Crepuscoli Questa rosa
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Crepuscoli Questa rosa
Crepuscoli Cupe nubi di tenebra inghiottono l’ultimo effimero raggio di luce, il cielo cobalto sanguina, mentre un pigro sole sprofonda nel nero orizzonte. La flebile luce del crepuscolo si dipana ovunque, ogni cosa viene dorata da una soffusa oscurità, le ombre si dilatano, dando il loro addio ad un altro noioso dì che muore. Sudice, vischiose tenebre cavalcano acromatiche vie, divorando spettrali sagome, che scoloriscono nell’oblio. Cupe iridi gremite di terrore spiano sospettose la muta tenebra, indagando risposta, non capendo che il buio comunica parole troppo grandi, troppo remote per loro. Nel mio insonne delirio osservo il mio fallace mondo dissolversi, inghiottito dal mesto crepuscolo... similmente i miei sensi sprofondano ovattati, scivolando in questioni che mai conoscono la luce del giorno. Ogni realtà ha ormai perso di forma, e lo sguardo si perde in un poetico nulla... I pensieri si assopiscono nelle loro confortabili dimore, friabili mondi di solide illusioni, inespugnabili castelli di cera. Solo la tenebra, al di fuori delle mura. In quella stessa foschia si inabissa la mia pallida coscienza, in confusi e sbiaditi miraggi, aspettando la carezza di una nuova, meccanica Alba. A. T. (anni 17) Questa rosa Questa rosa è per te, papà. Da piccolo mi dicesti: mi porterai mai una rosa? Eccola. E ‘ con rammarico che la porto però ma con profonda stima. Stima di un uomo che credevo d’acciaio e che invece sì è sgretolato come la dura pietra sotto il sole. Voglio che tu sappia che non mi sono dimenticato di te, papà. Ma il mio cuore ha imparato ad indurirsi ora. E non so se questo ne è una colpa o se è quello che tu avresti desiderato, ora che non ci sei, papà. Estremo saluto Saluta tutti, o figlio, saluta tutti. Dì a tutti quanto forte sono voluta essere, quanto ho lottato per avere anche solo un briciolo di consolazione, quanto ho cercato di vedere il mondo con gli occhi di un altro, quanto (in un mondo così affollato) ha trovato posto la mia sconfinata solitudine. Accecata dalla rabbia, sorda verso chi il mondo guida, ho cercato un briciolo di spazio lacerato dai miei sogni affranti, dal rimorso. La solitudine ha vinto la mia forza, il mio furore ha divorato quel sentimento, e, nell’ aspro suono di quel tormento, sono passata ad una tenebra eterna. La mia unica ancora è caduta nel più profondo degli abissi, ed io, insieme a lei, sprofonderò eternamente. Sono stata buona, sono stata comprensiva, sono stata estremamente infelice, toccata da quella terribile morsa di un destino crudele. Saluta tutti, o figlio, saluta tutti e per te vada questo mio ultimo pensiero, per te a cui era legata la mia unica volontà di vita. S. M. (anni 17) Salve Amore, stammi vicino, allunga il tuo sguardo ove si spezza la lacrima nel cuscino, rompi il muro che mi separa dalle pupille della mia Lucia. Ti amo gioia che mi sfuggiâ Ti cerco amore nell'insicura tua presenza. Ti cerco mio amore nell'interiorità del mio distacco. Ogni tuo pensiero mi grava come macigno. Pieno di vita non affogo nel tuo forte tremito. Ti amo mio amore. Ti amo gioia che mi sfuggi. D. T. (anni 17) Nodi di Parole Nodi di parole Imprigionate in un volo Fogli di carta Trafitti da fili di solitudine Fuggono Carezze Una ad una fuggono carezze Sfavillano su un sentiero di spighe Coccolano un grido di vita H. O. (anni 15) FONTE DELL’ANIMA Ognuno di noi ha una poesia in sé, questo l’ho scoperto un giorno. La poesia è un mondo diverso, a volte irreale, è un mondo speciale. Non sei qui, ma altrove, in qualsiasi parte del mondo, su un monte, tra le stelle, ma non qui. Non dirmi di si, che sensazione strana, quasi innaturale. L’estro, il maestro, la penna, l’alunna, il sole, la luna, grande ispirazione. Io quando scrivo non comando il cuore, è il