Come si sviluppa la chiaroveggenza C.W. Leadbeater Se

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Come si sviluppa la chiaroveggenza C.W. Leadbeater Se
Come si sviluppa la chiaroveggenza
C.W. Leadbeater
Se desiderate dunque la visione dei piani superiori, assumete la
vostra propria disciplina. Assicuratevi prima di tutto del vostro
sviluppo morale e mentale, perché se riusciste nei vostri sforzi ed
acquistaste i poteri che desiderate, senza aver prima acquisito le altre
qualità necessarie, essi riuscirebbero una maledizione e non una
benedizione; voi ne abusereste certo e peggiorereste il vostro stato,
invece di migliorarlo.
Quando sarete perfettamente sicuri di voi stessi, quando sentirete
di poter fare in tutte le circostanze il bene per il bene, anche contro
i vostri apparenti interessi terreni, di poter scegliere sempre la linea
di condotta più altruista, di poter dimenticare voi stessi per amor
degli altri, allora avrete a vostra disposizione due metodi almeno, che
potranno condurvi alla chiaroveggenza, senza pericolo, anche se non
otteneste in essi alcun risultato. Il primo di questi metodi, quantunque
perfettamente innocuo ed anzi utile, non si adatta a tutti; il secondo è
di applicazione universale ed io stesso so che entrambi sono efficaci.
Il primo metodo è puramente intellettuale: ed è lo studio della
quarta dimensione dello spazio. Il nostro cervello fisico è stato sempre
avvezzo a considerare soltanto tre dimensioni nello spazio e si sente
incapace ad affrontare il problema di una quarta dimensione. Ma il
cervello, come qualunque altra parte del nostro organismo fisico, può
essere disciplinato, per mezzo di sforzi regolati, graduali, costanti, a
far cose che parevano dapprima assolutamente al di là della sua portata
e quindi può essere indotto a concepire le forme di un mondo dissimile
dal nostro.
Il principale apostolo della quarta dimensione è il signor C.H.
Hinton, di Washington. Egli non è membro della nostra Società, ma ha
reso a molti dei nostri consoci un segnalato servigio, con i suoi
scritti meravigliosamente chiari su questo soggetto. In un suo libro
egli dice d’essere riuscito a sviluppare, nel proprio cervello fisico,
la facoltà d’una concezione più elevata ed uno dei nostri consoci,
seguendo le sue tracce, ha raggiunto la possibilità di percepire le
forme astrali, svegliando così la vera e propria chiaroveggenza astrale,
la quale non è altro che l’estensione del potere ricettivo fino ad
includere la materia astrale. Probabilmente su venti che intraprendano
questo studio, uno solo potrà riuscire così bene e così presto come la
persona a cui ho accennato ma in ogni modo, questo studio è dei più
affascinanti per coloro che hanno disposizione alle matematiche e se
anche non arreca aumento di facoltà percettiva porta certo, e non è
poco, ad una più ampia comprensione del mondo. Per chi manca
assolutamente di visione astrale, questo è l’unico metodo che io
conosca, per mezzo del quale si possa concepire l’apparenza degli
oggetti astrali ed avere un’idea precisa di che cosa sia realmente la
vita astrale.
Ma se questo metodo conviene solo a pochi, il secondo è di
applicazione universale. Anch’esso non è facile, ma la sua pratica non
può non riuscire di grande utilità ed il suo pregio principale è di
condurre senza fallo l’uomo verso l’acquisto dei poteri che desidera.
Certo la rapidità con cui si procede dipende dal grado di sviluppo già
fatto in tale via durante le vite precedenti, ed è quindi impossibile
garantire il successo a tempo determinato, ma ogni passo che si fa è
tanto di guadagnato, e se anche si dovesse lavorar tutta una vita senza
raggiungere la visione astrale, si sarebbero ottenuti tali progressi
mentali, morali ed anche fisici da non dover rimpiangere gli sforzi
fatti.
Questo metodo è chiamato in varie religioni metodo di meditazione.
