima insieme ad Ansaldo Energia e Selex Elsag di quelle aziende, è
quotata in Borsa ed è a tutti gli effetti una società privata, pur partecipata dal Ministero del Tesoro.
Credo che oggi ogni grande azienda, anche se partecipata dallo Stato, si muova in una logica di
mercato esattamente come le aziende private. Ogni occasione è buona per me e per i miei colleghi
per ribadire questo concetto.
Sono entrato in Ansaldo nel 1975, dopo la laurea in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di
Torino. L‟unica azienda che si occupava di azionamenti in Italia era Ansaldo e quindi cominciò il
mio rapporto con Ansaldo senza passare da raccomandazioni. La società si chiamava Asgen, e
quando nel 1975 divenne Ansaldo ritornò al nome storico che mi affascinava, e l‟avventura
continua tuttora .
Nel mio laboratorio ci occupavamo di automazione, di mini calcolatori, il MODIAC (raccontato
molto bene da Zoppoli, tuttora montato sui treni ETR 500 per i sistemi informativi di bordo, anche
se nel prossimo futuro questo non ci sarà più).
Il mio laboratorio era di elettronica di potenza, non molto genovese come competenze e origine,
nell‟ambito dell‟Ansaldo era una tecnologia proveniente da Milano, tecnologia al servizio della
trazione e dell‟elettronica industriale. Oggi quelle applicazioni ce le ritroviamo solo nel settore
ferroviario.
Lavorai con tanti ottimi colleghi tra i quali Zani, Tortello e Capocaccia collegati con tutto il
mondo. Avevamo una biblioteca fornita ed aggiornata con riviste che venivano dappertutto. Io mi
son formato sui libri della General Electric, eravamo tanti giovani aperti al mondo.
Non si credeva molto che l‟elettronica industriale sarebbe diventata un nostro business nel settore
ferroviario, come poi è avvenuto. Venivamo da tante Università con ottima quotazione.
Il vero punto di forza per Genova era proprio l‟Ansaldo. La trazione vera e propria non si fece a
Genova, ma a Pistoia con Ansaldo Breda che non è mai diventata un player internazionale
inprigionata da logiche nazionali, diversamente da quello avvenuto per il segnalamento, dove sono
rimasto io, che si è aperto subito al mondo ed è diventato un player internazionale. Io sono
napoletano di formazione e cultura, il mio conterraneo filosofo Benedetto Croce andò alla ricerca
del Genius Loci a Napoli e concluse “io sono fili tempori e non fili loci” . Credo non ci sia nessun
vantaggio esplicito nella genovesità o nella napoletanità, possiamo stare ovunque pur di guardare al
mondo.
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8. Claudio Andrea Gemme – Ansaldo Sistemi Industriali
Ansaldo Sistemi Industriali, azienda leader nell‟automazione industriale, opera in tre principali aree
di business - Industrial Systems & Automation, Motors, Generators & Drives, Service - e vanta
un‟esperienza unica per la fornitura di sistemi elettrici e di automazione, elettronica di potenza,
motori e generatori per numerose applicazioni e settori industriali, quali: la siderurgia, i metalli non
ferrosi, la generazione di energia, il navale, il cemento, la plastica e la gomma, gli impianti a fune,
la chimica, l‟oil & gas e la petrolchimica.
Presente sul mercato dal 1853 e nata a Genova da un ramo di Ansaldo, Ansaldo Sistemi Industriali
fu privatizzata nel 2000. Nel luglio 2005 fu acquisita da un fondo di investimento con sede a New
York facente capo all‟imprenditrice statunitense Lynn Tilton, che ha rafforzato la posizione di ASI
nel mercato operando importanti investimenti.
Negli anni successivi all‟acquisizione, l‟azionista ha destinato l‟utile a incrementare il patrimonio
netto in modo da capitalizzare ulteriormente la società per gli importanti traguardi previsti.
A fronte di un bilancio positivo e della propria capacità produttiva e commerciale, ASI ha inoltre
recentemente perfezionato un‟operazione di finanziamento a medio/lungo termine di 25 milioni di
Euro, destinata al supporto di investimenti e capitale circolante.
Con oltre 1.400 dipendenti, Ansaldo Sistemi Industriali è presente in Italia con 4 stabilimenti
produttivi: Milano, Genova, Vicenza e Monfalcone.
All‟estero ASI ha stabilimenti e uffici commerciali in Francia, Germania, Russia, Romania, Cina,
Tailandia, Vietnam, USA , oltreché numerosi service center in tutto il mondo.
E‟ stata recentemente deliberata la costituzione della sede negli Emirati Arabi Uniti, denominata
Anselectric LLC in continuità con gli investimenti in corso negli USA, e sono inoltre in fase di
apertura due aziende in Brasile e Arabia Saudita.
La politica commerciale di customer proximity, ovvero la strategia del Gruppo di localizzarsi vicino
all‟utilizzatore dei propri prodotti e/o al potenziale Cliente, spesso attraverso la partnership con
operatori a livello internazionale, mira – in un ottica di breve/medio termine – all‟accesso a mercati
ritenuti strategici, mantenendo in Italia le tecnologie e le capacità produttive.
ASI è leader nel campo dei sistemi elettrici e di automazione per i settori industriali che richiedono
tecnologie avanzate con l‟impiego di azionamenti. Le attività includono la realizzazione di progetti,
anche chiavi in mano, per la fornitura completa di pacchetti elettrici e di automazione per numerosi
settori industriali.
In particolare nel settore siderurgico, l‟organizzazione è basata sull‟esistenza di centri di eccellenza
in Italia fra i quali l‟unità genovese riveste la massima importanza.
Proprio a Genova, alla fine dello scorso anno, Ansaldo Sistemi Industriali ha celebrato le proprie
affermazioni nella siderurgia e il profondo legame con il tessuto industriale del territorio con la
Mostra “888 Impianti Siderurgici”, dedicata all‟evoluzione tecnologica al servizio della siderurgia e
a quanti con il loro lavoro vi hanno contribuito in maniera determinante.
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Recentemente, alla presenza del vertice di ASI, è stato inaugurato in Cina l‟impianto a cui
idealmente era intitolata la mostra, fornito al colosso siderurgico cinese Yichang Three Gorges
Quantong, con il quale Ansaldo Sistemi Industriali ha firmato contratti per un totale di 65 milioni di
Euro relativi alla fornitura dell‟automazione per la laminazione, l‟ingegneria elettrica e i sistemi
elettrici (comprensivi degli azionamenti) per il più grande centro siderurgico privato in Cina e uno
dei maggiori al mondo.
Il sistema di automazione integrata ARTICS® (Asi Real Time Integrated Control System),
totalmente sviluppato all‟interno dell‟azienda per il mercato siderurgico, ha esteso la sua
applicazione a numerosi altri settori; l‟upgrade recentemente operato sia nell‟Hardware sia nel
Software punta a garantirne la competitività nel lungo periodo. La piattaforma ARTICS® è oggi
segmentata per campi applicativi: significativa, fra questi, l‟applicazione ”Artics Smart Energy”
dedicata all‟attualissimo tema del controllo efficiente dell‟energia.
Rivestono infine grande importanza le scelte strategiche mirate alla crescita e specializzazione nella
green economy, con importanti sviluppi nello studio e nella fornitura di componenti elettronici ed
elettrici per le energie rinnovabili.
Il progetto Zero Emissions Urban Solutions (ZEUS), avviato nel 2009 da Ansaldo Sistemi
Industriali è incentrato sull'impegno dell‟azienda per la salvaguardia ambientale attraverso
soluzioni basate sul proprio know-how e su prodotti che contribuiscono alla concreta riduzione
delle emissioni di CO2. Il punto cardine del progetto ZEUS è la riduzione dei consumi attraverso
l'efficienza energetica e l‟affidabilità, ricorrendo laddove possibile all‟utilizzo di energia da fonti
rinnovabili, e mettendo a frutto la consolidata esperienza di ASI nell‟elettronica di potenza e nei
motori e generatori elettrici.
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9. Giovanni Battista Ferrari - ABB
Mi fa piacere che in sala ci sia anche una buona rappresentanza di giovani, credo che sia un
elemento sicuramente positivo.
Mi ha passato il testimone Franco De Benedetti prima, citandomi perchè c‟è un evento nel 1998
che è l‟acquisizione da parte di ABB di Elsag Bailey una società quotata in borsa, sicuramente
internazionale.
Avevamo fatto qualche anno prima come Elsag dove io ero, la freccia nel senso inverso, avevamo
acquisito da Genova una società al di là dell‟oceano, Bailey Control.
