A Scheda storica conoscitiva 481KB Nov 26 2014 09:52:48 AM

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A Scheda storica conoscitiva 481KB Nov 26 2014 09:52:48 AM
REGIONE UMBRIA
PROVINCIA DI PERUGIA
COMUNE DI NOCERA UMBRA
IL SINDACO
Giovanni Bontempi
ASSESSORE URBANISTICA
Maria Berardi
AREA GOVERNO DEL
TERRITORIO
Responsabile del servizio
Geom. Enzo Malacchi
Collaboratori
Don Angelo Menichelli
Tiziana Vagnoli Grandoni
P.R.G.-Parte Strutturale
Scheda storica conoscitiva
Ottobre 2014
Allegato A
alla Delib.C.C. n………. del ……………….
SCHEDA STORICA CONOSCITIVA:
Nocera nella storia
1. L’ambiente e la geografia………………………………………………..……….pag. 3
2. Fondazione di Nocera e organizzazione della civiltà umbra…….pag. 5
3. Nocera nell’età della Romanità………………………………………………..pag. 7
4. Nocera nella dominazione longobarda…………………………………….pag. 9
5. Nocera Comunale……………………………………………………………………..pag.11
6. I secoli moderni………………………………………………………………………...pag.14
7. Secolo XX…………………………………………………………………………………..pag.17
A cura di:
Don Angelo Menichelli
Area Governo del Territorio del Comune di Nocera Umbra
OTTOBRE 2014
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1. L’ambiente e la geografia
La presenza umana nel territorio chiamato poi Territorio di Nocera Umbra, in cui l‟Appennino
centrale descrive la parte orientale, mentre ad occidente un‟altra catena di colline che si
aggirano al di sotto dei mille metri, con l‟altitudine del Monte Subasio (1290) divide Nocera da
Assisi, ha trovato la possibilità di vita fin dal Peleolitico, come dimostrano reperti non tanto
numerosi ma significativi.
Il suggestivo alternarsi di monti, dal suo picco più alto nel Monte Pennino (1571) e il relativo
Monte Penna (1432) intramezzato dal Feniglia (1241) e dal Merlana (1133) con le tre punte
Por Maiore, Por Minore e Micciole, luoghi sacri dall‟antichità più remota, dai livelli di transito a
misura d‟uomo e da abbondanza di sorgenti e fiumi con relativi torrenti che li arricchiscono,
come il Topino, nel versante di Nocera, il Potenza e il Chienti, in quello verso l‟Adriatico, e pure
coperti di macchioni formati da querce e faggi, con altopiani prativi, hanno favorito allevamenti
e pastorizia.
La loro composizione geologica di rocce calcaree molto pure e di sedimenti brecciosi sono
fattori che nel tempo hanno servito a valorizzare costruzioni e infrastrutture e a dare sviluppo al
territorio.
L‟ampia estensione tra la parte orientale e quella occidentale è occupata da colline e vallate
che degradano in spazi idonei per l‟agricoltura, mentre i colli, le caverne e i terrazzamenti si
sono prestati alla costruzione di centri abitati posti per la maggior parte intorno alla molteplicità
di ruscelli e fossi che da sempre hanno confluito sui fiumi Topino e Caldognola, a cominciare
dal Rio Fergia, negli Statuti chiamato ”Flumen Gaifanae”(Libro III, capitolo 123).
L‟abbondanza delle acque nel Nocerino, è stata considerata fin dal Medioevo; lo scrive il
Chronicon Gualdense, nel capitolo 31: “Vi scaturiscono varie sorgenti d’acqua limpide e fresche
che hanno virtù curative per molti malanni”. L‟apertura verso il Piano di Gualdo ha una storia di
origini remote; si pensi ai ritrovamenti sul Colle di Pascigliano, ultimo pezzo del margine
meridionale del Lago di Gualdo, quando la morfologia non era l‟attuale, e sulla collina di casa
Bonifazi, ove sono stati trovati strumenti (Choppers) per la tecnica del distacco e margini
denticolari con grossi ritocchi” che fanno risalire la presenza umana a oltre cinquecento mila
anni fa. A sud lungo la Valle del Topino invece è da registrare un apertura di relazioni umane
per creare nel tempo rapporti di transito e di possibilità di scambi sociali e commerciali. Varie
aree sono state oggetto di scavi archeologici; la più importante di esse è certamente il villaggio
neolitico fortificato del Portone tra la via di Largnano e quella delle Moglie, a nord di Nocera, il
sepolcreto di Ginepraia, sopra Boschetto, (Cf. Sigismondi G., Nuceria in Umbria, 1979, capitolo
I, pp. 19 59).
Le caverne di Sorifa, fino al castellare Liè, di Maschionchie, di Aggi ed i resti di terrazzamenti
come quello della località Le Spogne, diversi residui di sepolcreti sparsi nel territorio, stanno a
dimostrare secoli di vita e di civiltà. Vari nomi ricordano nella tradizione toponomastica i
“Castellari / Castellieri”, abitati fin da epoche remote, e almeno dagli uomini della Civiltà
appeninica, e poi dagli Umbri; i notai del sec. XV citano i Castellari di Lanciano, di Pertana e di
Mascionchie, che hanno conservato “vallo e aggere”, luoghi della presenza maggiormente
prolungata e di cui era rimasto il nome nella memoria, ma nel territorio parecchi altri posti sono
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stati indicati come abitati in età preistoriche e hanno durato, come sulle coste del Verguglio, e
“la Castellina”, sopra Largnano (Cf.Bonomi Ponzi L., Il Territorio di Nocera in età preistorica, in
Territorio nocerino tra preistoria e alto medioevo, 1985, pp. 26-33). .
