1 Dal Museo egizio di Torino per un racconto di donne d`Oriente e d

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1 Dal Museo egizio di Torino per un racconto di donne d`Oriente e d
Dal Museo egizio di Torino per un racconto di donne d’Oriente e d’Africa
Giuliana Cacciapuoti *
Un racconto sul filo della memoria : tra la fine del XIX e il XX secolo in Italia numerose studiose, pioniere e
non, hanno posto le basi degli studi sull’ Oriente e l’Africa e hanno contribuito in modo decisivo al
progresso e alla diffusione degli studi ”orientali” nel nostro paese; eppure non ne conosciamo che scarne
note biografiche. Donne che, dimostrando grande amore e dedizione per mondi lontani , hanno formato
generazioni di nuove studiose e studiosi in campi poco frequentati di studi e ricerche, apportando contributi
scientifici significativi in un’epoca contraddistinta da colonialismi e post-colonialismi. Le loro attività
scientifiche dimostrano un grande amore per quelle terre descritte quali ”esotiche ”, attenzione e sguardo
originale nello studio delle civiltà delle lingue e delle culture di quei luoghi nei quali erano nate o vissute
lungamente. Ci appare molto interessante raccontare le loro vicende storiche e umane. Infine come
omaggio alla città che ci ospita, Torino che è sede del Museo Egizio , tra i primi fondati in Europa, iniziamo
con un ricordo delle grandi egittologhe italiane, fondatrici di questa affascinante disciplina nella sua
accezione contemporanea.
Premessa
Torino la città che ospita questo terzo Convegno nazionale dedicato alla Toponomastica femminile,
accoglie tra i suoi importanti musei, uno tra i più antichi in Europa vanto della città, sede dove importanti
vestigia sono raccolte ed esposte: il Museo Egizio. La magia e la bellezza delle antichità della terra dei
faraoni attrae e cattura la nostra immaginazione e ci proietta in un caleidoscopio di sensazioni immagini
colori che definiamo senza spazio e senza tempo, un luogo dell’anima: l’Oriente. Se questa idea
dell’esotico diviene più razionale e inquadriamo il contesto ben più concreto che è quello di un Convegno
sulla Toponomastica femminile capiamo che anche in questo ambito è necessario uscire dall’immaginario
e camminare sul terreno concreto delle strade della memoria. Toponomastica femminile dichiara di avere
quale indirizzo l’elaborazione di dati e ricerche per dare luce all’operato femminile. I nomi delle strade e
delle piazze contribuiscono a creare la cultura e la memoria di un popolo.Si può aggiungere che la rilevanza
e il riconoscimento del contributo delle donne in ogni settore di studio, orienta e segna la capacità della
memoria collettiva nel riconoscere il ruolo del pensiero femminile in ogni ambito della ricerca scientifica,
sia essa accademica o indipendente. L’invisibilità e il mancato riconoscimento sulla scena pubblica del
contributo femminile al progresso scientifico e culturale nei secoli è cosa oramai nota; se pian piano
riaffiorano nei diversi ambiti le personalità dimenticate e sottostimate di filosofe, scienziate ,fisiche,
pedagoghe, artiste, letterate, in questo mio intervento vorrei incominciare a restituire memoria alle
“orientaliste”1 italiane. Le ragioni sono molte e varie. La prima naturalmente è dovuta al fatto che se
dobbiamo ricostruire le tracce delle “…storie frammentarie e frammentate, storie dimenticate, storie
cancellate …quelle delle donne” non possiamo tralasciare il fatto che nel campo degli studi dell’ Oriente
dell’Africa grazie al contributo di studiose abbiamo potuto conoscere se non scoprire per la prima volta
protagoniste storiche. La scrittura e la ricostruzione della S/storia delle aree in questione, culle originarie
delle più antiche culture dell’ umanità, la mezzaluna fertile2 dove furono inventate la scrittura e ogni passo
dell’umanità ebbe qui una prima volta, è grazie alla visione e al lavoro di tali studiose che con passione ci
hanno restituito i nomi e le imprese di hanno ricostruito l’esistenza nella storia di faraoni donna
*Esperta di lingua araba e cultura arabo musulmana in relazione all’immigrazione in paesi occidentali, specializzata in linguistica
semitica, insegna nelle Università e nei Corsi di Alta Formazione in Italia e all’estero. Autrice di numerosi articoli e pubblicazioni
scientifiche su questi argomenti, negli ultimi anni si è concentrata sulla condizione delle comunità migranti provenienti dai paesi
arabi e musulmani, in particolare delle donne e delle ragazze immigrate e di seconda generazione. Dal 2012 è referente per la
Campania di Toponomastica femminile; nel 2013 è stata eletta componente della Commissione consultiva per la toponomastica
del Comune di Napoli. Dal 2014 si occupa di “connecting knowledge” formazione e consulenze.
