primo umile capitolo della mia tesi

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primo umile capitolo della mia tesi
Capitolo 1: La sintesi del diamante a basse pressioni
1.1 Diagramma di fase del carbonio, paradosso termodinamico e ruolo dell’idrogeno nella sintesi
del diamante a basse pressioni
1.2 Modelli di nucleazione e di crescita del diamante: stato della ricerca
1.3 Meccanismi di crescita del diamante in reattori CVD a CH4 /H2
1.3.1
crescita del diamante
•
crescita mediata da radicali metilici
•
crescita mediata da acetilene
1.3.2
inclusioni di fasi non-diamante
1.2.3
inclusione di impurezze
1.2.4
nucleazione primaria e secondaria
1.4 Influenza della polarizzazione del substrato sui meccanismi di crescita del diamante
1.5 Cinetica chimica in un plasma a CH4 /H2 ad alta pressione
1
Capitolo 1: La sintesi del diamante a basse pressioni
Argomento di questo capitolo è il problema della sintesi del diamante a bassa pressione dal punto di
vista chimico e termodinamico. Vengono trattati, da un punto di vista generale, i modelli accreditati
per la sintesi del diamante che riguardano la nucleazione, la crescita, l’inclusione di difetti
all’interno del cristallo. Inoltre viene studiata la chimica delle specie attive nella deposizione del
diamante in un plasma CH4 /H2 in condizioni di equilibrio termodinamico locale.
1.1 Diagramma di fase del carbonio, paradosso termodinamico e ruolo dell’idrogeno nella
sintesi del diamante a basse pressioni
Diamante e grafite, com’è noto, sono le due più comuni forme allotropiche del carbonio stabili a
pressioni e temperature ordinarie. In tali condizioni, il diamante, avendo un’energia libera di
formazione leggermente maggiore di quella della grafite (2.9 kJ/mol), rappresenta una fase
metastabile, la cui grafitizzazione è ostacolata da un’energia di attivazione molto elevata (circa
3eV/atomo), dell’ordine dell’energia di legame del carbonio. La grafite rappresenta quindi, a
pressione e temperatura ambiente, la fase più stabile, a dispetto della regola empirica che vuole che
le fasi più stabili siano quelle a maggiore densità, avendo generalmente numeri di coordinazione
maggiori1 .
GPa
Diamante
20
carbonio
15
liquido
diamante
10
+
grafite
metastabile
5
Grafite
+
diamante
Grafite
metastabile
0
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
Fig. 1.1.1
2
Il diagramma delle fasi del carbonio, in effetti, presenta la linea di fusione del diamante e quella
della grafite disposte in modo tale che, a pressione e temperatura ambiente, il carbonio risulta ben
all’interno di entrambe le regioni di stabilità delle fasi solide (vedi fig.1.1.1) 2 , e ciò indica che il
carbonio può esistere, in condizioni ordinarie, in entrambi gli stati di aggregazione.
La fase più stabile è caratterizzata dalla energia libera di formazione (µ) inferiore, e la linea di
separazione fra la fase della grafite e quella del diamante, mostrata nella figura, è luogo dei punti
per i quali si ha µdiamante=µgrafite.
La pressione del punto a temperatura ambiente fu dedotta in linea teorica da Lewis e Randall in un
vecchio lavoro 3 le cui linee generali sono le seguenti: indicando con µd e µ g le energie libere di
formazione rispettivamente del diamante e della grafite, e ricordando che
dµ = V m dp − S m dT
(1.1.1)
dove Vm e Sm rappresentano rispettivamente il volume e l’entropia molare a pressione e temperatura
p,T, si ha che
d (µ d − µ g ) = Vdm − Vgm dp − S dm − S gm dT
(
)
(
)
(1.1.2)
Integrando questa equazione a temperatura costante, e scegliendo la pressione finale sulla linea di
separazione fra le due fasi, dove µ d = µg, si ottiene
p
(
)
µ d (T , p0 ) − µ g (T , p0 ) = − ∫ Vdm − Vgm dp
(1.1.3)
p0
Se si adotta l’approssimazione di solido incomprimibile l’integrazione è immediata e la pressione di
equilibrio fra le due fasi risulta:
p = p0 −
µ d (T , p0 ) − µ g (T , p0 )
Vdm − V gm
(1.1.4)
tenuto conto che il volume molare del diamante e quello della grafite sono rispettivamente di
3.42cm3 e 5.31cm3 , e che la differenza fra i potenziali chimici a 298°K, come già detto, è 2.9kJ/mol,
si ottiene per la pressione di equilibrio fra le due fasi circa 1.5 GPa, valore che deve intendersi come
approssimato perché a tali pressioni la condizione di incomprimibilità non è più rigorosamente
verificata.
Stabilita la pressione di equilibrio alle temperature ordinarie, si possono calcolare altri punti della
linea di equilibrio fra grafite e diamante integrando la (1.1.2) lungo un cammino opportuno
4,5,6,7
e si
verifica che a temperature superiori a quella ambiente la pressione di equilibrio fra le due fasi solide
del carbonio è ancora superiore a quella appena determinata.
I metodi di sintesi HPHT (alta pressione alta temperatura) operano quindi a temperature elevate non
per ragioni termodinamiche, ma per ottenere maggiori rate di crescita e buona qualità cristallina.
3
Viceversa, tutti i metodi di sintesi del diamante a bassa pressione operano a pressioni e temperature
che si collocano nell’ambito di metatabilità del diamante, sebbene l’intera regione di metastabilità
sia ancora lontana dall’essere stata esplorata completamente.
Tali metodi sono classificati come applicazioni della deposizione chimica da fase di vapore
(Chemical Vapor Deposition, CVD), un metodo di deposizione di rivestimenti sottili basato sul
chiemiosorbimento selettivo, da parte di un substrato, di specie chimiche disperse in un gas
altamente attivato.
Tutti i metodi di deposizione del diamante per CVD presentano le seguenti caratteristiche comuni:
a) Le specie coinvolte nella crescita del diamante vengono ottenute dall’attivazione di una
miscela di idrogeno e un idrocarburo, solitamente metano, ed eventualmente altri gas,
ottenuta o per via termica (hot filament, fiamma ossiacetilenica, arc-jet) o per scarica
elettrica (reattori a radiofrequenza induttivi o capacitivi, a microonde, a scarica in corrente
continua). Le temperature coinvolte vanno dai 2000°C (hot filament) ai 5000-6000°C (arcjet, scarica in alta pressione), mentre le pressioni vanno generalmente dalle decine alle
centinaia di millibar, a seconda del tipo di reattore.
b) Il diamante cresce su un substrato ad una temperatura compresa generalmente fra 800 e
1100°C, più freddo quindi delle specie coinvolte nella crescita, in particolare dell’idrogeno
atomico dissociato all’interno del gas di alimentazione, onde prevenire la grafitizzazione
della superficie. Il materiale del substrato può essere Silicio, metalli refrattari come
molibdeno o titanio, diamante (omoepitassia) generalmente ottenuto per HPHT.
Scegliendo opportunamente i parametri di deposizione si riesce a fare in modo che la formazione
del diamante risulti privilegiata rispetto a quella della grafite, anzi, si riesce a ottenere
l’evaporazione della grafite e la deposizione del diamante.
Questo fenomeno, da un punto di vista termodinamico, rappresenta apparentemente un paradosso:
L’evaporazione della grafite indica per le fasi di vapore una energia libera inferiore a quella della
grafite, la deposizione del diamante indica invece una energia libera del diamante inferiore a quella
delle fasi di vapore, e questi due fatti sono incompatibili con la considerazione che l’energia libera
di formazione del diamante è superiore (anche se di poco) a quella della grafite.
È da tempo riconosciuto 8 che la risoluzione di questo apparente paradosso è dovuta alla presenza di
idrogeno dissociato in prossimità del substrato. Lo schema corretto, nella vaporizzazione della
grafite e nell’accrescimento del diamante, non è
Cg → Cd
bensì
4
Cg+2nH → Cd+nH2
(1.1.5)
in cui n dipende dal particolare tipo di reazioni coinvolte nel processo.
Il debole incremento di energia libera del carbonio è ampiamente compensato dalla forte
diminuzione di quella dell’idrogeno, che ritorna allo stato molecolare. È comprensibile, quindi, che
ripetuti e infruttuosi tentativi di sintetizzare diamante nelle condizioni di meta-stabilità9 , ma senza
l’utilizzazione dell’opportuno catalizzatore, abbiano generato la convinzione che argomenti teorici
di principio si opponessero alla sintesi del diamante a basse pressioni 10 , questo fin quando il ruolo
dell’idrogeno atomico non è stato chiarito dai primi brevetti aventi per oggetto la sintesi di diamante
CVD 11,12,13 .
È ora generalmente riconosciuto 14 che l’idrogeno atomico riveste, nella crescita del diamante CVD
alcuni ruoli ben definiti:
- rimuove le fasi grafitiche 20-30 volte più velocemente di quanto faccia col diamante, quindi
in presenza di idrogeno tali fasi sono velocemente rimosse mentre la crescita del diamante