Per altri basta citare alcuni esempi tra i “vici” maggiori: Usenti tra Nocera e Assisi, con la sua
Okar ove si onorava una divinità di cui non si conosce il nome, ma bronzetti e materiale
metallico e fittile sono stati ritrovati alla fine del secolo XIX (Brizio E., Resti di un antico
santuario riconosciuti in contrada Campo la Piana, in Notizie degli Scavi, 1891,pp. 308-311);
Dubios, dal significato umbro “Dub” di “acqua”, nella vallata del fiume Potenza, tra il Ponte delle
Pecore e Casaluna (Dominici G., La Via Flaminia per Ancona, in BDSPU, 1942, pp.70-71).
Altri ritrovamenti sparsi nel territorio sono stati dispersi dall‟incuria o sono divenuti proprietà
privata, come almeno due aree sacre, dove due altari per sacrifici sono stati identificati, ma
senza descrizione del posto del ritrovamento, e in seguito spostati e riposti in aree private.
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2. Fondazione di Nocera e organizzazione della civiltà umbra
Le varie tribù sparse nel territorio che poi si specificò come “nucerino”, avevano bisogno di
avere un centro amministrativo e di rappresentanza che era la TOTA, mentre il territorio si
diceva TRIFU; si impose un colle dove nell‟OKAR (la parte più alta del colle) era venerata la
dea Favonia o Faunia, nome locale latinizzato che si riferisce a Cupra degli Umbri.
La notizia è stata data da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, che ha voluto esaltare le
origini delle città dipendenti da Roma; chiama i nuclei etnici di NUKR, Nuova costruzione,
Nuceria, “Nucerini cognomine Favonienses et Camellani”(III, 113). I primi sono stati i fondatori,
li hanno poi affiancati i secondi, provenienti da Camerino; non si conosce se, per alleanza o
conquista dovuta al Ver sacrum dei popoli umbri, che a primavera inviavano giovani coppie ad
ingrandire il loro territorio. Certamente si sono uniti nello stesso luogo come gli studi del
Sigismondi hanno dimostrato (Sigismondi G., Nuceria in Umbria, 1979, pp. 87-91).
La città stato ebbe potere su una vasta area di raggruppamenti umani di cui rimangono sia la
toponomastica che ritrovamenti archeologici. Varie grotte hanno dato testimonianze di vita, ma
non sempre sono state valorizzate; sono stati depredati alcuni siti come le grotte di Sorifa e
pure rovinati, come quelle sopra Aggi.
Reggevano la città e il territorio i “Marones”, “magistrati civili”.
Le abitazioni di “Nuceria” in origine di legno, magari davanti a grotte e incavi naturali, erano
poste nei fianchi più difesi del colle, dove numerose polle acquifere davano possibilità igieniche
e di vita sociale; ai piedi poi c‟era il fiume, che solo mille anni fa fu chiamato Topino, che
serviva a sviluppare tecniche primitive di trasformazione dei prodotti naturali.
La cura del territorio era regolata da ampia autonomia, ma le attività maggiori erano la
pastorizia e l‟agricoltura che per secoli hanno significato vita e sviluppo.
Un prodotto di grande valore che costituisce pure oggi la risorsa che ha reso Nocera unica
nella sua specificità è il ritrovamento fatto negli scavi della necropoli di Colfiorito, negli anni
Ottanta del secolo XX. In alcune tombe del secolo VI a.C., ai piedi del defunto un panetto “di
argilla cruda di colore grigio-biancastro” e in altre, l‟argilla “dentro una ciotola”. L‟analisi
eseguita sull‟argilla allo spettro Mossbauer e la “Terra di Nocera” hanno dimostrato la stessa
composizione chimica. La conclusione della archeologa Laura Bonomi Ponzi è stata
consequenziale: “è evidente quindi che la deposizione di tali pani di argilla, presenti solo nelle
tombe emergenti, avesse un significato particolare legato probabilmente ad una sfera magico
culturale di particolare rilievo” (Bonomi Ponzi L., La Necropoli Plestina di Colfiorito di Foligno,
Perugia, 1997, p.87). Nella antichità umbra si conosceva la qualità terapeutica di questo
elemento che si scavava a Nocera e veniva esportato, almeno nei territori limitrofi, ed
adoperato come medicina in vita e in morte come valore apotropaico, capace cioè di
scongiurare anche nel mondo dell‟aldilà gli “influssi maligni”.
Il collegamento acqua-terra è poi nella natura stessa delle credenze antiche, perché dalla terra
scaturiva l‟acqua e le virtù terapeutiche dell‟una venivano senza meno sperimentate pure con
l‟altra; esse erano quindi strettamente unite e si richiamavano a vicenda con spirito magico5
divino; c‟è poi da dire che la cava della Terra di Nocera si trova anche oggi nei pressi della
sorgente dei Bagni.
