Acqua pubblica (ancora) si può!
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Acqua pubblica (ancora) si può!
Acqua pubblica (ancora) si può! Il 19 novembre la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato con voto di fiducia l’art. 15 del D.L. 135, che privatizza servizi pubblici come l’acqua. In questa fase di grave crisi recessiva, in cui i capitali sempre meno riescono a trovare impieghi ad una remunerazione adeguata, i processi di appropriazione dell’ambiente, dei servizi pubblici e dei beni comuni come misura per rialzare i profitti hanno subito una forte accelerazione. Ma per quanto riguarda l’acqua il percorso che porta allo scenario attuale è iniziato ormai da diversi anni. Un po’ di storia e di geografia (dal 1992 al 2009, da Dublino alla Calabria) Nel 1992, in occasione della Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sull’acqua a Dublino, è stato introdotto formalmente il principio dell’acqua come “servizio di cittadinanza”, che deve essere preso a carico del consumatore del servizio stesso. Tale principio è stato “codificato” l’anno successivo dalla Banca Mondiale, e sostenuto sia dall’Organizzazione Mondiale del Commercio che, per quanto riguarda il vecchio continente, dalla stessa Unione Europea, notoriamente impegnata nella spinta alla liberalizzazione dei servizi, in applicazione della creazione del mercato unico interno (direttiva Bolkestein). Numerosi governi si sono impegnati per fare applicare le proposte del “Panel Internazionale sul Finanziamento delle Infrastrutture dell’Acqua”, diretto da Michel Camdessus e redatto per iniziativa del Consiglio Mondiale dell’Acqua, del Terzo Foro Mondiale dell’Acqua e del Global Water Partnership (istituzioni che fanno parte dell’oligarchia mondiale dell’acqua), la cui tesi principale consiste sostanzialmente nel dire che la soluzione finanziaria ai bisogni crescenti in materia di accesso all’acqua nel mondo passa principalmente per il coinvolgimento del settore privato e che tutto deve essere fatto per creare le condizioni più favorevoli affinché l’acqua diventi un settore di attività attrattivo per i capitali privati. A partire dagli anni ’90 anche in Italia si è cominciato a voler dare risposta agli enormi problemi accumulati da anni di gestione pubblica caotica, aprendo la proprietà di tutte le fasi del servizio idrico e confidando nei poteri “taumaturgici” dell’impresa privata e del mercato. La legge di riferimento è la 36 del 1994 (la legge Galli), la quale, pur dichiarando che tutte le acque, sia superficiali che sotterranee, sono pubbliche, attribuisce al soggetto titolare del servizio (il gestore) la facoltà di determinare la tariffa, che deve considerare anche la remunerazione degli investimenti. Ma chi gestisce il servizio idrico? Secondo la Galli la gestione può essere interamente pubblica (in house), mista o anche privata. In seguito l’art. 35 della legge finanziaria del 2001 ha imposto la trasformazione in S.p.A. dei consorzi e delle aziende municipalizzate, obbligato a mettere sul mercato le azioni e promosso la gara pubblica, mentre nella Finanziaria del 2003 con l’approvazione dell’art. 14 del Dl 269/93 il Comitato Italiano per il Contratto Mondiale dell’Acqua e l’Associazione dei Parlamentari hanno sostenuto la gestione in house. Anche il cosiddetto decreto “Bersani” sulle liberalizzazioni (2006) ha escluso il servizio idrico dalla gestione privata. In Calabria la legge Galli è stata recepita con la L.R. n. 10 del 3/10/1997 che prevede un Sovrambito coincidente con l’intero territorio regionale, ove organizzare la gestione del ciclo dell’acqua dalla sorgente fino all’adduzione al serbatoio cittadino, e più ambiti territoriali ottimali (ATO) dove organizzare la gestione dei segmenti di competenza dei Comuni (reti distributive, reti fognarie e depuratori). Per il sovrambito, come soggetto gestore del complesso acquedottistico regionale è stata stabilita la società mista pubblico-privata So.R.I.Cal. S.p.A. Nata nel 2003, dapprima con la partecipazione al 49% (di fronte al restante 51% detenuto dalla Regione Calabria) di “Acque di Calabria S.p.A.”, una società costituita nel novembre 2002 da Enel Hydro S.p.A. (al 45%) e da Acquedotto Pugliese S.p.A. (al 55%), la So.R.I.Cal. è in seguito passata al controllo esclusivo di Enel Hydro, che il 22 dicembre 2004 è stata acquisita dalla Compagnie Générale des Eaux S.A., del gruppo Veolia Environnement, una delle “3 sorelle” francesi multinazionali dell’oro blu, con Ondeo-Suez Lyonnaise des Eaux e Saur, che controllano il 40% del mercato mondiale dell’acqua gestito da privati in più di 100 paesi (l’unica multinazionale dell’acqua non francese è l’anglo-tedesca RWE/Thames Water). Oggi la Veolia detiene il 46,5% del capitale sociale della So.R.I.Cal.: tramite una serie di azioni legislative e operazioni finanziarie, il 46,5% degli acquedotti regionali, costruiti dalla Casmez e trasferiti alla Regione nel 1983, è oggi in mano ad una multinazionale francese. Dalla storia alla cronaca: la situazione oggi La Veolia è un gigante nel campo dei servizi. In particolare in Calabria fa affari anche nel settore dei rifiuti, gestendo diverse discariche e l’inceneritore di Gioia Tauro. È notizia di pochi giorni fa che il presidente della Veolia è salito al vertice anche dell’Edf, il colosso dell’energia francese che dovrebbe avere un ruolo fondamentale nella paventata rinascita del nucleare italiano. Da un partner privato con queste credenziali ci si sarebbe aspettata una forte iniezione di liquidità (il settore idrico è un’attività ad alta intensità di capitale), ma investimenti non se ne sono visti. Si