procede regolarmente
- stabilizza la superficie del diamante e mantiene l’ibridizzazione sp3 degli orbitali del carbonio
- converte gli idrocarburi in radicali, necessari precursori della formazione del diamante
- estrae idrogeno dalla superficie del diamante, creando siti attivi per il chemiosorbimento dei
precursori.
Nei prossimi paragrafi studieremo alcuni meccanismi generali di reazione che rendono conto della
nucleazione e della crescita del diamante CVD, della ablazione delle fasi “non-diamante”, e della
dipendenza di tali fenomeni dai più significativi parametri di reazione.
1.2 Modelli di nucleazione e di crescita del diamante: lo stato della ricerca
Lo studio della crescita del diamante per chemical vapour deposition, ha visto lo sviluppo di due
tipi di approccio diversi. Quello sviluppatosi per primo, storicamente, è basato sullo studio
dell’equilibrio, sulla superficie del substrato, fra varie specie chimiche di cui è ritenuta probabile la
partecipazione ai processi di crescita del diamante: idrogeno atomico e molecolare, radicali metilici,
e complessi basati sul carbonio con ibridazione sp2 o sp3 , probabili precursori di fasi di grafite o
diamante 15 . La struttura esatta di questi ultimi composti non viene studiata in dettaglio, così come
non vengono assegnati valori definiti ai rate delle varie reazioni che compaiono nei processi. Anche
con queste indeterminazioni, tuttavia, tali modelli, che potremmo definire “sintetici”, sono in grado
di rendere conto della correlazione fra i parametri di reazione e alcune caratteristiche della crescita
di film di diamante, come il rate di crescita e l’inclusione di fasi non-diamante 16 .
5
Un approccio più recente, di tipo più “analitico”, è basato invece sul grande sviluppo delle tecniche
semi-empiriche e di quelle ab-initio nello studio dei composti: si ipotizza un meccanismo di
reazione che porti alla crescita del diamante (o all’ablazione del materiale indesiderato), si calcola,
con metodi semi-empirici o ab-inizio, l’entalpia di formazione dei reagenti e dei prodotti nelle varie
fasi, intermedie e finali, della trasformazione, e si ricavano informazioni su quali canali di reazione
siano favoriti da un punto di vista energetico.
Entrambi gli approcci offrono il fianco ad alcune critiche. Quello sintetico, come già osservato, non
entra nei dettagli di quali siano le fasi intermedie nella crescita del diamante, inoltre, basando le sue
previsioni sullo studio dell’equilibrio fra le varie fasi, non sembra adatto a descrivere molti dei
processi lontani dall’equilibrio riconosciuti come importanti nell’interazione fra substrato e
plasma 17 .
L’approccio più analitico, d’altra parte, non sembra ancora essere in grado di tenere conto
dell’enorme varietà dei meccanismi di reazione possibili in un plasma per CVD, ed offre a tutt’oggi
una visione dei processi coinvolti ancora piuttosto frammentaria 18 . Inoltre seguendo questo
approccio l’attenzione rimane focalizzata su questioni di tipo energetico, mentre le problematiche
relative all'entropia, più difficilmente trattabili ma ugualmente importanti nei processi di
condensazione, rimangono ai margini 19 .
Nel complesso, allo stato attuale, i due approcci offrono, a nostro avviso, due panoramiche
complementari. L’approccio sintetico fornisce linee guida generali nella scelta dei parametri di
processo, ad esempio la composizione del gas di feed o la pressione del gas; l’approccio analitico,
invece, può aprire illuminanti prospettive su alcuni particolari importanti, per esempio (come
vedremo) il ruolo della polarizzazione del substrato o delle sue variazioni nel tempo.
Il panorama attuale della ricerca sembra quindi in attesa di una sintesi veramente comprensiva che
partendo dai principi primi sia in grado di offrire un modello di tutti i più importanti meccanismi
coinvolti nella deposizione. Le condizioni preliminari per operare una sintesi di questo tipo furono
individuate da Spear e Frenklach, due pionieri dell’approccio analitico, in una review ormai
piuttosto datata 20 (1994). I progressi, nelle direzioni da loro individuate, non sono stati così
rivoluzionari da rendere obsoleto il loro approccio, che quindi riproponiamo con qualche
commento.
1) È necessario sviluppare una chiara e compatta nomenclatura per i siti di crescita sulle superfici
del diamante, che includa le condizioni al contorno riguardanti i primi vicini (in particolare
l’occupazione dei siti superficiali da parte dell’idrogeno atomico).
6
2) È necessario studiare le correlazioni fra i possibili meccanismi di crescita e la risultante
morfologia superficiale, osservata con tecniche di microscopia ad alta risoluzione.
3) È necessario lo studio sistematico di tutti i meccanismi di deposizione e di attacco chimico
altamente competitivi (sp, sp2 , sp3 , twins, difetti ecc.) e di tutti i meccanismi di conversione fra
i diversi stati di ibridizzazione del carbonio.
4) È necessario il raffinamento dei modelli cinetici per lo studio della dipendenza delle
corrispondenti costanti di rate dalla pressione e dallo stato di attivazione del plasma.
5) È necessario lo sviluppo di processi di sintesi sequenziali innovativi (per esempio, cicli
sequenziali di deposizione e di attacco chimico, o cicli di modulazione della polarizzazione del
substrato) per il collaudo dei meccanismi postulati in (3) e calcolati in (4).
Una catalogazione sistematica dei siti di crescita (punto 1) è resa necessaria dalla varietà delle
superfici e dalla diversità delle configurazioni dei siti di crescita sulle superfici stesse.
Generalmente si considerano le tre superfici a più alta densità atomica [111], [100] e [110], ed i siti
di crescita costituiti da nuclei, gradini, o “gomiti” fra gradini (vedi figura 1.2.1).
Fig. 1.2.1
La situazione appare complicata dal fatto che l’immagine convenzionale della crescita per
propagazione di un gradino è condizionata dalla visione di celle elementari che si aggregano
mettendo in comune con il cristallo due delle loro 6 superfici (o 3, se si tratta di un “gomito”). Il
numero di coordinazione del carbonio, però, non è 6, ma 4, e questo implica che siti di crescita
apparentemente distinti, perché situati su gradini fra superfici di diversa simmetria, in realtà
corrispondono a configurazioni atomiche analoghe. Una esaustiva tassonomia dei siti di crescita,
che tenga conto anche delle condizioni dei primi vicini, a quanto ci consta, non è stata ancora
individuata, sono stati però fatti dei passi in avanti nello studio dei meccanismi di crescita che
predominano per le varie superfici21 , che permettono di correlare morfologia cristallografica e
chimica del plasma.
Le tecniche di microscopia e di spettroscopia superficiale ad alta risoluzione (punto 2) sono in
costante progresso, e sono già in grado di imporre limiti stringenti ai modelli che vengono
sviluppati per l’accrescimento delle varie superfici cristalline del diamante 22 .
Riguardo al punto (5), sporadici, non sistematici tentativi di sequenziare le fasi della crescita
vengono compiuti, anche a causa di una certa difficoltà nel coordinare le competenze dei crescitori
7
con le speculazioni dei teorici23 . Come vedremo, i progressi nella sintesi da noi ottenuti nel corso
del 2001 hanno trovato, a posteriori, una parziale giustificazione nel lavoro compiuto
contemporaneamente da alcuni teorici nello studio della dinamica molecolare di composti del
carbonio polarizzati24 .
Nei paragrafi successivi, presentiamo alcuni di quei risultati ottenuti con l’approccio “sintetico” e
con quello “analitico” che, per il nostro sistema di deposizione e per le problematiche da noi
affrontate durante il lavoro di sintesi, ci sono sembrati particolarmente significativi.
1.3 Meccanismi di crescita del diamante in reattori CVD a CH4 /H2
Lo studio delle condizioni di crescita di film di diamante in un reattore CVD (Chemical Vapor
Deposition: deposizione chimica da fase di vapore) deve fornire informazioni utili relative ai
seguenti processi
a) nucleazione del diamante, rate di nucleazione e sua dipendenza dai parametri di reazione
b) crescita del diamante e dipendenza del rate di crescita dai parametri
c) inclusione di fasi sp o sp2 , incidenza relativa delle fasi non-diamante
d) inclusione di impurezze dovute a inquinamento dei gas di feed
I processi suddetti possono essere trattati nel quadro di una teoria del tipo “sintetico” sopra
delineato, elaborata nelle linee essenziali da Angus, Goodwin …
La nucleazione del diamante, sebbene in ordine logico e cronologico preceda le altre fasi, verrà