Personalmente ho vissuto tutte le esperienze da Elsag ad Esacontrol, all‟Elsag Bailey all‟ABB,
quindi ho un po‟ di storia da questo punto di vista.
Quando siamo stati acquisiti, io era dalla parte di chi è stato comprato da ABB, avevamo avuto
sicuramente come società genovese un momento di difficoltà. Credo che per ABB ci fossero delle
condizioni al contorno che valgano anche oggi e per il futuro: conoscenza e valore, impegno delle
persone. In questa ottica ABB ha deciso di investire sulla realtà genovese, che significa aver avuto
nel 2007 l‟idea e nel 2010 (da un anno inaugurata la sede di Sestri Ponente) una delle sedi che ha in
Italia e nel mondo. Questo per noi è un elemento essenziale perchè non è stata una scelta casuale:
perchè siamo riusciti a fare massa comune? Perchè avevamo maturato un‟ esperienza in paricolare
sulla parte di generazione e sulla parte elettrica in collaborazione come fornitori di Ansaldo e di
altre realtà industriali italiane e internazionali, ed avevamo già fatto un salto di qualità ponendoci
come attori in campo internazionale.
Ma l‟altro elemento molto importante per poter decidere di investire in questo territorio è stato il
fatto che un‟altra divisione di ABB, la Process Automation che lavora nell‟oil and gas, aveva
necessità di potenziare la propria ingegneria perchè è leader mondiale di questa applicazione, e
aveva necessità di trovare una sede idonea e competenze adeguate. E queste competenze sono state
trovate nell‟area genovese .
Questo vuol dire che il fatto che ci siano radici e cultura è elemento fondamentale . E questo credo
che sia il nostro compito: continuare ad investire in questa dierezione.
Due spunti di colore negli anni che sono stati tratteggiati: notavo, al di là delle società che cambiano
il nome, c‟era uno stile di vita e strumenti di lavoro che sono cambiati in maniera drammatica in
pochissimi anni. Il fax è stato introdotto in quegli anni, le fotocopie, i ruoli all‟interno delle aziende
... questi sono aspetti che sono attinenti poi a quello che il processo evolutivo richiede in termini di
tecnologia (e noi dobbiamo essere bravi a pensarla), e in termini di risorse, di intelligenze, di
indirizzi che vengono richiesti per il futuro. Quindi credo che la nostra presenza sul territorio
genovese, come è stato detto ... multinazionali, ditte primarie, intelligenze che ci sono ... debba
essere l‟elemento per il quale dobbiamo lavorare per costruire insieme le condizioni per poter
guardare e lavorare fuori dai confini del nostro Paese e dell‟Europa per richiamare qui intelligenze e
tecnologie che possono operare e portare valore alle nostre attività.
In questo senso credo si inserisce il discorso Smart City, Smart Grid. Ci sarà sempre ancora
l‟aspetto manifatturiero, ma dobbiamo anche confrontarci con una situazione di lavoro
completamente diversa . Nelle nostre aziende ci sono giovani che hanno facilità e propensione a
lavorare con i social network, questo è un altro modo di lavorare, questi sono i nuovi strumenti che
dobbiamo condividere e utilizzare. Noi che abbiamo posizioni di responsabiltà e solidità che viene
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dal lavoro fatto nel passato, abbiamo il mandato di creare condizioni di nuovo sviluppo. Credo che
Genova possa essere un attore importante nello scenario industriale mondiale dei prossimi anni.
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10.Giuseppe Casalino – Facoltà di Ingegneria
Ho vissuto questa storia prima come studente, poi ricercatore e docente.
Lo stato dell‟automazione a Genova oggi accanto alla automazione di processo, abbiamo la
distribuzione di energia con ABB poi processi siderurgici con ASI e Danieli.
Ma accanto a questo troviamo altre attività, come automazione di sistemi di servizio alla vita civile,
la sicurezza per aeroporti, subacquea, trasporti terrestri e navali, logistica.
In particolare l‟automazione dell‟ambiente nave è quella di una città galleggiante con sensoristica
distribuita a 360°.
Oggi lo sviluppo tecnologico consente di trattare sistemi distribuiti con intelligenza all‟interno delle
macchine operatrici, come i robot, con sistemi di comunicazione veloce che consentono alle
macchine di interagire fra loro per ridurre i colli di bottiglia e garantire una maggiore flessibilità.
C‟è stato un momento, negli ultimi dieci anni, in cui ci si è accorti che tutto ciò si può fare.
Io insieme ad altre persone in questa città ho contribuito alla realizzazione del Distretto Scientifico
e Tecnologico Dixet dove condividere aspetti tecnologici e metodologici per la realizzazione di
questi sistemi.
L‟obiettivo è quello di consentire un recupero di competitività, attraverso uno spirito distrettuale,
accrescendo la formazione di giovani che possano contribuire alla ricerca e allo svilluppo
industriale.
Questa collaborazione, tra Università e Industria, è fondamentale soprattutto in questo momento.
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11.Paolo Marenco – Aizoon e La Storia nel Futuro®
Prima di passare alla seconda parte della tavola rotonda, la Preside Paolo Girdinio mi ha chiesto di
spiegare perchè ci sono tanti studenti in sala, venuti anche dal Politecnico di Torino, a seguire
questa conferenza.
Il motivo è molto semplice, questa conferenza è l‟ultima dell‟8° ciclo de “La Storia nel Futuro®”,
progetto di cultura di impresa che fin dall 2003 abbiamo realizzato nella Facoltà di Ingegneria per
trasferire modelli e best practice agli studenti dell‟Ateneo genovese. Sono centinaia i giovani che
hanno seguito queste conferenze e sono oltre 60 i relatori, manager e imprenditori, che sono venuti
a raccontarsi, molti di questi relatori sono presenti oggi in sala e nel nostro panel.
A valle delle conferenze dal 2005, grazie all‟incontro con un avvocato americano con genitori
italiani- Jeff Capaccio- che ha aggregato i manager e imprenditori italiani in Silicon Valley,
portiamo alcuni studenti selezionati in Silicon Valley Study Tour. Ad oggi sono più di cento in 7
edizioni, ma non si è trattato di una fuga di cervelli. I ragazzi quando tornano ci dicono “grazie, ci
avete aperto la mente a 360°” e magari realizzano start up in Italia grazie a quelle esperienza.
Ferrari di ABB ha parlato del cambiamento in atto, in particolare del ruolo dei social network; su
qeusto voglio farvi una considerazione, Facebook da tutti ancora considerato il social network per
lo scambio di fotografie e per il gioco, ha già un ruolo ben diverso nel mondo dei nativi digitali e
delle start up. A ottobre 2010 un ingegner informatico romano di 23 anni, Stefano Bernardi, ha
aperto su Facebook un gruppo chiamato “Italian Start up Scene”, la Scena delle start up italiane.
Questo gruppo di cui anche io faccio parte, e credo di essere il più senior, oggi ha oltre mille
membri, ragazzi italiani che hanno fatto o stanno realizzando start up in tutto il mondo. E‟ singolare
leggere i commenti di ragazzi che parlano delle loro esperienze di start up a Miami, a Londra
oppure a Sidney. Il mondo è quindi già cambiato e dobbiamo tutti tenerne conto.
Dicevamo di start up nate dal Silicon Valley Study Tour, la prima è proprio Aizoon, l‟azienda di cui
sono manager dal 2005 quando è nata. Franco Cornagliotto, imprenditore torinese in sabbatico che
ha partecipato al primo Silicon Valley Study Tour nell‟agosto 2005 in cui portammo 11 studenti
della Facoltà di Ingegneria di Genova (uno è in sala e lo saluto, Nicola Tomaselli oggi in Danieli
Automation) e 6 studenti del Politecnico di Torino. Franco Cornagliotto appunto, torna dal Silicon
Valley Study Tour e dice “Paolo, a valle di questa esperienza, voglio fondare una azienda che sia la
prima in Italia ad occuparsi dello staff leasing IT per il quale c‟è una legge ma non ci sono ancora
soggetti che lo propongono”. Quando ne parlammo in Brocade ad Ezio Valdevit, senior manager ex
Olivetti, ci disse “lo staff leasing IT è quello che troviamo a Bangalore quando facciamo out
sourcing in India, fate cose così innovative anche in Italia?”. Così ad ottobre 2005 è nata Aizoon,
che oggi ha ingegneri in tutti i settori dell‟IT operanti in oltre 60 grandi aziende a livello nazionale.
