laboratorio alimentare - Le Point Veterinaire Italie

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laboratorio alimentare - Le Point Veterinaire Italie
ALIMENTI&BEVANDE - n. 5 - Giugno 2013
COPERTINA ALIBE_COPERTINA ALIBE 29/05/13 17.01 Pagina 1
In caso di mancato recapito, rinviare al CMP di Brescia per restituzione al mittente,
previo pagamenti dei resi - Prezzo di una copia: € 10,00 - ISSN: 1827-8582.
Anno XV
5
Giugno 2013
SPECIALE “PACKAGING”
Le responsabilità dell’importatore
e del produttore di Moca
Comunicazione al consumatore
Allerta: la distinzione
tra ritiro e richiamo
Reati alimentari
I “secondi 50 anni”
della legge 283/1962
Carni e tecnologia Csm
Caratteristiche,
utilizzi e rischi
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editoriale
SOCIAL MEDIA
UNA RISORSA DA SFRUTTARE
PER COMUNICARE I RISCHI
er comunicare efficacemente sui media tradizionali i temi inerenti alla sicurezza alimentare i
comunicatori del rischio devono avere un’adeguata comprensione del funzionamento dei social media. Blog e forum, infatti, sono più veloci nell’informare, si nutrono di fonti ufficiali in rete, al 90%
costituite dai giornali e, agendo di “rimbalzo”, enfatizzano determinati aspetti della notizia.
Queste alcune delle conclusioni a cui sono giunti
gli autori dello studio “Food crisis coverage by social and traditional media: a case study of the
2008 Irish dioxin crisis”, pubblicato sulla rivista
“Public understanding of science”.
La ricerca, che ha analizzato la crisi della diossina
nella carne di maiale in Irlanda, scoppiata nel
2008, è stata realizzata nell’ambito del progetto
“FoodRisc”. Scopo del programma, finanziato dalla Commissione europea, è di riequilibrare la comunicazione del rischio alimentare, spesso preda
di allarmismi e sensazionalismi, anche esplorando
il potenziale dei social media (tra i più noti, Face-
book e Twitter) e, successivamente, veicolando a
chi si occupa di comunicazione dei rischi e dei benefici alimentari il modo migliore per utilizzarli.
Considerando che sono circa due miliardi gli utenti di Internet nel mondo, i social media non possono non rappresentare un’importante risorsa da
sfruttare e i comunicatori del rischio non possono
più permettersi di respingere il loro utilizzo.
Monitorare le conversazioni on line permetterebbe
loro di prendere coscienza delle percezioni dei
consumatori sulle crisi alimentari, comunicare e interagire direttamente con il pubblico e – come sottolineato dagli autori dell’articolo “The use of social media in food risk and benefit communication”, pubblicato sulla rivista “Trends in food
science and technology” – affrontare e correggere
in tempo reale inesattezze e disinformazione,
ostacolando la diffusione di notizie errate.
Con uno sforzo considerevole, si intende, sia in
termini di risorse che di spese.
Emanuela Giorgi
© Fotolia.com
P
Anno XV - 5 - Giugno 2013
1
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editoriale
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Emanuela Giorgi
Una risorsa da sfruttare per comunicare i rischi
in questo numero
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29
34
Carlo e Corinna Correra
Normativa. I “secondi 50 anni della legge 283/1962
Gianluigi Valsecchi
Sistema di allerta. La distinzione tra ritiro e richiamo
Tina Mauro
Claim “senza zuccheri aggiunti”. Siamo alla frutta!
Flavio Gilbiras
Tecnologia Csm. Verso una maggiore trasparenza in etichetta
Emanuela Giorgi
Surgelati. Qualità e sicurezza nel mondo Orogel
Speciale
“Packaging”
38
42
44
40 47
48
Samantha Nesi
Moca importati. Tra normativa e problematiche
Mariachiara Venturini
Moca e dichiarazioni di conformità. Le tecniche redazionali
Il progetto Cast
Packology, il salone delle tecnologie per il packaging e il processing
Barbra Bucci
Moca provenienti da Paesi terzi. Il ruolo degli Usmaf
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normativa
70
72
75
Giurisprudenza alimentare - a cura di Vincenzo Pacileo
Commento giuridico alle più recenti e significative sentenze in materia alimentare
Rassegna della normativa - a cura della Redazione
L’elenco degli ultimi provvedimenti normativi pubblicati su G.U. e su G.U.U.E.
Focus normativo - a cura di Gaetano Forte
Analisi dei principali e più recenti provvedimenti legislativi in materia agroalimentare
rubriche
4
8
53
68
79
89
Scadenzario - a cura della Redazione
Le scadenze per gli obblighi previsti in materia di igiene, sicurezza e controlli
92
94
98
104
107
EFSA - a cura di Emanuela Giorgi
Notizie pubblicate sul sito dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare
Notizie - a cura di Emanuela Giorgi
Attualità in tema di igiene, sicurezza e controlli
Laboratorio alimentare - a cura di Piergiuseppe Calà, Sara Gallicchio, Marco Luvisi
Stato dell'arte e prospettive del sistema laboratoristico in materia di sicurezza alimentare
Finestra sull’Europa - a cura di Dario Dongo
Novità del settore che giungono da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione
Filo diretto con l’esperto
Le risposte ai quesiti dei lettori
Prodotti e Servizi - a cura della Redazione
Si parla di: Arcadia Biosciences, Diversey, DuPont Pioneer, Mettler Toledo, PureCircle, RBiopharm, Rivoira, Tecnafood
NewsdalNet - a cura di Gabriella Carcassola
Rassegna di articoli internazionali del settore agroalimentare
Mostre, Fiere e Convegni - a cura di Emanuela Giorgi
Anticipazioni e resoconti delle più importanti manifestazioni del settore agroalimentare
È successo anche... - a cura della Redazione
Notizie varie per gli operatori del settore agroalimentare
Mercato
Fornitori di servizi e prodotti per l’igiene, la sicurezza e i controlli nel settore alimentare
80
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SCADENZARIO
Le scadenze per gli obblighi previsti
dalla legislazione
in materia di igiene, sicurezza e controlli
nel settore agroalimentare.
a cura della Redazione
Ispezioni del ministero della Salute
Scadenza
30 giugno 2013
Riferimenti normativi
Decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 122
Adempimenti
Particolare importanza rivestono le ispezioni ex art. 6 del decreto legislativo 7
luglio 2011, n. 122, recante «Attuazione della direttiva 2008/120/CE, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini». Esse riguardano ogni anno un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento
nel territorio nazionale e possono essere effettuate in concomitanza di controlli attuati per altri fini. Entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministero della Salute
presenta alla Commissione una relazione su supporto elettronico contenente le
informazioni raccolte e registrate, conformemente alla decisione 2006/778/CE,
nel corso delle ispezioni effettuate durante il precedente anno solare.
Periodicità
Annuale
4
Contributo semestrale per la sicurezza alimentare
Scadenza
15 luglio 2013
Riferimenti normativi
Legge n. 488 del 23 dicembre 1999
Legge n. 388 del 23 dicembre 2000
Decreto legislativo n. 194 del 17 marzo 1995
Adempimenti
I titolari delle autorizzazioni all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari di cui all'art. 123, c. 1, lett. a), legge 388/2000, devono versare la rata semestrale del contributo di cui all'art. 59, c. 1, della legge 23 dicembre 1999, n.
488. Il contributo ammonta al 2% del fatturato dell'anno precedente relativo
alla vendita di prodotti fitosanitari autorizzati ai sensi degli artt. 5, 8 e 10 del
d.lgs. 194/1995 e dei presidi sanitari di cui all'art. 1 del d.p.r. 1255/1968 ed etichettati con le sigle R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25,
R24, R23, e dovrà essere versato a favore del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo di entrata 3583 del capo XVII, presso la sezione della tesoreria provinciale dello Stato territorialmente competente, direttamente, ovvero
tramite il conto corrente postale intestato alla sezione stessa, con indicazione
della causale del versamento, del capo e del capitolo di imputazione.
Periodicità
Semestrale
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scadenzario
Controlli ufficiali sui prodotti fitosanitari
Scadenza
31 luglio 2013
Riferimenti normativi
Decreto ministeriale del 9 agosto 2002
Adempimenti
Entro il 31 luglio di ciascun anno il ministero della Salute presenta una relazione sui risultati conseguiti con l'adozione dei Piani di controllo ufficiale alla Commissione europea ed ai singoli Stati membri dell'Unione europea. In
tale relazione sono inclusi, per le voci comparabili, anche i risultati delle attività dei nuclei dell'Arma dei Carabinieri e dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero
delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Di tale relazione sono altresì informati le Regioni, le Province autonome, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare ed il Ministero delle Attività produttive.
Periodicità
Annuale
Enti affidatari di animali
Scadenza
25 novembre 2013
Riferimenti normativi
Decreto ministeriale del 2 novembre 2006
Adempimenti
Il ministro della Salute ripartisce alle associazioni o agli enti che intendono essere individuati ai fini di affidamento di animali oggetto di provvedimento di
sequestro o di confisca le entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni
pecuniarie stabilite dalla legge 20 luglio 2004, n. 189, le quali, a tale scopo,
sono rassegnate a detto Ministero. Tali ripartizioni sono effettuate, entro il 25
novembre di ogni anno, sulla base delle entrate disponibili e saranno corrisposte in rapporto proporzionale alle spese sostenute da ciascuna associazione o da ciascun ente per le attività svolte nell'anno considerato, tenuto conto della specie e del numero degli animali affidati.
Periodicità
Annuale
Soggetti autorizzati a produzione e/o vendita di fitosanitari
Scadenza
31 dicembre 2013
Adempimenti
Le Regioni devono trasmettere al Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e al Ministero della Salute i risultati dell'aggiornamento annuale dell'elenco dei soggetti autorizzati alla produzione e/o vendita di prodotti fitosanitari e di coadiuvanti di prodotti fitosanitari destinati
all'uso agricolo o all'esportazione.
Periodicità
Annuale
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scadenzario
Fanghi in agricoltura
Scadenza
31 dicembre 2013
Riferimenti normativi
Decreto legislativo n. 99 del 27 gennaio 1992
Adempimenti
I produttori dei fanghi destinati all'agricoltura devono inviare alla Regione di
appartenenza una copia dei registri di carico e scarico contenenti le operazioni relative ai fanghi medesimi compiute nel corso dell'anno appena trascorso.
Periodicità
Annuale
Acque minerali naturali riconosciute
Scadenza
31 gennaio 2014
Riferimenti normativi
Decreto ministeriale del 29 dicembre 2003
Adempimenti
I soggetti titolari di riconoscimento di acque minerali naturali devono trasmettere al ministero della Salute un’autocertificazione per ogni acqua minerale riconosciuta, accompagnata da un’analisi chimico-fisica e da una microbiologica da effettuarsi nello stesso anno solare e secondo le modalità indicate nel decreto ministeriale del 29 dicembre 2003.
Periodicità
Annuale
6
Acque destinate al consumo umano
Scadenza
31 gennaio 2014
Riferimenti normativi
Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001
Adempimenti
Entro il 31 gennaio 2014 le Regioni e le Province autonome devono comunicare al Ministero della Salute e a quello dell'Ambiente e della Tutela
del territorio le seguenti informazioni relative ai casi di non conformità riscontrati nell'anno precedente: parametro interessato e il relativo valore,
risultati dei controlli effettuati nel corso degli ultimi dodici mesi, durata
della situazione di non conformità. Sono escluse le acque confezionate in
bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano. In caso di
utenze inferiori a 500 abitanti, l'obbligo deve essere assolto trasmettendo
una relazione contenente i parametri interessati con i relativi valori e la popolazione coinvolta.
Periodicità
Annuale
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scadenzario
Nitrati di origine agricola
Scadenza
26 aprile 2014
Riferimenti normativi
Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
Adempimenti
Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le Regioni, sentite le autorità di bacino, possono rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le Regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un
programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque
dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'allegato 7/AI alla parte terza del presente decreto, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione
e delle acque marine costiere (art. 92, comma 5, del d.lgs. 152/2006).
Periodicità
Quadriennale
Piano di controllo ufficiale sui prodotti fitosanitari
Scadenza
31 maggio 2014
Riferimenti normativi
Decreto ministeriale del 9 agosto 2002
Adempimenti
Secondo quanto disposto dall’art. 7 del decreto ministeriale 9 agosto 2002, le
Regioni e le Province autonome predispongono ed adottano, in conformità a
quanto previsto negli allegati 1 e 2 allo stesso decreto ed alle disposizioni di cui
all'art. 2, Piani di controllo ufficiali nei rispettivi territori di competenza.
I Piani devono essere rivolti al controllo ufficiale nel territorio di competenza:
•
•
dei prodotti fitosanitari in commercio, al fine di accertarne la rispondenza ai requisiti prescritti dalle norme vigenti e, in particolare, alle condizioni di autorizzazione dei prodotti stessi;
dell'utilizzazione dei prodotti fitosanitari autorizzati, in conformità a tutte le indicazioni riportate nelle etichette autorizzate, in applicazione dei
principi delle buone pratiche fitosanitarie nonché, ove possibile, dei principi di lotta integrata.
Le Regioni e le Province autonome trasmettono al Ministero della Salute i Piani adottati unitamente ad una loro relazione illustrativa entro tre mesi dalla
pubblicazione del decreto per l'anno 2002 ed entro il secondo mese di ciascun anno solare per gli anni successivi.
Entro il 31 maggio di ciascun anno successivo alla realizzazione del Piano, le
Regioni e le Province autonome trasmettono al ministero della Salute i risultati derivanti dall'attuazione dei Piani adottati. Tali risultati dovranno essere
presentati utilizzando lo schema riportato al punto IV degli allegati 1 e 2 del
decreto ministeriale 9 agosto 2002.
.
Periodicità
Quadriennale
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NOTIZIE
a cura di Emanuela Giorgi
Controlli, la Commissione europea
approva un pacchetto normativo
Ingannevole lo spot
delle acque minerali
Uliveto e Rocchetta
8
La pubblicità delle acque minerali Uliveto e Rocchetta è ingannevole. La frase “acque
della salute” utilizzata da anni
in tutti gli spot è inesatta e anche il richiamo alla prevenzione di alcune malattie è scorretta.
È la decisione adottata dal Comitato di controllo del Giurì
dell’Istituto di Autodisciplina
pubblicitaria in seguito a una
segnalazione inviata dal sito
“Il Fatto Alimentare”.
Dopo la pubblicazione sul sito
della decisione, la società Cogedi ha interrotto le campagne in corso.
Il messaggio, apparso su diversi quotidiani come “La Sicilia”, “Corriere della sera” e
“Repubblica” risulta ingannevole perché attribuisce in modo del tutto improprio “proprietà nella prevenzione e nella cura di malattie (ad esempio, osteoporosi, calcolosi urinaria)”.
Anche il riferimento nel messaggio alla Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg)
risulta arbitrario, in quanto si
A due mesi dallo scandalo “horsegate” arriva un pacchetto di
provvedimenti che rafforza l’applicazione delle norme a tutela della
salute e intensifica i controlli lungo tutta la filiera. Adottato il 6 maggio
scorso dalla Commissione europea, il pacchetto ha un’impostazione
semplice e più orientata alla gestione dei rischi e a strumenti di controlli
più efficaci.
Il pacchetto risponde alla necessità di semplificare la legislazione e
adottare norme più intelligenti che permettano di ridurre gli oneri
amministrativi per gli operatori come pure la complessità della
regolamentazione vigente.
I principali vantaggi saranno per le piccole e medie (nonché micro)
imprese, che vengono esonerate dagli elementi più costosi e complessi
della legislazione.
La normativa dell’UE che disciplina attualmente la catena alimentare è
formata da quasi 70 atti legislativi. Il pacchetto di riforme adottato
riduce l’intera normativa UE a 5 atti legislativi e diminuisce la burocrazia
legata a processi e procedure cui sono soggetti agricoltori, allevatori e
operatori del settore alimentare (produttori, trasformatori e distributori),
così da agevolare lo svolgimento delle loro attività professionali.
Per approfondimenti sui principali elementi della proposta, vedi la rubrica
“Finestra sull’Europa” alle pagg. 68-69.
(Fonte: Help consumatori – www.helpconsumatori.it)
tratta di un’associazione di
natura sindacale che “attribuisce alle promesse pubblicitarie
il vaglio di un riscontro scientifico, inducendo il pubblico a
fare affidamento su qualità
curative dei prodotti che essi
non possiedono”.
Anche lo slogan “acque della
salute” è ingannevole perché
lascia intendere che Uliveto e
Rocchetta siano prodotti
“specificamente utili per la
prevenzione e la cura di malattie”.
Secondo la sentenza si tratta
di indicazioni salutistiche che
“non hanno trovato esplicita
autorizzazione ministeriale e
sono quindi anche sotto questo profilo improprie”.
La scritta “acque della salute”
non potrà più essere utilizzata
nella pubblicità.
Per la cronaca va detto che la
frase “le acque della salute” è
stata giudicata ingannevole in
una sentenza del Giurì del
2004, perché attribuiva alle
due minerali un requisito di
superiorità rispetto alle altre
marche che non esiste.
I manager di Rocchetta e Uliveto hanno continuato a utilizzare lo slogan togliendo
l’articolo “le”, ma il meccanismo non ha funzionato.
(Fonte: Il Fatto Alimentare)
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notizie
Carni, UE
in difficoltà
sull’etichetta
di origine
Sulla questione etichettatura
dell’origine di provenienza dei
prodotti alimentari, ripiombata con forza al centro dell’agenda politica dell’UE dopo
l’esplosione dello scandalo
carne di cavallo, la Commissione si trova tra l’incudine e il
martello.
“Ci sono alcuni Stati che sono
favorevoli e altri che sono
contrari”, ha affermato Tonio
Borg, commissario alla Salute,
nel presentare la nuova rego-
lamentazione per la sicurezza
alimentare, che non fa cenno
alla faccenda.
“Una legislazione che riguarda l’origine di alcuni prodotti
di carne fresca, come il manzo, esiste già – ha precisato
Borg – Fu introdotta in seguito all’epidemia della “mucca
pazza” e ora forse sarà allargata ad altri prodotti freschi
come il maiale”.
Ma il punto di scontro riguarda se questa debba essere
estesa anche agli alimenti lavorati, come le lasagne e altri
prodotti surgelati, ad esempio, e su quello sarà difficile
trovare un accordo tra i Paesi,
perché alcuni Stati temono
che la questione possa compromettere le proprie quote di
mercato all’estero.
“Ma tutto questo non c’entra
niente con lo scandalo della
carne di cavallo – ci tiene a
precisare il commissario –
Quello era un caso di frode
dovuto al fatto che si spacciava una qualità per un’altra. Lo
scandalo sarebbe potuto
scoppiare anche con una legislazione del genere già in vigore”.
Borg però ha assicurato che,
seppur non sia affrontata in questo pacchetto, la Commissione
sta studiando la faccenda con
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notizie
attenzione e rapidità: “Stiamo
preparando una valutazione di
impatto che avremmo dovuto
pubblicare entro la fine dell’anno, ma cercheremo di concludere entro l’estate per andare incontro alle pressioni dell’opinione pubblica. Grazie a questa valutazione si potrà stabilire se il
provvedimento sarebbe utile
“per il mercato e per i cittadini”.
Soltanto allora la Commissione
farà la sua proposta da sottoporre al Consiglio, dove potrebbe
incontrare molte resistenze mentre vedrà di sicuro l’appoggio del
Parlamento se sarà ambiziosa.
(Fonte: EuNews.it)
Alimenti
più sicuri grazie
ai nanomateriali
La contaminazione da Listeria è
una delle più insidiose, anche se
in Italia non sono mai stati registrati casi gravi come quello del
melone negli Stati Uniti, che ha
provocato recentemente una
trentina di decessi. Le segnalazioni sono frequenti, a riprova
del fatto che il batterio continua
a essere presente in molti alimenti in tutto il mondo.
Presto però le cose potrebbero
cambiare, perché i ricercatori del
Rensselaer polytechnic institute
di Troy (New York) hanno messo
a punto un metodo in grado di
sfruttare le potenzialità dei nanomateriali (cioè di dimensioni
minuscole, dell’ordine del milionesimo di millimetro) e le caratteristiche di alcuni enzimi.
L’abbinamento di questi elementi sembra garantire l’uccisione rapida di Listeria e, potenzialmente, con piccoli aggiustamenti, anche di altri batteri.
Il metodo si basa sull’utilizzo di
nanoparticelle di silice (già approvate dalla Food and drug administration) cui vengono fatte
aderire, tramite una sorta di
ponte costituito da una proteina
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notizie
ad alta affinità per il maltosio,
molecole di un enzima chiamato
Ply500, in grado di distruggere
Listeria. Il Ply500 deriva dai batteriofagi, organismi che in natura riescono a entrare nella cellula batterica, riprodursi e uscire
attraverso veri e propri buchi
praticati nella parete batterica
creati proprio grazie ad enzimi
come il Ply500.
Le nanoparticelle ricoperte da
Ply500 formano una pellicola
(ma anche uno spray o una polvere) che a contatto con una
qualunque superficie (in questo
caso un alimento) e potenzialmente in tutte le fasi del packaging (non ci sono limiti specifici al
suo impiego) uccide le varie specie di Listeria in pochi minuti. Il
potere distruttivo è stato confermato su cibi dove erano presenti
oltre 100.000 unità di Listeria per
millilitro (un quantitativo molto
superiore rispetto a quello di norma sufficiente a causare un’intossicazione).
Come sottolineato nello studio
pubblicato su una rivista del
gruppo di Nature, Scientific Report, il dato forse più interessante è che la metodologia potrebbe essere applicata su qualunque tipo di contaminazione batterica, modificando l’enzima litico legato alle nanosfere, che
manterrebbe la stessa efficacia
nell’eliminare i batteri patogeni.
Il sistema potrebbe rappresentare una valida alternativa ad altri
metodi di decontaminazione
basati su sostanze chimiche.
Inoltre, al posto delle nanoparticelle di silice si potrebbero usare
quelle di amido, commestibili e
già approvate negli Stati Uniti
per usi alimentari.
(Fonte: Il Fatto Alimentare)
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30 aprile ’62 - 30 aprile ’13
Normativa
I “secondi 50 anni”
della legge 283/1962
Una vita “spericolata” tra depenalizzazioni e problemi “di convivenza”
di Carlo e Corinna Correra
Avvocati ed esperti di legislazione degli alimenti
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Pregi e limiti della
legge quadro italiana
a tutela della salubrità
di alimenti e bevande
N
acque il 30 aprile 1962 la legge n. 283 per
la tutela della salubrità e dell’igiene di alimenti e bevande e nacque, tanto per
cambiare, da un’emergenza, ovvero dallo scandalo del presunto uso di “bachelite” nelle produzioni casearie. Uno scandalo che i giornali dell’epoca spettacolarizzarono sintetizzando la presunta frode come quella dell’impiego dei “manici d’ombrello” nelle lavorazioni casearie e ciò
perché spesso di bachelite pare che fossero costituiti quei manici.
L’opinione pubblica, anche in quei lontani anni
’60, andava però tranquillizzata con la pronta
emanazione di una nuova legge a tutela della
salubrità degli alimenti e fu così che il Ministero
della Sanità, che ne teneva appunto “quasi
pronta” una bozza, la inviò di corsa al
Parlamento perché venisse lì rifinita e limata e
poi approvata.
E fu approvata infatti: rapidamente approvata.
Approvata e… basta, però.
Non c’era il tempo in verità, e forse neppure
la specifica cultura da parte del legislatore del
1962, per le limature e per le rifiniture e perciò quella “bozza” fu approvata così com’era
e così com’era fu promossa direttamente a
legge.
Questa la cronaca di una frettolosa nascita,
secondo la narrazione che ne fece nel lontano 1981, a Viareggio, in occasione di un convegno di studio sul decreto del Presidente
della Repubblica n. 327 del 26 marzo 1980,
regolamento generale di esecuzione, appunto, di quella legge del 1962, il dott. Ugo
Pellegrino della direzione Alimenti del
Ministero della Sanità, estensore materiale di
quella “bozza”.
Questo parto così frettoloso spiega, almeno
in parte, alcune imperfezioni di linguaggio
giuridico che si colgono in qualche norma
della legge in questione, con le conseguenti
difficoltà interpretative.
Pensiamo, ad esempio, alla formulazione,
ancora oggi (!!!) da chiarire, della lettera b) e
della lettera d) dell’art. 5: questioni interpretative queste su cui torneremo a breve. Si tratta
comunque di semplici imperfezioni ovvero di
peccati veniali, ben accettabili a fronte della
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30 aprile ’62 - 30 aprile ’13
validità di struttura generale di una normativa
invece pregevole per molti aspetti.
Dalla nascita frettolosa
alla crescita faticosa
Che il tema della “sicurezza alimentare” non
fosse proprio ai primi posti nei pensieri del legislatore nazionale degli anni ’60 trova del resto
una clamorosa quanto inequivoca conferma nella
lunga, anzi, troppo lunga attesa che ci venne
imposta per dotare la legge 283/1962 del suo –
pur indispensabile – regolamento generale di
esecuzione. Il decreto del Presidente della
Repubblica n. 327, infatti, venne emanato solo il
26 marzo 1980: dopo ben diciotto anni di attesa.
Un’attesa diventata… maggiorenne, si può ben
dire. Anche se, va ugualmente riconosciuto, un’attesa così prolungata ha forse consentito di formulare regole di esecuzione assolutamente pregevoli:
tanto pregevoli che ancora oggi quel regolamento
fornisce un valido supporto di attualità, anche
rispetto alle più recenti norme di provenienza CE.
Le depenalizzazioni
Nel 1981, con la legge n. 689 del 24 novembre,
il legislatore italiano, come è noto, avvia il percorso della “depenalizzazione” dei cosiddetti
“reati minori”, ovvero quei reati che preferisce
trasferire ormai sul piano degli illeciti amministrativi e questo per alleggerire il carico degli
uffici giudiziari.
La nostra legge 283/1962, nell’occasione, viene
però solo marginalmente toccata da questa iniziativa depenalizzatrice, in quanto vengono
depenalizzati soltanto:
• l’art. 14 sull’obbligatorietà del libretto di idoneità sanitaria per gli addetti delle aziende
alimentari;
• l’art. 8 sulla “etichettatura”, norma che però
pochi mesi dopo, nel 1982, sarà abrogata e
superata in toto dal decreto del Presidente
della Repubblica n. 322 del 18 maggio 1982,
che ridisciplina tutta la materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari;
• e sarebbe stato, secondo alcuni, depenalizzato anche l’art. 17, che prevedeva la sanzione
penale dell’ammenda per le violazioni del regolamento di esecuzione di cui al decreto del
Presidente della Repubblica n. 327/1980.
Tutte le restanti norme della legge n. 283, invece, non solo non venivano depenalizzate, ma
erano addirittura valorizzate dalla legge
689/1981, in quanto l’articolo 9 di quest’ultima
escludeva dall’applicazione del “principio di specialità” (chiamato a regolare i rapporti tra illeciti
penali ed illeciti amministrativi) non solo le
norme penali previste dagli articoli 5 e 6 della
legge n. 283, ancora oggi reato, ma anche quelle dell’articolo 9 (detenzione di sostanze non
consentite sui luoghi di produzione alimentare) e
dell’articolo 13 (pubblicità ingannevole), questi
ultimi due (articoli 9 e 13) poi invece depenalizzati nel 1999 con il decreto legislativo n. 507.
In pratica, i reati previsti da questi quattro articoli,
anche dopo l’avvento della legge n. 689 del 1981,
erano sempre e comunque configurabili: anche a
fronte di concorrenti illeciti amministrativi.
È appunto con il decreto legislativo n. 507 del 31
dicembre 1999 che si registra un più deciso
intervento di “depenalizzazione” del settore
legislativo alimentare, del quale sopravvivono in
pratica solo le norme penali degli articoli 5 e 6
della legge n. 283 del 1962, disposizioni queste
estese anche all’art. 12 bis per le responsabilità
dell’importatore rispetto ai medesimi fatti previsti da quei due articoli.
Vitalità e “morte presunta”
della legge 283/1962
Si potrebbe pensare che, per il passare dei
decenni e, soprattutto, per l’avvento di una
nuova “filosofia” di approccio del legislatore CE
rispetto ai temi della “sicurezza alimentare”
(nozione questa più moderna e certamente più
ampia di quella di “disciplina igienica” adottata
dal legislatore italiano del 1962), il ruolo della
vecchia legge n. 283 sia ormai marginale e rarefatto tra gli strumenti operativi di intervento
degli organi di vigilanza sanitaria ovvero del
“controllo ufficiale”, come oggi li definisce il
legislatore comunitario.
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30 aprile ’62 - 30 aprile ’13
Invece, nulla di più sbagliato.
Il ruolo della legge n. 283 è rimasto infatti centrale, quanto e più di prima.
Nonostante il passare
dei decenni e l’avvento
di una nuova “filosofia”
di approccio del legislatore
comunitario, il ruolo
della legge 283/1962
è rimasto centrale
14
La nostra esperienza professionale, corroborata
dagli elenchi degli autori dei reati alimentari che,
ai sensi della legge n. 462/1986 (nota come
legge per l’emergenza del “vino al metanolo”),
vengono annualmente pubblicati, sia pure in
ritardo ed alquanto raffazzonati, sulla Gazzetta
ufficiale e su due quotidiani di larga diffusione,
ci evidenzia che almeno l’80% dei reati “alimentari” sono accertati in relazione alle ipotesi delineate negli articoli 5 e 6 della legge 283/1962.
In pratica, questi due articoli, che in realtà prevedono una decina circa di fattispecie di reato,
dopo e forse anche “a causa” dell’ampia depenalizzazione del 1999, sono diventati ancora di
più il punto di riferimento “penale” per gli organi di controllo.
Il che non dovrebbe poi sorprenderci più di tanto
ove solo si rifletta che, nel nostro ordinamento
processuale, questi controllori hanno anche la
qualifica di organi di polizia giudiziaria e quindi,
per formazione culturale e professionale, tendono a privilegiare questo ruolo a fronte e a discapito di quello, amministrativo, della “prevenzione”.
D’altra parte, è lo stesso legislatore a mandare
loro, in tal senso, un preciso quanto inequivoco
messaggio normativo ed istituzionale allorché,
come accade quasi sistematicamente ormai, nel
prevedere sanzioni “amministrative” per le infrazioni da parte dei responsabili delle aziende alimentari, fa precedere, quelle sanzioni amministrative, dalla dicitura «salvo che il fatto costituisca reato».
Ma quale reato?
Beh, “quale” il legislatore non lo precisa: lo
lascia alla capacità professionale (talvolta, purtroppo, alla “fantasia”) dell’organo di controllo.
Dunque un reato… “a piacere” (!!! ) dei verbalizzanti!
Lui, il legislatore, però, con quella formula,
«salvo che il fatto costituisca reato», ha aperto
un varco: un varco che spesso porta appunto
agli articoli 5 e 6 della legge 283/1962.
Per tutti citiamo due casi esemplari:
• il “cattivo stato di conservazione” previsto alla lett. b) dell’art. 5, e correttamente interpretato dalla Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, come “cattive modalità di conservazione”, capita che venga strattonato fino ad abbracciare persino il semplice caso di
un po’ di polvere presente sul barattolo o sulla confezione di vetro di una conserva alimentare, contenitori che in realtà ben proteggono, dalla polvere ed altro, la sostanza
alimentare in essi contenuta;
• così come il superamento della “data di scadenza”, non accompagnata da alcuna indagine sulla sostanza alimentare presente nella
confezione cosiddetta “scaduta”, non può essere, di per sé, la prova sempre di quel “cattivo stato di conservazione” sanzionato penalmente dalla suddetta lettera b) dell’art. 5.
Anche qui però è dovuta intervenire la Corte di
Cassazione per bloccare denunce, sequestri e
condanne assolutamente arbitrarie.
Proprio questo sempre più intenso ricorso da
parte degli organi di controllo a quelle due
norme penali, uniche ormai, della legge
283/1962, ha fatto emergere, grazie anche
all’approfondimento dell’attività di interpretazione da parte dei difensori delle aziende alimentari colpite (anche e soprattutto sul piano
mediatico, a dire il vero), altri casi di applicazioni
“forzate” di quelle norme.
Per tutti si rifletta sulla più esatta portata della
lettera d) dell’articolo 5 della legge, laddove
l’espressione «o comunque nocive» dovrebbe
imporre una più restrittiva applicazione per le
anomalie che la precedono («insudiciate, invase
da parassiti, in stato di alterazione»), anomalie
che dovrebbero assumere rilevanza penale solo
se e in quanto connotate dalla “nocività” della
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sostanza alimentare ovvero dalla sua sicura attitudine ad arrecare danno alla salute del consumatore, mentre nella quotidiana applicazione
della disposizione si dà spesso per scontato che
ogni forma di “insudiciamento” equivalga alla
“nocività” dell’alimento.
Il che è fuori dalla realtà (oltre che dalla corretta
interpretazione della norma), come ognuno può
agevolmente sperimentare.
In ogni caso, non vi è dubbio che, anche al traguardo dei suoi 51 anni dall’emanazione, la
legge n. 283 del 30 aprile 1962 sia una normativa ancora viva e vegeta.
Viva ed anzi sopravvissuta persino, si fa per dire,
ad un “tentativo di omicidio” da parte di chi
meno te lo aspetti: ovvero niente di meno che…
da parte della Corte di Cassazione. Quest’ultima
infatti, con la sentenza n. 419 del 25 febbraio
2010, erroneamente aveva ritenuto la legge n.
283 colpita (ed affondata) dalle norme di semplificazione legislativa volute dal ministro Calderoli
(legge 246/2005) e ne fissava la (presunta)
morte, ovvero l’abrogazione, alla data del 15
dicembre 2010, salvo poi la stessa Cassazione a
doversi velocemente ricredere con la sentenza
del 19 gennaio 2011, con cui faceva “resuscitare” (ma in realtà non era mai stata morta/abrogata) la nostra legge-quadro del 1962: legge
stagionata sì, ma sempre viva e più vitale che
mai per la difesa della salute del consumatore.
I pregi
In realtà, la nostra “cinquantenaria” è una legge
tecnicamente pregevole, benché nata direttamente da una bozza, neppure riveduta e, solo
dopo anni, corretta.
E non sempre bene.
Ad esempio, era stato certo pregevole introdurre come reato autonomo, in sede di articolo 9, la
mera detenzione di sostanze “proibite” nell’azienda alimentare: in tal modo, infatti, venivano sanzionate come reato situazioni in cui non
era possibile dimostrare, e quindi punire, l’effettivo impiego di sostanze non consentite nelle
produzioni di un’azienda alimentare.
Situazioni queste che non si potevano sanzionare
neppure a livello di “tentativo” rispetto ai reati
previsti dagli articoli 5 e 6, in quanto, come è
noto, la natura contravvenzionale di questi reati
non consente (vedi l’art. 56 del Codice penale) di
sanzionarne penalmente il “tentativo”.
Non è stato perciò certamente pregevole il legislatore del 1999 quando (con il decreto legislativo n. 507 del 30 dicembre) ha depenalizzato la
violazione di quell’articolo 9.
Pregevole ancora, anche se incompleto, era stato
pure il meccanismo delle garanzie difensive previste dalla procedura delle analisi di revisione secondo le regole dettate dall’art. 1 della legge n. 283
e dalle norme di dettaglio contenute al riguardo
nel regolamento di esecuzione del 1980.
Incompleto però era il meccanismo per il versante delle analisi microbiologiche sulle matrici alimentari rapidamente deperibili, di modo che è
dovuto intervenire nel 1993 il d.lgs. n. 123 del 3
marzo, il cui art. 4 ha sopperito a quella carenza
con la procedura della “ripetizione di analisi”
con le garanzie difensive.
Lungimirante fu invece il legislatore del 1962 per
aver introdotto, con l’art. 15 della legge integrato dall’art. 22 del regolamento, il meccanismo
cautelare della “giusta chiusura” per le aziende
alimentari risultate a rischio per la salute del consumatore.
Chiusura “giusta” perché “garantita” ovvero perché concilia la rapidità di intervento dell’autorità
sanitaria con la “garanzia difensiva del contrad-
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dittorio” per i rappresentanti dell’azienda colpita
da una misura così grave, quale appunto la “chiusura”, anche se solo temporanea.
Lungimirante strumento giuridico questo, in
quanto adottato ben prima che nel nostro ordinamento costituzionale venissero introdotti (art.
111) analoghi meccanismi per realizzare il “giusto” processo.
Questi ed altri pregi di tecnica giuridica e di saggezza istituzionale, pensiamo, sono in realtà le
doti naturali che spiegano e legittimano, è il
caso di dire, la longevità e la vitalità di questa
normativa.
L’obiettivo: l’armonia
con i regolamenti comunitari
Ancora lunga vita allora auguriamo alla legge 30
aprile 1962, n. 283?
Certamente sì: ma a patto che le risolviamo il
suo più urgente problema, quello di un’armoniosa convivenza con le normative CE.