considerata per ultima, perché la sua trattazione necessita dei risultati ottenuti per le altre fasi.
1.3.1 crescita del diamante
Alle temperature di interesse nella sintesi del diamante CVD, in atmosfera di idrogeno, si può
presumere che la superficie del diamante sia terminata da atomi di idrogeno che saturano i legami
del carbonio. L’equilibrio tra le due reazioni:
C-H + H → C + H2
e
C + H→ C - H,
determina un certo numero siti vacanti, la cui densità, sostanzialmente indipendente dalla
concentrazione di idrogeno 25 , tende però a crescere con la temperatura. Tali siti, una volta formatisi,
tendono poi a diffondere sulla superficie con velocità anch’essa crescente con la temperatura. Per
temperature molto alte, altri processi diventano competitivi, come la dissociazione dell’idrogeno in
corrispondenza di un sito vacante e la grafitizzazione dei legami del carbonio superficiale 26 . Da
notare il fatto che il numero di siti vacanti può essere notevolmente incrementato polarizzando
positivamente il substrato: il bombardamento della superficie con elettroni aventi energie di qualche
8
eV è infatti efficace nell’estrazione degli atomi di idrogeno superficiali, e determina, come è stato
dimostrato, incrementi del rate di crescita fino a un ordine di grandezza 27 .
I siti liberi dal carbonio possono essere occupati da vari generi di idrocarburi o dei loro radicali, i
più importanti, nella maggior parte delle situazioni di interesse pratico 28 , sono quelli più leggeri, in
particolare i radicali metilici (CHx) e l’acetilene (C 2 H2 ), che danno luogo a meccanismi di reazione
sostanzialmente diversi e che vengono sostenuti selettivamente sulle diverse superfici di crescita.
Tratteremo i due gruppi di radicali separatamente.
• Crescita mediata dai radicali metilici (CHx)
La crescita mediata da radicali metilici è stata studiata, con un approccio di tipo “sintetico”, da
Goodwin 29 e da Angus 30 . Goodwin ha preso le mosse da un modello di aggregazione dettagliato,
Angus, viceversa, ha studiato una classe di modelli più generale, senza specificare nel dettaglio la
struttura dei precursori. Il modello di accrescimento sviluppato da Angus coinvolge tre passi
fondamentali, che partono da un sito vacante su cui si fissa un radicale metilico, prevedono poi
l’ulteriore aggregazione di un altro radicale dello stesso tipo, ed infine, mediata dall’azione
dell’idrogeno atomico, l’organizzazione degli atomi di carbonio nella struttura cristallina del
diamante, che quindi determina l’accrescimento del cristallo. La struttura delle reazioni è la
seguente:
1) Cd + CHx → Cd-CHx
2) Cd- CHx + CHx→ G
3) G + H → 3Cd
(la stechiometria dell’idrogeno non è rispettata, lo è invece quella del carbonio).
Si suppone che durante l’accrescimento del diamante le fasi intermedie (Cd-CHx e G) siano in
equilibrio, ovvero che la loro concentrazione sia costante. Ciò si adatta all’immagine di un
accrescimento dovuto all’avanzamento di singoli gradini su una superificie ad alta densità
(fondamentalmente [111], [100] o [110]), in cui la lunghezza complessiva dei gradini (lungo i quali
avviene l’effettiva aggregazione del materiale) sia pressoché costante. L’equilibrio chimico per le
specie intermedie, quindi, implica che
k 1[C d ][CH x ] − k 2 [C d − CH x ][CH x ] =
d
[C d − CH x ] = 0
dt
d
k 2 [Cd − CH x ][CH x ] − k 3 [G][H ] = [G ] = 0
dt
Combinando le due equazioni con la condizione di normalizzazione
[C d] + [C d-Hx ] + [G] = α
(α è la concentrazione dei siti non occupati dall’idrogeno, dipendente, come si è detto, soltanto
dalla temperatura), si ottiene per [G]
9
[G] =
k1 [CH x ]
⋅
k 3 [H ]
α
k
k [CH x ]
1+ 1 + 1
k 2 k 3 [H ]
Ora, il rate di crescita (in termini di massa per unità di tempo e di superficie) è dato dal rate
dell’ultima delle tre reazioni 1)2)3), ed è quindi
r = k 3 [G][H ] =
k1 [CH x ]α
k
k [CH x ]
1+ 1 + 1
k 2 k 3 [H ]
(1.3.1.1)
La dipendenza del rate di crescita dalla concentrazione di radicali metilici, espressa dalla (1.3.1.1),
riproduce una caratteristica abbastanza generale dell’accrescimento del diamante per CVD: se la
concentrazione di idrogeno atomico è sufficientemente alta, il rate di crescita tende a crescere
linearmente all’aumentare della concentrazione di idrocarburi nel gas di alimentazione, fino a
stabilizzarsi per alte concentrazioni (la proporzionalità fra concentrazione di idrocarburi nel gas di
feed e concentrazione di radicali metilici è garantita dall’estrema velocità delle reazioni di
dissociazione).
E’ da notare che la (1.3.1.1) rende conto del fatto che, notoriamente 31 , il rate di crescita presenta un
massimo ad una temperatura ben definita. Il coefficiente α, infatti, che rappresenta la densità dei siti
vacanti dell’idrogeno, tende a crescere con la temperatura fino a quando altri processi, come la
grafitizzazione dei legami del carbonio e la dissociazione dell’idrogeno molecolare (C d+H2 →CdH+H), non diventano competitivi. Tale massimo si ottiene a temperature intorno ai 1000°C,
indipendentemente dal metodo di deposizione.
L’introduzione di una non meglio specificata specie G che precorre la formazione dei legami del
diamante può sembrare (ed è effettivamente sembrata 32 ) una generalizzazione e, nello stesso tempo,
una semplificazione eccessiva.
Si può però verificare che il metodo appena delineato è abbastanza “robusto” da sopportare la
specializzazione a meccanismi di crescita più dettagliati senza che le conclusioni generali vengano
gravemente inficiate.
Ad esempio, proviamo a ipotizzare un meccanismo di accrescimento a due “fasi” che coinvolga una
superficie [100] ricostruita monoidrata. La prima fase è stata proposta da Garrison et al. 33 e da
Huang e Frenklach34 ed è stata verificata da simulazioni di dinamica molecolare, la seconda
rappresenta l’adattamento di un meccanismo proposto da Harris precedentemente 35 e che
coinvolgeva però una superficie [100] bi-idrata. La figura 1.3.1.1 illustra la trasformazione nei suoi
passi P0 ..D. La prima fase è illustrata da P0 -P3 , la seconda da G0 -D.
10
Fig 1.3.1.1
H-vacanza su una superficie
ricostruita [100] mono-idrata di
P0
diamante
Il
processo
di
chemio
sorbimento di un radicale CH3
P1
ha
energia
di
attivazione
pressoché nulla
Processo
P2
B+H. → C. + H2
Mediato da idrogeno atomico
Beta-scissione C→D
Il secondo legame a partire da
P3
quello non saturato tende a
scindersi e poi a ricostruirsi con
il carbonio chemio-sorbito.
Ulteriore aggregazione di un
G0
radicale metilico
a
Processo
G1
E+H. → F. + H2
L’ulteriore estrazione dell’H in
b
D
posizione
‘à
porta
alla
ricostruzione del legame del
carbonio. L’intero processo AG può ripetersi con l’estrazione
dell’idrogeno in posizione “b”
11
Le reazioni elementari che conducono dalla fase P0 alla D sono le seguenti:
1) P0 . + CH3. → P1
2) P1 + H. → P2. + H2
3) P2 . → P3 .
3’) P3 . + H. → P3 – H
3’’) P3 – H + H. → P3 . + H2
4) P3 . + CH3. → G0
5) G0 + H. → G1 . + H2
5’) G1 . + H. → G0
6) G1 . + H. → D + H2
A questo punto, l’ulteriore estrazione dell’atomo di idrogeno nella posizione “b” permetterebbe di
ripercorrere la catena 1)-6) con l’ulteriore inserimento di due atomi di carbonio, e così via.
Si deve notare che la successione P0 ..D è interrotta in due punti da due reazioni di
chemiosorbimento dell’idrogeno, una delle due dà come specie intermedia P3-H, che non è
mostrata in figura e che si ottiene dalla P3 saturando il legame del carbonio con un idrogeno.
La reazione P2.→P3. coinvolge una β-scissione caratteristica degli idrocarburi ad alte temperature.
Si tratta della scissione del secondo legame (legame in posizione β) a partire dal legame insaturo,
dovuta alla estrazione dell’idrogeno, seguita dal legame dei due carboni.
Stavolta l’equilibrio chimico delle specie intermedie P1 ..G1 della catena è governato dalle seguenti
equazioni:
per P1
k 1[P0 ][CH 3 ] − k 2 [P1 ][H ] = 0
per P2
k 2 [P1 ][H ] − k 3 [P2 ] = 0
per P3
k 3 [P2 ] − k 3' [P3 ][H ] + k 3'' [P3 − H ][H ] − k 4 [P3 ][CH 3 ] = 0
per P3 -H
k 3' [P3 ][H ] − k 3'' [P3 − H ][H ] = 0
per G0
k 4 [P3 ][CH 3 ] − k 5 [G0 ][H ] + k 5' [G1 ][H ] = 0
per G1
k 5 [G0 ][H ] − k 6 [G1 ][H ] = 0
Oltre a queste condizioni, si deve considerare ora la condizione di normalizzazione:
[P0 ] + [P1 ] + [P2 ] + [P3 ] + [P3 − H ] + [G0 ] + [G1 ] = α
Come nel caso più generale trattato da Angus, il rate di crescita, in definitiva, è dato dalla velocità
dell’ultima delle reazioni 1)-6)
r = k 6 [G1 ][H ]
12
Il sistema sopra descritto fornisce, dopo calcoli noiosi ma banali, la seguente espressione per il rate
di crescita:
k 1k 5
r=
k
k 5 − k 5' ⋅ 5
k6
[CH 3 ]α