Dopo questo intermezzo, apriamo ora la seconda parte della nostra conferenza, dando la parola a
Giulio Sandini.
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12.Giulio Sandini – Fondazione IIT, Facoltà di Ingegneria
Il mio background non è di automazione, nè di elettronico, sono un bioingegnere.
Perchè parlare in questa giornata? Io ho un‟esperienza diversa, importante per molti motivi.
L‟aspetto biologico ha avuto un ruolo nella robotica genovese e nella collaborazione tra Università
e Industria, e ora sto attraversando un‟esperienza nell‟Istituto Italiano di Tecnolgia.
La biologia sarà sempre più importante in futuro.
Io sono entrato a Genova a Ingegneria nel ‟70-‟71 mentre in un articolo su Science di Bizzi e
Tagliasco si cita l‟Istituto di Elettrotecnica dell‟Università di Genova .
Partire dalle reti antropomorfe e dagli studi sulla visione e arrivare alla robotica il passo non è
stato lunghissimo e in quegli anni su questi temi si sono sviluppate collaborazioni tra Università e
Industria come il primo progetto Esprit del 1985.
Nel secondo progetto c‟era l‟Elsag con Musso e Garibotto coi quali abbiamo iniziato a sviluppare
progetti di robotica.
Questi progetti di ricerca di base hanno portato all‟interno di piccole aziende genovesi come Aitek
competenze per realizzare prodotti, analogamente in Ansaldo e Telerobot. In quegli anni si
costruirono pezzi di robot in collaborazione costante con la Telerobot di David Corsini. Abbiamo
fatto un robot umanoide per i giapponesi negli anni ‟90, un bel successo.
Qual‟è il futuro? È il robot che interagisce con gli esseri umani, è un sogno che io ho e che
condivido coi gruppi della Toyota, il robot che è ovunque. Passare da sistemi reattivi a sistemi in
grado di capire per sviluppare “le tecnologie dell‟intelligenza” sulle quali la Honda sta investendo.
Quindi la ricerca va in due direzioni: uno, robot più flessibili, due, robot che imparano a fare cose.
Quello che sviluppiamo all‟IIT è un insieme di studi tra l‟essere umano e i suoi comportamenti e
come fare a costruire un robot che sembri un uomo. Qui ci sono studi di tipo biologico e psicofisico.
Con il robot iCub noi abbiamo un concentrato di tecnologie che vengono vendute nel mondo. iCub
è oggi il robot più diffuso nel mondo richiesto da grandi multinazionali, siamo sulla frontiera della
tecnologia e l‟idea è usare questi robot come sistemi di sviluppo. Come le applicazioni che
carichiamo sull‟iphone, così possiamo pensare ad applicazioni di un certo tipo che vengono caricate
su un robot. Questi venti robot iCub che abbiamo in giro per il mondo sono l‟equivalente dei nostri
telefonini dove chi li utilizza può caricare le applicazioni che gli interessano.
La robotica è una multi disciplina ed avrà un ruolo importante in futuro. A Genova più che in altre
parti, siamo riusciti a creare gruppi interdisciplinari con persone che hanno lasciato delle tracce.
Tagliasco, Borsellino e Stringa hanno rappresentato dei precursori di questo modello genovese su
cui noi oggi costruiamo il futuro, sono d‟accordo quindi con Paolo Marenco, dicendo che qui c‟è un
valore particolare.
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13.Stefano Massucco – Facoltà di Ingegneria
Automazione dei sistemi elettrici per l‟energia. Da Ingegneria all‟Industria,
spunti di riflessione da esperienze diverse
“In genere nel giorno in cui si celebra un anniversario, prima di tutto ci si volge indietro, in
particolare al ricordo delle personalità che si sono distinte in modo eminente per i loro contributi
allo sviluppo della vita culturale. Non bisogna trascurare, in effetti, questa affettuosa incombenza
nei riguardi dei nostri predecessori, soprattutto perché il ricordo dei migliori del passato si presta
a ben stimolare i benintenzionati del presente a uno sforzo coraggioso” [A. Einstein –
“Sull‟istruzione”, Editoriale AEIT Numero Storico Speciale, maggio 2007].
Seguendo l‟indicazione della importante citazione inizierò proprio con un affettuoso ricordo alle
personalità che si sono distinte: farò qualche nome, mi scuso già in anticipo con coloro che
eventualmente non saranno citati, ho pochi minuti e devo parlare oltre che dei Sistemi Elettrici
anche delle Associazioni del settore. Una delle persone citate sarà sicuramente Fabio Saccomanno
al quale il nostro Preside – la Prof. Paola Girdinio - ha affidato il coordinamento di questa
giornata, coordinamento svolto con la consueta grande passione, cura e competenza.
Il titolo invita a fornire “Testimonianze, spunti di riflessione”: mi permetterete un primo ricordo
personale. Mi sono laureato qui a Genova in Ingegneria Elettrotecnica il 29 Maggio del 1979 e ho
scoperto poco dopo - iniziando a lavorare con lui - che il 29 maggio è la data di compleanno di
Bruno Delfino carissimo, fraterno amico e co-fondatore con Gio Battista Denegri del Laboratorio
EPSL – Electric Power Systems, per l‟appunto Sistemi Elettrici per l‟Energia.
Svolgo una tesi - relatore il Prof. Antonio Operto - su un sistema automatico di misura del carico
elettrico, (oggi si direbbe smart metering, tema di grande attualità e vero e proprio cavallo di
battaglia di ENEL DISTRIBUZIONE con il progetto TELEGESTORE e il Progetto Europeo
ADDRESS) e poi subito inizio la collaborazione scientifica con Saccomanno, Denegri, Curtarelli,
un giovanissimo Invernizzi, sul tema dei Sistemi Elettrici a stretto contatto con i Centri di Ricerca
dell‟ENEL, i mitici CRA e CREl di Milano (adesso CESI Ricerca).
Inizia la partecipazione alla Commissione di esami di Controlli Automatici che tutt‟ora perdura
(Saccomanno, Volta, Casalino, ……) . La frequentazione dell‟Istituto di Elettrotecnica, Villa
Bonino (Centurioni, Molinari, Viviani). Alcuni anni a Milano al CREL, poi in Ansaldo sul tema
dell‟automazione delle centrali, Università a Pavia e rientro a Genova nel 1994.
Parafrasando il sotto titolo …….: da Ingegneria all‟Industria e ….. ritorno!
Terminato il breve ricordo personale si può effettuare una prima considerazione: i sistemi elettrici
per l‟energia si sono fatti estremamente complessi a motivo della grande estensione nelle
interconnessioni tra le reti di trasmissione, di significative evoluzioni tecnologiche nel settore della
produzione di energia elettrica, delle innovazioni nelle reti di distribuzione e delle ormai estese
applicazioni dei concetti di deregolamentazione e di libero mercato dell‟energia.
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Forse uso un termine impegnativo, la parola “scienza”. Mi permetto però considerarla appropriata: i
sistemi elettrici hanno, hanno acquisto, grazie anche ai contributi dei Ricercatori Genovesi, dignità
di “scienza”, non solo di tecnologia applicata. Ne è in qualche modo testimone il libro “Electric
Power Systems: Analysis and Control” (vedi Figura 1) edito nel 2003 dalla prestigiosa casa
Editrice IEEE-Wiley e preceduto alcuni anni prima da una edizione Italiana pubblicata da UTET.
Cosa è successo negli ultimi 15-20 anni, come sta evolvendo il sistema elettrico. Per mantenere,
nel nuovo contesto competitivo generato dal libero mercato dell‟energia elettrica, adeguati livelli di
sicurezza si rende necessario conoscere rapidamente e con adeguata accuratezza lo stato del sistema
elettrico, identificare situazioni anomale nel comportamento, eseguire azioni di carattere preventivo
e correttivo di situazioni di allerta o di emergenza al fine di evitare il degrado del sistema fino al
blackout ed operare il ripristino.
Ecco che: i sistemi di gestione, controllo e protezione assumono, in uno scenario come quello
attuale, un ruolo di grande importanza e costituiscono a tutti gli effetti il sistema nervoso
dell‟infrastruttura rete elettrica. In particolare essi sono andati acquisendo caratteristiche di
intelligenza distribuita, capacità di interfacciamento e coordinamento con sistemi di supervisione,
con sistemi avanzati di misura e con dispositivi per il controllo delle reti elettriche.
