Viaggio alla Mecca

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Viaggio alla Mecca
VIAGGIO ALLA MECCA
(titolo originale: Le grand voyage)
Regia Ismaël Ferroukhi
Cast Nicolas Cazalé (Reda), Mohamed Majd (il padre), Jacky Nercessian (Mustapha),
Name Ugantas (moglie di Mustapha), Malika Mesrar El Hadaoui (la madre),
Roxane Mesquida (Lisa)
Origine Francia/Marocco, 2004
Genere Drammatico
Durata 105’
Distribuzione Istituto Luce
DVD Medusa film
Musiche Fowzi Guerdjou
Il primo film del quarantatreenne regista franco-marocchino Ferroukhi, vincitore del premio De
Laurentis a Venezia nel 2004, girato in parte alla Mecca. E’ un road movie "spirituale" non
esigente, anzi straordinariamente semplice e diretto, ove il dato religioso appare addirittura
secondario in quanto discende dagli eventi stessi, dagli equivoci, dagli incontri lungo il cammino.
C’è però una semplicità narrativa solo apparente, per cui il film merita una visione approfondita
per il contenuto didattico e per i temi che propone: il dialogo tra generazioni, fra diverse mentalità
e credenze religiose, il significato del viaggio, l’incontro con la religione islamica, il raggiungimento
dell’autonomia del ragazzo che è scopo dell’educatore.
Il padre Mustapha, anziano marocchino immigrato in Francia e uomo devoto, decide di compiere il
pellegrinaggio rituale alla Mecca almeno una volta prima che sia troppo tardi, e si fa
accompagnare dal figlio Reda, nato e cresciuto in Occidente, che vive la decisione paterna come
un'imposizione. Se per l’anziano il viaggio è un pellegrinaggio che vive con una grande tensione
religiosa che gli fa escludere qualsiasi distrazione mondana (“Non siamo turisti” dice al figlio), per il
non credente Reda, molto lontano dalla mentalità paterna e indifferente alle tradizioni
musulmane, i rigidi comportamenti del padre sono incomprensibili e provocano in lui forti
reazioni.
Fra tensioni, contrasti e incomprensioni talvolta persino buffe, la forzata convivenza del viaggio
lungo i 5000 chilometri, da Marsiglia a Istanbul, attraverso un'Europa sempre più vicina all'Islam, e
poi da Damasco alla Mecca, porterà il rapporto tra i due protagonisti a evolvere psicologicamente
dalla sopportazione, alla comprensione, al rispetto reciproci.
Accanto al viaggio geografico, infatti, se ne delinea uno interiore, che è quasi un percorso
d’iniziazione, di crescita, di raggiungimento della saggezza: non a caso l’unico monumento visitato
dai due protagonisti è la Moschea di Santa Sofia a Istanbul (sophia in greco = saggezza).
E’ tramite il linguaggio esperienziale che avvengono il riconoscimento dell’altro e l’incontro: se
cultura diversa, religione ed età sono inizialmente muri che si frappongono nella costruzione di un
dialogo, il superare insieme le difficoltà quotidiane porterà padre e figlio ad avvicinarsi, a mostrare
via via sempre più attenzione l’uno per l’altro ed infine a comprendersi.
Anche la progressiva crescita di Reda avviene gradualmente in tappe successive, quasi fosse il
secondo scopo del viaggio paterno. Il giovane scopre che quel padre semianalfabeta comunica
mille volte meglio di lui con gente che non parla la sua lingua. Man mano che si avvicina ai paesi
arabi egli comprende l'immensa distanza che lo separa dal mondo dei suoi genitori; nel contempo
venendo in contatto con i precetti di quella religione così lontana impara il silenzio, la pazienza, il
rispetto, la carità. Impara a essere più tollerante e scopre alla fine che la convivenza tra le due
mentalità, fra i due mondi europeo e islamico, è possibile nel rispetto delle relative convinzioni.
Non si tratta di una conversione: Reda mantiene la sua laicità e il regista sottolinea anche
visivamente tale diversità (la t-shirt gialla del ragazzo spicca nel mare di tuniche bianche).
Si scorge così nell’evolvere del film quello che Panikkar definisce il “dialogo dialogale”, nel quale i
protagonisti anziché cercare di capire da che parte stia la verità, o a misurare le verità dell’uno e
dell’altro come in un’arena, scoprono cammin facendo - nel viaggio che è la piazza dove fare
esperienza dell’incontro con l’altro - che la verità è sempre più in là delle nostre definizioni, e ci
supera sempre. Ed è così che il dialogo con l’altro diventa fecondo, quando non sorge una nuova
verità, bensì la consapevolezza di aver capito qualcosa di più su di essa.
SPUNTI DI RIFLESSIONE
Il film è proponibile a ragazzi delle scuole superiori perché oltre alle tematiche affrontate, offre
uno spaccato sul mondo islamico che ci è sempre più vicino, e per la prima volta ci mostra le
immagini della Mecca, della grandiosità della folla dei pellegrini che vi si recano e della loro
pacifica spiritualità.
• L’immigrazione dà origine a una duplice questione: da un lato la capacità di adattamento e di
integrazione, e dall’altro la disponibilità ad accettare, comprendere, rispettare una diversa civiltà
superando i pregiudizi. Su quali fondamenti due civiltà possono impostare l’incontro e la
convivenza?
• Mentre i giovani che non hanno una cultura profondamente radicata si adattano molto
facilmente al nuovo ambiente, le persone adulte non hanno questa capacità. Questo fatto può far
sorgere contrasti anche all’interno delle famiglie.
• Il ruolo del padre come educatore, come operatore di crescita del figlio considerato “altro da
sé”.
• Le religioni non devono essere origine di fanatismi e contrasti, ma favorire il riconoscimento
delle diverse identità, nonché dei valori umani e sociali universali.
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PERCORSI DIDATTICI
• Apprendere in sintesi gli elementi più significativi della religione islamica per acquisire a fini
culturali le differenze storiche e contenutistiche delle religioni monoteiste.
• ‘Ripercorrere’ il viaggio descritto nel film operando un’indagine geopolitica sui tanti paesi
attraversati (tramite documenti storici, fotografici, geografici).
• Sviluppare il tema del viaggio da road movie a percorso emblematico interiore, attraverso la
visione esemplificativa di altri film.
Chiara Deppieri