 k1 k 3'k 1   k 1  k1
k1
1 +
 +  +
+
+

 k 4 k 3''k 4   k 3  k 2 k − k ⋅ k5
5
5'

k6




 k 5   1 
1 +  ⋅
[CH 3 ]

 k 6   [H ]


Nonostante l’espressione algebrica dipenda, come c’era da aspettarsi, in modo notevolmente più
complesso dalle velocità delle varie reazioni che compongono la catena 1)-6), rispetto al semplice
schema proposto da Angus, si deve notare che la dipendenza del rate dalla concentrazione del
radicale metilico [CH3 ] è praticamente la stessa. Si ha ancora un andamento lineare con [CH3 ] per
piccoli valori della concentrazione e poi una saturazione a valori più elevati.
La seconda fase della catena di reazioni considerata, la G0 ..D, come già accennato, costituisce
l’adattamento ad una superficie ricostruita mono-idrata di un meccanismo proposto da Harris per
una superficie bi-idrata. In quel caso, il contatto fra gli atomi di idrogeno del gruppo metilico e
quello della superficie del diamante generava una repulsione responsabile di una energia di
attivazione del chemiosorbimento del CH3 molto elevata, calcolata da Huang e Frenklach in
335kJ/mol. In questa variante, invece, l’atomo di idrogeno contrassegnato da “a” nello schema G1 si
trova ad una maggiore distanza dal CH3 , a causa della ricostruzione dei legami del carbonio della
superficie, per cui l’energia di attivazione della reazione 4) P3 . + CH3 . → G0 non dovrebbe essere
così elevata.
• Crescita mediata da acetilene (C 2 H2 )
L’acetilene rappresenta, fra gli idrocarburi gassosi, il più stabile termodinamicamente. È logico
quindi aspettarsi, come in effetti è stato da tempo riconosciuto, che esso giochi un ruolo importante
nella chimica dei sistemi di deposizione CVD, anche se non basati sull’acetilene come gas di
alimentazione.
Diversi meccanismi di accrescimento basati sull’acetilene sono stati proposti, il primo e più
semplice fu elaborato da Frenklach e Spear 36 , ed è basato sulla consecutiva aggregazione di due
molecole di C2 H2 sul gradino che separa due superfici [111].
Il meccanismo è illustrato nella figura 1.3.1.2, e comporta la presenza, come precursore, di un
legame non saturato sul gradino della superficie [111]. La reazione è caratterizzata da un certo
numero di stadi intermedi, ma globalmente si può pensare a due successive aggregazioni di C2 H2 : al
13
termine della prima il carbonio aggregato presenta un legame non saturato che viene poi coperto da
uno dei carboni del C2 H2 successivo. Al termine della reazione viene liberato un atomo di idrogeno
atomico, che compensa in parte la diminuzione di entropia dovuta alla perdita di gradi di libertà del
sistema.
a
b
c
Schema di reazione
Cd. +Cd-H+ C2 H2 → Cd-C .H-CH2-C d
(figure a-b)
Cd-C .H-CH2-C d + C2 H2 → Diamond + H
(figure b-c)
Fig. 1.3.1.2
Non è difficile rendersi conto che lo stesso meccanismo proposto da Frenklach e Spear può essere
invocato anche per ricostruire parte di una delle catene a “zig-zag” di una superficie [110], o parte
di due catene contigue di una superficie [100].
In effetti, i meccanismi basati sull’acetilene sono i più versatili nella ricostruzione delle superfici
del diamante, nel senso che tendono a funzionare ugualmente bene a prescindere dall’orientazione
della superficie.
La stessa cosa non vale per i meccanismi basati sui radicali metilici, che sulle superfici [111]
terminate da idrogeno ad alta densità tendono a risentire maggiormente della repulsione fra gli
atomi di idrogeno del radicale e quelli del substrato.
Questo effetto di selezione del tipo di radicale coinvolto nella crescita delle varie superfici può
servire a dedurre, dalla morfologia dei grani, informazioni sulla composizione del plasma: è ben
noto, infatti, che la morfologia cristallina è determinata dalla predominanza delle facce che
14
presentano il più basso rate di crescita nella loro direzione normale 37 . Una predominanza delle
superfici [111] (cristalli ottaedrici) indica perciò che tali superfici sono quelle che crescono più
lentamente, da cui si può presumere una bassa concentrazione dell’acetilene rispetto ai radicali
metilici, che incrementano invece la velocità di crescita di superfici diversamente orientate.
Viceversa, una predominanza dei cristalli di tipo cubico (superfici [100]) indica che l’acetilene è
molto attivo nella crescita delle superfici [111]. Superfici libere di orientazione [110] tendono ad
essere relativamente poco comuni perché sono quelle che presentano la minor densità di atomi di
idrogeno superficiali ed esercitano quindi una repulsione nei confronti degli idrogeni contenuti nei
radicali inferiore a quella delle altre superfici. La velocità di crescita delle superfici [110] tende
quindi ad essere superiore, e durante la crescita di un cristallo le facce relative a queste superfici
scompaiono più velocemente.
1.3.2
inclusione di fasi sp o sp2
Un esame attento dello schema di reazione illustrato in fig 1.2.1.1 rivela che nella configurazione
G1 , diretta precorritrice dell’aggregazione dei due anelli alla catena del diamante, il carbonio con un
legame insaturo potrebbe legarsi, prima che venga estratto l’idrogeno nella posizione “a”, ad un
ulteriore radicale metilico. Questo potrebbe essere estratto dall’azione di un ulteriore atomo di
idrogeno o potrebbe a sua volta fungere da primo stadio di un anello grafitico o di una catena
carbinica.
In uno schema più generale, del tipo di quello proposto all’inizio del punto precedente, Angus 38
propone un processo competitivo in cui al precursore G fanno seguito:
-
per idrogenazione: la fase diamante
-
per aggregazione successiva di CHx : specie ad alto peso molecolare G’, G’’, G’’’…
-
per idrogenazione delle specie ad alto peso molecolare: la gassificazione delle stesse.
-
Per alti valori del peso molecolare la specie G(n) può fungere da centro di nucleazione
secondaria.
15
Il modello così delineato si può riassumere nella schema seguente:
G
CHx
CHx
CHx
G’
G’’
H
H
Crescita del diamante G’H
G’’H
H
CHx
(n)
G’’’
… G
H
H
G’’’H
G(n)H
nucleazione
secondaria
H
CH4 , C2 H2 , …
Lo schema di reazione è così composto:
1) G(n) + CHx → G(n+1)
(formazione di uno strato superficiale sp2 )
2) G(n)+H→ G(n) H
(idrogenazione)
3) G(n)H+H→CH4 , C2 H2 …
(gassificazione della specie idrogenata)
Le prime due reazioni, all’equilibrio, comportano la seguente relazione fra le concentrazioni di due
specie consecutive G(n-1) e G(n):
[G ] =
1
k
[G ] 1 + [H ]
(n )
( n −1)
2
k1 [CH x ]
Vale a dire che, se k1 e k2 non dipendono da n, la successione delle concentrazioni delle specie G(n)
è una serie geometrica.
La concentrazione totale delle fasi sp o sp2 sulla superficie, e quindi la loro abbondanza nel tessuto,
è data allora dalla somma della serie, che vale:
] [G ]
[G ] = ∑ [G ] = 1 + kk [CH
[H ] 

tot
∞
( n)
1
n =1
x
2
Ricordando la 1.3.1.1 questo comporta che l’abbondanza delle fasi incorporate non-diamante [ND]
è data da
[ND] ∝ 1 + k 1 [CH x ]  r
 k 2 [H ]  [H ]


