transazione economica i sistemi, le attività e le metodologie relative

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transazione economica i sistemi, le attività e le metodologie relative
Gestione dell'informazione e delle aziende in rete APPLIC AZIONI DI COM M ERCIO ELETTRONICO – DEFINIZIONI, C LASSI E TIPOLOGIE 1 Parlando di commercio elettronico è necessario innanzitutto schematizzare il contesto e la situazione a cui ci si riferisce. Il riferimento fondamentale è il concetto di transazione economica , ossia la situazione in cui un soggetto (o una pluralità di soggetti) vendono un determinato bene (prodotto, servizio) a uno o più acquirenti. Con Commercio Elettronico (CE) si intende riferirsi al caso in cui la “Rete” supporta questo processo, ossia appunto il processo di transazione. Parleremo in questi appunti di Rete intendendo oggi soprattutto Internet, ma più genericamente qualsiasi applicazione ICT che permette l’interconnessione tra computer di aziende, consumatori, e altri soggetti 2 . Va detto che dare una definizione precisa di commercio elettronico non è semplice, e c’è stato (e in parte c’è tuttora) intenso dibattito sull’argomento. Una definizione troppo restrittiva (ad esempio: intendere il commercio elettronico come le situazioni in cui una determinata transazione venga “integralmente” svolta attraverso la rete) ci porterebbe a restringere il campo di analisi solo a situazioni che, per quanto possano essere importanti (ad esempio, la vendita via Internet di prodotti interamente digitali – file musicali ad es.), costituiscono una porzione modesta del fenomeno nel suo complesso, e hanno ancora una limitata rilevanza se viste nel contesto economico generale. Una definizione del genere farebbe quindi sottostimare la crescente importanza della Rete e delle ICT nell’esecuzione delle transazioni commerciali. Viceversa, una definizione troppo allargata ­ ad esempio: intendere il commercio elettronico semplicemente come qualsiasi caso di interconnessione e comunicazioni con mezzi digitali tra due generici soggetti ­ è di scarsa utilità, in primo luogo perché farebbe includere situazioni che ragionevolmente non possono essere viste come attività commerciali (ad es. le semplici comunicazioni interpersonali), in secondo luogo perché se tutto diventa commercio elettronico allora usare questo termine diventa assolutamente inutile. Due sono dunque gli elementi su cui ci focalizziamo per dare una definizione di commercio elettronico: ­ Ci si riferisce a una situazione in cui c’è una relazione tra due soggetti economici esplicitamente finalizzata a eseguire una transazione economica ossia uno scambio di beni, prodotti o servizi tra un acquirente e un compratore (non si deve cioè, ad esempio, solo trattare di una situazione in cui due soggetti “comunicano” genericamente) avente come contropartita un pagamento; ­ la transazione richiede e comporta, per la sua corretta conclusione, uno scambio di informazione tra i soggetti in gioco; per supportare tali flussi informativi è possibile dunque ipotizzare l’uso della Rete; ­ il commercio elettronico può essere definito dunque come i sistemi, le attività e le metodologie relative all’uso di tecnologie ICT appositamente progettate e implementate per supportare (in tutto o in parte) una transazione e in particolare lo scambio informativo che in essa avviene . Ciò può implicare che, dove possibile, il commercio elettronico potrà supportarne anche l’esecuzione effettiva (ossia il trasferimento dei beni o servizi, o il pagamento), ma si potrà parlare di commercio elettronico anche nei casi in cui questo non avviene. In effetti, una transazione non è una singola attività ma è piuttosto un processo che implica varie fasi (cfr. su questo più avanti): si può cioè parlare di commercio elettronico quando l’uso della Rete riguarda almeno una parte della transazione (purché naturalmente abbastanza significativa ai fini della transazione stessa). Questa definizione (che peraltro richiama quella utilizzata dai maggiori istituti statistici e di analisi economiche) consente di eliminare dall’analisi molte applicazioni delle ICT che qui non riguardano il 1 Appunti a cura di Ettore Bolisani, a integrazione delle lezioni in aula. Non citare né divulgare senza il permesso dell’autore. 2 In effetti, le applicazioni di commercio elettronico non necessariamente girano su Internet (e anzi, fino a qualche tempo fa, gli esempi di applicazioni di CE utilizzavano ben altre tipologie di reti di computer).