mio cuore che comanda la mente e sento ogni sera come una voce che mi dice ama, ama la poesia che è fonte della tua anima. RACCOLGO LE MIE SPERANZE Raccolgo le mie speranze perché son quelle che io ho. Raccolgo i miei pensieri perché son quelli che esprimo parlando. Raccolgo i miei momenti belli perché son quelli che ricordo con piacere. Raccolgo i miei desideri perché ciò che desidero diventi concreto. Raccolgo i momenti che vorrei rivivere e non rivivrò, per non scordarli. Raccolgo le mie paure per non riaverle. Raccolgo i miei dolori, i miei rancori e le mie riflessioni. Raccolgo i miei incubi per non soffrirne più. Raccolgo le mie sofferenze fisiche per cercare in esse qualcosa di positivo e di vivo. Tutto questo provo mentre son qui e scrivo. DM. M. (anni 13) SON TASTI BIANCHI E NERI… Nel contempo il mio dover faceo, se due colori il mio cor non chiamassero ed essi insieme non creo. Di calcio non parlo però, di poemi non ne penso, -Son pianoforti-la bocca sussurrò. Dell’udito mi si risveglia il senso; tasto: un singolare che contiene un plurale, dei sentimenti può esser mezzo intenso. Nel mio intenso ecco una penna, un orale non c’è; verbi, parole, del parlare non son l’autore. Si forma un ovale, un cerchio, un sole, no, il colore quello esser non può. Una linea, una curva, un’onda. Ciò che cavalco non è espressione, ma è espressione ciò che cavalco, son venti, pensieri, arcobaleni e son tasti bianco e neri. Ad un tratto i miei passi come formica, mi portano ad un teatro, con scritte che bambino mi fanno tornare, di pallini è la mia scrittura, bianchi o neri, vuoti o pieni. Ed ecco quando la penna prende parola, l’espressione sua è a guidare, fermo il corpo, che la mia mano or non scrive un torto. Mi curo poco di virgole e punti, quando grandi tasti di amor unti da interruzioni son sol punti. Musica è il mio teatro. Musica è il mio passo, come se a ognuno una banda suonasse per me un quattro quarti; matematica non sia, la mia mente or nel fosso. Le mani trionfanti non più non sudan, che lo spettacolo soave sia. S’innalza, o solenne suono, e un Do maggiore esala un ultimo lungo fiato, prima che la musica rimbombi di rumori non si sognano nemmanco. La canzone non lo è, per quest’è che l’espressione aspettavo, onde bianco e nere, con un gioco di tasti che spiegarvi il modo non so. Or non la penna è, né le parole, non soddisfandomi, ora ascoltano e descrivono. Ed io cercao Mozart, che per i dolci tasti bianchi e neri ha così colorato il suo cuore che ha a noi regalato… il suo cuore e non il rumore. Quando il tasto dal dito è spinto, non è voce del suo cuore finto. La parola a lui non serve col mondo spiegarsi, ci basta piegarci, l’orecchio appoggiarci e nel suono il suo cor: bum, bum, continua, bum, bum, finché, bum, bum, non si, bum, bum, addormenta, bum… Ma i miei occhi, ancor vegli, non colgon altro che un semplice La, è da lì tutto incominciò. F. S (anni 13) Parco Giochi Urla giocose di bimbi inseguono da lontano le rosse ombre del tramonto. E giù dallo scivolo per l’ultima ebbrezza prima del rientro a casa. Dopo il temporale E’ forte l’odore della terra bagnata mentre borbotta il torrente, dopo il temporale. M. M. (anni 11) Similitudini II Gli occhi di mia madre dardeggiano lampi di luce come elettriche scariche notturne. Gli occhi di mia madre brillano calde fiamme come benefico crepitante fuoco. L’energica forza vivace sostiene ed alimenta gioiosa la mia faticosa salita. (10/03/09) G. V. (anni 10) IL BIMBO E IL PALLONCINO IL PALLONCINO VOLAVA NEL CIELO SPINTO DAL VENTO MOLTO LEGGERO, PURTROPPO CADENDO SI FECE MALE E IL BAMBINO LO COMINCIO’ A CURARE: UN CEROTTINO SOPRA AL GINOCCHIO E UNO ANCHE SULL’OCCHIO, UNA GARZINA SOPRA L’ORECCHIO E UNA PROPRIO SUL PETTO, IL PALLONCINO MOLTO CONTENTO SE NE ANDO’ TRASPORTATO DAL VENTO, IL BAMBINO LO SALUTO’ E A CASA SE NE ANDO’. G. O. (anni 10) IL