16
È quanto mai urgente
“armonizzare”
gli istituti giuridici
nazionali della
legge 283/1962
con quelli più recenti
dettati dal legislatore
comunitario
Una convivenza, la loro, ovviamente difficile se si
considera la cifra culturale, abissalmente lontana
(dalla repressione penale del 1962 alla prevenzione amministrativa degli anni 2000), nel cui
segno sono state emanate le due normative.
Una convivenza in cui, ad esempio, si deve
prendere atto di innovazioni fondamentali nell’organizzazione aziendale ai fini della sicurezza alimentare: ci riferiamo in particolare all’obbligo per l’azienda alimentare di adottare ed
attuare un Piano di autocontrollo secondo il
sistema Haccp. Di conseguenza, va rivisto il
momento consumativo dei reati previsti dagli
articoli 5 e 6 della legge n. 283 quando, come
di regola dovrebbe essere, sul prodotto finito è
previsto (ed è documentato) un momento di
autocontrollo prima di decidere per la distribuzione o meno in commercio e/o al consumo
della sostanza alimentare giunta alla fine del
ciclo di lavorazione.
Purtroppo, a tutt’oggi, una simile riconfigurazione del momento consumativo di tali reati né la
giurisprudenza di merito né quella di legittimità
sembrano aver adeguatamente recepito.
Così come, ad esempio ancora, troppe volte si
continua ad assistere alla formulazione di ipotesi di reato riferite ad “alimenti” in realtà non
riconducibili come tali alla nozione di cui all’art.
2 del reg. CE 178/2002 (tale appunto, ad esempio, è il caso di animali ancora in allevamento e
destinati a futura macellazione). O ancora si assiste all’adozione di provvedimenti di “chiusura”
ad opera degli organi di controllo e non da parte
dell’autorità sanitaria.
Sennonché, siamo ormai a nove anni dall’avvento dei regolamenti CE/2004 del cosiddetto
“Pacchetto igiene” e a venti anni dal decreto
legislativo n. 123 del 1993, atto di recepimento
delle direttive sul “controllo ufficiale”, ovvero:
ormai già da molti anni si sarebbero dovuti
“armonizzare” gli istituti giuridici nazionali della
legge n. 283 del 1962 con questi più recenti dettati dal legislatore CE.
Ma questo non è avvenuto: il legislatore italiano
non ha trovato il… tempo per farlo!
Avrebbe potuto farlo in verità anche l’autorità
giudiziaria con una certosina ed illuminata opera
di ricucitura interpretativa, ma sarebbe stato
necessario affidarla a sezioni giudiziarie specializzate, sezioni che in materia alimentare ancora
oggi purtroppo non esistono.
A questo punto deve provvedere, ormai urgentemente, il legislatore nazionale, cui spetta di
decidere cosa far fare… “da grande” a questa
nostra legge ormai più che cinquantunenne.
Se, come in tanti auspichiamo, la si vuole
ancora in carriera nella difesa della salute pubblica, si intervenga allora per un’ormai indilazionabile e sapiente opera di manutenzione
straordinaria che la ponga in sintonia con il
nuovo scenario normativo disegnato dal legislatore comunitario nel campo così delicato
della sicurezza alimentare.
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Comunicazione al consumatore
Sistema di allerta
La distinzione
tra ritiro e richiamo
La distinzione tra ritiro e richiamo
di Gianluigi Valsecchi
Medico veterinario, Asl Lecco
Le modalità operative
da mettere in atto
per informare
tempestivamente
i consumatori
sul richiamo di un
prodotto dal mercato
novembre 2008 in sede di Conferenza Stato-Regioni, quegli alimenti in cui sono state riscontrate non conformità per:
N
In tali casi, per quanto di competenza del Sistema di allerta, non vige l’obbligo di comunicazione all’Autorità sanitaria locale (Asl) territorialmente competente e le suddette non conformità
possono essere gestite direttamente dall’azienda
all’interno del proprio Sistema qualità.
Gli alimenti sono considerati “a rischio” quando
sono dannosi per la salute ovvero inadatti al consumo umano.
Quando un ritiro si rende necessario e il prodotto
può essere stato acquistato dal consumatore, gli
Operatori del settore alimentare (Osa) devono
informare il consumatore in maniera efficace e
accurata sul motivo del ritiro e, se necessario, richiamare i prodotti già forniti ai consumatori
stessi mediante procedure e provvedimenti che
hanno come obiettivo la restituzione del prodot-
el caso di rischio grave ed immediato per
la salute, oltre al ritiro immediato dei prodotti alimentari oggetto di allerta, la normativa (art. 19 del reg. CE 178/2002) prevede
che, se il prodotto è entrato già in possesso del
consumatore, è necessario e prioritario effettuarne il richiamo.
L’obiettivo del richiamo nel Sistema di allerta è
quello di conseguire un livello elevato di tutela
della salute dei consumatori, informandoli sul rischio relativo al consumo di un determinato alimento nonché sulle modalità di riconsegna dello
stesso al punto d’acquisto.
Sono esclusi dal campo di applicazione del Sistema di allerta, viste le “Linee guida per la gestione operativa del Sistema di allerta per alimenti
destinati al consumo umano”, approvate il 13
• criteri microbiologici di igiene di processo;
• frodi commerciali che non rappresentano un
rischio attuale o potenziale per il consumatore; oppure
• quegli alimenti che per loro natura sono destinati a subire un trattamento prima del consumo, tale da renderli innocui.
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Comunicazione al consumatore
to a rischio che è già stato commercializzato ai
consumatori.
Il successo del ritiro/richiamo degli alimenti dal commercio è correlato ad una chiara attribuzione delle
responsabilità all’interno delle aziende alimentari.
A tale proposito, ogni impresa alimentare deve
possedere, nel contesto del proprio Piano di autocontrollo, una procedura di ritiro/richiamo
contenente i seguenti criteri di conformità:
20
• individuazione di un responsabile/referente
aziendale facilmente contattabile;
• presenza di un sistema che permette di:
- identificare i fornitori;
- identificare i clienti con dati completi (ragione sociale e indirizzo completo di Comune e
Provincia, lotto del prodotto non conforme o
Tmc (Termine minimo di conservazione) o
data di scadenza, quantitativo totale, data di
consegna e documenti commerciali);
- presenza dell’indicazione dei contatti con
l’Autorità competente (figure professionali
e numeri telefonici);
• presenza delle modalità per contattare i
clienti/fornitori in tempi rapidi per ritiro/richiamo;
• presenza delle modalità per informare il consumatore finale in caso di richiamo;
• presenza delle modalità di gestione del prodotto ritirato con relativo bilancio.
Perché il ritiro/richiamo
di un prodotto dal commercio
abbia successo è necessaria
una chiara attribuzione
delle responsabilità
all’interno delle aziende
alimentari
Tutti gli operatori del settore alimentare devono
pertanto possedere procedure scritte e documentate inerenti alla prassi operativa da mettere
in atto e da seguire nei casi in cui si debba informare i consumatori, in maniera efficace e accurata, del motivo del ritiro e, se necessario, richiamare i prodotti forniti a tali consumatori.
Tale obbligo viene imposto perentoriamente dalla normativa allorché altre misure risultino insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela
della salute pubblica.
La comunicazione si effettua solo quando c’è
una evidenza certa della non conformità che
può determinare una situazione di “rischio”, inteso come la probabilità che un effetto nocivo
per la salute, quale l’insorgenza di una determinata patologia, si verifichi a seguito del consumo
anche di una singola dose del prodotto alimentare.
Nella comunicazione va tenuto conto del target
dei potenziali consumatori più sensibili all’agente nocivo. A titolo esemplificativo si citano le fattispecie relative alla presenza di ingredienti non
dichiarati in etichetta ovvero la presenza di allergeni in alimenti nei quali normalmente non sono
presenti o la possibile presenza di corpi estranei
in grado di provocare danni al consumatore.
Il contenuto
della comunicazione
Il contenuto della comunicazione deve poter
consentire al consumatore di individuare in modo semplice e corretto tutte le unità di vendita
interessate dalla non conformità oggetto di richiamo.
I dati da comunicare al consumatore finale sono
i seguenti:
• denominazione di vendita del prodotto;
• marchio d’impresa;
• lotto e, quando non già coincidente con tale
dato, Tmc/data di scadenza;
• descrizione e peso/volume dell’unità di vendita;
• identificazione dello stabilimento di produzione uguale all’informazione riportata sull’unità di vendita.
In presenza di prodotti alimentari non preconfezionati, quali alimenti sfusi, preincartati o porzionati, alcune informazioni possono non essere
presenti in quanto non disponibili. In tali casi è
comunque obbligatorio fornire tutte le informazioni che si hanno a disposizione al fine di evitare
di confondere il prodotto alimentare coinvolto
nel richiamo con altri prodotti.
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Comunicazione al consumatore
Il contenuto della comunicazione, oltre a contenere i dati dell’azienda che effettua la comunicazione, deve indicare al consumatore:
• il motivo della non conformità e i possibili effetti nocivi dovuti al consumo dell’alimento
non conforme;
• la conferma che il ritiro è stato effettuato oppure è in corso;
• le istruzioni al consumatore per la gestione
del prodotto acquistato nonché ulteriori
eventuali avvertenze;
• le modalità per contattare l’assistenza ai
clienti attivata tramite numero verde, indirizzo e-mail ecc.;
• altre notizie utili per comprende meglio il
motivo del richiamo.
La comunicazione o notifica non deve avere il
formato di una lettera commerciale in quanto
non sarebbe ritenuta urgente, ma dovrebbe essere chiaramente intitolata:
“URGENTE: RICHIAMO DEL PRODOTTO”
Obiettivi
della comunicazione
La comunicazione al consumatore, tramite la
corretta individuazione degli operatori del
settore alimentare coinvolti nell’allerta, deve
essere tempestiva.
L’obbligo di effettuarla spetta al proprietario
del marchio del prodotto, fatta salva la collaborazione di altri Operatori del settore alimentare (Osa), quali ad esempio i trasformatori, gli importatori, i produttori, che hanno
una responsabilità oggettiva nei confronti del
prodotto in richiamo.
Tali figure hanno l’obbligo di fornire, nel miglior modo possibile, tutte le informazioni utili per la gestione dell’allerta. Devono inoltre
facilitare le azioni di richiamo intraprese dal
proprietario del marchio.
Le informazioni trasmesse, poi, devono riguardare, con la maggior precisione possibile,
la natura, le origini, le cause e i meccanismi
che hanno determinato la non conformità,
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Comunicazione al consumatore
con le relative valutazioni circa l’impatto negativo nei confronti della salute pubblica.
22
Determinate fattispecie possono essere riferite ad allerte nelle quali più proprietari di marchi risultano coinvolti. In tal caso i soggetti
devono coordinarsi per favorire l’obiettivo del
richiamo nel miglior modo possibile.
Altre fattispecie si verificano quando il proprietario del marchio, ad esempio nel caso di
prodotti alimentari sfusi, non risulta identificabile.
La normativa prevede che, per tale casistica,
gli Osa coinvolti nella crisi, durante la fase di
coordinamento, hanno l’obbligo, per quanto
possibile, di identificare il soggetto o i soggetti che detengono le liste di distribuzione
con i dati anagrafici delle imprese a cui è stato commercializzato il prodotto sfuso. In tal
caso, la responsabilità del richiamo ricade sui
soggetti che posseggono i dati relativi alla
commercializzazione del prodotto.
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La comunicazione
al consumatore
del richiamo del
prodotto alimentare
deve essere tempestiva
pubblico le informazioni relative al prodotto
alimentare non conforme presso il o i punti
vendita che hanno commercializzato al consumatore il prodotto oggetto del richiamo.
Pertanto, anche il dettagliante o il laboratorio
di trasformazione/preparazione che incide
sulla sicurezza dei prodotti alimentari (ad
esempio, in virtù dell’affettatura, del porzionamento o del controllo delle temperature),
nel caso in cui sia ad essi ascrivibile il mancato
rispetto dei principi di sicurezza alimentare e
sia necessario provvedere al richiamo di un
prodotto da essi preparato o trasformato, devono attivare le procedure d’informazione dei
consumatori cui hanno fornito il prodotto.
Aspetti pratici
della comunicazione
del richiamo
Azioni di supporto
e di controllo delle
autorità competenti locali
La comunicazione del richiamo deve raggiungere nel più breve tempo possibile i consumatori finali che sono potenzialmente esposti al
consumo dell’alimento non conforme.
Per una comunicazione efficace devono essere individuati i più appropriati mezzi di informazione, ad esempio quotidiani locali o nazionali, radio/tv locale o nazionale, comunicati stampa da trasmettere alle agenzie di stampa.
La normativa prevede che sia la piccola che la
grande distribuzione, appena informati del richiamo, devono provvedere ad esporre al
L’autorità sanitaria può fornire un proprio
supporto alla comunicazione ai media tramite
comunicati stampa che specificano particolari
raccomandazioni nei confronti dei consumatori potenzialmente esposti, numeri verdi informativi per i consumatori ecc.
I competenti Servizi delle aziende Asl hanno il
compito di verificare che l’operatore abbia attuato efficacemente e correttamente anche il
richiamo dei prodotti già forniti ai consumatori quando altre misure non siano sufficienti
a conseguire un livello elevato di tutela della
salute.
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Pubblicità ingannevole
Claim “senza
zuccheri aggiunti”
Siamo alla frutta!
Nuove contestazioni dell’Agcm sull’utilizzo della dicitura
di Tina Mauro
Avvocato
24
Perplessità,
spunti di riflessione
e indicazioni operative
per i produttori
sui recenti provvedimenti
dell’Autorità garante
della concorrenza
e del mercato
nei confronti
delle aziende
Rigoni e Vis
aggiunti” rispettivamente alle aziende Rigoni di
Asiago (bollettino Agcm n. 13 del 8 aprile 2013)
e Vis (bollettino Agcm n. 15 del 22 aprile 2013),
ribadendo l’orientamento già espresso lo scorso
11 luglio per i casi Zuegg e Hero.
Le recenti pronunce dell’Agcm prendono in esame prodotti analoghi a quelli già esaminati in
precedenza, quali confetture, preparazioni e
dessert di frutta, lasciando aperte alcune perplessità, ma al contempo offrendo interessanti
spunti di riflessione e indicazioni operative per i
produttori.
Per quanto di specifico interesse in relazione al
claim “senza zuccheri aggiunti” si evidenziano
nei riquadri pubblicati a pagina 25 i prodotti interessati e i relativi profili di contestazione.
opo l’”estate amara” del 20121 continuano le vicissitudini dei prodotti alimentari
che recano il claim “senza zuccheri aggiunti”, ancora una volta soggetti a provvedimenti sanzionatori da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm).
L’Antitrust ha recentemente contestato l’impiego ingannevole della dicitura “senza zuccheri
Alcune perplessità
D
1
A suscitare perplessità è innanzitutto un aspetto
di carattere generale, in ordine alle conseguenze
della ormai vexata quaestio che da anni vede gli
operatori del settore esporsi a sostegno della
non equiparabilità tra zuccheri e succo di frutta
concentrato, tanto sotto il profilo nutrizionale
Vedi l’articolo “Prodotti senza zuccheri aggiunti”. Un’estate amara”, pubblicato su Alimenti&Bevande n. 9/2012,
alle pagg. 15-18.
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Pubblicità ingannevole
quanto sotto quello dei costi, laddove invece
l’Agcm continua a manifestare in tal senso un
orientamento contrario e tendente ad equiparare la funzione dei due ingredienti sopra citati.
Volendo ipotizzare gli effetti dell’interpretazione
restrittiva del Garante, una delle possibili conseguenze negative del progressivo ritrarsi da claims
“senza zuccheri aggiunti” potrebbe essere quella che gli operatori ricorreranno sempre meno
ad ingredienti “apportatori di frutta” quali sono
i succhi concentrati, a favore di formulazioni con
aggiunta di saccarosio e/o edulcoranti.
Zuccheri
e succo di frutta
concentrato
non sono ingredienti
equiparabili
Altro profilo di perplessità riguarda poi il rapporto tra le diverse violazioni contestate in ciascun
provvedimento, rispetto alla valutazione da parte del Garante del quantum sanzionatorio da
comminare alle aziende.
Nel caso Rigoni, ad esempio, l’Agcm contesta ai
prodotti Fiordifrutta e Fruttosa il claim “senza
zuccheri aggiunti”, ma anche l’indicazione dell’indice glicemico, la comparazione con gli zuccheri contenuti nelle confetture e le informazioni salutistiche sulla frutta impiegata.
A ben vedere, tuttavia, le motivazioni del provvedimento riguardano il solo prodotto Fiordifrutta:
forse, relativamente a Fruttosa, l’Autorità ha accol-
Rigoni
•
•
Fiordifrutta (preparazione di frutta)
Fruttosa (dessert di frutta)
Contestazione: il claim “senza zuccheri aggiunti”
è apposto su un prodotto (Fiordifrutta) che
contiene succo di mela concentrato, a parere
dell’Agcm “utilizzato per aumentare in modo
considerevole e assolutamente prevalente il
contenuto naturale degli zuccheri della frutta”.
Vis
•
•
Biodelizia (preparazione di frutta)
PiuFruttaDiet (confettura)
Contestazione: rispetto alla frase “senza
zuccheri” la parola “aggiunti” è riportata su
ambo i prodotti con caratteri che, a parere
dell’Agcm, sono “assai ridotti rispetto alla prima
[…] lasciando intendere, per l’appunto, che si
tratti di prodotti che per la loro particolare
composizione sono privi di zucchero nonché di
zucchero aggiunto”.
L’indicazione “senza zucchero aggiunto”, sul solo
prodotto Biodelizia, è scorretta alla luce del
contenuto di succo di uva concentrato che, a
parere dell’Agcm, “viene utilizzato per aumentare
in modo considerevole e assolutamente prevalente
il contenuto naturale degli zuccheri della frutta”.
to le difese dell’azienda, che ha evidenziato la presenza di purea (e non succo concentrato) di mela,
peraltro citata tra gli ingredienti caratterizzanti del
prodotto? Forse Fruttosa avrebbe potuto continuare a usare il claim “senza zuccheri aggiunti”?
Non è dato saperlo, perché nulla si afferma al riguardo nella pronuncia, così come nulla si dice su
come la sanzione venga ripartita in relazione ai diversi profili di contestazione. Ritenuta la pratica
scorretta, anche senza specificare quale, l’Agcm irroga la sanzione forfettaria di 40.000 euro.
Anche per Vis la questione si pone in termini
analoghi, in quanto a Biodelizia e PiuFruttaDiet si
contestano i claims salutistici sulla frutta impiegata e l’indicazione “diet”, sulla falsariga del caso Hero, oltre al claim “senza zuccheri aggiunti”. In relazione a tale dicitura, tuttavia, mentre
Biodelizia – oltre a riportare il termine “aggiunti” con caratteri più piccoli della frase “senza
zuccheri” – secondo l’Agcm non potrebbe apporre il claim poiché impiega succo d’uva concentrato, a PiuFruttaDiet si contesta il solo layout
grafico, giacché del resto non impiega succhi di
frutta concentrati, ma edulcoranti. Ciò vuol dire
che PiuFruttaDiet poteva continuare a riportare il
claim? Come l’Agcm ha valutato la diversa gravità della violazione in relazione ai due prodotti?
Come è stata commisurata la sanzione in relazione alle diverse voci di contestazione? A tali
domande la pronuncia Agcm non risponde.
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Pubblicità ingannevole
I principi generali del regolamento claims
Il considerando 16 del regolamento claims afferma con chiarezza che «È importante che le indicazioni
relative agli alimenti siano comprese dal consumatore ed è opportuno tutelare tutti i consumatori dalle
indicazioni fuorvianti. Tuttavia, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha ritenuto necessario [...]
esaminare l'effetto su un consumatore tipico virtuale». Pertanto, prosegue il legislatore, «conformemente
al principio di proporzionalità e per consentire l'effettiva applicazione delle misure di tutela in esso
previste, il presente regolamento prende come parametro il consumatore medio, normalmente informato
e ragionevolmente attento ed avveduto e, tenuti presenti i fattori sociali, culturali e linguistici, secondo
l'interpretazione della Corte di giustizia [...]» e anche: «Gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali
dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia,
per determinare la reazione tipica del consumatore medio nel caso specifico».
Il considerando 17 statuisce anche che «la fondatezza scientifica dovrebbe essere l'aspetto principale di
cui tenere conto nell'utilizzo di indicazioni nutrizionali e sulla salute e gli operatori del settore alimentare
che fanno uso di indicazioni dovrebbero giustificarle».
26
Ultimo profilo di perplessità concerne il fatto
che le pronunce in questione sembrano trascurare (e talvolta confondere) le specifiche
disposizioni in materia di etichettatura dei
prodotti alimentari nonché di norme di prodotto, peraltro di origine comunitaria, che disciplinano, ad esempio, le confetture e non le
preparazioni e i dessert a base frutta, non oggetto di regolamentazione.
E, infine, lasciano perplessi anche affermazioni quali “la portata decettiva dei messaggi
promozionali che utilizzano illegittimamente
l’indicazione nutrizionale “senza zuccheri aggiunti” si può apprezzare considerando che
tale indicazione è da tempo nota al consumatore principalmente per prodotti di largo consumo zuccherati con edulcoranti (quali, ad
esempio, le caramelle o le chewing gum)”,
laddove, oltre alla “strana” definizione di
“zuccherati con edulcoranti”, si affianca una
valutazione di “decettività” che non appare
motivata nella sostanza.
Spunti di riflessione
e indicazioni operative
Al di là delle perplessità sollevate, emergono
dai provvedimenti in commento alcuni utili
spunti di riflessione e qualche suggerimento
operativo che potrebbe essere utile ai produttori per ricercare una forma di comunicazione
al consumatore che possa comunque indicare
le peculiarità dei prodotti derivati dalla frutta
e nel contempo evitare i criticismi che l’Agcm
ha sollevato per l’utilizzo del claim “senza
zuccheri aggiunti”.
Lo spunto di riflessione deriva dal fatto che,
nonostante la legge 135/2012 abbia elevato
da 500.000 euro a 1 milione il limite massimo
della sanzione irrogabile dall’Agcm, l’entità
della pena comminata a Rigoni (40.000 euro)
e Vis (20.000 euro) risulta estremamente ridotta rispetto a quelle relative ai casi dell’estate 2012 (Zuegg: 200.000 euro; Hero:
150.000 euro). Quali elementi hanno deposto
a favore di una maggiore indulgenza del Garante?
Solo relativamente alla considerazione della dimensione aziendale e dei fatturati, se si tiene
Dalla teoria alla pratica
Principio da consolidare: il succo di frutta
concentrato è del tutto equivalente alla frutta
e non allo zucchero, né agli zuccheri della
frutta: un succo di frutta composto al 100%
da derivati della frutta, ivi compreso il succo
concentrato, è radicalmente diverso dalla
medesima composizione addizionata di
saccarosio, così come anche di fruttosio.
Suggerimento di condotta: se il prodotto
contiene succhi concentrati o zuccheri della
frutta, utilizzare l’indicazione secondo cui
contiene solo zuccheri della frutta.
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Pubblicità ingannevole
presente che Rigoni ha un fatturato pari a quasi
4 volte quello di Hero. Si potrebbero sul punto
ipotizzare due possibili cause di moderazione del
tenore sanzionatorio dei casi più recenti:
• innanzitutto, Rigoni e Vis hanno dimostrato di
aver introdotto “senza zuccheri aggiunti” a
seguito della pronuncia del Tar Lazio del 2008
sul caso Plasmon, favorevole a tale claim, e di
averla modificata a seguito della sentenza del
Consiglio di Stato e dei provvedimenti Hero e
Zuegg dell’estate 2012. Benché l’Agcm continui a ritenere “privo di pregio il riferimento al
Tar Lazio”, risulta invece evidente che nella valutazione della sanzione abbia influito proprio
il fatto che su ricorso di Zuegg lo stesso Tar Lazio abbia ritenuto il predetto argomento a tal
punto fondato da sospendere l’esecutività della sanzione del Garante;
• in secondo luogo, ha assunto rilievo il ravvedimento operoso delle aziende interessate,
che a seguito della moral suasion dell’Agcm
e prima dell’avvio del procedimento avevano
già provveduto a modificare le etichette eli-
minando dai prodotti oggetto di indagine il
claim “senza zuccheri aggiunti”.
Tale ultimo profilo assume importanza anche
a livello operativo. In entrambi i casi (Rigoni e
Vis), il Garante si è limitato a valutare ingannevole l’impiego, per un dato periodo temporale, del claim “senza zuccheri aggiunti”,
senza nulla eccepire rispetto alle diciture che
entrambe le aziende hanno dichiarato di aver
utilizzato in passato e/o di aver sostituito a
quella oggetto di sanzione.
Si tratta di diciture quali “contiene solo zuccheri della frutta” (per Rigoni) e “solo con
zuccheri della frutta” (per Vis), che non si
configurano come claim nutrizionali ai sensi
del reg. CE 1924/2006.
Attraverso tali indicazioni, probabilmente, i
prodotti derivati dalla frutta, contenenti succhi concentrati e/o zuccheri derivati dalla
frutta potranno in futuro trovare il modo di
comunicare la loro specificità di derivazione
dalla frutta come legittimamente gli operatori del settore si aspettano.
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Carni
Tecnologia Csm
Verso una maggiore
trasparenza in etichetta
Caratteristiche, utilizzi e rischi della Carne separata meccanicamente
di Flavio Gibilras
Tecnologo alimentare
La Carne separata
meccanicamente (Csm)
si può ritenere
un sottoprodotto
della lavorazione
delle carni.
Il suo utilizzo
nei prodotti alimentari
è molto elevato.
Ma determinarne
con certezza
la presenza non è semplice.
Gli orientamenti
della Commissione europea
e il recente parere
dell’Efsa
L
a Carne separata meccanicamente (Csm) è
definita nel reg. CE 853/2004 come «prodotto ottenuto mediante rimozione della
carne da ossa carnose dopo il disosso o da carcasse di pollame, utilizzando mezzi meccanici
che conducono alla perdita o modifica della
struttura delle fibre muscolari». In ogni procedimento di disossamento, infatti, dopo la rimozione della carne dalla carcassa, ne rimane sempre
una certa quantità strettamente adatta alle ossa;
applicando una certa pressione a tali ossa, si riesce a distaccare una buona parte di tale carne residua, con perdita totale o parziale dell’integrità
delle fibre muscolari a seconda della pressione
applicata. Tale procedura è particolarmente vantaggiosa nel caso di ossa di dimensioni irregolari, difficili da disossare manualmente, come quelle della colonna vertebrale. Nel caso dei suini, si
procede a tale operazione dopo il disosso manuale, mentre, nel caso degli avicoli, si può effettuare direttamente sulle carcasse dopo aver eliminato i tagli pregiati o addirittura sulle carcasse
intere nel caso di animali non utilizzabili diversamente sul mercato (ovaiole a fine ciclo produttivo, riproduttori di broilers ecc.).
Nella sola Unione europea si produce una quantità totale annua di Csm che si aggira intorno alle 700.000 tonnellate (dati relativi al 2007).
Circa l’88% della Csm deriva da pollame e il resto quasi esclusivamente da suini. La produzione
di Csm da ruminanti, infatti, è vietata dal 2001,
a causa della legislazione sulle Encefalopatie
Spongiformi Trasmissibili (EST). Lo stesso procedimento può essere applicato anche agli scarti di
pesce, ottenendo una massa utilizzata per pro-
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Carni
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durre bastoncini di pesce e congeneri. In effetti,
fu il Giappone la nazione a sviluppare le prime
macchine, già a partire dagli anni ’40, soprattutto per poter utilizzare specie ittiche di scarso pregio commerciale.
Per quanto riguarda il pollame, i macchinari furono sviluppati soprattutto in Usa a partire dalla fine degli anni ’60, ma per ragioni diverse: la
richiesta di polli interi andava via via diminuendo, a favore dei soli tagli nobili (petto e cosce),
per cui si rese necessario utilizzare in qualche
modo la carne dei tagli non richiesti (dorso, costato, ali ecc.). La Csm così ottenuta era perfetta per prodotti sempre più richiesti, quali
salsicce, würstel, polpette, preformati, ripieni,
mortadelle, cotolette e spinacine, cordon bleu,
nuggets, zuppe disidratate e così via. Il vantaggio dell’utilizzo di tale materia prima non risiede solo nel suo costo estremamente contenuto rispetto a quello della carne vera e propria,
ma anche nelle sue peculiari caratteristiche,
quali la possibilità di assumere qualsiasi forma,
la capacità di emulsionarsi e, quindi, dare uniformità e compattezza all’impasto, e la capacità di trattenere acqua.
Diversi tipi di Csm
e relativi rischi
I metodi usati per produrre Csm sono vari e possono dar luogo a prodotti molto diversi riguardo
ad aspetto macroscopico (visivo), microscopico
(istologico), chimico e qualitativo:
• Csm ottenuta a bassa pressione (inferiore a
100 bar), in inglese talvolta denominata “desinewed meat”: è un prodotto qualitativamente migliore, spesso impossibile da distinguere a occhio nudo dalle carni macinate; lo
svantaggio consiste in una bassa resa produttiva (inferiore al 30%);
• Csm ottenuta ad alta pressione (fino a 400
bar), in inglese denominata “mechanically deboned meat” o “mechanically separated meat”: appare come una fine massa pastosa, con
perdita pressoché totale della struttura delle fibre muscolari; il vantaggio consiste in una elevata resa produttiva (superiore al 70%). Questo tipo di Csm è quella che presenta i mag-
giori rischi, non tanto per la composizione chimica (quella di origine avicola, in particolare,
contiene elevati livelli di calcio e colesterolo, a
causa della presenza di midollo osseo, e in genere elevate quantità di grasso, sia cutaneo sia
addominale), quanto per la maggior propensione a sviluppare cariche microbiche elevate.
Il rischio di proliferazione microbica, infatti,
aumenta all’aumentare del livello di degradazione del tessuto, poiché questo è associato
con rilascio di nutrienti (substrato ottimale) e
più uniforme diffusione batterica.
La Csm ottenuta ad alta
pressione ha una maggiore
propensione a sviluppare
cariche microbiche elevate
Esistono anche tecnologie in grado di rilavorare
ad alta pressione le ossa prima trattate a bassa
pressione. Sul mercato, i due tipi di prodotti hanno ovviamente valori diversi: la Csm prodotta a
bassa pressione (che rappresenta comunque una
porzione minoritaria della Csm prodotta) ha un
valore circa doppio.
È possibile determinare
con certezza la presenza di Csm?
Determinare con certezza la presenza di Csm
non è semplice, ma possibile. Una prima indicazione può arrivare dall’osservazione del prodotto
al microscopio, in particolare se vi è o meno la
presenza di fibre muscolari e quanto queste siano degradate. Si può anche valutare la presenza
di tessuto connettivo e/o adiposo e di frammenti ossei o cartilaginei (sebbene non tutti i tipi di
Csm debbano necessariamente contenerli).
Possono poi essere determinati parametri chimici, tra cui riveste particolare importanza il tenore
di calcio (presente nelle ossa), anche per la rapidità e la facilità di determinazione; è ormai accertato che livelli anomali di questo minerale sono associati alla presenza di Csm.
Altri parametri chimici, la cui alterazione è stata
correlata alla presenza di Csm, sono l’osteocalci-
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Carni
na decarbossilata (presente nel midollo osseo), i
fosfati, il ferro, le ceneri, alcune proteine (in particolare il collagene) e alcuni lipidi (in particolare,
i livelli di colesterolo e di acidi grassi tipici del midollo osseo).
Alcuni laboratori ufficiali, quali quello britannico
(Department for Environment food & rural affairs, www.gov.uk/defra), hanno stilato resoconti esaustivi su tali determinazioni. Il riconoscimento diventa più complesso nel caso sia presente Csm ottenuta a bassa pressione, poiché
questa conserva una certa struttura muscolare,
oppure se è presente un misto di Csm e carne,
come accade in molti prodotti tipo cotolette, per
dare loro un aspetto più naturale.
Commissione, che ne regola la definizione a
fini di etichettatura. Di conseguenza, se nel
prodotto è presente Csm deve essere indicato
chiaramente e per esteso in etichetta, così come le specie animali da cui è stata ottenuta.
Inoltre, le preparazioni a base di carne contenenti Csm devono indicare chiaramente la necessità che tali prodotti siano cucinati prima
del consumo, se imposto dalla legislazione nazionale.
In etichetta deve essere
indicato se nel prodotto
è presente carne separata
meccanicamente
Quadro normativo
e recenti sviluppi europei
Molto importante è anche considerare gli aspetti igienici: si tratta, infatti, di una materia prima
ottenuta quasi sempre da parti di scarto o poco
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La Csm è stata esclusa dalla definizione di carne data dalla direttiva CE 101/2001 della
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Carni
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pregiate, ripetutamente maneggiate, a volte trasportate da uno stabilimento all’altro, spesso
non lavorate immediatamente, ma accumulate e
spostate prima della lavorazione; se a questo si
aggiunge che il prodotto finale presenta un elevatissimo rapporto superficie/peso (soprattutto
nel caso delle Csm ottenute ad alta pressione), si
comprende facilmente come una carica microbica già verosimilmente elevata all’origine possa
facilmente divenire pericolosa per il consumatore; per tali motivi per la Csm sono indicati precisi requisiti igienici, distinti in base al tipo di Csm
(alta o bassa pressione). In particolare, è necessario che le ossa o le carcasse vengano lavorate
in tempi brevi o altrimenti refrigerate.
La Commissione europea, già alcuni anni or sono, aveva pubblicato una comunicazione sulla
“necessità e l’uso futuri di carne separata meccanicamente nell’Unione europea, comprendente anche la politica di informazione dei consumatori”.
Nella seconda metà del 2012, inoltre, sono state
svolte ispezioni molto approfondite negli stabilimenti che producono Csm nei vari Stati membri.
In alcuni Paesi, sono già stati presi provvedimenti
piuttosto severi e il Fvo (Food and veterinary office) europeo ha di recente pubblicato un report su
tali ispezioni svolte in Italia lo scorso settembre,
per valutare il sistema di controllo vigente sulla
produzione e commercializzazione di Csm.
Il report conclude che il sistema vigente non
mostra carenze importanti e in generale è in
grado di garantire i requisiti dell’Unione europea. Tuttavia, gli ispettori hanno riscontrato alcune carenze che non erano state individuate
durante i controlli ufficiali, in particolare per
quanto riguarda il riconoscimento degli stabilimenti, i requisiti generali in materia di igiene e
gli specifici requisiti in relazione alla temperatura per le Csm.
Il tenore di calcio
è il parametro principale
per stimare la quantità
di Carne separata
meccanicamente
L’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), alcune settimane fa, ha elaborato un
documento che offre un’approfondita analisi
del rischio (ribadendo che quello microbiologico è maggiore nel caso delle alte pressioni) e
una valutazione dei metodi attualmente disponibili per accertare la presenza di tale controverso sottoprodotto carneo (vedi la rubrica “Efsa” a pag. 92). Si propone di adottare il tenore di calcio come parametro principale per stimare la quantità di carne separata meccanicamente: ad esempio, un valore di 21 mg di calcio su 100 g di carne corrisponderebbe a circa
il 10% di Csm nel prodotto, mentre il 50% sarebbe dato da circa 39 mg di calcio e il 90% da
circa 81,5 mg di calcio. Questo schema predittivo, affiancato ad altre analisi, quali quella dei
livelli di colesterolo e quella istologica al microscopio, permetterà di ottenere risultati verosimili sulla quantità di Csm presente negli alimenti, sebbene vari di questi metodi necessitino ancora di ulteriore validazione.
Per saperne di più
•
Efsa, Scientific Opinion on the public health risks related to Mechanically separated meat (Msm) derived
from poultry and swine, Efsa Journal 2013, 11(3):3137.
•
COM (2010) 704 della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, sulla necessità e l’uso futuri di
carne separata meccanicamente nell’Unione europea, comprendente anche la politica di informazione dei
consumatori – Bruxelles, 2 dicembre 2010.
•
Cantoni C., Beretta G., La Carne separata meccanicamente (Csm), Eurocarni, 2006, n. 8.
•
Trindade M.A. et al., Mechanically separated meat of broiler breeder and white layer spent hens, Sci. agric.,
2004, vol. 61, n. 2.
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Intervista
Surgelati
Qualità e sicurezza
nel mondo Orogel
Controlli, certificazioni, formazione e investimenti
di Emanuela Giorgi
Coordinamento redazionale
34
Intervista
a Silver Giorgini,
direttore
Qualità & Innovazione
del Gruppo Orogel,
azienda leader
nel settore
dei prodotti surgelati
O
rogel è un’azienda italiana leader nel settore dei surgelati vegetali, a cui aderiscono più di 2.000 soci produttori che coltivano ogni giorno in Italia i terreni più vocati, uniti da un obiettivo comune: offrire la migliore varietà di prodotti ortofrutticoli freschi, trasformati
e surgelati.
Silver Giorgini è il direttore Qualità e Innovazione del Gruppo.
• Dott. Giorgini, quali controlli vengono effettuati da Orogel, prima, durante e dopo
la surgelazione, a garanzia dell’igiene e
della sicurezza dei propri prodotti?
