Traumi cranio-encefalici - Neurochirurgia. La prima neurochirurgia

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Traumi cranio-encefalici - Neurochirurgia. La prima neurochirurgia
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Traumi cranio-encefalici
INTRODUZIONE
I traumi cranio-encefalici costituiscono, nei paesi industrializzati, una delle
cause più comuni di morte, in particolare rappresentano la prima causa di decesso
negli individui al di sotto dei 45 anni di età(108).
Responsabili di traumi cranici sono, grazie alla diffusione della motorizzazione, soprattutto gli incidenti stradali (75% dei casi di trauma), che sono divenuti la
causa più comune di morte nella popolazione giovane.
La traumatologia cranio-encefalica è un problema di grande attualità, non
solo per l'alto tasso di mortalità, ma anche per gli esiti invalidanti che conseguono
alla lesione. Per ogni individuo morto per un trauma cranico sulla strada si può
stimare che ne sopravvivono altri sei con disturbi neuropsichici definitivi di vario
grado e con gravi problemi di reinserimento sociale. Le disabiltà permanenti sono
tanto più gravi quanto più giovani sono i soggetti sopravvissuti ad un insulto cerebrale(27).
Nel suo complesso quindi il problema costituisce per la società una incalcolabile perdita di risorse umane ed economiche. Nel numero sempre crescente di
giovani adulti che sopravvive grazie anche ai rilevanti progressi della neurochirurgia e della rianimazione, alcuni evolvono verso un soddisfacente recupero o una
modesta disabilità, ma in altri residuano esiti invalidanti che modificano lo stile di
vita precedente, con necessità di sforzi riabilitativi rivolti ad affrontare questi
cambiamenti(32).
Adeguate misure di prevenzione come l'introduzione dei limiti di velocità
sulle strade, l'uso del casco e delle cinture di sicurezza e controlli dell'alcoolemia
possono ridurre queste perdite, così come il miglioramento del primo soccorso
sulla strada (tempestività e correttezza) e delle tecniche di trattamento neurorianimatorio e neurochirurgico.
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
In particolare, il trattamento del grave traumatizzato cranico in coma è
migliorato nelle ultime due decadi con una riduzione della mortalità dal 55-60%
al 35-40% (14,31,66,102,103,111,142,146,221). Tali successi sono correlati, oltre all'avvento
delle metodiche strumentali neuroradiologiche, come l'uso della tomografia assiale
computerizzata (TC), che permette una diagnosi precoce delle lesioni cranioencefaliche, all'applicazione tempestiva e corretta del primo soccorso sul luogo
dell'incidente, alla prevenzione degli insulti secondari sistemici ed all'uso di una
meticolosa terapia intensiva neurorianimatoria. Il trattamento è quindi orientato
essenzialmente all'immediata resuscitazione e stabilizzazione delle condizioni cliniche, alla precoce evacuazione chirurgica delle lesioni espansive endocraniche e
all'attuazione di una terapia medica tempestiva ed adeguata per prevenire la comparsa di lesioni secondarie, responsabili della elevata mortalità e morbilità nel
traumatizzato cranico. Per raggiungere questi risultati è necessaria una organizzazione sanitaria sistematica che consenta di iniziare il trattamento il più presto possibile, già sul luogo dell'incidente, ed il trasporto del traumatizzato cranioencefalico presso un centro ospedaliero con una neurochirurgia o neurotraumatologia.
EPIDEMIOLOGIA
Nei paesi occidentali, l'incidenza dei traumi cranici in generale è di circa
1400-2000 casi per 100.000 abitanti ogni anno; mentre l'incidenza dei traumatizzati ricoverati in ospedale varia da 200 a 500 casi per 100.000 abitanti ogni anno(226).
Quindi esistono ampie variabilità nelle statistiche, a seconda che si prendano
in considerazione il totale dei traumatizzati oppure gli ospedalizzati.
Per quanto riguarda la gravità del trauma, circa il 5% dei pazienti ricoverati
presenta un trauma cranico grave, un'altro 5-10% di moderata entità, mentre la
maggior parte (85-90%) di lieve entità(143,144,146).