commercio elettronico (o, se ciò anche avvenisse, sarebbe inintenzionale) in quanto progettate e usate per altri fini (si pensi, ad esempio, alle applicazioni di chat online). Tuttavia permette al tempo stesso di includere tutte le situazioni di potenziale interesse 3 . É importante sottolineare che non si può parlare di un unico sistema o modello di impiego del commercio elettronico: esistono invece varie applicazioni e tecnologie (più o meno efficaci) a seconda del prodotto, delle imprese, del contesto, delle tecnologie usate, ecc. Inoltre, le relazioni tra i venditori e gli acquirenti online assumono configurazioni diverse a seconda della situazione e del contesto di impiego. Ad esempio, quando si parla di EDI, di “trading on line”, di “aste in rete”, o di “siti Web di vendita in rete” ecc., ci si riferisce sempre a sistemi di commercio elettronico che però sono radicalmente differenti l’uno dall’altro. Occorre dunque fare un po’ di chiarezza, e quindi sono necessarie alcune classificazioni di riferimento. In primo luogo, esistono alcune fondamentali classificazioni con riferimento alla struttura delle relazioni che si configurano con riferimento a una data applicazione di CE. Una distinzione usatissima, e abbastanza ovvia, è quella che considera il tipo di soggetti in gioco, ossia chi compra e chi vende. Il CE business­to­business (b2b) considera il caso di transazioni online tra imprese, mentre il business­to­consumer il caso di imprese che vendono online a consumatori. Ma si possono avere anche altre situazioni, pur se meno frequenti, come il business­to­government (imprese che vendono online a pubbliche amministrazioni), o il consumer­to­consumer (c2c), quando un sistema consente a privati di vendere online ad altri privati. Importante sottolineare, infine, che queste configurazioni possono prevedere la presenza di un intermediario tra chi vende e chi compra, ossia ad es. una società di servizi che gestisce un mercato o un’asta online, un negozio Internet che raccoglie le offerte di molte imprese e gli ordini di molti clienti, ecc. Un altro elemento strutturale importante per identificare il tipo di CE è il numero dei partecipanti al sistema. Abbiamo applicazioni one to one quando l’applicazione di CE è destinata esclusivamente alle transazioni tra due soggetti: un venditore e un acquirente. One to many si riferiscono ai casi in cui il sistema di CE viene realizzato per supportare le transazioni tra un venditore e molti acquirenti. Many to one invece ai sistemi di CE tra molti venditori (di uno stesso bene o categoria di beni) e un unico compratore. Infine il caso many to many si riferisce alla situazione in cui attraverso la stessa piattaforma di CE molti venditori offrono un determinato bene a molti acquirenti. Si noti l’analogia di questa classificazione con quella che caratterizza le strutture di mercato nelle discipline economiche. A seconda del contesto di impiego, tutte queste configurazioni corrispondono a diverse situazioni e quindi applicazioni del CE. Combinando ad es. le due classificazioni precedenti si ha già la possibilità di identificare vari tipi di sistemi di CE, o addirittura varie modalità di utilizzo di una stessa tecnologia o applicazione. Consideriamo innanzitutto il business­to­business, ossia le applicazioni di commercio elettronico tra due imprese (un cliente e un fornitore). Nel business to business, una configurazione one­to­one significa che le transazioni avvengono tra una sola impresa fornitore e un solo cliente. Queste situazioni si hanno in presenza di un’applicazione di CE molto specifica tra due aziende con relazioni strette e con rapporti commerciali che danno luogo generalmente a transazioni sistematiche e ripetute nel tempo. Un caso (peraltro non così frequente) sarebbe quello di una connessione EDI che coinvolge due sole imprese. Le imprese si scambiano documenti in formato elettronico (ordini, fatture, ecc.) relativi alle loro transazioni di fornitura. Oppure si può pensare a un’azienda che offre il proprio catalogo di prodotti online (ad es. di componentistica) a un solo potenziale cliente business. Sempre nel 3 Si pensi ad es. a un catalogo Internet di prodotti in vendita, che pur non permettendo l’intera esecuzione della transazione in rete ma solo alcune delle sue sotto­fasi sarebbe sicuramente da intendere come commercio elettronico
b2b, i sistemi one to many si riferiscono ad es. a un sito di vendita di un fornitore che offre la possibilità di acquisti online a una varietà di clienti; oppure questa configurazione può corrispondere a un sistema EDI “hub­spoke” in cui un’impresa hub (fornitore) è connessa in rete con un certo numero di clienti. I sistemi many to one si riferiscono al caso di molte aziende che riforniscono un unico cliente. Sistemi di questo tipo sono quelli nei quali le aziende fornitori aggregano i propri cataloghi (generalmente di prodotti della stessa categoria) e li mettono a disposizione del cliente che può selezionare i prodotti ed effettuare gli acquisti (sistemi multivendor). Il caso tipico per un’azienda acquirente è quello dei prodotti di consumo accessorio (ad es. lubrificanti industriali, prodotti di pulizia, cancelleria). Le applicazioni tipiche sono i DPS (desktop purchasing system) e i sistemi