D‟altra parte nelle tombe c‟erano sicuramente vasi e bicchieri con acqua, che si è dispersa, ma
che aveva pure il medesimo valore della terra, per cui si può dedurre - e non è una forzatura che nelle tombe fosse presente pure l‟acqua dei Bagni.
Gli scienziati poi hanno attribuito le qualità dell‟acqua alla ”miniera”, cioè, come già aveva
intuito Plinio, “le acque hanno la proprietà della terra per la quale scorrono” (Menichelli A., I
Bagni di Nocera Umbra,in I Bagni di Nocera, 2003, p.14).
Con le stesse qualità è stata scoperta nel secolo XX l‟Acqua Flaminia nella zona della Cartiera.
Un‟altra, la maggiormente “oligo minerale” è l‟Acqua del Cacciatore, oggi non sfruttata a dovere
(Cf. Sigismondi, G., L‟Acqua Angelica a i Bagni di Nocera, 1956, pp. 71 75).
Tante altre sorgenti di entità variabile, sono la ricchezza di Nocera e del territorio; da non
dimenticare la piccola vena solfurea di Colsaino e l‟acqua della Serra di Mosciano. Sono notizie
che qualificano Nocera come “Città delle Acque” e costituiscono la primaria attenzione che si
deve in continuazione a questo prodotto della natura che, nonostante gli alti e bassi della
storia, si ripropone ancora oggi come “vocazione” in ogni programma di progresso.
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3. Nocera nell’età della Romanità
Con la conquista dell‟Umbria dopo la battaglia di Sentino (=Sassoferrato) nel 295 a.C., Nocera
fu sottomessa al dominio romano.
Fino alla costruzione della Consolare Flaminia non si conoscono fatti significativi di un centro
fino ad allora dedito alla pastorizia e all‟agricoltura.
A Nocera la strada venne prolungata da Forum Flaminii (oggi S.Giovanni Profiamma di
Foligno) solo nell‟anno 177 a. C., da Sempronio Gracco, almeno così è la descrizione del
Radke (Viae Publicae Romanae, trad. Sigismondi,, 1981). Poi, è Strabone che lo annota, ci
sono borgate popolose più in grazia della loro posizione lungo la via che per l‟importanza
politica, come Foro Flaminio, Nocera “che fabbrica vasi di legno”, e Foro Sempronio
(Geografia di Strabone, V, 2, 10, traduzione di C.O.Zuretti, 1923).
Durante la romanità il centro si distese dal colle degli Umbri ai margini della strada consolare
ripetendo lo stile degli accampamenti militari, il “Cardo” e il “Decumano”, da sud a nord il primo
e l‟altro da est ad ovest.
Intanto Nuceria diventò prima “Municipium”, “Civitas” e “Colonia”, non si conosce se per titolo
militare o di onore. Tuttavia il materiale rinvenuto fino ad oggi della romanità lascia perplessi
perché non si è trovata nessuna iscrizione della tribù cui apparteneva Nocera, si pensa alla
tribù Cornelia come altre città limitrofe a cominciare da Camerino, ma non c‟è riscontro
documentario.
L‟attività economica tradizionale ebbe un incremento, ma anche una diversificazione, come è
sottolineato dalla citazione di Strabone che parla della Flaminia e dà importanza ai centri lungo
la consolare, ma specifica e valorizza i prodotti locali. Solo di Nocera, oltre al nome sulla
Flaminia, si dice l‟attività favorita dalla consolare “dove si fabbricano vasi di legno”.
Lo Iacobilli nel libro “Di Nocera nell‟Umbria e sua Diocesi” pubblicato nel 1653, spiega che a
Nocera e nel suo territorio “..si fanno belli e alti vasi di legno che sono botti, barili, bigonze ed
altri vasi grandi di legno”(pagina 5). Difatti il colle a fianco di quello scelto dagli Umbri per
edificare Nocera c‟è il Colle del Busseto, cioè dove il legno del bosso era la caratteristica del
posto. Si sa che tale legno era usato, perché idoneo alla conservazione dei prodotti, in
particolare per i manufatti che servivano alla raccolta dell‟uva e alla conservazione del vino.
Una convergenza sembra trovarsi in una iscrizione tombale rinvenuta nell‟area tra il Portone e
la Maestà di Picchio: un personaggio che morì a Nocera e veniva dalla Spagna, precisamente
da Cadice, era forse un commerciante o semplicemente un tale di passaggio sulla Flaminia,
secondo un‟ipotesi forse il defunto era venuto a Nocera per acquistare materiale per il vino che
nella sua città era considerato di elevata qualità e diffuso nel mondo romano; essa combacia
con quanto è stato scritto sulla produzione di “vasi di legno” a Nocera (Menichelli A., Nuove
Iscrizioni romane rinvenute a Nocera, in BDSPU,1977, pp.10 12). Oggi sul Busseto non c‟è più
una pianta di bosso; forse perché è stato sfruttato al massimo oppure il terreno è stato
convertito a produzioni agricole nel passato e, l‟attuale bosco, venuto in seguito all‟abbandono
dell‟agricoltura, ha cresciuto specie spontanee di altro genere che hanno sviluppato di più delle
piante originali.
