impressionismo in musica

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impressionismo in musica
Conservatorio di musica L. Perosi di Campobasso
Corso sperimentale «Repertori vocali da camera nell’Ottocento»
“La romanzistica francese”
IMPRESSIONISMO IN MUSICA:
osservazioni su alcune questioni generali e
riferimenti analitici su composizioni vocali da
camera.
Elaborato delle discipline: Storia della musica da cemera dell’800, Storia
della poesia per musica, Analisi musicale, Estetica musicale, Critica del
testo musicale, Armonia, Elementi di Discografia
allieva: Loredana Venditti
Docenti: Barbara Lazotti
Piero Niro
Luigi Pecchia
Anno accademico 2002-03
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Impressionismo in musica
Claude Monet, Impression. Soleil levant, 1872
Esso è divenuto uno dei simboli della pittura impressionista. In questo quadro ci sono molti degli elementi caratteristici di
questa pittura: la luce che svolge il ruolo da protagonista, il colore steso a tocchi e macchie, la sensazione visiva che fa a
meno della definizione degli oggetti e delle forme, il soggetto del tutto casuale e al di fuori della ordinaria categoria di
paesaggio.
In questo quadro la sensazione, o meglio l’impressione, visiva è data dalla sintesi di luce e di colore. Ed è una sintesi che
si basa sulla percezione istantanea. La registrazione che dà il quadro della percezione riguarda un attimo fuggente. Un
istante dopo la visione può essere già diversa, perché la luce è cambiata e, con sé, anche la tonalità di colore che essa
diffonde nell’atmosfera. Ma rimane una sensazione, fatta di suggestioni ambientali e atmosferiche, che il pittore coglie
come testimonianza del suo vedere e del suo sentire.
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INDICE
1. Uno sguardo al passato
2. La musica in Francia nella seconda metà
dell’Ottocento
3. Impressionismo pittorico
4. Impressionismo in musica
5. Storia della mélodie
6. Riferimenti analitici
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3.Impressionismo pittorico
Nel 1874 ebbe luogo a Parigi, organizzata dalla Sociètè Anonym des
Artistes peintres sculpteurs et graveurs, un esposizione dei pittori
C. Monet, A. Sisley, C. Renoir, E. Degas, B. Morisot e altri; e il
critico dello Charivari, Louis Leroy, prese spunto dal titolo di un
quadro di Monet, Impression solèil levant, per intitolare appunto il
suo
articolo
sulla
mostra
Exposition
des
impressionistes.
L’espressione, benché volesse essere dispregiativa, non mancava di
una certa pregnanza ed ebbe rapida fortuna; tre anni dopo i
medesimi artisti presero loro stessi il nome Impressionistes. I
principali artisti dell’impressionismo francese furono Monet, Sisley,
Pissarro, Renoir, Manet. Nel decennio 1870-1880 essi si
presentarono con affinità di caratteri che giustificano tuttora il loro
aggruppamento: partendo da una concezione dell’arte del tutto
veristica, si propongono di fissare le impressioni che la natura dà
loro in un dato momento. Ciò avviene mediante una pittura
rapidissima, abbreviata, ma che rende l’illusione della realtà. In
quanto a soggetti, gli impressionisti prediligono paesi e figure
all’aperto in gran luce (en plein-air) , o prendono spunto anche da
episodi banali della vita di tutti i giorni, famiglie borghesi, bagnanti,
giocatori di carte, scene di strada, balli di periferia, colazione
sull’erba, di cui vogliono rendere la gioia del colore chiaro ed
intenso. Questa posizione estetica semplice risponde ad uno stato
d’animo elementare, ma umanissimo, che si potrebbe definire
ottimismo veristico.
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Nello stesso periodo cominciavano a diffondersi le stampe
giapponesi a colori del Settecento e dell’Ottocento in gran parte di
paesaggio a tinte chiarissime, per toni giustapposti tali da influire
sulla
formazione
dei pittori
impressionisti.