(1.3.2.1)
Valgono, per questa espressione, le seguenti considerazioni:
-
per piccoli valori di [CHx ]/[H] l’incorporazione di fasi non diamante è proporzionale al rate di
crescita ma inversamente proporzionale alla concentrazione di idrogeno. Vale a dire che si può
ottenere diamante di buona qualità anche con rate di crescita elevati, purché la concentrazione di
idrogeno atomico sia sufficientemente alta.
16
-
Sostituendo al rate di crescita l’espressione 1.3.1.1, si nota che nei due limiti basse e alte
concentrazioni di idrogeno atomico, il rate di inclusione di fasi non diamante è proporzionale a
[CHx ]/[H], ed è indipendente dalla densità complessiva del plasma.
Le implicazioni della 1.2.2.1 nello studio delle proprietà di trasporto del diamante CVD
emergeranno, nel corso di questa tesi, dall’analisi della efficienza di rivelatori al diamante cresciuti
con diverse velocità.
1.3.3
Inclusione di impurezze
Oltre a fasi di carbonio con ibridazione diversa dall’sp3 , nel corso della crescita del diamante
possono essere incorporate impurezze quali idrogeno, azoto, boro, silicio, tungsdeno, tantalio,
fosforo 39 . L’idrogeno si presenta come impurezza interstiziale ed è presente in grande abbondanza
nel gas di alimentazione. Il substrato o gli elettrodi del sistema di deposizione tendono a inquinare
con silicio, tungsdeno, molibdeno o altri materiali refrattari. L’azoto, infine, è il costituente
principale dell’aria, che è ovviamente uno degli agenti inquinanti di qualsiasi sistema di
deposizione, e viene incorporato nel diamante con grande facilità o direttamente in forma atomica, o
nella forma di composti azotati molto reattivi (CN, HCN ecc 40 ) che si formano nel gas inquinato.
L’azoto poi, oltre a presentarsi isolato nel tessuto cristallino 41 (forma C) si aggrega nelle forme A, B
costituite rispettivamente da quattro atomi coordinati intorno a una vacanza e due atomi
sostituzionali contigui, ed è riconosciuto come il tipo di impurezza che influenza più pesantemente
le proprietà ottiche e di trasporto elettrico del materiale.
Sebbene il meccanismo di inclusione dell’azoto (p.es. atomico) sia piuttosto semplice da un punto
di vista chimico, una volta che sia disponibile un sito libero dall’idrogeno superficiale, la
dipendenza del rate di inclusione dell’azoto dal rate di crescita e da altri parametri di reazione è
influenzata da fenomeni intrinsecamente complessi42 :
-
un atomo superficiale di azoto coordinato a tre atomi di carbonio presenta i restanti due elettroni
di valenza in un orbitale antilegante. Questa configurazione è molto stabile e non si presta alla
formazione di un legame ulteriore, per cui un atomo di azoto superficiale tende a ostacolare
l’avanzamento dei gradini di crescita, che in corrispondenza di tali centri si bloccano e formano
aggregati (“bunches”). Da questo punto di vista, la presenza di azoto tende quindi a diminuire il
rate di crescita.
-
Un atomo di azoto sostituzionale sub-superficiale agisce come un donatore, e l’eccesso di carica
tende a trasferirsi ad un legame ricostruito superficiale del carbonio con l’idrogeno. Di
conseguenza, il legame si allunga, il sito si attiva chimicamente e diventa un centro di adesione
17
per un radicale metilico. Una volta che un atomo di carbonio si sia aggregato al cristallo, la
carica negativa può trasferirsi ad un legame contiguo ed il processo può ripetersi43
Così l’azoto superficiale rallenta il rate di crescita, mentre quello sub-superficiale lo incrementa.
L’effetto complessivo è determinato dalla competizione fra questi due fenomeni, e la letteratura
riporta in effetti risultati diversi a seconda del metodo di deposizione e dei parametri di reazione 44 ,
con correlazioni dirette o inverse fra il rate di inclusione dell’azoto e il rate di crescita del diamante.
Come si vedrà più avanti, si ha ragione di credere che il nostro sistema di deposizione, polarizzando
il substrato positivamente, inibisca il secondo dei due effetti, e coniughi quindi basse concentrazioni
di azoto con velocità di crescita relativamente elevate.
1.3.4
Nucleazione
La formazione di nuovi cristalli di diamante può avvenire sia sul substrato (nucleazione primaria),
sia su cristalli di diamante già formati (nucleazione secondaria). Un alto rate di nucleazione è
associato a buone proprietà di aderenza fra diamante e substrato, e risulta quindi una proprietà
interessante nei rivestimenti, ma portando alla proliferazione dei difetti estesi associati ai bordi di
grano tende a peggiorare le proprietà di trasporto elettrico, ed è quindi generalmente un fenomeno
indesiderato. Come vedremo, sembra però che i dispositivi al diamante termoluminescenti, nei quali
una certa distribuzione di difetti è funzionale all’immagazzinamento della carica generata dalla
radiazione ionizzante, presentino caratteristiche interessanti di linearità ad alte dosi associate
proprio all’alta densità dei bordi di grano.
Sia la nucleazione primaria che quella secondaria possono essere trattate nel quadro già delineato da
Angus per la crescita del materiale a ibridazione sp2 : è noto infatti che frammenti grafitici
idrogenati sufficientemente massivi possono servire da nuclei per la formazione di nuovi cristalli di
diamante 45 .
Consideriamo quindi, con riferimento al paragrafo 1.3.2, una specie idrogenata G(n)H, costituita
dall’aggregazione di n radicali metilici, e supponiamo che l’aggregazione di un ulteriore radicale
metilico CHx ne determini la trasformazione in un centro di nucleazione. Lo schema di reazione è
G(n)H + CHx → nucleo di diamante
In quest’ipotesi, il rate di nucleazione è dato dalla velocità della reazione suddetta, che sarà
[
]
rn = k n G (n) H ⋅ [CH x ]
Considerando la specie G(n)H in equilibrio fra le reazioni 2) e 3) del paragrafo 1.3.2 si ha
[
]
[ ]
[
]
d (n)
G H = k 2 G (n) [H ] − k 3 G (n) H [H ] = 0
dt
da cui
18
[G H] = kk [G ]
(n)
2
(n)
3
(n)
Considerando poi che G
 k [H ] 
è l’n-esimo termine di una serie geometrica di ragione 1 + 2

 k1 [CH x ]
−1
e termine iniziale [G], e che la concentrazione della specie G è legata al rate di crescita r tramite la
1.3.1.1, si ha
k k [CH x ]  k 2 [H ] 
rn = r ⋅ n 2 ⋅
⋅ 1 +