Fig. 1 – F. Saccomanno,
“Electric Power Systems:
Analysis and Control”,
IEEE-Wiley
(ISBN 0-471-23439-7)
40
La reciproca integrazione tra i sistemi di misura, controllo e protezione permette di fornire agli
operatori i dati per l‟esercizio in tempo reale - attraverso sia l‟osservazione delle grandezze
operative nella loro evoluzione temporale, sia l‟elaborazione della stima dello stato - di concepire,
armare ed attivare strategie di protezione adattative (Self-Healing Systems, Special Protection
Systems). Per fare ciò i sistemi di gestione, controllo e protezione hanno bisogno di utilizzare i
recenti sviluppi nel campo dell‟Information and Communication Technology (ICT) e
dell‟elaborazione dati in tempo reale ed in forma distribuita.
Una evoluzione importante sta interessando i sistemi di misura che risultano essenziali per
l‟operatività delle protezioni e per l‟implementazione di funzioni avanzate di controllo. Le
grandezze delle reti elettriche possono essere ottenere da varie fonti: tradizionalmente, i dati sono
forniti dagli apparati RTU (Remote Terminal Unit) e trasmessi ai centri di controllo EMS (Energy
Management Systems), mentre gli apparecchi registratori delle perturbazioni sono finalizzati per lo
più all‟analisi off-line dei transitori. Più recentemente sono state introdotte le reti di comunicazione
veloce WAMS (Wide Area Measurement System) che consentono di trasmettere in tempo reale le
misure fasoriali effettuate dagli apparati PMU (Phasor Measurement Unit).
Lo sviluppo della tecnologia riguarda il livello di integrabilità dei sistemi di tele-protezione e dei
sistemi di controllo, quali lo SCADA (Supervisory Control and Data Acquisition) ed i sistemi di
comunicazione di TSO (Transmission System Operators) e DNO (Distribution Network Operators).
Occorre anche ricordare che la complessità di tale infrastruttura può esporre il sistema a
vulnerabilità e ad attacchi di tipo informatico.
La seguente Figura 2 riporta due fotografie che testimoniano l‟evoluzione degli EMS – Energy
Management System per il controllo dei Sistemi Elettrici. Nella figura di sinistra un giovane
Saccomanno alle prese con un calcolatore analogico per la gestione del sistema elettrico.
Figura 2 – Evoluzione degli EMS – Energy Management System per il controllo dei Sistemi
Elettrici
41
Una fase importante della crescita delle competenze dei Ricercatori Genovesi sui temi sopra
ricordati in oggetto è stata la stagione dei Progetti Europei sui sistemi elettrici di trasmissione
(Electronet, Omases – Open Access Market and Security Assessment System , Examine EXperimentation of a Monitoring and control system for managing vulnerabilities of the european
INfrastructure for Electrical power exchange, AFTER - A Framework for electrical power
sysTems vulnerability identification, dEfense and Restoration) e poi per i sistemi elettrici di
distribuzione e la generazione distribuita DISPOWER - “Distributed generation with high
penetration of renewable energy sources”, GENDIS), hanno costituito importanti esperienze a
contatto con i più significativi Centri di Ricerca Universitari e Privati e Aziende del settore
dell‟Automazione dei Sistemi Elettrici in Europa.
Come seconda considerazione occorre sottolineare che i problemi di controllo e protezione dei
sistemi elettrici stanno estendendosi rapidamente dalle reti elettriche di trasmissione alle reti di
distribuzione. L‟architettura delle reti elettriche era stata pensata per soddisfare una situazione
caratterizzata dalla presenza di grandi nodi di produzione a distanze rilevanti dai centri di utilizzo. I
cambiamenti significativi introdotti dalla deregolamentazione dei mercati elettrici, dalla spinta allo
sviluppo sostenibile e quindi all‟utilizzo di combustibili meno inquinanti, dallo sviluppo della
tecnologia della generazione e dagli investimenti nel settore delle energie rinnovabili stanno sempre
più indirizzando lo sviluppo del sistema elettrico verso reti elettriche di distribuzione di tipo attivo.
Per reti elettriche di distribuzione attive si intendono reti elettriche che abbiano una significativa
presenza di generatori di media e piccola taglia comprendendo sia tecnologie convenzionali sia
rinnovabili, nonché sistemi di accumulo. Nelle reti attive i generatori e il carico possono partecipare
al mercato elettrico in qualità di attori avendo quindi il carico caratteristiche di flessibilità in
relazione al prezzo dell‟energia ed il gestore del sistema elettrico può operare sui singoli
componenti o meglio ancora su aggregazioni di questi.
Queste reti hanno grande necessità di innovazione tecnologica e di applicazioni avanzate del settore
ICT e proprio per esse – più ancora che per le reti di trasmissione è stato coniato il termine “Smart
Grid” – reti intelligenti.
L‟attenzione del mondo della ricerca scientifica e tecnologica sia nazionale che europea verso i
sistemi elettrici nel nuovo approccio che va sotto il nome di smart grid è notevole come
testimoniato dalle attività della Ricerca di Sistema e dai Programmi di Ricerca Europei. I temi qui
sopra accennati sono particolarmente ben identificati da un documento della Piattaforma
Tecnologica “Smart Grids”.
I possibili requisiti, obiettivi e sviluppi dei sistemi elettrici - in particolare per le reti elettriche di
distribuzione - da evidenziare sono: flessibilità (nel soddisfare le esigenze del consumatore);
accessibilità (nel permettere l‟accesso alla generazione locale e specialmente a quella rinnovabile);
affidabilità (assicurando e migliorando sicurezza e qualità del servizio); economicità (permettendo
un adeguata gestione dell‟energia in modo efficiente e competitivo).
Le Istituzioni Universitarie e le associazioni hanno avuto un ruolo importante nella crescita dei
Ricercatori Genovesi sul tema dell‟Automazione dei Sistemi Elettrici.
Il Corso di Studi in Ingegneria Elettrica (nato dal Corso di Studi in Elettrotecnica e avendo
recepito le tematiche dell‟elettronica di potenza e dell‟informatica applicata come determinanti per
42
lo sviluppo dei moderni sistemi elettrici) con i suoi Presidenti, ricordando almeno più recentemente,
i Proff. Bertini, Molinari, Centurioni, Girdinio, Invernizzi, ha contribuito a formare giovani
laureati che si sono brillantemente inseriti nelle Aziende del settore o si sono avviati alla carriera
nella ricerca o nell‟Università stessa.
L‟Istituto di Elettrotecnica - poi Dipartimento di Ingegneria Elettrica – e il Corso di Dottorato
in Ingegneria Elettrica (con coordinatori Sandro Bertini e successivamente il sottoscritto) hanno
costituito attraverso il lavoro e il contributo scientifico e didattico di Professori quali Saccomanno,
Delfino, Denegri, Massucco, Invernizzi - ai quali si sono aggiunti nel tempo Morini, F. Delfino,
Silvestro, Procopio - veri e propri incubatori per il settore dei Sistemi Elettrici per la formazione
di giovani tra i qual ricordo volentieri: Cirio, Fornari, Milano, Scalera, Serra, Grillo, Pitto,
Marinelli, Bonfiglio, Pamparano, Baccino.
Anche le Associazioni sono state apportatrici di cultura e di significativi eventi seminariali e tra
esse ricordo la Sezione Ligure della Federazione AEIT – Elettrotecnica, Elettronica,
Automazione, Informatica e Telecomunicazioni con i suoi Presidenti Fabio Capocaccia, Gianni
Vernazza, Giacomo Caruso, Alberto Birga, e io stesso.
In conclusione: l‟elaborazione di strategie e linee guida per la gestione, il controllo e la protezione
dei Sistemi Elettrici anche con generazione distribuita, la preparazione di proposte di normativa,
l‟esteso uso dell‟ICT, lo sviluppo ed il miglioramento di siti test per la valutazione delle prestazioni
e la sperimentazione, costituiscono le future sfide del mondo della ricerca nei sistemi elettrici per
l‟energia. Queste sfide richiedono il qualificato contributo e la coordinata partecipazione di tutti gli
attori interessati: Enti di Ricerca, Università, Industrie del Settore, Gestori, Associazioni, Enti
Formatori, Enti Governativi nazionali e regionali.