Per esaminarlo io lo dividerò in tre gradi successivi: concentrazione,
meditazione e contemplazione, e spiegherò che cosa intendo con queste
tre parole; ma non si dimentichi che per riuscire non bastano gli
esercizi e che è assolutamente necessario che chi vuole imparare i
secreti della vita, conduca una vita pura ed altruista. Le regole del
grande progresso non sono segrete, i passi sul Sentiero della Santità
son noti al mondo da secoli, e nel mio piccolo libro Aiutatori
invisibili ne ho dato una lista, secondo gli insegnamenti del Buddha,
indicando le caratteristiche proprie di ogni stadio. Né v’ha difficoltà
alcuna ad imparare quel che si deve fare, il difficile è mettere in
pratica quello che viene insegnato. Il primo passo verso l’acquisto
della chiaroveggenza superiore è la concentrazione; non il fissare un
punto lucente fino a perdere coscienza di sé, ma l’acquistare tale
dominio sulla propria mente, da esserne assolutamente padroni e da
poterla fissare dove si vuole e per tutto quel tempo che occorre. Non è
compito facile, lo so; è anzi uno dei più difficili che l’uomo conosca,
ma è cosa possibile ed è stata fatta, non da uno, bensì da migliaia di
uomini che avevano volontà ferma e costante.
Generalmente non si presta attenzione alla grande mobilità della
mente: ma provate a fermarvi improvvisamente quando passeggiate per la
via o quando andate in carrozza ed esaminate quello che pensate e
perché; cercate di seguire a ritroso il corso dei vostri pensieri fino
alla sua gènesi e sarete probabilmente sorpresi di trovare quanti
pensieri saltuari hanno attraversato il vostro cervello durante i
precedenti cinque minuti, affacciandosi e scomparendo quasi senza
lasciare impressione: pensieri non vostri ma solo frammenti di pensieri
che altri ha emesso. Ogni pensiero è una forza, ed ogni volta che è
messa in azione lascia una traccia. Un pensiero forte rivolto ad una
persona qualunque va a lei, un pensiero forte rivolto a noi stessi
s’attacca a noi ma molti pensieri non sono né forti, né specialmente
diretti ad alcuno; le forme che essi creano sono vaghe, fluttuanti ed
evanescenti, e nel tempo della loro durata possono entrare in qualunque
mente si trovi a loro portata. Noi tutti ci lasciamo dietro come una
debole scia di pensieri, e chi passa dopo di noi, se non ha la mente
occupata in qualcosa di preciso, può raccogliere qualche frammento che,
nella maggior parte dei casi, torna ad uscire, lasciando nel cervello
dov’è passato solo una debolissima impressione. Ma se uno di questi
pensieri capita nel cervello di qualcuno in cui desti interesse, che lo
raccolga e vi si soffermi, esso ne esce un po’ rinforzato da quel tanto
di forza che vi ha aggiunto il nuovo pensatore, il quale inoltre,
facendolo suo per un momento, lo ha colorato della propria personalità.
Ogni volta che entriamo in una stanza, entriamo in una nuvola di
pensieri buoni, cattivi o indifferenti, secondo i casi, e formanti
generalmente una massa nebulosa senza scopo, che non merita neppure il
nome di pensiero.
Se si desidera sviluppare qualche facoltà superiore è necessario
acquistare il dominio della mente e darle un lavoro definito, invece di
lasciarla vagare a suo piacimento, attraendo ogni sorta di pensieri non
nostri ed inutili. La mente deve essere divenuta nostra serva, invece
che nostra padrona, prima che possiamo fare il primo passo verso la vera
chiaroveggenza; poiché essa è l’istrumento che dovremo adoperare ed è
necessario che sia completamente sotto il nostro comando.
La concentrazione è una delle cose più difficili per l’uomo comune,
perché egli non ha alcuna pratica in tale esercizio, anzi non comprende
come sia tanto necessaria. Pure basterebbe che egli pensasse a che cosa
accadrebbe se egli fosse così poco padrone della sua mano come lo è
della sua mente! Si sentirebbe come paralizzato e troverebbe la sua mano
divenuta per lui inutile cosa. Orbene: il non poter dominare la propria
mente è pericoloso come una paralisi mentale e ci si dovrebbe esercitare
fino a fare della mente un istrumento che si adopera come si vuole.
Fortunatamente questo esercizio di concentrazione può praticarsi durante
tutta la giornata, in mezzo alle occupazioni della vita quotidiana:
qualunque cosa si debba fare, la si faccia completamente, attendendovi
con tutta la mente: se si scrive una lettera, si pensi ad essa ed a
null’altro finché non sia finita; essa sarà scritta tanto meglio per la
diligenza messavi. Se si legge un libro, si fissi su di esso tutta
l’attenzione e si cerchi di afferrare interamente il pensiero
dell’autore. È necessario essere sempre consapevoli di quello che si
pensa e del perché si pensa; bisogna tener la mente sempre rivolta ad un
lavoro intelligente e non lasciarle tempo d’impigrirsi nell’ozio, perché
è in tali momenti che essa accoglie dall’ambiente i cattivi pensieri.