I traumatizzati cranici gravi che sopravvivono hanno un buon recupero o residuano una moderata disabilità nel 40% dei casi, riportano gravi deficit neurologici
nel 10% dei casi ed evolvono in stato vegetativo nel 2% circa dei casi; quelli che
muoiono rappresentano invece il 48%(51).
La mortalità varia in Europa da 9 a 20 decessi per 100.000 abitanti per anno(226).
Gli incidenti stradali sono divenuti nell'epoca attuale una delle più comuni
cause di morte e di inabilità in tutte le età della vita, soprattutto nei giovani adulti,
e la prima in assoluto al di sotto dei 45 anni di età.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il numero e la gravità degli
Traumi cranio-encefalici
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incidenti stradali tende a crescere, essendo direttamente proporzionale al numero
dei veicoli circolanti e alla loro velocità. L'incidenza è di circa 200 nuovi casi per
100.000 abitanti per anno. Dalle previsioni, se questa tendenza non si arresterà, è
stimato che in futuro un bambino su 2 sarà coinvolto nella sua vita in un incidente
stradale riportando un trauma cranico. Di questi uno su 10 morirà e uno su 3 riporterà delle lesioni gravi. Tenendo conto che in tre incidenti su quattro vi sono
anche lesioni cerebrali, si può stimare che un bambino su 6 subirà un trauma cranico di una certa entità(27).
• Rilevazioni negli Stati Uniti. Nei giovani adulti le cause principali, in ordine di
frequenza, sono date: dagli incidenti stradali, dalle cadute e dalle ferite da arma da
fuoco. Queste ultime, in alcune delle maggiori città, salgono per frequenza al primo od al secondo posto. Nei bambini e negli anziani, invece, le cadute sono la
causa più frequente di trauma cranico. Un'ampia casistica(76) riporta che il 39% dei
soggetti al momento del trauma aveva un'età compresa fra i 16 ed i 25 anni, mentre
il 64% un'età inferiore ai 36 anni; il 78% erano soggetti maschi. L'età è stata l'unica variabile correlabile, in maniera significativa, all'eziologia. Nei giovani con età
inferiore ai 25 anni sono risultati più frequenti i traumi cranici da incidente con
veicoli a motore (58% di tutti i traumi cranici); tra i 34 e i 45 anni le aggressioni
(43%); oltre i 56 anni le cadute (76%). I pedoni con trauma cranico coinvolti in
incidenti stradali risultavano più frequenti nella fascia di età superiore ai 65 anni
(21%). Fattori contribuenti al trauma cranico, in seguito ad incidenti con veicoli a
motore, sono risultati: il mancato uso di cinture di sicurezza e del casco, per la
motocicletta ed anche per la bicicletta, e lo stato di intossicazione alcolica al momento dell'incidente.
• Rilevazioni europee. La European Brain Injury Society ha condotto uno studio
epidemiologico nel biennio '89-'90. Dai dati raccolti(25) sono stati presi in considerazione 492 pazienti: l'età media era di 28 anni circa; il 70% dei soggetti apparteneva alla fascia di età tra i 16 e i 35 anni; erano maggiormente coinvolti i maschi
(75%). Gli incidenti stradali sono risultati la causa più frequente, seguiti dal lavoro
(5%), dallo sport (3%), dalle attività domestiche (3%), dalle aggressioni (1%) e da
altre cause (4%). La maggiore concentrazione dei traumi cranici dopo incidenti in
automobile, moto e bicicletta si è verificata nei mesi estivi (periodo giugnosettembre). La relazione tra età e tipo più frequente di incidente è stata la seguente:
per età inferiori ai 18 anni motociclistico e da bicicletta (44%); tra i 18 e i 35 anni
automobilistico (28%) e motociclistico (29%). Negli incidenti stradali automobilistici gli uomini erano più frequentemente i guidatori, mentre le donne sono risultate più spesso tra i passeggeri (33% contro l'11% degli uomini). Considerando lo
stato civile dei pazienti traumatizzati, nel 64% dei casi si trattava di persone non
sposate; dato che ha trovato riscontro negli studi epidemiologici americani. Prendendo in esame gli uomini in età compresa tra i 18 e i 35 anni è risultato che, ri-
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
spetto agli altri traumatizzati, essi presentavano maggiori difficoltà scolastiche,
divorzi o separazioni, precedenti di tossicomania o alcoolismo, difficoltà socialilavorative e scarso autocontrollo.
