Il recepimento della direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori

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Il recepimento della direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
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Il recepimento della direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori nella Società
europea
Il processo di recepimento della direttiva comunitaria n. 2001/86, riguardante la partecipazione dei
lavoratori alla Società di diritto europeo, avviato con la legge comunitaria 2001, che impegnava il
governo ad attenersi all’avviso comune formulato dalle parti sociali ai fini dell’emanazione del
decreto legislativo di recepimento della direttiva, ha registrato un significativo passo avanti con il
raggiungimento di una posizione condivisa dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente
rappresentative in merito alle modalità concrete di adozione della direttiva in discorso.
Il confronto tra parti sociali è stato lungo e complesso in ragione della novità normativa costituita
dalla imposizione di un obbligo di definire le modalità di coinvolgimento dei lavoratori nella
istituenda Società europea, obbligo estraneo alla tradizione interna in materia societaria, ma altresì
estraneo alla tradizione di relazioni industriali del nostro paese. L’assenza di un modello normativo
di riferimento per la partecipazione dei lavoratori e, d’altro canto, la complessa valutazione circa
l’interesse a costituire società di diritto europeo con sede legale nel nostro paese, hanno
condizionato non poco i tempi e il contenuto del confronto tra attori sociali, chiamati a fornire al
legislatore il loro parere su di un tema apparentemente lontano dalle preoccupazioni immediate e
dalle priorità dell’agenda sindacale degli ultimi mesi. Tali difficoltà in parte giustificano il ritardo
cumulato rispetto alla scadenza dell’8 ottobre 2004, posta dall’art. 14 della direttiva.
La valutazione degli esiti del confronto che ha portato all’avviso comune del 2 marzo 2005 non può
prescindere dalla considerazione della distanza delle posizioni iniziali delle parti e dalla scarsa
visibilità di un dibattito, in altre stagioni al centro delle preoccupazioni politico-sindacali degli attori
sociali.
Ciononostante, sotto lo stimolo imposto dall’obbligo di dare attuazione alla direttiva comunitaria,
alcuni risultati significativi sono stati prodotti. Innanzitutto sembra promettente il fatto che l’avviso
comune sia stato sottoscritto da un ampio spettro di organizzazioni imprenditoriali, oltre a
Confindustria: si tratta di ABI, ANIA, Confcommercio e Confservizi, a testimonianza di un possibile
concreto interesse delle imprese operanti in settori diversi dall’industria ad utilizzare lo schema
della Società europea per il compimento di operazioni transfrontaliere (trasformazioni, fusioni,
creazione di holding comuni o di filiali comuni).
In secondo luogo, ma certamente più importante dal punto di vista dell’adattamento del nostro
sistema societario al modello normativo di società europea, è la chiara opzione espressa dalle
parti sociali in favore del “modello dualistico” di società, ritenuto più idoneo ad esprimere le
istanze di partecipazione dei lavoratori, “in quanto prevede la netta distinzione dei compiti di
gestione (consiglio di gestione) dai compiti di indirizzo (consiglio di sorveglianza), consentendo ai
rappresentanti dei lavoratori, eletti o nominati nel consiglio di sorveglianza, di svolgere in quella
sede un ruolo di influenza sulle strategie delle imprese, contribuendo positivamente a criteri più
evoluti di trasparenza della governance”.
Nel loro documento congiunto del 2 marzo 2005 di accompagnamento dell’avviso comune, le
confederazioni Cgil, Cisl e Uil si impegnano a sostenere prioritariamente e con forza il modello
societario dualistico, avendo già espresso, in occasione dell'approvazione del decreto legislativo di
attuazione della riforma del diritto societario italiano, la convinzione che il modello societario più
idoneo a esprimere le istanze di partecipazione dei lavoratori fosse rappresentato dal cosiddetto
modello dualistico. Va rammentato, infatti, che il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma
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organica della disciplina delle società di capitali e delle società cooperative (in G.U. 22 gennaio
2003, n. 17) si limitava a consentire all’autonomia statutaria della società l’opzione tra diversi
sistemi di amministrazione e di controllo, fondati sul modello vigente degli amministratori e del
collegio sindacale (art. 2380 bis ss.), ovvero sul sistema dualistico basato sul consiglio di gestione
e sul consiglio di sorveglianza (§ 5, art. 2409-octies ss.), o ancora su un nuovo sistema monistico
basato sul consiglio di amministrazione e su un comitato per il controllo della gestione, costituito al
suo interno (§ 6, art. 2409-sexdecies ss.). La cd. riforma Vietti, approvata oltre un anno dopo
l’emanazione del regolamento n. 2157 dell’8 ottobre 2001 sullo statuto di Società europea e della
coeva direttiva sulla partecipazione dei lavoratori nella SE, pur precostituendo la possibilità di
adottare diversi modelli societari, tace del tutto sul/sui modello/i normativo/i idonei a dare corpo
all’idea di partecipazione organica definita dalla normativa sulla Società europea, non fornendo
alcuna indicazione al riguardo. Dovrebbe quindi individuarsi ora, in sede di attuazione della
normativa sulla società europea, il/i modello/i societario/i in cui realizzare l’istanza partecipativa dei
lavoratori nel sistema italiano.