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Il termine usato qui è convenzionale, nell’accezione comune per riferirsi a chi si occupa e studia discipline antiche e moderne
afferenti alle aree geografiche asiatica e africana, per una riflessione critica sul termine suggeriamo di far riferimento agli studi di
E.Said e la lettura di ” Orientalism” 1ª ed. originale 1978 1ª ed. italiana1991 e altri suoi scritti.
2
Il termine "Fertile Crescent/Mezzaluna fertile” fu reso popolare dall’archeologo statunitense James Henry Breasted, in “Outlines
of European History “1914 e “Ancient Times, A History of the Early World “1916, include la Mesopotamia, il Levante Siria Palestina e
l'Antico Egitto.
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principesse e regine sumere accadiche babilonesi, studiose, mistiche letterate, scienziate , guerriere, artiste
musulmane arabe persiane o turche. Come per la ricostruzione delle vicende storiche e del ruolo che le
donne ricoprirono, è altrettanto interessante dal ricostruire la storia delle discipline orientalistiche da un
doppio punto di vista. Il primo è quello di considerare come l’orientalistica italiana nella sua accezione
omnicomprensiva e generalista, se si vuole anche generica e convenzionale, abbia avuto un grande
contributo da studiose in ciascuno di questi settori specifici; il secondo è osservare come gli studi del
settore risentano anch’essi di una progressiva e inarrestabile cancellazione della memoria storica del ruolo
che queste studiose ebbero, quasi a riconsegnare alle giovani studentesse e donne che affrontano questi
studi, un mondo solo al “maschile”, privandole della consapevolezza che molte invece , tra docenti e
studiose, hanno esplorato quei sentieri come pioniere della materia, in tempi e in epoche in cui , vuoi
per la scarsezza della remunerazione e per la particolarità degli studi faticosi difficili elitari, tante donne
avevano trovato maggiore libertà spazio e territorio accademico libero. L’omaggio alle studiose di queste
materie del passato vuole anche sottolineare, criticare o constatare, si scelga l’accezione che si preferisce, il
fatto che se un campo del sapere reca poca visibilità o poco guadagno, è più facile che studiose valide
possano trovare maggiore cittadinanza in questi spazi, ma non appena le condizioni cambiano, vedi la
crescita e l’esposizione mediatica della comunicazione degli “-ismi” , sociologismi ,islamismi e culturalismi e
ogni altro generedi “studies”, ecco che anche nelle università e nel mondo della cultura un colpo di spugna
cancella un passato di studi di donne eccellenti, studiose e ricercatrici, per orientarsi verso un accademico
universo rigorosamente fatto di uomini. E’ per questo non far cadere nell’oblio e restituire il ruolo e il
contributo decisivo in molti campi delle scienze del sapere e della ricerca , affinché esse ancora possano
essere ispiratrici e mentori delle future generazioni, mi pare necessario. Un “catalogo” di arabiste,
assiriologhe, egittologhe, semitiste, africaniste, islamiste, iraniste, in sintesi le orientaliste italiane . La
Toponomastica femminile nell’interessarsi di “PRIMEDONNE” quelle donne che per arrivare ad essere “Le
Prime” hanno percorso una strada molto tortuosa ed in salita , non può fare a meno dei ritratti di queste
grandi studiose, per la maggior parte attive e ben presenti nella vita accademica e scientifica, delle civiltà
antiche , moderne e contemporanee dell’Oriente e dell’Africa.