multicatalogo. Un’altra situazione più complessa si riferisce ai sistemi di appalto online (online bidding system), nei quali l’impresa cliente propone in rete un appalto con apposito bando (Request For Proposals), e i fornitori possono inviare online le proprie offerte che vengono poi selezionate ed eventualmente negoziate. Nel b2b le configurazioni “many to many” si riferiscono al caso in cui in un determinato settore (o per un certo prodotto o classe di prodotti) molti fornitori riforniscono attraverso il sistema di CE molti clienti. I sistemi “many to many” si riferiscono al caso in cui ci siano molti fornitori e molti clienti che interagiscono in una “piazza di mercato” virtuale (electronic marketplace). Casi del genere sono ad esempio le aste online (di materie prime o di componentistica standard), oppure le “bacheche” elettroniche in cui i fornitori possono inviare proprie offerte che vengono esaminate dai potenziali acquirenti. Generalmente questi sistemi richiedono una “terza parte” (un intermediario) che gestisca il sistema (e che può prendere il nome di “intermediario digitale”, “cybermediario”, “market maker”). L’intermediario in questo caso può svolgere varie funzioni che vanno dalla gestione tecnica del sistema di CE, al controllo degli accessi alla rete, alla verifica della regolare esecuzione della transazione online, ecc. Nel business to consumer sono tipiche le situazioni seguenti. Il caso (più teorico che altro) one to one ha assai poca rilevanza e non lo consideriamo. Il caso one to many si riferisce al caso di un’impresa che vende i propri prodotti a un pubblico (potenzialmente anche molto vasto) di consumatori. Le applicazioni tipiche che possono essere ricondotte a questo caso sono quelle dei siti di vendita online (tra i casi più noti Amazon, Dell). Il caso many to many si riferisce a un sistema di CE attraverso il quale molte imprese offrono prodotti (generalmente della stessa categoria) a una vasta platea di consumatori. Anche in questo caso peraltro vi è di norma un soggetto che gestisce il sistema con funzioni di intermediario (si pensi ad es. al caso CHL per la vendita di computer online, oppure, in USA al caso Autobytel che rivende auto ­ usate o nuove). Sempre nel b2c si ha anche il caso delle aste online (ebay è il caso più noto), anche in questo caso con un servizio di intermediazione. Il caso ebay rende anche possibile la transazione diretta tra consumatore e consumatore (c2c) La tipologia di configurazione è direttamente connessa con il “punto di vista” assunto da chi progetta o implementa il sistema. Vi possono essere naturalmente situazioni in cui tutte le parti coinvolte (produttori e venditori) hanno un ruolo (magari anche paritario) nello sviluppo del sistema di CE, ma molto più spesso c’è un soggetto (o gruppo di soggetti) che progetta e implementa il sistema o quantomeno assume un ruolo centrale di guida e indirizzo. In questi casi, evidentemente, il sistema progettato e implementato (e dunque le modalità di funzionamento, la configurazione, i ruoli, chi può avere accesso e chi no, ecc.) assume necessariamente caratteristiche conformi agli obiettivi di chi lo propone, promuove e finanzia. L’analisi andrebbe condotta caso per caso, ma lo studio dell’esperienza corrente consente di identificare alcuni tipici “punti di vista progettuali” che determinano specifiche categorie di applicazioni. Riferendosi ai soggetti coinvolti in una transazione, si hanno ad esempio i sistemi cosiddetti “buy side” se l’applicazione è essenzialmente incentrata sulle problematiche e le esigenze
dell’acquirente (o degli acquirenti). Si tratta di un caso molto frequente nel b2b: ad esempio i sistemi di appalto online (bidding system) sono realizzati sulla base delle specifiche e dei requisiti di chi acquista (che generalmente implementa o sponsorizza direttamente il sistema). Anche un sistema EDI “hub­ spoke”, progettato sulla base delle indicazioni dell’impresa cliente, è quindi un sistema che tende ad essere “buy side”. Al contrario, i sistemi “sell side” sono progettati rispondendo ai requisiti indicati dall’azienda che vende. Nel b2c (o anche b2b) si può fare riferimento al caso tipico di un sito di vendita one to many, progettato evidentemente sulla base delle strategie e degli obiettivi dell’azienda venditrice. I sistemi che prevedono la presenza di un intermediario possono venire progettati secondo logiche diverse a seconda dei casi. Ad es. si può trattare di sistemi “polarizzati” se la logica di funzionamento corrisponde principalmente alle esigenze e agli interessi degli acquirenti o al contrario dei venditori. Esistono infatti sistemi in cui l’intermediario, per valorizzare proprie competenze peculiari o se ha interesse nello sviluppare un proprio business, si mette a disposizione di una parte specifica offrendo i propri servizi di progettazione e di gestione del sistema. Vi sono anche molti casi in cui la società intermediaria viene appositamente creata da un gruppo (o consorzio) di venditori, o di acquirenti, e quindi il sistema assume inevitabilmente una caratteristica “polarizzata”. I sistemi cosiddetti “neutrali” sono invece quelli in cui il sistema (e l’intermediario) assumono (o dovrebbero assumere) caratteristiche di neutralità, equidistanza e indipendenza rispetto