Se la materia della struttura societaria è sottratta, in quanto tale, alla concertazione con le parti
sociali, tuttavia i soggetti firmatari dell’avviso comune raccomandano a Governo e Parlamento, da
un lato, l’adozione di adeguati provvedimenti legislativi volti a consentire modalità di
coinvolgimento dei lavoratori nella Società europea coerenti con gli obiettivi della direttiva n.
2001/86; dall’altro, chiedono di essere consultati sulla conformità alla direttiva dei suddetti
provvedimenti legislativi per poter esprimere il loro parere, in base all’interesse rappresentato dalla
circostanza che la normativa sulla SE è inestricabilmente connessa a forme di partecipazione dei
lavoratori, con indubbia incidenza sul sistema di relazioni industriali.
Se il favore sindacale per il modello dualistico di società è spiegabile con la ragionevole cautela a
far sedere rappresentanti dei lavoratori nell’organo gestorio, con impropria assunzione di
responsabilità dirette, la considerazione di un possibile esito diverso, in favore dell’opzione monista
non ha impedito, tuttavia, di elaborare una posizione comune anche a fronte dell’ ipotesi di
adozione del modello basato sul consiglio di amministrazione: per tale ipotesi le organizzazioni
sindacali Cgil, Cisl e Uil ritengono utile l’indicazione di una figura terza con caratteristiche di
professionalità competenza e moralità che ricopra la funzione di consigliere di riferimento dei
lavoratori e delle OO.SS. nel comitato per il controllo della gestione.
L’individuazione del modello societario più consono alla partecipazione dei lavoratori nella Società
europea appare in effetti lo scoglio maggiore ai fini della attuazione della direttiva nel nostro paese,
stante il silenzio della legge societaria al riguardo e l’assenza di confronto, anche in sede
dottrinale, tra cultori del diritto del lavoro e del diritto commerciale.
Allo stato, infatti, restano aperti alcuni problemi:
-
atteso il parere comune delle parti sociali sulle modalità di recepimento della
direttiva, se il legislatore delegato non ritenesse comunque di dover adeguare la riforma societaria
alle previsioni in materia di Società europea, ciascuna società che intende costituire una SE potrà
scegliere, sulla base della propria autonomia statutaria, tra modello dualistico e nuovo modello
monistico introdotti dalla riforma, mentre sarebbe preclusa la sola possibilità di optare per il
vecchio modello basato sul consiglio di amministrazione e sul collegio dei sindaci;
-
stante l’attuale combinato disposto degli artt. 2399, 1° comma e 2409, comma
duo-decies del c.c., sono ineleggibili nel Consiglio di sorveglianza persone che abbiano un
rapporto di lavoro con la società di che trattasi o con sue controllate: la disposizione ritiene, quindi,
incompatibile con l’esistenza di un contratto di lavoro subordinato, sia pure per qualifica
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dirigenziale, la presenza nell’organismo di sorveglianza della società, in evidente contrasto con la
lettera e con lo spirito della normativa comunitaria in materia di Società europea, che per
partecipazione intende proprio la partecipazione organica di rappresentanti dei lavoratori
nell’organo di amministrazione o di vigilanza della società europea (v. art. 2, lett. k, direttiva
2001/86). Ove questa causa di ineleggibilità non venisse rimossa, si assisterebbe all’evidente
paradosso di consentire la partecipazione organica di rappresentanti dei lavoratori solo ove questi
non siano dipendenti dalla società che ha costituito la società europea né da sue controllate, ma
siano sindacalisti esterni o figure terze di esperti. L’ipotesi va valutata attentamente a causa
dell’impropria funzione partecipativa che il sindacato verrebbe ad assumere. Senza considerare
che uno dei tradizionali ostacoli posti da parte padronale alla partecipazione dei lavoratori è
proprio il timore di un controllo sindacale della funzione partecipativa, laddove, anche in sistemi in
cui la cogestione è istituzionalmente regolata, essa fa capo a rappresentanti eletti dei lavoratori
che siano dipendenti dell’impresa.
