Digital stream

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Digital stream
Digital stream
di Mauro Gurioli
Sto sempre dietro alla gente, a caccia dei pensieri sfuggenti
che emana. O davanti allo schermo: parole digitate dentro e
riversate nello spazio virtuale del non-essere. Per gioco,
forse. Specialmente quando fa caldo come oggi. Direi che di
notte è distensivo. Mi appoggio sulla mente dura e arida di
questa periferia come su un tappeto volante e non torno più.
Sto nella scatola di quattro muri bianchi che dipingerei con le
tempere, se ascoltassi la mia euforia. Dalla finestra vedo
sagome confuse con la terra e l’erba. Vicini di casa,
probabilmente. O qualche altro strano essere. Io dentro, loro
fuori. Ragno che sguazza nella tela mondiale (tasti spinti in
rapida sequenza dal cervello…) coi pensieri stanchi di chi in
fondo naviga solo nella realtà…
…bzzt… <my_brain says> la macchina che è
appena passata suona il clacson in fondo
alla
via
investì
ha
fretta
nonna
Alma
come
mentre
quella
che
veniva
a
trovarci in bicicletta
Mamma gliel’aveva detto: col traffico di oggi ci vogliono
quattr’occhi. Ho tre nuovi messaggi di posta elettronica e
tanta voglia di chattare con qualcuno che scriva in inglese.
<hospital_chat_transcript
says>
il
dottore all’ospedale ripeteva è una cosa
seria una botta alla testa ma la signora
ce
l’ha
dura
ha
voluto
firmare
per
andarsene
Dopo tre giorni nonna Alma era di nuovo una rosa, e nonno
Ricco si tranquillizzò. Il mio computer è lento a caricare,
Java ha un blocco psicologico e mi sta fondendo l’hard-disk.
<onoranze_funebri
says>
nonno
Ricco
è
morto da quasi undici anni
Giocava con mio cugino l’ultima volta che l’ho visto, teneva
in mano una scatola di latta colorata e batteva le dita sul
fondo metallico. Per far ridere il bimbo. Internet del cazzo, lo
schermo del computer si è paralizzato su grappoli di icone
incompiute.
<my_memory says> quando ero piccolo nonno
Ricco giocava anche con me
Mi raccontava che mamma a tre anni si è ustionata il naso.
Col tegame della pappa che bolliva sul fuoco. Forse in quel
momento tutti immaginarono il calore delle fiamme che
avevano carbonizzato la vecchia casa. Termina applicazione,
qui non funziona un accidente.
<voce_del_tempo
says>
fu
in
un
giorno
d’estate del 1944
Non una nuvola in cielo e nell’aia luccicava un carro col
pennone alzato. Terribilmente simile a un cannone tedesco,
per un pilota americano che andava di fretta. Giocò a Risiko e
vomitò sulla nostra campagna qualche bomba al fosforo…
Disconnetti. Tanto stasera il server è bloccato.
<everybody_says>
ricostruita
una
la
casa
villetta
è
in
stata
cui
vive
senza macchie una nuova famiglia
Perché la gente non guarda in faccia ai luoghi. E poi se ti
incateni a un posto, il tempo te lo fa lasciare. Per esempio
mamma prima di venire in città stava nella bassa. La Rete lì
non sarebbe mai arrivata, o al massimo ci si sarebbero
impigliate le rane. L’ultima notte il loro gracidio era l’unico
suono.
bzzt… <my_mother wrote> che pace intorno
il cielo è fitto di stelle che splendono
sul mio mondo Pino sta suonando il suo
organo
domani
non
sentirò
più
quella
musica e sarà triste per me non vedrò più
il mio campo…
Il giorno dopo è partita e ha dimenticato Pino, il ragazzo che
le piaceva. Si è diplomata. Sposata. Ha avuto un figlio (me).
Un lavoro. Una casa. Ma guarda ancora il cielo che splende
sul suo mondo. Da quella casa fitta di stelle io mi getto nella
vita, reale o virtuale che sia.
<naive_memory
avevamo
una
says>
qualche
mese
fa
gattina
Nuvola
bianca
e
soffice come un piumino
Seguiva mamma fino in fondo alla strada, accarezzarla dava
un senso di pace. Niente di più vero e reale.
<pulp_memory says> una sera l’ho trovata
davanti al cancello sembrava addormentata
guarda che scema Nuvola sempre in mezzo
alla strada
Poi ho visto il sangue che violentava il suo pelo candido.
Un’altra di quelle stupide auto che suonano il clacson in
fondo alla via.
Anche nonna Alma se n’è andata. Due anni fa. Per la
simpatia di un dottore che l’ha messa nel reparto sbagliato.
Passati gli ottant’anni, si sa, è più facile morire. Si è meno
interessanti.
Non so perché davanti a questo schermo (ormai è nero, l’ho
già spento da cinque minuti) mi vengono i pensieri e se ne
stanno lì, a guardarmi svolazzando. Non so perché scruto la
gente e mi sforzo di capirla: questa è l’epoca dei dispetti. Di
quelli che non ti salutano e non ti guardano. Poi si
rinchiudono
in
una
stanza
virtuale
e
lì
diventano
simpaticissimi. Disponibili. Aperti al dialogo. Perché sanno
di non essere nessuno ed è bello almeno qualche volta sentirsi
vuoti e perfetti…
<private from the_digital_writer> questo
è lo stream della mia notte appollaiato
sui rami scuri dei centri nervosi come un
uccello
che
si
lamenta
alla
luna
come
occhi di Nuvola che per l’ultima volta
trafiggono il buio