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14.Mario Marchesoni – Facoltà di Ingegneria
Uno sguardo verso la potenza
L‟opportunità di entrare nel mondo dell‟Elettronica Industriale e dell‟Automazione mi venne
offerta dal Prof. Giuseppe Sciutto, docente di Elettronica Industriale presso l‟Università di Genova,
mio relatore in una tesi ove si usava un microprocessore, uno semplice Z-80, per il controllo di un
motore ad induzione, applicazione allora avveniristica. Era il 1986 e stava emergendo con
prepotenza l‟Elettronica di Potenza, che consentiva di rivoluzionare concetti e tradizioni
nell‟ambito della conversione dell‟energia elettrica, che improvvisamente diventava statica e non
più rotante. L‟Elettronica di Potenza introduceva per la prima volta la libertà di frequenza, nel
senso che per la prima volta si potevano generare forme d‟onda di tensione e corrente di qualsiasi
ampiezza e frequenza, inclusa la frequenza zero, vale a dire tensioni e correnti continue, con
rendimenti di conversione che si avvicinavano, soprattutto nelle applicazioni di grande potenza, al
99%. Ebbene, stava emergendo anche una grossa necessità di controllo. Mi si disse che mi sarei
dovuto occupare di controlli applicati a tutti i componenti e processi che venivano trattati nel
laboratorio PETRA dell‟Università di Genova, che è l‟acronimo di Elettronica di Potenza, Trasporti
ed Automazione.
Cominciai quindi ad occuparmi di Controlli applicati all‟Elettronica Industriale di Potenza, in
collaborazione con i Prof. Sandro Bertini, Giuseppe Sciutto e Maurizio Mazzucchelli, con la
supervisione del Prof. Fabio Saccomanno. A questo proposito, ricordo che i corsi di Elettronica
Industriale sono stati tenuti dal Prof. Gian Paolo Sacco, nel periodo dal 1965 al 1971, dal Prof.
Carlo Braccini nel 1972, dal Prof. Gabriele Cicconi dal 1973 al 1974, dal Prof. Sandro Bertini dal
1975 al 1976, dal Prof. G. Sciutto dal 1977 fino alla fine degli anni 90. Da un certo punto in poi,
dagli inizi degli anni 90 circa, la continua crescita del settore ha prodotto la suddivisione del corso
originale in due corsi differenti, Elettronica Industriale, tenuto dal Prof. Giancarlo Parodi ed
Elettronica Industriale di Potenza, tenuto dal Prof. Maurizio Mazzucchelli. Tralasciando gli
sviluppi legati alle evoluzioni dei nomi dei corsi, da allora sono molteplici le ricerche ed i contributi
che, originati dal gruppo di ricerca PETRA, si sono diffusi in ambito mondiale.
Si tratta di ricerche sia sviluppate autonomamente sia in collaborazione con aziende nazionali ed
internazionali, spesso con aziende cittadine e liguri. Tra le più rilevanti cito lo sviluppo di un
Convertitore per la stabilizzazione dei moti instabili del plasma al JET (Fig. 1), cioè il Joint
European Torus, noto esperimento internazionale per riprodurre la fusione nucleare controllata, le
cui installazioni sono situate in Inghilterra, vicino a Oxford.
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Fig. 1 - Un convertitore di potenza non convenzionale per la stabilizzazione del plasma
Fig. 2 – Connessione serie di ponti-H: configurazione simmetrica (a) e asimmetrica (b)
Eravamo nel 1987 e il JET doveva fronteggiare le cosiddette disruzioni del plasma, che apparivano
all‟aumento della temperatura e della pressione, aumento necessario per avvicinarsi alle condizioni
di fusione. Per cui il JET bandì una gara internazionale per lo sviluppo di un amplificatore da 3.6
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MVA, in grado di erogare corrente di 3000 A ad una tensione di 1200 V. Tale corrente era necessaria
per alimentare alcune bobine disposte sul Tokamak, per compensare in tempo reale i movimenti
instabili del plasma, attraverso le iniezioni di campi magnetici di opportuna intensità e direzione. Il
requisito più severo era però la banda passante, che doveva essere da 0 a 20 kHz. Dati i tempi, molti
giudicarono impossibile tale realizzazione, tra cui anche colleghi, peraltro molto bravi,
dell‟Università di Padova. Noi, insieme ai colleghi di Ansaldo Ricerche di Genova ed a quelli di
ELPO di Milano studiammo un convertitore non convenzionale, basato sulla connessione serie di
semplici ponti H a IGBT, che erano nuovi dispositivi a semiconduttore prodotti dalla Toshiba.
Mettemmo a punto anche un particolare sistema di controllo, basato sui cosiddetti sliding modes, e
il risultato fu che riuscimmo a proporre una soluzione tecnica di costo cinque volte più basso
rispetto all‟offerta più conveniente dei concorrenti, basata su improbabili cosiddetti “valvoloni”
operanti in zona lineare.
Vincemmo quindi la gara e il convertitore venne realizzato con successo, soddisfacendo tutte le
specifiche che erano state messe a punto dal committente.
Fu l‟inizio di una serie di ricerche pionieristiche nel settore dei convertitori multilivello che da
quella data si propagarono nel mondo (Fig. 2).
La stessa struttura di conversione usata per il JET, da noi adattata al caso dell‟alimentazione dei
motori in corrente alternata, ha conquistato un buona fetta del mercato nordamericano verso la fine
degli anni 90 e si è poi diffusa negli altri continenti, ad opera di aziende che hanno saputo cogliere il
potenziale innovativo della nostra soluzione.
Fig. 3 – Controllo in Sliding Mode di convertitore multilivello: evoluzione degli errori nello spazio
di stato (a); andamenti di tensione e corrente nel tempo (b)
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Abbiamo applicato con successo i sistemi di controllo a struttura variabile, con funzionamento in
sliding mode, ai convertitori elettronici di potenza, sliding mode che fino ad allora erano
tradizionalmente difficili da realizzare per le forti sollecitazioni dell‟organo di comando, ma che
finalmente potevano beneficiare del comportamento intrinsecamente discontinuo dei semiconduttori
elettronici di potenza (Fig. 3).
Molteplici sono i contributi portati dal nostro gruppo di ricerca allo sviluppo tecnologico non solo
mondiale, ma anche cittadino.
Sono stati gli anni, e lo sono ancora, del passaggio dal controllo analogico a quello digitale. Noi lo
abbiamo vissuto nel nostro settore, quello dei convertitori elettronici di potenza e degli azionamenti
dei motori elettrici, che richiedono controlli molto veloci, con codici che devono essere eseguiti in
tempo reale in tempi dell‟ordine delle decine di microsecondi.
Fig. 4 – Controllo digitale di convertitori ed azionamenti elettrici
Così come abbiamo vissuto la rivoluzione del “controllo a flusso orientato” del motore a induzione
o sincrono, che consente di comandare la coppia e quindi la velocità con la stessa prontezza
dinamica che era propria dei soli motori in corrente continua.
Tante sono le ricerche effettuate e le applicazioni affrontate nel corso degli anni, ad esempio lo
studio delle celle a combustibile per l‟uso in veicoli elettrici ibridi urbani, per realizzare
l‟autoveicolo a zero emissioni.
In molti casi noi, direttamente o attraverso spin-off nati dal nostro laboratorio, abbiamo propagato i
nostri studi ad aziende liguri, cito di nuovo Ansaldo Ricerche, ma anche Eurocontrol, Phase Motion
& Control, EAS, la stessa Ansaldo Sistemi Industriali, la ABB Tecnomasio che poi è diventata
Bombardier Transportation. I motori degli azionamenti elettrici prodotti e venduti da queste aziende
girano in tutto il mondo anche grazie alle ricerche portate avanti nei nostri laboratori, sempre in
collaborazione con le stesse aziende.
47
15.Piero Nardini – Danieli Automation
Il contributo dei genovesi nello sviluppo dell‟automazione industriale nel settore
siderurgico
Ringrazio il Preside della Facoltà di Ingegneria, Paola Girdinio e il Presidente della Associazione
Culturale “La Storia nel Futuro®”, Paolo Marenco per l‟invito a partecipare a questa iniziativa.
Invito che ho accettato con estremo piacere, sia per il tema trattato in questo incontro, sia per
l‟opportunità offertami di tornare nelle stesse aule che avevo frequentato assiduamente come
studente sino al 1974. Non mi vergogno di dirvi che provo un gradevole sentimento di nostalgia nel
tornare tra queste mura e nel pensare a quei primi anni 70 caratterizzati da grandi spinte di
rinnovamento nelle Università e da grandi aspettative e speranze riguardanti l‟organizzazione
sociale, anni che hanno segnato profondamente la mia vita e non solo quella professionale.
Lasciamo da parte i miei piacevoli ricordi e veniamo al tema dell‟incontro.