ai singoli interessi dell’offerta o della domanda. Questa situazione potrebbe ad es. essere il caso delle aste “generaliste” come ebay. Un’altra importante caratteristica del sistema è se si tratta di un’applicazione di CE “aperta” o “chiusa”. Con sistema, applicazione di CE o rete chiusa intendiamo il caso in cui l’accesso e la connessione è riservato solo a un “club” ristretto, selezionato in anticipo secondo criteri stretti. Con la rete dunque vengono supportate transazioni generalmente ripetute e frequenti, in un contesto di rapporti stabili. Nel caso di rete aperta invece l’accesso è sostanzialmente libero (o soggetto a regole molto meno strette); quest’ultimo caso evidentemente riguarda le applicazioni b2c (ad es. un sito di vendita online). Il sistema di CE deve essere progettato per supportare quindi anche transazioni occasionali, non ripetute (“spot” o “one­shot”), e in un’ottica di breve periodo. Molto più robuste devono essere però le soluzioni per assicurarsi dell’identità online di chi accede, della validità dei pagamenti effettuati, e in generale per garantire che la transazione online possa avvenire regolarmente. Tutto questo va tenuto presente in quanto a sistemi di CE diversi, oltre che configurazioni diverse, corrispondono anche differenti scelte progettuali. Di carattere tecnico (ad es. le tecnologie scelte per il sistema ­ una rete EDI richiede naturalmente apparati e programmi diversi da un sito Internet di vendita online; oppure le connessioni con i sistemi informativi interni di ciascuna azienda che partecipa al sistema di CE), o di carattere economico­organizzativo, come ad es. le modalità operative con cui viene condotta la transazione online; le regole e i meccanismi di garanzia che vengono o possono venire adottati per far sì che la transazione online sia efficace (ad es. validità dei contratti elettronici, firme digitali, ecc.) Conta anche chiarire l’origine del soggetto (o l’impresa) che ha il ruolo principale nell’implementazione del sistema. Questo influenza la natura del sistema stesso, le sue eventuali relazioni con le modalità di transazione commerciale tradizionali, la concorrenza con gli altri soggetti presenti nel mercato (online o tradizionale), ecc. Un primo caso è quello delle imprese “tradizionali” che avviano un progetto di CE (si usa anche il termine brick and mortar ). Si tratta di imprese che già operano nel mercato tradizionale e che avviano iniziative e progetti di CE (ad es. un sito di vendita, un sistema di asta, ecc.). Le imprese “pure Internet
player” sono invece le aziende nate e comparse esclusivamente nel contesto del CE (e generalmente ­ ma non necessariamente ­ via Internet). Nello stesso settore o con riferimento allo stesso prodotto si possono trovare operatori di entrambe le categorie, che magari si fanno concorrenza online. Ad esempio nel caso del libro Amazon è un operatore Internet puro, mentre il suo più forte concorrente online è BarnesAndNoble.com, il sito di vendita della più grande catena libraria tradizionale degli Stati Uniti. Nella grande distribuzione (supermercati online) un esempio di operatore brick and mortar è in Italia la catena Coop (e­coop). Sempre nel settore della grande distribuzione un operatore originariamente nato come “pure Internet Player” (acquisito poi da una catena tradizionale) è stato invece Peapod negli USA. Naturalmente un elemento chiave che ha relazione con la configurazione e il tipo di sistema di CE è il bene che viene trattato e che è quindi l’oggetto della transazione (ciò che viene scambiato tra venditore e acquirente). Si può trattare infatti di prodotti “fisici”, materiali. I casi attualmente più importanti sono, nel b2c: i libri, i PC e in generale l’elettronica, i prodotti da supermercato. Nel b2b è molto più difficile indicare una categoria particolare di prodotti, ma possiamo dire che il commercio elettronico è generalmente più diffuso nei settori dove si usano componenti sufficientemente standardizzati (ad es. componentistica elettronica e meccanica). Evidentemente, in tutti questi casi il CE offre soluzioni ed opportunità relativamente ad alcuni aspetti (ad esempio: lo scambio di un ordine in formato elettronico), mentre altre attività, pure essenziali, continuano spesso a venire svolte in modo tradizionale (il caso più evidente è quello della consegna, o anche la negoziazione). Pertanto le funzionalità del sistema di CE devono essere efficacemente integrate con le attività svolte “offline”. Un’altra area di crescente importanza è quella dei servizi: una consulenza in rete, un servizio di assistenza al cliente, un processo di elaborazione remota, ecc. In questo caso, le ICT offrono opportunità molto importanti in quanto permettono la possibilità di contatti diretti e di interazione con clienti remoti. È inoltre possibile la connessione con sistemi interni (CRM – Customer Relationship Management) per un servizio più personalizzato. Servizi di tipo particolare (in particolare i trasporti) sono fra l’altro quelli che costituiscono il settore oggi più importante del business to consumer. Una terza area importante, anche questa in rapido sviluppo, è quella dei prodotti digitali. I prodotti digitali sono sostanzialmente quelli che sono “costituiti” (o possono essere trasformati in) bit. Le