k 3 k 3' [H ]  k1 [CH x ]
− n +1
(1.3.3.1)
(i coefficienti k 2 e k 3 sono riferiti ai coefficienti omologhi del paragrafo 1.3.2, mentre k 3’ è il termine
k3 del paragrafo 1.3.1)
Per valutare la portata della 1.3.2.1 si deve considerare che il numero di atomi di carbonio
necessario a costituire un centro di nucleazione per il diamante è presumibilmente relativamente
elevato, Angus, per esempio, ipotizza n≈40, ovvero circa 10 anelli aromatici, e in questa ipotesi, se
il rapporto
[CH x ] è sufficientemente piccolo, il rate di nucleazione dipende molto sensibilmente sia
[H]
da esso che dal rapporto fra le velocità di reazione k 2 /k 1 , la quale a sua volta dipende dalla
temperatura e dalle energie di attivazione. Nel capitolo 4 vedremo come, nell’intervallo di
temperature comprese fra 900 e 1100°C, il rate di nucleazione varia di almeno 5 ordini di
grandezza.
1.5 Cinetica chimica in un plasma CH4 /H2
Nei paragrafi precedenti abbiamo studiato i meccanismi che avvengono sulla superficie di
interfaccia fra il diamante e il plasma, e che sono responsabili di fenomeni come la crescita del
cristallo, la nucleazione primaria o secondaria, l’inclusione di impurezze. I parametri del plasma che
sono stati presi in considerazione erano essenzialmente le concentrazioni delle specie chimiche
coinvolte nella crescita, in particolare l’idrogeno atomico e i radicali metilici. In realtà, nei reattori
di pratica realizzazione, il controllo che si ottiene su tali parametri è soltanto indiretto, e la
concentrazione delle specie attive sulla superficie del substrato può dipendere in modo molto
complesso da una serie di fattori, quali
-
la composizione della miscela dei gas di alimentazione, comprese eventuali impurezze
-
Il flusso complessivo dei gas
-
La pressione totale
-
il metodo di attivazione del plasma
-
la potenza impiegata
19
-
lo stato e la temperatura del substrato
-
la geometria del reattore
La dipendenza della composizione e dello stato energetico delle varie componenti del plasma da
tutti questi parametri può essere investigata o da un punto di vista sperimentale e fenomenologico,
predisponendo una o più diagnostiche “in situ” di tipo ottico, elettrico, chimico, o da un punto di
vista teorico e modellistico, studiando la cinetica chimica del plasma e tenendo conto dei parametri
di reazione imposti dall’esterno e delle appropriate condizioni al contorno.
I metodi diagnostici “in situ” verranno trattati sommariamente nel prossimo capitolo, dedicato ai
reattori per CVD. In questo paragrafo ci occuperemo della cinetica chimica dei plasmi a CH4 /H2 ,
con particolare riguardo a quelli le cui condizioni fisiche si avvicinano alle condizioni di utilizzo di
un reattore a scarica a bagliore in corrente continua ad alta pressione, che è poi il tipo di reattore da
me utilizzato nell’attività di sintesi del diamante.
La modellizzazione del plasma prodotto da un reattore per CVD rappresenta, in linea di principio,
un’impresa che offre difficoltà formidabili. Un plasma di laboratorio a media-alta pressione
altamente attivato è un sistema composto da parecchie diverse specie chimiche, spesso in pesanti
condizioni di non equilibrio termodinamico che dipendono da fattori fisici e geometrici. Bisogna
tener conto delle diverse statistiche alle quali obbediscono le varie componenti del plasma a causa
delle diverse condizioni di accoppiamento con la sorgente di attivazione e con l’ambiente esterno.
Bisogna tener conto dei diversi meccanismi di trasporto, diffusione, convezione, che possono
dipendere in modo sensibile dal diverso stato di attivazione delle varie componenti del plasma.
Bisogna tener conto di reazioni eterogenee che avvengono fra il plasma e le pareti della camera, e
fra il plasma ed il substrato. Nel caso di reattori a scarica impulsata, come quello che abbiamo usato
nella nostra attività di sintesi, bisogna tener conto di fenomeni dipendenti dal tempo. Infine, bisogna
tener conto di più di un centinaio 46 di diverse reazioni omogenee che avvengono in un plasma
CH4 /H2 , e che si dividono in reazioni che coinvolgono elettroni e molecole, ioni e molecole,
molecole e molecole, e le cui velocità di reazione dipendono non solo dalla posizione, ma anche
dall’energia dei reagenti, che spesso diffondono da regioni contigue che si trovano in condizioni
fisiche molto diverse.
Fortunatamente, alcuni fattori concorrono a semplificare il quadro appena delineato e a rendere
realistiche le prospettive di successo nella modellizzazione di un plasma per la deposizione del
diamante:
-
Sembra che le specie chimiche effettivamente coinvolte nella crescita del diamante siano in
realtà molto poche (forse soltanto idrogeno atomico, CH3 o C, a seconda della temperatura, e
20
acetilene). Questo fa si che i parametri di interesse che riguardano la crescita, la nucleazione,
l’inclusione di impurezze, sopportino semplificazioni modellistiche anche abbastanza
grossolane.
-
La scelta di parametri d’insieme come il metodo di attivazione, la potenza impiegata e la
pressione del plasma impone restrizioni pesanti alla chimica e alla fisica del sistema, per cui
certe classi di fenomeni possono essere trascurate. Per esempio, l’alta pressione e la bassa
densità elettronica dei plasmi normalmente impiegati nella sintesi del diamante rendono valida,
entro certi limiti, l’approssimazione di equilibrio termodinamico locale e permettono di
trascurare le reazioni che coinvolgono specie cariche, per concentrarsi solo sulle reazioni fra
specie neutre.
Nel seguito, quindi, seguendo la falsariga dell’ottima review di Goodwin e Butler 47 ci
concentreremo su due aspetti della chimica di un plasma CH4 /H2 ad alta pressione e bassa densità
elettronica:
•
chimica dell’idrogeno atomico
•
chimica degli idrocarburi, in particolare
-
Composti C (C, CH, CH2 , CH3 , CH4 )
-
Composti C2 (C 2 H2 , C2 H4 , ecc.)
Nel paragrafo successivo utilizzeremo queste nozioni per costruire un semplice modello di plasma
CVD che, senza avere la pretesa di descrivere con esattezza il comportamento di un reattore reale,
sia però abbastanza aderente alla fisica dei principali fenomeni coinvolti da produrre, in funzione di
pochi parametri fisici essenziali, l’ordine di grandezza delle quantità fisiche di interesse.
•
Chimica dell’idrogeno atomico
Mentre in una scarica a bassa pressione il principale meccanismo di produzione di idrogeno atomico
è dato dalla reazione H2 +e → H+H+e, alle alte pressioni normalmente impiegate nei reattori a
scarica ionica l’equilibrio termico fra elettroni e gas, insieme alla bassa densità del gas di elettroni,
fanno sì che i canali di reazione più importanti siano quelli che coinvolgono specie neutre.
Il meccanismo di dissociazione più importante per l’idrogeno è quindi il seguente
H2 +M→H+H+M
1.5.1
mentre si potrà trascurare, in presenza di una piccola quantità di idrocarburi, il peso della reazione
CHx+M→CHx-1+M+H
Nella ricombinazione, invece, la presenza di idrocarburi può giocare un ruolo importante, infatti,
mentre il canale
H+H+M→H2 +M
21
offre una velocità piuttosto bassa, dovuta alla necessità di una terza molecola M che trasferisca
l’energia in eccesso, in presenza di idrocarburi si devono considerare anche le reazioni del tipo
H+CHx→CHx-1+H2
che oltre a determinare una perdita di idrogeno atomico arricchiscono il plasma di radicali metilici.
In ogni caso, simulazioni numeriche indicano che la ricombinazione omogenea, per scale di
distanza usuali nei reattori CVD, sia meno importante della ricombinazione eterogenea sulle pareti
del reattore e sul substrato 48 , che segue lo schema
H+H+S→H2 +S
Tale reazione è descritta dal coefficiente γH, definito come il rapporto fra il numero di atomi di
idrogeno che si ricombinano sul substrato ed il numero di quelli che collidono sul substrato stesso.
Krasnoperov et al. 49 hanno misurato γH in un reattore a filamento caldo, e per un ampio intervallo di
temperature hanno trovato
γ H = 4.0 ⋅10
−4
+ 1.95 ⋅ e
−
3025
TS
In pratica, alla tipica temperatura del substrato di 1000°C, poco meno del 10% per cento degli urti
dell’idrogeno atomico con la parete danno luogo a ricombinazione.
Sulla base di questa unica coppia di meccanismi principali, la dissociazione omogenea nel plasma e
la ricombinazione eterogenea sul substrato, è possibile costruire un modello molto semplice della
concentrazione di idrogeno in un reattore CVD che, fornendo un’indicazione sull’ordine di
grandezza della concentrazione di idrogeno in funzione dei parametri di deposizione, dovrebbe
rimanere sostanzialmente valido anche in presenza di una piccola percentuale di idrocarburi.
Il numero di atomi di idrogeno nella zona prospiciente il substrato è regolato dalla seguente
equazione di rate
d
N H = 2 K H [H 2 ][M ] ⋅ V − γ H ⋅ S ⋅ν
dt
dove KH è la costante di rate per il processo 1.5.1, S è l’area del substrato, v è il numero di urti subiti
dal substrato da parte dell’idrogeno atomico per unità di tempo e per unità di superficie, e V è un
parametro delle dimensioni di un volume, ed indica il volume nel quale l’idrogeno prodotto ha una
forte probabilità di incidere sul substrato invece di diffondere verso le pareti della camera.
Conoscendo la costante di rate della reazione inversa della 1.5.1 (K-H=106.T-1 (unità del S.I.)) 50 , la
termodinamica consente di ricavare facilmente KH, che risulta:
 ∆G f (T ) 

