Adige - Sonzogno
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Cultura e Società l'Adige giovedì 16 luglio 2015 IL LIBRO Il priore di Bose È uscita la nuova fatica editoriale del religioso piemontese che ci aiuta nella ricerca del senso più intimo e specifico della fede cristiana LORIS TAUFER I l ruolo di Papa Francesco nella società contemporanea è, per molti versi, davvero rivoluzionario. La sua Enciclica «Laudato sì» sul Creato e la «casa comune» che è il nostro pianeta terra, ha fatto discutere intellettuali e commentatori di tutto il mondo. Le sue posizioni sull’economia, «l’inequità» planetaria, il «debito Bianchi, la grazia dell’amore estero dei Paesi poveri», il «consumismo ossessivo», le mafie ed i poteri forti, scuotono chiunque abbia attenzione al «bene comune». Ma anche le sue opinioni sul lavoro, l’idolatria del denaro, i vecchi e nuovi poveri, gli scartati ed emarginati, gli immigrati, suscitano scandalo e diffidenza. Per non parlare dei rapporti fra le Chiese e dell’opera di pulizia da lui intrapresa nell’ambito della stessa Chiesa cattolica. Tutto questo induce a prestare attenzione agli specifici contenuti delle diverse prese di posizione di Papa Francesco, spesso scomode e solitarie; ma ci porta pure ad interrogarci sull’origine religiosa di quel punto di vista, sulle caratteristiche stesse di un messaggio che intriga non solo i cristiani ma anche i laici. E questo per alcuni aspetti di freschezza ed inattualità che colpiscono nelle parole del Papa, il quale non rinuncia ad alcuni elementi tradizionali della sua predicazione, come là dove – cosa che ha fatto nella sua recente visita a Torino – chiede ai giovani di essere «casti» e di andare «controcorrente». Queste caratteristiche di scandalo ed inattualità che Papa Francesco interpreta in maniera del tutto innovativa, sono forse il portato proprio ed originale dello stesso Cristianesimo, il quale, al di là della stretta osservanza religiosa, continua ad affascinare la cultura e chiunque s’interroghi sull’uomo ed il suo destino. Un libro, uscito di recente, che ci può aiutare nella ricerca del senso più intimo e specifico della religione cristiana è: Enzo Bianchi, Raccontare l’amore, Rizzoli, 2015, pp. 179, euro 16,00. Bianchi, fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose, intellettuale raffinato e critico, collabora con diverse testate giornalistiche nazionali ed internazionali ed è autore di numerosi libri, accolti sempre con interesse da cristiani e laici. Il testo di cui parliamo è una guida alla lettura di quattro parabole dei Vangeli, nelle quali Gesù, con tanta poesia e creatività, proponeva un insegnamento diverso da quello della tradizione, un messaggio dirompente e scandaloso, «rivelato con immagini, non con concetti o sentenze». Perché – dice l’autore – Cristo «con le parabole traghettava gli ascoltatori dalla religione alla fede, dalla legge alla grazia». Le parabole prese in esame sono quelle de Il buon samaritano, de Il figliuol prodigo, de Il ricco e il povero Lazzaro, de Il fariseo e il pubblicano. I temi che emergono, dottamente introdotti ed interpretati da Bianchi, sono molti: dall’arte dell’ascoltare alla capacità di «farsi prossimo» al Fermenti ecclesiastici: Papa Francesco con la sua rivoluzionaria enciclica ha suscitato forti riflessioni Il priore attraverso quattro parabole racconta l’amore come fondamento della vita proprio prossimo, dalla compassione alla misericordia, dalla preferenza di Dio per i poveri al valore della carità. Però, forse, due sono gli elementi che, ad un lettore laico e rispettoso, appaiono, nella proposta del messaggio cristiano fatta dall’autore, particolarmente affascinanti e significativi. Il primo è quell’amore «preveniente» ed impensabile di cui dà prova il padre nella parabola de Il figliuol prodigo nei confronti del figlio che torna dopo aver abbandonato la casa, aver vissuto in maniera dissoluta ed aver dilapidato il patrimonio. Questo, annota Bianchi, è «un amore che non chiede reciprocità, che non si nutre di simmetria: un amore folle, secondo la saggezza e l’esperienza umana». E quindi, di fatto, «è un amore possibile solo a Dio, è l’amore di Dio che può stare di fronte all’odio, all’inimicizia, senza voler essere una vendetta». Il che la dice lunga, in tempi come questi di religioni esibite come scimitarre e di trofei di teste mozzate, sulle caratteristiche del Dio cristiano, sul ruolo dell’amore in questo tipo di fede religiosa, amore inteso nella sua dimensione trascendente ma, al tempo stesso, profondamente intrecciato con le vicende della storia dell’uomo. L’altro elemento è da cercare nella parabola Il fariseo e il pubblicano. Qui, come è noto, si narra di un fariseo che, forte della sua condotta irreprensibile, «è – dice Bianchi – concentrato su di sé, …vanta i suoi meriti» e, privo di dubbi, si presenta a fronte alta davanti a Dio. Dall’altra parte sta il pubblicano, peccatore pubblico, il quale, consapevole di essere bisognoso del perdono di Dio, «si ferma a distanza, e non osa avvicinarsi al Santo dei santi». Nella Nella foto una bella immagine di Enzo Bianchi, il priore di Bose che indaga