Monet
giunge
all’esclusione del nero dalla sua tavolozza e dà le ombre mediante
colori più scuri diversi e puri, prossimi al colore complementare di
quello della luce corrispondente. Egli cerca di ridurre la tavolozza
ai soli colori del prisma, di non mescolarli l’un l’altro, ma
accostandoli sulla tela in modo da esaltare con luminosità il tono
dell’oggetto.
Il
sistema
scientificamente
coloristico
e
impressionistico,
applicato
rigidamente,
approfondito
darà
luogo
al
Divisionismo. Gli impressionisti nel primo decennio non vincolano
mai (diversamente dai divisionisti) la forma o il verso della
pennellata, essa si fa più sensibile ed immediata e si propone di
rendere la materia e il senso delle cose come l’occhio e l’estro li
vedono. Tra i pittori impressionisti si distingue E. Degas il quale,
naturalmente disposto ad una pittura di figura psicologicamente e
tipicamente approfondita colta nel suo ambiente negli atti più rapidi
e
spontanei,
accede
all’impressionismo
verso
il
1870
contraddistinto per il suo colore chiaro a zone giustapposte,in cui
rende con grande freschezza ed evidenza gli interni a luci artificiali
delle sue scene di teatro, le sue vedute di corse di cavalli.
Cèzanne esporrà solo fino al 1877 con gli impressionisti, poi se ne
allontanerà sentendo la sua profonda differenza da essi. Egli farà
suo in gran parte il cromatismo chiaro degli impressionisti , ma la
sua arte sarà stimolo e appoggio alle prime esperienze cubiste,
antitetiche all’impressionismo.
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Vi sono quindi varietà di temperamenti in un’atmosfera psicologica
e in un fervore di ricerche artistiche che li accomuna: tutti (il caso
Cèzanne a parte) sono dotati di una grande sapienza di disegno
acquisita da giovani nell’ambiente pittorico francese sulla metà del
secolo, tutti sono tenaci nelle loro ricerche e imperterriti davanti
all’incomprensione del pubblico che per decenni non vuol seguirli,
benché la loro arte tanto aderisca all’epoca.
Ben
presto
nuovi
pittori
compaiono
affrancandosi
dall’impressionismo ed utilizzando per differenti fini le scoperte
attuate nel campo della luce e del colore. Questi ultimi meno
preoccupati di riprodurre le variazioni continue dello spettacolo
della natura, che di “sintetizzare il paesaggio in un aspetto
definitivo”, sono i neo-impressionisti o post-impressionisti che
ritornano in parte al loro lavoro d’atelier. La natura deve essere
osservata con “gli occhi dello spirito”; sorgente di informazione,
essa è al contempo una fonte di fantasia e di riflessione; con lei
dunque può competere l’immaginazione creativa dell’artista.
Van Gogh e Gauguin ammettono spontaneamente di servirsi di
colori molto lontani dalla natura o di un disegno arbitrario e quasi
astratto, per esprimere con maggior forza ed energia. Per Gauguin,
anzi “ non esiste arte esagerata, eccessiva” e la sola salvezza risiede
“nell’espressione estrema”. Così, una dozzina d’anni dopo la prima
mostra impressionista la volontà d’espressione lo conduce oltre la
fedeltà dell’impressione: insomma già si annunciavano Fauvismo
ed Espressionismo.
Infine il giovane Seurat concludeva il capitolo degli impressionisti e
ne apriva la successione con un’ opera come la grande Jatte (188486), che avviava la pittura a nuove esperienze tecniche e stilistiche.
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Nella storia dell’arte moderna la loro importanza appare ancora
oggi eccezionale, non solo per il valore altissimo dei maggiori fra
loro, ma per la rara coerenza stilistica e per l’ incomparabile
esempio di libertà e probità artistica in cui trovarono conforto e
giustificazione tutte le energie più vive che nell’impressionismo
ebbero radice, per poi diramarsi nelle direzioni più diverse e
giungere tal volta a conclusioni antitetiche.
