XXXVII CONGRESSO AIAS

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XXXVII CONGRESSO AIAS
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
AIAS 2014 - 314
MODELLO FEM SEMPLIFICATO DI MOTOVEICOLO PER LO
SVILUPPO DI DISPOSITIVI DI SICUREZZA PASSIVA PER LA
PROTEZIONE DEI MOTOCICLISTI
D. Barbania, N. Baldanzinia, M. Pierinia
a
Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Ingegneria Industriale,
Via di Santa Marta 3, 50139 Firenze, e-mail: [email protected]
Sommario
Nello studio di nuove soluzioni per la protezione dei motociclisti, vengono spesso utilizzati modelli
FEM di crash test composti da un motoveicolo, con manichino antropometrico dotato di casco, che
impatta contro un autoveicolo. Questi possono risultare eccessivamente complessi e lenti nella fase
iniziale di sviluppo di nuovi dispositivi di protezione; obiettivo di questo lavoro è quello di realizzare
uno strumento capace di velocizzare i tempi di sviluppo.
L’idea di base è quella di sostituire i due modelli di veicolo con una slitta mobile. Questa sarà
movimentata applicando dati cinematici provenienti da modelli completi in modo da garantire la reale
interazione del manichino con il dispositivo di protezione.
Abstract
During the development of new solutions for rider protection, Finite Element (FE) models of crash test
are often used. These models, which consist in a motorcycle with an anthropometric dummy and a
helmet, that impact against a car, can result extremely complex and slow in the initial development phase
of new innovative protective devices. The aim of the present work is to provide a tool able to speed up
the research work.
The new virtual motorcycle model consists in a moving sled (e.g. driven with imposed displacements
derived by complete models) that includes the fewest possible components in order to guarantee a
correct geometry of the frontal part of the vehicle and thus to reproduce a good interaction of the dummy
with the safety device(s).
Parole chiave: Motoveicoli; FEM; modello semplificato; sicurezza stradale; dispositivi di protezione.
1. INTRODUZIONE
I veicoli a due ruote rappresentano una soluzione efficace per la mobilità individuale a motore. Rispetto
alle automobili hanno il vantaggio di essere più economici sia in termini di costi di acquisto che di
esercizio, riducono l'occupazione di spazio, sia in movimento che in sosta, hanno minori consumi
energetici e conseguentemente minori emissioni inquinanti.
A fronte di questi evidenti vantaggi, gli utenti di veicoli a due ruote sono maggiormente esposti al rischio
di incidente rispetto agli autoveicoli per le caratteristiche peculiari del mezzo inerentemente instabile.
Per questo motivo l’Unione Europea (EU) ha promosso attività di ricerca per rendere questi mezzi
sempre più sicuri e sostenibili [1][2][3].
Le conseguenze per un motociclista in caso di incidente sono in genere più serie che per il conducente
di autoveicoli, principalmente per la quasi totale assenza di dispositivi di sicurezza passiva (es. airbag o
cinture di sicurezza). Occorre tuttavia sottolineare, che per l’implementazione di sistemi di sicurezza
passiva, efficaci per la protezione degli utilizzatori di motoveicoli, sono necessari studi di simulazione
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e validazione sperimentale molto più approfonditi rispetto al settore automobilistico, che tengano conto
della complessità della dinamica dell’urto e delle fasi successive allo stesso (es. frequente
allontanamento tra mezzo e conducente).
Negli ultimi anni, gli autori hanno sviluppato e realizzato un modello ad elementi finiti (FEM) di più
scenari di crash test di motoveicoli, allo scopo di stimare le lesioni alla testa e al collo del motociclista
[4] e [5]. Gli scenari in questione comprendono uno scooter con un manichino antropometrico dotato di
casco che impatta contro un autoveicolo. Questo modello è molto accurato e rappresenta un ottimo
strumento per valutare la capacità di ridurre le lesioni mediante l’installazione di un dispositivo di
sicurezza passiva integrato sul motoveicolo. Tuttavia, un modello così complesso può risultare
eccessivamente lento nelle fasi iniziali di sviluppo di nuovi dispositivi di sicurezza innovativi, dove sono
richieste diverse simulazioni, per valutare soluzioni costruttive alternative, possibilmente con brevi
tempi di calcolo.