• Rilevazioni in Italia. L'incidenza dei traumizzati cranici, in base ai dati dei ricoveri ospedalieri, è di 300-400 casi per anno per 100.000 abitanti(215). Nel 66%
dei casi il trauma cranico è dovuto ad un incidente stradale(197). I dati riportati dallo
studio epidemiologico riguardante la Regione Emilia-Romagna, in linea con
quanto rilevato dalla Europen Brain Injury Society, hanno mostrato una incidenza
maggiore nei mesi di luglio e, in misura lievemente inferiore, nei mesi di giugno ed
agosto. Dai dati ISTAT rilevati nel periodo 1969-1990 si riporta che, tra i soggetti
con età compresa fra i 15 e i 19 anni, il 70% delle morti è dovuto ad incidenti stradali e nell'80% di queste vi era un traumatismo cranico responsabile del 65% dei
decessi. I tassi di mortalità sono calati, dal 1969 al 1990, dal 23% al 13% di decessi annuali per 100.000 abitanti (decremento del 38%). Uno studio condotto dal
1983 al 1990 ha evidenziato che la maggior frequenza degli incidenti stradali si è
verificata dalle ore 17 alle 19 e che era presente un progressivo aumento di incidenti nelle prime ore della mattina: dalle ore 24 alle 5. Tale incremento risultava
molto maggiore nella notte tra il sabato e la domenica. Questo, in una popolazione
giovanile, è spesso da collegare alla carenza di sonno, all'abuso di alcool e/o sostanze stupefacenti ed alla guida ad alta velocità. In particolare, nel 1991 in Italia
gli incidenti stradali hanno causato circa 10.000 morti. I soggetti più colpiti sono
stati giovani maschi, con età media di 25 anni.
FISIOPATOLOGIA
In base al rapporto temporale tra l'evento traumatico e la comparsa delle alterazioni, le lesione cerebrali possono essere ricondotte a due categorie: le lesioni
primitive (o dirette o da impatto) e le lesioni secondarie (Tabella 1)(1,27,78,143).
Le lesioni dirette, che risultano da forze fisiche che si liberano al momento
dell'impatto vengono distinte in: immediate e ritardate, in relazione al tempo trascorso per l'insorgenza dei sintomi. Non tutte le lesioni dirette o primitive si formano immediatamente dopo il trauma, ma una parte di esse, pur essendo dovute
direttamente all'impatto, si instaura clinicamente con un certo ritardo. Molti pazienti infatti sono in grado di camminare e/o parlare ("intervallo libero"), prima di
cadere in coma e morire a causa di un ematoma endocranico conseguente all'emorragia iniziata al momento dell'accidente(120,147,200).
Le lesioni dirette immediate comprendono: le fratture craniche, le contusioni
cerebrali ed i focolai lacero-contusivi.
Le fratture craniche sono il risultato di una considerevole forza traumatica.
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Questa provoca una deformazione
cranica che, quando supera i limiti
della tolleranza elastica dell'osso,
LESIONI PRIMITIVE DIRETTE
induce la frattura. La direzione e
a) Immediate
l'estensione delle linee di frattura
• fratture craniche
dipendono dal tipo e dalla violenza
• contusione e lacerazione cerebrale
• commozione cerebrale
dell'impatto e dalla consistenza
b) Ritardate
della scatola cranica.
• Edema cerebrale
Le contusioni cerebrali ed i
• Danno assonale diffuso
focolai
lacero-contusivi si possono
• Emorragie endocraniche
verificare sia nella aree sottostanti
- ematoma extradurale
- ematoma sottodurale
all'impatto, come effetto della de- ematoma intracerebrale
formazione ossea conseguente al
LESIONI SECONDARIE
contatto (lesioni da colpo), sia in
regioni cerebrali distanti soprata) Ischemia ed anossia
b) Ipertensione endocranica
tutto controlaterali (lesioni da conc) Infezioni
traccolpo), in genere come effetto
di forze inerziali scatenate da meccanismi dinamici di accelerazione/decelerazione. Macroscopicamente si presentano come aree di tessuto cerebrale
edematoso, iperemico o necrotico-emorragico. Le sedi più comuni di contusione
cerebrale sono i lobi frontali e temporali, specie le loro superfici inferiori, per la
vicinanza con le asperità ossee della base cranica.