La mia breve testimonianza riguarda uno specifico settore di applicazione dell‟elettronica e
dell‟automazione industriale, quello del settore siderurgico. In questo settore non credo di
sbagliarmi se sostengo che Genova e i Genovesi sono stati punto di riferimento in Italia per decenni
e che ancora oggi giocano un ruolo rilevante sul territorio nazionale.
La forte presenza sul territorio locale dell‟industria a partecipazione statale sia nel comparto della
Siderurgia (Italsider), che nel comparto dell‟impiantistica (Italimpianti), che in quello delle
costruzioni elettriche (Ansaldo) aveva reso possibile a questa ultima l‟ampliamento dei sistemi
elettrici a quelli dell‟automazione che trova sviluppo e vigore a Genova a partire dai primissimi
anni 70.
Laureatomi, vengo assunto in Ansaldo, allora ASGEN, nella giovane Divisione Impianti e fin da
subito mi trovo a lavorare a stretto contatto con la nascente Divisione Automazione del citato
Venzano. Vengo istruito, ma sarebbe più giusto direi allevato, da veri pionieri nel campo
dell‟elettronica ed automazione industriale applicata agli impianti per la produzione di acciaio. Una
generazione di ingegneri che io reputo irripetibile nello specifico settore, perchè cresciuta insieme
allo sviluppo dell‟applicazione dell‟automazione dai suoi albori, dalle prime realizzazioni, sino alla
sua definitiva affermazione.
L‟applicazione dei controlli analogici faceva ancora parte di quel mondo. I circuiti operazionali
convivevano con la logica TTL (Transistor Transistor Logic) e con le primissime applicazioni di
PLC.
A proposito di incertezze, di quel momento di altalena di speranze e timori, di delusioni e successi,
come ricordato dal mio ex docente, il Prof. Saccomanno, la logica TTL un vero nightmare! Mi
ricordo proprio come incubi alcune realizzazioni della seconda metà anni 70 che ricadevano
all‟epoca sotto la mia responsabilità: un laminatoio a freddo per piani a Milano, un tubificio in
Argentina e poi ancora il laminatoio a freddo Italsider a GE. Mi svegliavo e mentre andavo verso lo
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stabilimento pensavo: cosa mi aspetterà oggi? Avranno mica aperto le porte dei quadri? Quelle
logiche patiscono gli spifferi. Avranno mica collegato una sonda dell‟oscilloscopio?
Loro (le logiche) non gradiscono. Avranno mica usato i walkie talkie? Non amano conversare. I
disturbi, i disturbi veramente indomabili!
Proprio al finire degli anni 70 questa nebbia incomincia a dipanarsi. L‟introduzione dei
minicalcolatori, quali i mitici PDP della Digital e l‟evoluzione dei PLC rendono più semplice
l‟introduzione, nel settore impianti siderurgici, di modelli matematici e di funzioni di controllo
sempre più sofisticate ed affidabili. L‟Ansaldo gioca un ruolo fondamentale e di leadership
nazionale nello sviluppo delle funzioni automatiche nel settore. A ciò si affianca, nello stesso arco
temporale, il primo micro concepito e costruito dalla Divisione Automazione, Il MIG 17. Nome da
apparecchiatura combattente in un mondo ancora diviso in due blocchi!
Con il passaggio della Divisione Automazione di Ansaldo in ELSAG, inizia un processo di
riposizionamento e diversificazione di mercati che induce Ansaldo settore Industria ad una ricerca
autonoma su nuovi apparati di automazione per l‟applicazione nella siderurgia.
Inizia così nella seconda metà degli anni 80 un‟epoca di ricerca e di viaggi. Allora, responsabile
della ricerca in Ansaldo Industria, accompagno gli anziani pionieri, i miei maestri, a scoprire cosa
c‟è di nuovo riguardo all‟automazione industriale.
General Electric, le fabbriche dell‟auto di Detroit, l‟MIT di Boston sono le realtà che ci danno più
spunti. Da lì prendono il via nuovi sistemi di supervisione (HMI), una rete di comunicazione
deterministica tipo Token Pass (in verità un pò scopiazzata da GE), una piattaforma d‟automazione
basata su bus VME. Tali apparati, rinnovati e migliorati, sono ancora oggi in parte utilizzati, in
forme diverse, ma simili, oltre che dall‟attuale Ansaldo Sistemi Industriali, anche da Danieli
Automation, Società per la quale lavoro da quasi 10 anni, dalla tedesca SMS, dalla Anglo Franco
Tedesca Converteam e, fino all‟acquisizione da parte Siemens, dalla Austriaca VAI. Tutti attori
importanti se si guarda ai sistemi di automazione e controllo nel settore siderurgico.
Dopo questa esperienza significativa e di successo vado a infoltire la schiera dei migranti che mi
aveva preceduto. Lascio una grande scuola (ricordo che Ansaldo negli anni 80 veniva generalmente
riconosciuta come una azienda dove vi era molto da imparare anche se poco da guadagnare), dicevo
lascio una grande scuola per iniziare un percorso di esportazione di una cultura e di un metodo di
operare che era diventato anche un mio patrimonio personale.
Prima mi ritrovo nell‟Americana Ross Hill, appena acquistata da Ansaldo Industria,
successivamente in ABB ed ora in Danieli Automation. La migrazione di ingegneri e tecnici da
Ansaldo e ASI ad altre Società per ricoprire ruoli di responsabilità anche rilevanti è continuata sino
agli inizi degli anni 2000 a dimostrazione della bontà di quella scuola almeno nello specifico campo
dell‟automazione industriale per il settore siderurgico. Come esempio vorrei citarvi che la Danieli
Automation ha deciso di sviluppare a Genova la sua nuova piattaforma di automazione e tutte le
applicazioni inerenti la laminazione piana a caldo. In ambedue i casi la responsabilità è affidata a
non ancora cinquantenni Managers di provenienza Ansaldo ed ASI.
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Danieli Automation è Società del Gruppo Danieli. Danieli opera a Genova sia con la Danieli
Automation che con la Danieli Centro Combustion occupando in totale circa 100 tecnici ed
ingegneri. La Danieli ha raccolto l‟eredità lasciata principalmente da Italimpianti, ma anche quella
di Innocenti, di Ilva diventata Riva e di ASI ante privatizzazione, cioè di gran parte dell‟industria
statale dedicata alla progettazione e costruzioni di impianti siderurgici.
In totale la Danieli ha fatturato per l‟esercizio 2009-2010 2583 milioni di EURO impiegando al
30/06/2010 8663 persone, meno di 4000 in Italia, delle quali più del 30% laureati, ovviamente con i
laureati in Ingegneria che la fanno da mattatori.
Vorrei concludere, rimanendo nel tema delle migrazioni, mostrandovi il particolare aspetto della
migrazione societaria per quanto riguarda lo specifico segmento dell‟elettronica ed automazione
industriale per applicazioni siderurgiche.
Anni 70
Anni 80
Anni 2000
Anni 90
ILVA
TMEIC
IT
ABB
INNSE
GE
DANIELI
FATA
Duferco
ASI
ANSALDO
EAA
Prisma
Presind
Tenova
Onorato di far parte di quella schiera di migranti Genovesi che hanno contribuito allo sviluppo
dell‟automazione industriale, ringrazio per la pazienza.
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16.Franco Rosatelli – Ansaldo Energia
Nella mia riflessione voglio ampliare una parte dallo scenario rappresentato dell'amico Marenco,
percorrendo rapidamente la trasformazione radicale subita dalla grande industria energetica
genovese rappresentata dall'Ansaldo dagli anni settanta ad oggi.
Tale evoluzione non è stata certo lineare e indolore ed i grandissimi cambiamenti degli ultimi
trent'anni sono maturati anche attraverso due fasi di profonda crisi, cui ha corrisposto la capacità
dell'Azienda di uscire profondamente innovata e rafforzata.
Nei primi anni ottanta Genova era la capitale del nucleare e si era nella fase di avvio del Progetto
Unificato Nucleare che prevedeva la realizzazione di sei centrali di tecnologia PWR ad acqua
pressurizzata su licenza Westinghouse.
Questo piano avrebbe consentito all'Italia di mantenersi nel gruppo dei paesi più avanzati al mondo
per lo sfruttamento dell'energia nucleare.
Il gruppo Ansaldo contava allora tra NIRA, Ansaldo Impianti ed Ansaldo Componenti oltre 2000
ingegneri e tecnici impegnati sui progetti nucleari ed altrettanti operai nella manifattura sommando
gli stabilimenti di Genova e Milano.