-
La registrazione della prima Società europea, nata dalla fusione tra una società italiana e una
società austriaca, è avvenuta in base alla normativa austriaca, con fissazione della sede in Austria
ma con previsione di trasferimento della stessa in Italia dopo quattro anni: il coinvolgimento dei
lavoratori si è in quel caso realizzato solo sulla base del riconoscimento di diritti di informazione e
di consultazione all’apposito organo di rappresentanza dei lavoratori, senza alcuna previsione di
un diritto per i rappresentanti dei lavoratori di sedere nell’organismo di amministrazione o di
sorveglianza, giacché tale forma di partecipazione non era prevista né nella società austriaca, né
in quella italiana che hanno dato luogo alla fusione. La vicenda conferma che il ritardo nel
recepimento della disciplina sulla SE in Italia e l’incertezza sul suo stesso tenore allo stato non
solo non consente la fissazione della sede di SE in Italia, ma comporta altresì la perdita di
attrattiva del nostro paese per operazioni economiche a carattere transnazionale.
Sulle questioni riguardanti la partecipazione dei lavoratori nella Se, oggetto della direttiva, l’avviso
comune firmato dalle parti sociali riprende fedelmente i contenuti della direttiva adattandola senza
forzature al sistema italiano. Le opzioni più rilevanti effettuate dalle parti sociali hanno riguardato:
- la nozione accolta di rappresentanti dei lavoratori, intendendosi per tali i rappresentanti dei
lavoratori ai sensi della legge nonché degli accordi interconfederali 20 dicembre 1993 e 27 luglio
1994 e successive modifiche o dei contratti collettivi nazionali di riferimento qualora i predetti
accordi interconfederali non trovino applicazione (si allude alle rsu e/o alle rsa per quei settori che
non hanno aderito ai predetti accordi interconfederali);
- una costruzione della rappresentanza, ai fini della costituzione della delegazione speciale di
negoziazione (che deve negoziare con la costituenda società europea l’accordo sul coinvolgimento
dei lavoratori), poggiante sul criterio della proporzionalità al numero di lavoratori con contratto di
lavoro subordinato, laddove in una ipotesi avanzata durante la trattativa tra parti sociali erano
stati considerati in maniera più estensiva i lavoratori impiegati “sotto qualsiasi forma”;
- la previsione, in fase di prima applicazione, della elezione o designazione dei componenti della
delegazione speciale di negoziazione tra i componenti delle rappresentanze sindacali (RSU/RSA),
dalle rappresentanze sindacali medesime congiuntamente con le organizzazioni sindacali
stipulanti gli accordi collettivi vigenti. Come consente l’art. 3, lett. b), 2° comma, l’avviso
comune prevede che i componenti della DSN possano comprendere rappresentanti dei sindacati
indipendentemente dal fatto che siano o non siano lavoratori di una società partecipante o di una
affiliata o dipendenza interessata;
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- l’avviso comune prevede, in caso di mancanza in una impresa o stabilimento di una preesistente
forma di rappresentanza sindacale per motivi indipendenti dalla volontà dei lavoratori, che le
organizzazioni sindacali che hanno stipulato il contratto collettivo nazionale di lavoro
applicato dalle società partecipanti, determinano le modalità di concorso dei lavoratori di detto
stabilimento o di detta impresa alla elezione o designazione dei membri della delegazione speciale
di negoziazione;
- la previsione, salvo che non sia diversamente convenuto, che le spese relative al
funzionamento della delegazione speciale di negoziazione e, in generale, ai negoziati siano
sostenute dalle società partecipanti, in modo da consentire alla delegazione speciale di
negoziazione di espletare adeguatamente la propria missione, in particolare assumendo le spese
di organizzazione e di interpretariato relative alle riunioni, le spese relative ai costi di un solo
esperto, nonché le spese di soggiorno e di viaggio dei membri dell'organo di rappresentanza e del
comitato ad hoc;
- l’invito, rivolto dalle parti sociali al legislatore, ad adottare opportune norme di sostegno delle
attività di funzionamento della delegazione speciale di negoziazione, nonché delle attività
formative rivolte ai membri ed esperti della delegazione stessa e degli organi competenti delle