Tra le lesioni dirette immediate possiamo includere anche la commozione cerebrale, caratterizzata da una transitoria perdita di coscienza che si instaura come
conseguenza diretta di un trauma al capo e che si risolve senza importanti residui
al di fuori dell'amnesia per l'accaduto (amnesia retrograda). Lo stato commotivo
sembrerebbe dovuto ad un blocco funzionale delle formazioni del tronco encefalico, ma non è ancora stato completamente chiarito in che modo l'insulto traumatico
agisca e blocchi l'attività neuronale nel tronco(156).
Le lesioni cerebrali dirette ritardate comprendono il danno assonale diffuso,
l'edema cerebrale e gli ematomi endocranici.
Il danno assonale diffuso si può produrre in tutti i tipi di trauma e può essere
di diverso grado in relazione alla gravità del trauma(2,78). Per le sollecitazioni a cui
vengono sottoposti gli assoni durante le forze di accelerazione/decelerazione angolare, inizialmente si produce un difetto di permeabilità delle membrane assonali,
che può poi evolvere verso la riparazione strutturale o verso una assotomia, ritardata rispetto al momento del trauma, si verifica infatti nelle 24-48 ore successive(58,167). Il danno assonale diffuso interessa la sostanza bianca sottocorticale e può
essere associato a piccole lesioni emorragiche nel tronco encefalico, nel corpo
Tabella 1. Lesioni traumatiche cranio-encefaliche
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
calloso e più di rado nei nuclei della base. Determina, assieme agli ematomi sottodurali acuti, la mortalità più alta nei pazienti con traumi cranici. Costituisce inoltre
la causa più comune di coma in assenza di ematoma intracranico e rappresenta
l'anormalità strutturale più frequente nei casi post-traumatici con grave disabilità
neurologica o in stato vegetativo(79,99). Può essere identificato solo mediante tecniche di microscopia, ma neuroradiologicamente si possono evidenziare le piccole
emorragie focali che lo accompagnano.
L'edema cerebrale consiste in un aumento del contenuto di acqua nel tessuto
nervoso. In particolare, le lesioni traumatiche sono responsabili di un edema definito "vasogenico", provocato dal passaggio di fluidi negli spazi extracellulari per
una aumentata permeabilità dell'endotelio dei capillari encefalici. Un altro tipo di
edema definito "citotossico" è caratterizzato da un aumento di volume delle cellule
gliali e neuronali per un accumulo intracellulare di acqua ed è causato comunemente da condizioni di ipossia. Inoltre, nell'area encefalica lesa si verifica un'alterazione dei meccanismi di autoregolazione, cioè delle capacità di mantenere un
adeguato flusso ematico in relazione alle richieste metaboliche tissutali, con una
vasodilatazione periferica e conseguente ipoperfusione del tessuto nervoso danneggiato: ne risulta una acidosi tissutale che aumenta l'edema, incrementando così
il danno encefalico.
L'ematoma extradurale è una raccolta di sangue tra il tavolato interno della
teca cranica e la superficie esterna della dura madre e consegue, nella maggior
parte dei casi, ad una rottura dell'arteria meningea media o dei suoi rami determinata da una frattura cranica temporo-parietale(26,27,199,201). L'ematoma sottodurale,
frequentemente associato a focolai lacero-contusivi, è invece una raccolta di sangue nello spazio tra la superficie interna della dura madre e l'aracnoide dovuta alla
rottura, per le forze di accelerazione/decelerazione provocate dal trauma, di vene
tra la corteccia cerebrale e i seni durali, o raramente ad una lacerazione dei seni
venosi della dura madre(198). L'ematoma intracerebrale puro è raro nei traumi cranici, in genere questo tipo di stravaso ematico si produce in seno ad un focolaio lacero-contusivo.