Silver Giorgini, direttore Qualità & Innovazione
del Gruppo Orogel
Come imposto dalla legge, su qualsiasi prodotto
che Orogel immette in commercio viene effettuata una valutazione del rischio, a partire dalle
materie prime utilizzate. È bene sottolineare, infatti, che siamo una cooperativa i cui soci fanno
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34_36 intervista giugno 2013_34_36 intervista giugno 2013 29/05/13 17.42 Pagina 35
Intervista
parte del sistema produttivo: sappiamo tutto
delle nostre produzioni, dal tipo di campo selezionato per la coltivazione al prodotto finito.
• Utilizzate materie prime di origine animale?
Il nostro core business sono i surgelati vegetali,
ma talvolta, sì, utilizziamo anche materie prime
di origine animale, ad esempio latte o panna
presenti nei nostri primi piatti o contorni. In questi casi, effettuiamo rigidi controlli insieme ai nostri fornitori per accertarci della loro “validità” e
assoluta qualità.
Il Gruppo Orogel
Il Gruppo Orogel produce in Italia, esclusivamente
nelle aziende agricole dei propri soci.
Si tratta della prima azienda nel settore surgelati
ad ottenere la certificazione di prodotto.
Il Gruppo è costituito da:
•
•
•
Orogel Surgelati
Orogel Confetture
Orogel Fresco
Aderiscono al Gruppo anche:
• E materie prime importate ne utilizzate?
•
No, non importiamo materie prime. Siamo “una
filiera corta”, Made in Italy al 100%.
La nostra è
“una filiera corta”,
totalmente
Made in Italy
•
• Quali tecniche e strumenti utilizzate per
surgelare i prodotti?
•
La surgelazione è la fase cruciale del nostro
processo produttivo. Chi produce surgelati,
infatti, deve servirsi degli strumenti più adeguati per portare il cuore del prodotto alle
temperature più basse nel minor tempo possibile. La legge parla di -18 °C, ma noi arriviamo addirittura a -40 °C in pochi minuti.
Per raggiungere queste performances, il prodotto deve essere sottoposto a un trattamento di congelamento rapido, che può essere
effettuato con macchinari di varia tipologia (a
nastro, a letto fluido, ad aria forzata e così
via), con un sistema denominato “Individually quick frozen”, surgelati individualmente.
Successivamente, viene posizionato dentro
celle di conservazione a -25 °C, per poi essere confezionato, in un secondo momento,
nelle piccole o grandi buste che richiede il
Vitroplant: società specializzata nella ricerca
varietale e nella produzione di piantine in vitro e materiale vivaistico. Grazie a innovativi
sistemi di produzione, Orogel punta così a
fornire ai soci produttori piante forti, sane e
virus esenti.
Sicural: il Laboratorio aziendale per la sicurezza alimentare, un nuovo centro del Gruppo dotato di avanzate e sofisticate tecnologie di analisi e prove della qualità alimentare
e agronomica, per realizzare un prodotto
che risponda ai più rigidi standard qualitativi
internazionali.
La Cucina italiana: un moderno centro per la
ricerca e lo sviluppo dei nuovi prodotti, dove
un team di chef e tecnologi studiano e testano tutte le ricette che Orogel firma con il
proprio marchio.
mercato. Abbiamo quindi due fasi: la fase primaria di trasformazione dal fresco al surgelato semilavorato e la fase secondaria di trasformazione del semilavorato in prodotto finito imbustato, pronto per essere immesso in
commercio.
• Quali misure sono state adottate dall’azienda per assicurare una corretta gestione e manipolazione dei propri prodotti da parte delle ditte di distribuzione?
Durante tutta la catena del freddo, dalla surge-
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35
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Intervista
Surgelati senza segreti
L'Iias pubblica un opuscolo per conoscere gli alimenti surgelati
Come nasce un prodotto surgelato? Come funziona la catena del freddo? Refrigerato, congelato e surgelato:
quali sono le differenze?
Per fare chiarezza su questi quesiti, e non solo, l'Istituto italiano alimenti surgelati (Iias) ha pubblicato un interessante
opuscolo dal titolo “Surgelati senza segreti. Guida per conoscere, utilizzare e apprezzare gli alimenti surgelati”.
L'opuscolo racconta ai consumatori la storia del surgelato, un prodotto che nasce dallo scrupoloso controllo
delle materie prime utilizzate, che devono essere sane e in eccellente stato di freschezza, e che utilizza l'unico
conservante assolutamente naturale di cui l'uomo dispone, il freddo.
Scarica l'opuscolo su http://www.istitutosurgelati.it/conoscere-il-surgelato/7-notizie/32-surgelati-senza-segreti.html
36
lazione in linea fino al trasporto alle piattaforme della Grande distribuzione organizzata,
viene effettuato un monitoraggio costante della temperatura di mantenimento dei prodotti
utilizzando data loggers. I nostri ispettori, poi,
effettuano controlli per verificare che le temperature dei congelatori dei punti vendita siano corrette e, nei rari casi in cui vengano riscontrate delle non conformità, vengono aperte delle procedure.
• I rappresentanti dei consumatori hanno più volte richiesto alle aziende l’applicazione sui prodotti surgelati di indicatori di tempo/temperatura, che dovrebbero evidenziare all’acquirente
l’eventuale superamento della temperatura prevista dalla legge (-18 °C) per
un certo lasso di tempo, permettendo
loro di non comprare o, eventualmente, non consumare il prodotto nel caso
in cui l’indicatore dovesse segnalare
una qualche anomalia. È favorevole al
loro utilizzo?
Esistono varie generazioni di questi indicatori (Time temperature indicatore, Tti), ma al momento
tutti presentano un problema tecnico che nessuno è stato in grado di risolvere: rilevano la temperatura dell’aria e non al cuore del prodotto,
come richiesto dalla normativa.
• Quanto investe Orogel nella formazione
dei propri operatori alimentari?
Orogel, oltre a investire in maniera elevata e
continua nella formazione dei propri operatori,
si dedica con altrettanta attenzione a organizzare lezioni in aula per spiegare, ad esempio, ai
nuovi assunti cosa sono i surgelati e quali sono
le procedure da attuare per la loro gestione, affianchiamo le nuove generazioni di lavoratori a
chi ha più esperienza: è questa per noi la vera
formazione, un sistema di tutoraggio che garantisca il passaggio del sapere, un valore espresso
anche nel Codice etico aziendale, scaricabile dal
nostro sito (http://www.gruppo-orogel.it/responsabilita/codice-etico).
Teniamo molto al valore del lavoro e il Codice
rappresenta la “bussola” che orienta il nostro
agire quotidiano, nella consapevolezza che il
benessere e il rispetto di tutti devono essere
sempre presi in considerazione, in ogni decisione e comportamento.
La vera formazione
è l’affiancamento,
il passaggio di sapere
dalle “vecchie”
alle nuove generazioni
di lavoratori
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S p e c i a l e
PACKAGING
Le responsabilità dell’importatore e del produttore
di Materiali a contatto con gli alimenti
38
MOCA IMPORTATI.
TRA NORMATIVA
E PROBLEMATICHE
Samantha Nesi
42
MOCA E DICHIARAZIONI DI
CONFORMITÀ. LE TECNICHE
REDAZIONALI
Maria Chiara Venturini
44
IL PROGETTO CAST
PACKOLOGY, IL SALONE DELLE
TECNOLOGIE PER IL PACKAGING
E IL PROCESSING
48
MOCA PROVENIENTI DA PAESI TERZI.
IL RUOLO DEGLI USMAF
Barbra Bucci
© Fotolia.com
47
Si è da poco conclusa a Rimini Fiera la seconda
edizione di Packology, il salone per le tecnologie
per il packaging e il processing.
Nel corso della manifestazione sono state
presentate soluzioni tecnologiche, start-up
e progetti di ricerca su packaging innovativi,
oltre a una ricca offerta convegnistica e
formativa per espositori e visitatori.
Tra i temi più interessanti che animano il settore
troviamo le responsabilità dell’importatore
e del produttore di materiali a contatto con
gli alimenti, su cui è incentrato lo Speciale
di questo numero.
I Materiali e gli oggetti destinati a venire in
contatto con i prodotti alimentari (Moca), infatti,
devono essere corredati da una dichiarazione
scritta che ne attesti la conformità alle norme
vigenti. Responsabile della dichiarazione è il produttore e, in caso di importazione, l’importatore,
che acquisirà tutti gli oneri di verifica e controllo.
La vigilanza sanitaria sulle importazioni da Paesi
terzi rientra tra i compiti degli Uffici di Sanità
marittima, aerea e di frontiera, anche per
quanto riguarda i Moca.
Nell’Ue, è in corso un processo di armonizzazione
della legislazione che regolamenta i Materiali
e gli oggetti destinati a venire in contatto con
i prodotti alimentari. Sulla base delle indicazioni
tossicologiche della letteratura scientifica e dei
pareri dell’Autorità europea per la sicurezza
alimentare (Efsa), le nuove normative probabilmente amplieranno il numero delle sostante
vietate, aggiorneranno i limiti e la messa a punto
di nuovi test e soprattutto cercheranno di normare
quegli aspetti ancora privi di legislazione.
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Packaging
Moca importati
Tra normativa
e problematiche
Gli obblighi giuridici dell’importatore e del produttore
di Samantha Nesi
Avvocato, Studio legale Avv. Gaetano Forte
38
I materiali e gli oggetti
destinati a venire in contatto
con i prodotti alimentari
devono essere corredati
da una dichiarazione scritta
che ne attesti la conformità
alle norme vigenti.
Responsabile della
dichiarazione
è il produttore e,
in caso di importazione,
l’importatore, che acquisirà
tutti gli oneri
di verifica e controllo
R
ecita l’11° considerando al regolamento CE
178/2002, recante i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, che
«per affrontare il problema della sicurezza alimentare in maniera sufficientemente esauriente
e organica è opportuno assumere una nozione
lata di “legislazione alimentare”, che abbracci
un’ampia gamma di disposizioni aventi un’incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, tra cui disposizioni sui materiali e gli oggetti a contatto con gli alimenti, sui
mangimi e su altri mezzi di produzione agricola
a livello di produzione primaria».
Non senza ritardo rispetto alla sopra riportata
enunciazione di principio, si può ad oggi affermare che la “rintracciabilità”, intesa come la
possibilità di ricostruire il percorso di un prodotto o di una sostanza a monte e a valle, non coinvolge solo gli alimenti, ma anche gli imballaggi
destinati a contenerli.
Non solo, sulla scorta di più o meno recenti emergenze che hanno coinvolto il mondo del packaging, le ultime linee guida sull’allerta nel settore
alimentare prevedono espressamente, tra i casi in
cui occorre valutare se la non conformità rilevata
costituisce un grave rischio per la salute del consumatore, anche quello dei materiali destinati a
venire a contatto con alimenti, come definiti dall’art. 1 del reg. CE 1935/2004, che non possono
essere impiegati con alimenti o che ne provocano
effetti avversi attraverso il contatto.
Per garantire la rintracciabilità gli operatori devono
dotarsi di sistemi e procedure che consentano l’individuazione delle imprese dalle quali ed alle quali
hanno ricevuto e ceduto i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con alimenti (Moca).
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Packaging
La normativa
• costituire un pericolo per la salute umana;
• comportare una modifica inaccettabile della
composizione; o
• comportare un deterioramento delle caratteristiche organolettiche.
La dichiarazione di conformità
Di notevole importanza la norma in virtù della
quale i materiali devono essere corredati da
39
© Fotolia.com
La normativa di riferimento è contenuta nel
regolamento CE 1935/2004, avente appunto
ad oggetto l’immissione sul mercato dei Moca, compresi quelli attivi e intelligenti.
I principi generali della normativa comunitaria
sono riassumibili nel principio in base al quale i materiali e gli oggetti destinati a venire a
contatto con i prodotti alimentari devono essere prodotti in conformità alle Gmp (Good
manifacturing practices, definite dal reg. CE
2023/2006), in modo da non trasferire componenti in quantità tale da:
Sino all’entrata in vigore del regolamento CE
1935/2004 la legislazione sui materiali destinati
ad entrare in contatto con i prodotti alimentari tutelava la salute del consumatore assicurando che
i materiali non determinassero reazioni chimiche
tali da modificare la composizione o le caratteristiche organolettiche dei prodotti alimentari.
L’innovazione attuata anche attraverso la legittimazione degli imballaggi attivi e intelligenti è di
rilevante importanza in quanto spalanca le porte
ad una serie di innovazioni tecnologiche destinate ad influenzare notevolmente il mercato del
packaging alimentare.
Anno XV - 5 - Giugno 2013
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40
una dichiarazione scritta, la quale attesti la
loro conformità alle norme vigenti (comunitarie o nazionali).
Il responsabile della dichiarazione deve predisporre e conservare tutta la documentazione
necessaria a dimostrare la conformità.
Oltre a tale previsione, in ambito nazionale
permane quanto statuito dall’art. 6 del d.m.
21 marzo 1973, ai sensi del quale «le imprese che producono oggetti destinati a venire in
contatto con sostanze alimentari e preparati
con le sostanze di cui al presente decreto sono tenute a controllarne la rispondenza alle
norme ad essi applicabili ed a dimostrare in
ogni momento di aver adeguatamente provveduto ai controlli ed agli accertamenti necessari. Ogni partita deve essere corredata da
dichiarazione del produttore attestante che
gli oggetti sono conformi alle norme vigenti».
Il Ministero della Salute ha diramato in data
11 ottobre 2011 la nota 0032249-P11/10/2011, avente appunto ad oggetto la
dichiarazione di conformità dei materiali ed
oggetti destinati ad entrare in contatto con i
prodotti alimentari, con il dichiarato scopo di
approfondire quali siano gli obblighi previsti
dalle disposizioni vigenti per la redazione della dichiarazione di conformità ed il controllo
documentale dei cosiddetti Moca.
L’esame della documentazione commerciale,
infatti, riveste importanza fondamentale nell’ambito dei controlli effettuati dalle Asl e dagli Uffici di sanità marittima ed aerea (Usmaf):
la dichiarazione di conformità è quella documentazione che attesta la conformità dei materiali e oggetti a contatto con gli alimenti alle norme vigenti, di stampo nazionale e comunitario, sia generali che specifiche.
La dichiarazione
di conformità
attesta la conformità
dei Moca alla
normativa vigente
Dopo aver riepilogato qual è la principale normativa di riferimento, comunitaria e naziona-
© Fotolia.com
Packaging
le, (specificando altresì la presenza di norme
ad hoc per taluni tipi di materiali, ad esempio
gomma, cellulosa rigenerata, vetro, carta e
cartone, banda stagnata e cromata, ceramica,
alluminio, plastiche, utensili da cucina di plastica a base di poliammide e melammina, materiali attivi ed intelligenti), la nota prosegue
addentrandosi nei contenuti della dichiarazione di conformità.
Lo scopo della dichiarazione (che presuppone
comunque la disponibilità della documentazione a supporto e giustificazione delle esternazioni ivi contenute, come ad esempio risultati delle prove effettuate, calcoli ecc.) è quello di trasmettere le informazioni necessarie
per l’osservanza delle norme di conformità
lungo l’intera catena commerciale e deve
comprendere pertanto almeno le seguenti indicazioni:
• dichiarazione di conformità alla normativa
vigente;
• identità del produttore;
• identità dell’importatore;
• tipo di materiale impiegato e limitazioni
d’uso se esistenti;
• data e firma del responsabile.
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Packaging
Circa quest’ultima indicazione, il responsabile
della dichiarazione, secondo la normativa interna, è il produttore (in assenza di dichiarazione la stessa può essere rilasciata da un laboratorio pubblico di analisi), mentre l’utilizzatore deve essere dotato di detta dichiarazione ed ha l’onere di accertarsi che vi sia effettiva conformità alle norme nonché idoneità tecnologica del materiale/oggetto allo scopo finale.
Il reg. CE 1935/2004 ha introdotto il più ampio concetto di operatore commerciale, inteso come persona fisica o giuridica garante del
rispetto della normativa all’interno dell’impresa posta sotto il suo controllo.
Detto ruolo di garante e responsabile della dichiarazione di conformità sarà rivestito, in caso di importazione, proprio dall’importatore
che acquisirà tutti gli oneri di verifica e controllo suddetti.
L’unico anello della filiera che viene esonerata da detti oneri di verifica e garanzia di conformità è pertanto, comprensibilmente, la
vendita al dettaglio.
La contaminazione
dei Moca
Ciò premesso, si evidenzia che, in relazione
alla tematica imballaggi stiamo assistendo ad
un preoccupante fenomeno di contaminazione degli stessi, che porta a migrazioni non
consentite sugli alimenti.
Tale fenomeno viene costantemente monitorato dal Sistema rapido di allerta, gestito dalla Comunità europea in sede centrale, ma anche da tutti i Paesi membri attraverso le loro
sedi ministeriali e le sedi decentrate (in Italia,
in particolare, il controllo avviene attraverso
le autorità competenti del Ministero della Salute, delle Regioni e delle Autorità sanitarie
locali).
Ogni Paese membro, unitamente alle Autorità doganali, è dotato dei cosiddetti “Posti di
ispezione frontaliera”, gestiti dalle autorità
competenti, che si occupano proprio del monitoraggio dei prodotti provenienti da Paesi
terzi.
Nel riepilogo pubblicato settimanalmente sul
sito del Rapid alert system for food and feed
(Rasff) esiste un’apposita sezione dedicata a
“food contact materials”, nella quale vengono riepilogate le “allerte” ovvero le “informazioni” relative ai materiali destinati a venire a
contatto con gli alimenti.
Tali non conformità, se accertate in sede di entrata del prodotto in Comunità, possono portare anche al respingimento in dogana, ossia il
prodotto viene respinto al mittente, senza possibilità di immissione in libera pratica.
Se invece il prodotto è già stato distribuito sul
mercato, si potrà avere la richiesta di “ritiro”
ovvero, se il prodotto dovesse avere già raggiunto il consumatore, la richiesta di “richiamo” dal mercato, con comunicazioni pubbliche nel caso di grave pericolo per la salute.
Soprattutto dai Paesi del Far East si presentano problemi relativi alle migrazioni di metalli
pesanti (nickel, cromo e manganese i casi più
recenti), nonché la presenza non consentita
di ammine aromatiche.
41
Migrazione di metalli
pesanti e presenza
di ammine aromatiche:
questi i principali problemi
riscontrati nei Moca
importati dai Paesi
del Far East
Le ammine, in passato, sono state oggetto di
accese discussioni in sede comunitaria, in relazione alla possibilità di fissare dei limiti per
il loro utilizzo (in particolare, si era presentato il problema di riscontro di tracce di ammine sui prodotti ortofrutticoli, a seguito dell’utilizzo di cere contenenti ammine)
I controlli ufficiali frontalieri, soprattutto per i
prodotti provenienti dall’Est, utilizzano un
piano di monitoraggio molto stretto per verificare questo tipo di contaminazione e purtroppo i riscontri di non conformità, tali da
far attivare il Sistema di allerta comunitario,
sono numerosi.
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Packaging
Moca e dichiarazioni
di conformità
Le tecniche redazionali
Fondamentale la documentazione ricevuta dai fornitori
di Maria Chiara Venturini
Tecnologo alimentare
42
I materiali e gli oggetti
a contatto con gli alimenti
rappresentano una quota
sempre più cospicua
sul totale dei respingimenti
alle frontiere.
Tre le prescrizioni
a cui devono rispondere
obbligatoriamente
gli operatori della filiera:
dichiarazione di conformità,
corretta etichettatura,
rispetto della tracciabilità
I
Materiali e gli oggetti destinati al contatto con
gli alimenti (Moca), come ad esempio imballaggi, recipienti, utensili, ma anche attrezzature per le lavorazioni alimentari ed i contenitori
utilizzati per il trasporto, devono essere sicuri e
realizzati conformemente alle buone pratiche di
fabbricazione, per evitare qualsiasi potenziale
trasferimento di molecole dai materiali stessi ai
cibi in quantità tale da:
Il simbolo che identifica i Moca
• costituire un pericolo per la salute umana;
• comportare una modifica inaccettabile della
composizione dei prodotti alimentari;
• provocare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche.
Eppure, i Moca rappresentano una quota sempre più cospicua sul totale dei respingimenti alle
frontiere e delle segnalazioni diffuse dal sistema
rapido di allerta europeo (Rasff).
Nel report 2012, pubblicato dal Ministero della
Salute, la principale problematica riscontrata nei
Moca è la migrazione (269 segnalazioni su 289
totali) sia di alcuni metalli pesanti (principalmente cromo, nichel, cadmio e piombo) sia di ammi-
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Packaging
Tabella 1
Le importazioni in Italia sotto il regolamento CE 669/2009, nel 2011
GENERALI
Reg. CE 1935/2004
Reg. CE 1895/2005
Reg. CE 2023/2006
D.m. 21 marzo 1973
art. 3
art. 4
art. 15
art. 16
art. 17
art. 2
art. 3
art. 4
art. 4
art. 5
art. 6
art. 7
s.m.i.
Requisiti generali
Requisiti speciali per i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti
Etichettatura
Dichiarazione di conformità
Rintracciabilità
Badge
Bfdge
Noge
Conformità alle buone pratiche di fabbricazione
Sistemi di assicurazione della qualità
Sistemi di controllo della qualità
Documentazione
Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili,
destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari
o con sostanze d'uso personale
D.p.r. 23 agosto 1982, n. 777
D.lgs. 25 gennaio 1992, n. 108
SPECIFICHE
D.m. 21 marzo 1973
D.m. 21 dicembre 2010, n. 258
D.m. 18 aprile 2007, n. 76
D.m. 1 giugno 1988, n. 243
D.m. 18 febbraio 1984
D.m. 13 luglio 1995, n. 405
Dgsan 23 aprile 2010
D.m. 21 marzo 1973
D.m. 08 febbraio 1995
D.m. 04 aprile 1985
D.m. 01 febbraio 2007
Reg. CE 450/2009
Reg. UE 10/2011
Reg. UE 1282/2011
Dgsan 12 maggio 2012
Reg. UE 321/2011
D.m. 21 marzo 1973
D.m. 16 febbraio 2011
Acciai inossidabili
Alluminio
Banda cromata verniciata
Banda stagnata saldata con lega stagno-piombo ed altri mezzi
artt. 27 - 33
artt. 20 - 25
artt. 15 - 19
Ceramica
artt. 9 – 14bis
Reg. UE 284/2011
Reg. CE 282/2008
D.m. 18 maggio 2010, n. 113
DGSAN 25 maggio 2012
D.m. 21 marzo 1973
Carta e cartone
Cellulosa rigenerata
Gomme e elastomeri
Migrazione di N-nitrosammine e sostanze N-nitrosabili
Materiali attivi e intelligenti
Plastica
Plastica
Plastica
Restrizioni d’uso del bisfenolo A nei biberon di plastica
Plastica
Restrizioni d’impiego del bisfenolo A nei biberon di plastica
Import da utensili da cucina in materie plastiche a base
di melammina e poliammide
Plastica riciclata
artt. 34-35
Vetro
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Packaging
Il progetto Cast
Il progetto Cast (Contatto alimentare sicurezza e tecnologia) è nato nel 2007 con l’obiettivo di sperimentare nuove
strategie di approccio integrato alla sicurezza alimentare per la tematica dei Materiali in contatto con alimenti (Mca).
La denominazione del progetto ne riflette la configurazione: Cast significa in lingua inglese “fusione”. Lo
strumento innovativo del progetto è proprio la fusione delle conoscenze fra stakeholders pubblici e privati per:
•
•
migliorare l’applicazione tecnica delle norme;
individuare metodologie condivise di approccio alla sicurezza alimentare e soluzioni tecniche che possano
costituire una base, a patrimonio comune fra associazioni industriali e enti pubblici operanti nel settore.
Il progetto ha previsto lo studio di problematiche concernenti la conformità alle norme sui Mca, mediante
l’attività congiunta dei vari stakeholders afferenti alla filiera alimentare, sotto la responsabilità scientifica
dell’Istituto superiore di sanità (Iss), con il supporto organizzativo dell’Istituto italiano imballaggio (Iii).
Le linee guida, elaborate nell’ambito del progetto, costituiscono il risultato dell’attività congiunta delle associazioni
di categoria delle singole filiere fino ai produttori di materiali e oggetti e alle aziende alimentari.
Cast è stato articolato in Gruppi di lavoro distinti in diverse filiere:
44
•
•
•
•
•
•
•
•
alluminio;
carta e cartone (filiera distinta nella linea guida in produzione e trasformazione);
imballaggi flessibili;
legno;
materie plastiche;
metalli e leghe metalliche rivestiti o non;
sughero;
vetro.
Nell’ambito di ogni Gruppo di lavoro è stato sviluppato un documento (linea guida) sull’applicazione del regolamento
CE 2023/2006 sulle buone pratiche di fabbricazione (Good manufacturing practices, Gmp) nel settore dei Mca.
Sono stati individuati in maggior dettaglio i diversi materiali e oggetti, coperti dal campo di applicazione della
linea guida, nonché i diversi stadi della filiera affinché gli operatori del settore possano riconoscersi agevolmente.
L’idea di fondo nello sviluppo di queste linea guida è stata di valorizzare quanto già eventualmente esistente a livello
aziendale e di settore finalizzando i sistemi di gestione più diffusi nel rispetto del regolamento CE 2023/2006.
Una attenzione particolare è stata rivolta alla realtà delle piccole e medie imprese, con l’obiettivo di costituire
una base di orientamento per effettuare le scelte operative più opportune.
Le linee guida sono scaricabili all’indirizzo: http://www.iss.it/binary/publ/cont/09_33_web.pdf
ne aromatiche, formaldeide e composti organici
volatili. Il Paese di origine degli oggetti e dei materiali con il maggior numero di irregolarità documentate è risultato la Cina (215).
Nell’ottica della difesa del consumatore, le autorità
preposte sono interessate a intensificare i controlli,
in tutta la filiera. In generale, le ispezioni riguardano
il campionamento e le relative analisi chimiche, ma
anche la valutazione della documentazione resa disponibile (per approfondimenti, vedi l’articolo “Moca provenienti da Paesi terzi. Il ruolo degli Usmaf”,
pubblicato alle pagg. 48-52).
Attualmente, la normativa di riferimento è complessa ed articolata; nella tabella sono indicate le
principali norme a cui è sottoposto l’Operatore
del settore alimentare (Osa) e l’impresa che svolge un’attività connessa con qualunque fase della lavorazione, trasformazione e distribuzione
dei Moca (per approfondimenti, vedi l’articolo
“Moca importati. Tra normativa e problematiche”, pubblicato alle pagg. 38-41).
Gli operatori della filiera devono obbligatoriamente rispondere a tre prescrizioni:
• dichiarazione di idoneità e di conformità alle
norme;
• corretta etichettatura;
• tracciabilità.
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Packaging
Per quanto riguarda il primo punto – la dichiarazione di conformità – si tratta di un’assunzione
di responsabilità da parte del fornitore di materiali e di oggetti destinati al contatto con gli alimenti che attesta la conformità alle norme vigenti, ma è anche un obbligo per l’utilizzatore in
quanto garantisce l’idoneità tecnologica all’utilizzo specifico, secondo le limitazioni e le condizioni indicate (per approfondimenti, vedi l’articolo “Moca importati. Tra normativa e problematiche”, pubblicato alle pagg. 38-41).
Dichiarazione di conformità, le
linee guida della Regione Toscana
La Regione Toscana, nel decreto n. 1878 del 18
maggio 2011 «Regolamento CE 1935/2004. Linee
guida per il controllo ufficiale dei materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti» propone due modelli di dichiarazione di conformità, a
seconda della conoscenza o meno delle condizioni di utilizzo e dell’alimento da confezionare.
Nel caso dei prodotti importati, la dichiarazione
può essere rilasciata anche da una persona diversa dal produttore, quale l’importatore stabilito nell’Unione europea, responsabile dell’introduzione della partita nel territorio – Dgsan n.
32249 dell’11 ottobre 2011 (vedi anche l’articolo “Moca importati. Tra normativa e problematiche”, pubblicato alle pagg. 38-41).
La dichiarazione dovrà essere aggiornata
ogniqualvolta si presenti una modifica della
legislazione pertinente, quando siano diffusi
nuovi dati scientifici e nel caso in cui le variazioni apportate nelle operazioni di produzione modifichino le migrazioni dei materiali.
La documentazione giustificativa
alla dichiarazione
La stesura della dichiarazione avviene sulla base
di una documentazione appropriata atta a dimostrare la concordanza con la normativa cogente.
Nella tabella sono indicate le normative comunitarie
45
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Packaging
e nazionali specifiche per i materiali e gli oggetti. A
titolo di esempio, si riportano alcuni casi particolari:
46
• per la plastica riciclata, la dichiarazione dovrà
contenere delle informazioni supplementari,
quali la dichiarazione che è stata impiegata
esclusivamente plastica riciclata proveniente da
un processo di riciclo autorizzato e l’indicazione
del numero di registro CE di tale autorizzazione;
• l’ordinamento relativo alle materie plastiche è in
un regime di transizione. La documentazione
giustificativa, definita nel reg. UE 10/2011, fino
al 31 dicembre 2015 potrà ancora riferirsi alle
norme di base per le prove di migrazione specifica e globale di cui all’allegato della direttiva
82/711/CEE (recepita dal d.m. 220/1993, che ha
modificato il d.m. 21 marzo 1973) oppure optare per le norme di cui all’art. 18 del regolamento; dal 1° gennaio 2016 solo quest’ultima condizione sarà possibile;
• per l’importazione di utensili da cucina in plastica a base di melammina e poliammide provenienti dalla Repubblica popolare cinese e dalla
regione amministrativa speciale di Hong Kong,
Cina, è prevista la compilazione di un’apposita
dichiarazione conforme all’allegato del reg. UE
284/2011 (vedi anche l’articolo “Moca provenienti da Paesi terzi. Il ruolo degli Usmaf”, pubblicato alle pagg. 48-52).
In questo allegato, per le disposizioni specifiche delle sostanze chimiche, si fa riferimento alla direttiva
2002/72/CE, che però è stata abrogata dal reg. UE
10/2011.
Attualmente, e fino al 1° maggio 2016, i materiali
immessi legalmente sul mercato, conformemente ai
requisiti della direttiva 2002/72/CE, possono ancora
essere accompagnati da una dichiarazione di conformità redatta sulla base della documentazione
giustificativa prevista dalla suddetta direttiva.
Per i dettagli tecnici e le condizioni specifiche occorre consultare le “Technical guidelines on testing
the migration of primary aromatic amines from
polyamide kitchenware and of formaldehyde from
melamine kitchenware”, 2011, e “EU guidelines on
conditions and procedures for the import of
polyamide and melamine kitchenware originating
in or consigned from Peoplès Republic of China and
Hong Kong Special Administrative Region, China”,
2011 (link dal sito www.iss.it/moca).
Sistemi di assicurazione
e di controllo della qualità,
rintracciabilità ed etichettatura
Ai sensi del reg. CE 2023/2006 è obbligatorio, per i
produttori di Moca, garantire il rispetto delle norme
generali e specifiche, quando previsto, nonché delle buone pratiche di produzione (Gmp) attraverso
un sistema di assicurazione e controllo della qualità.
Nel progetto Cast “Linee guida per l’applicazione del regolamento CE 2023/2006 alla filiera dei
materiali e oggetti destinati al contatto con gli
alimenti” dell’Istituto superiore di sanità è stato
sviluppato un documento, per l’applicazione
delle Gmp nel settore dei Moca, che riguarda diversi materiali e oggetti a vari stadi della filiera.
Alcuni strumenti normativi volontari, di carattere tecnico, possono indicare le modalità di
attuazione dei sistemi di gestione della qualità (UNI EN ISO 9001:2008, UNI EN ISO
22000:2005, UNI EN 15593:2008 ).
Il reg. CE 1935/2004 estende ai Moca quanto
previsto dal reg. CE 178/2002 sulla tracciabilità
della filiera alimentare, attraverso l’implementazione di un sistema adeguato che permetta di
seguire il percorso di una sostanza o di un materiale attraverso tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione; l’etichettatura deve
essere tale per garantirne la tracciabilità. Inoltre,
deve fornire le informazioni necessarie per un
corretto utilizzo ed identificare il contatto con gli
alimenti (art. 5, reg. CE 1935/2004).
Le imprese alimentari
Per i produttori di alimenti la documentazione ricevuta dai fornitori è di fondamentale
importanza poiché essi stessi rispondono della conformità dei Moca utilizzati.
Il fornitore per essere qualificato deve garantire un prodotto correttamente etichettato, in
condizioni igieniche idonee ai requisiti della
normativa specifica ed in cui le modalità di
conservazione e deposito siano in una lingua
comprensibile all’utilizzatore.
L’utilizzatore deve conservare nel sistema di
rintracciabilità aziendale le informazioni presenti nei documenti di accompagnamento o
sulle etichette o sui materiali/oggetti stessi.
Anno XV - 5 - Giugno 2013
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Packaging
Packology, il salone delle tecnologie per il packaging e il processing
Si è da poco concluso Packology 2013, il salone delle tecnologie per il packaging ed il processing che ha animato
Rimini Fiera dall’11 al 14 giugno.
Quattro i macro-filoni di attività che hanno caratterizzato la manifestazione:
•
•
•
•
presentazione di soluzione tecnologiche complete già industrializzate;
spazio a start-up e progetti di ricerca su packaging innovativi;
offerta convegnistica e formativa per espositori e visitatori;
mostre e premi su innovazioni tecnologiche e nuove soluzioni di packaging.
Il target principale di visitatori è stato quello degli end-users provenienti da Italia, bacino del Mediterraneo, Est
Europa e Europa occidentale.
Nel corso del salone due dipartimenti dell’Iit, l’Istituto italiano di tecnologia, organo promotore per lo sviluppo
tecnologico del Paese e l’alta formazione in ambito scientifico/tecnologico, hanno presentato tematiche e
tecnologie differenti.
Il primo dei due, il gruppo di ricerca Smart Materials, del Dipartimento di Nanofisica, ha come obiettivo principale
lo sviluppo di materiali e sistemi innovativi adatti all’industria del packaging agroalimentare e biomedicale,
impiegando procedure eco-compatibili e sostenibili. Differenti strategie sono state utilizzate per modificare le
proprietà di materiali basati su cellulosa, al fine di ottenere un alto grado di idrorepellenza. Inoltre, speciali
trattamenti chimici hanno permesso di estrarre dalle piante composti di interesse per creare materiali polimerici
che possano sostituire i materiali plastici nel settore del packaging alimentare.
Nel corso della sezione denominata Packology technology transfer days, inoltre, sono state presentate soluzioni
innovative messe a punto dalle Università italiane e internazionali con gruppi di ricerca attivi nel settore del
confezionamento e dell’imballaggio.
Tra le realtà selezionate il laboratorio Lecop di Enea, che ha presentato servizi e strumenti per integrare la
variabile ambientale nella progettazione e gestione del packaging/prodotto.
Parte della Rete Alta Tecnologia dell’Emilia Romagna, Lecop è in grado di offrire alle aziende un analisi dei loro
punti di forza e debolezza ambientale, la (ri)progettazione del sistema e supporto nella comunicazione del
valore ambientale: in altre parole eco-innovazione, life cycle assessment e eco-design.
ExtraSolution è invece una giovane start-up della provincia di Lucca che ha inventato un innovativo strumento
per il monitoraggio dei parametri ambientali per i prodotti alimentari. Si tratta di un dispositivo wireless di
piccole dimensioni che misura e trasmette real-time la concentrazione di ossigeno, umidità relativa e temperatura
all’interno di contenitori chiusi e/o ambienti confinati con possibilità di data logging.
Per maggiori informazioni su Packology 2013, www.packologyexpo.com
Ottenuta la dichiarazione di conformità dal
fornitore, deve valutarne l’adeguatezza alla
normativa in vigore e, se lo ritiene opportuno,
può effettuare le verifiche necessarie per confermare la completa idoneità del materiale.
Nell’Unione europea è in corso un processo di
armonizzazione della legislazione che regolamenta i Moca.
Sulla base delle indicazioni tossicologiche fornite
dalla letteratura scientifica e dei pareri dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) le
nuove normative potrebbero ampliare il numero
delle sostante vietate, aggiornare i limiti e la messa a punto di nuovi test e soprattutto regolamentare quegli aspetti ancora privi di legislazione.
Nell’UE è in corso
un processo di
armonizzazione
della legislazione
che regolamenta
i Moca
È opinione comune dei legislatori europei, per
ragioni di chiarezza, pubblicare un unico elenco
di sostanze autorizzate e non separarle più dagli
additivi.
Si presume, quindi, che possa avvenire un’ulteriore armonizzazione delle norme relative
agli additivi e di quelle specifiche sui Moca.
Anno XV - 5 - Giugno 2013
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Packaging
Moca provenienti
da Paesi terzi
Il ruolo degli Usmaf
Il sistema italiano dei controlli sanitari in frontiera
di Barbra Bucci
Responsabile Ufficio sanità aerea Aeroporto Milano Linate
48
La vigilanza sanitaria
sulle importazioni
da Paesi terzi
rientra tra i compiti
degli Uffici di sanità
marittima, aerea
e di frontiera,
anche per quanto riguarda
i materiali e gli oggetti
a contatto con gli alimenti.