Ricordi e memorie
Il primo percorso corre sul filo della memoria .Quante studiose, pioniere e non, hanno posto le basi degli
studi sull’ Oriente e l’Africa tra la fine del XIX e il XX secolo in Italia e hanno contribuito in modo decisivo al
progresso e alla diffusione degli studi ”orientali” nel nostro paese? Eppure spesso rintracciamo rare e
scarne note biografiche, molto spesso affidate alla memoria personale, ma già semi-sconosciute alle
generazioni successive. Donne che, dimostrando grande amore e dedizione per mondi lontani , hanno
formato nuove studiose e studiosi in campi poco frequentati del sapere, apportando contributi scientifici
significativi , in un’epoca contraddistinta da colonialismi e post-colonialismi. Le loro attività dimostrano un
grande amore per quelle terre descritte come esotiche, attenzione e sguardo originale nello studio delle
civiltà delle lingue e delle culture di quei luoghi nei quali erano nate o vissute lungamente. hanno
ricostruito l’esistenza nella storia di faraoni donna principesse e regine sumere accadiche babilonesi,
studiose musulmane mistiche e artiste persiane o turche. Ci appare molto interessante raccontare le loro
vicende storiche e umane; i loro sono sguardi scevri da pregiudizi per l’ oggetto degli studi e delle culture
affrontate . La globalizzazione e gli orientamenti di pensiero fortemente connotati oggi nel filone degli
studi coloniali e post-coloniali, le visioni dichiaratamente pro o contro , rischiano di confinare gli studi
orientalistici in recinti piuttosto fissi e comunque basati su diverse e opposte ideologie, diversamente da
quanto accadeva all’ epoca di queste studiose innovatrici. Molte si accostarono a questi mondi diversi in
cui si immergevano con meno filtri di quanti possiamo immaginare. La vita quotidiana faceva conoscere
loro in concreto e da vicino usi costumi tradizioni dialetti e parlate locali, molto meglio e con maggior
spontaneità di loro connazionali uomini , separati dalla comunità locale da maggiori rigidità formali, spesso
legate al loro ruolo pubblico nello spazio politico amministrativo. La possibilità di frequentare e praticare la
sfera pubblica e privata, ha permesso loro di essere a contatto con il mondo intellettuale e culturale “delle
élite culturali alte o altissime locali” protagoniste a tutto tondo della vita culturale e dei salotti letterari.
Egualmente la frequentazione e i contatti con la popolazione locale, non solo delle alte sfere economiche
politiche, ma con artigiani, sarte, bambinaie, camerieri con le loro vite familiari e personali, deve aver
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favorito per molti versi una migliore capacità di analisi e comprensione delle dinamiche e delle culture
autoctone, una esposizione continua, come quando si apprende la lingua materna e dunque un
assorbimento della cultura quasi come propria, esperienze che entrano nella storia personale di ciascuna.
Interessante è poi riflettere come all’epoca questo campo di studi abbia accolto tante donne, in un periodo
non favorevole all’ ingresso del femminile nell’accademia e nei circoli intellettuali ; queste materie davano
poca visibilità e remunerazione sia materiale sia scientifica. Un territorio libero nel tempo che ha permesso
una continuità al femminile. Ci sono numerose eredi queste studiose. Oggi questi settori di studio , al
tempo del mondo globale offrono rilevanza e visibilità: ciò rischia di interrompere questa interessante
continuità di pensiero e di studio di genealogia al femminile3 . Le nuove generazioni di giovani donne
debbono poter mantenere legami ed eredità degli studi orientali e africanistici. L’universo al maschile
rischia di far dimenticare il lavoro di studiose di fama internazionale. Incontriamole allora in brevi
spigolature; i loro ritratti a tutto tondo nella pubblicazione in uscita a breve a mio nome4.
Ritratti
Egittologhe dicevo e che egittologhe siano: Edda Bresciani, DOMINA delle egittologhe: in prima persona
racconta di se stessa: “Quello che è vero è che la mia carriera non è stata usuale per una donna che nei
primi anni cinquanta del secolo scorso si laureò in lettere, la facoltà considerata la più “femminile”, anzi
l’unica femminile, nel senso di “debole”, fra quante offriva l’università italiana, ma, ed ecco lo sgarro,
l’infrazione alla convenzionalità, mi laureai preparando la mia tesi in una materia che allora (più di oggi
certamente) era considerata una “curiosità” più che una “scienza”: l’Egittologia.” Prima donna italiana in
Cattedra di Egittologia, dirige ad oggi il progetto I.S.S.E.M, finanziato dal Ministero italiano per gli Affari
esteri, destinato a dare un supporto tecnico e scientifico per il monitoraggio e la gestione dei siti