Il tipo di lesione endocranica rappresenta il fattore più importante nell'influenzare l'esito finale di un traumatizzato cranio-encefalico: lesioni che producono gradi equivalenti di coma hanno un esito diverso, infatti lo stesso grado di deterioramento neurologico può essere indotto da lesioni ad evoluzione favorevole
oppure infausta(66), per questo motivo è importante una diagnosi precoce.
Le lesioni cosiddette secondarie comprendono: l'ischemia, l'anossia, l'ipertensione endocranica e le infezioni.
Subito dopo il trauma o durante il trasporto in ospedale il cervello può subire
un danno maggiore di quello provocato dall'impatto, per una condizione di ipossia
da insufficienza respiratoria o di ipotensione arteriosa da shock post-traumatico.
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Questi insulti sistemici riducono le capacità protettive del cervello che normalmente mantengono un sufficiente metabolismo energetico, anche in situazioni di
stress. Tali alterazioni omeostatiche hanno come effetto l'ischemia cerebrale localizzata e/o diffusa che sovrapponendosi alle lesioni precedenti aggrava il danno
cerebrale(9,23,40,86,212,227).
L'ipertensione endocranica è la maggiore complicanze che segna gravemente
l'esito di un trauma cranico(37,39,48,148). La scatola cranica è un contenente rigido e
qualsiasi aumento del suo contenuto provoca un incremento della pressione endocranica. In una prima fase, questo aumento è minimizzato dall'entrata in funzione
di meccanismi di compenso che riducono il volume ematico cerebrale, spostano il
liquido cefalo-rachidiano negli spazi subaracnoidei spinali e aumentano il suo
riassorbimento. Non appena però questi meccanismi si esauriscono, è sufficiente
un piccolo aumento di volume cerebrale per determinare un marcato incremento
della pressione endocranica, con riduzione della perfusione cerebrale e così il flusso ematico cerebrale non è più in grado di fornire le adeguate richieste metaboliche
al tessuto nervoso. L'aumento delle pressione intracranica, inoltre, può provocare
ernie encefaliche, cioè spostamento di parti del parenchima in compartimenti dove
non sono normalmente alloggiate. Le circonvoluzioni della superficie mediale
degli emisferi possono incunearsi sotto il bordo libero della falce cerebrale; la
superficie infero-mediale del lobo temporale può erniare tra il bordo libero del
tentorio ed il mesencefalo; una o entrambe le tonsille cerebellari possono spostarsi
nel forame occipitale e premere sul bulbo. Le erniazioni temporali e cerebellari si
accompagnano sempre a disturbi della coscienza per compressione meccanica e
vascolare del tronco encefalico.
ASPETTI CLINICI
La sintomatologia neurologica del traumatizzato cranico può essere ricondotta principalmente a tre categorie:
1) segni e sintomi focali, che sono espressione del danno di aree encefaliche funzionalmente importanti e comprendono: deficit motori e/o sensitivi, crisi epilettiche, disturbi neuroendocrini, disfunzioni vegetative, disturbi cognitivi e psichici.
Le funzioni psichiche e cognitive sono mantenute principalmente da circuiti
di associazione ed hanno una topografia anatomica non localizzabile: diffusa, ma
certe regioni corticali sembrano essere particolarmente specializzate per un tipo di
funzione. Così la corteccia associativa prefrontale è in rapporto con l'attenzione,
l'affettività e le funzioni motorie superiori, quella parieto-temporo-occipitale con il
linguaggio e le funzioni sensoriali superiori, mentre l'area limbica con la memoria
e gli aspetti emozionali e motivazionali del comportamento(64). Questo spiega per-
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
ché‚ certe alterazioni delle funzioni cerebrali superiori siano provocate da lesioni
localizzate in specifiche regioni cerebrali.