è venuti a conoscenza invece l’estate scorsa dell’accensione di un mutuo di 240 milioni di euro con un istituto irlandese coinvolto nello scandalo dei derivati “tossici” (la Depfa Bank), coperto solo al 50%. Intanto, mentre gli ATO non decollano anche a causa delle lentezze del Consiglio Regionale, nello scorso mese di agosto la Giunta Regionale ha autorizzato la So.R.I.Cal., già oggetto di polemiche per aumenti delle tariffe che appaiono ingiustificati e vessatori, a riscuotere anche i debiti pregressi dei Comuni per la fornitura idropotabile. La So.R.I.Cal. per recuperare i crediti ha diffidato tutti i comuni minacciando la riduzione del servizio ed ha proceduto alla riduzione della fornitura idrica a diversi comuni ritenuti inadempienti. Dunque nella nostra regione il servizio di adduzione (sovrambito) è in pratica controllato dai privati (non inganni la quota di capitale di minoranza detenuto dalla Veolia) mentre, anche a causa di una grande confusione normativa, il servizio di distribuzione (affidato agli ATO) ancora non è stato riorganizzato. In questo contesto va ad inserirsi l’art. 15 del D.L. 135/09, che muove passi ancora più decisi verso la privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici locali, prevedendo l'obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite, individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica o, in alternativa, a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40%. In pratica l’abdicazione alla gestione pubblica del servizio idrico. Acqua pubblica, si può ancora? Possibili scenari futuri Anche se molti segnali inducono a considerare la privatizzazione del servizio idrico come un destino ineluttabile, il processo è ancora reversibile, a patto che cresca una diffusa e convinta presa di coscienza. Significativi passi indietro si stanno verificando in diversi paesi, dal Sud America all’Europa (persino a Parigi, capitale delle multinazionali dell’acqua, si sta tornando verso una gestione pubblica), e questo può accadere anche in Italia, nonostante un quadro normativo sfavorevole. Anche in presenza dell’art. 15 del D.L. 135/09, rimane possibile infatti dar vita ad una gestione pubblica del SII che si realizza pienamente attraverso l’affidamento diretto ad un Ente di diritto pubblico, strumentale dell’Ente Locale (Consorzio tra Comuni, Azienda speciale, Azienda speciale consortile). La strada per arrivare a tale risultato passa attraverso l’inserimento negli Statuti Comunali dei Comuni dell’ATO di una specifica formulazione che definisca il servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica. Con tale operazione, i Comuni dell’ATO hanno la potestà di decidere quale forma gestionale intendono adottare per la gestione del servizio idrico in quanto servizio privo di rilevanza economica, e, quindi, scegliere di affidarlo direttamente ad un’Azienda speciale consortile da essi costituita. Come può concretizzarsi questo scenario? Certamente c’è da affrontare un passaggio politico, la modifica degli Statuti, che deve avvenire nel maggior numero possibile di Comuni. Diversi movimenti ed associazioni, anche in Calabria, hanno aderito alla campagna di raccolta firme “Salva l’acqua”, promossa dal Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua per spingere i Consigli Comunali a deliberare in merito alla non rilevanza economica del servizio idrico. Tuttavia, sebbene la raccolta firme sia un’importante occasione di sensibilizzazione, laddove si abbia la disponibilità di un consigliere comunale è possibile procedere direttamente alla discussione in Consiglio. Sul sito www.acquabenecomune.org sono disponibili sia i fac-simile di delibera del Consiglio che di modifica dello Statuto. La campagna di ripubblicizzazione dell’acqua interpella direttamente ciascuno di noi, sia che abitiamo in un piccolo borgo, sia che siamo residenti in una grande città. Ognuno può impegnarsi nella sua comunità. L’obiettivo in prospettiva è quello di ribadire che non è possibile sottrarre ai cittadini ed alla sovranità delle Regioni e dei Comuni l’acqua potabile di rubinetto, il bene più prezioso, per consegnarlo agli interessi delle grandi multinazionali e farne un nuovo business per i privati, e far decadere l’art. 15 del D.L. 135/09. Il successo della campagna porterà nella nostra regione anche a rimettere in discussione il ruolo dei privati nell’ente di sovrambito. Si tratta comunque di una battaglia lunga, che necessita consapevolezza, determinazione e tenacia. Il coordinamento calabrese per l’acqua pubblica “Bruno Arcuri”, allo scopo di tenere desta l’attenzione sulla questione, ha organizzato due importanti appuntamenti già per il prossimo mese di gennaio: 1. l’11 gennaio ad Acri alle ore 17.00 si terrà un dibattito organizzato insieme alla CGIL ed all’Assessorato all’Ambiente della Provincia di Cosenza, cui saranno invitati a partecipare tutti i sindaci della Provincia. Il dibattito sarà concluso da padre Alex Zanotelli; 2. il 12 gennaio al teatro Umberto di Lamezia Terme alle ore 17.00, si terrà un dibattito che vedrà la presenza degli Assessori Regionali all’Ambiente ed ai Lavori Pubblici, in cui chiederemo conto in particolare dell’operato della So.R.I.Cal.. L’incontro sarà concluso da un rappresentante del Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua. Una nutrita partecipazione a questi due eventi (anche la tua!) sarebbe un importante segnale di forza per il movimento, oltre che una seria occasione di approfondimento della tematica. Informazioni ulteriori sono sul sito www.difendiamolacalabria.org. Cosenza, 12.12.2009 Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”