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Scavi del periodo sono venuti a illustrare la vita del passato in località Zingaretti. Vi sono stati
scoperti in superficie una chiesa dell‟età longobarda con tre absidi e in profondità una villa
romana con mosaici e ambienti rivestiti di marmi e forniti di interessanti sistemi di
riscaldamento (cf. Albanesi M. Depliant illustrativo, 2013).
Anche nella costruzione della nuova Flaminia, nei pressi della casa Alunni, sono da favorire la
ripresa di scavi della romanità. Tutta l‟area del territorio tuttavia è necessario che sia tenuta in
attenzione perché sono purtroppo scomparsi nel tempo sia reperti già conosciuti e studiati,
come la pietra miliare del secolo IV d.C., che altri trovati durante le opere di ricostruzione dal
sisma, seppelliti o peggio danneggiati.
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4. Nocera nella dominazione longobarda
La prima discesa dei Popoli Nuovi è stata deleteria per Nocera, data la sua posizione sulla via
Flaminia; fu invasa e rovinata nel 410 d.C. dai Visigoti di Alarico diretti verso Roma. Ma ormai
le incursioni erano frequenti e si viveva nell‟incertezza e nell‟inquietudine.
Si cercò la difesa con la costruzione di due grandi torri tonde, di stile bizantino, e sono “La
Palombara”, ancora esistente, benché trasformata a ferro di cavallo per ricavarvi maggiore
spazio abitativo, ma molto malandata, sul colle dove era ed ha seguitato nel tempo ad essere
situata Nocera, e una seconda, sul Colle di Tiratulo, che diroccò nel 1464, ma non serviva più
come difesa perché Nocera, risalita sul Colle del centro degli Umbri, ormai si era scelta
abitazioni più adatte alla situazione di pericolo; la torre era adibita a “Colombaria” (ANNU, foglio
staccato del testamento del notaio Baldassarre Bartolelli, redatto dal notaio Pietro Antonio di
Rinaldo di Giorgio, A I 17,c. 19v).
A destra della via Flaminia che saliva nella valle si eresse una porta “la Porta di San Martino”.
Il centro rovinato non si riprese lungo la via “Consolare”, ma sulla costa del colle abitato fin dal
tempo degli Umbri; di fatto non fu mai nominata da Procopio durante la Guerra Gotica (535
553).
Intanto la predicazione cristiana si era affermata e alla fine del secolo IV d.C. Nocera era stata
elevata a Diocesi.
A metà del secolo VI, forse Nocera venne conquistata da gruppi assoldati tra le truppe
bizantine composte da militari longobardi, quando la zona cominciò ad essere abbandonata a
se stessa per mancanza di autorità e di governo. Questi furono raggiunti da Longobardi discesi
in Italia, si stanziarono a Nocera per la posizione utile alla difesa e occuparono l‟area dei diversi
colli intorno alla Flaminia, chiamata “del Picchio”, a nord di Nocera, forse arrivando fino al
Castellano dell‟Africa, nome medioevale del colle che probabilmente risaliva al periodo neolitico
ed era un castellare.
C‟è diversità di opinioni tra gli studiosi su dove fossero le abitazioni dei Longobardi, alcuni le
pensano nella zona meridionale del Colle del Gualdo, ma la località vicino alla necropoli, ove
oggi sono state costruite varie abitazioni, e lo scavo non hanno dato risultati di resti abitativi
antichi.
I Longobardi della prima invasione hanno fondato una “Arimannia” nel 571, erano cioè “uomini
liberi longobardi addetti alla milizia”, come pare essere l‟interpretazione di molti studiosi.
La necropoli longobarda del Portone, scoperta e scavata nel 1897/1898, ha portato alla luce
165 tombe longobarde in superficie e in profondità ha sondato antichità e civiltà più antiche
molto interessanti per Nocera (Pasqui A. - Paribeni R., Necropoli barbarica di Nocera Umbra,
1919, coll.137 358).
Secondo i reperti delle tombe longobarde, la datazione in base alle monete non va oltre gli inizi
del secolo VII e quindi i sepolti sono i longobardi della prima occupazione del territorio
nocerino.
Anche una seconda necropoli del periodo longobardo è stata scoperta e scavata a Nocera nel
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1978, è quella di Pettinara. Qui sembra che vi è stata sepolta “una esigua comunità di
Longobardi con caratteri morfologici prevalentemente nordici e cromagnonoidi e in piccola
parte locali, specialmente questi ultimi per quanto attiene agli elementi femminili, forse
direttamente dipendente, frazione, avamposto?, dal più grosso insediamento di Nocera
Umbra”(Hessen von O., Il Cimitero altomedioevale di Pettinara - Casa Lozzi, 1978).
Anche in altri luoghi del Nocerino sono state trovate tombe da riferirsi alla presenza
longobarda molto radicata nel territorio e, all‟inizio, pure oppressiva e prepotente.
La politica longobarda fece di Nocera un Castaldato e con la conquista dei Franchi divenne
Contea del Ducato di Spoleto. L‟integrazione è stata profonda e perfino tra i vescovi del secolo
IX c‟erano dei Longobardi.