Pertanto, l'obiettivo di questo lavoro è quello di realizzare un modello FEM estremamente semplificato
del crash test, rappresentante uno degli scenari più critici per lo sviluppo di sistemi di sicurezza passiva.
L’idea alla base del nuovo modello è quella di sostituire i due modelli di veicolo con una slitta mobile.
Questa sarà movimentata applicando dati cinematici, ricavati da simulazioni di scenario di crash test
completo. Dovendo essere utilizzata per lo sviluppo di sistemi di sicurezza passiva integrati sulla moto,
quali ad esempio airbag, la struttura della slitta dovrà essere tale da permettere la reale interazione
veicolo-manichino, veicolo-dispositivo e, soprattutto, dispositivo-manichino.
Un modello fortemente semplificato come quello proposto in questo lavoro, deve essere sottoposto
attentamente ad un processo di validazione. Deve essere verificato che i dati forniti da questo strumento,
durante un’analisi di un nuovo dispositivo, siano confrontabili con quelli del modello completo e quindi
riconducibili al caso reale.
Sfruttando un database esistente di scenari simulati, sono stati definiti dei valori limite (nello specifico
dei corridoi) per valutare se il modello semplificato riesce a riprodurre fedelmente lo scenario che
rappresenta.
2. DESCRIZIONE DEL MODELLO FEM DI CRASH TEST
Il modello FEM di crash test è stato sviluppato conformemente alle linee guida riportate nella Normativa
ISO 13232:2005 [6] (Motorcycle - Test and analysis procedure for research evaluation of rider crash
protective devices fitted to motorcycles), definisce metodi e procedure standardizzate per lo sviluppo e
la valutazione di dispositivi di protezione per motociclisti [7]. La normativa ha lo scopo di fornire
strumenti per poter valutare l’applicabilità e la fattibilità di un dispositivo di protezione in caso di urto.
La normativa definisce 200 scenari di crash test motoveicolo-autoveicolo necessari per la valutazione
delle prestazioni dei dispositivi (sono ridotti a 7 per analisi preliminari, Figura 1).
Figura 1: Scenari di urto simulati e definiti nella normativa ISO13232.
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Ogni scenario è identificato da un codice univoco di tre cifre, la prima e la seconda indicano
rispettivamente il punto di contatto dell’autoveicolo (o veicolo opposto OV) e del motoveicolo (MC),
la terza è l’angolo relativo di impatto (RHA – Relative Heading Angle). Suddetto codice è poi seguito
dal valore delle velocità dei due veicoli (OVS e MCS) espresse in [m/s]. In Figura 2 è riportato il modello
FEM in una delle configurazioni di crash test.
Figura 2: Modello FEM di uno degli scenari di crash test.
Il motoveicolo di riferimento è il Piaggio MP3, validato facendo uso di dati sperimentali di un impatto
dello stesso contro parete rigida. Piaggio & C. SpA ha fornito il modello iniziale di motoveicolo, sul
quale sono stati apportati dagli autori aggiornamenti rilevanti per migliorarne la modellazione [8]. Il
modello FE di manichino è una riproduzione numerica di Hybrid III 50° percentile. Per la sua
validazione sono prese come riferimento le prove definite dalla normativa US 49 CFR Part 572 [9]:
queste hanno fornito risultati contenuti all’interno dei limiti prescritti dalla normativa.