K H = 3 ⋅ 10 9 ⋅ T − 2 ⋅ exp  −
RT


22
dove ∆Gf (T) è la differenza fra l’energia libera molare dei prodotti e quella dei reagenti, che per
questa reazione vale
T 
5
 5
∆G f (T ) = 2G 0f (T0 ) H − (T − T0 ) R − 2 S 0f (T0 ) H  − RT ln  
2
 2
 T0 
in cui G 0f (T0 ) H e S 0f (T0 ) H, l’energia libera di formazione e l’entropia dell’idrogeno atomico in
condizioni standard di pressione e temperatura, sono rispettivamente 203.2kJ/mol e 49.6J/(mol°K).
Per la frequenza v semplici considerazioni di teoria cinetica dei gas portano a concludere che
ν = [H ]
RT L
.
2πM H
In cui TL è la temperatura dello strato di idrogeno immediatamente prospiciente il substrato
L’equazione quindi, dividendo per entrambi i membri per V, diventa
d
[H ] = 2K H (T )[H 2 ][M] − γ H ⋅ S [H ] RT L
dt
V
2πM H
All’equilibrio quindi, tenendo conto che [M]=p/RT, si ha
[H ] =
[H 2 ]
2 K H (T )
S
γ H RT ⋅
V
RT L
2πM H
p
1.5.2
da cui si può facilmente ricavare la percentuale di idrogeno in forma atomica
H
[H ] =
=
Htot 2[H 2 ] + [H ]
1
2
+1
[H ]
[H 2 ]
Nella figura 1.5.1, si riporta l’andamento della percentuale di idrogeno dissociato in funzione della
temperatura del plasma con i seguenti valori dei parametri:
pressione del plasma: 100, 200, 300mbar, temperatura del substrato = 1000°C, temperatura del
plasma prospiciente il substrato= media fra temperatura del susbtrato e temperatura del corpo del
plasma, V/S = 5mm (quest’ultimo parametro risulta dell’ordine delle dimensioni lineari del
susbtrato).
23
H/Htot
1.2
1
0.8
300mbar
200mbar
100mbar
0.6
0.4
0.2
0
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
T (°K)
fig 1.5.1
Da notare che, considerata l’importanza dell’idrogeno nei processi di deposizione del diamante,
l’ottimizzazione di un plasma ad alta pressione richiede temperature di esercizio assai elevate, che
impongono condizioni stringenti sul metodo da scegliere per l’attivazione del plasma.
•
Chimica degli idrocarburi
Studi sperimentali riguardanti la concentrazione di idrocarburi in prossimità del substrato indicano
che la distribuzione delle varie specie è in buona sostanza indipendente dal particolare idrocarburo
usato per l’alimentazione. In un reattore a microonde operante ad una pressione di 20 Torr, con una
potenza impiegata di 850W e con una temperatura del substrato di 825°C, per esempio, si è trovato
che, all’1% di carbonio nel gas di alimentazione, la specie più abbondante è l’acetilene, seguita da
una concentrazione confrontabile di metano, poi, a un ordine di grandezza di distanza, dall’idrogeno
e dal radicale CH3 , poi, ancora un ordine di grandezza più in basso, dall’etilene. Tutto questo
indipendentemente dal fatto che si usi metano o acetilene come gas di alimentazione.
Il fatto, di per se, è indice di un’alta efficienza delle reazioni che convertono le specie CHx in specie
C2 Hy e viceversa, e crea qualche problema per la modellistica del sistema. Infatti, mentre sono ben
conosciute reazioni veloci che convertono metano in acetilene, non si conoscono reazioni in fase
gassosa capaci di garantire efficacemente il cammino inverso. Se ne deduce che, nei reattori CVD
per deposizione di diamante, la conversione di acetilene in metano deve essere garantita da reazioni
eterogenee sul substrato o sulle pareti della camera. In particolare, si ritiene che l’acetilene formi
24
con facilità un deposito grafitico sulla superficie del diamante, che poi viene prontamente rimosso
dall’idrogeno atomico. Siccome si sa che il prodotto dell’attacco dell’idrogeno sulla grafite è il
radicale metilico CH3 , questo potrebbe essere il canale privilegiato nella formazione del metano
dall’acetilene 51 .
È evidente, in ogni caso, che la modellistica di questi plasmi CVD risente di una certa
approssimazione nella comprensione di alcuni meccanismi importanti, che finisce per rendere
approssimative le conclusioni tratte anche da modellizzazioni molto sofisticate.
Tuttavia, alcuni meccanismi di reazione sono abbastanza ben conosciuti e ben attestati da servire da
base almeno per una descrizione parziale dei fenomeni, ad esempio, è possibile correlare in modo
accurato le concentrazioni relative dei vari radicali metilici con quella dell’idrogeno atomico e
molecolare. Nel seguito quindi trattiamo alcune delle conclusioni meglio attestate per i meccanismi
di reazione che coinvolgono le specie con uno e due atomi di carbonio rispettivamente.
-
Composti C1 (C, CH, CH2 , CH3 , CH4 )
L’equilibrio fra i vari radicali metilici è governato da reazioni del tipo
CHx + H ↔ CHx-1 + H2
1.5.3
Sono reazioni molto veloci, con un’energia di attivazione piuttosto bassa (dell’ordine del decimo di
eV), che predominano nettamente sulla ricombinazione
CHx-1 + H + M → CHx + M
che dipende dalla presenza di una terza specie M e quindi dalla pressione.
L’equilibrio tra i vari radicali metilici è quindi governato da equazioni di equilibrio parziale del
tipo:
[CH x -1 ][H 2 ] = K (T )
x
[CH x ][H]
1.5.4
In cui la costante di equilibrio Kx è data da
 ∆G 0f (T )x
K x (T ) = exp −

RT





1.5.5
dove ∆G 0f (T ) x è la differenza fra l’energia libera di formazione dei prodotti e quella dei reagenti
alla temperatura T e alla pressione standard.
Applicando consecutivamente ognuna delle 1.5.2, si ottiene la seguente espressione per i valori di
[CHx] relativi a [CH4 ]:


[CH x ] = [CH 4 ] ⋅  [H] 
 [H 2 ] 
4− x
⋅ K 4 ⋅ ... ⋅ K x +1
1.5.6
25
Per piccole concentrazioni di idrocarburi, ci si aspetta che il rapporto [H]/[H2 ] non differisca troppo
da quello che si avrebbe in un’atmosfera di idrogeno puro. La formula 1.5.2 permette in questo caso
di calcolare, per mezzo della 1.5.6, il peso relativo dei vari radicali CHx in funzione della pressione
e della temperatura del plasma in condizioni di equilibrio termodinamico locale.
Per il calcolo dei coefficienti Kx, si fa uso della 1.5.5 e della relazione
T
5
 5
G 0f (T ) = G 0f (T0 ) + (T − T0 ) R − S 0f (T0 ) − R ⋅ ln 
2
 2
 T0