In generale, le lesioni focali dei vari lobi cerebrali possono comportare:
• per il lobo frontale (deputato principalmente all'attivazione dei movimenti volontari, alla produzione del linguaggio, a sinistra, ed al controllo emotivo e degli impulsi): una sindrome piramidale per lesioni dell'area motoria primaria;
un'aprassia motoria unilaterale per interruzione delle fibre associative con la
sede parietale dei programmi motori; un'afasia di Broca per distruzione dell'area motoria del linguaggio; disturbi psichici per interessamento delle aree
prefrontali;
• per il lobo parietale (centro di analisi e, soprattutto l'emisfero sinistro, sede di
elaborazione delle informazioni sensitive e centro di guida del gesto finalistico
e simbolico): disturbi dei vari tipi di sensibilità per lesioni dell'area somatosensitiva primaria; agnosia tattile, per danneggiamenti dell'area somatosensitiva secondaria; perdita dello schema corporeo, cioè somatoagnosia, per
alterazioni di aree associative terziarie; agnosia visiva, che riguarda maggiormente gli oggetti, per lesioni della corteccia associativa somestesica a sinistra,
mentre interessa le funzioni visuo-spaziali se la lesione è a destra; aprassia di
vario tipo per lesioni delle aree associative, specie a sinistra;
• per il lobo temporale (deputato alla comprensione del linguaggio, a sinistra, ed
implicato nell'elaborazione delle informazioni uditive, nel funzionamento della
memoria e nei meccanismi delle emozioni, degli impulsi istintivi e della condotta sessuale): un'afasia di Wernicke per distruzione dell'area sensitiva del linguaggio; agnosia uditiva per lesioni delle aree associative; disturbi della memoria e del comportamento;
• per il lobo occipitale (sede centrale della vista): disturbi visivi, per lesioni dell'area visiva primaria; agnosia visiva, per distruzione delle aree associative.
Esistono differenze funzionali tra i due emisferi: quello sinistro controlla soprattutto le funzioni del linguaggio, mentre quello destro le funzioni visuospaziali(64).
2) segni e sintomi di ipertensione endocranica, che indicano lesioni occupanti spazio ed espansive in sede intracranica. Essi sono: cefalea, vomito senza nausea,
bradicardia, alterazioni del fondo dell'occhio e segni da impegno da ernia subfalcina, temporale o cerebellare;
3) disturbi della coscienza, che possono conseguire a lesioni organiche o ad alterazioni funzionali interessanti il tronco encefalico (sostanza reticolare attivatrice
ascendente) e/o in modo diffuso e bilaterale i due emisferi cerebrali.
La valutazione del livello di coscienza è estremamente importante, perché‚
consente di valutare la gravità del danno encefalico.
Da un punto di vista pratico, nel periodo immediatamente successivo al trau-
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ma, bisogna stabilire qual è lo stato neurologico del paziente, quale è l'estensione e
la gravità del danno encefalico, per indirizzare al meglio i provvedimenti terapeutici. Nasce quindi l'esigenza di utilizzare un sistema di valutazione dello stato clinico del traumatizzato ed in particolare dello stato di coscienza(13,163).
Sono state proposti vari metodi per classificare lo stato di coscienza, al fine di
ottenere dati obiettivi ed universalmente validi che consentano lo scambio di informazioni ed un'efficace monitoraggio dell'evoluzione clinica.
Fra tutte le classificazioni proposte, la Glasgow Coma Scale (GCS)(100) è ampiamente accettata. Si tratta di una scala pratica (Tabella 2) che definisce le condizioni neurologiche del paziente in termini numerici, secondo un punteggio prestabilito valutando tre modalità
di risposta:
Tabella 2.
a) l'apertura degli occhi,
Glasgow Coma Scale
b) la risposta motoria,
Apertura degli occhi
c) la risposta verbale.
4
• spontanea
3
La somma dei tre pun• alla voce
2
• al dolore
teggi ottenuti fornisce un
1
• nessuna risposta
total score che può variare
Miglior risposta verbale
da un minimo di 3 ad un
5
• orientata
massimo di 15. La semplicità
4
• confusa
di questa scala e quindi la
3
• parole inappropriate
sua facilità d'uso, ne ha con2
• suoni incomprensibili
sentito la vasta diffusione.