Il modello FE di casco utilizzato per le simulazioni è stato realizzato dal Dipartimento di Ingegneria
Industriale nell’ambito del progetto EC Aprosys. Si tratta di un casco integrale di taglia media. Il
modello FE del casco è stato validato riproducendo un drop test e una prova di scalzatura in base al
regolamento ECE/ONU 22 R05 [10], in entrambi i casi i risultati sono contenuti all’interno dei limiti
normativi. La Ford Taurus, utilizzata come OV è un modello sviluppato, validato e distribuito
gratuitamente dal NCAC (National Crash Analysis Center). La scelta è ricaduta su questo modello in
quanto, tra quelli disponibili, è risultato il più simile strutturalmente alla Renault Laguna che è stata
utilizzata nei crash reali con MP3. Sono state quindi modificate la distribuzione delle masse e la
conformazione della zona anteriore per ottenere caratteristiche più simili a quelle della Renault Laguna.
3. METODI
Dall’analisi dei precedenti lavori [4] è emerso che lo scenario più pericoloso, tra i 7 da utilizzare per le
analisi preliminari, è il 413 6,7/13,4, cioè l’impatto frontale a 90° del motoveicolo contro la parte laterale
dell’autoveicolo in corrispondenza della mezzeria, con velocità rispettivamente di 48,2km/h (13,4 m/s)
e di 24,1 km/h (7,6 m/s). Dalla Tabella 1 è evidente come questo scenario presenta un valore di lesione
alla testa (HIC1) significativamente più alto degli altri ed una lesione al collo (Nij2) comunque superiore
alle altre anche se non marcatamente come nel caso precedente.
Tabella 1: Analisi incrociata delle lesioni riscontrabili negli scenari realizzati.
Scenario
413 0/13,4
413 6,7/13,4
412 6,7/13,4
414 6,7/13,4
114 6,7/13,4
143 9,8/0
225 0/13,4
1
2
HIC: Head Injury Criterion.
Nij: Neck Injury Criteria.
HIC
205
1360
485
478
158
16.6
1,01
Nij_max
0,82
0,95
0,44
0.61
0,38
0,46
0,14
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Come già introdotto nei paragrafi precedenti, lo strumento oggetto dell’analisi non deve riprodurre un
determinato crash test ma deve essere rappresentativo del generico scenario 413 6,7/13,4, capace di
tenere in considerazione anche la “variabilità” intrinseca associata al fenomeno reale.
A questo scopo gli autori hanno deciso di utilizzare dati provenienti da un’analisi di sensibilità
precedentemente effettuata sul modello FEM completo di crash test, comprendente 32 simulazioni:
questa analisi che era indirizzata a stimare la “variabilità” del fenomeno imponendo variazioni di
specifici parametri di impostazione delle simulazioni, relativi alle caratteristiche del crash (velocità dei
veicoli, angolo e punto di impatto, ecc.) [11]. L’analisi, dovendo essere rappresentativa di variazioni
reali delle condizioni di prova, è stata impostata definendo le variabili nella gamma di valori che la
normativa impone per l’esecuzione dei crash test.
Questi dati risultano quindi molto adatti al lavoro qui descritto ed è stato quindi deciso di riutilizzarli in
questo lavoro, evitando così di realizzare un nuovo set di simulazioni. Tale database inoltre possiede
tutti i dati cinematici richiesti dall’analisi. Si tenga in considerazione che il tempo di calcolo per ognuna
di queste simulazioni è di circa 50h eseguendo calcoli in parallelo su una macchina con 8CPU (Intel
Xeon 2,26GHz) e 12GB di ram.
Il modello FEM della slitta per essere movimentato necessita di una legge di moto. A tale scopo sono
state selezionate le coordinate (funzione del tempo) di tre nodi (output cinematici) rappresentanti tre tra
i vari sensori accelerometrici3 presenti sul veicolo reale:
1. Manubrio – (1) in Figura 3 –, solidale al telaio principale del motoveicolo e vicino all’attacco
del manubrio.
2. Pedana – (2) in Figura 3 –, solidale al telaio e posizionato nella zona sinistra del sotto-pedana
3. Sella – (3) in Figura 3 –, solidale al telaio e approssimativamente sotto la sella.
I valori sono estratti per tutte e 32 le simulazioni e successivamente sono stati mediati in modo da
ottenere un unico valore per ogni componente dell’accelerometro. Questi sono stati quindi assegnati al
modello FEM come spostamento imposto (rif. sezione successiva).