società partecipanti;
- la previsione, in sede di legge applicabile alla procedura di negoziazione, dell’obbligo di far
coincidere, per le SE registrate in Italia, l’ubicazione della amministrazione centrale con quella
della sede sociale;
- il mancato utilizzo della clausola di opting out prevista dall’art. 7, 3° comma, in materia di
partecipazione dei lavoratori ai casi di Se costituita mediante fusione;
- l’invito rivolto al legislatore a ricomprendere nella disciplina sul segreto e sulla riservatezza le SE
che perseguono direttamente e fondamentalmente fini di orientamento ideologico in materia di
informazione e di espressione di opinioni;
- la previsione, tra le forme di tutela dei rappresentanti dei lavoratori, del diritto a permessi
retribuiti per la partecipazione alle riunioni ed il rimborso dei costi di viaggio e di soggiorno per i
periodi necessari allo svolgimento delle loro funzioni, nelle misure che saranno definite dalle parti
stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato;
- l’invito al legislatore ad individuare discipline idonee, in tempi rapidi, ad impedire lo sviamento
delle procedure di costituzione di una SE al fine di negare o privare i lavoratori dei diritti in materia
di coinvolgimento, nonché ad adottare sanzioni adeguate, applicabili in caso di violazione delle
legge di trasposizione della Direttiva 2001/86 da parte della SE, intendendo per tali, in conformità
con la giurisprudenza comunitaria, sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive.
- la previsione della costituzione di una sede tecnica presso il Ministero del Lavoro, composta da
membri nominati dalle parti sociali, preposta ad attività di osservatorio e monitoraggio
dell’applicazione della Direttiva, per verificarne lo stato di attuazione e i problemi applicativi;
- la previsione, in sede di recepimento delle disposizioni di riferimento della direttiva, della
composizione dell’organo di rappresentanza con lavoratori della SE e delle sue affiliate e
dipendenze, eletti o designati al loro interno dai rappresentanti dei lavoratori o, in mancanza di
questi, dall'insieme dei lavoratori, congiuntamente alle organizzazioni sindacali stipulanti i
contratti collettivi nazionali di riferimento: l’elezione o designazione dei membri dell'organo di
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rappresentanza deve avvenire conformemente alle leggi nonché agli accordi interconfederali 20
dicembre 1993 e 27 luglio 1994 e successive modifiche o ai contratti collettivi nazionali di
riferimento qualora i predetti accordi interconfederali non trovino applicazione;
- una disciplina dettagliata relativamente all’ipotesi che si verifichino modificazioni nella struttura
organizzativa della SE durante la vigenza dell’accordo di cui all’art. 4, attraverso la previsione di
una serie articolata di ipotesi: 1) di allocazione di una o più nuove unità locali situate in uno Stato
membro che in precedenza non era coinvolto nella SE: in tal caso i lavoratori di tale unità devono,
nei termini previsti dalle norme nazionali, designare o eleggere un loro rappresentate nell’organo di
rappresentanza dei lavoratori; 2) di soppressione di una o più unità locali presenti in uno Stato
membro: i rappresentanti dei lavoratori delle unità locali di uno Stato membro decadono allora
dall’organo di rappresentanza e l’organo stesso si ridetermina nella composizione risultante a
seguito della avvenuta decadenza; 3) di alterazione della distribuzione dell’occupazione
nell’ambito della SE, sue controllate o dipendenze per una quota pari ad almeno il 10%
dell’occupazione totale del complesso di tale società: la rappresentanza dei lavoratori che operano
nei singoli Stati membri deve essere modificata in relazione alle variazioni intervenute;
- la previsione di modalità di elezione o di designazione dell’organo di rappresentanza in
proporzione al numero dei lavoratori con contratto di lavoro subordinato impiegati, in
ciascuno Stato membro, dalle società partecipanti nonché dalle affiliate o dipendenze interessate,
assegnando ad uno Stato membro un seggio per ogni quota, pari al 10 % o sua frazione, del
numero dei lavoratori con contratto di lavoro subordinato impiegati dalle società partecipanti
nonché dalle affiliate o dipendenze interessate nell'insieme degli Stati membri;
