Rappresentazione del Sé nel gruppo A cura di Gianni Nebbiosi e

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Rappresentazione del Sé nel gruppo A cura di Gianni Nebbiosi e
Rappresentazione del Sé nel gruppo
A cura di Gianni Nebbiosi e Romolo Petrini
La rappresentazione del Sé nel gruppo viene considerata non solo dal punto di vista del Sé
individuale in gruppo, ma anche dal punto di vista del Sé gruppale. Quest’ultimo viene visto, nel
modello di Corrao, sia come risultato di proiezioni dei Sé individuali, sia personificazione del
gruppo.
Un primo modo di considerare il Sé nel gruppo è quello di prendere in esame il significato che
ha per un individuo rappresentare sé stesso in relazione ai membri del gruppo di cui egli è
parte. Alcune funzioni svolte dalle relazioni con gli altri evocano, mantengono e/o influenzano
positivamente il senso del Sé: sintonia con gli stati affettivi, convalida dell’esperienza
soggettiva, contenimento degli affetti, regolazione della tensione, riconoscimento dell’unicità e
del potenziale creativo.
Nello specifico gruppale queste funzioni attraversano relazioni diadiche e poliadiche mobili,
intercambiabili e complesse. Il sé individuale può essere allora rappresentato come punto
d’incontro e di articolazione di queste relazioni. A questo livello, inoltre, le relazioni che
emergono in gruppo possono cambiare l’individuo (e quindi la rappresentazione del suo Sé)
cambiando — sia dal proprio punto di vista che dal punto di vista degli altri — le sue relazioni
(Ettin, 1992).
Un secondo modo di considerare il Sé nel gruppo è quello di prendere in esame il significato
che ha per un individuo rappresentare sé stesso in relazione al gruppo di cui egli è parte,
percepito però come soggetto psicologico. In questo caso la relazione individuo-gruppo può
configurare legami molto arcaici ed inclusivi, vicini alle esperienze descritte — in ambito duale
— da Winnicott [“holding”] (Davis & Wallbridge, 1981), da Bion [“rêverie”] (Bion, 1962), o dalla
psicologia del Sé [transfert d’oggetto-Sé] (Kohut, 1984; Stone, 1992; Neri 1995). Lichtenberg
(1995), a questo proposito, cita l’esempio dei bambini: quando disegnano una rappresentazione della famiglia emotivamente molto carica, includono spesso (oltre ai genitori ed ai parenti)
alcuni amici molto intimi, le persone di servizio e persino animali domestici, piante o oggetti che
considerano parte integrante del gruppo “familiare”.
Quando il gruppo è percepito in questo modo, la sua importanza per l’individuo assume un
significato particolare che potremmo avvicinare al legame d’attaccamento (Bowlby, 1969) nella
relazione madre-bambino (Lichtenberg [1989] nella sua monografia sui sistemi motivazionali
propone il sistema di affiliazione, specificamente centrato sul bisogno di sentirsi parte del
gruppo). Il sé individuale può essere allora rappresentato come inscindibilmente articolato alla
realtà gruppale, percepita come facente parte della realtà esperienziale dello stesso Sé. A
questo livello le esperienze trasformatine sono possibili nella misura in cui il legame con il
gruppo venga sentito stabile e non minacciato. Questo fenomeno dà conto del fatto che alcuni
autori (Yalom, 1970; Bloch & Crouch, 1985) considerano l’esperienza di coesione del gruppo
analoga a quella di relazione della coppia: preliminare — quindi — e costitutiva di ogni
trasformazione.
Neri (1995), mettendo in relazione queste due modalità, sostiene che «la rappresentazione
di sé dei membri va di pari passo con le rappresentazioni del gruppo che vengono via via
prodotte».
Correale (1991) facendo riferimento al campo istituzionale parla della funzione
autorappresentativa del gruppo come della «capacità di potere entrare in contatto e in certa
misura potersi rappresentare ad un livello, il più possibile elaborato, lo stato complessivo
ideativo-emotivo in cui il gruppo istituzionale si sta trovando».
Corrao (1995) articola in modo assai dettagliato la rappresentazione del Sé nel gruppo alla
rappresentazione del Sé del gruppo. Egli dice che nel “piccolo gruppo a funzione analitica” si
può osservare un’attività mentale di gruppo” (scambio di pensieri, affetti, fantasie, memorie,
sogni e sensazioni corporee) con l’insorgenza di un pensiero multiplo. Corrao ritiene che in
gruppo lo stato di coscienza, le delimitazioni individuali, e i confini corporei si attenuino, sino a
raggiungere livelli di “trance” leggera che facilitano il rispecchiamento reciproco negli altri. I
membri del gruppo omogenizzano le loro attività psichiche e «possono sperimentare veri e
Interazioni, 1, 7, 1996, pp. 166-169
propri stati di fusione mentale transitoria sia sul registro affettivo che su quello cognitivo». Il
gruppo, allora si costituisce come un contesto compatto che può assumere la configurazione
di soggetto, oppure quella «di oggetto su cui proiettare sentimenti e desideri e su cui trasferire
esperienze e aspettative, potenziate o idealizzate, per la evidenza della sua insiemità
totalizzante». Si può quindi ammettere, dice Corrao, una rappresentazione globale e cioè
l’esistenza di una mente di gruppo.
La mente gruppale, pur avendo carattere transitorio, induce modificazioni nella mente
individuale e può essere considerata isomorfa ad essa. La mente gruppale, inoltre,
«possiederebbe le proprietà delle strutture frattali, che si autoreplicano a diverse scale di
grandezza [...] per cui il programma di un macrosistema esiste in ciascuna delle sue parti».
Si può postulare quindi l’esistenza di un Sé gruppale. Ciascun individuo ritrova nel gruppo «la
medesima matrice generativa da cui, nel suo personale processo maturativo, si era originato il
sistema del suo Sé personale e mentale». La cessione al gruppo, di parti del proprio Sé, ha per
ogni membro una funzione di rispecchiamento. Quando il fenomeno diventa circolare nel
gruppo funziona un vero e proprio Sé gruppale che è il risultato «sia delle proiezioni dei Sé
individuali dei membri, sia dell’effetto di personificazione del gruppo». Per ogni membro il
gruppo assume il ruolo di “contenitore”, e al tempo stesso quello di “contenuto”
consentendo a ciascuno di uscire dal gruppo con un arricchimento del Sé individuale.
Bibliografia
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Correale Antonello (1991), Il campo istituzionale, Borla, Roma.
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Yalom Irwing D. (1970), Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, Boringhieri, Torino 1974.
Interazioni, 1, 7, 1996, pp. 166-169