BUIO E LA SCINTILLA Il buio è il regalo della notte, è una sinfonia che singhiozza come un ladro impolverato di fuliggine, che si specchia in una cornice di tenebre e si infiltra nelle fessure di legno ancora avvolte dalle nubi. Poi … una briciola di colore attraversa il buio deserto della paura, lo esplora, entra dentro, si ferma, esplode in un grido … E’ una particella che nasce da un antico fuoco, come una leggera luce negli occhi attraversa l’aria semplice e serena del vento marino dell’estate. La mia gioia si è accesa. PAGLIACCIO Mantieni in equilibrio su due gialli palloni la tua vita emozionata, la tua vita da applauso, la tua rabbia di ogni giorno che non può uscire chiusa tra le sbarre di un finto sorriso dedicato a chi il sorriso lo regala a te con sincerità. Far ridere il pubblico, come un salame cadere e poi rialzarsi, ignorare le cicatrici dei giorni trascorsi a inciampare nel nulla. Sul tuo viso i colori litigano. J. M. (anni 10) VICINANZE Le nuvole che si toccano coprono il mare. La sabbia si muove piano sotto al mare. Due piccole isole vicine si abbracciano nel mare. Un tandem di gabbiani gioca felice sul mare. Onde bianche spiccano nel blu del mare. Dall’alto di una montagna due occhi guardano il mare. ESTATE L’estate splendente esplode nell’aria afosa, si tuffa nel mare e gioca con le vispe onde distese e innumerevoli che emergono dagli scogli eleganti. Tocca la spiaggia che scintilla dorata là dove il pescatore stanco torna a casa. L’estate matura dentro angurie rosse che dissetano. Allegre risate riempiono l’aria delle sere fresche e allietano i pensieri. R. S. (anni 10) IL BALENO Il baleno è come un mostro che ti abbaglia gli occhi. È un fulmine brillante, nel bianco del lampo. Brillio di un mare che rimbalza, il bagliore è un gabbiano intrappolato in una gabbia di nubi. CIELO DI NOTTE Il cielo è come il mantello di un soldato a cavallo, è come una capanna, è come un’onda. Le nubi sembrano due occhi, neri e profondi, sembrano tante luci spente. La luna è simile a un largo sorriso che illumina la notte calma. È un carillon da cui esce la musica che di sera mi addormenta. S. M. (anni 9) L’inverno In inverno le case si coprono di neve, una nebbia fitta avvolge tutto. La gente va sempre di fretta e nessuno si gode il grande spettacolo: la nebbia, il sole mattutino… L’inverno è silenzioso: è questa la stagione più bella. Il mare In spiaggia non c’era nessuno. Era l’alba. Il cielo era di un bianco pallido e il mare sembrava una favola. Le barche dormivano ancora, solo una tornava a riva carica di pesci. Ad interrompere il silenzio arrivò uno stormo di gabbiani in volo, dopodichè tornò la pace. Il sole si alzò sul cielo ormai azzurro pronto a incominciare una nuova giornata. A. L. (anni 8) I PAESI Nel bando c’era scritto descrivi un paese Ed io ho pensato: in Trentino sono nata, ad Arabba ho vissuto, a Corvara ho studiato, Catanzaro mi ha adottata. I miei nonni son veronesi invece gli altri calabresi. I miei zii sono a Milano ho cugini anche a Fano. Ho amici a Genova e anche a Firenze e voglio bene a tutti non ho preferenze. Morale della favola? Non posso descrivere proprio niente farei torto a troppa gente! I TUOI NOMI C’è chi ti chiama Allah, c’è chi ti chiama Buddha, c’è chi ti chiama Dio, e son felice perché lo so che, comunque ti chiami, sei amico mio. Alcuni fanno differenze e in nome del loro Dio provocano sofferenze. Però non è corretto, comunque ti si chiami, Tu sei un Dio retto che ha detto a tutti quanti voletevi bene, non fate cose oscene. Eppur non è servito qualcuno alle Tue parole ha disobbedito. Forse hanno fatto confusione, forse hanno sbagliato la traduzione. Potevi darci lo stesso linguaggio secondo me sarebbe stato più saggio. Gli uomini avrebbero capito meglio che siamo tutti figli dello stesso Dio proprio quello che è anche amico mio. M. S. (anni 8)