Il punto sulla procedura
dei controlli
adottata dagli Usmaf
I
controlli sanitari sui Materiali e gli oggetti a
contatto con alimenti (Moca) rappresentano
un aspetto importante della sicurezza alimentare, fondata sulla politica europea di controlli
integrati e interventi basati sull’analisi del rischio,
nonché sulla responsabilità primaria dell’operatore commerciale del settore e sulla tracciabilità
dei prodotti lungo tutta la filiera produttiva e distributiva.
Negli ultimi anni, si è assistito a un notevole
incremento di importazioni di Moca da Paesi
extra UE, in particolare dall’estremo Oriente
(soprattutto Cina), con conseguente aumento
degli sforzi legislativi e di vigilanza, sia in
frontiera sia sul territorio, al fine di garantire
prodotti che rispondano agli stessi standard
di sicurezza richiesti per quelli prodotti in Europa.
La vigilanza sanitaria sulle importazioni da
Paesi terzi rientra tra i compiti degli Uffici di
Sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf),
organi periferici del Ministero della Salute dislocati in corrispondenza dei principali porti e
aeroporti, designati autorità competente per i
controlli ufficiali in frontiera su tutti i prodotti che possano presentare rischi per il consumatore (ad esempio, farmaci, dispositivi medici, alimenti di origine non animale ecc.).
Organizzati in circoscrizioni raggruppanti unità territoriali (vedi figura 1), gli Usmaf svolgono anche una più estesa attività di sanità
transfrontaliera, rivolta al controllo dei rischi
di importazione di malattie infettive, alla vigilanza igienico-sanitaria sui mezzi (navi e aeromobili), alle attività di profilassi internazionale per i viaggiatori, autorizzative e medico-legali a favore dei cittadini e del personale navigante.
Anno XV - 5 - Giugno 2013
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Packaging
Gli strumenti operativi
I controlli sui Moca e gli alimenti si svolgono
in stretta collaborazione con gli Uffici centrali del Ministero della Salute, che forniscono
indirizzi operativi e supporto documentale e
normativo, in particolare con l’Ufficio II della
Direzione generale per l’Igiene e la Sicurezza
degli alimenti e la Nutrizione e con l’Ufficio III
della Direzione generale della Prevenzione,
che ha compiti di coordinamento generale
degli Usmaf.
Al fine di garantire una gestione omogenea
delle importazioni, gli Usmaf adottano una
procedura condivisa (Procedura operativa
standard 11 o Pos 11), documento reso pubblico e consultabile su portale del Ministero
della Salute, che descrive l’intero processo,
che va dalla presentazione della richiesta di rilascio di Nulla osta sanitario (Nos) all’importazione e alla emissione del provvedimento finale, e individua le responsabilità nelle varie
fasi del processo stesso.
La Pos 11 ha come ambito di applicazione
l’importazione di alimenti di origine non animale e dei Moca. Il documento fissa le modalità di effettuazione dei controlli ufficiali (documentali, d’identità, fisici), integra le norma-
tive nazionali e comunitarie e fornisce, inoltre, schede informative per ogni tipo di prodotto (ad esempio, Moca, vegetali freschi, alimenti congelati, integratori alimentari, funghi
e tartufi, integratori alimentari), che risultano
utili anche agli operatori commerciali, in
quanto riportano nel dettaglio l’elenco dei
documenti da allegare obbligatoriamente alla
richiesta di rilascio del Nos. Rappresenta, oltre
a uno strumento di lavoro per il personale che
effettua i controlli e per gli operatori commerciali, anche uno strumento di trasparenza
amministrativa, in quanto fissa anche la tempistica del processo.
L’altro strumento operativo è il cosiddetto sistema-Nsis (Nuovo sistema informativo sanitario) Usmaf, da utilizzare per l’inserimento
dei dati relativi ai soggetti (importatore, presentatore) e dei dati relativi alla partita (produttore, origine, descrizione merce, codice
Taric), con la possibilità di allegare in file i documenti richiesti (ad esempio, dichiarazione
di responsabilità dell’importatore, documenti
di spedizione, documenti commerciali, attestazioni di conformità, report di analisi). Gli
operatori possono accedere al sistema in area
pubblica previa registrazione e attribuzione di
credenziali di sicurezza.
L’altra area, non accessibile dall’esterno, è dedicata alla fase del controllo ufficiale (che in
Italia avviene sul 100% delle partite) e all’emissione del provvedimento finale. Il sistema consente di visionare le allerte generate
dai singoli Usmaf e l’operatore che effettua il
controllo consulta le informazioni relative alle
allerte comunitarie presenti nel Rasff (Rapid
allert system for food and feed) utilizzato da
ogni Stato membro, sulla base delle informazioni inserite in Nsis. Tutto ciò consente una
rapida e veloce analisi del rischio.
Cosa avviene in pratica
Fig. 1 - La mappa delle circoscrizioni Usmaf
Dal punto di vista pratico, il presentatore della richiesta (di norma un operatore doganale)
accede al sistema Nsis e inserisce tutti i dati
richiesti dall’applicativo secondo un percorso
obbligato, allega la documentazione richiesta
e l’attestazione del pagamento del tributo
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Packaging
previsto, generando così una pratica elettronica alla quale viene automaticamente attribuito un univoco codice-richiesta. Il codice-richiesta viene comunicato, per posta elettronica o per via cartacea, all’Usmaf territorialmente competente, che può così iniziare la lavorazione della pratica attraverso il controllo
documentale, eventualmente sospendendo il
processo per carenza o non conformità documentale, contestualmente notificando per via
telematica al presentatore la richiesta di integrazione. Una volta superato il controllo documentale, sulla base dell’analisi del rischio,
dell’esistenza di piani di monitoraggio nazionali o di allerte comunitarie, si decide l’eventuale controllo d’identità e fisico.
Per quanto riguarda i Moca, la documentazione richiesta per i controlli ufficiali consiste
nella dichiarazione di conformità e nell’eventuale rapporto di prova relativo alle analisi di
laboratorio effettuate dal produttore o dal-
l’importatore nell’ambito di eventuali processi di controllo qualitativo. I controlli ispettivi o
analitici sono effettuati solo a fini di monitoraggio in percentuali ridotte, salvo in caso di
presenza di allerte comunitarie o nazionali.
Esistono tuttavia pochi casi specifici in cui i controlli devono essere effettuati con modalità differenti, sia in relazione al punto di ingresso sia dal
punto di vista operativo (modalità di controllo e
documentazione necessaria).
È il caso, ad esempio, del regolamento UE
284/2011, che stabilisce condizioni particolari e procedure dettagliate per l’importazione
di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa di Hong Kong, Cina, o da esse
provenienti. Il precitato regolamento prevede
che gli Stati membri devono individuare e designare punti di ingresso specifici per tali merci (nel box pubblicato a pagina 51 sono elen-
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Packaging
Punti di entrata
designati all'importazione
di alimenti di origine
non animale*
Uffici di Sanità marittima, aerea e di frontiera:
to stesso, accompagnata da un rapporto di
prova di analisi relativa alla presenza delle sostanze.
Gli Usmaf designati, a loro volta, hanno l’obbligo di effettuare i prelievi per controllo fisico su non meno del 10% delle partite in importazione.
1. Usmaf di Pescara – Unità territoriale di Ancona
2. Usmaf di Bari – Unità territoriale di Bari
3. Usmaf di Brindisi – Unità territoriale di Brindisi
4. Usmaf di Napoli – Unità territoriale di Cagliari
5. Usmaf di Genova – Unità territoriale di Genova
6. Usmaf di Catania – Unità territoriale di Gioia
Tauro
7. Usmaf di Genova – Unità territoriale di Imperia
8. Usmaf di Genova – Unità territoriale di La
Spezia
L’importatore deve
comunicare agli Usmaf
l’arrivo dei Moca
con almeno due
giorni lavorativi
di anticipo
Le analisi di laboratorio
9. Usmaf di Livorno – Unità territoriale di Livorno
10. Usmaf di Milano Malpensa – Unità territoriale
di Milano Malpensa
11. Usmaf di Napoli – Unità territoriale di Napoli
12. Usmaf di Bologna – Unità territoriale di
Ravenna
13. Usmaf di Catania – Unità territoriale di Reggio
Calabria
14. Usmaf di Napoli – Unità territoriale di Salerno
15. Usmaf di Genova – Unità territoriale di Savona
16. Usmaf di Catania – Unità territoriale di
Siracusa, Porto di Pozzallo
17. Usmaf di Milano Malpensa – Unità territoriale
di Torino Caselle – Interporto di Rivalta Scrivia
18. Usmaf di Trieste – Unità territoriale di Trieste,
compresa Dogana di Fernetti-InterportoMonrupino
19. Usmaf di Trieste – Unità territoriale di Venezia
* Regolamento CE 669/2009 e successive
modifiche.
cati gli Usmaf designati) e che l’importatore
ha l’obbligo della comunicazione preventiva
all’Usmaf designato dell’arrivo della merce
con almeno due giorni lavorativi di anticipo.
L’importatore deve inoltre presentare una
specifica dichiarazione di conformità relativa
al rilascio di ammine aromatiche e formaldeide, secondo il modello allegato al regolamen-
Per i controlli fisici, gli Usmaf si avvalgono di
laboratori pubblici che abbiano la prova richiesta accreditata dall’Ente unico di accreditamento nazionale (in Italia, Accredia) e che
utilizzino la metodica analitica prevista dallo
specifico regolamento. Normalmente, si tratta dei laboratori delle Aziende sanitarie locali
o della rete di laboratori degli Istituti zooprofilattici sperimentali, con i quali il Ministero
della Salute ha stipulato specifici accordi.
I costi delle analisi, nel caso di monitoraggi
previsti dai piani nazionali, sono a carico del
Ministero della Salute e, qualora si tratti di
merce in allerta o per la quale i regolamenti
comunitari prevedano controlli accresciuti, a
carico dell’importatore. In caso di non conformità analitica, l’operatore commerciale conserva il diritto all’effettuazione delle controanalisi, con spese a proprio carico, presso l’Istituto superiore di Sanità e con tutte le garanzie di difesa.
Cosa succede alla fine
Al termine dei controlli viene emesso il provvedimento finale, che può essere di tre tipi:
• il Nos all’importazione, in caso di esito favorevole dei controlli;
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Packaging
• l’invio a destino della partita in vincolo sanitario, su richiesta dell’importatore, in caso di non conformità sanabili e non legate
a concreto pericolo per il consumatore (ad
esempio, adeguamento di etichettatura risultata non conforme ai controlli), con
emissione del Nos da parte dell’Usmaf dopo verifica della regolarizzazione per il tramite della Asl territorialmente competente;
• il provvedimento di non ammissione con
notifica all’importatore o suo rappresentante, comunicazione agli Uffici centrali
del Ministero e al punto di contatto nazionale per le allerte Rasff ai fini della pubblicazione (solo nei casi di non conformità
che rappresentino rischi per la salute pubblica) e segnalazione automatica nel sistema Nsis.
Con la graduale entrata in vigore delle norme
relative allo “sportello unico doganale” si ar-
riverà in tempi brevi alla piena interoperatività tra il sistema Nsis e il sistema operativo dell’Agenzia delle dogane. Ciò consentirà la lettura in automatico, da parte del sistema doganale, dell’emissione del provvedimento sanitario, con contrazione dei tempi di rilascio
delle merci e risparmio sui costi di gestione.
Contrazione dei tempi
di rilascio delle merci
e risparmio sui costi
di gestione:
questi i vantaggi
che verranno apportati
dall’entrata in vigore
delle norme
relative allo “sportello
unico doganale”
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LABORATORIO
ALIMENTARE
Stato dell'arte e prospettive del sistema
laboratoristico in materia di sicurezza
alimentare
a cura di Piergiuseppe Calà*, Sara Gallicchio**, Marco Luvisi***
* Regione Toscana – Direzione generale Diritti di cittadinanza e Coesione sociale, Settore “Prevenzione e
Sicurezza in ambienti e di lavoro, alimenti e veterinaria”. ** Università degli Studi di Siena.
*** Azienda Usl n. 6 Livorno – Dipartimento di Prevenzione.
La capacità di laboratorio
è un elemento fondamentale
per un’autorità competente
per la sicurezza alimentare,
sia per gli obblighi imposti
dalla normativa europea
sia per i principi di efficienza
ed efficacia che devono
caratterizzare il sistema adottato
dall’autorità stessa per garantire
un adeguato controllo ufficiale.
A partire dal 2011, la Regione
Toscana ha avviato un percorso
di sperimentazione relativo
alla misura delle performances
dei laboratori pubblici che fanno parte
del Sistema integrato dei laboratori
di Arpat, Lsp e Izs Lazio e Toscana.
L
a terminologia “capacità di laboratorio” indica
per un’autorità competente per la sicurezza alimentare la disponibilità di risorse umane e strumentali appartenenti a un sistema laboratoristico,
in grado di eseguire prove analitiche in modo adeguato rispetto alle necessità del controllo ufficiale.
Prima dell’entrata in vigore del “Pacchetto Igiene” per la sicurezza alimentare, le disposizioni
quadro riguardanti i laboratori per il controllo ufficiale erano contenute nel d.lgs n. 156/1997. Le
disposizioni vigenti sono invece contenute nel
reg. CE 882/2004 e, pur con la fisiologica evoluzione, sono sostanzialmente in continuità con la
legislazione precedente. In particolare, il reg. CE
882/2004 riporta all’art. 4, comma 2, lett. c):
• «Le autorità competenti dispongono di
un’adeguata capacità di laboratorio o vi hanno accesso ai fini di eseguire test […];»,
mentre all’art. 12:
• «1. L’autorità competente designa i laboratori che possono eseguire l’analisi dei campioni
prelevati durante i controlli ufficiali.
• 2. Le autorità competenti, tuttavia, possono
designare soltanto i laboratori che operano,
sono valutati e accreditati conformemente alle seguenti norme europee:
a) EN ISO/IEC 17025 su «Criteri generali sulla
competenza dei laboratori di prova e di taratura»;
b) EN ISO/CEI 17011 su «General requirements for accreditation bodies accrediting
conformity assessment bodies» (Requisiti generali per gli organismi di accreditamento
che accreditano organismi di valutazione della conformità).
• 3. L’accreditamento e la valutazione dei laboratori di prova di cui al paragrafo 2 possono
riguardare singole prove o gruppi di prove.
• 4. L’autorità competente può annullare la designazione di cui al paragrafo 1 se le condizioni di cui al paragrafo 2 non sono più rispettate».
Sempre nel reg. CE 882/2004 sono presenti all’art. 11 e nell’allegato III disposizioni riguardanti le analisi e i campionamenti.
Da segnalare che la decisione della Commissione
2007/363/CE, che fornisce orientamenti per aiu-
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laboratorio alimentare
tare gli Stati membri nell’elaborazione del piano
di controllo nazionale pluriennale integrato, riporta al punto 3.5.2 indicazioni per i laboratori:
• «I piani di controllo nazionali: […]
d) menzionano i laboratori nazionali di riferimento designati conformemente all’articolo
33, paragrafo 1, del regolamento CE
882/2004 […].
La descrizione delle risorse di cui dispongono
le autorità competenti deve comprendere
[…] gli impianti e i servizi di laboratorio, di
diagnostica, […]».
54
Un elenco completo dei laboratori ufficiali incaricati di analizzare i campioni prelevati in occasione
dei controlli ufficiali non deve obbligatoriamente
figurare nel piano, ma deve essere tenuto dall’autorità competente e messo a disposizione per gli
audit e le ispezioni della Comunità.
Importante segnalare che la capacità di laboratorio è uno dei compiti che le autorità competenti
possono delegare ad altro organismo di controllo,
a condizione che siano rispettate le norme di cui
all’art. 12 (vedi art. 5, comma 2, lett. d), reg. CE
882/2004) e che i costi di analisi di laboratorio e
di campionamento siano tenuti in considerazione
per il calcolo delle tasse o diritti che le autorità
competenti possono richiedere a copertura dei
costi sostenuti per i controlli ufficiali (vedi art. 27
e allegato VI, reg. CE 882/2004).
I laboratori europei e nazionali
di riferimento
Sempre nel reg. CE 882/2004, sono previste diposizioni per i laboratori europei (art. 32) e i laboratori nazionali (art. 33) di riferimento. La lista
dei laboratori europei di riferimento è riportata
nell’allegato VII del reg. CE 882/2004.
I Laboratori europei di riferimento (Eurl) hanno come compito principale quello di coordinare le attività dei laboratori nazionali, fornendo dettagli sui
metodi di analisi, organizzando test comparativi
ed assicurando un appropriato follow-up di questi
ultimi, realizzando corsi di formazione di base
avanzata e fornendo assistenza scientifica e tecnica alla Commissione europea. Per assicurare tali
attività, gli Eurl devono prioritariamente disporre di
personale adeguatamente qualificato e formato,
possedere attrezzature adeguate per espletare i
propri compiti, disporre di un’appropriata infrastruttura amministrativa e garantire la riservatezza
di certe tematiche, risultati o comunicazioni.
Da segnalare che gli Eurl possono ottenere un
contributo finanziario della Comunità e possono
essere oggetto di controlli comunitari per verificarne la conformità ai requisiti stabiliti dal reg.
CE 882/2004.
I Laboratori europei
di riferimento coordinano
le attività dei laboratori
nazionali, fornendo
dettagli sui metodi
di analisi e organizzando
test comparativi
I Laboratori nazionali di riferimento (Lnr) sono
designati da ogni Stato membro. Da evidenziare
che uno Stato membro può designare un Lnr situato in un altro Stato membro o in un Paese
membro dell’Associazione europea di libero
scambio (Efta) e quindi un singolo laboratorio
può essere il Lnr di più di uno Stato membro.
I Lnr, sostanzialmente, collaborano con il laboratorio
comunitario nel loro ambito di competenza, coordinano le attività dei laboratori ufficiali responsabili
dell’analisi dei campioni, organizzano test comparativi tra i laboratori nazionali ufficiali ed assicurano un
adeguato follow-up dei medesimi test. Inoltre, offrono assistenza scientifica e tecnica all’autorità
competente per la sicurezza alimentare.
I Laboratori nazionali
di riferimento collaborano
con il laboratorio
comunitario nel loro
ambito di competenza
e coordinano le attività
dei laboratori ufficiali,
responsabili dell’analisi
dei campioni
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laboratorio alimentare
Nelle tabelle 1 e 2 sono riportati i laboratori europei
di riferimento e i corrispondenti laboratori nazionali1.
Il sistema di accreditamento
Come citato in premessa, l’art. 12 del reg. CE
882/2004 prevede che i laboratori di controllo ufficiale per la sicurezza alimentare devono essere in
possesso di prove accreditate2. Ne consegue che
l’accreditamento della prova analitica è un requisito
essenziale per la validità della prova medesima ai fini del controllo ufficiale. La valutazione dell’accreditamento delle prove deve essere effettuato da un organismo conforme alla norma En Iso/Cei 17011. Il
reg. CE 765/2008, che è valido dal 1° gennaio 2010,
stabilisce norme riguardanti l’organizzazione e il
funzionamento dell’accreditamento degli organismi
di valutazione della conformità per tutti i Paesi dell’Unione. Inoltre, fornisce un quadro di riferimento
per la vigilanza del mercato dei prodotti, per garantire che soddisfino requisiti in grado di assicurare
un’elevata protezione della salute e della sicurezza in
ambienti di vita e di lavoro, la protezione dell’ambiente e dei consumatori. In attuazione del reg. CE
765/2008, ogni Paese europeo ha individuato il suo
ente di accreditamento, che è responsabile per l’accreditamento in conformità agli standard internazionali della serie ISO 17000 e alle guide e alla serie armonizzata delle norme europee ex EN 45000. Tutti
gli enti operano senza fini di lucro. Con il d.m. 22 dicembre 2009, l’Italia si è adeguata al reg. CE
765/2008 e ha individuato il proprio ente nazionale
di accreditamento in Accredia, nato dalla fusione nel
2009 di Sincert e Sinal e che ha visto la successiva
convenzione con Inrim a giugno 2010, ai fini dell’accreditamento dei laboratori di taratura in continuità
con le attività di Sit. Le attività di Accredia si articolano in quattro dipartimenti:
• Certificazione e ispezione;
• Laboratori di prova;
• Laboratori di prova per la sicurezza degli alimenti;
• Laboratori di taratura.
Sul sito www.accredia.it, è possibile consultare le
banche dati riguardanti gli operatori accreditati/rico-
nosciuti, gli organismi di certificazione e ispezione, i
laboratori di prova, i laboratori di taratura e le organizzazioni certificate da organismi accreditati/riconosciuti.
I laboratori pubblici di controllo
I laboratori pubblici coinvolti in Italia nel controllo ufficiale fanno capo essenzialmente agli Istituti zooprofilattici sperimentali (Izs), alle Agenzie regionali o
delle Province autonome per la protezione ambientale (Arpa/Appa) e ai Laboratori di sanità pubblica
(Lsp) delle Aziende Usl. Questi ultimi sono presenti
solo in tre Regioni: Lombardia, Sicilia e Toscana.
L’esito del referendum dell’aprile del 1993 portò
all’abrogazione di alcune parti della legge
833/1978 e alla conseguente eliminazione delle
competenze di vigilanza e controllo in materia
ambientale del Sistema sanitario nazionale. Tale
situazione portò alla creazione delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente con la
legge 61/1994. In conseguenza di tale riorganizzazione, furono ridistribuite a livello regionale
anche le competenze delle analisi in materia di
sicurezza alimentare, che in linea generale portò
le Arpa/Appa ad occuparsi delle analisi chimiche
e fisiche degli alimenti di origine non animale e
dei materiali destinati a contatto con gli alimenti. Le analisi microbiologiche entrarono nella
competenza in alcuni casi delle stesse Arpa/Appa o dei laboratori di biotossicologia/microbiologia delle Aziende Usl o dei Lsp o degli Izs.
Il sistema degli Izs, in generale, si occupa di sperimentazione e diagnosi delle malattie degli animali e
delle zoonosi, controllo della salubrità degli alimenti di origine animale e dei mangimi, ricerca dei contaminanti negli alimenti, farmacoviglianza, sorveglianza epidemiologica, supporto ai piani di profilassi ed eradicazione, ricerca corrente e finalizzata e
cooperazione internazionale.
Con il d.m. 27 febbraio 2008 sono state assegnate agli Izs anche i compiti di controllo ufficiale in materia di analisi chimiche, microbiologiche
e radioattive sugli alimenti di origine vegetale
1
http://www.salute.gov.it/pianoNazionaleIntegrato/homePianoNazionaleIntegrato.jsp
2
L’art. 18 del reg. CE 2076/2005 ha previsto una deroga in base alla quale i laboratori non accreditati potevano
continuare a svolgere controlli analitici ufficiali a condizione che avessero avviato, entro il 1° gennaio 2006, le
procedure di accreditamento e avessero messo a punto validi sistemi di qualità in relazione alle attività analitiche
svolte. La deroga è scaduta il 31 dicembre 2009.
Anno XV - 5 - Giugno 2013
55
Eurl per il controllo delle contaminazioni virali e batteriologiche dei molluschi
bivalvi
- The laboratory of the Centre for environment, fisheries and aquaculture science (CefaS), Weymouth, Regno Unito
Eurl per Listeria monocytogenes
- Afssa - Laboratoire d'études et de recherches sur la qualité des aliments
et sur les procédés agroalimentaires (Lerqap), Maisons-Alfort, Francia
Eurl per lo stafilococco coagulasi positivo, compreso Staphylococcus aureus
- Afssa - Laboratoire d'études et de recherches sur la qualité des aliments et
sur les procédés agroalimentaires (Lerqap), Maisons-Alfort, Francia
Eurl per Escherichia coli, compreso E. coli verocitotossico (Vtec)
- Istituto superiore di sanità, Roma, Italia
Eurl per Campylobacter
- Statens veterinärmedicinska anstalt (SVA), Uppsala, Svezia
Eurl per parassiti (in particolare Trichinella, Echinococcus e Anisakis)
- Istituto superiore di sanità, Roma, Italia
•
•
•
•
•
•
•
Lnr per Escherichia coli, compreso E. coli verocitotossico (Vtec)
- Dip. di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare, Reparto zoonosi trasmesse da alimenti ed epidemiologia veterinaria - Istituto superiore di sanità1
Lnr per Campylobacter
- Izs dell’Abruzzo e del Molise5
Laboratorio di referenza Oie per la trichinellosi
- Reparto malattie infettive, parassitarie e immunomediate
- Istituto superiore di sanità1
Lnr per l'Echinococcosi
- Centro di referenza nazionale per l’echinococcosi - Izs della Sardegna7
Lnr per le anisakiasi
- Centro di referenza nazionale per le anisakiasi - Izs della Sicilia8
•
Anno XV - 5 - Giugno 2013
•
•
•
•
Lnr per lo stafilococco coagulasi positivo, compreso Staphylococcus aureus
- Izs del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta6
Lnr per Listeria monocytogenes
- Izs dell’Abruzzo e del Molise5
Lnr per il latte e i prodotti a base di latte
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare
- Istituto superiore di sanità1
Lnr per l'analisi e il test delle zoonosi (Salmonella)
- Centro di referenza nazionale per le salmonellosi - Izs delle Venezie2
Lnr per le biotossine marine
- Fondazione centro ricerche marine3
Lnr per il controllo delle contaminazioni virali dei molluschi bivalvi
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare
- Istituto superiore di sanità1
Lnr per il controllo delle contaminazioni batteriche dei molluschi bivalvi
- Centro di referenza nazionale per il controllo microbiologico e chimico
dei molluschi bivalvi vivi - Izs dell’Umbria e delle Marche4
•
•
•
•
•
•
•
Denominazione e sede
Denominazione e sede
Eurl per il latte e i prodotti a base di latte
- Afssa - Laboratoire d'études et de recherches sur la qualité des aliments
et sur les procédés agroalimentaires (Lerqap), Maisons-Alfort, Francia
Eurl per l'analisi e il test delle zoonosi (Salmonella)
- Rijksinstituut voor volksgezondheid en milieu (Rivm), Bilthoven, Olanda
Eurl per il monitoraggio delle biotossine marine
- Agencia española de seguridad alimentaria (Aesa), Vigo, Spagna
LABORATORIO NAZIONALE DI RIFERIMENTO
LABORATORIO DI RIFERIMENTO DELL’UE
•
•
56
Tabella 1
Laboratori europei e nazionali di riferimento per alimenti e mangimi (reg. CE 882/2004)*
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laboratorio alimentare
Eurl per le Proteine nei mangimi
- Centre wallon de recherches agronomiques (Cra-W), Gembloux, Belgio
Eurl per residui di medicinali veterinari e contaminanti in alimenti di origine
animale - per i residui indicati nell'allegato I, categoria A1, 2, 3, 4 e categoria B2 (d) e B3 (d) della direttiva 96/23/CE (stilbenes, stilbene derivatives,
salts and esters, antithyroid agents, steroids, resorcylic acid lactones (RAL s)
incl. zeranol, sedatives, mycotoxines)
- Rijksinstituut voor volksgezondheid en milieu (Rivm), Bilthoven, Olanda
Eurl per Residui di medicinali veterinari e contaminanti in alimenti di origine animale - per i residui indicati nell'allegato I, categoria B1 e B3 (e)
della direttiva 96/23/CE per i residui di carbadox e olaquindox (antibacterial substances, including sulphonamides and quinolones, dyes, carbadox
and olaquindox, chloramphenicol, dapsone, nitrofuranes)
- Laboratoire d’études et de recherches sur les médicaments vétérinaires
et les désinfectants, Afssa, Fougères, Francia
Eurl per Residui di medicinali veterinari e contaminanti in alimenti di origine animale - per i residui indicati nell'allegato I, categoria A5 e categoria B2 (a), (b)
ed (e) della direttiva 96/23/CE (beta-agonists, anthelmintics, anticoccidials including nitroimidazoles, non-steroidal anti-inflammatory drugs [Nsaid s])
- Bundesamt für Verbraucherschutz und Lebensmittelsicherheit (BVL),
Berlin, Germania
Eurl per Residui di medicinali veterinari e contaminanti in alimenti di origine animale - per i residui indicati nell'allegato I, categoria B3 (c) della direttiva 96/23/CE (elementi chimici in alimenti di origine animale)
- Istituto superiore di sanità, Roma, Italia
Eurl per le Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili (EST)
- The Veterinary laboratories agency, Surrey – Regno Unito
•
•
Anno XV - 5 - Giugno 2013
•
•
•
•
Eurl per la resistenza antimicrobica
- Danmarks fødevareinstituttet, København, Danimarca
•
Denominazione e sede
LABORATORIO DI RIFERIMENTO DELL’UE
•
•
•
•
Lnr per le Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili (EST)
- Centro di referenza per le encefalopatie animali e neuropatologie comparate - Izs del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta6
Lnr per i residui di contaminanti e sostanze farmacologicamente attive
negli alimenti di origine animale
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare Istituto superiore di sanità1
Denominazione e sede
Lnr per la resistenza antimicrobica
- Centro di referenza nazionale per l’antibioticoresistenza Izs del Lazio e Toscana9
Lnr per le proteine nei mangimi
- Centro di referenza nazionale per la sorveglianza ed il controllo degli alimenti per animali (Creaa) - Izs del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta6
LABORATORIO NAZIONALE DI RIFERIMENTO
Tabella 1
Laboratori europei e nazionali di riferimento per alimenti e mangimi (reg. CE 882/2004)*
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laboratorio alimentare
57
Eurl per i materiali destinati a venire in contatto con gli alimenti
- Joint research centre - European commission – Ispra, Italia
Eurl per i residui di pesticidi in cereali e mangimi
- Danish institute for food and veterinary research (Dfvf), SØborg,
Danimarca
Eurl per i residui di pesticidi in prodotti alimentari di origine animale
e alimenti con un alto contenuto di grassi
- Chemisches und veterinäruntersuchungsamt (Cvua), Postfach Freiburg,
Germania
Eurl per i residui di pesticidi in frutta e verdura, compresi alimenti con alto contenuto di acqua e acido
- Pesticide residue research group - Universidad de Almería (Prrg) Laboratorio agrario de la generalitat valenciana (Lagv), Spagna
Eurl per i residui di pesticidi – Metodiche monoresiduo
- Chemisches und veterinäruntersuchungsamt (Cvua) Stuttgart, Postfach
Felbach, Germania
•
Eurl per gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM)
- Joint research centre - European Commission – Ispra, Italia
•
•
Eurl per gli additivi impiegati nell'alimentazione degli animali
- Joint research centre, European commission, Institute for reference
materials and measurements, Geel, Belgio
Anno XV - 5 - Giugno 2013
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Lnr per gli additivi impiegati nell'alimentazione degli animali
- Centro di referenza nazionale per la sorveglianza ed il controllo degli alimenti per animali (Creaa) - Izs del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta6
Lnr per gli additivi impiegati nell'alimentazione degli animali
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare Istituto superiore di sanità1
Lnr per gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) (validazione dei
metodi [reg. CE 1981/2006])
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare Istituto superiore di sanità1
Lnr per gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) (validazione dei
metodi [reg. CE 1981/2006] e laboratori di controllo)
- Centro di referenza nazionale per gli organismi geneticamente modificati - Izs del Lazio e Toscana9
Lnr per i materiali destinati a venire in contatto con gli alimenti
- Laboratorio esposizione e rischio da materiali - Dipartimento ambiente e
connessa prevenzione primaria - Istituto superiore di sanità1
Lnr per i residui di pesticidi in cereali e mangimi
- Centro di referenza nazionale per la sorveglianza ed il controllo degli alimenti per animali (Creaa) - Izs del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta6
Lnr per i residui di pesticidi in prodotti alimentari di origine animale e alimenti con un alto contenuto di grassi
- Istituto superiore di sanità - Dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria1
Lnr per i residui di pesticidi in frutta e verdura, compresi alimenti con alto
contenuto di acqua e acido
- Istituto superiore di sanità - Dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria1
Lnr per i residui di pesticidi – Metodiche monoresiduo
- Istituto superiore di sanità - Dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria1
Denominazione e sede
Denominazione e sede
•
LABORATORIO NAZIONALE DI RIFERIMENTO
LABORATORIO DI RIFERIMENTO DELL’UE
•
•
58
Tabella 1
Laboratori europei e nazionali di riferimento per alimenti e mangimi (reg. CE 882/2004)*
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laboratorio alimentare
Eurl per micotossine
- Joint research centre, European commission, Institute for reference
materials and measurements, Geel, Belgio
Eurl per Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA)
(Polycyclic Aromatic Hidrocarbons, PAHs)
- Joint research centre, European commission, Institute for reference
materials and measurements, Geel, Belgio
Eurl per diossine e PCB in mangimi ed alimenti per animali
- Chemisches und veterinäruntersuchungsamt (Cvua), Postfach Freiburg,
Germania
•
*Fonte: Piano nazionale integrato 2011-2014 (www.salute.gov.it)
1
Viale Regina Elena 299, 00161 Roma (www.iss.it)
2
V.le dell'Università, 10, 35020 Legnaro (PD) (www.izsvenezie.it)
3
Via Amerigo Vespucci , 2, 47042 Cesenatico (FC) (www.centroricerchemarine.it)
4
Via Cupa di Posatora, 3, 60131 Ancona (www.izsum.it)
5
Via Campo Boario, 64100 Teramo (www.izs.it)
6
Via Bologna, 148, 10154 Torino (www.izsto.it)
7
Via Duca degli Abruzzi, 8, 07100 Sassari (www.izs-sardegna.it)
8
Via Gino Marinuzzi, 3, 90129 Palermo (www.izssicilia.it)
9
Via Appia nuova 1411, 00178 Roma (www.izslt.it)
10
Via Salvemini 1, 06126 Perugia (www.pg.izs.it)
11
Via Bianchi, 9, 25124 Brescia (www.izsler.it)
•
•
Eurl per metalli pesanti in mangimi e alimenti
- Joint research centre, European commission, Institute for reference
materials and measurements, Geel, Belgio
•
Denominazione e sede
LABORATORIO DI RIFERIMENTO DELL’UE
•
•
•
•
•
Lnr per diossine e PCB in mangimi ed alimenti per animali
- Izs dell’Abruzzo e del Molise5
Lnr per Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA)
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare Istituto superiore di sanità1
Denominazione e sede
Lnr per metalli pesanti negli alimenti
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare Istituto superiore di sanità1
Lnr per Metalli pesanti nei mangimi
- Centro di referenza nazionale per la sorveglianza ed il controllo degli alimenti per animali (Creaa) - Izs del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta6
Lnr per micotossine
- Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare Istituto superiore di sanità1
LABORATORIO NAZIONALE DI RIFERIMENTO
Tabella 1
Laboratori europei e nazionali di riferimento per alimenti e mangimi (reg. CE 882/2004)*
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laboratorio alimentare
59
Anno XV - 5 - Giugno 2013
Eurl per la malattia di Newcastle
- Central veterinary laboratory, New Haw, Weybridge, Surrey, Regno Unito
•
Anno XV - 5 - Giugno 2013
Eurl per la peste suina africana
- Centro de investigación en sanidad animal - Valdeolmos, Madrid, Spagna
Eurl per la zootecnia
• Eurl per l'afta epizootica
- Afrc Institute for animal health, Pirbright laboratory, Ash Road, Pirbright, Woking, Surre, Regno Unito
•
Eurl per la malattia vescicolare dei suini
- Afrc Institute for animal health, pirbright laboratory, Ash Road, Pirbright, Woking, Surrey, Regno Unito
• Eurl per le malattie dei pesci
- Statens veterinaere serumlaboratorium landbrugsministeriet hangoevej,
Aarhus N, Danimarca
• Eurl per le malattie dei molluschi bivalvi
- Ifremer, La Tremblade, Francia
Eurl per il controllo dei vaccini antirabici
• Eurl per la febbre catarrale degli ovini
- Afrc Institute for animal health, Pirbright laboratory, Ash Road,
Pirbright, Woking, Surrey, Regno Unito
•
•
Lnr per le malattie dei molluschi bivalvi
- Centro di referenza nazionale per l’ittiopatologia - Izs delle Venezie2
Lnr per la febbre catarrale degli ovini
- Centro di referenza nazionale per le malattie esotiche (Cesme) - Izs dell’Abruzzo e Molise5
Lnr per la peste suina africana
- Centro di referenza nazionale per le malattie da pestivirus e asfivirus Izs dell’Umbria e Marche10
•
•
•
•
Lnr per l'afta epizootica
- Centro di referenza nazionale per l’afta epizootica e le malattie vescicolari - Izs della Lombardia ed Emilia Romagna11
Lnr per le malattie dei pesci
- Centro di referenza nazionale per l’ittiopatologia - Izs delle Venezie2
•
•
•
•
•
Lnr per la peste suina classica
- Centro di referenza nazionale per le malattie da pestivirus e asfivirus Izs dell’Umbria e Marche10
Lnr per la peste equina
- Centro di referenza nazionale per le malattie esotiche (Cesme) - Izs dell’Abruzzo e Molise5
Lnr per l'influenza aviaria
- Centro di referenza nazionale e laboratorio Ole per l’influenza aviaria e
la malattia di NewCastle - Izs delle Venezie2
Lnr per la malattia di Newcastle
- Centro di referenza nazionale e laboratorio Ole per l’influenza aviaria e
la malattia di NewCastle - Izs delle Venezie2
Lnr per la malattia vescicolare dei suini
- Centro di referenza nazionale per l’afta epizootica e le malattie vescicolari - Izs della Lombardia ed Emilia Romagna11
•
Denominazione e sede
Denominazione e sede
Eurl per la peste suina classica
- Institut für virologie der tierärztlichen hochschule Hannover, Hannover,
Germania
Eurl per la peste equina
- Laboratorio de Sanidad y producción animal - Ministerio de Agricultura,
Pesca y Alimentación, Madrid, Spagna
Eurl per l'influenza aviaria
- Veterinary laboratories agency (Vla), New Haw, Weybridge, Surrey,
Regno Unito
LABORATORIO NAZIONALE DI RIFERIMENTO
LABORATORIO DI RIFERIMENTO DELL’UE
•
•
60
Tabella 2
Laboratori europei e nazionali di riferimento per animali vivi (reg. CE 882/2004)*
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laboratorio alimentare
Eurl per la brucellosi
- Afssa - Laboratoire d’ètudes et de recherches en pathologie animale et
zoonose, Maisons-Alfort, Francia
Eurl per le malattie degli equini diverse dalla peste equina
- Afssa - Laboratoire d’ètudes et de recherches en pathologie animale et
zoonose, Maisons-Alfort, Francia
Eurl per le malattie dei crostacei
- Centre for Environment, fisheries & acquaculture science (Cefas),
Weymouth, Regno Unito
Eurl per la rabbia
- Anses - Laboratoire de la rage et de la faune sauvage de Nancy
Malzeville, France
Eurl per la tubercolosi bovina
- Visavet - Laboratoorio de vigilanza veterinaria, Facultad de Veterinaria,
Universidad Complutense de Madrid, Madrid, Spagna
*Fonte: Piano nazionale integrato 2011-2014 (www.salute.gov.it)
1
Viale Regina Elena 299, 00161 Roma (www.iss.it)
2
V.le dell'Università, 10, 35020 Legnaro (PD) (www.izsvenezie.it)
3
Via Amerigo Vespucci , 2, 47042 Cesenatico (FC) (www.centroricerchemarine.it)
4
Via Cupa di Posatora, 3, 60131 Ancona (www.izsum.it)
5
Via Campo Boario, 64100 Teramo (www.izs.it)
6
Via Bologna, 148, 10154 Torino (www.izsto.it)
7
Via Duca degli Abruzzi, 8, 07100 Sassari (www.izs-sardegna.it)
8
Via Gino Marinuzzi, 3, 90129 Palermo (www.izssicilia.it)
9
Via Appia nuova 1411, 00178 Roma (www.izslt.it)
10
Via Salvemini 1, 06126 Perugia (www.pg.izs.it)
11
Via Bianchi, 9, 25124 Brescia (www.izsler.it)
•
•
•
•
•
Denominazione e sede
LABORATORIO DI RIFERIMENTO DELL’UE
•
•
Lnr per le malattie dei crostacei
- Centro di referenza nazionale per l’ittiopatologia - Izs delle Venezie2
Lnr per la brucellosi
- Centro di referenza nazionale per la brucellosi - Izs dell’Abruzzo e Molise5
Denominazione e sede
LABORATORIO NAZIONALE DI RIFERIMENTO
Tabella 2
Laboratori europei e nazionali di riferimento per animali vivi (reg. CE 882/2004)*
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Anno XV - 5 - Giugno 2013
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laboratorio alimentare
non trasformati. Il sistema degli Izs è stato recentemente riordinato con il d.lgs 106/2012.