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5. Nocera Comunale
Nella diffusa presenza di centri soprattutto rurali il paganesimo ancora resisteva; la
propagazione cristiana fu opera dei Monaci Benedettini, che fondarono diverse parrocchie e
finirono di convertire la totalità delle persone. Oltre la fede cristiana, i monaci portavano metodi
di lavoro e novità di coltivazione e di allevamento con lo studio del suolo e delle diverse colture
da “selezionare” per il miglioramento dei prodotti, pure attraverso i mezzi di produzione come
l‟aratro dotato di cultro, capace di fendere più in profondità il terreno.
Con la sostituzione del Regno longobardo da parte dei Franchi, Nocera già legata al Ducato di
Spoleto, come “Arimannia” e “Castaldato”, divenne Contea e fu l‟area più a settentrione del
Ducato.
Venne il periodo dell‟incastellamento per la difesa in generale, anche per arginare le incursioni
saracene che dal mare arrivavano proditoriamente fino all‟entro terra e depredavano beni,
prodotti e persone.
I Conti di Nocera ebbero l‟incarico di costruire una serie di rocche, castelli, torri di avvistamento
e di collegamento del territorio e tutto fu fortificato e in connessione; l‟estensione si può
ricostruire con l‟assetto della ex Diocesi di Nocera Umbra, che nel 1007 con l‟aggiunta dei
territori, già Diocesi, di Tadinae e Plestia, e forse Rosella (=Sassoferrato), distrutte, compresa
la Pieve di Usenti, sopra Lanciano; è durata fino al 1986; quindi la Contea andava dalla valle
del Topino, attraverso Gualdo Tadino e Fossato fino alle porte di Fabriano, era confinante con
la Contea di Camerino e ad occidente con quella di Assisi.
Con l‟avvento dell‟anno Mille si aprirono orizzonti nuovi di aspirazione e di ideali, di viaggi e di
cultura, di prospettive e di commerci.
Nei primi anni del secolo XII i Conti di Nocera, ad esempio, si trasferirono a Foligno per essere
protagonisti del nuovo corso politico sociale che stava riprendendo forza come i viaggi e il
commercio, lasciando il Castello avito di Postignano e pure la Rocca di Nocera ai familiari
cadetti e/o a sudditi fidati. Si andava così allentando il controllo dell‟istituzione medioevale,
molto legata alla graduatoria di dipendenze per dominare uomini, possedimenti e cose.
Movimenti di autonomia locale si andavano moltiplicando fino alla costituzione dei “Liberi
Comuni”.
Nocera ottenne la gestione del territorio, partendo dalla piazza dell‟Arengo longobardo e dalla
“Torre di san Giovanni” che vi si trovava; era una costruzione bizantina tonda che faceva da
opposizione alla grande torre sull‟acropoli, vicino alla residenza del conte.
Il Comune sorse dandosi uno statuto ed ebbe l‟assenso e la protezione del vescovo Anselmo
(1170-1201); questo appoggiò il nuovo soggetto di democrazia che dava respiro alle forze
sociali e novità di organizzazione civile. La scelta politica fu quindi Guelfa.
Nel 1202 per la pressione dei Comuni più forti in cerca di crescita territoriale, il Comune si
sottomise a Perugia cui varie volte chiese aiuto e sostegno di difesa e di protezione, pure se
non sempre ci fu consonanza e alleanza.
Nocera era un punto nodale dei traffici per i valichi appenninici. La politica delle lotte comunali
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fatta, per interessi locali, di alleanze e di tradimenti, specie per i diversi castelli del territorio che
mutavano appoggi e intese, a seconda delle convenienze, costò a Nocera l‟attacco di Federico
Secondo nel 1248 che prese la città e la distrusse. Esecrabile è stato lo sfregio al Duomo, dove
si stanziarono i Saraceni, riducendolo a “giaciglio dei fornicatori e dimora dei nemici” (Cronaca
Umbra, codice Biblioteca di Assisi n.341, c.93).
L‟anno dopo la morte dell‟Imperatore, i superstiti nocerini trovarono la Chiesa principale di
Nocera in uno stato pietoso, ma tra le dissacrazioni era rimasto intatto il venerato corpo di San
Rinaldo; si credette a un miracolo che dette slancio e impegno di generosità per la
ricostruzione; anzi il Consiglio Generale prese l‟iniziativa di proclamare San Rinaldo Protettore
di Nocera e di tutto il territorio.
La ripresa tuttavia fu complicata pure per il disastroso terremoto del 1279, che contribuì con
moltissimi morti al ridimensionamento dell‟importanza della città e del territorio, riducendone la
crescita e rallentando iniziative sociali e produzioni agricole e artigianali. Fu la parte essenziale
della città, che dopo la caduta dell‟impero romano d‟occidente, si era andata formando come
un poderoso fortilizio, con le vie che seguivano le linee di livello sulla costa del colle intorno a
cui sorgevano palazzi e case dimesse, opere di difesa, torri e muraglie di sostegno, tutto a
rendere difficile l‟avanzare all‟interno del centro abitato.