categorie più importanti includono: ­le informazioni (generalmente testuali ma con eventualmente incluse immagini, audio, video, ecc.) ­i testi (ossia libri, volumi, manuali non in formato cartaceo ma elettronico) ­il software ­musica e video. I prodotti digitali appaiono di particolare importanza perché costituiscono un mercato di valore sempre maggiore nell’attuale economia, e perché è l’unica categoria di beni che può essere perfino direttamente consegnata attraverso la rete e dunque (insieme ad alcuni tipi di servizi, ad es. la consulenza online) la transazione può avvenire integralmente in rete. Inoltre, la caratteristica stessa dei beni consente strategie di personalizzazione molto sofisticate (ad esempio, si può fornire un software in diverse versioni – base, professionale, ecc. – che lo stesso utente può scegliere semplicemente cliccando un mouse) (NB: si noti che tali possibilità di personalizzazione sono importanti anche per certi prodotti fisici – ad es. un PC – ma spesso non sono così facili da realizzare). La vendita online di prodotti digitali, a differenza delle altre categorie, ha alcuni aspetti critici specifici. Si pensi ad esempio al problema dei diritti d’autore, che richiede soluzioni (tecniche e legislative) anche sofisticate. Infine bisogna ricordare uno degli aspetti maggiormente importanti del CE, ossia quello di consentire l’integrazione tra prodotti e tra servizi. Si tratta di un’innovazione molto importante che la vendita in
rete offre, ed è coerente con una certa tendenza dell’economia attuale al sempre maggiore contenuto informativo dei prodotti. Molti siti di vendita online, ad esempio (si pensi al caso Dell, o altri simili), offrono un supporto post­vendita online al cliente, che può scaricare manuali, aggiornamenti software, configurare applicazioni, richiedere assistenza remota direttamente attraverso il sistema. Un altro esempio è dato dalla fornitura di informazioni accessorie che possono essere di utilità per il cliente in fase di acquisto. Siti come Amazon, ad esempio, offrono un servizio di informazioni email ai clienti affezionati (cui vengono inviate segnalazioni su nuove uscite), oppure la possibilità di consultare recensioni di libri (anche degli stessi lettori), o ancora navigazioni e ricerche “personalizzate” all’interno dei cataloghi. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza i sistemi di CE. Comunque, anche all’interno della stessa macrocategoria, esistono caratteristiche del prodotto che sembrano influenzarne in modo rilevante la vendita attraverso il CE, almeno con le tecnologie e con i sistemi correntemente disponibili. In altri termini, le caratteristiche (fisiche, prestazionali, economiche) del bene considerato influenzano sia quanto esso stesso sia idoneo ad essere trattato in rete, sia le attività della transazione che può essere effettivamente ed efficacemente svolta con l’uso della rete (v. più avanti). Innanzitutto, un elevato grado di standardizzazione di un prodotto generalmente favorisce la possibilità di essere trattato online. Ad esempio, se di un prodotto sono già sufficientemente note le sue caratteristiche (standard) sia da chi vende e chi compra, esso può essere più facilmente identificato e scelto da un catalogo. In effetti, uno dei problemi del CE, e specialmente (ma non solo) nel caso di vendita “libera” (ad es. sistemi one to many in rete aperta, o sistemi many to many), è quello di permettere l’identificazione senza ambiguità del bene che sarà oggetto della transazione (o quantomeno in un modo che sia giudicato non peggiore dei sistemi tradizionali). In parte collegata alla precedente è un’altra caratteristica del bene: la sua descrivibilità attraverso la rete, ossia la possibilità di mettere l’acquirente nelle condizioni di identificare e conoscere le caratteristiche principali del bene in modo da selezionarlo e acquistarlo a ragion veduta. In effetti, ci sono beni che sono chiaramente descrivibili in rete (ossia la tecnologia è sufficientemente adatta a descriverlo); ad esempio, una scheda elettronica è già sufficientemente descritta una volta che siano indicati alcuni parametri tecnici facilmente comunicabili attraverso un sito Web (parametri fisici, prestazionali, ecc.); mentre per un tessuto (di cui contano le sfumature di colore, l’effetto sulla “mano”, ecc.) le tecnologie ICT attuali non sono in grado di riprodurne le caratteristiche online (o almeno a giudizio di molti operatori non lo sono ancora). Anche per i prodotti digitali (un film, ad esempio) vi sono problemi per la descrivibilità online (è impossibile “codificare” la qualità di un film in modo da renderla nota all’acquirente prima della transazione): questi beni sono anche detti “esperienziali” (experience goods) intendendo che la valutazione delle loro caratteristiche richiede necessariamente la loro fruizione da parte del compratore, il che evidentemente pone problemi proprio con riferimento alla possibilità di descriverli in anticipo. Vi sono poi prodotti per i quali le ICT rappresentano un mezzo per veicolare servizi accessori collegati al bene oggetto della transazione: ad esempio, nella vendita di libri online i servizi di reperimento rapido nei cataloghi online costituiscono un servizio accessorio importante, che dà valore