Da segnalare che i laboratori sopra citati sono
utilizzati anche dalle altre strutture deputate ai
controlli in materia di sicurezza alimentare come
Nas, Usmaf, Pif, Uvac.
In alcuni Regioni, sono state effettuate alcune particolari scelte organizzative per razionalizzare la rete
dei laboratori. Ad esempio, in Emilia-Romagna le
analisi chimiche su alimenti di origine non animale e
su materiali destinati a contatto con alimenti, che di
solito sono eseguite in altre Regioni dalle Arpa/Appa, sono effettuate dal sistema dei laboratori appartenente all’Izs, che è diventato sostanzialmente il riferimento principale regionale per tutte le analisi
sulla sicurezza alimentare. In Toscana, invece, è stato organizzato un Sistema regionale integrato dei
laboratori che coinvolge le strutture di Arpat, Lsp e
Izs Lazio e Toscana e che ha portato alla realizzazione di centri regionali di riferimento. Il Sistema integrato è coordinato da una cabina di regia regionale
e coadiuvato da un sistema regionale di trasporto
dei campioni.
62
In Toscana è stato ideato
un Sistema regionale
integrato dei laboratori,
coordinato da una cabina
di regia regionale
e coadiuvato da un
Sistema regionale
di trasporto dei campioni
Le linee guida per il funzionamento
e il miglioramento dell’attività
di controllo ufficiale
L’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano n. 46/CSR/2013 ha approvato le Linee guida per il funzionamento e il miglioramento dell’attività di controllo ufficiale da parte del Ministero della Salute, delle Regioni e Province autonome e delle Asl in materia di sicurezza degli alimenti e sanità pubblica veterinaria.
Le linee guida assolvono, tra l’altro, all’impegno assunto nel 2008 dal Ministero del Lavoro, della Sa-
lute e delle Politiche sociali nei confronti del Food
and veterinary office della Commissione europea,
che prevedeva la definizione di uno standard di
funzionamento delle autorità competenti e dei correlati sistemi di audit. Tale impegno era contenuto
nel Piano di azione nazionale emanato in risposta
alla raccomandazione n. 17247 del rapporto
DG(SANC0)/7594/2007. Gli standard di funzionamento sono funzionali a intraprendere un percorso
per l’adeguamento e l’armonizzazione dei criteri di
valutazione del livello di conformità agli obblighi
imposti dalla normativa comunitaria in materia di
controllo ufficiale e a indirizzare la verifica dell’applicazione di criteri organizzativi e operativi uniformi su tutto il territorio nazionale.
Le linee guida sono destinate ai tre livelli di autorità sanitarie competenti per la sicurezza alimentare
(nazionale, regionale, locale) per ottenere il miglioramento delle performances e delle attività di controllo ufficiale secondo i principi di “efficacia”,
“appropriatezza”,”coerenza” e “qualità” e rappresentano lo strumento per assicurare una coerente attuazione degli audit sulle autorità competenti previsti dall’articolo 4 del reg. CE 882/2004.
Le linee guida propongono “elementi di conformità” (best practices) ed “evidenze oggettive” (prove
documentali a supporto dei sistemi di verifica correlati), ovvero quegli elementi (anche se non gli unici
possibili) che contribuiscono al rafforzamento dei sistemi di gestione e della capacità di “governance”
delle autorità competenti. Inoltre, gli “elementi di
conformità” e le “evidenze oggettive” costituiscono degli elementi di supporto per la definizione di
conclusioni fondate (sound conclusions nel testo inglese della decisione 2006/677/CE).
Le linee guida si occupano al punto 5.4.1 e 5.4.2
della capacità di laboratorio e al punto 5.4.3 dei
laboratori nazionali di riferimento, identificando
gli standard per i tre livelli di autorità competenti, come illustrato nelle tabelle 3 e 4.
I laboratori per l’autocontrollo
(pubblici e privati) per le imprese
alimentari
I laboratori che eseguono le analisi per l’autocontrollo delle imprese alimentari non rappresentano formalmente la capacità di laboratorio delle autorità
competenti. Tuttavia, tali laboratori supportano le im-
Anno XV - 5 - Giugno 2013
Anno XV - 5 - Giugno 2013
Elementi di conformità
Evidenze oggettive
Prima fase
Seconda
fase
Prima fase
Seconda
fase
AUTORITÀ COMPETENTE REGIONALE
Criteri e modalità di interfaccia tra la Acr e i laboratori ufficiali.
Pianificazione delle attività di campionamento
con laboratori ufficiali (ad esempio, Arpa, Izs,
Laboratori di sanità pubblica delle Asl) comprendente: numero di campioni, della tipologia
di analisi, tempi e modalità di risposta, distribuzione temporale dei conferimenti.
Capacità dei laboratori di soddisfare quantitativamente e qualitativamente le esigenze del Cu.
AUTORITÀ COMPETENTE LOCALE
Accesso all’elenco dei laboratori ufficiali.
Documentazione correlata.
Coinvolgimento dei laboratori ufficiali nella
programmazione dei Piani di campionamento.
* Prima fase: entro 3 anni dal recepimento delle linee guida - Seconda Fase: entro 5 anni dal recepimento delle linee guida
Documenti di verifica (riesame) della doman- Documenti di verifica (riesame) della doman- Documenti di verifica (riesame) della domanda, dell’offerta e del contratto relativi alle atti- da, dell’offerta e del contratto relativi alle atti- da, dell’offerta e del contratto relativi alle attività di laboratorio da eseguire.
vità di laboratorio da eseguire.
vità di laboratorio da eseguire.
Coinvolgimento dei laboratori ufficiali nella Coinvolgimento dei laboratori ufficiali nella
programmazione dei Piani di campionamento. programmazione dei Piani di campionamento.
Elenco dei laboratori ufficiali regionali (se esistenti).
Elenco dei laboratori ufficiali.
Documenti normativi/Procedure documentate
Documenti normativi/Procedure documentate per la designazione e revoca dei laboratori ufper la designazione e revoca dei laboratori uf- ficiali di cui dispone l’Acr, ove applicabile.
ficiali.
Accesso all’elenco dei laboratori ufficiali.
Documenti di pianificazione e attività di riesa- Documenti di pianificazione e attività di riesa- Documenti di pianificazione e attività di riesame del contratto tra Autorità di controllo (Ac) me del contratto tra Ac e laboratori preposti al me del contratto tra Ac e laboratori preposti al
controllo ufficiale.
controllo ufficiale
e laboratori preposti al controllo ufficiale.
Capacità dei laboratori di soddisfare quantitatiCapacità dei laboratori di soddisfare quantita- vamente e qualitativamente le esigenze del Cu.
tivamente e qualitativamente le esigenze del
Pianificazione delle attività di campionamento
Controllo ufficiale (Cu).
con laboratori ufficiali (ad esempio, Arpa, Izs,
Pianificazione delle attività di campionamento Laboratori di sanità pubblica delle Asl) comcon laboratori ufficiali (ad esempio, Arpa, Izs, prendente: numero di campioni, della tipoloLaboratori di sanità pubblica delle Asl) com- gia di analisi, tempi e modalità di risposta, diprendente: numero di campioni, della tipolo- stribuzione temporale dei conferimenti.
gia di analisi, tempi e modalità di risposta, di- Criteri e modalità per la designazione e revostribuzione temporale dei conferimenti.
ca dei laboratori ufficiali ad eseguire le analisi
dei campioni prelevati durante i controlli uffiCriteri e modalità per la designazione e revo- ciali per i laboratori di cui dispone l’Autorità di
ca dei laboratori ufficiali ad eseguire le analisi controllo regionale (Acr), ove applicabile.
dei campioni prelevati durante i controlli uffiCriteri e modalità di interfaccia con i laboratociali.
ri ufficiali a cui l’Acr ha accesso.
AUTORITÀ COMPETENTE CENTRALE
Tabella 3
Standard di funzionamento per capacità di laboratorio*
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laboratorio alimentare
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laboratorio alimentare
Tabella 4
Standard di funzionamento per i laboratori nazionali di riferimento*
prese alimentari AUTORITÀ COMPETENTE
CENTRALE
AUTORITÀ COMPETENTE
REGIONALE
AUTORITÀ COMPETENTE
LOCALE
Prima fase
Modalità operative per la
designazione e la revoca dei
Lnr e per la pubblicazione
degli elenchi sul sito web del
Ministero della Salute.
Accesso agli elenchi
dei laboratori
Accesso agli elenchi
dei laboratori
Pubblicazione degli elenchi.
Seconda
fase
Elementi di conformità
Criteri per la designazione e
revoca dei Lnr.
Prima fase
Comunicazione di denominazione e indirizzo di ciascun Lnr alla Commissione,
al pertinente laboratorio
comunitario di riferimento
e agli altri Stati membri.
Seconda
fase
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Evidenze oggettive
Elenco dei Lnr.
*Prima fase: entro 3 anni dal recepimento delle linee guida - Seconda Fase: entro 5 anni dal recepimento delle linee guida
nel monitoraggio dell’efficacia delle procedure di autocontrollo sia nell’ambito del processo sia nel controllo del prodotto finale. Pertanto rappresentano
uno strumento fondamentale per le imprese alimentari per la gestione del sistema Haccp, che è alla base del sistema che le imprese stesse sono tenute per
legge a realizzare, per assicurare che le produzioni alimentari rispettino i requisiti igienici previsti dalla normativa europea, e al contempo sono in grado di fornire alle autorità competenti dati utili a supporto di
una più efficace attuazione del controllo ufficiale.
L’accordo tra il Ministro della Salute, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano n. 2028
del 2004 ha disciplinato per la prima volta in Italia i
requisiti minimi e i criteri per il riconoscimento dei laboratori di analisi non annessi alle industrie alimentari ai fini dell’autocontrollo. All’epoca era ancora vigente il decreto legislativo 155/1997, che era stato
modificato dalla legge 526/1999, con l’introduzione dell’art. 3 bis. Tale articolo prevedeva che l’industria alimentare poteva far effettuare i controlli analitici dei prodotti anche a laboratori esterni, iscritti in
elenchi predisposti dalle Regioni e Province autonome. I laboratori esterni dovevano essere conformi ai
criteri generali per il funzionamento dei laboratori di
prova stabiliti dalla norma europea EN45001 e alle
procedure operative standard previste dal d.lgs
120/1992. Era poi demandata adun decreto del ministro della Sanità l’individuazione dei requisiti minimi e i criteri generali per il riconoscimento dei laboratori per l’autocontrollo, di cui l’accordo
2028/CSR/2004 ne rappresentava l’attuazione.
Con l’abrogazione del d.lgs 155/1997, avvenuta
con il d.lgs 193/2007, sono sorti dubbi sulla validità
dell’accordo del 2004. Per tale motivo, nella legge
88/2009 (art. 40) sono state dettate disposizioni per
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laboratorio alimentare
Tabella 5
Elenco dei principali riferimenti normativi riguardanti la disciplina degli elenchi regionali dei laboratori
che effettuano le analisi nell’ambito dell’autocontrollo delle imprese alimentari
REGIONE/PROV.
AUTONOMA
RIFERIMENTI NORMATIVI PRINCIPALI
Abruzzo
Deliberazione del 6 aprile 2006, n. 335
Basilicata
Deliberazione del 5 marzo 2007, n. 303 (modificata con d.g.r. n. 1911/2007)
Bolzano
Delibera della Giunta provinciale del 25 ottobre 2010, n. 1763
Calabria
Deliberazione di Giunta Regionale del 27 aprile 2011, n. 153
Campania
Delibera del 29 ottobre 2011, n. 535
Emilia-Romagna
Delibera della Giunta regionale del 28 marzo 2011, n. 386
Determinazione del 22 novembre 2011, n. 15217
Friuli-Venezia Giulia
Delibera della Giunta regionale 24 settembre 2004, n. 2452
Lazio
Deliberazione della Giunta regionale 2 settembre 2011, n. 366.
Liguria
Delibera del 17 febbraio 2012, n. 169
Lombardia
D.g.r. del 5 dicembre 2012, n. 4474 (modifica D.g.r. 266/2010)
Marche
Delibera Giunta regionale del 18 luglio 2011, n. 1041
Decreto dirigente P.F. Veterinaria e Sicurezza alimentare del 27 febbraio 2012, n. 24
Molise
Delibera di Giunta regionale 298/2005
Piemonte
D.g.r. del 18 ottobre 2004, n. 26-13680
Puglia
D.g.r. del 15 febbraio 2005, n. 101
Determinazione del 6 luglio 2012, n. 230
Art. 6 del regolamento regionale 10 gennaio 2006, n. 1
Sardegna
Determinazione dell’8 settembre 2011, n. 870
Sicilia
D.d.g. del 14 giugno 2011, n. 1095/11
D.a. del 20 dicembre 2011, n. 2649/11
Toscana
Legge regionale del 9 marzo 2006, n. 9
D.p.g.r. del 25 ottobre 2006, 49/R
Trento
Decreto del Presidente della Provincia del 19 agosto 2011, n. 13-71/Leg
Umbria
D.g.r. n. 1871 del 20 dicembre 2010
D.d. 6175/2011
Valle d'Aosta
D.g.r. del 15 aprile 2011, n. 871
Veneto
Delibera del 21 giugno 2011, n. 871
l’accreditamento dei laboratori di autocontrollo del
settore alimentare, demandano a un apposito accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano l’individuazione delle modalità operative di iscrizione, aggiornamento e cancellazione in appositi elenchi dei laboratori, nonché
modalità uniformi per l’effettuazione delle verifiche
ispettive. Tale accordo è stato stipulato nel 2010 (n.
78/CSR) e riguarda i laboratori non annessi alle im-
prese alimentari che effettuano analisi nell’ambito
delle procedure di autocontrollo per le imprese alimentari e quelli annessi alle imprese alimentari che
effettuano analisi ai fini dell’autocontrollo per conto
di altre imprese alimentari facenti capo a soggetti
giuridici diversi. In seguito a tale accordo, tutte le
Regioni e le Province autonome hanno disciplinato i
propri elenchi regionali, come illustrato nella tabella
5, in alcuni casi già operativi per effetto del prece-
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laboratorio alimentare
dente Accordo del 2004. Al momento, sono in fase
di elaborazione linee guida nazionali per l’individuazione delle modalità di verifica dei laboratori da parte delle autorità competenti, in attuazione dell’art. 6
dell’accordo 78/CSR/2010.
sta che rispettano i tempi previsti dalla normativa vigente e dagli atti di programmazione e l’ottenimento dei crediti formativi da parte del personale che opera nei laboratori.
Conclusioni
Le linee guida nazionali
per individuare le modalità
di verifica dei laboratori
da parte delle autorità
competenti sono in fase
di elaborazione
La valutazione delle performances
dei laboratori: l’esempio della
Toscana
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A partire dal 2011, la Regione Toscana ha avviato
un percorso di sperimentazione relativo alla misura delle performances dei laboratori pubblici che
fanno parte del Sistema integrato dei laboratori.
L’approccio adottato per l’identificazione degli indicatori si è basato su i seguenti elementi:
•
•
•
•
•
rilevanza per il Servizio sanitario regionale;
chiara definizione dell’indicatore;
accuratezza;
semplicità della misurazione;
raccolta dei dati non onerosa.
Di seguito, si riporta l’elenco degli indicatori individuati:
• % di esami che rispettano i tempi previsti
dalla normativa vigente e dagli atti di programmazione;
• % di determinazioni analitiche accreditate;
• % di ring test con esito favorevole;
• % di campioni non accettati;
• ottenimento dei crediti formativi da parte del
personale che opera nei Laboratori del sistema integrato.
Dall’analisi dei dati relativi all’anno 2011 si è rilevato che le principali aree oggetto di miglioramento riguardano la percentuale di determinazioni analitiche accreditate e dei tempi di rispo-
La capacità di laboratorio è un elemento fondamentale per un’autorità competente per la sicurezza alimentare, sia per gli obblighi imposti dalla normativa
europea sia per i principi di efficienza ed efficacia
che devono caratterizzare il sistema adottato dall’autorità stessa per garantire un adeguato controllo ufficiale. Oltretutto, è palese l’influenza dell’adeguatezza della capacità di laboratorio in termini sanitari ed economici negli scambi commerciali interfrontalieri di alimenti. Assicurare un’adeguata capacità di laboratorio è un impegno non banale, considerando ad esempio gli obblighi del sistema di accreditamento, il bisogno di avere e mantenere sia
personale in possesso di elevate specializzazioni sia
strumentazione ad alta tecnologia. Tali condizioni,
inoltre, devono coniugarsi con le razionalizzazioni
imposte dalla congiuntura economica negativa di
questo periodo e dalle conseguenti norme riguardanti la spending review e il bisogno di garantire ai
sistemi laboratoristici l’opportuna dinamicità, particolarmente necessaria in un settore come quello
della sicurezza alimentare, nel quale esiste una rilevante componente emergenziale che deriva dalla
gestione dell’allerta. Un aiuto alla sostenibilità dei sistemi di laboratorio può arrivare, ad esempio, dall’adozione di adeguati sistemi informatici Lims (Laboratory information management system), in grado di gestire in modo integrato dati e processi del
laboratorio, riducendo fortemente i carichi di lavoro
riguardanti l’accettazione dei campioni, la refertazione, i debiti informativi (flussi dati), la gestione delle manutenzioni e degli approvvigionamenti ecc.
Adottare adeguati sistemi
informatici Lims può aiutare
la sostenibilità dei sistemi
di laboratorio
In questo contesto, diventa fondamentale organizzare la capacità di laboratorio secondo i principi
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laboratorio alimentare
dell’appropriatezza in sanità, partendo dal governo della domanda analitica. La governance della
domanda analitica, attuata principalmente attraverso l’elaborazione di piani di campionamento
sulla base dell’analisi del rischio da parte dei tre livelli di autorità competenti, permette di programmare e realizzare un’offerta analitica che coniuga
la sostenibilità economica con l’affidabilità del sistema di laboratorio in termini di efficienza, efficacia, qualità e dinamicità. D’altra parte, l’organizzazione dell’offerta analitica, seguendo sempre i
principi dell’appropriatezza in sanità, deve prendere in considerazione l’opportunità di riorganizzare
la rete laboratoristica, attuando scelte innovative e
coraggiose attraverso la formazione di centri regionali e interregionali di riferimento, in grado di
produrre al tempo stesso maggiore qualità e risparmi. La governance trova il suo supporto idea3
le nei sistemi di monitoraggio delle performances
di laboratorio che sappiano andare oltre la “sola”
gestione della qualità del dato analitico, attraverso
l’osservazione di indicatori riguardanti anche le
prestazioni amministrative, finanziarie, gestionali e
formative del laboratorio. Ne è un esempio il sistema attuato dal Laboratorio MeS di Pisa con alcuni
Istituti zooprofilattici sperimentali o il sistema di valutazione attuato per il Sistema integrato dei laboratori della Toscana, nell’ambito del “bersaglio”3
ideato sempre dal Laboratorio MeS.
Infine, un altro strumento di miglioramento è costituito dalla formalizzazione di un appropriato contratto di servizio tra il laboratorio e l’autorità competente locale in grado di sviluppare, anche per effetto del periodico riesame del contratto stesso, le attività di miglioramento continuo della qualità tra i
due soggetti.
Il “bersaglio” ideato dal Laboratorio Management & Sanità della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa è un set complesso di indicatori
costruiti attorno a un "bersaglio" che permette un'immediata percezione del livello di qualità dei diversi servizi, ma anche dello
stato di salute della popolazione (http://www.meslab.sssup.it/it/index.php?page=obiettivi-e-metodologie-della-valutazione).
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FINESTRA
SULL’EUROPA
Le novità in materia di igiene,
sicurezza e controlli alimentari
che giungono dal Parlamento Europeo,
dalla Commissione e dal Consiglio.
a cura di Dario Dongo
FARE (Food & Agriculture REquirements),
Bruxelles - Roma
Informazione al consumatore,
indicazione dell'origine
I
68
l 26 aprile scorso, il Gruppo consultivo degli
Stati membri presso la Commissione europea
sulla catena alimentare e la salute degli animali e
delle piante ha esaminato il rapporto sull'indicazione volontaria d'origine.
La Commissione ha evidenziato la necessità di
un approccio flessibile e settoriale nella stesura
degli atti di esecuzione. Non appare possibile definire, infatti, una regola generale a valere per
ogni categoria di prodotto. Si è inoltre discussa
l'opportunità di considerare eventuali specificità
nazionali.
Circa l’indicazione d’origine obbligatoria delle
carni utilizzate come ingrediente, lo studio è
in fase di conclusione. In merito all’indicazione d’origine delle carni, la relazione finale dello studio commissionato dalla Dg Agri è attesa per il 3 giugno 2013. Gli atti di esecuzione,
a prepararsi nel corso dei prossimi mesi, andranno presumibilmente al voto dello “Standing Committee” nella riunione di novembre,
indi sottoposti al vaglio di Parlamento europeo e Consiglio.
La Commissione dovrà decidere tra tre differenzi opzioni:
• indicazione obbligatoria UE/non UE;
• indicazione obbligatoria del Paese di allevamento e/o di macellazione;
• indicazione obbligatoria dei Paesi di nascita,
allevamento e macellazione (secondo lo
schema previsto per le carni bovine).
Controlli pubblici ufficiali
e sicurezza, il progetto
di riforma della CE
I
l 6 maggio scorso, la Commissione europea ha
pubblicato un pacchetto di proposte legislative
finalizzate a rafforzare l'applicazione delle norme in tema di salute e sicurezza nell'intero corso
della filiera alimentare, “from the seed to the
fork”, all'insegna della semplificazione e della riduzione degli oneri amministrativi per gli operatori del settore alimentare, con un occhio di riguardo per le micro e piccole imprese.
Le norme che attengono ai controlli ufficiali, sinora distribuite in 70 provvedimenti, saranno
raccolte in cinque atti legislativi. In sintesi:
• Controlli ufficiali. La Commissione ha riconosciuto l'esigenza di rendere più efficaci gli strumenti
a disposizione delle autorità competenti degli
Stati membri, per la puntuale verifica del rispetto delle regole comuni (mediante controlli, ispezioni e prove). Viene mantenuto il principio del
finanziamento dei controlli attraverso apposite
tasse, dalle quali sono tuttavia esentate le microimprese. Gli Stati membri dovranno integrare
i piani nazionali di sorveglianza con appositi controlli antifrode, stabilire altresì sanzioni pecuniarie dissuasive.
• Sanità animale. Un unico testo legislativo,
fondato sul principio "prevenire è meglio che
curare", é previsto per la tutela della salute
degli animali nell'UE. Con l'obiettivo di stabilire un sistema unitario di sorveglianza e controllo delle malattie, capace di far fronte ai ri-
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finestra sull’Europa
schi inerenti alla salute e alla sicurezza di alimenti e mangimi in modo coordinato. Un efficace sistema di identificazione e registrazione degli animali permetterà di abbreviare i
tempi di reazione ai primi focolai di malattie,
limitarne la diffusione e ridurre quindi i rischi
per la filiera e la salute dei consumatori.
Viene introdotta una classificazione e una graduatoria di priorità per le malattie che possono
richiedere un intervento centralizzato a livello
UE, per un uso più efficace delle risorse.
Si richiama il concetto di flessibilità per adeguare le misure in tema di sanità animale sia ai tipi e
alle dimensioni delle diverse strutture (ad esempio, piccole e medie imprese, strutture a scopo
ricreativo ecc.) sia alle diverse circostanze locali
(per ciò che attiene alle registrazioni e autorizzazioni, alla detenzione di animali e di prodotti).
Sono infine considerati i rischi nuovi e sconosciuti, nonché quelli legati a cambiamenti climatici significativi, prevedendosi appositi
strumenti di intervento.
• Salute delle piante. Per evitare la diffusione di
nuovi parassiti nell'Unione, tutelare i coltivatori e le risorse forestali, la Commissione propone di rafforzare i sistemi di tracciabilità del
materiale vegetale nel mercato interno, come
pure i controlli sulle importazioni da Paesi terzi di merci ad alto rischio.
Sono introdotte apposite procedure di sorveglianza ed eradicazione precoce dei focolai di
nuove specie di parassiti, prevedendosi compensazioni economiche per i coltivatori danneggiati da misure di quarantena.
• Materiale di riproduzione vegetale. Regole più
semplici e flessibili per la commercializzazione
delle sementi e altri materiali riproduttivi vegetali, con l'obiettivo di garantire la produttività,
l'adattabilità e la diversità della produzione vegetale e forestale europea e di agevolarne gli
scambi. Verrà chiarita l'esclusione degli scambi
di sementi tra coltivatori non professionali.
La nuova normativa mira ad ampliare le scelte
degli utilizzatori verso nuove varietà migliorate
e controllate, materiali che non rientrano nelle
definizioni di varietà, varietà tradizionali e materiale per mercati di nicchia. Le varietà tradizionali e il materiale eterogeneo saranno soggetti
a obblighi di registrazione ridotti, esonerati dagli obblighi di prova e da altre prescrizioni.
Il pacchetto passerà ora all'esame di Parlamento
europeo e Consiglio.
Relazioni di filiera, parere
del Comitato economico
e sociale (Cese)
Il Comitato economico e sociale europeo (relatore Igor Sarmir, Gr. I, SK) ha pubblicato il proprio
parere sulle relazioni commerciali tra la Grande
distribuzione organizzata (Gdo) e i fornitori di
prodotti alimentari.
Il parere riconosce l’ampiezza del fenomeno delle pratiche commerciali sleali della Gdo. Si manifesta preoccupazione sulle concentrazioni e gli
oligopoli dei grandi operatori della distribuzione.
Quanto alle possibili soluzioni, il Cese esprime
scetticismo verso ipotesi di autoregolamentazione, sicuramente meno efficaci di regole cogenti,
come quelle applicate in Italia e Ungheria.
Il Comitato raccomanda perciò una normativa
europea articolata in quattro punti:
• obbligo di forma scritta dei contratti, ove definirsi a pena di nullità la durata, le caratteristiche dei prodotti e i loro prezzi, le modalità
di consegna e pagamento;
• termini legali e inderogabili di pagamento,
30 giorni per le merci deperibili e 60 giorni
per le altre;
• divieto di pratiche commerciali sleali;
• controlli anche d'ufficio e sanzioni efficaci in
capo alla pubblica autorità.
PAC verso il 2020
Procedono i negoziati in sede di trilogo tra Parlamento europeo, Commissione e Consiglio. Al
Consiglio Agricoltura tenuto a Bruxelles il 13-14
maggio 2013, cui ha partecipato per l’Italia il
neoministro Nunzia De Girolamo, la presidenza
irlandese ha avviato un dibattito su alcune questioni rimaste sospese.
In particolare, le delegazioni sono state chiamate a esprimere posizione su “agricoltore attivo”e
pagamenti diretti a favore dei piccoli e dei giovani agricoltori.
La presidenza irlandese auspica il raggiungimento di un’intesa entro la fine del mese (n.d.r., giugno 2013).
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GIURISPRUDENZA
ALIMENTARE
Il commento giuridico
alle più recenti
e significative sentenze
in campo alimentare.
a cura di Vincenzo Pacileo
Magistrato, Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Torino
OGM,autorizzazione
pubblicaper coltivare
le sementi
Cassazione penale, sentenza n. 19251 del 21
maggio 2012 (riferimento normativo: art. 1,
d.lgs. 212/2001)
70
La semina di OGM richiede l’autorizzazione di
cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 212/2001 anche se detto OGM è già stato autorizzato a livello comunitario per l’immissione in commercio.
L’art. 1, comma 5, del d.lgs. 212/2001, che sanziona la messa a coltura di OGM senza autorizzazione, è conforme alla normativa comunitaria.
L
a puntuale e densa pronuncia della Cassazione affronta un aspetto specifico della disciplina degli OGM, in particolare le disposizioni del
decreto legislativo n. 212/2001.
Occorre ricordare che il secondo comma dell’art.
1 del decreto stabilisce: «La messa in coltura dei
prodotti sementieri di cui al presente comma è
soggetta ad autorizzazione con provvedimento
del ministro delle Politiche agricole, alimentari e
forestali, di concerto con il ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare e del ministro della Salute, emanato previo parere della
Commissione di cui al comma 3, nel quale sono
stabilite misure idonee a garantire che le colture
derivanti da prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate non entrino in contatto con
le colture derivanti da prodotti sementieri tradizionali e non arrechino danno biologico all'ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarità
agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche».
Il tratto saliente di questa disposizione è, dunque,
che occorre un’autorizzazione pubblica per poter
procedere alla coltivazione di sementi OGM, con la
conseguenza che l’inosservanza di tale obbligo integra il reato descritto al comma 5 del medesimo articolo: «Chi mette in coltura prodotti sementieri di
varietà geneticamente modificate senza l'autorizzazione di cui al comma 2 è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni o dell'ammenda fino
a € 51.700. La stessa sanzione si applica in caso di
revoca o sospensione dell'autorizzazione».
Nel caso vagliato dalla Cassazione, il Pubblico ministero aveva disposto il sequestro di due fondi agricoli e delle piante di mais messe a coltura, ravvisando il
reato di cui al citato art. 1 per avervi l’agricoltore proceduto in assenza della necessaria autorizzazione.
Il tribunale del riesame, investito del controllo di legalità sul sequestro da parte dell’indagato, respingeva il ricorso, osservando, con una serie di argomentazioni che saranno riprese più approfonditamente dalla Cassazione, che il previo ottenimento
dell’autorizzazione comunitaria all’immissione in
commercio per quel tipo di semente OGM non
escludeva la necessità di dotarsi della diversa e ulteriore autorizzazione di cui al d.lgs. 212/2001.
L’indagato, allora, ha proposto ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del tribunale, deducendo che
l’interpretazione fornita da tale organo giudiziario
non era aderente al sistema comunitario. Infatti, secondo il ricorrente, la direttiva 2001/18/CE sugli
OGM distingue tra emissione deliberata di OGM a
scopo diverso dall’immissione in commercio e immissione in commercio, attività entrambe sottoposte ad autorizzazione. Con la precisazione interpretativa che l’autorizzazione all’immissione in commercio, di cui quel tipo di OGM era dotato, deve ritenersi comprensiva anche della semina e della successiva coltivazione. Ragionando altrimenti, secondo il ricorrente, si dovrebbe riconoscere l’esistenza
di un vuoto normativo in quanto la direttiva non
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giurisprudenza alimentare
prevederebbe alcuna procedura autorizzativa per la
semina per motivi commerciali. Inoltre, sempre a
dire della difesa, quando pure si volesse aderire all’interpretazione del tribunale sulla portata applicativa del decreto legislativo 212/2001, esso sarebbe
inapplicabile in quanto non notificato come “regola tecnica” alla Commissione europea.
La Corte ha respinto tutte le argomentazioni della difesa.
Il punto fondamentale della questione è stabilire
se e perché l’inserimento nel catalogo comunitario di OGM per la sua messa in commercio non
esima l’operatore dal richiedere la (ulteriore) autorizzazione di cui al decreto legislativo n. 212
qualora intenda coltivare quella semente.
Per arrivare a tale conclusione, il primo passaggio
della motivazione investe la diversità di procedure
comunitarie di autorizzazione per l’emissione deliberata nell’ambiente di OGM non a fini commerciali e
per l’immissione in commercio di OGM. La prima è
disciplinata dall’art. 6 della direttiva 2001/18/CE e
prevede un’autorizzazione nazionale, la seconda è
disciplinata dai successivi articoli da 12 a 19 e riguarda un’autorizzazione a livello comunitario.
Il punto è che, nell’ambito di questo sistema, la
semina e la successiva coltivazione di una semente OGM non rientra nella nozione di “immissione
in commercio”, diversamente da quanto preteso
dalla difesa. Infatti, l’art. 2 della direttiva definisce
la “immissione in commercio” come la «messa a
disposizione di terzi, dietro compenso o gratuitamente». Appare evidente, chiosa la Corte, che “la
semina certamente non è un’operazione che possa essere ricompresa in tale definizione”.
D’altra parte, l’art. 26-bis della direttiva 2001/18/CE
ha rimesso agli Stati membri il potere di adottare
tutte le misure ritenute opportune per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti. Tale
nuovo articolo è stato introdotto nella direttiva dal
regolamento CE 1829/2003, che faceva seguito alla raccomandazione 2003/556/CE della Commissione europea. Quest’ultima, per quanto qui occorre
sottolineare, metteva in evidenza che la direttiva
2001/18/CE aveva preso in considerazione soltanto
gli aspetti relativi alla salute e all’ambiente dell’utilizzo di OGM, ma non aveva valutato le ricadute economiche derivanti dalla coesistenza di colture transgeniche, tradizionali e biologiche, coesistenza che
doveva essere salvaguardata per consentire al consumatore la più ampia scelta di prodotti. Quel vuo-
to normativo stigmatizzato dalla raccomandazione
veniva così colmato con il citato art. 26-bis. È vero
che la raccomandazione 2003/556/CE è stata abrogata, ma è stata sostituita dalla raccomandazione
2010/C200/01 del 13 luglio 2010, che ha ulteriormente ribadito la necessità di conservare agli Stati
membri la libertà di decidere se autorizzare o meno
la coltivazione di OGM sul loro territorio.
La Corte tira le somme di questo excursus concludendo che il d.lgs. 212/2001 è orientato anche ai
profili di carattere economico della coesistenza tra
colture diverse.
Si sottolinea, altresì, che esso è coerente con i successivi sviluppi normativi in materia. In particolare,
con la legge 5/2005 che, in attuazione della raccomandazione 2003/556/CE, ha disciplinato a livello
nazionale la coesistenza tra i vari tipi di colture. Né il
principio base di tale normativa è stato scardinato
dalla sentenza della Corte costituzionale n.