Nocera fu circondata da una cinta di mura intervallate da torri emergenti fino a sopra la parte
che derupava sul Topino, dove era l‟acropoli con la Torre Civica e il palazzo dei Priori che
avevano sostituito la rocca dei Conti di Nocera, distrutto dal sisma del 1747-1751, l‟attuale orto
dei Canonici. Si valorizzò “il foro romano”, divenuto nel Medioevo, “il Mercatale”, aprendo una
porta che introduceva una nuova strada, la strada “del Borgo”, che rompeva le vie che salivano
secondo l‟andamento del terreno collinare, e si arrampicava dritta verso la Piazza “del
Comune”, l‟odierna Piazza “Caprera”. Fu detta Porta “Nuova” in confronto a quella di “san
Martino” fino ad allora la principale.
Pure il secolo successivo, il Trecento, fu infausto perché le continue lotte che lo funestarono
trovarono terreno favorevole nella geografia di Nocera come luogo di rifugio di ribelli e di
“fuorusciti” che approfittando delle montagne, delle molte vie d‟uscita, i valichi, e dell‟appoggio
di vari castelli del posto, preparavano qui le loro trame e tumulti. Nocera subì incursioni e
saccheggi nel continuo alternarsi di vicende politiche che resero il periodo torbido di tradimenti,
vendette e rivalse. Soltanto dopo l‟assestamento dello Stato Pontificio effettuato dal cardinale
Albornoz che recuperò e riordinò l‟insieme dei territori soggetti al governo papale, con le
“Costituzioni egidiane” del 1357, si cominciò a respirare maggiore serenità e le strutture della
politica e della società in genere si riequilibrarono cercando di rappacificare le diverse categorie
sociali.
Nocera si dette un nuovo Statuto Comunale, pubblicato nel 1371 e stampato nel 1567. Esso
ha costituito un punto di riferimento per vari secoli e ha dato regole di organizzazione della
società nocerina che hanno permesso alla città e al territorio di svilupparsi e progredire dal
governo alla giustizia, dalla scuola al lavoro, dal rispetto delle persone alle pene per chi
trasgrediva.
La pastorizia e l‟agricoltura, attività di base da sempre di tutta l‟area del Comune, ma che nel
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tempo si erano in continuazione evolute ed avevano bisogno di prosperare con un artigianato e
un commercio adeguato ebbero un posto di attenzione primaria. Per la trasformazione di tali
prodotti, numerosi erano i molini, le gualchiere, le fornaci e le fonti, non solo nella Valle dei
Molini, sotto il colle di Nocera, sul Topino, ma nei pressi dei castelli di maggiore popolazione,
vicino al corso dello stesso Topino e degli altri fiumi e torrenti più ricchi di acque, come ad
esempio il paese “le Molina”. Lo Statuto si è preoccupato di dettare norme per il
funzionamento, la manutenzione e la protezione sia delle persone che delle cose e
dell‟ambiente territoriale, dai boschi alle vallate e alle aree adatte all‟agricoltura, dai fiumi e
torrenti alle vie di comunicazione. Intanto, ha riconfermato l‟impostazione del primo Statuto
Comunale, perché ha rispettato nella struttura organizzativa generale le linee sicuramente di
tipo altomedioevale e anche antecedente; anche la caratteristica del Comune di Nocera, da
sempre la geografia lo richiedeva, è stata rispettata con l‟organizzazione paritaria della
ripartizione delle magistrature, tra la città e il comitato, che ha comportato pure a livello di
distribuzione del patrimonio, specie con le Comunanze, nelle parti più abitate del circondario,
zone di uso comune e godimento del pascolo e del legnatico.
Il centro è stato diviso in quattro Quartieri, che si diramavano dalla Piazza del Comune: “Il
Sasso”, la parte intorno alla Piazza del Comune, “Il Borgo”, la zona occidentale che arrivava
fino a Porta san Martino, “La Torre Vecchia”, verso il nord, “Santo Spirito”, la parte orientale,
dal Palazzo dei Priori, il Duomo, fino alla Porta di Santa Croce.
Un forte incremento è stato dato alle Arti; le maggiori erano, l‟arte della Lana, l‟arte della Carta,
nella specializzazione della Bombacina, l‟arte dei Guarnelli, vesti di canapa e di lino, e l‟arte
dei Cervellieri, copricapo di metallo e di cuoio (questa ultima doveva essere antica se in un
elmo ritrovato riconducibile all‟età romana aveva inciso il nome Nucerinus). Anche l‟arte della
ceramica fu incoraggiata e loggiati lungo la via del Corso ancora esistenti lo testimoniano.
Per la stretta connessione dell‟agricoltura con l‟artigianato non mancavano e man mano
acquistavano sempre importanza e aggiornamento i molini, le gualchiere, le fornaci e le fonti
già diffusi nei pressi di ogni castello medioevale. Le vaste aree boschive alternate da conche
prative arricchite da polle acquifere hanno promosso l‟allevamento di bovini, capre e pecore,
come attività di crescita del territorio nocerino. La Valle dei Molini, lungo il Topino sotto il colle
di Nocera, dalle Case Basse e prima da Bagnara, fino alla ex Cartiera, Le Molina, Molinaccio
ricordano un territorio attivo per la trasformazione dei prodotti della terra.