Poi ci fu Cernobyl e la sciagurata scelta di vincolare il futuro energetico italiano al verdetto di un
referendum popolare fortemente influenzato dall'emotività del momento.
L'annullamento del programma nucleare, oltre a portare al paese un danno stimato tra 40 e 50
miliardi di euro, ebbe come conseguenza la necessità di reimpiegare questo esercito di
professionisti.
L'azienda fece già allora la scelta lungimirante di mantenere comunque un presidio di duecento
persone sul nucleare per lavorare esclusivamente su progetti all'estero.
Si riuscì anche ad indirizzarne un piccolo gruppo verso l'Euratom ma la stragrande maggioranza fu
riconvertita ad altre attività, anche al di fuori del settore energetico.
All'inizio degli anni '90, comprendendo l'importanza che nel nuovo scenario energetico nazionale
ed internazionale avrebbero avuto le turbine a gas ed i cicli combinati su di esse basati, prodotto in
cui Ansaldo era totalmente assente, fu fatta la scelta di acquisirne dalla Siemens la licenza di
manifattura avviando la produzione di queste macchine nello stabilimento di Campi.
Proprio la disponibilità del prodotto turbine a gas, la capacità ed il coraggio di venderlo in mercati
difficili come quello iraniano, unite al rigore nella gestione aziendale hanno consentito all'azienda
di consolidarsi e di uscire anche dalla nuova crisi intervenuta alla fine degli anni novanta e che
aveva portato Ansaldo Energia sull'orlo del fallimento.
Venendo alla storia più recente ed a dispetto delle aspettative di molti, proprio la scelta strategica di
troncare tutti i rapporti di licenza sui prodotti, turbine a gas, turbine a vapore e generatori elettrici,
portando avanti in modo indipendente le attività di sviluppo ed acquisendo una posizione di totale
indipendenza tecnologica, è coincisa con l'inizio della fase di crescita che dal 2005 al 2010 ha
portato a raddoppiare il fatturato aziendale. Inoltre è stato sviluppato un approccio più dinamico e
51
globale al business del service, il più redditizio per l'azienda, con l'acquisizione di aziende
specializzate esclusivamente nelle attività di service sui prodotti dei concorrenti di Ansaldo Energia.
In tale periodo Ansaldo Energia ha gestito anche di un fortissimo ricambio generazionale che ha
riguardato quasi un terzo del personale aziendale con l'ingresso nel gruppo di oltre mille giovani di
cui più del 40% neolaureati, prevalentemente ingegneri.
L'entusiasmo generato dallo spirito di indipendenza e la necessità di mantenere tale posizione sul
mercato hanno anche stimolato fortemente la voglia e la capacità di innovare, portando il
portafoglio di proprietà intellettuale dell'azienda praticamente da zero a circa 200 brevetti, di cui
quasi due terzi già applicati nei prodotti e nei processi dell'azienda.
Guardando al futuro, oltre all'obbiettivo di rafforzare ulteriormente la nostra posizione competitiva
nel mercato internazionale degli impianti convenzionali e del service, guardiamo con grande
attenzione al mercato delle energie rinnovabili, su cui abbiamo avviato nel 2010 una unità di
business dedicata, consapevoli che questo settore, al di là delle bolle derivanti dagli incentivi
pubblici, acquisirà una importanza sempre crescente nello scenario energetico internazionale.
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17.Ferruccio Bressani – ASG Superconductors
La società ASG Superconductors deriva dalla privatizzazione, avvenuta nel 2001, della divisione
MAGNETI di Ansaldo Energia.
La società è stata acquisita dal gruppo Malacalza ed è oggi posseduta dalle società Hofima e Luleo
appartenenti alla famiglia Malacalza.
ASG ha conseguito un‟esperienza ormai cinquantennale nel campo della costruzione di magneti
resistivi e soprattutto superconduttori dedicati ai grandi acceleratori di particelle (CERN) e alla
fusione nucleare (progetto EURATOM).
L‟esperienza sviluppata grazie alla politica di innovazione perseguita dall‟Ansaldo è proseguita con
la spinta impressa dall‟azionista privato ed ha trovato nell‟ultimo decennio uno sviluppo notevole
con l‟acquisizione di importanti ordini a livello mondiale. In particolare gli ordini per il grande
acceleratore di protoni per il CERN (che ha qualificato ASG come il principale fornitore di magneti
superconduttivi per l‟anello acceleratore e per i detectors), e per le bobine dell‟impianto
sperimentale per la fusione nucleare di Greifsvald in Germania e soprattutto l‟ingresso di ASG nella
produzione di magneti per il medicale diagnostico (NMR) e curativo (sincrotrone per protoni per la
cura di tumori installato ed operante presso l‟ospedale S. Matteo di Pavia).
Attualmente la società è impegnata nella costruzione di dieci gigantesche bobine superconduttrici
per il progetto ITER (fusione nucleare), che può essere considerato uno dei più grandi progetti
industriali volto alla ricerca della produzione di base di energia pulita. La produzione di cui si è
precedentemente parlato è quindi caratterizzata dalla costruzione di componenti di grandi o
grandissime dimensioni che devono rispettare specifiche con ristrette tolleranze e alta precisione in
modo da ottenere campi magnetici perfetti in grado di guidare con estrema precisione le particelle.
Le caratteristiche suddette hanno indotto la società (prima Ansaldo e in seguito ASG) a sviluppare
sempre più l‟automazione introducendo impianti sofisticati in grado di assicurare la piena
rispondenza alle specifiche evitando eventuali errori umani.
La formatura delle bobine, l‟isolamento dei conduttori, i trattamenti termici e chimici
(impregnazione), la saldatura richiedono precisione e ripetitività legate anche a dimensioni notevoli
quali quelle evidenziate negli esempi allegati.
Il futuro progetto ITER richiederà impianti ulteriormente sofisticati che dovranno, viste le
dimensioni (lunghezza di circa 15 m, larghezza 11 m peso di circa 120 t) assicurare la qualità
richiesta, evitando contemporaneamente errori di produzione che, vista l‟impossibilità di
ripararazione, rappresenterebbero costi inaccettabili.
E‟ doveroso inoltre ricordare che tali impianti vengono, per precisa volontà aziendale, costruiti in
Italia portando un notevole contributo alla qualificazione della specifica industria nazionale in sede
internazionale.
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18.Remo Pertica – Distretto Tecnologico SIIT
Gli interventi che mi hanno preceduto hanno esaurito tutti gli argomenti per i quali mi ero
preparato. Fra l‟altro è molto tardi, per cui preferisco intervenire solo facendo qualche breve
considerazione.
Certo che la nostra città è molto particolare. Se guardiamo, infatti, la storia industriale cittadina,
fino a metà degli anni ottanta erano presenti sul territorio quattro o cinque grandi gruppi, che
avevano i loro quartieri generali proprio a Genova, gli abitanti della città erano più di ottocentomila
ed il Comune pianificava una crescita fino al milione negli anni 90. Improvvisamente la crisi: i
grandi gruppi sono quasi tutti scomparsi, quelli rimasti si sono ridimensionati, si è assistito ad una
polverizzazione di società e all‟arrivo di altri gruppi, molto spesso stranieri, che hanno, voglio usare
una parola forte, “colonizzato” le nostre aziende. E tutto ciò nel periodo nel quale in Europa e nel
mondo si stava assistendo a forti raggruppamenti industriali. Non è soltanto la crisi delle nascite che
ha portato da 8oo.ooo a poco più di 6oo.ooo gli abitanti di Genova (extracomunitari compresi), in
poco più di due decadi.
Molti degli accadimenti che hanno portato a frazionamenti o soppressioni di industrie non sono
certamente imputabili ai managers genovesi. Tutti conoscono gli sforzi fatti dall‟ ing. Albareto per
tenere dentro Elsag la Bayley, personalmente so quanto ho dovuto penare ed a quante porte ho
dovuto bussare per traghettare la mia Marconi da una Marconi plc che stava affondando a
Finmeccanica ed impedire l‟arrivo dei francesi (Thales) o dei tedeschi (EADS) o degli americani
(Boeing, LM. ITT o NG).