Figura 3: Posizione degli output: (1) Manubrio, (2) Pedana e (3) Sella.
I dati utilizzabili per verificare se il modello semplificato ha un comportamento corretto sono ricavati in
maniera analoga; in questo caso dovendo verificare che il movimento del manichino nel tempo rimanga
entro certi valori limite sono state usate le coordinate di due nodi rappresentanti due output cinematici4,
posti sul manichino antropometrico:
3
Il modello FEM del Piaggio MP3 è stato validato tramite confronto numerico-sperimentale di un impatto contro
parete rigida, a tale scopo sul modello sono stati inseriti opportuni accelerometri “virtuali” per poter ottenere gli
stessi dati cinematici del veicolo reale.
4
Come per il motoveicolo, anche la versione virtuale del manichino virtuale possiede gli stessi accelerometri della
versione reale.
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1. Bacino – (1) in Figura 4 –.
2. Torace – (2) in Figura 4 –.
Utilizzando i valori estratti da ognuna delle 32 simulazioni è stato possibile elaborare per ogni
componente i corrispondenti corridoi (inviluppo superiore e inferiore) in funzione del tempo,
permettendo così un confronto molto immediato ed efficace.
Figura 4: Posizione degli output sul manichino antropometrico: (1) Bacino e (2) Torace.
4. REALIZZAZIONE DEL MODELLO FEM SEMPLIFICATO DI MOTOVEICOLO: LA SLITTA
La realizzazione del modello FEM della slitta passa attraverso un’attenta fase di valutazione dei
componenti interni ed esterni del motoveicolo che entrano in contatto con manichino e/o eventuale
dispositivo di sicurezza durante una normale simulazione.
La scelta dovrà essere molto oculata in quanto non è chiara in questa fase la tipologia di sistemi che si
intende installare sul motoveicolo, non è quindi definita la sua morfologia e la posizione di installazione.
Considerando però la funzione che deve assolvere, il dispositivo deve interporsi tra motociclista e
motoveicolo, pertanto si assume che venga posizionato nella zona interna e anteriore della culla del
telaio, cioè tra il parabrezza e il serbatoio (Figura 5).
Figura 5: Zone di attacco dei possibili dispositivi di sicurezza.
Per preservare l’integrità del veicolo, il telaio a culla del motoveicolo viene interamente mantenuto (ad
esso sarà ovviamente collegato il nuovo e ipotetico dispositivo oggetto delle future analisi); i nodi a cui
verranno imposti gli spostamenti sono vincolati rigidamente al telaio stesso, e le loro rispettive zone non
sono state semplificate eccessivamente in quanto ciò potrebbe causare un comportamento diverso dal
modello di riferimento.
Tra le parti che entrano direttamente in contatto col manichino, vi sono comprese le zone facente parte
del quadro strumenti e del manubrio ed infine i componenti interni compresi tra la zona della pedana e
del manubrio.
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Le zone anteriori e posteriori (sella compresa) vengono quasi completamente eliminate in quanto
risultanti al di fuori delle parti definite dai nodi con spostamento imposto e comunque non interagenti
in maniera significativa con il manichino.
In Figura 6 è possibile vedere un’immagine del modello FEM della slitta insieme al manichino dotato
di casco.
Figura 6: Modello FEM semplificato, la slitta.
5. IMPOSTAZIONE DELLA SIMULAZIONE
Il modello FEM descritto nella sezione precedente viene quindi utilizzato per effettuare una simulazione
con gli spostamenti imposti, estrapolati dai dati del set di simulazioni. In Figura 7 è possibile osservare
in rosso le varie componenti – X, Y e Z – di ogni spostamento imposto ai tre nodi – Manubrio, Pedana
e Sella – calcolate come la media delle coordinate degli stessi nodi nelle 32 simulazioni di crash test
completo. Relativamente a quest’ultime, sempre in Figura 7 e per ogni componente e nodo, sono riportati
in nero gli inviluppi superiore e inferiore.