archeologici egiziani, in collaborazione con lo S.C.A. egiziano. Il progetto ha realizzato il Parco archeologico
e del Visitor Centre di Medinet Madi nel Fayyum in Egitto (inaugurato l'8 maggio 2011). “..in questa
professione posso avere esercitato una leadership, nel senso limitato e specifico che ho già indicato, come
“direzione scientifica”. Sono stata direttore degli scavi nel Fayyum fin dal 1966, prima per l’università di
Milano poi di Pisa; e credetemi che a quel tempo in Egitto una missione archeologica diretta da una donna
era una grande novità, e per di più allora ero giovane e non brutta. E ricordo con divertimento che allora
nell’arabo del Fayyum non esisteva il vocabolo “direttrice”, ma solo “direttore”, al maschile. Mudira( arabo
per direttrice)Mudir ( arabo per direttore)5 Fu creato proprio per me, creato dalla pratica lessicale
quotidiana del gruppo dei miei operai pur di cultura così strettamente maschilista, il titolo di “mudira”, dal
maschile “mudir”6…..Ero e lo sono ancora per i miei operai la mudira; anche i colleghi di missione usano
spesso ancor oggi chiamarmi così, mudira, come un titolo d’onore. Sono stata mudira dovunque sono stata
attiva archeologicamente durante decenni, ad Assuan, Saqqara, Tebe, Fayyum…. Anche quando, ed è storia
recentissima, del 2011, è stato inaugurato a Medinet Madi nel Fayyum il primo parco archeologico
dell’Egitto, che ha fatto denominare la “Luxor del Fayum” la Medinet Madi di cui sono la mudira. La mia
leadership è solo quella di una mudira - anzi propongo di coniare un neologismo: invece di leadership usare
il termine “Mudiraggio” o, per essere come si conviene oggigiorno sempre e comunque anglofona,
“Mudiraship” . Questa la testimonianza in prima persona di Edda Bresciani. L’egittologia sembra
caratterizzarsi al femminile grazie a questa guida salda con allieve della stessa Bresciani e molte altre
ancora. L’arabista Virginia Vacca De Bosis, figlia del poeta Adolfo De Bosis (fondatore della rivista "Il
Convito") e sorella di quel Lauro Adolfo che fu protagonista di uno dei primi atti di antifascismo militante,
sorvolando Roma in aereo nel 1931 e lasciandovi cadere molti volantini contro Mussolini prima di morire
sulla via del ritorno perdendo il controllo del suo velivolo, fu una studiosa notevolissima. Non volle mai
entrare nell'insegnamento accademico universitario, scrisse saggi e voci enciclopediche, per l'Enciclopedia
Italiana e per la prima edizione dell’ Encyclopédie de l’Islam ( che raccoglie il meglio della dottrina
3
Cfr.Irigaray,Luce “ Etica della differenza sessuale” Milano, 1985 “Sessi e genealogie”, Milano, 1987 e scritti di Luisa Muraro sul
tema di genere e genealogia
4
Cacciapuoti,Giuliana” Donne d’Oriente e d’Africa: ritratti di orientaliste italiane” in uscita nel 2015
5
NdR
6
Bresciani,Edda” Il percorso di una egittologa” testo letto in occasione di una conferenza presso il Soroptimist Club ,Lucca 12 giugno
2013, inviatomi dall’autrice.
3
scientifica islamistica mondiale) oltre a numerosi articoli, in cui mostrò sempre una particolare acutezza e
originalità, pubblicati sulla rivista Oriente Moderno, edita da l’Istituto per l'Oriente di cui fu stimata
componente del Consiglio d'Amministrazione. Nel 1948 Virginia Vacca , con la direzione di Francesco
Gabrieli , con Umberto Rizzitano e Camillo Pansera affrontò la grande impresa della traduzione e del
commento della summa della favolistica araba, Le Mille e una notte, frutto di un'accurata collazione
filologica del materiale di provenienza di origine mesopotamica, egiziana e indiana7. Clelia Cerqua Sarnelli ,
vissuta a lungo in Egitto tanto da studiare alla prestigiosa Università di al-Azhar al Cairo, sicuramente
orgogliosa di essere fra le prime donne lì ammesse a studiare. Indimenticata e stimata in Egitto e in Italia
sia per le doti scientifiche e le qualità personali in numerosi campi accademici e istituzionali, animatrice di
attività e circoli culturali in Italia e in Egitto, trasmetteva la sua passione reale per ogni aspetto della civiltà
arabo-islamica ,con una disposizione di spirito che era, al di là delle apparenze, di profonda umiltà e
consapevolezza dei propri limiti. Non può mancare nel ricordo l'entusiasmo giovanile con cui, già anziana,
intraprendeva viaggi di studio anche avventurosi .Considerava se stessa come una mediatrice culturale e
perciò le traduzioni hanno trovato così ampio spazio nella sua produzione, rendendo molto popolare la
letteratura araba egiziana e molti aspetti della cultura musulmana, suscitando ammirazione e interesse in
un epoca poco avvezza al diverso da sé, in periodi lontani dai concetti contemporanei di globalizzazione.