Sempre e dovunque è possibile concentrarsi, purché l’interesse sia
abbastanza intenso: quando la mente è del tutto assorbita, non si ode né
si vede più nulla di quanto accade d’intorno.
In oriente si racconta a questo proposito un aneddoto. Alcuni
cortigiani non volevano credere che un asceta potesse essere così
assorto nella sua meditazione, da non accorgersi di un esercito che
passava vicino a lui, mentre egli sedeva sotto un albero immerso ne’
suoi pensieri. Il re, ch’era presente ai loro discorsi, li assicurò che
sarebbe riuscito a provar loro come questo fosse possibile e lo fece in
modo veramente orientale ed autocratico.
Fece portare alcuni vasi da acqua riempiti fino all’orlo ed ordinò
ai cortigiani di prenderne uno per ciascuno e di portarli in giro per la
città, pena la vita se ne lasciavano cadere una goccia. Li avrebbe
accompagnati un drappello di guardie colla spada sguainata in mano,
pronte ad eseguire il comando del re. I cortigiani partirono pel loro
giro pieni di terrore, ma lo compirono tutti felicemente ed il re,
accogliendoli sorridente, domandò loro gli incidenti della gita e la
descrizione delle persone che avevano incontrato. Non uno seppe
rispondere una parola; tutti asserirono d’essere stati talmente assorti
nell’idea di sorvegliare il proprio vaso, da non poter più occuparsi
d’altro: “Allora”, soggiunse il re, “siete ora persuasi che quando v’è
un sufficiente interesse, è possibile la concentrazione?”.
Raggiunta la facoltà di concentrazione, non sotto l’impulso della
paura, come nel caso dei cortigiani, ma per solo esercizio della
volontà, si può con profitto tentare lo stadio seguente. Non dico che
neppur questo sia facile, al contrario è molto difficile, ma può farsi e
molti di noi vi sono riusciti. Quando la mente è divenuta uno strumento
nelle nostre mani, si provi la meditazione: si scelga un tempo fisso
della giornata in cui si possa restare indisturbati; il mattino di
buon’ora sarebbe per molte ragioni il miglior tempo per la meditazione,
se nella vita che ci è imposta dalla civiltà moderna non fosse difficile
averlo a nostra disposizione. Noi abbiamo talmente sconvolto, coi nostri
costumi, la disposizione della giornata, che il mezzogiorno non è più il
suo punto di mezzo, come dovrebbe essere; generalmente stiamo a letto
fin molto dopo il levar del sole e restiamo alzati, danneggiando i
nostri occhi alla luce artificiale, molto dopo ch’esso è tramontato.
Infine scelga ognuno il tempo che può, purché sia lo stesso ogni giorno,
e non ne passi uno senza il regolare esercizio. È noto a tutti che se ci
si vuole addestrare a qualche esercizio fisico, vi si riesce assai
meglio se si fa un esercizio, anche piccolo, ma regolarmente ogni
giorno, che se si fa uno sforzo violento un giorno e poi nulla per una
settimana.
Così pure nella meditazione la regolarità dell’esercizio ha molta
importanza. Sedete comodamente dovunque possiate rimanere indisturbati e
volgete la vostra mente, con tutto il potere di concentrazione che
avrete sviluppato, a qualche soggetto scelto da voi stessi e che
richieda pensieri alti ed utili. Negli studi teosofici abbondano
soggetti di questo genere, i quali uniscono il più profondo interesse al
più grande profitto ma se lo preferite, potete prendere una qualità
morale, come consiglia pure la Chiesa Cattolica nelle sue prescrizioni
riguardo a questo esercizio, nel qual caso considererete nella vostra
mente questa qualità sotto tutti i suoi aspetti, osserverete come faccia
parte essenziale dell’ordine divino, come si manifesti in Natura intorno
a voi, come sia stata praticata dai grandi del passato, come, forse,
abbiate mancato di praticarla, e così di seguito. Tale meditazione su di
un’elevata qualità morale è un eccellente esercizio, perché non solo
addestra la mente, ma tiene presente ad essa costantemente un pensiero
elevato. In generale è meglio cominciare a meditare su soggetti
concreti, e quando questi riescono facili, passare alle idee astratte.