sui percorsi dell’amore parabola sarà proprio il pubblicano quello salvato da Dio, «perché chiunque si esalta sarà umiliato, chiunque invece si umilia sarà esaltato». E qui, andando un po’ più in profondità, c’è proprio l’enfasi posta sullo scarto, sul cambio necessario di prospettiva, che, solo, porta alla fede in Dio. Perché «l’errore sta nel guardare Dio alla luce delle proprie opere. Per Gesù invece lo sguardo deve sempre andare dall’alto al basso, non dal basso all’alto: da Dio a noi, non da noi a Dio». Questa accentuazione dello «abbandono» in Dio e dell’affermazione della propria indegnità, in un’epoca come la nostra di straordinaria volontà di potenza dell’uomo e di grande sicumera della scienza e della tecnica, è qualcosa di realmente dirompente. Così come proposto nel libro «controcorrente» di Bianchi. Eroi greci | Tutto il fascino della guerra di Troia nel nuovo libro di Giorgio Ieranò PORDENONELEGGE Ciò che Omero non dice Arriva Pennac Ulisse e Penelope L’eroe greco è tratteggiato da Giorgio Ieranò nel suo volume sulla guerra di Troia Un’abile analisi sulle caratteristiche degli eroi omerici, ma anche su personaggi lontani dall’immaginario. L’autore, che insegna all’Università di Trento, ravviva l’emozione della narrazione che ci ha colpito da sempre con i protagonisti che sono parte integrante della nostra civiltà letteraria DANIELE VALERSI Figure circondate da un alone mitico, i protagonisti della guerra di Troia continuano ad accompagnare, ciclicamente, senza mai abbandonarci, il nostro percorso di lettori. Delle loro vite sono state date innumerevoli rivisitazioni, più o meno approfondite, più o meno attendibili, con la costante che quando si ripresentano a reclamare la nostra attenzione, le loro storie fanno centro ogni volta, suscitando emozione, curiosità, ravvivando un interesse mai completamente soddisfatto, risvegliando l’imperativo di saperne di più e meglio. Giorgio Ieranò, col suo volume Gli eroi della guerra di Troia (Sonzogno, giugno 2015), ci introduce ad aspetti singolari e per lo più sconosciuti della personalità e della vita di quelli che sono i protagonisti nelle opere su cui si fonda la nostra civiltà letteraria. Senza mai abbandonare il plot tracciato dall’Iliade, dall’Odissea e dall’Eneide, l’autore pesca soprattutto nelle narrazioni al- ternative, studia ogni singolo personaggio da molteplici punti di vista e rivela «quello che Omero non dice», realizzando così dei ritratti a tutto tondo. Se il titolo parla di eroi, i contenuti riguardano anche figure tradizionalmente sprovviste dell’aura eroica; nel contempo gli eroi propriamente detti, che conosciamo incorniciati in comportamenti e caratteri fissi e predeterminati, nella rivisitazione di Ieranò si trasformano assumendo le molteplici sfaccettature che si desumono dalle opere dei tre grandi poeti tragici ateniesi Eschilo, Sofocle ed Euripide, in quelle di Pausania, di Quinto Smirneo, di Darete Frigio, di Ditti Cretese, di Luciano di Samosata, dei mitografi Iginio (che scriveva in latino) e Apollodoro (che scriveva in greco), di Filostrato (della tarda età imperiale romana), dai testi bizantini sulla guerra troiana. Sarebbe un’azione davvero malvagia, un vulnus ai diritti del lettore anticipare qui gli aspetti insospettabili di star come Elena (il prototipo dell’adultera nell’immaginario collettivo), come i due Atridi, come Paride, come Ettore, come Ulisse, come Diomede, oppure della superstar Achille, per tacere degli altri. Sicuramente, dopo la lettura, quest’ultimo non avrà nella nostra immaginazione «le fattezze di Brad Pitt, l’attore che lo incarna nel film Troy di Wolfgang Petersen, polpettone mitologico poco attento alle sfumature». Giorgio Ieranò insegna Letteratura greca all’Università di Trento. Tra i suoi libri più recenti, Arianna. Storia di un mito (2010) e La tragedia greca. Origini, storia, rinascite (2010). o scrittore francese Daniel Pennac inaugurerà la 16ª edizione di Pordenonelegge,mercoledì 16 settembre, e in anteprima presenterà il libro intervista che ripercorre la sua carriera di scrittore, a cura di Fabio Gambaro. Il festival del libro con gli autori, propone quest’anno addirittura oltre 300 eventi con i maggiori protagonisti della scena letteraria italiana e internazionale: ci saranno dialoghi, lezioni magistrali, interviste pubbliche, reading, spettacoli e percorsi espositivi. Francese anche il vincitore del premio Friuladria «La storia in un romanzo» 2015. Il riconoscimento sarà consegnato sabato 19 settembre a Emmanuel Carrere che terrà un incontro sui legami fra il romanzo e la storia. Circa la letteratura internazionale, a Pordenonelegge ci saranno molti autori di riferimento della scena contemporanea, come David Leavitt, in anteprima col nuovo romanzo, e l’iraniana Azar Nafisi, la canadese Ann-Marie Macdonald, l’irlandese John Boyne, la francese Florence Delay, la tunisina Azza Filali, lo svedese CarlJohann Vallgren, l’olandese Michel Faber. Nella letteratura italiana, in programma una vetrina con le anteprime più attese e grandi protagonisti: fra gli altri Corrado Augias, Francesco Piccolo, Nicola Lagioia, Massimo Gramellini. L 7