- la previsione del diritto dell’organo di rappresentanza di essere informato e consultato in tempo
utile e di poter a tal fine incontrare la direzione della SE almeno una volta all’anno per discutere
delle prospettive dell’attività della stessa, nonché qualora si verifichino circostanze eccezionali che
incidano notevolmente sugli interessi dei lavoratori, in particolare nel caso di delocalizzazione,
trasferimento, chiusura di imprese o di stabilimenti oppure licenziamenti collettivi, di essere
informato in tempo utile. L'organo di rappresentanza o, se questo decide in tal senso soprattutto
per motivi di urgenza, il comitato ad hoc ha il diritto di riunirsi in tal caso, a sua richiesta, con
l'organo competente della SE o qualsiasi altro livello di direzione più appropriato nell'ambito della
SE, avente la competenza di prendere decisioni proprie, per essere informato e consultato sulle
misure che incidono sugli interessi dei lavoratori (l’avviso comune omette di richiamare l’avverbio
“considerevolmente” dopo il verbo “incidono”). L’espressa menzione delle modalità temporali con
le quali l’informazione deve essere resa e la consultazione deve aver luogo incorpora la
giurisprudenza comunitaria sul principio dell’effetto utile delle normative in materia di informazione
e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, offrendo agli stessi uno strumento per eccepire la
correttezza delle procedure seguite dalla Se.
- circa la partecipazione dei lavoratori nell’organo di amministrazione o di sorveglianza, l’avviso
comune invita il legislatore ad affidare alla contrattazione collettiva la disciplina dei criteri di
ripartizione dei seggi.
La segnalazione analitica degli scostamenti dalla lettera della direttiva mira ad evidenziare l’attività
creativa-adattiva posta in essere dalle parti sociali, rimarcando come, dal canto loro, le
organizzazioni sindacali e datoriali abbiano posto particolare cura nell’attività di trasposizione,
allestendo un meccanismo particolarmente raffinato che, senza operare incursioni su terreni a
loro estranei (si pensi all’attività di composizione delle controversie circa la natura riservata delle
informazioni fornite, sperimentata nell’accordo di trasposizione della direttiva n.94/45 sui CAE e
mai attivata) si preoccupa di far leva sull’acquis della giurisprudenza comunitaria per rafforzare
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l’effettività dei dispositivi posti in essere nell’opera di implementazione della direttiva.
Particolarmente significativa appare al riguardo la maturazione rispetto alle problematiche emerse
in sede di applicazione della direttiva “madre” sui comitati aziendali europei, rispetto alla quale il
presente avviso comune segna indubbi passi in avanti. Il sistema di relazioni industriali mostra così
di saper adattare/adottare la novità costituita dalla Società europea al proprio modello di
rappresentanza nei luoghi di lavoro, riconoscendo un ruolo rappresentativo e regolativo alla
contrattazione collettiva di settore perché l’informazione, la consultazione e l’eventuale
partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori agli organi societari si muova in una cornice
regolativa che resta ancorata al modello di relazioni collettive praticate nel nostro paese.
La parola ora passa al legislatore, chiamato a cercare nella legge societaria i modi e le sedi per la
partecipazione dei lavoratori, e a rispondere agli inviti rivoltigli dalle parti sociali a completare il
quadro legale di recepimento della normativa sulla Società europea attraverso la individuazione di
strumenti sanzionatori effettivi, proporzionati e dissuasivi; la definizione dello statuto protettivo dei
rappresentanti dei lavoratori; la previsione di una normativa di sostegno all’attività transnazionale
dei componenti la delegazione speciale di negoziazione, anche attraverso il riconoscimento di un
diritto alla formazione degli stessi; l’applicazione delle disposizioni in materia di segreto e
informazioni riservate almeno ad alcune tipologie di imprese di tendenza. Sullo stato di
avanzamento dei lavori non è dato sapere nulla, mentre la Commissione potrebbe avviare la
procedura di infrazione contro l’Italia attraverso la lettera di messa in mora.
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