Quando la meditazione giornaliera è divenuta un’abitudine fissa, che
nulla può più disturbare, quando si riesce a compierla bene senza senso
di sforzo o di difficoltà, e senza che neppure un pensiero estraneo
s’insinui nella mente durante la meditazione, allora si può affrontare
il terzo stadio: la contemplazione. Ma si ricordi che è impossibile
riuscire in essa prima d’aver interamente conquistato la mobilità della
mente. Per lungo tempo si troverà che durante la meditazione i pensieri
vanno deviando senza che uno se ne accorga, finché ad un tratto si resta
sorpresi di quanto essi sono andati lontano dalla linea prefissa. Non ci
si scoraggi per questo fatto che accade a tutti: si riporti la mente al
pensiero stabilito cento, mille volte, se è necessario, perché l’unico
modo di riuscire è di essere sicuri del successo. Una volta dominata
completamente la mente, si può passare allo stadio per il quale tutto il
resto non era che la necessaria preparazione, per quanto fosse già buono
per se stesso, cioè alla contemplazione.
Ecco in che cosa essa consiste. Invece di volgere nella mente
un’idea sotto tutti i suoi aspetti, si prenda l’idea spirituale più
elevata che si conosca, non importa quale, né con qual nome si chiami:
un teosofo sceglierà forse uno dei Grandi Maestri a cui abbiamo
accennato, tanto più se ha già avuto il privilegio di venire a contatto
con lui; un cattolico potrà scegliere la Vergine Maria o qualche altro
santo patrono, un cristiano Cristo, un indù Krishna, un buddhista il
Buddha stesso. I nomi ormai non importano più, si tratta di realtà ma
qualunque sia l’ideale che si sceglie, dev’essere il più alto a cui si
possa pensare, quello che suscita i più profondi sentimenti di
ammirazione, d’amore, di devozione di cui si sia capaci ed invece di
fare, come prima, una meditazione, si richiami alla mente l’immagine più
viva che ci si può fare di questo ideale e si lasci che i più intensi
sentimenti vadano verso di esso, si cerchi con tutte le forze di
innalzarsi ad esso, di divenir uno con lui, di divenir parte di tanto
splendore e di tanta bellezza. Facendo questo, continuando con costanza
ad
innalzare
la
propria
coscienza,
viene
un
momento
in
cui
improvvisamente si sente di esser uno col nostro ideale, come mai prima
si sentì di esserlo, in cui lo si comprende come mai prima lo si era
compreso, perché una nuova luce è sorta in noi e tutto il mondo ha
cambiato d’aspetto: per la prima volta si conosce che cosa sia vivere, e
tutta la vita di prima pare tenebra e morte in confronto a quella
presente. Poi tutto sparisce di nuovo e si torna alla luce della vita
quotidiana, che pare in vero ben oscura al confronto!
Ma se si continua l’esercizio, ben presto questi momenti di
splendore si ripetono ed ogni volta durano più a lungo, finché viene il
tempo in cui questa vita superiore è nostra sempre; non più un lampo, un
barlume di paradiso, ma uno splendore costante, una nuova e sempre
crescente meraviglia. Allora la veglia ed il sonno sono uno stato di
coscienza ininterrotta, una vita bella e felice e di lavoro per aiutare
gli altri. E questo, che sembra già indescrivibile ed insuperabile, non
è che il principio del retaggio serbato a tutti i figli dell’uomo.
Guardandosi intorno da tale nuovo e più alto punto di vista, si
vedono e si comprendono molte cose fino allora neppur sospettate, a meno
che non ci si fosse prima familiarizzati con le investigazioni di altri
in quella via. Continuando poi gli sforzi, si sale più alto ancora, ed a
suo tempo si aprono gli occhi attoniti ad una vita assai più ampia di
quanto l’astrale superi quella fisica, ed ancora un volta si sente che
la vera vita è stata fino allora sconosciuta, ci si innalza insomma a
grado a grado verso la Vita Una che è perfetta in Verità ed in Bellezza.
Ma questo sviluppo, voi direte, richiede anni ed anni! Certo, poiché
si tratta di affrettare in una vita l’evoluzione che normalmente ne
richiederebbe molte ma il risultato val bene il tempo e lo sforzo che
esige. Nessuno può dire quanto tempo occorrerà in ogni caso individuale,
perché ciò dipende da due cose: dalla quantità di crosta, per così dire,
che deve rompersi, e dall’energia e dalla costanza impiegate nel lavoro.