Diversa per orientamenti, ma altrettanto significativa per l’opera di trasmissione del sapere e
valorizzazione delle allieve è oggi Isabella Camera , impegnata a tutto campo nello studio e divulgazione
della letteratura araba contemporanea; la si vorrebbe indicare capostipite di una scuola arabistica al
femminile, traduttrice e mediatrice di una scrittura araba in generale e palestinese in particolare che
affronta la realtà molteplice del mutamento politico e sociale della civiltà araba musulmana anche nei suoi
aspetti militanti e di impegno pubblico e sociale. ll lavoro di Valeria Fiorani Piacentini si avvale di ricerche
a tutto campo in Iran, Giordania, Siria, Israele, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Afghanistan, Pakistan, Uzbekistan,
Kirghisia e Turchia , per analizzare e affrontare i temi di politica internazionale del XXI secolo, democrazia e
democrazie, scenari futuri e prospettive strategiche. Mirella Galletti da poco scomparsa, ha realmente
dedicato la sua vita al popolo curdo una conoscenza diretta del territorio e della storia curda avendo
lavorato, tra l'altro, per le università di Erbil e di Sulaimaniya. Ricordava sempre con viva empatia ed
emozione nei suoi lavori e conferenze pubbliche quanto profonda fosse la sua partecipazione e
condivisione delle vicende e della vita delle donne e uomini curdi che incontrava, e di cui assumeva le
vicissitudini e le traversie di popolo represso e minacciato. Arduo distinguere con nettezza la studiosa e
l’amica del Kurdistan, si emozionava e emozionava per la partecipazione autentica ai suoi studi e ai suoi
viaggi . Anna Masala studia e racconta la Turchia, affrontando anche aspetti della vita popolare dai costumi
alle pratiche mediche del popolo e delle donne. Rispetto profondo è questa la cifra di studiosa per il
mondo oggetto del suo interesse principale, il mondo musulmano e turco in particolare , consapevolezza
delle diversità ma ammirazione e considerazione per la capacità degli studiosi musulmani di saper
accogliere e onorare l’altro da sé8. Un ultimo ritratto a matita, appena tratteggiato, nella migliore tradizione
del last but not least è dedicato a una figura quasi mitica nell’immaginario universitario per lo studio della
lingua araba. Laura Veccia Vaglieri , arabista e islamista è sinonimo di Grammatica della Lingua Araba!
Redasse infatti il testo in due volumi della grammatica teorico pratica per lo studio anche autodidatta della
lingua araba, e con le dovute revisioni critiche per una didattica delle lingue contemporanea, ancora non
sfigura di fronte a tanti testi più moderni. Croce e delizia di tante e tanti che si sono misurate e misurati
sugli esercizi ai nostri occhi addirittura surreali e dadaisti, ma capaci di far apprendere scrittura alfabeto e
primi vocaboli della lingua del dad. Naturalmente molti altri furono i meriti di Veccia Vaglieri, ancor oggi è
citata, una simbolica fra tante pubblicazioni: la voce su Fatima bint Muhammad dell’ Encyclopédie de
l’Islam9.
Conclusioni toponomastiche
Lo sguardo di queste studiose è molto interessante. Colpisce l’occhio amorevole per l’oggetto del loro
studio, l’empatia e la partecipazione. Ultimo elemento da aggiungere quello toponomastico. Ogni ritratto
7
Cfr edizione critica delle “Mille e una notte”,1948 e ss, Torino,4 voll. pp. XXXVII - 2599
Per un ritratto vivido dalla fonte diretta si confronti una testimonianza video su YouTube:
http://www.uniroma.tv/video.asp?id=5226
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Cfr in Klemm,Verena,”Fatima bint Muhammad”Dresda,2014 bibliografia cita L.VecciaVaglieriEI2
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si lega indissolubilmente alla città e alla nazione che le accolsero e segnarono l’inizio e lo sviluppo
scientifico delle loro attività di ricerca, tanto da disegnare una mappa storica e geografica dal fascino
evocativo indiscusso.
Sono luoghi oggi alla ribalta delle cronache come scenari di guerra e atroce violenza.
Sono invece luoghi dell’agire di queste donne “ favolose” d’Oriente e d’Africa e mi appare utile in questi
anni di efferati e terribili eventi, contribuire a ravvivare e mantenere questa continuità ed eredità degli
studi orientali e africanistici, il ricordo e la memoria storica. Oggi, mentre l’universo maschile, dedito a
guerra e sopraffazione, sembra intento a cancellare il lavoro di certosina mediazione di queste studiose di
fama internazionale: “Donne d’Oriente e d’Africa”!
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