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n° 373 - gennaio 2016
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L’arte del dormire
Eros dormiente, III-II secolo a.C.
Dio benedica chi ha inventato il sonno, mantello che avvolge i pensieri
di tutti gli uomini, cibo che soddisfa ogni fame, peso che equilibra le bilance
Miguel de Cervantes
e accomuna il mandriano al re, lo stolto al saggio.
L’affascinante, misterioso e silenzioso
stato in cui scivoliamo per approdare
al mondo del sogno che chiamiamo
sonno è una condizione universale.
Tutti dormono: dormono gli uomini
e le donne, i bambini e gli animali, i
buoni e i cattivi, i ricchi e i poveri, gli
dei dell’Olimpo e i santi del Paradiso,
gli angeli e i diavoli.
Hypnos (fratello gemello di Thànatos), raffigurato come un giovane con
delle piccole ali sulla testa, è il dio
greco che con i papaveri porta il sonno
agli uomini donando realistiche illusioni, è un dio benevolo perché sempre circondato dai sogni. Storie reali
o mitologiche sono piene di prodigiosi sonni: Cassandra e il fratello
Eleno è dormendo che acquisiscono
l’arte profetica. Endimione dorme
per l’amore di Selene, mentre è nel
sonno della notte prima della battaglia, che Costantino sogna la rivelazione della Croce che lo condurrà alla
vittoria contro Massenzio. Anche Venere spesso è colta dormiente in mezzo
alla natura o in sontuosi giacigli.
Il sonno però è una debolezza che
può esser pagata cara: lo sa bene
Arianna che, addormentata a Nasso,
viene abbandonata da Teseo; come
lo sa la regina delle Fate Titania che
dormendo è colpita dall’incantesimo
che darà il via all’intrico della shakespeariana storia d’amore e vendetta
del Sogno di una notte di mezza estate;
Argo invece, viene addirittura ucciso
per aver ceduto a quella debolezza, e
stessa sorte è riservata al superbo Oloferne per mano di Giuditta.
Non c’è giustificazione biologica o
fisiologica che ne faccia perdere la
magia: la coscienza sfuma per dar
voce all’inconscio che comincia a
esprimersi con immagini fantastiche
dove tutto diventa possibile, dove i
desideri e le paure prendono forma
e si rendono visibili.
dall’alto
Gyula Benczúr:
Sogno
Piero
della Francesca:
Sogno
di Costantino
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Un momento di abbandono che fa
dimenticare la realtà, la vita terrena
e che certo non può sfuggire ai maestri di tutte le arti e di tutti i tempi:
il sonno in varie forme e sotto diversi
aspetti ha riempito infinite pagine e
tele. Scrittori e filosofi hanno speso
fiumi di parole per raccontarlo, e pittori e scultori si sono prodigati nel
raffigurarlo. Sfiorato da un numero
impressionante di artisti si traduce
nell’osservazione quasi nascosta di un
momento dolce o nella testimonianza
di un tormento onirico, con significati che variano tra l’iconico e il metaforico.
C’è il sonno, sovente declinato al femminile, interpretato come espressione
di una delicata vulnerabilità a tratti
perfino erotica: seducenti dee o donne
mortali spiate in silenzio, colte in un
momento di presenza-assenza, isolate nel segreto regno dell’inconscio.
Tante “Belle addormentate” che, scovate in ogni dove, trovano maggior
bellezza: nelle pose e nei volti di
una distensione sensuale su cui, a
volte, sembra di intuire la traccia di
un sogno. La dolcezza del sonno però,
non è solo voluttà, può anche essere
tenerezza materna o manifestazione
dell’innocenza. Madri, bambini, putti,
angeli, efebi, raffigurati nel loro dormire, sottoscrivono quella naturale
purezza verso cui l’adulto vorrebbe
tanto tornare. E tra gli “innocenti”
non ci sono solo cuccioli d’uomo, ma
anche tanti animali, con particolare
attenzione per quelli che per tradizione ci vivono vicini: gatti e cani accucciati su letti, su poltrone, sotto i
tavoli, accanto al caminetto, o in
un caldo grembo accogliente.
Gli uomini raramente si fanno cogliere nel sonno e quando accade, è
perché sono fiaccati dall’ebbrezza o
vinti dalla spossante stanchezza di
un’enorme fatica. Tra gli impegni che
possono stancare, primo fra tutti, c’è
quello del lavoro: ecco quindi, il sonno
dei lavoratori, dei contadini stesi all’ombra nei campi, dei pastori assopiti tra gli armenti. Schiere di “lavoratori stanchi” fino allo sfinimento;
ma il lavoro non è l’unica attività spossante, ci sono anche quelle che parlano di sesso e che portano indifferentemente uomini e donne ad ab-
dall’alto a sinistra in senso orario
Giovanni Battista Piazzetta: Giuditta e Oloferne
Jules Adolphe Breton: Asleep In The Woods
Tamara de Lempicka: La dormiente
Pierre-Auguste Renoir - Gatto che dorme
Arianna addormentata, copia romana del III secolo a.C.
Frederic Lord Leighton: Flaming June
bandonarsi nell’intimità delle alcove
su letti ormai disfatti.
O dormiente. O che cosa è sonno? Il
sonno ha similitudine con la morte. O
perché non fai adunque tale opra, che
dopo la morte tu abbi similitudine di
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perfetto vivo, che vivendo farsi col sonno
simile ai tristi morti?
Leonardo da Vinci
La descrizione del sonno come immagine della morte avvicina il pensiero di tanti, Leonardo, Cicerone,
Omero, Ovidio, Cervantes, e come
tale è spesso raccontato e raffigurato.
L’idea non si riferisce solo all’apparenza, ma anche alla condizione per
cui, in entrambe le circostanze, abbandoniamo il corpo per viaggiare in
territori – del sogno o dell’aldilà –
dove vivi e morti si possono ritrovare.
Il volto di chi dorme è come quello
di un bambino e allo stesso tempo
propone quello che sarà da morto.
Contemplando il sonno dell’amante,
Paul Verlaine compie una profonda
riflessione sulla morte e sulla caducità dell’amore e dell’agire umano.
Dormire toglie ogni volontà e consapevolezza, è uno stato di abbandono che Salvador Dalì percepisce
e raffigura come una pesante e gigantesca testa – dove il corpo è inutile e
“quasi morto” – sostenuta dalle grucce
della realtà, le stesse che appena si
spezzano ci danno la sensazione di
cadere. Dormire rende vulnerabili ed
espone a pericoli. Pericoli che possono arrivare dalla sfera onirica col
nome di incubi o che giungono dalla
vita reale armando braccia pronte a
profittare di quell’umana debolezza.
E poi c’è il terribile “sonno della ragione”, quello che “produce mostri”,
quello che alla necessità fisiologica
aggiunge un obnubilamento che
guida l’uomo verso una bestiale irrazionalità. Sonno che facendo tacere la ragione genera mostruosità
come i delitti, le guerre, le sopraffazioni di ogni natura, lo stesso che
Goya ha innalzato a monito per l’umanità, lo stesso che, purtroppo, non
cessa di tenere il passo con la storia.
francesca bardi
dall’alto a sinistra in senso orario
Jean-Baptiste Greuze: Ragazzo che dorme sul libro
Michelangelo Buonarroti: Ebbrezza di Noè
Francisco Goya: Il sonno della ragione genera mostri
Salvator Dalì: Sonno
Henry Moore: Shelterers in the tube
Johann Heinrich Füssli: L’incubo
Vincent Van Gogh: La siesta