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6. I secoli moderni
L‟amministrazione diretta dello Stato Pontificio, che ha portato prima l‟Umanesimo e poi il
Rinascimento anche nel territorio nocerino, ha dato un‟apertura culturale e sociale. Si è
organizzato ulteriormente l‟assetto del territorio diviso tra la Città, il Piano, la Montagna. Il
centro medioevale si ampliò verso settentrione e intorno al “Mercatale” e nel 1483 una nuova
cinta muraria con “La Porta Nuova”, ora “Porta Garibaldi”, alterata nel 1930 per il passaggio
delle Mille Miglia, delimitò la città.
Anche l‟interno fu abbellito con edifici restaurati in stile cinquecentesco; l‟esempio più
stimolante fu il Palazzo vescovile che, rispettando l‟architettura verso la Piazza del Comune, fu
trasformato ad opera del Vescovo umanista Varino Favorino (1514-1537) in un‟unica sede di
rappresentanza religiosa, degna del tempo e di fatto ospitò nel 1530 il Papa Clemente VII che
si recava a Bologna per incoronare l‟Imperatore Carlo V.
Si organizzò un ospedale unico, e si eliminarono i diversi sorti per assistere i malati; la scelta
cadde nella parte più a nord dell‟attuale Monastero delle Clarisse e se ne dette la guida alle
Terziarie Francescane, presenti a Nocera fin dall‟inizio del secolo XV; dopo il Concilio di Trento
(1545 1563) le suore furono obbligate alla clausura e allora l‟ospedale fu portato nel lato sud
della piazza del Comune. L‟organizzazione di assistenza ai poveri si rimodernò con il Monte di
Pietà e quello Frumentario sorto circa un secolo prima, in un‟unica istituzione caritativa, mentre
i diversi Monti Frumentari dei paesi sparsi sul territorio, come Bagnara, Boschetto, Casaluna,
Colle, Mosciano e Salmaregia, seguitarono ad essere aiuto e sostegno per i luoghi dove
l‟agricoltura era maggiormente sviluppata.
La scuola aveva la sua istituzione di scuola primaria, pure se lo Statuto favoriva i giovani più
portati allo studio con sussidi e che però obbligavano ad andare fuori di Nocera.
Nel 1569 fu fondato secondo i criteri del Concilio di Trento, il Seminario Vescovile che darà il
suo forte contributo alla cultura di Nocera, specialmente nella seconda metà del secolo XVIII,
avrà un momento di pausa per gli avvenimenti dell‟occupazione francese, poi il suo più fulgido
periodo nella prima metà del secolo XIX, con la facoltà di dare una laurea ogni anno in
Teologia, in Diritto Canonico e, dal 1817, pure in Diritto Civile. La sede del Cinquecento fu nei
locali presso l‟oratorio della antica Confraternita di Santa Maria, presente a Nocera dal secolo
XIII; dopo il lungo terremoto del 1747 1751, si spostò in un palazzo sotto la Torre Civica
edificato da nuovo e lì si ingrandì per coadiuvare la serietà dell‟insegnamento che dalla Diocesi
di Nocera fece uscire sei vescovi e molti sacerdoti e laici, ricchi di preparazione spirituale e
culturale che dettero lustro e stima.
Ma la maggiore attività che, dal secolo XV alla metà del secolo XX, fece crescere Nocera e il
territorio, fu la riscoperta del valore delle qualità medicinali, quasi prodigiose dell‟ ”Acqua
Angelica”, che scaturisce e “principia à piè d’un Monte pelato in una valletta tra le Ville di
Stravignano e le Cappanne” (Iacobilli L., Di Nocera nell‟Umbria e sua Diocesi, Foligno,1653;
pp.41 42). Di fronte ad un afflusso numeroso e continuo di persone in qualche modo malate e
che ricevevano sollievo e guarigione, i medici fisici, gli amministratori e la stessa popolazione
locale si prodigarono perché l‟accoglienza, la permanenza e la genuinità del prezioso liquido
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fosse salvaguardata.
Il Comune di Nocera prese in mano l‟organizzazione e si andò verso una soddisfacente
regolamentazione del prelievo, della distribuzione e della vendita, che poi divenne un‟attività
primaria, ma dal Seicento in poi fu necessario l‟intervento del Governo della Provincia
dell‟Umbria, perché, come annota lo Iacobilli, “quest’acqua per le sue mirabili virtù, del continuo
è frequentata in prenderla da infinite persone, ed è giornalmente cavata, e condotta, non
solamente in Roma, Fiorenza, Milano, e altri luoghi d’Italia, ma anco in Germania, Portogallo, in
Costantinopoli..”(Di Nocera nell‟Umbria, citata p.42).
Per il trasporto dell‟Acqua Angelica si iniziò con il far venire i fiaschi da Piegaro, vicino al Lago
Trasimeno; più tardi, nel secolo XVIII, si aprì una fabbrica per fare i fiaschi a Nocera, ed ancora
esiste un complesso edilizio, trasformato in abitazioni chiamato “La Vetriera”; in concorrenza ad
essa, altre due imprese impostarono il lavoro che doveva essere redditizio e utile per evitare
contraffazioni, ma fu un„esperienza di poco tempo.
Il Settecento fu il secolo di maggiore splendore per il Bagno: grandi studiosi, scienziati, chimici
e ricercatori medici analizzarono l‟acqua di Nocera e negli esperimenti la usarono come
esempio, “aqua princeps”, tra le diverse acque termali d‟Italia, una citazione per tutti è il
Vallisneri (Menichelli A., I Bagni di Nocera Umbra, in I Bagni di Nocera Umbra, 2003, p.26).