Manubrio
Pedana
0
Sella
0
0
-500
-500
-1000
-1000
X [mm]
-200
-400
-600
-800
-1000
0
0.05
0.1
0.15
200
0
0.05
0.1
0.15
100
-1500
0
0.05
0.1
0.15
0
0.05
0.1
0.15
0
0.05
0.1
0.15
300
0
0
Y [mm]
-1500
200
-100
-200
100
-200
-400
Z [mm]
-600
Lim. Sup.
Lim. Inf.
-300
0
0.05
0.1
0.15
-400
60
150
40
100
20
50
0
0
0
Media
0
0.05
0.1
0.15
-100
200
150
100
50
-20
0
0.05
0.1
Tempo [s]
0.15
-50
0
0
0.05
0.1
Tempo [s]
0.15
-50
Tempo [s]
Figura 7: Curve delle componenti di spostamento imposto in funzione del tempo per ogni nodo.
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A causa della dinamica dell’impatto le ruote sono forzate a ruotare intorno all’asse del manubrio,
facendo quindi ruotare a sua volta il manubrio stesso; il moto del manichino è fortemente influenzato
dall’inclinazione e dalle successive rotazioni del manubrio durante l’impatto. Pertanto, oltre alle
condizioni già definite, è necessario imporre anche questa rotazione.
In Figura 8 sono riportate le rotazioni (espresse in radianti) in funzione del tempo relative al movimento
imposto al manubrio (in rosso) e agli inviluppi superiore ed inferiore (in nero) delle simulazioni
complete (esattamente come è stato fatto precedentemente).
Rotazione Manubrio
0.5
Lim. Sup.
0
Lim. Inf.
[Rad]
Media
-0.5
-1
-1.5
-2
0
0.05
0.1
0.15
Tempo [s]
Figura 8: Curva di rotazione del manubrio intorno al proprio asse.
6. ANALISI DEI RISULTATI
Una volta lanciata la simulazione del nuovo modello FEM con tutte le condizioni sopra descritte è
emerso immediatamente il notevole vantaggio nell’utilizzo di questo strumento al posto del modello
completo, essendosi significativamente ridotta la durata dell’analisi: circa 2,5h contro le 50h del modello
completo.
Appare quindi ovvio come un simile strumento faciliti la fase concettuale della progettazione di nuovi
dispositivi, pur non rinunciando alle informazioni dettagliate fornite tipicamente da un modello ad
elementi finiti. Facendo per esempio riferimento allo studio della forma di un airbag integrato su veicolo,
prima di controllare i valori delle lesioni su manichino (con l’utilizzo di opportuni indici di danno
biomeccanici) è necessario verificare che l’airbag abbia una buona interazione con il manichino, che
eserciti la propria forza frenante su una parte non vitale dello stesso, che impedisca al manichino di
urtare direttamente altri oggetti. Per il ricercatore avere un modello FEM che possa permettere di
valutare questi aspetti in 2,5h anziché in 50h è senza ombra di dubbio un vantaggio notevole.
Nonostante i benefici introdotti dalla riduzione dei tempi di calcolo siano rilevanti, prima di poter
utilizzare il modello è necessario verificare che questo abbia un comportamento che sia congruente con
quello di un crash test completo.
In Figura 9 sono riportati i fermi immagine, a vari istanti di simulazione, delle animazioni della slitta e
del modello intero comprendente motoveicolo e autoveicolo. Da una prima analisi del tutto qualitativa
è possibile osservare come il movimento dei due manichini sia molto simile, non solo nella traiettoria
percorsa ma anche nella posizione istantanea.
In Figura 10 è possibile osservare l’andamento delle posizioni dei nodi (in rosso), corrispondenti a
Bacino e Torace, in funzione del tempo per il modello della slitta FEM. Negli stessi grafici (in nero)
sono riportati i corridoi (inviluppi superiore ed inferiore) ricavati dalle 32 simulazioni di crash test
completo.