È impossibile promettere ad uno che in un certo numero di anni riuscirà;
si può dirgli soltanto che molti hanno tentato prima di lui e che sono
riusciti. Tutti i Grandi Maestri di Sapienza sono stati quali siamo noi
ora: com’essi son saliti, noi saliremo. Molti di noi, tentando, son più
o meno riusciti, e nessuno che abbia tentato ha mai rimpianto i suoi
sforzi, poiché tutto quello che ha acquisito, sia molto o poco, è stato
acquisito per l’eternità, è divenuto possesso dell’Ego che sopravvive
alla morte. Tutto ciò che si acquista in tal modo è posseduto pienamente
e coscientemente ed è sempre a nostra disposizione; poiché non si tratta
di medianità, d’una debole e intermittente facoltà dovuta alla trance,
bensì del potere d’una vita superiore, riservato a tutta l’umanità in
avvenire.
Ma l’uomo che intraprende lo sviluppo di queste facoltà sarebbe ben
incauto, se non avesse cura di purificare prima il suo cuore e la sua
anima, poiché è questa la prima e più grande necessità, e per far questo
bisogna purificare il mentale, l’astrale e il fisico; deporre i vizi
favoriti e le impurità fisiche; cessar di inquinare il corpo con cibi
carnei, con alcool, con tabacco. Cercare insomma d’esser mondi e puri,
tanto nel fisico che negli altri corpi. Se uno trova che la vita
superiore non vale il sacrificio delle sue bassezze favorite, è affar
suo; fin dai tempi antichi si diceva che non si può servire ad un tempo
Dio e Mammone. Non dico che le cattive abitudini sul piano fisico
impediscano lo sviluppo delle facoltà psichiche, ma asserisco fortemente
che chi rimane impuro si espone a gravi pericoli, e che toccar le cose
sacre con mani lorde è un terribile rischio.
Chi vuol tentare la vita superiore deve liberare la mente dalle cure
e dalle agitazioni della vita inferiore; deve compiere il suo dovere
scrupolosamente, ma senza considerazioni personali, per amor di
giustizia, e lasciare il risultato in mano ai poteri superiori. Egli
attirerà così intorno a sé entità pure e aiutatrici, e irradierà egli
stesso conforto ed aiuto su quanti, intorno a lui, sono immersi nel
dolore e nella sofferenza. Padrone di se stesso, puro, altruista, non
userà mai i suoi poteri per fini personali, ma sempre e soltanto per
l’avanzamento e il bene dei suoi simili, perché anch’essi possano in
qualche modo imparare a vivere una vita più ampia, ad innalzarsi dalla
nebbia dell’ignoranza e dell’egoismo allo splendore della pace di Dio.
Intraprendete lo studio della Teosofia, non a fede cieca – poiché la
fede cieca ha già fatto abbastanza male nel mondo - ma per farne oggetto
di investigazione. Se essa non vi soddisfa, poco male, ma se vi soddisfa
ne avrete, come noi, un gran bene. Il miglior modo di constatare se
queste cose sono vere è di provarle, cioè di vivere come se fossero
vere, e di osservarne gli effetti. Provate la disciplina del dominio
della mente e guardate se sarete divenuti migliori o peggiori. Provate a
penetrarvi dell’idea di unità e di fratellanza, e ad agire con
altruismo, e guardate poi se vi sembra che questo sistema di vita sia
migliore degli altri. Ora, come in antico, è vero che chi fa la volontà
del Padre che è nei Cieli capisce se la dottrina è vera. Il metodo più
sicuro per trovare la verità è di vivere la vera vita: provate
l’altruismo e la vigile attività nell’aiutare, e vedrete se non vi si
schiuderanno campi nuovi di felicità e di utilità: mettete in pratica
gli altri insegnamenti teosofici, e di tutti constaterete la verità.
Pensate che cosa sarebbe il mondo se tutti applicassero le dottrine
della paternità di Dio e della fratellanza umana: sarebbe peggiore o
migliore il mondo, se tutta l’umanità considerasse l’unità come un fatto
e l’altruismo come un dovere?
Per ora anche noi siamo ancora al principio di questo che è il più
grande di tutti gli studi; pure possiamo dirvi in piena confidenza:
venite ed unitevi a noi, ed avrete anche voi quella pace e quella
sicurezza che noi abbiamo ottenuto, e per lo studio della Teosofia la
vostra vita diverrà più felice per voi e più utile per i vostri simili.
Articolo tratto dal Bollettino della Società Teosofica nr. 7, luglio
1911.