116/2006, che ha dichiarato l’illegittimità soltanto
di quelle disposizioni che non riconoscevano la
competenza regionale in materia.
Quanto alla conformità comunitaria del d.lgs.
212/2001, la Cassazione osserva che, in ossequio alle decisioni della Commissione europea e della giurisprudenza comunitaria, sarebbe contrastante con
la legislazione comunitaria l’imposizione di un divieto assoluto all’utilizzo di sementi OGM in assenza di
nuove evidenze scientifiche che lo giustificassero.
Diverso, però, è il caso del d.lgs. 212, poiché esso
demanda all’autorità competente una valutazione
volta a verificare caso per caso il rispetto del principio di coesistenza e ad evitare il rischio di contaminazione tra colture transgeniche e tradizionali.
L’ultimo motivo di ricorso contro la decisione del
tribunale riguardava la presunta natura di norma
tecnica del d.lgs. 212/2001, con la conseguenza
dell’obbligo di notifica alla Commissione ai sensi della direttiva 98/34/CE.
Anche su questo punto la Corte ha dato torto al ricorrente, richiamandosi alla nozione restrittiva di
norma tecnica di cui all’art. 1 della direttiva citata.
D’altra parte, si è aggiunto, l’art. 8 della direttiva deroga all’obbligo di immediata notifica nel
caso che la norma costituisca semplice recepimento di una norma internazionale ed europea.
E come si è visto, sostiene la Cassazione, il d.lgs.
212 è conforme alla disciplina comunitaria sulla
coesistenza tra colture diverse, in particolare all’art. 26-bis della direttiva 2001/18/CE.
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RASSEGNA
DELLA NORMATIVA
Segnalazione di normativa e provvedimenti
relativi al settore alimentare pubblicati
sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
e sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
a cura della Redazione
Periodo di riferimento:
29 aprile – 19 maggio 2013
Decisione di esecuzione 2013/205/UE,
della Commissione del 25 aprile 2013, che consente agli Stati membri di prorogare le autorizzazioni provvisorie rilasciate per le nuove sostanze attive acechinocil, aminopyralid, acido ascorbico,
flubendiamide, gamma-cialotrina, ipconazolo,
metaflumizone, orthosulfamuron, Pseudomonas sp. ceppo DSMZ 13134, pyridalil, pyroxsulam, spiromesifen, thiencarbazone e topramezone.
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(G.U.U.E. L117 del 27 aprile 2013)
Decreto 15 aprile 2013 – Ministero delle Politiche
agricole, alimentari e forestali
Modifica al decreto 14 gennaio 2013 recante le disposizioni per la rilevazione della produzione di latte di
bufala in attuazione dell’articolo 7 della legge 3
febbraio 2011, n. 4.
(G.U. n.99 del 29 aprile 2013)
Raccomandazione 93/13/COL
dell’autorità di vigilanza Efta del 21 febbraio 2013, relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella
commercializzazione di determinati prodotti alimentari.
(G.U.U.E. L 118 del 30 aprile 2013)
Decreto 25 aprile 2013 – Ministero della Salute
Integrazione al decreto 21 aprile 2011 relativo all’elenco di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva rame revocati ai sensi dell’articolo 2,
commi 2 e 3 del decreto 15 settembre 2009 di iscrizione della sostanza attiva stessa nell’allegato I del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194.
(G.U. n. 101 del 2 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 392/2013
della Commissione del 29 aprile 2013, che modifica il
regolamento CE 889/2008 per quanto riguarda il sistema di controllo per la produzione biologica.
Decreto 26 aprile 2013 – Ministero della Salute
Elenco dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva “composti del rame” revocati ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 4 del decreto 15 settembre 2009 di recepimento della direttiva 2009/37/CE
della Commissione del 23 aprile 2009.
(G.U.U.E. L 118 del 30 aprile 2013)
(G.U. n. 101 del 2 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 394/2013
della Commissione del 29 aprile 2013, che modifica,
per quanto riguarda la sostanza monepantel, l’allegato del regolamento UE 37/2010 concernente le sostanze farmacologicamente attive e la loro classificazione per quanto riguarda i limiti massimi di residui
negli alimenti di origine animale.
Regolamento di esecuzione UE 404/2013
della Commissione del 2 maggio 2013 riguardante le
deroghe alle norme di origine previste nell’allegato
II dell’accordo commerciale tra l’Unione europea e i
suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il
Perù, dall’altra, che si applicano nell’ambito dei contingenti per taluni prodotti provenienti dal Perù.
(G.U.U.E. L 118 del 30 aprile 2013)
(G.U.U.E. L 121 del 3 maggio 2013)
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rassegna della normativa
Regolamento di esecuzione UE 406/2013
della Commissione del 2 maggio 2013, che modifica,
per quanto riguarda la sostanza prednisolone, l’allegato del regolamento UE 37/2010, concernente le
sostanze farmacologicamente attive e la loro classificazione per quanto riguarda i limiti massimi di residui negli alimenti di origine animale.
(G.U.U.E. L 121 del 3 maggio 2013)
Deliberazione della Giunta regionale 18 marzo 2013,
n. 274
Approvazione delle linee guida per l’applicazione
del reg. CE 1069/2009 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale
e ai prodotti derivati non destinati al consumo
umano e abroga il Reg. CE n. 1774/2002 oggetto di
accordo sancito in data 7 febbrai 2013 in sede di Conferenza unificata.
(B.U.R.E.R. n. 121 dell’8 maggio 2013)
Decreto 19 aprile 2013 – Ministero delle Politiche
agricole, alimentari e forestali
Riconoscimento del Sannio Consorzio Tutela Vini
e conferimento dell’incarico a svolgere le funzioni di
tutela, promozione, valorizzazione, informazione del
consumatore e cura generale degli interessi relativi alla Docg Aglianico del Taburno e alle Doc Falanghina del Sannio e Sannio.
Regolamento di esecuzione UE 421/2013
della Commissione del 7 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni
geografiche protette (Porc du Sud-Ouest (Igp)].
(G.U. n. 104 del 6 maggio 2013)
(G.U.U.E. L 127 del 9 maggio 2013)
Decreto 22 aprile 2013 – Ministero delle Politiche
agricole, alimentari e forestali
Riconoscimento del Consorzio per la tutela dei
Vini del Montello e dei Colli Asolani e conferimento dell’incarico a svolgere le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore
e cura generale degli interessi relativi alla Docg “Colli Asolani – Prosecco” o “Asolo – Prosecco” e alla
Doc «Montello - Colli Asolani”.
Regolamento di esecuzione UE 422/2013
della Commissione del 7 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette (Fin Gras/Fin Gras du Mézenc (Dop)).
(G.U. n. 104 del 6 maggio 2013)
Regolamento UE 415/2013
della Commissione del 6 maggio 2013, che stabilisce
le responsabilità e i compiti supplementari dei laboratori di riferimento dell’UE per la rabbia, la tubercolosi bovina e la salute delle api, modifica il regolamento CE 737/2008 e abroga il regolamento UE
87/2011.
(G.U.U.E. L 125 del 7 maggio 2013)
Regolamento UE 416/2013
della Commissione del 6 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle specialità tradizionali garantite (Moules de bouchot
(Stg)).
(G.U.U.E. L 125 del 7 maggio 2013)
(G.U.U.E. L 127 del 9 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 423/2013
della Commissione del 7 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni
geografiche protette (Stornoway Black Pudding
(Igp)).
(G.U.U.E. L 127 del 9 maggio 2013)
Decreto dirigenziale n. 60
del 10 maggio 2013. Laboratorio Chelab s.r.l. con
sede legale in Resana (TV) e sede operativa in
Lusciano (CE) – d.g.r.c. n. 535 del 29 ottobre 2011:
iscrizione nel registro regionale dei laboratori di
analisi non annessi alle industrie alimentari che effettuano prove analitiche relative all’autocontrollo.
(G.U.R.Cam. n. 126 del 13 maggio 2013)
Determinazione responsabile Servizio veterinario e
Igiene alimenti 15 febbraio 2013, n. 1227
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rassegna della normativa
Commercializzazione dei funghi (l.r. 6/1996 e
s.m.i.). Chiarimenti e indicazioni operative inerenti
modalità organizzative, vigilanza, prevenzione e controllo, di cui alla d.g.r. n. 2033/2012.
(G.U.R.Cam. n. 126 del 13 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 455/2013
della Commissione, del 7 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni d’origine protette e delle indicazioni geografiche protette ((Xira Syka Taxiarchi) (Dop)).
(G.U.U.E. L 133 del 17 maggio 2013)
Regolamento UE 438/2013
della Commissione del 13 maggio 2013, che modifica
e rettifica l’allegato II del regolamento CE 1333/2008
del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto
riguarda l’uso di determinati additivi alimentari.
(G.U.U.E. L 129 del 14 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 456/2013
della Commissione, del 16 maggio 2013, recante misure
transitorie per quanto riguarda i contingenti di importazione di latte previsti dal regolamento CE 2535/2001
e i contingenti di importazione di carni bovine previsti dai regolamenti CE 412/2008 e CE 431/2008 a seguito dell’adesione della Croazia all’Unione europea.
(G.U.U.E. L 133 del 17 maggio 2013)
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Decreto del presidente del Consiglio dei ministri 18
aprile 2013
Proroga del termine di cui all’articolo 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 171 del 2008 relativo alla
separazione degli stabilimenti di produzione
della Dop Mozzarella di Bufala Campana da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari.
(G.U. n. 113 del 16 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 452/2013
della Commissione, del 7 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche
protette
(Eichsfelder
Feldgieker/Eichsfelder
Feldkieker (Igp)).
(G.U.U.E. L 133 del 17 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 453/2013
della Commissione, del 7 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle
denominazioni di origine protette e delle indicazioni
geografiche protette (Lakeland Herdwick (Dop)).
Regolamento di esecuzione UE 457/2013
della Commissione, del 16 maggio 2013, recante deroga ai regolamenti CE 412/2008 e CE 431/2008 per
quanto riguarda i contingenti di importazione di
carni bovine per il periodo dal 1° luglio 2013 al 30
giugno 2014.
(G.U.U.E. L 133 del 17 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 458/2013
della Commissione, del 16 maggio 2013, che rettifica
il regolamento CE 589/2008 recante modalità di
applicazione del regolamento CE 1234/2007 del
Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova.
(G.U.U.E. L 133 del 17 maggio 2013)
Decreto 6 maggio 2013 – Ministero delle Politiche
agricole, alimentari e forestali
Riconoscimento del Consorzio Botticino e attribuzione dell’incarico a svolgere le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi per la Doc
“Botticino”.
(G.U. n. 114 del 17 maggio 2013)
(G.U.U.E. L 133 del 17 maggio 2013)
Regolamento di esecuzione UE 454/2013
della Commissione, del 7 maggio 2013, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni
geografiche protette (Ail fumé d’Arleux (Igp)).
(G.U.U.E. L 133 del 17 maggio 2013)
Decreto 6 maggio 2013 – Ministero delle Politiche
agricole, alimentari e forestali
Riconoscimento del Consorzio Montenetto e
attribuzione dell’incarico a svolgere le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi per la Doc
“Capriano del Colle”.
(G.U. n. 114 del 17 maggio 2013)
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FOCUS
NORMATIVO
Analisi dei più recenti e significativi
provvedimenti legislativi,
relativi al settore agroalimentare, pubblicati
sulla Gazzetta Ufficiale nazionale e comunitaria.
a cura di Gaetano Forte
Avvocato, Studio Legale Avv. Gaetano Forte
Tracciabilità dei rifiuti,
modifiche al Sistri
Decreto 20 marzo 2013 – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare
Termini di riavvio progressivo del Sistri.
(G.U. n. 92 del 19 aprile 2013)
Come ormai noto, a causa degli evidenti limiti di
carattere pratico che tale sistema ha evidenziato,
gli ultimi provvedimenti in materia avevano prorogato l’entrata in vigore del sistema Sistri.
In particolare, l’art. 52, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 83 del 2012 aveva sospeso fino al 30
giugno 2013 il termine di operatività del Sistri
«allo scopo di procedere, ai sensi degli articoli
21-bis, 21-ter, 21-quater e 21-quinquies della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, alle ulteriori verifiche amministrative e funzionali», prevedendo che il ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e
del mare fissi con decreto «il nuovo termine per
l’entrata in operatività del sistema Sistri [...]».
Poiché con specifica relazione di “Verifica del funzionamento del Sistema per la tracciabilità dei rifiuti denominato Sistri” l’Agenzia per l’Italia digitale ha ritenuto “[...] auspicabile un sollecito riavvio del sistema
anche in considerazione del fatto che il perdurare
della inoperatività provoca un progressivo disallineamento delle informazioni contenute nel sistema rispetto alla realtà rappresentata che continua ad
evolvere, rendendo sempre più crescente lo sforzo
necessario per il ripristino dell’operatività”, sottolineando l’opportunità “[...] che il riavvio del sistema avvenga in modo graduale, in modo che una prima fase di esercizio, ristretta ad una porzione ridotta di
utenti, consenta di verificare il comportamento in
condizioni reali di utilizzo e sia l’occasione per consolidare le procedure di erogazione dei servizi e gli stru-
menti di diagnostica e monitoraggio, necessari per
tenere sotto controllo il sistema nella fase di piena
operatività”, con il provvedimento in esame il legislatore ha ritenuto di dover garantire il riavvio progressivo del Sistri articolandolo in due distinte fasi, con riferimento a distinte categorie dei soggetti obbligati.
Alla luce di ciò, è stabilito che:
• per i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi
con più di dieci dipendenti e per gli enti e le imprese che gestiscono rifiuti speciali pericolosi, individuati all’art. 3, comma 1, lettere c), d), e), f)
g), h), del decreto del ministro dell’Ambiente e
della Tutela del territorio e del mare 18 febbraio
2011, n. 52, e successive modifiche ed integrazioni, il termine iniziale di operatività del Sistri è
fissato al 1° ottobre 2013;
• per gli enti e le imprese suddetti le procedure di verifica e allineamento sono state avviate dal 30 aprile 2013 e devono essere concluse entro il 30 settembre 2013;
per gli altri enti o imprese obbligati all’iscrizione al Sistri il termine iniziale di operatività
è fissato al 3 marzo 2014.
È poi previsto che questi ultimi possano comunque
utilizzare il Sistri su base volontaria dal primo termine di operatività del 1° ottobre 2013. Per tali enti e
le imprese le procedure di verifica e allineamento
devono essere avviate dal 30 settembre 2013 e devono essere concluse entro il 28 febbraio 2014.
Gli enti e le imprese già iscritti al Sistri devono
procedere alla verifica dell’attualità dei dati e
delle informazioni trasmesse e all’eventuale aggiornamento e riallineamento degli stessi.
Gli enti di cui sopra, soggetti all’obbligo di iscrizione al Sistri e non ancora iscritti, devono adempiere a tale obbligo entro il termine iniziale di operatività del sistema rispettivamente previsto.
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focus normativo
È infine precisato che fino alla scadenza del termine
di trenta giorni dalla data di operatività del Sistri continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi
di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
Sfarinati e paste alimentari,
nuove norme su produzione
e commercializzazione
Decreto del Presidente Della Repubblica 5 marzo
2013, n. 41
Regolamento recante modifiche al decreto
del Presidente della Repubblica 9 febbraio
2001, n. 187, concernente la revisione della
normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari.
(G.U. n. 95 del 23 aprile 2013)
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Come noto, in Italia, alcuni comparti sono presidiati da norme più rigide rispetto a quelle vigenti negli altri Stati dell’Unione europea, al fine di
proteggere le caratteristiche qualitative delle
produzioni tradizionali nazionali. La pasta è senza alcun dubbio uno di tali comparti.
La normativa verticale di settore sulle paste alimentari trova la sua fonte normativa nella legge
4 luglio 1967 n. 580.
Nel 2001, con d.p.r. 187, il legislatore ha abrogato e sostituito una serie di disposizioni ormai
obsolete, mantenendo però in vigore parte della
legislazione originaria.
La recente novella si propone di semplificare e razionalizzare gli adempimenti necessari da parte dei
produttori nonché, fermo restando il necessario rispetto della normativa comunitaria in materia di sicurezza alimentare, consentire la produzione di ulteriori varietà di sfarinati e paste alimentari per
soddisfare la domanda di qualità e differenziazione alimentare espressa dai consumatori.
Entrando nel merito, si premette innanzitutto
che i primi cinque articoli del regolamento CE
187/2001 non sono stati toccati dalla novella.
Modifiche all’articolo 6 del d.p.r. 187/2001
in materia di pasta
Viene ammorbidito, in ossequio al principio comunitario del mutuo riconoscimento, il secco divieto di
fabbricazione di pasta secca preparata con sfarina-
ti di grano tenero di cui al comma 4, che viene così modificato: «4. Fatte salve le paste destinate alla
commercializzazione verso altri Paesi dell’Unione
europea o verso gli altri Paesi contraenti l’accordo
sullo spazio economico europeo, nonché destinate
all’esportazione, di cui all’articolo 12, comma 1,
per la fabbricazione della pasta secca è vietato l’utilizzo di sfarinati di grano tenero».
In linea con le interpretazioni espresse sul punto
dalla Corte Costituzionale, l’inciso mira a tutelare il
principio cardine della libera circolazione delle merci per cui non è consentito ad uno Stato membro
dell’UE applicare una normativa nazionale che limiti l’importazione di merci prodotte e messe in commercio secondo le leggi dello Stato di provenienza.
Al successivo comma 6 viene confermata la possibilità di reimpiego, nella produzione delle paste, delle paste speciali e della pasta all’uovo, di
prodotto o parti di esso provenienti dal processo
produttivo o di confezionamento, a condizione
che ciò avvenga nell’ambito dello stesso stabilimento di produzione.
Sostituzione dell’articolo 7 del d.p.r.
187/2001 in materia di paste speciali
L’articolo 7 del d.p.r. 187/2001 è sostituito dal
seguente:
• «1. È consentita la produzione di paste speciali. Per paste speciali si intendono le paste
di cui all’articolo 6 contenenti ingredienti alimentari, diversi dagli sfarinati di grano tenero, rispondenti alle norme igienico-sanitarie.
• 2. Le paste speciali devono essere poste in
vendita con la denominazione pasta di semola di grano duro o pasta di semolato di grano
duro o pasta di semola integrale di grano duro, completata dalla menzione dell’ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di
quello o di quelli caratterizzanti.
• 3. Qualora nella preparazione dell’impasto
siano utilizzate uova, la pasta speciale deve
rispondere ai requisiti previsti dall’articolo 8.
• 4. È altresì consentita la produzione di paste speciali mediante miscelazione di semola di grano
duro e/o semolato di grano duro e/o semola integrale di grano duro nel rispetto delle denominazioni di vendita previste dall’articolo 6, comma 3, e dal comma 2 del presente articolo».
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focus normativo
A tal proposito, si osserva come proprio la neo
introdotta possibilità di utilizzo di miscele di semola di grano duro e/o semolato di grano duro
e/o semola integrale di grano duro risponde alla
necessità di uniformare la normativa alle richieste formulate dai consumatori.
Dal punto di vista tecnico, il successivo comma
5 dispone che «nelle paste speciali secche, fresche o stabilizzate, i parametri analitici previsti
all’articolo 6, comma 3, sono applicati esclusivamente alla materia prima di base impiegata;
nella valutazione di tali parametri si deve tener
conto sia del contributo apportato dalla materia prima impiegata, sia dell’effetto esercitato
sul parametro analitico finale dall’ingrediente
aggiunto, ovvero dagli ingredienti aggiunti; a
tal fine, in fase di accertamento analitico, occorrerà verificare la ricetta all’origine, che dovrà essere resa disponibile dall’operatore alimentare su richiesta dell’organo di controllo».
I parametri richiamati sono quelli relativi all’umidità massima consentita nel prodotto finale, delle ceneri, delle proteine e dell’acidità
massima.
Modifiche all’articolo 8 del d.p.r. 187/2001
in materia di pasta all’uovo
Si premette che la definizione di pasta all’uovo rimane quella riportata nel d.p.r. 187/2001, ai sensi del
quale la pasta all’uovo deve essere prodotta esclusivamente con semola e almeno quattro uova intere
di gallina, prive di guscio, per un peso complessivo
non inferiore a duecento grammi di uovo per ogni
chilogrammo di semola.
Le uova possono essere sostituite da una corrispondente quantità di ovoprodotto liquido fabbricato esclusivamente con uova intere di gallina, rispondente ai requisiti prescritti dal decreto
legislativo 4 febbraio 1993, n. 65.
Il d.p.r. in commento ridimensiona il numero minimo di steroli nella pasta all’uovo e, di conseguenza, anche l’estratto etereo.
Il comma 3 dell’articolo 8 del d.p.r. 187/2001 è
sostituito dal seguente:
• «3. Per l’accertamento del requisito di cui al
comma 1, l’estratto etereo ed il contenuto
degli steroli non devono risultare inferiori, rispettivamente, a 2,50 grammi e 0,130 grammi, riferiti a cento parti di sostanza secca».
Sostituzione dell’articolo 11 del d.p.r.
187/2001 in materia di divieti
Scompare dal testo il divieto di vendere o detenere
per vendere pasta alterata, adulterata, sofisticata o
infestata da parassiti animali o vegetali, peraltro
pleonastico in quanto già chiaramente affermato in
via generale da altre disposizioni comunitarie e nazionali in materia di sicurezza ed igiene alimentare.
Sostituzione dell’articolo 12 del d.p.r.
187/2001 in materia di disposizioni transitorie e finali
L’articolo 12 del d.p.r. 187/2001 è sostituito dal
seguente:
• «Art. 12 – Nel rispetto di quanto disciplinato dal
regolamento CE 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, è consentita la produzione di sfarinati e paste alimentari aventi requisiti diversi da quelli prescritti dai
capi I e II del presente decreto, quando è diretta
alla successiva spedizione verso altri Paesi dell’Unione europea o verso gli altri Paesi contraenti l’accordo sullo spazio economico europeo
nonché destinata all’esportazione. Il produttore
ottempera agli obblighi di comunicazione verso
il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e
forestali secondo le modalità di trasmissione stabilite con apposito decreto del ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto
con i ministri dello Sviluppo economico, della Salute e dell’Economia e delle Finanze da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto del Presidente della Repubblica».
Si evidenzia, inoltre, un’importante norma per i
produttori italiani che esportano in altri Stati UE
o in Paesi terzi:
• «2. Le materie prime e le sostanze diverse da
quelle impiegabili nella produzione di sfarinati
e paste alimentari destinati al consumo nazionale che, invece, si intendono utilizzare per la
fabbricazione di sfarinati e paste alimentari di
cui al comma 1 ed i prodotti finiti aventi requisiti diversi da quelli prescritti, possono essere
detenuti negli stessi locali dove sono detenuti
i prodotti finiti, le materie prime e le sostanze
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focus normativo
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utilizzabili nella produzione di sfarinati e paste
alimentari destinati al consumo nazionale a
condizione che siano identificati nei magazzini
con appositi cartelli recanti la scritta a caratteri ben visibili: “Materie prime e/o prodotti finiti non destinati al mercato nazionale” o con
altre modalità tali da rendere sempre possibile
il diretto e immediato controllo da parte degli
organi di vigilanza.
• 3. Le singole materie prime di base con requisiti
diversi da quelli prescritti dalle norme del presente decreto nonché le sostanze delle quali non è
autorizzato l’impiego per la produzione degli
sfarinati e delle paste alimentari ai sensi del presente decreto, che, invece, si intendono utilizzare per la fabbricazione degli sfarinati e delle paste alimentari di cui al comma 1 del presente articolo ed i prodotti finiti vanno annotati in un apposito registro di carico e scarico le cui caratteristiche e modalità di tenuta sono stabilite con il
decreto ministeriale di cui al comma 1.
• 4. Salvo quanto previsto dall’articolo 48 della
legge 24 aprile 1998, n. 128, e dall’articolo 9 del
decreto Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502, è vietata l’importazione di sfarinati e paste alimentari aventi requisiti diversi da
quelli prescritti dalle norme del presente decreto
e dei provvedimenti dell’autorità’ amministrativa
previsti dal presente regolamento.
• 5. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nel decreto del ministro
delle Politiche agricole, alimentari e forestali
di cui al comma 1, per quanto concerne i registri di carico e scarico, sono applicabili le disposizioni di cui al decreto del ministro delle
Politiche agricole e forestali 26 aprile 2002, e
successive modificazioni, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 16 maggio 2002, n. 113,
recante disposizioni applicative dell’articolo
12, commi 2, 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187,
concernente la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari».
Uova, flessibilità
nei controlli
Regolamento di esecuzione UE 342/2013
della Commissione del 16 aprile 2013, che
modifica il regolamento CE 589/2008, recante modalità di applicazione del regolamento CE 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova.
(G.U.U.E. L 107 del 17 aprile 2013)
Dispone l’art. 24 del regolamento CE
589/2008, recante modalità di applicazione
del regolamento CE 1234/2007 (il cosiddetto
“Unico Ocm”) per quanto riguarda le norme di
commercializzazione applicabili alle uova che
«1. Gli Stati membri designano i servizi di ispezione incaricati di controllare il rispetto del presente regolamento.
• «2. I servizi di ispezione di cui al paragrafo 1
controllano i prodotti contemplati dal presente regolamento in tutte le fasi della commercializzazione. I controlli sono effettuati per
sondaggio e sulla base di un’analisi di rischio
che tenga conto del tipo e della capacità di
lavorazione dello stabilimento, nonché dei
precedenti dell’operatore per quanto riguarda il rispetto delle norme di commercializzazione applicabili alle uova».
Tuttavia, taluni requisiti previsti dal regolamento
si applicano in una fase specifica della catena di
commercializzazione (ad esempio, a seconda dei
casi, sito di produzione, centro di condizionamento o vendita al dettaglio) e devono essere
pertanto oggetto di un controllo in tale fase.
Per garantire un certo grado di flessibilità con riguardo ai controlli da effettuare nelle diverse fasi della catena di commercializzazione, il secondo paragrafo del citato articolo 24 del regolamento CE 589/2008 è sostituito dal seguente:
• «2. I servizi di ispezione di cui al paragrafo 1
controllano i prodotti contemplati dal presente regolamento nelle diverse fasi della commercializzazione, a seconda dei casi. I controlli sono effettuati per sondaggio e sulla base di un’analisi di rischio che tenga conto del
tipo e della capacità di lavorazione dello stabilimento, nonché dei precedenti dell’operatore per quanto riguarda il rispetto delle norme di commercializzazione applicabili alle
uova.»
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FILO DIRETTO
CON L’ESPERTO
Trovano spazio in questa rubrica
le numerose richieste di chiarimenti e di consigli
che giungono alla nostra rivista.
Le risposte sono date,
a seconda del contenuto dei quesiti,
da personalità del mondo dell’avvocatura,
della consulenza
o degli organismi preposti al controllo.
Invia il tuo quesito a: [email protected]
Se il prodotto è surgelato
deve essere indicato
in etichetta
L’Ispettorato centrale della tutela della qualità
e repressione frodi dei prodotti agroalimentari
(Icqrf) ha contestato a un mio cliente che sull’etichetta adesiva, apposta sulla confezione
cartonata rigida con disegno del prodotto finito (torte surgelate), sul cui retro sono specificate la temperatura e le modalità d'uso, fosse
riportato solo il nome di fantasia e l'elenco degli ingredienti e non la dicitura “prodotti dolciari surgelati”.
Quanto rilevato da Icqrf è fondato?
to, nello stesso campo visivo del termine minimo di conservazione e della quantità. L'utilizzo di immagini o simboli non può prescindere dalla citazione espressa delle informazioni prescritte;
• anche a prescindere dalla normativa di settore
che prevale sulle regole generali, tanto il d.lgs.
109/1992 (art. 4), quanto il reg. UE
1169/2011 (all. VI, parte A, punto 1) prescrivono che la denominazione dell'alimento comprenda o sia accompagnata dallo stato fisico
(ad esempio "surgelato"), nel caso in cui
l'omissione possa indurre in errore l'acquirente (rispetto, ad esempio, a un "congelato").
Risponde Dario Dongo
Avvocato, FARE
(Food & Agriculture REquirements)
Aziende agricole,
gli steps per produrre
succhi e confetture
È opinione dello scrivente, confortata dalla D.ssa
Franca Peron di Aiipa (associazione che rappresenta in Italia le industrie dei surgelati), che i rilievi di Icqrf siano ben fondati. Ricordiamo infatti che:
Un’azienda agricola che vende frutta, intesa come attività prevalente, può produrre succhi e
confetture, come attività marginale? Come deve
essere implementato il processo produttivo?
• l'art. 8 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 110
(recepimento della direttiva 89/108/CE sugli
alimenti surgelati) dispone che, ferme restando le disposizioni in materia di etichettatura
dei prodotti alimentari, i prodotti surgelati riportino, in prossimità della denominazione di
vendita, il termine "surgelato";
• lo stato di surgelazione deve essere perciò
comunicato, unitamente al nome del prodot-
Risponde Manuela Vinay
Responsabile Area Sicurezza alimentare
Gruppo Maurizi
Per poter iniziare la produzione di succhi e confetture, l’azienda deve possedere innanzitutto i
prerequisiti strutturali necessari a garantire la salubrità del prodotto in tutte le fasi di produzione, così come prescritto dal reg. CE 852/2004,
allegato 2, capitolo I (Requisiti generali applica-
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filo diretto con l’esperto
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bili alle strutture destinate agli alimenti) e capitolo II (Requisiti specifici applicabili ai locali all’interno dei quali i prodotti alimentari vengono
preparati, lavorati o trasformati).
Successivamente sarà necessario presentare alla
Asl di competenza comunicazione di modifica
attività per l’inserimento delle nuove tipologie di
lavorazione.
Il manuale Haccp aziendale e tutto il processo
produttivo dovranno quindi essere implementati
in base a quanto previsto dall’allegato II del reg.
CE 852/2004 e dalle norme verticali di settore.
Alimenti preconfezionati,
il codice del lotto
può essere sostituito
dalla data di scadenza
Un’azienda autorizzata al confezionamento di
caramelle può sostituire in etichetta il codice di
lotto con la data di scadenza del prodotto?
Risponde Dario Dongo
Avvocato, FARE
(Food & Agriculture REquirements)
La direttiva 2011/91/UE, che abroga e perciò sostituisce la previgente direttiva 1989/396/CEE
(recepita in Italia con d.lgs. 27 gennaio 1992, n.
109), conferma l’obbligo di inserire il codice di
lotto sulle etichette dei prodotti alimentari preconfezionati.
L’operatore mantiene libera responsabilità di
prescegliere un codice alfanumerico, che può
anche essere sostituito dal termine minimo di
conservazione o dalla data di scadenza ove essi
siano completati con la citazione del giorno.
Senza dimenticare il significato proprio dell’apposizione del lotto, che è quello di contrassegnare una partita di prodotti alimentari realizzati in
circostanze spazio-temporali pressoché identiche, ai fini dell’eventuale gestione di azioni correttive (ritiro, richiamo) laddove si riscontrino
successivi problemi di sicurezza del prodotto.
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filo diretto con l’esperto
Panifici e produzione
di pizze farcite
Una Asl campana, pur autorizzando i panifici
con le autorizzazioni 10.72.00 (produzione di
fette biscottate, biscotti, prodotti di pasticceria conservati) e 10.71.10 (produzione di prodotti di panetteria freschi), vieta ai panifici la
produzione di focaccia (con utilizzo di mozzarella) pur possedendo le attrezzature e rispettando i flussi descritti nel manuale Haccp e
garantendo la rintracciabilità dei prodotti.
È lecito?
Risponde Dario Dongo
Avvocato, FARE
(Food & Agriculture REquirements)
L’attività di panificazione è disciplinata dal d.l. 4
luglio 2006, n. 223 (come modificato dalla legge di conversione 248/2006), all’articolo 4.
La denominazione di “panificio” é riservata alle imprese che svolgano l’intero ciclo di produzione del pane (dalla lavorazione delle materie
prime alla cottura finale) e sono previste specifiche condizioni per l’avvio dell’attività, frattanto esentata dall’obbligo di autorizzazione
camerale.
Quasi tutti i panifici realizzano tra i vari prodotti
anche le pizze farcite (con prodotti trasformati di
origine animale), senza incontrare ostacoli da
parte delle Asl allorché ricorrano le seguenti condizioni:
• il panificio disponga di un locale o di un’area
correttamente attrezzata secondo le caratteristiche prescritte dal reg. CE 852/2004 (il cosiddetto “Igiene 1”) e da eventuali regolamenti comunali di igiene;
• l’analisi dei rischi e le procedure a garanzia
della sicurezza alimentare (buone prassi,
Haccp, rintracciabilità) siano coerenti alle
produzioni;
• le singole lavorazioni (per categorie di prodotti) siano comprese nella cosiddetta Scia.
Tuttavia, i moduli predisposti dalle Asl per presentare la Scia differiscono, da Regione a Regione, anche in guisa delle attività esercitate (panifici, focaccerie, pasticcerie ecc.).
In Regione Campania, tutte le attività svolte devono essere annotate (riferendo ai codici Ateco)
in un unico documento (d.dir. reg. 31/2008).
I codici Ateco, peraltro, sono uno strumento statistico (utilizzato in prevalenza dall’Istat), la cui
funzione è quella di classificare le “attività economiche” secondo il criterio dell’attività prevalente. Lo stesso criterio è adottato ai fini delle
classificazioni di cui al d.lgs. 194/2008. Non si
comprende perciò il significato, né il fondamento giuridico, del richiamo a uno strumento statistico nazionale per limitare attività economiche e
produttive che invece rispondano alla normativa
europea applicabile.
Il controllo delle
temperature nella mensa
di una clinica sanitaria
Nella mensa di una clinica sanitaria è obbligatorio il controllo delle celle/frigoriferi con registratori di temperatura in continuo o è sufficiente un
controllo manuale quotidiano con termometro
portatile e registrazione su apposita scheda?
Risponde Manuela Vinay
Responsabile Area Sicurezza alimentare
Gruppo Maurizi
Il controllo delle temperature delle dotazioni frigorifere mediante registratori di temperatura in
continuo non è obbligatorio per la tipologia di
attività descritta.
Salvo poche eccezioni, tra cui, ad esempio, il trasporto e la conservazione degli alimenti surgelati nei locali di immagazzinamento e nei punti
vendita (reg. CE 37/2005), non esistono obblighi
specifici in merito alle modalità di controllo delle
temperature.
In base a quanto disposto dal reg. CE 852/2004,
le imprese alimentari devono infatti disporre di
strutture per il magazzinaggio dei prodotti deperibili «progettate in modo che la temperatura
possa essere controllata e, ove opportuno, registrata».
Considerata inoltre la rilevanza sanitaria che ha il
mantenimento della catena del freddo, il solo
controllo manuale quotidiano con termometro
portatile non può considerarsi sufficiente se la
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dotazione frigorifera non presenta un display
della temperatura visibile all’esterno.
La presenza, infatti, di un dispositivo di lettura
esterno alla dotazione frigorifera permette un
monitoraggio visivo continuo che va ad integrare il monitoraggio effettuato dall’operatore ad
intervalli regolari e prestabiliti (generalmente 3
volte al giorno) in base alla valutazione del rischio e all’analisi dei pericoli.
Certificarsi ISO 22716
non è obbligatorio
Secondo il reg. CE 1223/2009, cogente dall’11
luglio prossimo, un’azienda che lavora nel
campo dei cosmetici naturali, utilizzando oli
essenziali di estrazione vegetale, deve certificarsi ISO 22716? Esiste un software per redigere un manuale relativo alle buone pratiche
di fabbricazione?
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Risponde Manuela Vinay
Responsabile Area Sicurezza alimentare
Gruppo Maurizi
Il nuovo reg. CE 1223/2009 richiede alle aziende
produttrici di cosmetici di adottare le cosiddette
“buone pratiche di fabbricazione”. Questo obbligo, in realtà, era già presente nella normativa
italiana (legge 713/1986) senza che però tali
pratiche venissero esplicitate; veniva cioè lasciata libertà alle aziende di adottare delle norme,
purché queste garantissero la fabbricazione di
un prodotto che non fosse dannoso per la salute. A partire dal prossimo 11 luglio, queste norme saranno invece esplicitate nella forma dei requisiti previsti dalla ISO 22716. Tuttavia, alle
aziende non viene richiesta la certificazione, che
rimane dunque volontaria, ma viene solo chiesto
di applicare quanto stabilito dalla norma. Il vantaggio di un’eventuale certificazione metterebbe
semmai le aziende al riparo da controlli approfonditi da parte delle autorità competenti, in
quanto già di per sé garanzia del rispetto delle
buone pratiche di fabbricazione.
Attualmente, non siamo a conoscenza dell’esistenza di un software che permetta di redigere
un manuale relativo alle buone pratiche di fabbricazione.
Ortofrutta, data
di scadenza e Tmc
sono obbligatori
solo per i preconfezionati
Per i prodotti ortofrutticoli freschi, non lavorati e confezionati, esiste l’obbligo di indicare la
data di scadenza o il termine minimo di conservazione?