È doveroso puntualizzare che i dati relativi al modello semplificato sono riportati solo fino a 0,13s
perché in alcune delle 32 simulazioni avviene il contatto tra manichino ed autoveicolo. Mentre
l’imposizione di uno spostamento al motoveicolo introduce l’interazione moto-auto, la legge di moto
non può riprodurre l’interazione manichino-auto. Per tale motivo gli autori hanno deciso di escludere
dall’analisi l’arco temporale successivo a 0,13s in quanto i dati non consentirebbero di effettuare
un’analisi significativa della cinematica del manichino.
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Figura 9: Confronto animazioni tra simulazione con slitta (sinistra)
e una simulazione completa (destra).
X [mm]
Bacino
1500
1000
1000
500
500
0
0
-500
-500
-1000
Y [mm]
Torace
1500
0
0.05
0.1
0.15
200
100
150
50
100
0
50
-50
0
-100
-50
0
0.05
0.1
0.15
1100
-150
0
0.05
0.1
0.15
0
0.05
0.1
0.15
0
0.05
0.1
0.15
Slitta
Lim. Sup.
Lim. Inf.
1150
1000
Z [mm]
-1000
1100
900
1050
800
1000
700
600
0
0.05
0.1
Tempo [s]
0.15
950
Tempo [s]
Figura 10: Posizione dei nodi del Bacino e del Torace in funzione del tempo.
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L’andamento della posizione del bacino risulta all’interno dei corridoi per tutta la durata della
simulazione, considerando che il baricentro del manichino è molto vicino al nodo del bacino è possibile
affermare come globalmente il movimento sia conforme con quello atteso, cioè quello corrispondente
al modello completo.
Per quanto riguarda il torace invece si riscontrano delle incongruenze. La posizione X e Y di questo
nodo risultano all’interno dei corridoi ma la componente lungo l’asse Z esce fuori dai corridoi definiti.
Rispetto al bacino, il torace è globalmente più lontano dalle zone di contatto con il motoveicolo. Il primo
impatto significativo avviene tra la zona anteriore del motoveicolo e le ginocchia del manichino e questo
fenomeno induce una rotazione nel manichino. Ovviamente, in questa situazione più ci si allontana dal
punto di contatto e maggiori sono gli scostamenti in caso di diverse modalità di contatto tra i due modelli
(anche se piccole). Pertanto è comprensibile come sia molto più difficile che il torace rimanga all’interno
dei corridoi rispetto al bacino.
Inoltre, la presenza dello scostamento può essere imputata ad almeno due aspetti che sono stati trascurati,
entrambi sono relativi allo spostamento imposto ai tre nodi della slitta. Il primo è la non corretta
rappresentazione di alcuni eventi specifici durante il crash test, come ad esempio l’impatto più o meno
violento tra i componenti più rigidi nella parte anteriore del veicolo. Tali urti generano variazioni elevate
nell’andamento degli spostamenti nel tempo, in ogni simulazione possono verificarsi non solo con
intensità diverse ma anche ad istanti diversi. Durante l’operazione di media questi eventi distribuiti nel
tempo possono essere distribuiti (variazione ridotte rispetto a quelle di riferimento) nel corso della
simulazione, inoltre questi eventi sono sempre più numerosi con l’avanzamento dell’analisi. Il secondo
aspetto è dovuto al fatto che ogni curva è creata componente per componente senza considerare che
queste sono in relazione tra loro. La curva risultante dei tre spostamenti imposti può effettivamente non
essere la media della risultante degli spostamenti delle 32 simulazioni.
Le due questioni appena affrontate possono generare errori che con l’evoluzione nel tempo della
simulazione portano potenzialmente a scostamenti sempre più grandi.