aggiunto al prodotto stesso e quindi al business dell’azienda che vende in rete (abbiamo già accennato a questo aspetto in precedenza). In definitiva, si può dire che un bene è tanto più adatto alla rete quanto più si può veicolare tramite la rete una parte non trascurabile del valore associato alla sua fruizione. Anche il prezzo è generalmente considerato un elemento che influenza quanto un bene sia idoneo ad essere trattato in rete. Qui la questione è tuttavia più complicata. In linea generale, beni relativamente più cari sono ritenuti meno idonei alla vendita essendoci un maggior rischio per acquirenti e venditori. L’esperienza ha peraltro mostrato che la rilevanza di questo elemento non è sempre univoca, e va vista in relazione e in combinazione con gli altri. Negli USA ad esempio, vi sono alcuni casi di successo
nella vendita online di automobili, un bene che ha un valore non modesto per un consumatore. Se poi pensiamo a certe transazioni b2b, che possono riguardare ordinativi per un valore complessivo molto elevato (si pensi a una transazione di borsa, o a un ordine via EDI), in questo caso la questione del prezzo (complessivo) assume connotazioni completamente diverse. Un altro aspetto importante è il prezzo relativo, ossia il prezzo della vendita online rispetto a quello dello stesso bene reperibile nel mercato tradizionale. Anche in questo caso, tuttavia, vi sono casi (anche di successo) in cui i beni venduti in rete costano, complessivamente, più di quelli reperibili nei mercati tradizionali. In questo caso, conta evidentemente il prezzo rapportato al “valore complessivo” del prodotto e servizio (ad esempio: comodità della spesa online, notorietà del venditore, difficoltà a reperire il prodotto in altri modi, ecc.) Come si diceva prima, i vari sistemi di CE si differenziano infine anche dal fatto di supportare fasi, o porzioni o “sottoattività” differenti di una transazione. Una transazione può infatti essere come un processo che comporta diverse attività o fasi. Le principali fasi sono: informazione­contatto, negoziazione e sottoscrizione di un contratto, esecuzione (consegna, pagamenti, ecc.), e post­vendita (eventuali attività successive ­ garanzie, resi, assistenza, registrazione e analisi della transazione, ecc.). Il caso che esaminiamo si riferisce genericamente alla vendita di un prodotto fisico, ma è in realtà facilmente adattabile ad altre situazioni. Nella fase di informazione­contatto si ha uno scambio di informazioni preliminari tra venditore (offerta) e compratore (domanda), essenziali per stabilire un contatto e procedere quindi con la transazione. Ad esempio, possibili attività che il venditore può svolgere è: raccogliere informazioni sulla potenziale clientela in modo da meglio definire e orientare la propria offerta, indicare al mercato i propri prodotti ed eventualmente i prezzi rendendo tali informazioni accessibili al mercato e/o a specifici clienti, tentare di contattare direttamente potenziali clienti, e così via. Il venditore invece svolge tipicamente attività come: effettuare una ricerca di possibili prodotti che soddisfino i propri bisogni, effettuare una ricerca dei possibili fornitori che offrono tali prodotti o prodotti simili, contattare tali fornitori per raccogliere ulteriori elementi e richiedere preventivi, effettuare confronti tra offerte di fornitori diversi, ecc. Nella fase di negoziazione­contratto, immaginando che un venditore e un acquirente abbiano stabilito un contatto con l’intenzione di effettuare una possibile transazione, si passa a definire i possibili termini di tale transazione. Quindi le parti si scambiano informazioni per poter definire innanzitutto l’oggetto dello scambio (ad es. la configurazione del prodotto scelto), e poi negoziare i termini (prezzi, quantità, date di consegna, modalità di pagamento, ecc.). Se le parti trovano un accordo, si può passare a un vero e proprio contratto con cui le parti si assumono i rispettivi obblighi. Nella fase di esecuzione, avviene il vero e proprio scambio. L’avvio di questa fase è generalmente determinato da un ordine di acquisto formalizzato da parte dell’acquirente (può coincidere con il contratto), cui possono seguire altri scambi informativi o di documenti (una conferma d’ordine ad es.), e si conclude con la consegna del bene da una parte e il pagamento dall’altra. Infine si ha (o può esservi) una fase successiva alla consegna, quale l’assistenza al cliente, la gestione delle garanzie, resi e reclami, o infine la registrazione e l’analisi della transazione (ad es. un’impresa può avere interesse a registrare le caratteristiche dell’acquirente per proporre nuove transazioni in futuro). Come si vede, l’elemento essenziale ai fini del CE è che una generica transazione comporta non solo lo scambio fisico di un bene e, come contropartita, un pagamento ma anche numerosi scambi informativi tra venditore e acquirente che, in un contesto tradizionale, possono avvenire in modalità differenti: contatti verbali, scambi di testi, scambi di documenti commerciali e amministrativi, ecc. Il CE consiste dunque nell’esecuzione di alcune di queste attività di scambio informativo tramite le tecnologie ICT (e in qualche caso, ma solo quando possibile, anche l’esecuzione degli scambi di beni e dei pagamenti).