La stessa rapidità di evoluzione dell’impressionismo pittorico si
potrà cogliere anche in musica: poco più di una dozzina di anni
separeranno i Nocturnes di Debussy dal Pierrot Lunaire di
Schoenberg o dal Sacre du Printemps di Stravinskij.
Ma queste opere possono essere considerate come degli esatti
equivalenti di ciò che si era prodotto nell’ambito della pittura?
4. Impressionismo in musica
Quando si parla di Impressionismo in musica è certamente
inevitabile parlare di Achille Claude-Debussy considerato padre
“spirituale”
di
questa
corrente.
Tuttavia
il
termine
“impressionismo” , quando applicato alla musica di Debussy,
implica sempre una serie di problemi di ordine storico e musicale. Il
compositore
medesimo
rifiutava
categoricamente
l’aggettivo
impressionista riferito alla propria produzione musicale: egli infatti
rivendicava alla musica una libertà che essa può raggiungere forse
più di ogni altra arte poiché non è limitata ad una riproduzione più o
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meno esatta della natura, ma è intesa a cogliere le misteriose
corrispondenze tra natura e immaginazione.
Non si può certo dubitare dell’amore di Debussy nei confronti della
arti figurative, egli stesso scrive a Edgar Varèse nel febbraio del
1912: “io amo le immagini quasi quanto la musica”.
In particolare vediamo che già i Nocturnes di Debussy sembrano
abbastanza
lontani
dall’impressionismo;
quando
infatti
li
componeva, Debussy parlava di una “ricerca nei vari arrangements”
ossia nei vari accomodamenti, nelle varie situazioni cromatiche, che
possa dare un solo colore, come in pitturan lo studio sul “grigio”
tratto dalle tele o dalle incisioni di Whistler.
Pittura e Musica sono due arti che trovano diretta espressione su
due diversi piani di realtà: lo spazio per la pittura e il tempo per la
musica; per cui le affinità sono ritrovabili più che altro a livello di
pensiero e non in precisi procedimenti tecnici.
In
Debussy,
ad
dell’ambivalenza
esempio,
del
lo
tempo,
stile
della
appare
come
continuità
che
rifiuto
lega
nell’esperienza umana la nascita e la morte, che fa di ogni istante un
passo inesorabile verso la fine.
Al tempo del “divenire romantico”, Debussy sostituisce il tempo
dell’istante, dell’effimero, il tempo di ciò che non dura quindi di ciò
che non passa perché gli istanti sono isolati e fuggitivi e perché essi
non si integrano nel flusso inesorabile della durata. Pierre Boulez
scrive: “il mutevole, l’istante irrompono nella musica; non soltanto
l’impressione dell’istante, del fuggevole al quale lo si è ridotto, ma
anche una concezione relativa e irreversibile del tempo musicale e
in genere dell’universo musicale”.
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Debussy rifiuta ogni gerarchia che sia fuori della dinamica
dell’evento, la forma si rinnova spontaneamente nell’istante
conformandosi a ciò che è movimento; essa è dettata da questo
movimento irreversibile e imprevedibile.
La negazione del tempo e della morte nella musica di Debussy
risiede proprio nell’istantaneità di ogni essere, di ogni cosa , di ogni
piacere come di ogni paura.
“Come l’impressionismo, dissolvendo la polarità manichea di ombra e
luce, non ammette che macchie di colore, vibrazioni solari e
l’innumerevole varietà della sfumature, così gli accordi debussiniani
formano una sfilata di atmosfere tutte equivalenti, tutte valide nella loro
irriducibile eterogeneità, tutte ugualmente superficiali o ugualmente
profonde a seconda dell’aspetto sotto il quale le si considera.” (V.
Jankelevitch).