1
• nessuna risposta
Sulla base di questa
Miglior risposta motoria
valutazione
è anche possibile
6
• obbedienza ai comandi
fare una stima della gravità
5
• localizzazione dello stimolo doloroso
ed allontanamento
del trauma cranico, che vie4
• flessione/retrazione al dolore
ne definito grave se il pun3
• flessione afinalistica al dolore (rigidità
teggio totale alla GCS è infedecorticata)
riore o uguale ad 8; mode2
• estensione al dolore (rigidità decererato quando il total score è
brata)
1
• nessuna risposta
compreso tra 9 e 13; minore
se il punteggio totale è di 14
o 15(144,210).
Per definire la gravità di un trauma cranico alcuni autori preferiscono tenere
in considerazione più criteri, valutando, oltre il punteggio ottenuto alla GCS, anche
la durata della perdita di coscienza e della amnesia post-traumatica(218).
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
EVOLUZIONE
Gli esiti di un traumatizzato cranio-encefalico possono essere verso l'exitus a
breve scadenza oppure, nei pazienti sopravvissuti, verso la guarigione completa o
parziale con sequele organiche o verso stati protratti di alterazione della coscienza
(stati vegetativi persistenti).
L'evoluzione dipende da numerosi fattori, tra cui:
• l'entità del danno encefalico;
• il grado e la durata della perdita di coscienza;
• l'associazione di lesioni extra-neurologiche (alterazioni della respirazione, cardiocircolatorie, gastriche, della funzione renale e del metabolismo);
• l'età: in generale si osserva un incremento della mortalità con l'avanzare dell'età;
• la tempestività delle cure medico-chirurgiche.
Superata la fase acuta è assai importante compiere una stima degli esiti. Fra le
numerose classificazioni elaborate per una valutazione globale ed univoca del danno residuo, la scala proposta dal gruppo di Glasgow(99), Glasgow Outcome Scale
(GOS), è la più utilizzata. La classificazione proposta prevede cinque categorie di
risultati finali misurabili a sei mesi di distanza dal trauma:
1. decesso;
2. stato vegetativo persistente: vi sono inclusi pazienti che non mostrano alcun
segno di contatto con l'ambiente; aprono gli occhi, ma non sono in grado di
eseguire un comando o di parlare;
3. disabilità severa: i soggetti in questo stato presentano disturbi fisici associati a
disturbi mentali; sono pazienti disabili che dipendono dagli altri, necessitando
di assistenza continua per la gestione delle abitudini di vita quotidiane;
4. disabilità moderata: comprende pazienti con deficit intellettivi, psichici o motori di grado variabile, ma in grado di ritornare in famiglia, conducendo una vita
indipendente e capaci di riprendere un lavoro anche se ad un livello inferiore di
quanto consentito prima del trauma;
5. buon recupero: in questo caso i soggetti sono in grado di riprendere a condurre
una vita normale, il lavoro e le altre attività svolte prima del trauma, anche se
con qualche modesto deficit psicologico o neurologico.
Il successo di questo sistema è legato all'idea di giudicare il risultato finale
mediante la valutazione del danno sulla base di criteri funzionali, piuttosto che
strettamente neurologici.
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PREVENZIONE E SOCCORSO
Date le caratteristiche di irreversibilità della lesione traumatica del sistema
nervoso, per ridurre le conseguenze in termini di mortalità e morbilità, l'intervento
più opportuno è quello della prevenzione. Questa si può svolgere a tre livelli.