Anche se l’errore relativo all’intervallo definito dai corridoi arriva fino al 21% ci sono altri aspetti da
considerare nell’analisi dei risultati. Lo scostamento della curva risultante dall’inviluppo inferiore è di
appena 17mm e se confrontato con gli spostamenti totali del manichino l’errore è accettabile, soprattutto
se confrontato anche con l’ampiezza del campo compreso fra il limite inferiore e superiore. Per tale
motivo gli autori ritengono che un errore di qualche decina di millimetro possa essere un valore
accettabile tenendo presente le finalità di questo lavoro.
7. CONCLUSIONI
Scopo del presente lavoro è stato la realizzazione di un modello FEM semplificato di un crash test di
motoveicolo in grado di ridurre il tempo di sviluppo e di accelerare la progettazione e pre-collaudo di
dispositivi di sicurezza passiva per motociclisti, rispetto all’utilizzo di un modello FEM completo.
Per ridurre i tempi di calcolo senza diminuire la precisione dell’analisi, è stato deciso di realizzare una
slitta, semplificando il motoveicolo, movimentata con opportune leggi di moto che riproducano l’esatta
interazione moto-auto. Il nuovo modello semplificato ha un numero di elementi circa un ordine di
grandezza inferiore a quello di partenza (da qualche milione di elemento a qualche centinaia di migliaia).
I dati in ingresso sono stati ottenuti mediando gli output provenienti da un set di 32 simulazioni realizzati
per un’analisi precedente e relativi a tre output cinematici del motoveicolo. Dallo stesso set sono stati
inoltre estrapolati ed elaborati valori di due accelerometri del manichino per poter verificare la
congruenza del comportamento.
I risultati hanno evidenziato una notevole riduzione dei tempi di calcolo del modello semplificato
rispetto a quello completo (2,5h contro 50h). Una prima analisi qualitativa ha verificato che il
movimento è globalmente confrontabile con quello del crash test di riferimento, mentre la successiva
analisi quantitativa ha evidenziato alcune incongruenze nell’andamento della componente verticale
dello spostamento del torace.
Le cause di tali discordanze possono essere ricondotte ad alcuni aspetti trascurati nella creazione delle
leggi di moto per movimentare la slitta. La discussione su tali aspetti e l’entità dello scostamento rispetto
alla globalità del fenomeno, spingono gli autori a ritenere comunque accettabile l’approssimazione
ottenuta.
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Si ribadisce inoltre che questo nuovo strumento non sostituisce il modello completo, più complesso ed
affidabile, ma lo sostituirà solo nella fase iniziale di progettazione di nuovi dispositivi. Infatti nel
modello creato manca la possibilità di valutare l’eventuale interazione del manichino con l’autoveicolo
(il quale è considerato esclusivamente nella decelerazione della slitta).
In futuro il modello sarà ulteriormente sviluppato in due direzioni. Una di queste prevede la ricerca di
nuove soluzioni per ridurre ulteriormente i tempi di calcolo semplificando il modello di slitta. Inoltre
simulando il comportamento della sola slitta si ottengono tempi di calcolo di circa 1h: l’aumento dei
tempi fino a 2,5h è quindi imputabile al modello del manichino. Appare ovvio che per migliorare il
modello in termini di efficienza di calcolo sia necessario intervenire anche sul manichino. Nel futuro
saranno introdotti anche modelli semplificati di quest’ultimo, con parti rigide e con mesh più rade.
Questo è possibile perché lo scopo dello strumento è valutare l’interazione del dispositivo di protezione
con il motoveicolo e il manichino. La valutazione definitiva della capacità di ridurre le lesioni è
comunque affidata al modello completo di crash test.
La seconda delle due direzioni in cui sarà sviluppato il modello riguarda la creazione di nuove leggi di
moto che rappresentino altre configurazioni di impatto. Attualmente è riprodotto solo lo scenario che è
risultato essere il più pericoloso ma questo non esclude che non debba essere valutata la cinematica del
dispositivo di sicurezza in altre configurazioni prima di passare alle analisi e valutazioni successive.
BIBLIOGRAFIA
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