A dire il vero, i titoli che Debussy ha dato alla maggior parte delle
sue opere, le poesie che ha messo in musica evocano paesaggi e
immagini che non sono mai stati trattati da parte degli
impressionisti autentici. I pittori moderni cui s’indirizza il suo gusto
personale sono senz’altro Manet, Degas, Gustave Moreau, Odilon
Redon,
nonché
certi
Nabis
tutti
estranei
od
ostili
all’impressionismo.
Debussy aspira a rendere il sentimento del mistero. A parte gli
scrittori simbolisti,
egli non poteva riconoscere che in Odilon
Redon o in Gauguin l’aspirazione verso gli stessi ideali, per opposte
che possano sembrare le loro rispettive attitudini e qualità
intellettuali: entrambi tendevano al mistero.
Inoltre Gauguin e Debussy furono profondamente influenzati dalle
espressioni artistiche dell’Estremo Oriente e in modo particolare di
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Giava. I propositi sulla pittura di Gauguin e le corrispondenze che
egli vi scorge con la musica annunciano senz’altro Debussy e quelli
che seguiranno: infatti le “ripartizioni di colori e di forme”, la
“forza interiore” del timbro cromatico e la “parte musicale” che il
colore è ormai destinato a volgere nella pittura, sono alquanto
confrontabili con una musica che fa del timbro soggetto e materia
essenziale e che viene realizzata unicamente in conformità di quelli.
E’ interessante notare che comunque i gusti e le preferenze musicali
dei pittori impressionisti non hanno mai superato di molto Hector
Berlioz o Richard Wagner (forse anche perché l’impressionismo in
musica si sviluppa più tardi: circa una trentina d’anni dopo).
A questo proposito Cézanne ha dipinto un quadro intitolato
Ouverture de Tannhäuser; Renoir ritrae Wagner nel 1893.
Lo stesso Renoir applica per la prima volta il termine
“impressionista” a musicisti francesi che in quel periodo non
potevano essere che Chabrier oppure Cabaner, o César Franck e
Vincent d’Indy.
Camille Pissarro, invece, non vedeva in loro altro che dei
“romantici”, mentre per Gauguin
gli impressionisti erano gli
“ufficiali del domani”.
Dunque, in effetti, in generale si potrebbe dubitare di una
corrispondenza precisa ed esatta del termine “impressionista” ora
alla pittura, ora alla musica, ora alla letteratura. Tuttavia questo
termine non ha avuto una lunga e singolare fortuna: è stato usato
per stigmatizzare ogni nuova forma d’arte oppure impiegato nel
tentativo di definirla approssimativamente. Vi sono infatti varie
interpretazioni di questo termine e non tutte positive come ad
esempio quella di Huysmans nel 1882 per il quale Monet “più di
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tutti gli altri aveva contribuito a convincere il pubblico che il
termine “impressionismo” designava esclusivamente una pittura
rimasta allo stadio di confuso rudimento, di vago abbozzo”; Victor
Hugo (ancora prima di Renoir) aveva chiamato Mallarmé “mio caro
poeta impressionista”. Albert Thibaudet distingue invece due sensi
che restano comunque legati sia in pittura che in poesia: come
primo
significato
“un’impressione
immediata,
una
fresca
annotazione”, come secondo significato “un’impressione attiva”
dello spettatore o del lettore in cui si fondono armonia e colori.
In base a questi vari significati della parola Impressionismo
possiamo dare una (se si può dire) collocazione ai diversi artisti. Se
consideriamo l’ affermazione di Huysmans allora Debussy come
musicista non teneva conto di pittori impressionisti nonostante, nel
1901, egli abbia usato il termine Impressions per designare alcuni
suoi Nocturnes (in seguito preferirà parlare di réalités per quanto
riguarda le Imagines, un titolo ispirato agli scrittori o pittori
simbolisti). Tuttavia se pensiamo all’impressionismo così come
nella definizione di Thibaudet e cioè come viva freschezza
dell’abbozzo e non come vaga incertezza, allora ecco che qui si può
inserire il disegno di Debussy.