Risponde Domenico Stirparo
Avvocato, Aiipa
Tutti i prodotti ortofrutticoli freschi, indipendentemente dal fatto che siano o meno avvolti da
involucro protettivo, sono disciplinati dalle norme di commercializzazione del regolamento CE
1234/2007 (Ocm unica) e dal relativo regolamento di attuazione, il reg. UE 543/2011. Tale
ultimo regolamento prevede, all’allegato II, parte 4, norme di commercializzazione specifiche
per lattughe, indivie, ricce e scarole, che sono tenute a riportare le seguenti indicazioni esterne:
identificazione (nome e indirizzo dell’imballatore
e/o dello speditore), natura, origine, categoria e
calibro del prodotto.
Il termine minimo di conservazione o la data
di scadenza sono invece indicazioni previste
per i soli prodotti preconfezionati, disciplinati
dalla direttiva CE 2000/13, come ad esempio
(sempre a proposito degli ortofrutticoli freschi) nel caso dei prodotti di IV gamma che,
essendo già lavati e pronti per il consumo, sono esenti dall’applicazione delle norme di cui
ai regolamenti sopra citati (ai sensi dell’art. 4,
par. 1, lett. d), del reg. UE 543/2011) e sono
soggetti esclusivamente alle disposizioni previste dalla normativa generale in materia di etichettatura dei prodotti alimentari (direttiva CE
2000/13, recepita in Italia con d.lgs.
109/1992).
Controllo delle temperature
e utilizzo di data-loggers
Il regolamento CE 37/2005 sul controllo delle
temperature nei mezzi di trasporto e nei locali di
immagazzinamento e di conservazione degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione uma-
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na prescrive l’utilizzo di data-loggers per i congelatori e per i mezzi di trasporto dei congelati,
ma esclude i congelatori utilizzati per la vendita
al dettaglio. È obbligatorio installare data-loggers nei congelatori e nelle celle frigorifere dei
supermercati, dei ristoranti e delle mense?
Risponde Stefano Saccares
Responsabile Centro studi Sicurezza alimentare
Izs Lazio e Toscana
Nell’ambito dell’ampia normativa sulla sicurezza
alimentare, solo il regolamento CE 37/2005 fa riferimento al controllo della temperatura con
strumenti di registrazione che misurino, con frequenza e a intervalli regolari, la temperatura dell’aria in cui si trovano i prodotti surgelati, specificandone l’uso esclusivo per i mezzi di trasporto
e per i locali di immagazzinamento e di conservazione degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana.
In tutti gli altri casi menzionati nel quesito, è obbligo dell’Operatore del settore alimentare (Osa)
e, quindi, del responsabile dell’autocontrollo attivare sistemi per la rilevazione e la registrazione
della temperatura che saranno conformi e adeguati all’analisi del rischio effettuata dal responsabile dell’autocontrollo, in relazione anche alle dimensioni della produzione. Naturalmente, viene
data facoltà all’Osa di scegliere, tra strumenti manuali e/o meccanici, quelli che più si addicono alle proprie esigenze, sempre nel rispetto dell’obbligo generale di controllare e registrare le temperature di esercizio delle proprie apparecchiature.
I contenuti
della dichiarazione
di conformità
del fornitore di Moca
Un’azienda casearia quale dichiarazione deve richiedere al proprio fornitore di imballaggi primari (vaschette, film, carta vegetale, fuscelle, nastrini, etichette) per essere a norma con la legislazione cogente?
È vero che occorrono anche le schede di sicurezza?
Risponde Domenico Stirparo
Avvocato, Aiipa
Gli artt. 4 e 5 del d.lgs. 108/1992 prevedono che
il fornitore di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti debba sempre accompagnare i prodotti forniti con una dichiarazione di conformità alle vigenti normative in tema di materiali a contatto, in modo tale da consentire la tracciabilità dei prodotti forniti lungo
tutta la filiera.
Il d.p.r. 777/1982 (modificato dal d.lgs.
108/1992) e il d.m. del Ministero della Sanità 21
marzo 1973 dettano indicazioni generali da riscontrarsi sulla dichiarazione di conformità del
fornitore di materiali a contatto, che deve contenere:
• un’esplicita dichiarazione di conformità alla
normativa di riferimento generale e alla normativa specifica;
• indicazioni sull’identità del produttore;
• indicazioni sull’identità dell’importatore;
• indicazioni sul tipo di materiale utilizzato ed
eventuali limitazioni d’uso;
• data e firma del responsabile.
La dichiarazione di conformità deve essere corredata da documentazione idonea a supportare e
dimostrare quanto in esso presente (ad esempio,
risultati delle prove, calcoli ecc.) e i prodotti devono recare le informazioni previste dagli artt.
15 e 16 del reg. CE 1935/2004.
Nulla è specificamente previsto, in tal senso, per
le cosiddette “schede di sicurezza”.
Indicazioni più specifiche sul contenuto della
dichiarazione di conformità, a seconda del tipo di materiale a contatto fornito, sono reperibili nella nota del Ministero della Salute
dell’11 ottobre 2011 (DGSAN.VI/32249-P11/10/2011 I.4.c.c.8.10/2), consultabile sul sito web del Ministero.
Antiagglomerante E536,
in etichetta non deve
essere indicato
L’antiagglomerante E536 si può utilizzare? Nel
caso in cui sia additivato al sale che utilizzo per il
comparto caseario lo devo dichiarare in etichetta? In quanto leggermente tossico in soluzione
acquosa ed in ambiente acido ed utilizzando per
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filo diretto con l’esperto
la produzione casearia acido citrico, potrebbe risultare pericoloso?
Risponde Domenico Stirparo
Avvocato, Aiipa
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L’additivo E536 appartiene alla famiglia dei ferrocianidi e, in base alla regolamentazione sugli
additivi (reg. CE 1333/2008), può essere impiegato laddove esplicitamente previsto ai sensi dell’allegato II del predetto regolamento. Nel caso
di specie, tale additivo può essere impiegato nel
sale alimentare nella misura massima di 20
mg/kg (all. II, parte 5, cat. 12.1.1 del regolamento citato) come antiagglomerante, cioè con la
specifica finalità di ridurre la tendenza delle particelle di sale di aderire l’una all’altra formando
ammassi grumosi.
L’indicazione in etichetta di tale additivo non
è prevista, in quanto la funzione antiagglomerante viene svolta nel sale e non nel prodotto lattiero-caseario. In tal senso, è chiaro
quanto previsto dall’art. 7, comma 1, lett. b),
del d.lgs. 109/1992, secondo cui non sono
considerati ingredienti «gli additivi la cui presenza nel prodotto alimentare è dovuta unicamente al fatto che erano contenuti in uno
o più ingredienti di detto prodotto, purché
essi non svolgano più alcuna funzione nel
prodotto finito”. Quanto alle asserite interazioni con l’acido citrico, occorre considerare
che l’impiego di tale additivo nel sale è stato
valutato, sotto il profilo del rischio per la sicurezza, da Efsa prima che venisse autorizzato
ai sensi della nuova regolamentazione europea sugli additivi. Ad ogni modo, il produttore, qualora fosse a conoscenza di possibili rischi legati all’impiego di talune sostanze additive nei prodotti alimentari, sarebbe comunque tenuto a informarne la Commissione UE
ai sensi del regolamento sopra richiamato
(art. 26).
Trasporto di alimenti
non deperibili, i requisiti
igienico-sanitari
Quali sono i requisiti igienico-sanitari richiesti per
gli automezzi da adibire al trasporto di alimenti
non deperibili e bevande per il rifornimento di
distributori automatici? È possibile richiedere
una Dia per una “normale autovettura senza coibentazione”?
Risponde Manuela Vinay
Responsabile Area Sicurezza alimentare
Gruppo Maurizi
Come qualsiasi altro mezzo utilizzato per il
trasporto di prodotti alimentari, gli automezzi adibiti al trasporto di alimenti per il rifornimento dei distributori automatici devono rispettare i requisiti igienico-sanitari previsti
dall’all. II, cap. IV, del reg. CE 852/2004.
In particolare, i vani di carico dei veicoli e/o i
contenitori utilizzati «devono essere mantenuti puliti nonché sottoposti a regolare manutenzione al fine di proteggere i prodotti alimentari da fonti di contaminazione e devono
essere, se necessario, progettati e costruiti in
modo tale da consentire un’adeguata pulizia
e disinfezione».
Quanto all’utilizzo di una “normale autovettura senza coibentazione” si fa presente che
sebbene l’automezzo nel caso specifico non
necessiti di dispositivi atti al mantenimento di
una temperatura refrigerata, i materiali utilizzati per la coibentazione del vano di carico
garantiscono condizioni microclimatiche tali
da preservare la conservazione dei prodotti
trasportati limitandone l’esposizione a temperature elevate e/o fonti di calore; tali condizioni sono di fatto controindicate nelle etichette di molti prodotti non deperibili comprese le bevande.
Per quanto detto, la coibentazione è auspicabile.
In ogni caso, l’Osa deve indicare le modalità
attraverso le quali durante il trasporto, con
qualsivoglia automezzo, garantisce il rispetto
dei requisiti di conservazione indicati per tali
prodotti e dei requisiti imposti dal suddetto
regolamento in termini igienico-strutturali
(requisiti di sanificabilità del vano di carico
e/o dei contenitori utilizzati) e in termini procedurali (protezione dei prodotti da ogni forma di contaminazione).
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filo diretto con l’esperto
Cumulabilità
delle sanzioni
Il lavabo deve essere
collocato nell’antibagno
Le sanzioni previste dall’art. 6 del d.lgs.
193/2007 sono cumulabili?
Ad esempio, un’impresa che non abbia notificato l’attività alimentare ai sensi dell’art. 6 del reg.
CE 852/2004 deve essere sanzionata solo per tale omissione oppure può anche essere assoggettata ad altre sanzioni come la mancata implementazione del Piano di autocontrollo igienico o
la mancata implementazione delle procedure di
rintracciabilità?
Risponde Manuela Vinay
Responsabile Area Sicurezza alimentare
Gruppo Maurizi
Risponde Domenico Stirparo
Avvocato, Aiipa
In linea generale, valgono per le sanzioni amministrative di cui al d.lgs. 193/2007 i medesimi criteri valevoli per le norme penali e per
tutte le disposizioni oggetto di provvedimenti
legislativi di de-penalizzazione. Di conseguenza, per valutare se tra più fattispecie di illecito
vi sia un rapporto di cumulabilità o di assorbimento occorrerà prendere in considerazione il
bene giuridico tutelato da ciascun precetto e,
in considerazione di tale bene giuridico, valutare se la condotta posta in essere da colui al
quale viene imputata la violazione sia stata suscettibile di offendere uno o più beni giuridici.
A tal fine, occorre rammentare che la disciplina generale in materia di illeciti amministrativi
de-penalizzati prevede l’applicabilità del criterio del cumulo giuridico delle sanzioni, nel
senso che colui il quale, con un’azione o
un’omissione, viola diversi precetti o commette più violazioni dello stesso precetto sarà destinatario della sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo.
In via di principio, tenuto conto della diversità
di beni giuridici tutelati dalle diverse fattispecie previste dall’art. 6 del d.lgs. 193/2007 e
anche in considerazione dell’ipotesi che ciascuna delle condotte menzionate nel quesito
possa essere valutata sotto il profilo dell’integrazione degli estremi del reato penale (oltre
che dell’illecito amministrativo), nulla esclude,
a parere di chi scrive, che le sanzioni di cui all’art. 6 della norma sopra citata possano essere oggetto di cumulo.
Un’attività di vendita-rivendita di pane ricade
nel campo di applicazione del reg. CE
852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari. Il
citato regolamento, nel suo allegato II, cap. I,
ci informa che i gabinetti non devono dare direttamente sui locali di manipolazione alimenti. In poche parole, ci sta chiedendo la
presenza di un antibagno.
Scopo del regolamento è definire linee guida
affinché l’Osa possa garantire i requisiti di
igiene previsti e fissati dal regolamento stesso
per un elevato livello di tutela dei consumatori in materia di sicurezza alimentare.
Per capire e interpretare il reg. CE 852/2004,
bisogna sempre ricordarsi quale sia il suo scopo, perché molto spesso non entra nello specifico, lasciando ampio margine di valutazione.
Considerando che il locale ove sono presenti
i gabinetti è un’area “sporca”, è consuetudine interpretare il regolamento con la necessità di avere un lavamani al di fuori del locale
ove sono presenti i gabinetti, in modo che gli
operatori possano lavarsi le mani ed uscire
senza toccare nient’altro.
Anche in questo caso, il provvedimento non
specifica la posizione dei lavamani, ma riporta solo che devono essere «in numero sufficiente ed adeguatamente collocati nonché
segnalati». È chiaro quindi che là dove il limite giuridico è espresso con un giudizio soggettivo «adeguatamente collocati» non si
può che rispondere con un parere altrettanto
soggettivo, ma dettato dall’esperienza. Per
essere igienicamente più sicuri è bene che il
bagno abbia un antibagno con il suo lavamani dotato di sapone liquido (battericida) erogato con dispenser, acqua calda e fredda,
un’apertura non manuale, disponibilità di
asciugatura igienica (carta monouso) e, infine, una porta che si apre a spinta verso
l’esterno in modo da poter uscire dall’antibagno senza toccare la maniglia.
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filo diretto con l’esperto
Su una confezione di pasta di semola di grano
duro, la cui semola è prodotta in Italia a partire
da grano di provenienza estera, è presente la dicitura “prodotto italiano”. È corretto? Per stabilire l’origine della semola bisogna considerare dove è stato coltivato il grano o dove è avvenuta la
trasformazione del grano in semola?
Risponde Dario Dongo
Avvocato, FARE
(Food & Agriculture REquirements)
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La dicitura “prodotto italiano” vale a esprimere
che l’ultima trasformazione sostanziale del prodotto ha avuto luogo in Italia. Poiché questo è il
criterio che determina l’origine del prodotto, secondo quanto previsto nel Codice doganale comune (reg. CE 450/2008, art. 36), richiamato
anche nel reg. UE 1169/2011.
La pasta, quindi, é a pieno titolo “Made in Italy”
laddove prodotta in Italia, se pur con una semola ottenuta da una miscela di grani italiani e comunitari/extracomunitari.
Il reg. UE 1169/2011 ha peraltro introdotto due
novità di rilievo:
• le etichette da utilizzarsi a decorrere dal 14
dicembre 2014 dovranno precisare la diversa
provenienza dell’ingrediente primario (ad
esempio, “prodotto con semola di grano di
diversa origine”), oppure specificare la stessa
(ad esempio, “prodotto in Italia con semola
ottenuta da grano canadese”);
• la Commissione europea dovrà valutare
l’impatto della eventuale estensione dell’obbligo di previsione d’origine in etichetta a una serie di prodotti, tra cui i mono-ingrediente e quelli che abbiano un ingrediente primario (> 50%). Ove del caso,
presentare una proposta regolativa in tal
senso.
Anche i prodotti
preconfezionati
in omaggio devono
essere etichettati
La mia azienda deve confezionare in sacchetti di
plastica dei peperoncini piccanti da “aggiungere” come omaggio a bottiglie di olio di oliva regolarmente commercializzate.
© Fotolia.com
La pasta prodotta
in Italia è “Made in Italy”
anche se la semola
è importata
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filo diretto con l’esperto
Tali confezioni devono essere etichettate? Se sì,
quali sono le informazioni obbligatorie da riportare in etichetta?
Risponde Domenico Stirparo
Avvocato, Aiipa
Da come è formulato il quesito, si può desumere
che il venditore della bottiglia di olio intenda aggiungere al proprio prodotto sacchetti di peperoncini già pronti al consumo e preconfezionati secondo la definizione di cui all’art. 1, comma 2, lettera
b), del d.lgs. 109/1992, cioè avvolti «interamente o
in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato
senza che la confezione sia aperta o alterata».
Premesso quanto sopra, si evidenzia che tutti i
prodotti alimentari preconfezionati devono essere etichettati a norma del suddetto decreto, a
prescindere dal fatto che siano ceduti a titolo
gratuito o dietro pagamento di un corrispettivo.
Le informazioni da apporre sull’etichetta dei peperoncini sono pertanto quelle di cui all’art. 3
del d.lgs. citato. In particolare: la denominazione, la lista ingredienti, il peso, il numero di lotto
o altre indicazioni di cui all’art. 13, il termine minimo di conservazione o la data di scadenza, il
responsabile del prodotto, lo stabilimento di produzione o confezionamento.
A tal proposito, si rammenta che ai sensi dell’art.
14, comma 1, la denominazione, il peso e il termine minimo di conservazione/data di scadenza
devono figurare nello stesso campo visivo della
confezione. Si suggerisce, comunque, di apporre una specifica indicazione, utile a chiarire che il
sacchetto di peperoncini viene ceduto a titolo
gratuito unitamente alla bottiglia di olio e non è
pertanto commerciabile singolarmente.
Vendita di vaschette di carne
con sacchetti di aromi, cosa
indicare in etichetta
Uno stabilimento di macellazione e sezionamento ovi-caprino vorrebbe fornire a uno dei suoi
clienti della grande distribuzione organizzata vaschette di tagli freschi, a cui è aggiunto un sacchetto confezionato contenente “miscela di aromi naturali”.
Sull’etichetta da apporre sulla vaschetta devono
essere riportate le specifiche degli aromi?
Risponde Stefano Saccares
Responsabile Centro studi Sicurezza alimentare
Izs Lazio e Toscana
Nel caso specifico, il contenuto del sacchetto
non rientra tra gli ingredienti, in quanto l’aggiunta degli aromi al prodotto è una possibilità
lasciata al gusto del consumatore, il quale, in fase di preparazione, è libero di scegliere se utilizzare o meno il contenuto del sacchetto.
Pertanto, salvaguardati i principi generali che regolamentano le diciture da riportare in etichetta e,
soprattutto, quanto viene riportato nel recente regolamento UE 1169/2011 relativo alla fornitura di
informazioni sugli alimenti ai consumatori, si ritiene, nel caso specifico, che sia sufficiente riportare
in etichetta la presenza del sacchetto contenente
“miscela di aromi naturali”, in quanto le specifiche
del prodotto sono riportate sul sacchetto.
Porzionamento
e confezionamento
di formaggi Dop e Igp
È possibile porzionare e confezionare il Parmigiano
Reggiano e il Grana?
Rispondono Dario Dongo e Paolo Usuelli
Avvocati
In linea teorica, soggetti terzi possono porzionare e confezionare i formaggi Dop e Igp, salvo
tuttavia verificare in concreto quanto segue.
Il regolamento UE 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (abrogativo
del reg. CE 510/2006) dispone che le denominazioni d’origine protetta e le indicazioni geografiche protette rispettino gli appositi disciplinari, i
quali devono comprendere una serie di elementi, tra cui le «informazioni relative al confezionamento, quando il gruppo richiedente stabilisce
in tal senso e fornisce sufficienti motivazioni specifiche per prodotto per cui il confezionamento
deve aver luogo nella zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità, garantire l’origine o assicurare il controllo, tenendo conto del di-
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© Fotolia.com
filo diretto con l’esperto
88
ritto dell’Unione, in particolare della libera circolazione dei prodotti e della libera prestazione di
servizi» (articolo 7, comma 1, lett. a).
Il “gruppo richiedente” in Italia corrisponde ai
Consorzi di tutela, i quali sono titolati ad avanzare proposte di disciplina regolamentare, nonché a svolgere attività di vigilanza, tutela e salvaguardia delle Dop/Igp. Tali attività possono esplicarsi a ogni livello e nei confronti di chiunque, in
ogni fase della produzione, della trasformazione
e del commercio (legge 526/1999 e sue disposizioni applicative, tra cui il decreto di riconoscimento del Consorzio di tutela e attribuzione delle funzioni di cui all’art. 14, c. XV, ivi previsto). In
particolare, il Consorzio ha il potere di definire
con i soggetti interessati al porzionamento e al
confezionamento le modalità di attuazione delle
operazioni.
La risposta al quesito va perciò ricercata caso per
caso, guardando ai disciplinari dei singoli prodotti tutelati, ove è spesso previsto, quale condizione, il rilascio di apposita autorizzazione consortile.
La stipula della convenzione con il Consorzio
non è invece richiesta allorquando il formaggio
venga porzionato direttamente nel punto vendita, allorché l’operazione avvenga in presenza del
consumatore (il quale si trova perciò nella condizione di verificare la presenza del marchio d’origine sul prodotto).
Un ulteriore vincolo da verificare ai fini del condizionamento di un prodotto Dop/Igp può essere
costituito dalle previsioni del disciplinare sulla zona geografica. Parecchi Consorzi (ad esempio,
Parmigiano-Reggiano, Fontina ecc.), adducendo
la necessità di salvaguardare la reputazione e il
prestigio del prodotto, nonché la difficoltà e i costi elevati dei controlli su porzionatura e confezionamento al di fuori dell’area di produzione tipica,
hanno inserito in disciplinare l’obbligo di eseguire
tali operazioni nella sola area di produzione definita. Una misura quasi eccezionale, che può essere autorizzata dalla Commissione a fronte di apposita istanza del “soggetto richiedente”, adeguatamente motivata. Come è appunto avvenuto
in alcuni dei casi accennati.
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Biofinder rileva il biofilm in soli 30 secondi
I
l biofilm è un’aggregazione di microorganismi
contraddistinta dalla secrezione di una matrice
adesiva e protettiva che aderisce alle superfici e che
protegge i batteri dai normali metodi di pulizia.
La presenza di biofilm sulle superfici di lavoro di
un’industria alimentare è la principale causa di
contaminazione del prodotto finale.
Biofinder è un prodotto specifico per l’individuazione del biofilm sulle superfici che facilita il controllo dell’igiene nell’industria alimentare.
Il funzionamento di Biofinder è molto semplice.
Infatti, è sufficiente spruzzare il prodotto direttamente sulla superficie da analizzare ed immediatamente si potrà vedere se la superficie è interessata da biofilm.
Nel caso di esito positivo, il liquido spruzzato inizierà immediatamente a formare una leggera schiuma
effervescente; al contrario, se dopo un minuto dall’applicazione non si avranno alterazioni del liquido
spruzzato, l’esito sarà negativo. Al termine del test
sarà sufficiente risciacquare la superficie interessata
con acqua per eliminare il Biofinder.
I vantaggi di Biofinder sono numerosi:
utilizzarlo in quanto chiunque può interpretare i risultati del test.
89
• semplificazione dei processi di monitoraggio
di igiene delle superfici;
• possibilità di controllare sia grandi sia piccole superfici, senza sprechi;
• assenza di residui dopo risciacquo della superficie successivamente all’uso;
• non è richiesto personale specializzato per
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appositamente studiato per lo sviluppo e la realizzazione di procedure analitiche di qualità per l’industria agroalimentare. I metodi analitici Trilogy® sono
frutto di una ricerca volta a fornire procedure d’analisi precise e sicure che rispondano alle richieste della clientela. L’impegno di Trilogy® si esprime, oltre
che con l’affidabilità dei servizi analitici offerti, con la
rapidità dei tempi di elaborazione e la competitività
dei prezzi dei propri prodotti.
In particolare, Trilogy® Analytical Laboratory fornisce un’ampia gamma di standard, anidri o in soluzione, per oltre 30 diverse micotossine, tra cui aflatossine, zearalenone, fumonisina, patulina, ocratossina e tricoteceni. Questi standard possono essere utilizzati per esperimenti di arricchimento nella verifica delle prestazioni del laboratorio o per
l’analisi delle micotossine mediante HPLC o GC.
Gli standard anidri Trilogy® sono di facile impiego:
una semplice operazione di ricostituzione riduce la
necessità di maneggiare pericolose polveri contenenti micotossine. Sono studiati per clienti che
non possiedono uno spettrofotometro o che vogliono garantirsi un’accurata determinazione delle
micotossine mediante HPLC con una procedura di
preparazione estremamente semplificata.
Trilogy® Analytical Laboratory mette inoltre a disposizione materiali di riferimento per il controllo
della qualità dei metodi analitici delle micotossine.
Si tratta di prodotti omogenei, naturalmente contaminati, di cui è certificata la concentrazione di
micotossina specifica contenuta e sono particolarmente indicati per la validazione dei metodi analitici. Ogni campione è finemente macinato e omo-
I
90
geneizzato in un miscelatore rotante per almeno
12 ore. L’omogeneità di ogni campione è verificata secondo il metodo HPLC-AOAC e ripetuta almeno 10 volte in tre diversi giorni. Questi materiali di riferimento sono disponibili in varie matrici e a
diversi livelli di contaminazione. In pronta consegna vi sono materiali contaminati con aflatossina,
ocratossina, zearalenone, DON (vomitossina) e fumonisina, in particolare mais e prodotti del mais,
frumento e derivati, orzo e orzo maltato. Su richiesta sono disponibili altri materiali arricchiti.
Trilogy® Analytical Laboratory offre, infine, un
programma completo di validazione, Trilogy®
Double Check, volto ad assicurare e mantenere
costanti le prestazioni del laboratorio e del personale tecnico. Il programma è conforme alle linee guida internazionali per le valutazioni esterne di qualità (proficiency testing) indicate per
l’accreditamento dei laboratori secondo la norma ISO 17025.
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prodotti e servizi
Rivoira, attivo a pieno
regime il nuovo impianto
di frazionamento dell’aria
Dolcificanti, PureCircle e i suoi
partners europei presentano
la nuova generazione di stevia
I
P
l nuovo modello di crescita passa per l’efficienza produttiva, il risparmio energetico, il basso impatto ambientale.
Sono queste le parole d’ordine che hanno guidato Rivoira
nella realizzazione del nuovo impianto di frazionamento
dell’aria per la produzione di ossigeno, azoto e argon di Verrès, in Val d’Aosta, entrato in funzione nel settembre 2012.
I gas prodotti nel sito sono tutti in fase liquida e la loro applicazione è rivolta ai settori più diversi, tra cui il confezionamento alimentare.
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ureCircle e i suoi partners europei incrementano la
loro gamma di soluzioni destinate ai professionisti
del settore agroalimentare con una nuova generazione
di estratti di stevia: Stevia 3.0.
Stevia 3.0 permette di raggiungere una qualità organolettica superiore e permette di ottenere una riduzione ottimale del tenore in zuccheri e calorie nei prodotti alimentari.
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Catalogo Atex: le soluzioni
degli esperti per le applicazioni
di pesatura industriali
L
Pulizia, le innovazioni sostenibili
presentate da Diversey a Pulire
I
n occasione della fiera Pulire (Verona, 21-23 maggio
2013), Diversey, una divisione di Sealed Air Corporation, ha presentato le seguenti innovazioni:
• TASKI Crystal Shield: un sistema per la cura dei pavimenti in cemento, palladiane e altre superfici in pietra, che elimina il ricorso a prodotti chimici deceranti e riduce la frequenza della manutenzione;
• TASKI swingo 855 e 1850: nuove macchine lavasciuga
con sistemi intelligenti IntelliFlow e IntelliDose. Questi sistemi integrano le macchine e i prodotti di pulizia TASKI
ottimizzando il consumo di sostanze chimiche, aumentando la produttività e garantendo risultati di qualità;
• TASKI Quantum: un sistema per la pulizia dei pavimenti, che consiste in un esclusivo telaio con mop
piatto a due lati, che consente ai clienti di aumentare la metratura coperta da ogni singolo passaggio;
• TASKI Pur-Eco: una nuova linea di prodotti di pulizia
per uso quotidiano, che vi aiuta a pulire qualsiasi edificio in modo sostenibile;
• carrelli ergonomici TASKI, dotati di mops e panni in
microfibra Nordic Swan, che fanno parte del sistema
TASKI Jonmaster Cleaning Cycle.
Per maggiori informazioni, www.diversey.com
’individuazione della soluzione corretta per i processi di
pesatura in aree potenzialmente pericolose è una scelta
difficile. Per supportare i produttori, Mettler Toledo ha pubblicato il catalogo Atex. Questo catalogo gratuito fornisce
soluzioni per la pesatura in ambienti potenzialmente pericolosi nel settore alimentare, farmaceutico e chimico.
Per facilitare gli acquisti in aree potenzialmente pericolose, il catalogo ATEX raccoglie tutti i prodotti in un’unica guida sulle normative e sulla sicurezza riguardanti
terminali di pesatura automatici e manuali, bilance accurate, celle di carico, bilance pesa veicoli e molto altro.
Per scaricare una copia gratuita del catalogo ATEX, visitate il sito www.mt.com/ind-hazcat
Arcadia Biosciences e DuPont
Pioneer collaborano allo sviluppo
di un olio speciale
A
rcadia Biosciences e DuPont Pioneer hanno annunciato di aver stipulato una partnership per lo sviluppo di un particolare olio dall’elevato valore nutritivo per
i mercati consumer mondiali.
L’obiettivo della collaborazione è lo sviluppo di nuove
varietà di cartamo che producano un olio con elevati livelli di acido arachidonico, secondo procedure focalizzate, affidabili ed efficaci in termini di costi. L’accordo si
basa su un’innovazione genetica di DuPont Pioneer, oltre che sullo sviluppo dell’organizzazione del raccolto e
sulle competenze in ambito normativo.
Per maggiori informazioni, www.pioneer.com
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EFSA
Pareri, pubblicazioni, eventi e raccomandazioni
pubblicati sul sito
dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare
(www.efsa.europa.eu).
a cura di Emanuela Giorgi
Csm, i rischi
per la salute
e i metodi
per individuarli
92
I pericoli di ordine microbiologico e chimico associati alla
carne suina e di pollame separata meccanicamente sono simili a quelli collegati alla carne
separata non meccanicamente
(carne fresca, carne macinata o
piatti a base di carne). Tuttavia,
il rischio di crescita microbica
aumenta con l’uso di processi
produttivi ad alta pressione.
Sono queste alcune delle conclusioni cui giunge un parere
scientifico sui rischi per la salute pubblica connessi alla carne
separata
meccanicamente,
pubblicato da Efsa, il cui gruppo di esperti scientifici sui pericoli biologici ha anche sviluppato un modello che aiuta a individuare la carne separata
meccanicamente e a distinguerla da altri tipi di carne.
La carne separata meccanicamente deriva dalla carne rimasta
sulle carcasse dell’animale una
volta asportati i tagli più pregiati. Questa carne può essere
asportata meccanicamente e
utilizzata in altri alimenti.
Esistono due tipi di carne separata meccanicamente: la carne
separata meccanicamente “ad
alta pressione”, che ha la consistenza di una pasta e può essere usata in prodotti come gli hot
dogs, e la carne separata meccanicamente “a bassa pressione”, che ha un aspetto simile alla carne macinata.
Secondo le conclusioni del parere di Efsa, i possibili rischi microbiologici associati alla carne separata meccanicamente sono simili a quelli correlati alla carne
separata non meccanicamente. I
rischi microbiologici e chimici
derivano dalla contaminazione
delle materie prime e da prassi
igieniche non corrette durante
la lavorazione della carne. Tuttavia, i processi produttivi ad alta
pressione aumentano il rischio
di crescita microbica. Infatti, tali
processi provocano una maggior degradazione delle fibre
muscolari e, insieme a ciò, un rilascio di nutrienti, i quali forniscono un substrato favorevole
alla crescita batterica. Per quanto riguarda i pericoli chimici, gli
esperti del gruppo scientifico sui
contaminanti nella catena alimentare rendono noto di non
prevedere preoccupazioni parti-
colari di ordine chimico, purché i
livelli massimi di residui ammessi vengano rispettati.
Il gruppo di esperti scientifici sui
pericoli biologici (Biohaz) ha preso in considerazione diversi parametri per distinguere la carne separata meccanicamente dalla carne separata non meccanicamente e, sulla scorta dei dati disponibili attualmente, ha individuato
nel calcio (rilasciato dalle ossa durante la lavorazione) il parametro
chimico più adatto. Gli esperti
hanno infatti sviluppato un modello che utilizza i livelli di calcio
come ausilio per individuare i prodotti a base di carne separata
meccanicamente.
Il modello sarà utile alle istanze
politiche nonché agli operatori e
agli ispettori del settore alimentare per distinguere la carne separata meccanicamente da
quella separata non meccanicamente.
Al fine di migliorare la differenziazione tra carne separata meccanicamente, ottenuta mediante tecniche a bassa pressione, e
carne disossata a mano, Efsa
raccomanda l’utilizzo di studi
specificamente concepiti per
raccogliere dati sui potenziali indicatori.
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efsa
Antibiotico-resistenza, relazione Efsa-Ecdc
La terza relazione congiunta Efsa-Ecdc sulla resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici che interessano
esseri umani, animali e alimenti evidenzia il perdurare di resistenza a una serie di antimicrobici in Salmonella e
Campylobacter, i principali batteri responsabili delle infezioni di origine alimentare nell’Unione europea.
La relazione si basa sui dati raccolti dagli Stati membri dell’UE per il 2011.
Un’elevata percentuale di batteri del genere Campylobacter, la principale causa delle malattie di origine alimentare
nell’UE, rilevati negli esseri umani, negli animali destinati alla produzione alimentare e negli alimenti è risultata
resistente alla ciprofloxacina, un antimicrobico di importanza fondamentale, a fronte di un basso livello di
resistenza registrato per un secondo antimicrobico di importanza primaria: l’eritromicina.
Complessivamente, nell’UE, la co-resistenza agli antimicrobici di importanza primaria è risultata bassa: ciò
significa che vi sono ancora disponibili opzioni per il trattamento delle gravi infezioni causate da questi batteri.
Si è inoltre registrata un’elevata resistenza agli antimicrobici di uso comune.
Nel caso di Salmonella, la plurifarmacoresistenza, ovvero la resistenza ad almeno tre diverse classi di antimicrobici,
è stata complessivamente elevata nell’UE. Nell’uomo, un’alta percentuale di Salmonella si è rivelata resistente
agli antimicrobici di uso comune; lo stesso risultato si è osservato negli animali, in particolare suini e tacchini.
È stata osservata, inoltre, un’elevata resistenza alla ciprofloxacina in isolati da pollame. Si sono riscontrati,
tuttavia, bassi livelli di co-resistenza ad antimicrobici di importanza fondamentale in Salmonella isolata da esseri
umani, animali destinati alla produzione alimentare e alimenti.
“Se non vogliamo perdere la possibilità di utilizzare alcuni antimicrobici che oggi rappresentano un trattamento
efficace delle infezioni batteriche nell’uomo, servono sforzi congiunti nell’UE, che vedano la partecipazione
degli Stati membri, degli operatori sanitari, dell’industria, degli allevatori e di molti altri soggetti”, spiega Bernhard
Url, responsabile della direzione “Valutazione del rischio e assistenza scientifica” di Efsa.
Aggiunge il direttore di Ecdc, Marc Sprenger: “Con una sorveglianza armonizzata della resistenza agli antimicrobici
in isolati da esseri umani e animali potremo predisporre opportune informazioni in vista di azioni efficaci per
prevenire l’ulteriore diffusione della resistenza agli antimicrobici nell’uomo. Per agevolare la comparabilità dei
dati a livello UE, Ecdc continuerà a incoraggiare gli Stati membri a utilizzare i metodi e le linee guida emanati
da Eucast (Comitato europeo sui test di suscettibilità antimicrobica). Inoltre, Ecdc continuerà a coordinare la
Giornata europea degli Antibiotici, un’iniziativa europea per la salute, che fornisce una piattaforma e un supporto
per le campagne nazionali sull’uso prudente degli antibiotici negli esseri umani”.
Aspartame,
parere rinviato
a novembre
Efsa e Commissione europea
hanno concordato di estendere a
novembre il termine di scadenza
della nuova valutazione dell’aspartame da parte dell’Autorità
per poter disporre di tempo sufficiente a esaminare e trattare le
nuove informazioni e i commenti
pervenuti tramite la pubblica consultazione sul parere in bozza.
Grazie ai commenti ricevuti, gli
esperti del gruppo scientifico di
Efsa sugli additivi alimentari e le
fonti di nutrienti aggiunti agli
alimenti (gruppo Ans) hanno individuato aspetti della bozza del
parere e passi cruciali della metodologia scientifica applicata
(compresa l’espressione delle incertezze) che essi desiderano
chiarire meglio prima di procedere alle conclusioni finali.
Dal 9 gennaio al 15 febbraio
2013 Efsa ha tenuto una consultazione pubblica on line
sulla versione preliminare del
proprio parere scientifico riguardante la nuova valutazio-
ne dell’aspartame (E 951),
usato come additivo alimentare. Il 9 aprile, l’Autorità ha
concluso il processo tenendo
una riunione di aggiornamento e verifica per discutere dei
commenti pervenuti.
L’Efsa ha ricevuto oltre 200
commenti su argomenti come i
criteri in base ai quali gli esperti
Efsa selezionano gli studi per valutare il rischio, la sicurezza dei
metaboliti dell’aspartame e come esprimere al meglio le incertezze evidenziate nella bozza di
parere.
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NEWS
DAL NET
Rassegna di notizie e articoli internazionali
del settore agroalimentare.