Devo dire che oggi abbiamo un gruppo di aziende vive e vitali, attive che difendono con successo le
loro eccellenze sia all‟interno dei loro gruppi di appartenza sia in competizione in campo aperto. Mi
piace fare qualche esempio che conosco meglio: Ansaldo Energia, quando sono entrato in
Finmeccanica nel 2004, era in crisi e la capogruppo aveva preso in considerazione l‟ipotesi di una
sua cessione parziale. Oggi la Società va bene, ha sviluppato sistemi di avanguardia e potrà essere
rilanciata ulteriormente dalla partenza del nucleare. Ansaldo STS è tra le prime due o tre Società al
mondo nel settore del segnalamento ferroviario, Ericsson ed Alcatel hanno saputo mantenere
all‟interno dei propri laboratori le eccellenze nel settore della fotonica, Esaote si è ritagliata una
nicchia nel settore elettromedicale, ben apprezzata anche all‟estero, ABB ha sviluppato competenze
nel settore delle “smart grids”, Ansaldo Superconduttori è in forte crescita e vanta importanti
forniture ad organismi internazionali come il CERN, Genova vanta un polo della robotica, molto
attivo ed avanzato. Nel settore pubblico Genova ha saputo difendere la presenza dell‟Istituo Italiano
di Tecnologia, oggi ben radicato a Morego, al quale ha fornito due scienziati di fama internazionale
come il professor Sandini ed il prof. Benfenati, più un consistente manipolo di ricercatori. Il lavoro
di ricerca all‟IIT del prof. Sandini è stato recentemente giudicato da una commissione di
valutazione esterna ed internazionale, comprendente due premi Nobel, di assoluto valore, alle
frontiere dell‟eccellenza di settore. Genova ha il Distretto tecnologico SIIT, che raggruppa la quasi
totalità delle grandi imprese del territorio ligure ed oltre un centinaio di pmi, giudicato per vivacità
di iniziative nazionali ed internazionali, tra i principali distretti tecnologici italiani.
Infine l‟Università, ed in particolare la Facoltà di Ingegneria, che è tra le prime in Italia, ma soffre
un po‟, a mio parere, l‟organizzazione e lo strapotere dei due Politecnici di Milano e di Torino. Ciò
nonostante, il livello dei laureati che Ingegneria ha saputo formare è di assoluta eccellenza: le
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posizioni raggiunte ed occupate, nell‟ industria, non soltanto quella con sede genovese, e nei diversi
enti di ricerca, sono molteplici e molto importanti: lo testimoniano già il numero ed il livello dei
conferenzieri di questo seminario.
Volendo, esprimere una voce fuori dal coro, cosa che mi posso permettere vista l‟età, quello che è
mancato in questi anni, forse anche conseguenza del fatto che ciascun manager è stato costretto più
a lavorare per mantenere e difendere il suo recinto, che a considerare le cose cittadine o regionali,
quello che è mancato dicevo è uno sforzo da parte di tutti a fare squadra e di considerare anche gli
interessi industriali del gruppo; ho visto raramente tutte le nostre aziende assieme far pressione sulle
autorità politiche locali e/o nazionali per ottenere qualcosa a beneficio di tutti: io credo che, in
fondo, questo sia il vero salto di qualità che tutta l‟ industria genovese, e non solo, deve fare.
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19.David Corsini – Telerobot, Polo della Robotica
Concordo appieno su una cosa, Giulio Sandini ci ha fatto vedere delle cose bellissime, l‟umanoide
europeo al top della tecnologia mondiale. Quante aziende nate e sviluppatesi qui sono con Sandini
in questa avventura?
Io porto la mia testimonianza di un genovese con una società che aveva 20 persone, oggi ne ha 500
di cui solo 15 a Genova che guidano l‟intero gruppo.
Quindi la provocazione è: ci sono senz‟altro dei grandi gruppi, con molti imprenditori come
Malacalza venuti da fuori ma cresciuti qua. Ma ci sono anche tanti piccoli diventati medie aziende,
come Telerobot, con la testa sempre qui anche se il corpo si è sviluppato altrove.
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(intervento di Saccomanno, prima degli interventi di chiusura)
Ringrazio tutti i relatori, e Paolo Marenco che ha diretto egregiamente, con attenzione anche al
difficile problema della tempistica.
La chiusura dell‟incontro è affidata adesso a due ben note - illustri, vulcaniche e rappresentative personalità cittadine: Carlo Castellano, Presidente di Esaote e Genova High Tech, e Paolo Odone,
Presidente della Camera di Commercio (la quale - come sappiamo - comprende in realtà anche
l‟Industria, oltre ad Artigianato e Agricoltura).
Non ho molto da aggiungere, che non sia superfluo. Desidero ringraziarli, a nome di tutti, per la
squisita e cordiale disponibilità, che li ha portati ad essere presenti e partecipare attivamente,
permettendoci di arricchire questo incontro e concluderlo degnamente.
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20.Carlo Castellano – Esaote e Genova High Tech
In questi anni Genova ha superato una crisi durissima, oggi però credendo nelle sue risorse e nel
mondo globale, può rilanciarsi in modo decisivo. Già oggi il numero di realtà presenti a partire da
quelle del gruppo Finmeccanica alle multinazionali come Siemens MES, Ericsson e Carestream
Health, citandone solo alcune, fa pensare a un futuro già cominciato. C‟è anche una importante
presenza di piccole e medie imprese avanzate che si sono riunite nel Distretto DIXET: ormai sono
150 quelle associate. Oggi abbiamo un progetto che potrà dare un ambiente fisico di aggregazione
e confronto tra Industria e Università . In Genova High Tech ci siamo riuniti imprenditori dell‟high
tech genovese con lo scopo di realizzare un Parco Scientifico e Tecnologico sulla collina degli
Erzelli, tra Aeroporto , autostrada e ferrovia in posizione cruciale nel cuore di quello che è stato il
quartiere industriale di Genova nell‟ultimo secolo. Oggi Genova High Tech ha aggregato altri soci
imprenditori e investitori ed il progetto sta diventando realtà. Ericsson sarà la prima azienda a
localizzarsi nel Parco, altre seguiranno insieme a soggetti della ricerca pubblica quali la Facoltà di
Ingegneria, il CNR e anche l‟Istituto Italiano di Tecnologia potrà avere nel Parco un ambiente dove
incubare idee di impresa nate dalle proprie attività di ricerca.
Credo che questa città, grazie ai suoi giovani, potrà rilanciare sempre più il suo ruolo a livello
globale, che ha radici così storiche e solide nella ingegneria e nell‟elettronica.
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21.Paolo Odone – Camera di Commercio di Genova
Emerge chiaramente da questa giornata come Innovazione, Ricerca, Sviluppo e Passione siano le
parole chiave per l‟eccellenza.
E dobbiamo puntare sull‟eccellenza anche e soprattutto per fronteggiare il momento di crisi dal
quale stiamo faticosamente cercando di uscire.
E‟ ormai chiaro che il futuro è fatto di un mix di industria, porto, logistica e turismo, tutti settori che
le nuove tecnologie attraversano trasversalmente.
I risultati dell‟indagine sulle imprese High Tech genovesi, presentati di recente da Carlo
Castellano, ci mostrano chiaramente quanto importante sia la specializzazione produttiva, e come la
rete di imprese tecnologicamente avanzate che opera nell‟area genovese sia fattore determinante per
“agganciare la ripresa”.
13.000 addetti tra occupazione diretta e indiretta, altissima percentuale di diplomati e laureati,
ottimo posizionamento sul mercato internazionale, investimenti in ricerca e sviluppo sono tutti
elementi che ci fanno ritenere esistano buoni margini di sviluppo.
Come Camera di Commercio attuiamo diversi interventi per la promozione economica e lo sviluppo
del sistema delle imprese del territorio, crediamo nella formazione di eccellenza e nella ricerca,
operiamo in stretta sinergia con l'Università di Genova, gli Istituti e gli altri Enti di ricerca per
stimolare la crescita competitiva delle imprese: da anni partecipiamo, per esempio, a ISICT che
prepara giovani in grado di operare nel settore Informatica e Comunicazioni, che oggi è il perno sul
quale sta partendo la Scuola Superiore di Genova e promuoviamo la sinergia tra ricerca e imprese
attraverso le azioni del Polo della Robotica e del nuovo Polo dell‟Energia.
E ancora supportiamo e collaboriamo a progetti di sistema con Enti Locali e Associazioni di
categoria: ad esempio Genova Smart City per una Città rispettosa dell'ambiente e ricca di
opportunità per chi ci vive e lavora, lo Sportello Energia Imprese per aiutare le imprese a cogliere
le opportunità legate ad un uso più consapevole delle risorse energetiche disponibili.
Queste azioni comuni sono importanti anche per stimolare la ricerca privata, industriale, in un'epoca
in cui gli investimenti pubblici diminuiscono. Crediamo in questa Città e nel suo Futuro.
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