Quindi è evidente che a seconda dei casi (e anche quando si tratta dello stesso prodotto) si potranno avere sistemi che riguardano alcune delle attività prima indicate (e magari solo poche di esse, per quanto significative), altri che ne riguarderanno anche altre, o diverse. Di fatto, si potrà quindi distinguere i vari sistemi di CE in relazione alla fase della transazione supportata. Come abbiamo visto vi sono vari aspetti che influenzano il modo in cui il commercio elettronico può venire utilizzato e quindi implementato, e quindi se ne possono identificare configurazioni piuttosto diverse; allo stesso modo, la diffusione di un sistema di commercio elettronico in un settore e la sua adozione da parte di una data impresa o soggetto economico può avere effetti importanti sul modo in cui tale soggetto si relaziona con gli altri operatori (fornitori e clienti) con i quali utilizza il CE. Quest’ultimo aspetto è stato oggetto di approfondite analisi da parte degli studiosi del CE e delle sue implicazioni economiche. In particolare è emerso un interrogativo chiave: quali sono i prevedibili effetti della diffusione del CE? In base a quali modelli economici e manageriali è possibile identificare e valutare tali effetti? È vero (come alcuni hanno sostenuto in passato) che con la sua diffusione Internet è destinata a diventare la grande e unica “piazza di mercato” virtuale dove tutti i possibili acquirenti e venditori (chiunque essi siano e dovunque si trovino) possono facilmente effettuare transazioni di qualunque tipo con grande efficienza? Si tratta questioni essenziali che necessitano di una risposta: se davvero, come in effetti sta avvenendo, Internet rappresenterà nel futuro una delle piattaforme fondamentali della comunicazione umana anche per le attività economiche, è necessario mettere a punto degli schemi interpretativi che ci permettano di comprendere cosa essa realmente rappresenterà per il business. Uno dei modelli maggiormente utilizzati per studiare il ruolo del CE come piattaforma per il business si rifà agli studi dell’economista Williamson (e altri prima di lui) e in particolare al modello dei costi di transazione. Questo approccio cerca di spiegare le ragioni economiche fondamentali per cui un’impresa è indotta a scegliere una configurazione integrata delle proprie attività (ossia “fare in casa” – make) o viceversa ricorrere ai servizi di terzi (“acquistare all’esterno” – buy). Il discorso può essere applicato in modo generale a qualunque operatore economico in qualunque punto della filiera o catena produttiva, ma per chiarezza esemplificativa ci riferiamo alla situazione tipo di un’impresa che realizza prodotti finiti da vendere al mercato, e supponiamo che per realizzare tali prodotti l’impresa abbia necessità di un certo componente. Sulla base di quanto detto prima, sono identificabili due soluzioni organizzative limite: una è una totale integrazione interna (ossia realizzare il componente in casa) l’altra all’opposto è l’acquisto sul mercato esterno (ossia cercare un fornitore da cui comprare il componente). Quali variabili influenzano la decisione relativamente all’una o l’altra opzione? Secondo Williamson possiamo utilmente riferirci al concetto di costi di transazione. I costi di transazione sono i costi che un soggetto (acquirente o venditore) deve sostenere per portare una transazione a buon fine. Essi includono ad es. il costo (in termini di tempo o altre risorse) per la ricerca di informazioni sul mercato e sui suoi operatori, per selezionare le controparti, per definire l’accordo, ecc. L’esistenza di costi legati all’attività di transazione è evidente a chiunque svolga anche il più elementare degli acquisti (o delle vendite): è un costo di transazione il tempo impiegato per trattare sul prezzo di un prodotto comprato a un mercatino, o il tempo (e il costo) per tradurre un contratto da un'altra lingua; sono costi di transazione una commissione pagata a una banca per effettuare un bonifico, o il tempo speso nel ricercare il negozio appropriato per un dato acquisto. Si noti che tali costi sono comunque aggiuntivi rispetto al prezzo che un acquirente deve pagare per l’acquisto (ovvero specularmente, quando interessano il venditore, riducono il suo margine di profitto). I costi di transazione emergono a causa di alcuni elementi imprescindibili che riducono la disponibilità di informazione nonché la capacità degli operatori di valutarla correttamente (ad es. la condizione di
asimmetria informativa : gli operatori sul mercato non dispongono delle stesse informazioni; di razionalità limitata : non è possibile conoscere o prevedere in modo completo e definito tutti gli elementi necessari per prendere una decisione; di opportunismo: ciascun operatore persegue i propri interessi, anche a scapito della controparte se ciò è necessario). Tuttavia, queste condizioni sono diverse a seconda del tipo di transazione, di operatore, di situazione particolare ecc. In generale sono però identificabili alcuni elementi fondamentali che tendono a far crescere i costi di transazione: un’elevata incertezza (ad es. più sono incerte le caratteristiche di un prodotto che viene offerto sul mercato più i costi per recuperare informazione utile a ridurre tale incertezza aumentano), un’elevata specificità (più un prodotto è specifico più è costoso reperirlo sul mercato a basso rischio, più invece è diffuso e standard più sarà identificabile con precisione e senza difficoltà), un alto rischio di comportamento opportunistico degli operatori (ad es. se si opera con controparti sconosciute, o di cui non si può verificare l’affidabilità, si sosterranno dei costi per ridurre i rischi, ovvero si incapperà in perdite inattese, ecc.). Ritornando al caso di un’impresa che debba procurarsi un dato componente, la presenza di elevati costi di transazione può indurla a realizzare in casa il componente stesso: in questo modo, potendo avere il pieno controllo della produzione del bene, verranno ridotte l’incertezza (ad es. ci saranno meno dubbi sul fatto che il bene abbia le caratteristiche volute), l’effetto negativo della specificità (verrà realizzato esattamente il bene desiderato) e il rischio di comportamento opportunistico (essendo la produzione condotta da personale che lavora per l’azienda). Tuttavia, nel realizzare il prodotto all’interno l’impresa dovrà sostenere altri costi e in particolare quelli che sono definiti i costi del coordinamento interno, ossia tutto ciò che è necessario per gestire in modo appropriato l’attività di produzione. Infatti, per realizzare il componente l’azienda deve mettere in campo di risorse appropriate (materiali, economiche e cognitive) che sarebbero invece delegate al mercato nel caso di acquisto esterno. Secondo la teoria dei costi di transazione, la scelta se produrre all’interno o acquistare sul mercato può essere ricondotta al confronto tra costi di transazione e costi di coordinamento. Le due situazioni opposte sono anche dette di “gerarchia” (ossia produzione interna sottoposta a un controllo formale, burocratico o comunque stretto) e di “mercato” (ossia transazioni con altre aziende indipendenti, su cui non viene esercitata una forma di controllo, e che possono perfino cambiare anche da una transazione all’altra in caso di acquisti ripetuti). All’interno tra queste due forme “estreme” ne sono identificabili altre di tipo “intermedio”. Ad esempio, se la “gerarchia” identifica in modo generico una situazione di controllo totale interno su una certa attività economica, il termine “quasi­gerarchia” viene usato per indicare invece il caso in cui (rifacendosi sempre all’esempio di prima) un’impresa ricorre pur sempre a un fornitore esterno, ma tenta di esercitare su di esso delle forme di controllo stretto in modo da ridurre la sua autonomia e dunque il costo di transazione. In pratica, pur ricorrendo all’acquisto esterno, l’acquirente cerca di allontanarsi da una situazione di “mercato” libero e aperto, nel quale si può assai poco controllare sia l’informazione che circola sia l’attività degli operatori. Veniamo ora al caso del CE e dei possibili effetti del suo uso sui costi di transazione. Dato che l’uso di queste applicazioni influisce sul modo con cui vengono trattati i flussi di informazione che accompagnano una transazione tra due soggetti economici, ci si è infatti chiesti se è possibile comprendere l’effetto del CE su tali flussi e di conseguenza sui costi stessi di transazione che da tali flussi dipendono. In particolare possiamo considerare il confronto tra una situazione di gerarchia (o meglio ancora di quasi­gerarchia) e una di mercato. Quale delle due forme risulterebbero favorite dal CE? Molti autori in passato hanno soffermato la loro attenzione sulla grande efficienza dei flussi informativi che le ICT consentirebbero. In sostanza, se il CE è basato sulle ICT e se queste ultime rendono più efficienti e trasparenti i flussi informativi, ne conseguirebbe che ad essere favorita è la soluzione del mercato. Internet allora, permettendo agli operatori di pubblicare e ricercare facilmente e a basso costo informazioni di qualunque tipo, diventerebbe dunque la piattaforma universale di un immenso mercato.
In alcuni casi si possono riscontrare effettivamente situazioni di questo tipo: non c’è dubbio ad esempio che per alcuni prodotti più facilmente identificabili diventa possibile per gli operatori scambiarsi informazioni più trasparenti sui prezzi, il che riduce le asimmetrie informative e i rischi di intrasparenza (che danno luogo a potenziali comportamenti opportunistici). Tuttavia, non è nemmeno vero che Internet sia diventata il grande mercato aperto per tutti. Inoltre non tutte le esperienze di CE hanno dato luogo a relazioni di mercato tra le imprese. Uno dei casi più eclatanti è l’EDI: questa tecnologia è considerata a tutti gli effetti un sistema di CE, e tuttavia la sua introduzione tende a favorire relazioni stabili tra clienti e fornitori basate su conoscenza e fiducia reciproca, e che necessitano o riducono le asimmetrie informative sugli oggetti delle transazioni stesse. Inoltre, nei sistemi EDI le aziende che li promuovono (si pensi al grande hub di un sistema hub­spoke) hanno proprio come obiettivo quello di accrescere il controllo sui propri partner commerciali (pur senza arrivare all’acquisizione, dunque in una situazione di “quasi­gerarchia”). Queste evidenze empiriche contraddittorie ripropongono la domanda iniziale: il CE favorisce il mercato oppure le forme di controllo (quasi) gerarchico? Come sostengono alcuni studiosi, il problema sta nel modo con cui si usa il concetto di costi di transazione. Si può infatti ricordare che una transazione è un insieme di attività diverse, ciascuna delle quali comporta differenti scambi informativi tra le parti. In secondo luogo, il commercio elettronico può veicolare i flussi informativi (e in parte quelli monetari) ma non quelli fisici; in generale poi una data applicazione di CE è idonea a supportare alcune fasi della transazione ma non tutte. In terzo luogo, non necessariamente l’uso delle ICT riduce i costi di transazione, ma il loro effetto può ridurre certi costi ma accrescerne altri (a titolo di esempio, non necessariamente un pagamento tradizionale in contanti comporta costi di transazione superiori a uno effettuato tramite i moderni sistemi di carta di credito online). Quindi l’effetto complessivo del CE in una data transazione è assai più complesso, e andrebbe esaminato identificando e scomponendo gli effetti a livello più elementare. Ciò può spiegare dunque perché il CE ha effetti apparentemente contraddittori nelle relazioni tra operatori economici, a volte perfino sovrapposti, e ad ogni modo assai più complessi di quanto talvolta ritenuto. Ragionare su quali tipi di costi di transazione una certa applicazione di CE ha effetto può permetterci invece di chiarire meglio se in quel caso specifico ne appare favorito il mercato o viceversa una soluzione di controllo gerarchico.