I dati ottenuti dalle rilevazioni epidemiologiche hanno consentito l'individuazione delle strategie preventive più efficaci e significative, che comprendono:
azioni per la sicurezza attiva, rivolta cioè alle cause predisponenti che possono
essere evitate, ed azioni per la sicurezza passiva, rivolte agli effetti lesivi degli
incidenti(188). Ogni soggetto dovrebbe essere a conoscenza delle situazioni e dei
comportamenti che aumentano il rischio di incidenti e dovrebbe essere posto nelle
condizioni di attuare delle strategie preventive.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha promosso, nel 1991, una campagna internazionale per la prevenzione delle conseguenze delle lesioni traumatiche
ed ha individuato delle aree nelle quali è possibile suddividere le misure preventive:
1) area delle azioni tendenti ad evitare che avvenga un incidente o a limitare le
conseguenze di questo, riducendo gli effetti lesivi del trauma nel momento in
cui si realizza. Comprende: controllo e modifica delle zone e dei settori a
"maggior rischio" sia urbanistici sia lavorativi; rispetto delle norma del codice
stradale, uso del casco e delle cinture di sicurezza ed uso di dispositivi per il
trasporto di bambini. Rappresenta la prevenzione primaria (riduzione delle occasioni di esposizione al rischio di riportare un trauma cranico o adozione di
misure protettive che ne limitano le conseguenze);
2) area delle azioni tendenti a limitare gli effetti lesivi del trauma immediatamente
dopo il suo verificarsi: diffusione delle conoscenze di primo soccorso tempestivo e corretto, protocollo di pronto intervento, razionalizzazione dei servizi di
trasporto dei feriti, rapido invio in centri con strutture specialistiche di neurochirurgia e rianimazione. Rappresenta la prevenzione secondaria (uso di un
tempestivo, corretto e efficiente sistema di primo soccorso sul luogo dell'incidente, attraverso il quale si impedisce l'aggravamento del danno encefalico riportato al momento dell'impatto);
3) area delle azioni tendenti a limitare o eliminare gli esiti successivi: potenziamento e razionalizzazione dei servizi riabilitativi. Programmi riabilitativi e terapia di appoggio che inizino precocemente prolungandosi oltre il reinserimento familiare ridurrebbero sensibilmente l'handicap definitivo. Rappresenta
la prevenzione terziaria (corretta riabilitazione).
Inoltre, essendo la fascia di popolazione giovanile quella più esposta alle lesioni traumatiche cerebrali, è proprio sull'educazione dei giovani che si può intervenire per modificare quei comportamenti ritenuti a rischio, e la scuola dovrebbe
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
essere il luogo più idoneo dove svolgere questa azione di prevenzione.
Le misure preventive risultano però carenti per la limitata possibilità di attuazione. Principalmente deficitaria risulta la prevenzione primaria, non essendo rispettati, in genere, gli obblighi ed i divieti imposti dalla legge sulla circolazione.
Le conoscenze sulla fisiopatologia del danno cerebrale hanno evidenziato che
le lesioni del sistema nervoso possono peggiorare nelle ore successive all'incidente, soprattutto in seguito a concomitanti stati di insufficienza respiratoria e/o circolatoria. Un danno secondario da ischemia e da ipossia a carico del sistema nervoso interviene a condizionare pesantemente la prognosi del traumatizzato cranico(9, 23,40,86,212,227). Uno dei cardini dell'assistenza è quindi di mettere in atto fin dai
primi momenti tutti gli interventi atti a prevenire questi danni secondari. Ciò
presuppone una rapida assistenza rianimatoria, sul luogo dell'incidente, al
traumatizzato cranico che spesso è anche un politraumatizzato. A questo scopo
si è cercato di elaborare delle linee guida al trattamento del trauma cranioencefalico(7,33,67,126,145,146,215). Per permettere l'applicazione di queste linee guida è
necessaria anche la collaborazione dei dipartimenti di emergenza degli ospedali
cosiddetti periferici e, presupposto indispensabile per questa collaborazione è la
possibilità di una rapida trasmissione di informazioni tra queste strutture e i centri
specialistici di neurotraumatologia o di neurochirurgia, nonché‚ di un celere trasporto dell'ammalato nell'ospedale più adeguato.
La Società Italiana di Neurochirurgia ha sviluppato delle "Linee guida per il
trattamento del trauma cranico minore"(215). Tali linee guida suddividono i traumi
cranici minori in tre gruppi a differente gravità all'interno dei quali sono individuati alcuni fattori di rischio. Per ciascun gruppo sono suggerite le modalità di
trattamento, che prevedono un razionale utilizzo della TC, consentito dalla diffusione territoriale delle apparecchiature. Il principale scopo nello sviluppo di queste
linee guida è di fornire un criterio per selezionare i pazienti con trauma minore a
rischio di sviluppo di un ematoma endocranico, prevenendo e trattando l'insulto
ischemico secondario. Queste linee guida dovrebbero essere indirizzate a tutti i
dipartimenti di urgenza e non solo ai centri specialistici.