in cui G 0f (T0 ) e S 0f (T0 ) , rispettivamente l’energia libera e l’entropia di formazione in condizioni
standard di pressione e temperatura, sono date, per le varie specie coinvolte, dalla tabella
sottostante 52 :
G 0f (T0 ) (kJ/mol)
S 0f (T0 ) (kJ/(mol*°K))
H
203.2
49.6
C (g)
671.3
152.4
CH
562.8
110.7
CH2
372.9
58.7
CH3
147.9
-7.38
CH4
-50.7
-80.8
La figura 1.5.2 riporta la concentrazione relativa delle specie metiliche (riferite al totale delle specie
metiliche presenti) in funzione della temperatura per un reattore avente le seguenti caratteristiche:
pressione del plasma: 300 mbar
temperatura del substrato: 1000°C
temperatura dello strato prospiciente il substrato: media fra la temperatura del plasma e quella del
substrato
rapporto V/S (vedi sezione precedente): 5mm
26
CHx/Ctot vs T
1.0E+00
CHx/Ctot
1.0E-01
C
1.0E-02
CH
1.0E-03
CH2
CH3
1.0E-04
CH4
1.0E-05
1.0E-06
1000
2000
3000
4000
5000
6000
T (°K)
fig 1.5.2
Il regime di un plasma CVD ad alta pressione, quindi, dipende in modo molto marcato dalla
temperatura. In particolare si possono distinguere due regimi fondamentali ed uno intermedio:
-
Al di sotto di una certa temperatura (4200°K secondo questo modello) predomina la chimica del
radicale CH3
-
A temperature superiori predomina il carbonio atomico, che è la specie più attiva chimicamente
-
Intorno alla temperatura di transizione fra questi due regimi, esiste un ampio intervallo di
temperature (±1000°K) in cui i vari radicali metilici hanno abbondanze confrontabili, ma in cui
col crescere della temperatura predominano i più leggeri.
È evidente, quindi, che la scelta del metodo di attivazione, che condiziona la densità di potenza
impiegata e quindi la temperatura del plasma, può influire in modo determinante sui processi di
deposizione.
Questo è particolarmente vero per un altro parametro, il rapporto [CHx]/[H] fra l’abbondanza dei
radicali metilici e quella dell’idrogeno atomico. Nella figura 1.5.3 è riportato, in funzione della
temperatura, il rapporto fra l’abbondanza totale dei radicali e quella dell’idrogeno atomico,
supponendo che i radicali metilici, nel complesso, costituiscano l’1% della miscela di
alimentazione. Si ricorda che questo rapporto risulta coinvolto in molti fenomeni rilevanti: il rate di
crescita, il rate di nucleazione, e soprattutto il rate di inclusione di fasi non diamante.
27
CHx/H
3.50E-01
3.00E-01
2.50E-01
2.00E-01
1.50E-01
1.00E-01
5.00E-02
0.00E+00
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
T (°K)
fig 1.5.3
Da notare che, nel regime di transizione fra la chimica dominata dal CH3 e quella dominata dal
carbonio atomico, il rapporto CHx/H viene abbattuto di un fattore 10. Si tratta di una chiara
indicazione che, volendo produrre un diamante di buona qualità ottica ed elettrica, è essenziale
operare con plasmi ad alte temperature.
Naturalmente, tutte queste considerazioni valgono nei limiti dell’approssimazione di equilibrio
termodinamico locale. Vicino al substrato, per esempio, in presenza di un forte gradiente della
concentrazione di idrogeno dovuto alla ricombinazione eterogenea, l’equilibrio parziale fra la
reazione 1.5.3 diretta e inversa non è più mantenuto. Qui una modellizzazione accurata richiede di
prendere in considerazione i fenomeni di trasporto delle varie specie chimiche coinvolte nelle
reazioni.
-
Composti C2 (C 2 H2 , C 2 H4 , ecc.)
La bassa energia di attivazione delle reazioni del tipo 1.5.3 faceva sì che le varie specie metiliche si
trovassero in condizioni di equilibrio parziale. Per i composti di tipo C2 questo non è più vero, in
quanto acetilene, etilene ed etano sono molecole stabili, per cui le reazioni del tipo
C2 H2x + H2 → C2 H2x+1 + H
sono molto lente e non garantiscono l’equilibrio parziale fra reagenti e prodotti.
Nonostante la chimica più complessa, alcune considerazioni semiquantitative valgono a
semplificare notevolmente il quadro delle specie chimiche rilevanti nei reattori CVD:
28
-
Sebbene l’equilibrio parziale fra le specie stabili non sia soddisfatto, ogni specie stabile continua
ad essere in equilibrio con il suo radicale per mezzo delle reazioni
C2 H2x+ H ↔ C2 H2x-1 + H2
Tali reazioni sono endotermiche, e determinano generalmente una bassa concentrazione dei
radicali.
-
In presenza di idrogeno atomico, etano ed etilene tendono ad essere rapidamente convertiti in
acetilene per mezzo della seguente catena di reazioni:
C2 H6 + H → C2 H5 + H2
C2 H5 + H → C2 H4 + H2 oppure C2 H5 + M → C2 H4 + H + M
C2 H4 + H → C2 H3 + H2
C2 H3 + H → C2 H3 + H2 oppure C2 H3 + M → C2 H2 + H + M
Ne segue che usualmente, fra tutte le specie di tipo C2 , l’unica che gioca un ruolo importante nella
chimica dei reattori CVD è l’acetilene.
-
Conversioni fra specie C1 e C2
Come già accennato all’inizio del paragrafo, la conversione delle specie C2 in specie C1 deve essere
garantita da reazioni di tipo eterogeneo sul substrato o sulle pareti non ancora pienamente
comprese.
La conversione delle specie C1 in C2 , invece, è assicurata da reazioni di ricombinazione veloce del
tipo
CHx + CHy → C2 Hz + H
(la stechiometria dell’idrogeno non è rispettata).
Ad esempio, per CH3 , si ha
CH3 + CH3 → C2 H6 , oppure C2 H5 + H, oppure C2 H4 + H2
Una volta prodotto l’etano o l’etilene, questi vengono rapidamente convertiti in acetilene per mezzo
di uno dei meccanismi già presi in considerazione.
1
Ostwald W., The Fundamental Principle of Chemistry (Longmans, Green and Co., New York, N.Y.) 1909
2
adattata da Angus J.C., Structure and termochemistry of diamond, in The Physics of diamond, International School of
Physics “Enrico Fermi”, Course CXXXV, Varenna, Italy, 1996, edited by Paoletti and A.Tucciarone, Vol.135 ( IOS
Press, Amsterdam) 1997.
3
Lewis G.N. and Randall M., J.Am.chem..Soc., 37 (1915) 458.
4
Berman R., The Properties of Diamond, edited by J.I.Field (Academic Press, London) 1979
5
Davies G., Diamond (Adam Hilger Ltd., Bristol) 1984
29
6
Hazen R.M., The New Alchemists: Breaking through the Barriers of High Pressure (Times Books, Random House,
New York, N.Y.) 1993
7
Bundy F.P., Mechanical Behavior of Diamond and OtherForms of Carbon edited by M.Drory, D.B. Bogy,
M.S.Nonley and J.E.Field, Mater.Res.Soc.Symp.Proc., Vol.383 (Mater.Res.Soc., Pittsburgh, pa.) 1995, pp.3-20
8
Angus J.C., Structure and termochemistry of diamond, in The Physics of diamond, International School of Physics
“Enrico Fermi”, Course CXXXV, Varenna, Italy, 1996, edited by Paoletti and A.Tucciarone, Vol.135 (IOS Press,
Amsterdam) 1997
9
Oriani R.A. and Rocco W.A., General Electric Research Laboratori Memo No. MA 36, August, 1957.
10
Neuhaus A., Angew.Chem., 66 (1954) 525.
11
Hibshman H.J., U.S.Patent 3,371,996, March 5, 1968
12
Vickery E.C., U.S.Patent 3,714,334, January 30, 1973
13
Angus J.C. and Gardner N.C., U.S.Patent 3,661,526, May 9, 1972
14
Tong Lee S. Zhangda Lin, Xin Jiang, Materials Science and Engineering, 25 (1999) 123-154
15
inserire nota sui primi articoli di Angus o di chi lui cita
16
idem come con nota 15
17
Frenklach M. “Theory and models for nucleation and Growth of diamond films” in “Diamond and Diamond-like
Films and Coatings” edited by Clausing R.E. Horton L.L., Angus J.C. and Koidl P. Series B: Physics Vol. 266, Plenum
Publiching Corporation, New York – London, 1990.
18
Spear K.E., Frenklach M., “Mechanism for CVD diamond growth” in “Synthetic Diamond, Emerging CVD Science
and Technology” The Electrochemical Society Series, John Wiley & Sons, Inc. 1994. P.276
19
Frenklach M. “Theory and models for nucleation and Growth of diamond films” in “Diamond and Diamond-like
Films and Coatings” edited by Clausing R.E. Horton L.L., Angus J.C. and Koidl P. Series B: Physics Vol. 266, Plenum
Publiching Corporation, New York – London, 1990. p.501
20
Spear K.E., Frenklach M., “Mechanism for CVD diamond growth” in “Synthetic Diamond, Emerging CVD Science
and Technology” The Electrochemical Society Series, John Wiley & Sons, Inc. 1994. p.288.
21
Kobashi K., Nishimura K., Kawate Y., Horiuchi T., Phys. Rev. B. 47(15) (1993) 9816.
22
Tong Lee S., Zhangda Lin, Xin Jiang, Materals Science and Engineering, 25 (1999) 123-154.
23
E questo dove l’ho trovato?
24
Riferimento dell’articolo del giapponese
25
Sempre la review di Angus, pag. 23
26
sempre la review di Spear e Frenklach, pag. 273
27
Jujimori N., Ikegaya A., Imai T., Fukushima K., Ota N., in : J.Kimukes, et al. (Eds.), diamond and diamond-like
Films, Elettrochem. Soc. Proc., Vol PV 89-12, Pennington, NJ, 1989, p.465.
28
Thorsheim H.R., Butler J.E., “Vapor phase diagnostics in diamond CVD”, in “Diamond and Diamond-like Films and
Coatings” edited by Clausing R.E. Horton L.L., Angus J.C. and Koidl P. Series B: Physics Vol. 266, Plenum Publiching
Corporation, New York – London, 1990. p.234
29
Goodwin D.G., J. Appl. Phys., 74 (1993) 6888
30
Angus J.C., Steady-state analysis of nucleation, growth and non-diamond carbon incorporation during the chemical
vapor deposition of diamond, in The Physics of diamond, International School of Physics “Enrico Fermi”, Course
CXXXV, Varenna, Italy, 1996, edited by Paoletti and A.Tucciarone, Vol.135 (IOS Press, Amsterdam) 1997,
30
31
Spear K.E., Frenklach M., “Mechanism for CVD diamond growth” in “Synthetic Diamond, Emerging CVD Science
and Technology” The Electrochemical Society Series, John Wiley & Sons, Inc. 1994. p.261,274
32
riferimento ad una critica che ora non trovo più
33
Garrison B.J., Dawnkaski E.J., Srivastava D., Brenner D.W. Science 255, 835-838 (1992)
34
Huang D., Frenklach M., J.Phys.Chem. 95, 1868
35
Harris S.J. (1990), Appl. Phys. Lett. 56, 2298
36
Frenklach M., Spear K.E., (1988), J. Mater. Res. 3, 133.
37
Wild Ch., Herres N., Koidl P., J. Appl. Phys .68 (1990) 973.
38
Angus J.C., Steady-state analysis of nucleation, growth and non-diamond carbon inn corporation during the
chemical vapor deposition of diamond, in The Physics of diamond, International School of Physics “Enrico Fermi”,
Course CXXXV, Varenna, Italy, 1996, edited by Paoletti and A.Tucciarone, Vol.135 (IOS Press, Amsterdam) 1997
39
Goodwin D.G., Butler J.E., “Theory of Diamond chemical vapor deposition” (abbiamo le fotocopie, gli estremi
bisogna farseli dare da Milano).
40
Bohr S., Haubner R., Lux B., Appl. Phys. Lett. 68 (1996) 1075
41
Collins A.T., “The electronic and optical properties of diamond” , in The Physics of diamond, International School of
Physics “Enrico Fermi”, Course CXXXV, Varenna, Italy, 1996, edited by Paoletti and A.Tucciarone, Vol.135 (IOS
Press, Amsterdam) 1997
42
43
De Theije F.K., Schermer J.J., Van Enckervort W.J.P., Diamond and related materials 9 (2000) 1439-1449
Fraunheim T., Jungnickel G., Sitch P., Kaukonen M., Weich F., Widany J. Porezag D. Diamond and related
materials 7 (1998) 348
44
Riportare le citazioni del nostro articolo per diamond 2002.
45
Lambrecht W.R.L., Lee C.H., Segall B., Angus J.C., Li Z. Sunkara M. Nature (London), 364 (1993) 607
46
Farhat S., Silva F., Hassouni K., Ficquiel A., “Diamond Growth Chemistry in a Microwave PECVD reactor”, in
Diamond Materials V, Proceedings of the Fifth International Symposium on Diamond Materials vol.97-32, Ed.By
DavidsonJ.L. et al. The Elctrochemical Society, inc. (1998)
47
Recuperare il riferimento della review di Goodwin e Butler
48
Goodwin D.G., Gavillet G.G., J. Appl. Phys. 68: 6393-6400.
49
Kransoperov L.N., Kalinovscki J.N., Chu H.N., Gutman D., J.Phus.Chem., 97, 11787-11796 (1993)
50
Farhat S., Silva F., ecc.
51
Rye R.R., Surf. Sci. 69 (1977) 653-667
52
Lieberman M.A., Lichtenberg A.J., Principles of plasma discharges and materials processing, John Wiley & Sons,
inc. New York 1994
31