L‟affluenza dei bagnanti risultò “una moltitudine” e si intrapresero costruzioni di alberghi, di
complessi di bagnatura e di attingimento, interessanti per l‟epoca, oltre che di ininterrotti
interventi di manutenzione, miglioramento e innovazioni per soddisfare le esigenze “dei
Purganti”.
Per il mercato divenuto internazionale che si serviva del porto di Ancona, si costruì la nuova
strada più agevole detta in onore del Papa XII (1730 1740), la Strada Clementina, che in alcuni
tratti riprese l‟antica via romana, il “diverticulum Nuceria Anconam”.
Anche le frazioni dell‟area intorno ai Bagni furono coinvolte nel “ruolo” di mantenimento delle
strade di accesso alla fonte e alle strutture recettive, attirati dalla facoltà programmata di
andare ai Bagni un giorno settimanale per ogni paese, a fare “il mercatino” e vendere i prodotti
delle loro piccole aziende agricole.
Seguirono tempi difficili, dalla dominazione francese alla lunga costruzione dei moti
rivoluzionari per l‟Unità d‟Italia anche se nel 1830, i Bagni di Nocera Umbra furono elevati a
“Stabilimento Pontificio di proprietà sovrana”(Nascita e sviluppo di un complesso Termale, i
palazzi seicenteschi e i Bagni di Nocera Umbra,tesi di laurea di Laura Fortunato e Manuela
Morbegno,Università degli Studi di Roma La Sapienza, facoltà di Architettura, anno 1999 2000,
vol.I, p.186).
Dopo il 1860 lo Stabilimento fu acquistato da Maggiorani che, però, pur avendo rinnovato con
sistemazioni e attrattive moderne, non riuscì a decollare.
Solo alla fine dell‟Ottocento l‟industriale milanese Felice Bisleri ridette un prestigio mondiale
alla diffusione dell‟Acqua Angelica; spostò il prelievo da Bagni a Nocera Scalo, costruì i
capannoni per l‟imbottigliamento e attraverso la ferrovia inviò in tante terre lontane, dagli Stati
Uniti all‟India, l‟acqua di Nocera. L‟ultimo secolo passato però vide il declino della produzione e
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della diffusione, per una serie di causalità concorrenziali e sociali complesse.
Un prodotto naturale, collegato all‟acqua, che fino dai secoli prima di Cristo è stato utilizzato
per le sue qualità, nell‟antichità di tipo mitico sacrale, poi per quelle “assorbenti e fissanti” per la
salute è la “Terra di Nocera”, come è stata dichiarata nel Medioevo. Non ha avuto la pubblicità
dell‟Acqua Angelica, ma è stata utilizzata a livello artigianale e anche nei tempi moderni è
risultata possedere valori chimici importanti, con “proprietà antisettiche, antitossiche e
cicatrizzanti” tanto da essere esportata in blocchi compatti negli Stati Uniti (cf. Sigismondi G.,
La Terra di Nocera,1979).
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7. Secolo XX
Gli avvenimenti politici, complessi e di portata globale, le guerre di conquista coloniali e quelle
devastanti “Mondiali” del secolo XX, la rivoluzione industriale, le vie di comunicazione, i mezzi
di comunicazione radiotelevisivi e informatici apportarono tanti mutamenti sociali e di
conseguenza centri come Nocera, addossati alla catena dell‟Appennino centrale, ai margini di
grandi città e non idonei a produzioni moderne, subirono un rallentamento del vivere di stretto
contatto con l‟ambiente; poi, l‟emigrazione dall‟Unità d‟Italia prima verso l‟estero, fino alle
Americhe e verso i poli industriali interni bisognosi di mano d‟opera, sono stati determinanti per
l‟abbandono di terreni agricoli, la diminuzione di persone e la conseguente privazione di
artigianato e di produzioni locali legate al territorio.
L‟interesse per le grandi attività ed i sistemi a grande respiro hanno sconquassato un‟economia
di piccoli proprietari, di tipo agricolo ristretto, e di artigianato a dimensioni limitate.
Negli anni ‟50 dello stesso XX sec. c‟è stata la “Legge della montagna” che ha favorito i
coltivatori diretti con consistenti aiuti economici per rimettere in ordine case e stalle, favorendo
una certa ripresa, che poi, con l‟abbandono di molti territori agricoli, ha fatto risultare tale
beneficio di poco conto.
Esempi di una certa industrializzazione nel Comune di Nocera Umbra ci sono comunque stati e
hanno mantenuto un certo equilibrio tra l‟industria e l‟agricoltura, ma i terremoti che hanno
colpito Nocera dal 1963 a quello del 1997 sono stati momenti di abbattimento delle situazioni
acquisite, con un impoverimento generale dovuto alle necessità di ricostruzione; la cittadina si
è pertanto trovata a dover affrontare la crisi globale dei primi anni 2000 proprio nel momento in
cui aziende chiuse, l‟agricoltura impoverita e la ridotta vita sociale hanno espresso un certo
ripiegamento individualistico.
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