Nelle
tele,
così
come
nella
musica,
appare
la
ricerca
dell’istantaneità. Spesso Debussy è stato paragonato a Degas.
Quest’ultimo non è un vero e proprio impressionista, egli con la sua
tela ha saputo dare l’illusione di aver sorpreso il soggetto e di
averne reso di getto il movimento, così per Debussy in La mer,
nelle Images per orchestra e in Jeux i colori si ravvivano, le
armonie si distendono e le linee si semplificano come se la sua
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musica tendesse ad essere fatta di “indicazioni, di cenni” con una
certa sicurezza di tratto e un estrema libertà di movimento.
In realtà è nell’apporto della pittura impressionista all’arte del
disegno o dell’incisione e non tanto dentro la stessa pittura, che si
devono ricercare le primizie dell’impressionismo musicale.
Spesso Debussy è stato anche paragonato ai pittori che hanno
restaurato l’arte della stampa, dell’illustrazione o del manifesto
pubblicitario e gli hanno dato un’ impronta di modernità attraverso
il timbro e le varie modulazioni cromatiche che rappresentano un
accrescimento di mezzi, ma anche per i titoli, il taglio della pagina,
la scrittura e le indicazioni di fraseggio sfumato.
Così Debussy ha ondeggiato per un certo periodo di tempo fra
queste due espressioni: impressionismo e post-impressionismo.
Un altro grande musicista del periodo è Maurice Ravel. Per i suoi
Oiseaux tristes, il suo Gibet (da Miroirs e Gaspard de la Nuit)
rivendica un potere di suggestione che va al di la di ogni pittura,
forse anche quella impressionista. Ma per meglio capire è
opportuno fare un breve percorso come per Debussy.
Innanzitutto nella sua musica, qua o là, ci si ritrova in pieno clima
simbolista, inoltre nelle sue opere si profilano le allucinazioni che il
mondo moderno porta con la sue fabbriche, i suoi fumi, e i suoi
rumori.
Ravel trae ispirazione da varie fonti: il clavicembalismo classico nel
Tombeau de Couperin, il valzer viennese ne La Valse,il jazz nei
concerti e la Grecia riletta attraverso la pittura francese in Dafnis et
Chloè .
La tendenza alla perfezione che caratterizza l’opera di Ravel ha
fatto si che la sua produzione sia piuttosto scarsa, pur essendo
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sempre di assoluto rilievo; tra le più importanti è il caso di ricordare
il famoso Bolero del 1928 e i due concerti per pianoforte e orchestra
del 1931. A proposito del Bolero quest’opera era stata dapprima
considerata pura contemplazione, bagliore luccicante di mare fermo
per poi divenire movimento implacabile di macchina (ecco come la
musica ha precorso il film), così la “fucina del bolero” (come la
definiva Ravel ), lungi dall’essere immaginaria, è anzi esistita nella
realtà: sorgeva in un triste sobborgo parigino poco innanzi dipinto
da Seurat.
Per finire, non soltanto i pittori e gli scrittori sono stati al corrente di
movimenti che si manifestavano all’estero. Se la pittura
propriamente impressionista ha provocato ovunque delle imitazioni,
non c’è sicuramente alcun precursore dell’ Espressionismo che non
sia inizialmente passato attraverso un periodo impressionista, così
non c’è alcuno che non abbia avuto contatti con il Simbolismo.
Sicuramente l’influenza di quest’ultimo predomina, ma i suoi effetti
non sembrano molto differenti da quelli che l’Impressionismo
avrebbe prodotto direttamente, infatti anche in Schoenberg vi sono
le influenze, impressionistiche,la sua purezza cangiante, una certa
indecisione nella forma, la riduzione del quadro lo dimostrano.
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