In basso è indicata la fonte,
completa dell’indirizzo Internet.
http
www://
a cura di Gabriella Carcassola
94
È stato recentemente proposto
un nuovo metodo per valutare
la cremosità o la consistenza dei
nuovi prodotti alimentari, basato sulla valutazione del suono
che generano mentre “interagiscono” con la lingua di chi se ne
sta cibando.
La nuova tecnologia, messa a
punto da Nizo food research,
nei Paesi Bassi, registra e analizza i suoni generati dallo sfregamento della lingua a contatto
con il cibo e, di conseguenza,
può essere impiegata per predire gli effetti sensoriali dei nuovi
alimenti. L’azienda sostiene che
è particolarmente indicata per i
produttori di alimenti a basso
contenuto di grassi e carboidrati, in quanto consente di rilevare
“il comportamento della lingua” in funzione delle sensazioni avvertite.
© Fotolia.com
Tribologia “orale”
per studiare gli
effetti sensoriali
degli alimenti
Henrik Prinz, della Nizo food
research, ha affermato che “le
misure reologiche standard si
utilizzano per determinare la
viscosità di una determinata
sostanza. Più interessante è il
modo con cui la frizione tra
una sostanza e una superficie
cambia in funzione della natura della superficie stessa. E per
questo spesso si ricorre alla tribologia. Tuttavia, la superficie
di plastica o acciaio inossidabile dei tribometri classici non
Tribologia “orale” per studiare gli effetti sensoriali degli alimenti
http://www.foodmanufacture.co.uk/Ingredients/Sensory-effects-of-foodstuffs-measured-by-newtechnology/?utm_source=Newsletter_Subject&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter%252BSubject&c=8jb8fczn7UTBNhsJss65Bt6bjP2YEPJ%252B
(La notizia sul sito “FoodQuality”).
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newsdalnet
può mimare la mucosa soffice
e dotata di papille della lingua
di una persona”. Prinz sostiene che la nuova “tribologia
acustica” registra e analizza i
suoni generati dalla lingua durante la masticazione.
George van Aken, inventore di
questa nuova tecnologia, ha
quindi aggiunto: “I suoni prodotti dalla lingua derivano dalle vibrazioni del tessuto che la
compone quando entra in
contatto con l’alimento. Tali
vibrazioni sono recepite dai
recettori meccanici della lingua, che forniscono sensazioni relative alla viscosità, alla
consistenza e alla grossolanità
di ciò che si sta assaggiando.
La tribologia acustica è quindi
un metodo non invasivo, fornisce misure in tempo reale e
può essere direttamente applicata agli esseri umani, senza
necessità di alcuna preparazione delle superfici”.
In pratica, la tribologia acustica misura le sensazioni del
consumatore proprio laddove
il consumatore stesso valuta
l’alimento, ossia in bocca.
Laboratori Fera,
benefici mondiali
Un network internazionale per
la sicurezza alimentare ha po-
tenziato la capacità di rilevare
la presenza di residui di pesticidi in Guatemala e America
centrale e ha perfezionato le
tecniche per l’individuazione
delle aflatossine. Questo è
quanto affermato da Imogen
Foster, responsabile della Food
and environment research
agency (Fera) international food safety training lab (Ifstl),
del Regno Unito.
Il primo Ifstl è stato inaugurato, negli Stati Uniti, nel settembre 2011, dalla Food and
Drug administration (Fda), in
collaborazione con l’università
del Maryland e l’organizzazione Waters. In seguito, per migliorare la preparazione in tema di sicurezza alimentare dei
mercati che esportano in Europa, Waters e Fera hanno
aperto, a gennaio, un nuovo
laboratorio a York, nel Regno
Unito. Foster ha dichiarato
che “i due Ifstl hanno lo scopo
di coordinare e condividere le
competenze.
Si
prevede
l’apertura di altri Ifstl anche in
Asia che, unendosi alla rete
già esistente, contribuiranno a
diffondere la conoscenza e
l’applicazione delle migliori
pratiche a livello mondiale”.
L’obiettivo degli Ifstl è fungere
da modello globale, invitando
i governi, gli scienziati e l’industria privata a contribuire
all’armonizzazione di formazione, competenze e tecnologie e a far fronte a problemi di
sicurezza alimentare. “In meno di due anni – ha sottolineato Foster – gli Ifstl hanno formato studenti provenienti da
20 Paesi diversi, tra cui Cina,
Indonesia, Guatemala e Cile.
Un esempio? In Guatemala,
l’Ifstl ha permesso al laboratorio nazionale di decuplicare la
sua capacità di rilevare la presenza di residui di antiparassitari e migliorare i test impiegati per il rilevamento delle
aflatossine”.
Il network ha anche aiutato i
diversi governi a capire come
migliorare la loro sicurezza alimentare, come ridurre la contaminazione e, quindi, come
implementare le esportazioni.
95
Semplificare
i “green claims”,
lo dice la Ce
La complessità e la varietà delle indicazioni “green” sui prodotti europei hanno suggerito
una nuova iniziativa, al fine di
creare un mercato unico anche per le “eco-indicazioni”.
Il 9 aprile, la Commissione europea ha lanciato l’iniziativa
“Un mercato unico per i green
products”, allo scopo di sem-
Laboratori Fera, benefici mondiali
http://www.foodqualitynews.com/Innovation/Food-safety-training-boss-outlines-Fera-lab-benefits/
?utm_source=Newsletter_Subject&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter%252BSubject&c
=8jb8fczn7USdK5XyPgbCnS%252B6i8f52Ow4
(La notizia sul sito “FoodQuality”).
Semplificare i “green claims”, lo dice la Ce
http://www.foodnavigator.com/Financial-Industry/EC-aims-to-simplify-confusing-greenclaims/
?utm_source=Newsletter_Subject&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter%2BSubject&c
=8jb8fczn7UTaHlxmewXNyCCt%2Fsw0KVnw
(La notizia sul sito “FoodNavigator”).
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newsdalnet
96
plificare le iniziative “verdi”
nell’Ue, che sembra abbiano
iniziato a fungere da vere e
proprie barriere per la circolazione dei green products.
La Commissione europea (Ce),
ha fatto notare che ha sottolineato che un’azienda alimentare che vuole registrare un
suo prodotto come “green”
ha a disposizione “una serie
infinita e alquanto confusa di
scelte, metodi e iniziative”,
spesso diverse in ogni stato
Ue. “Si devono armonizzare i
metodi di valutazione delle caratteristiche ambientali dei
prodotti alimentari, per creare
condizioni di parità, ridurre i
costi ed evitare che ciascuno
segua solo le sue regole”.
Inoltre, sempre la Ce, ha fatto
notare che l’attuale sistema è
complicato non solo per i produttori, ma anche per i consumatori. “Attualmente, i consumatori hanno poche informazioni su ciò che è realmente “green”. La non attendibilità delle informazioni spinge i
consumatori spinge il consumatore a non acquistare i green products¸ anche se in realtà
vorrebbe farlo. Il numero dei
green claims è in continuo aumento, ma la terminologia utilizzata è sempre più vaga e superficiale. E la fiducia dei consumatori viene meno”. Secondo un recente sondaggio il
48% dei consumatori europei,
intenzionato ad acquistare un
green product, non lo ha fat-
to, perché non soddisfatto
dalle indicazioni riportate.
È stato così avviata un’iniziativa triennale, basata su due
metodi, il Product environmental footprint (Pef) e l’Organisation environmental footprint (Oef), che saranno impiegati come definizione unica
dei green products nell’Unione europea. Questi metodi definiscono i principi per una comunicazione
trasparente,
chiara e uguale per tutti e la
Ce ha invitato le società, le organizzazioni private e la comunità finanziaria a farne uso
volontariamente.
Acidi grassi trans,
forte calo negli
alimenti UK
Uno studio ha dimostrato che,
dal 2007 a oggi, nel Regno Unito, è notevolmente diminuito il
livello di acidi grassi trans nei
prodotti alimentari trasformati.
Attualmente, gli acidi grassi
trans presenti negli alimenti inglesi sono soprattutto di origine
naturale, in quanto quelli artificiali sono stati ridotti del 75%.
Gli acidi grassi trans naturali
sono di origine animale (ruminanti) e possono essere presenti nella carne e nei prodotti lattiero-caseari, mentre
quelli artificiali derivano dall’idrogenazione industriale degli oli vegetali e, un tempo,
erano ampiamente utilizzati
negli alimenti trasformati per
aumentarne la shelf life, il gusto e la consistenza, fino a
quando, negli anni ’90, un report ha evidenziato la correlazione tra una dieta ricca di acidi grassi trans e un maggior rischio di malattie coronariche.
L’istituto Food research e una
divisione del dipartimento della salute britannico hanno
pubblicato, l’esito di una ricerca condotta per determinare i
livelli di acidi grassi trans in 65
milioni di campioni alimentari,
tra cui pizza, pane all’aglio,
dolci e snack. I risultati hanno
evidenziato che la quantità
media più alta di acido elaidico (principale acido grasso
trans artificiale), riscontrata in
campioni di merluzzo fritto in
pastella e di patatine da
asporto, è pari a 0,2 g ogni
100 g di prodotto.
Nel rapporto si afferma che “i
livelli di acidi grassi trans artificiali presenti negli alimenti
trasformati si sono notevolmente ridotti, rispetto a quanto rilevato 20-30 anni or sono.
Gli acidi grassi trans, quando
presenti ad alti livelli, sono in
genere di origine naturale”.
Questi risultati sono stati raggiunti nell’arco di dieci anni, periodo in cui le aziende britanniche si sono impegnate a non
utilizzare gli acidi grassi trans
nella preparazione dei loro alimenti e a ricorrere all’uso di miscele di oli (palma, girasole, colza ecc.) e a particolari tecniche
Acidi grassi trans, forte calo negli alimenti UK
http://www.foodnavigator.com/Financial-Industry/Reformulation-revolution-Trans-fatty-acids-records
-big-drop-in-UK-foods-since-2007/?utm_source=newsletter_weekly&utm_medium=email&utm_campaign
=Newsletter%2BWeekly&c=8jb8fczn7USTF%2BNG%2BVb4pp6CX5R8%2BmxN
(La notizia sul sito “FoodNavigator”).
Anno XV - 5 - Giugno 2013
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newsdalnet
di lavorazione (frazionamento e
interesterificazione).
Residui di pesticidi,
semplificarne
la valutazione
Secondo il Federal institute for
risk assessment (Bfr), nell’Unione europea, non esiste
un metodo univoco per valutare il rischio cumulativo dei
residui di pesticidi negli alimenti.
L’istituzione scientifica, con
sede in Germania, propone
una soluzione “semplice e trasparente” per determinare il
rischio cumulativo, basata sugli indici di rischio (Hi, Hazrad
index) dei diversi principi attivi. Il metodo garantisce la giusta protezione dei consumatori e può essere implementato
includendo ulteriori informazioni tossicologiche.
Qualsiasi metodo dovrebbe
poter essere utilizzato nella
pratica di tutti i giorni e dovrebbe consentire la rapida e
sicura determinazione della
pericolosità per i consumatori
di un campione alimentare
contenente residui di più pesticidi. Il BfR sostiene che, attualmente, l’individuazione della
presenza di più principi attivi,
in grado di interagire tra loro,
in campioni di frutta e verdura
è sempre più frequente.
Ma cosa si intende per indice
di rischio? È la misura della
capacità del residuo di una sostanza attiva ingerita con l’alimento di raggiungere il valore
tossicologico limite. Ebbene,
secondo l’opinione pubblica,
la presenza di residui di più
pesticidi è alquanto allarmante, ma, in base ai dati disponibili, i quantitativi di residui
consentiti o i livelli massimi di
residui di pesticidi non possono compromettere la salute
dei consumatori, né se si ingeriscono più residui contemporaneamente né se si ingeriscono a breve tempo uno dall’altro.
Tecnologia cloud
contro le frodi
alimentari
John Bailey, vicepresidente e
solutions consulting della JDA,
ha affermato che con la
“cloud technology” si potrebbe memorizzare un’infinita
quantità di dati riguardanti gli
ingredienti a partire dai codici
a barre dei prodotti, senza ricorrere eccessivamente al server: “I dati sono immediatamente disponibili, indipendentemente da chi sta gestendo i
server”. Dal canto suo, Michelle Campbell, direttore dell’azienda, ha precisato che “la
tecnologia ha dimostrato che
è possibile garantire una tracciabilità del 100%. Il problema
principale è individuare chi
avrà il compito di verificare
che venga utilizzata. Attualmente, è applicabile alla catena di approvvigionamento”.
“Un altro problema – ha continuato Bailey – è dato dal fatto che la catena di approvvigionamento coinvolge rivenditori, produttori e fornitori, tutte figure professionali che potrebbero essere di parte”. Per
questo, Campbell e Bailey
hanno proposto un sistema in
cui una terza parte, con a cuore gli interessi dei consumatori, come la Food standard
agency (Fda), potesse sorvegliare il flusso di dati. “Infatti,
è la Fda che necessita di un
quadro complessivo. Il rivenditore potrebbe essere portato a
difendere i suoi interessi”.
Infine, Campbell e Bailey hanno ribadito la necessità che i
regolamenti validi per l’industria farmaceutica, che impongono approvazione e tracciabilità, siano estesi anche all’industria alimentare, così da
garantire la perfetta e totale
conoscenza di tutti gli ingredienti.
Residui di pesticidi, semplificarne la valutazione
http://www.foodnavigator.com/Financial-Industry/Pesticide-residue-assessment-must-be-simple
-and-transparent-says-BfR/?utm_source=newsletter_weekly&utm_medium=email&utm_campaign
=Newsletter%2BWeekly&c=8jb8fczn7USNMFnf%2BgeVqBobhSESgul0
(La notizia sul sito “FoodNavigator”).
Tecnologia cloud contro le frodi alimentari
http://www.foodproductiondaily.com/Supply-Chain/Cloud-technology-could-fight-horse-meat-type
-foodfraud/?utm_source=Newsletter_Subject&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter%2B
Subject&c=8jb8fczn7USn3pX3ywJZ476MOnOJcvs5
(La notizia sul sito “FoodProductionDaily”).
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MOSTRE
FIERE E CONVEGNI
•
Sicurezza
microbiologica
Criteri di sicurezza
applicabili ai prodotti
alimentari all’interno
dell’Unione europea:
puntualizzazioni
e riflessioni
•
Bologna, 10 settembre 2013
98
•
S
i terrà a Bologna il 10 settembre prossimo la XIX conferenza nazionale sul tema della sicurezza microbiologica nella produzione di alimenti per il 21° secolo,
dal titolo “Criteri di sicurezza applicabili ai prodotti alimentari all’interno dell’Unione europea:
puntualizzazioni e riflessioni".
L’incontro, organizzato con il
supporto di Oxoid SpA parte di
Thermo Fisher Scientific e moderato dal prof. Alejandro Hockoeppler (Università di Bologna),
vedrà la partecipazione di importanti esperti del settore della sicurezza alimentare, che affronteranno numerose tematiche:
• regolamento CE 2073/2005
e successive modifiche e integrazioni: piani di campionamento e metodi di analisi
•
•
di riferimento (Monica Gianfranceschi, Elisabetta Delibato e Dario De Medici, Istituto
superiore di Sanità);
evoluzione delle tecniche
diagnostiche per il rilevamento di Salmonella spp. negli alimenti e criticità dell’interpretazione dei risultati
(Valerio Giaccone, Università
degli studi di Padova);
challenge test e gestione dei
pericoli microbiologici: esempi di applicazione per la caratterizzazione del livello di
sicurezza dei prodotti pronti
per il consumo (Vincenza
Prencipe, Luigi Iannetti, Izs
Abruzzo e Molise);
software di microbiologia
predittiva: bene comune
(Elena Cosciani Cunico, Elena Dalzini, Izs Lombardia ed
Emilia Romagna);
rischio associato alle biotossine marine (Roberto Poletti,
Centro ricerche marine);
considerazioni metodologiche sulle prove di durabilità
(shelf life) degli alimenti deperibili (Milena Ottaviani e
Franco Ottaviani, Consal).
Per informazioni e iscrizioni, [email protected]
m – Tel. 02 66802323 o [email protected] Tel. 02 95059595
•
L
e prossime edizioni di Nuce
International, il salone in-
Salone
Conferenza
a cura di Emanuela Giorgi
Nuce International
e Food-ing
International
Grande interesse,
oltre che per la parte
espositiva, anche per le
interessanti opportunità
di aggiornamento
professionale
Milano, 24-26 settembre 2013
www.nuce.pro; www.food-ing.eu
ternazionale per l’industria
nutraceutica, cosmeceutica,
functional foods & drinks e
health ingredients, e Food-ing
International, l’esposizione e
conferenza dedicata agli ingredienti food & beverage per
tutti i settori dell’industria alimentare e delle bevande, proporranno un ricco programma
congressuale.
I due eventi, che si svolgeranno
dal 24 al 26 settembre prossimo
a fieramilanocity, vedranno infatti il coinvolgimento di qualificati rappresentanti del mondo
associativo, accademico e industriale.
Il programma congressuale, in
continua evoluzione, prevede
già temi di grande interesse e
attualità quali, ad esempio,
una tavola rotonda dal titolo
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“Alimenti funzionali e salutistici: l’innovazione incontra il
mercato”, organizzata in collaborazione con Largo Consumo, i convegni “Clean Label:
challenge in food formulation
with natural and innovative
ingredients” (in collaborazione con Chiriotti Editori), “Botanicals in dietary supplements” e “Algae as sources of
nutraceuticals” (in collaborazione con Cec Editore).
Pec (Pharma education center)
organizzerà un seminario sui
food supplements con un focus su normative, claims e
sperimentazione clinica, rivolto a tutti coloro che sono
coinvolti nell’attività di sviluppo, produzione e commercializzazione degli integratori.
“Nuce International e Fooding International si confermano sempre di più come gli
eventi di riferimento del settore nell’area del Mediterraneo
non solo per la ricca parte
espositiva, ma anche per le
sempre nuove opportunità di
aggiornamento professionale
che offrono in ambito congressuale – ha dichiarato Marco Pinetti, presidente di Artenergy Publishing, la società
organizzatrice – A breve, il
programma sarà completato
da ulteriori e qualificati convegni”.
Nuce International e Food-ing
International 2013 si svolgeranno in contemporanea con
Chem-Med, The Mediterranean Chemical Event, la manifestazione biennale dedicata al
mondo della chimica.
Ulteriori informazioni sono disponibili su www.nuce.pro e
su www.food-ing.eu.
Campagna
mostre, fiere e convegni
Noi ci siamo
All’iniziativa, organizzata
dal Gruppo Galgano,
partecipano ogni anno
centinaia di aziende
italiane che credono
nella qualità e
nell’innovazione
Italia, 11-12 novembre 2013
www.galganogroup.it
•
T
orna la Campagna nazionale Qualità e Innovazione
“Noi ci siamo”, sottoscritta ogni
anno dacentinaia di aziende italiane private e pubbliche di ogni
settore e dimensione, che credono nei valori di qualità e innovazione, intesi come modelli a
tendere verso l’eccellenza.
La Campagna, promossa dal
1989 dal Gruppo Galgano, è
giunta alla sua 25ª edizione nell’ambito della 18ª Settimana europea della Qualità (11-17 novembre 2013) sotto lo slogan
“Made in Quality – Made for
Success”, scelto dall’ Eoq (European organization for quality).
“Quando si trattano i temi di
qualità e innovazione è determinante parlare di sviluppo, crescita ed evoluzione culturale – ha
affermato Mariacristina Galgano, amministratore delegato del
Gruppo omonimo – Se pensiamo non solo dal punto di vista
tecnologico, ma anche da quel-
lo culturale, infatti, l’innovazione è il cuore dell’azienda ed è
responsabilità di tutti. La qualità
è poi il frutto della volontà e dell’impegno di fare miglioramento
continuo e rapido. Si tratta di un
concetto caldo perché riguarda
gli esseri umani. È un traguardo
su cui bisogna lavorare costantemente”.
La Campagna “Noi ci siamo” è
un momento di celebrazione,
riflessione e confronto che si
manifesta dai primi giorni di
novembre attraverso una campagna media, maxi affissioni
negli aeroporti e interazione e
condivisione nel circuito web e
social networks già attivati per
informare sui i vantaggi che
l’iniziativa offre e per raccogliere adesioni.
Il presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, conferisce
all’iniziativa da quattro anni la
speciale medaglia presidenziale
per ricordare l’importanza di un
vero e proprio “movimento”
che fa community sotto il motto
“fare bene e farlo sapere”.
•
N
ell’ambito di Nutrimi 2013,
VII Forum internazionale di
nutrica pratica, Sprim Italia ha
presentato una giornata di formazione e aggiornamento dedicata al settore ittico, con un programma di alto valore tecnico,
alla presenza di esperti italiani e
con il patrocinio delle maggiori
istituzioni ed associazioni del
settore, quali l’Università degli
Studi di Milano (Dipartimento di
Scienze veterinarie per la salute,
la produzione animale e la sicurezza alimentare), Associazione
Piscicoltori italiani (Api), Federa-
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Consumare il pesce
Giornata di formazione
ed aggiornamento su
sicurezza, qualità e
sostenibilità dei prodotti
della pesca nell’industria
e nella distribuzione
www.nutrimi.it
100
zione nazionale Ordini veterinari
italiani, Ordine dei medici veterinari di Milano e Società italiana
Patologia ittica.
L’incontro, incentrato su sicurezza, qualità e sostenibilità dei
prodotti della pesca nell’industria e nella distribuzione, è stato organizzato con l’obiettivo di
illustrare la situazione attuale
del settore, che vede il supermercato come punto di riferimento principale per il consumatore che vuole acquistare
prodotti ittici.
È stato organizzato anche un focus dedicato alla ristorazione
collettiva, nell’ambito del quale
il dott. Andrea Fabris, medico
veterinario consulente Api, ha
informato sugli accordi tra ristorazione collettiva e piscicoltori
italiani relativi all’inserimento
della trota italiana nella dieta sin
dalla giovane età.
Nel corso dell’incontro si è discusso, inoltre, dei nuovi rischi
legati al consumo di prodotti ittici, di chiarezza dell’etichettatura e di riconoscimento delle di-
verse specie per evitare le frodi
alimentari.
Il dott. Renato Malandra, responsabile Asl del mercato ittico
di Milano, ha mostrato, poi, attraverso una sessione pratica interattiva, le differenze tra tranci
e filetti di pesce, spesso oggetto
di frodi di sostituzione con specie meno pregiate, che il consumatore non è in grado di riconoscere.
Il dott. Plinio Mioso, medico veterinario di Sprim Italia, ha presentato, infine, la metodica
ispettiva, messa a punto dall’azienda, sui prodotti della pesca per il settore Qualità ittico
della grande distribuzione organizzata.
•
L
’industria delle carni fresche si trova a fronteggiare
un’apparente contraddizione:
un mercato con condizioni di
fornitura altamente instabili,
da una parte, e consumatori
che reclamano ad alta voce
stabilità dei prezzi e qualità.
Questa era la tematica dell’evento che si è tenuto il 20 e il
21 marzo a Packforum®, il Centro espositivo permanente per i
clienti dell’azienda Sealed Air.
La sicurezza
innanzitutto
I vantaggi di un approccio globale per sistemi provano a tutti gli effetti la loro validità nelle applicazioni della sicurezza
dei generi alimentari.
L’argomento è stato introdotto con l’intervento di Jason
Robertson, vicepresidente e
responsabile del settore Case-
Conferenza
Forum
mostre, fiere e convegni
Carni fresche
Ricette
per un successo
sostenibile
www.sealedair-emea.com
Ready di Tyson Foods, una delle maggiori industrie per la lavorazione e distribuzione di
carni bovine, suine e avicole.
La sua presentazione si è conclusa con un’affermazione importante: un’efficace lavorazione dei prodotti case-ready,
rispondente ai più severi criteri di sicurezza, si traduce in un
enorme vantaggio strategico.
Nei locali di Packforum® è stata fornita una dimostrazione
di Diversey® DiverContact, un
nuovo sistema che riduce la
contaminazione microbiologica delle carcasse bovine, compresa quella provocata da
agenti patogeni quali Escherichia coli e Salmonella. Il rischio di contaminazione viene
ridotto già all’inizio della catena di produzione (nei mattatoi) e si estende a tutte le fasi
della distribuzione, incrementando la conservabilità del
prodotto finito, ma senza provocare fenomeni di decolorazione delle carni o emanazione di odori sgradevoli.
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© Fotolia.com
mostre, fiere e convegni
Le applicazioni possono essere
implementate su misura, adeguandole alle linee in esercizio, ed essere ampliate con la
tecnologia Diversey® X-Controller, che consente un monitoraggio totale e un’ottimizzazione dei sistemi.
Il packaging come
garanzia del marchio
Un’importante riflessione presentata ai partecipanti è che il
packaging è un elemento a
valore aggiunto che va ben oltre la preservazione dei generi
alimentari. Il packaging è un
veicolo di differenziazione e
uno strumento di informazione che può svolgere una funzione cruciale e duratura agli
effetti del fatturato. L’attenzione si è concentrata sulle attività di Cre8, il laboratorio di
design Sealed Air. Questo ser-
vizio è in grado di fornire soluzioni creative rispondenti a
specifiche esigenze dei mercati e dei clienti permettendo loro di raggiungere ambiziosi
obiettivi di vendite. Le tendenze dominanti che si stanno
mettendo in luce come fattori
di differenziazione sono la
semplicità, l’immediatezza e il
contenuto informativo dei
marchi privati cui si aggiunge
una promozione basata sulla
tradizione e l’autenticità.
Packaging:
non chiediamoci
cosa è, ma cosa
permette di fare
Per quanto riguarda i materiali di confezionamento è stato
lanciato, in occasione dell’evento, il film SealAppeal®,
un materiale di nuova generazione, interamente riciclabile,
realizzato con una struttura
mono coestrusa, destinato alla
saldatura a lidding di confezioni case-ready per tutti i generi di carni.
SealAppeal® permette la riduzione dell’impronta di carbonio dei sistemi di confezionamento su vassoio e si traduce
in un peso complessivo di
29,7 g invece dei 31,2 g dei
prodotti attualmente in commercio. Ed Roberts, european
Sustainability director di Sealed Air, ha attirato l’attenzione
dei delegati sul fatto che l’impiego del packaging assorbe
soltanto il 4% dell’energia di
tutta la catena di valore e, in
un’ottica “consumatore - ricavi - protezione dell’ambiente”
ha chiesto loro di capovolgere
la domanda ricorrente: “Non
chiediamoci cosa è il packaging, chiediamoci cosa ci permette di fare”.
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mostre, fiere e convegni
La sicurezza nel bicchiere d’acqua
Problematiche legate ad arsenico e altri inquinanti naturali
102
L’Ordine dei Medici di Roma ha organizzato il 21 febbraio un convegno su “La sicurezza nel bicchiere d’acqua. Problematiche legate ad arsenico e altri inquinanti naturali”.
Alla manifestazione sono intervenuti un centinaio di medici, alcuni amministratori locali e numerosi relatori di varie istituzioni ed enti.
La riunione è stata aperta dal dott. Ernesto Cappellano, tesoriere dell’Ordine dei Medici di Roma,
che ha testimoniato sull’importanza ed attualità del problema “inquinamento idrico” ai fini della
salute pubblica – specie in alcuni territori della Regione – e della opportunità di attuare un dibattito interdisciplinare con varie componenti professionali, al fine di fornire indicazione aggiornate
soprattutto alla classe medica.
La prima parte della mattinata è stata dedicata alle caratteristiche dell’acqua in distribuzione nella
Regione Lazio, dapprima in Roma e successivamente nei territori della Provincia.
Per quanto riguarda la città di Roma, Lucia Grassano (direttore F.F. Spaap dell’Asl RM C) ha illustrato la situazione dell’approvvigionamento idrico nel territorio romano . L’attività del Servizio interzonale progetti, abitabilità, acque potabili (Spaap) è rivolta ad una utenza che rappresenta circa il 60%
degli abitanti della Regione Lazio. Il problema arsenico non riguarda l’acquedotto pubblico di Roma
e Fiumicino in quanto l’acqua fornita da un solo gestore (Acea ATO2) possiede, nello specifico, valori di parametro abbondantemente al di sotto del limite previsto dalla normativa vigente (10 μg/l,
d.lgs. 31/2001). Per quanto attiene invece agli approvvigionamenti idrici privati presenti nella fascia
periferica del territorio cittadino non alimentato da acquedotto pubblico, in alcune zone le falde
idriche presentano arsenico superiore ai 10 μg/l. Ciò è dovuto alle caratteristiche geologiche del territorio di natura vulcanica, concentrato soprattutto nei municipi XI, XII, XIX, XX e in parte nel
Comune di Fiumicino. In questi casi, trattandosi di approvvigionamenti idrici privati a servizio di
strutture medio piccole è possibile l’adozione di sistemi di abbattimento dell’analita. Infatti, laddove è emersa la problematica, il responsabile della struttura ha provveduto all’installazione di un
dearsenificatore.
Angela De Carolis (direttore FF Sian Asl RM H) ha parlato della situazione delle acque nel territorio
dei Castelli Romani, segnalando i rilievi condotti nel tempo soprattutto nei comuni di Lariano,
Velletri, Albano Laziale, Lanuvio (12-20,9 μg/l), Genzano (2-16,4 μg/l), Ariccia (5,6-14,6 μg/l) ed in
particolare segnalando la situazione di Velletri, città con i parametri di arsenico più alti, anche se
molta strada è stata fatta dagli anni 2004-2005, periodo in cui si registravano valori di arsenico
anche superiori a 100 μg/l.
L’intervento di Luca Lucentini (Istituto superiore di sanità) ha fatto il punto sulla gestione del rischio per i
parametri in deroga nelle acque destinate al consumo umano, partendo dalla direttiva 98/83/CE, recepita con il d.lgs. 31/2001, che definisce i “valori parametrici” per garantire il consumo sicuro delle acque
nell’intero arco di vita. Lucentini ha ribadito il concetto che le “non conformità” sistematiche di valori per
determinati parametri – spesso correlabili ad elementi minerali di origine geogenica – sono gestibili con
misure che garantiscano il miglior compromesso in termine di rischi-benefici e previa concessione di deroghe, per un massimo di due trienni sotto l’egida nazionale e per un ulteriore triennio, per decisione della
Commissione europea, in circostanze eccezionali.
Agostino Messineo (già direttore Sian Asl RMH), nel suo intervento in collaborazione con Angela De
Carolis e Luca Pastore (Sian Asl RMH) su “Problemi di vigilanza e indicazioni della giurisprudenza”,
ha anzitutto evidenziato come, per riduzione dei budget, blocco dei turnover, diffuso fenomeno di
precariato e conseguente calo di “governance” del sistema di prevenzione, che comprende anche
la tutela delle acque, si assista oggi ad una crisi dei Servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione (Sian), che possono esser visti come “anello debole” nella catena della vigilanza. La precarietà
del personale dei servizi è dimostrata anche dal fatto che un terzo dei direttori dei Sian sono provvisori. Si registra, inoltre, un’alta disuniformità di procedure interpretative tra enti diversi e di procedure amministrative tra le Regioni e tra i servizi di una stessa Regione. La vigilanza sulle acque è
complicata poi dal fatto che in alcune Regioni la tutela igienica delle acque per uso umano è gestita dall’assessorato all’Ambiente invece che da quello della Salute, con scarsa integrazione della
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mostre, fiere e convegni
programmazione su controlli e prevenzione degli effetti sanitari dell’inquinamento idrico. Frequenti
anche le reiterazioni di interventi di diversi organi di vigilanza, talvolta con duplicazione di costi e
qualche incomprensione tra istituzioni.
Domenico Monteleone (Ministero della Salute) nel suo intervento ha rilevato che si vanno sempre
più diffondendo sul territorio nazionale unità distributive aperte al pubblico di acqua destinata al
consumo umano sottoposta a processi di trattamento. Tali unità sono variamente denominate (fontanelle, case dell’acqua e simili) e si caratterizzano per la distribuzione (a volte a titolo gratuito ed
a volte a pagamento) di acqua variamente trattata da consumare sia direttamente in loco sia dopo
riempimento di appositi contenitori forniti dal gestore o portati dai consumatori. Le descritte attività configurano la fattispecie di “somministrazione di bevande” (circolare del Ministero della Salute
n. 4283 del 17 febbraio 2011), cui si applica la legislazione pertinente ed in particolare quella relativa all’analisi dei rischi, in quanto l’acqua, come ogni altro alimento, può diventare un importante
veicolo di contaminazione (e di infezione), tanto più per il fatto che, per migliorarne la gradevolezza in generale, viene diminuita la presenza del cloro utilizzato, quale disinfettante chimico, e il
rischio di contaminazione ambientale deve conseguentemente essere oggetto di valutazione.
Pertanto, i relativi gestori assumono la veste di “operatori del settore alimentare”, essendo dunque
sottoposti al rispetto della disciplina vigente ed in particolare agli obblighi di cui al regolamento CE
852/2004 e devono attenersi a quanto sancito dall’accordo Stato-Regioni del 29 aprile 2010 «Linee
guida applicative del reg. CE 852/2004». In particolare, devono redigere un Piano di autocontrollo
(circolare del Ministero della Salute n. 4283 del 17 febbraio 2011), individuando per ciascuna unità
distributiva i relativi punti critici di controllo, e predisporre analisi di laboratorio che contemplino sia
il mantenimento dei parametri relativi alla potabilità dell’acqua, parametri di qualità chimica, fisica,
e batteriologica stabiliti dall’allegato I del decreto legislativo 31/2001, sia eventuali cessioni derivanti da materiale a contatto con l’acqua, come stabilito dal d.m. 174/2004.
Il d.m. n. 25 del 7 febbraio 2012, invece, detta le prescrizioni puntuali sui sistemi di trattamento
dell’acqua. Quindi è chiaro che anche i filtri di trattamento dell’acqua potabile, come gli impianti
ad osmosi inversa, i filtri per il cloro, le caraffe filtranti, devono assicurare le prestazioni dichiarate
ed una qualità dell’acqua conforme a quelli che sono i requisiti stabiliti dal d.lgs. 31/2011 e sue successive integrazioni e modifiche.
Il giudizio di idoneità dell’acqua destinata al consumo umano spetta poi all’Azienda sanitaria locale territorialmente competente che effettua i controlli.
Saba Minnielli (direttore Sian Asl C) ha trattato gli aspetti collegati alla “normativa delle acque
minerali”, ricordando il d.lgs. 176/2011, che ha recepito in Italia la direttiva 2009/54/CE sull’utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali, la definizione ed i criteri di valutazione delle acque minerali, il riconoscimento ministeriale, l’autorizzazione all’utilizzazione ed immissione in commercio, le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione in particolare riguardo a captazione, canalizzazioni, serbatoi, impianti di lavaggio e di imbottigliamento, l’eventuale aggiunta di anidride carbonica, le caratteristiche microbiologiche, il riferimento ai parametri chimici e fisici ex
decreto Ministero Salute del 29 dicembre 2013.
Paola Michelozzi (Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio) ha affrontato, infine, il tema
degli “Effetti sulla salute della popolazione residente nei Comuni del Lazio in relazione alla contaminazione da arsenico nelle acque potabili”. Ha ricordato alcune zone ad elevato inquinamento nel
mondo, i danni collegati all’ingestione da arsenico e lo studio di mortalità condotto sulla popolazione residente nei 91 Comuni del Lazio (dei quali 60 in provincia di Viterbo, 22 in provincia di Roma
e 9 in provincia di Latina), valutando il periodo 1990-2010 ed avendo disponibili i dati Arpa Lazio
che riguardavano le concentrazioni di arsenico nel periodo 2005-2010). Nei Comuni della provincia
di Viterbo vi sono criticità ove le concentrazioni medie stimate di As nel periodo 2005-2011 risultano superiori a 20 µg/l. I dati di incidenza sembrano inoltre confermare un aumentato rischio di
danno ischemico nelle popolazione residente nei Comuni esposti; si evidenziano infatti eccessi significativi di interventi di bypass aortocoronarico nei Comuni esposti delle provincie di Latina e di
Viterbo e di Ima nei Comuni esposti della provincia di Roma. I risultati sono coerenti con le evidenze disponibili in letteratura. Utile quindi, nella zona, un autocontrollo degli alimenti a base di acqua
(pane e dolci).
Agostino Messineo
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È SUCCESSO
ANCHE…
Notizie varie
che non sempre trovano spazio
su quotidiani e stampa a grande diffusione,
ma che sono interessanti ed utili
per gli operatori del mondo agroalimentare.
a cura della Redazione
Vino sostenibile
Made in Italy,
al via il progetto
VIVA
104
Incoraggiare l’eco-sostenibilità
del comparto vitivinicolo italiano, tracciando la qualità ambientale della filiera in un’etichetta garantita dal Ministero
dell’Ambiente, accrescere la
competitività sul mercato delle
aziende italiane, facendo del vino un ambasciatore nel mondo
dello sviluppo sostenibile Made
in Italy. Sono questi gli obiettivi
del progetto pilota VIVA (Valutazione dell’Impatto della Vitivinicoltura sull’Ambiente).
Avviato dal Ministero dell’Ambiente nel luglio 2011, il progetto “VIVA Sustainable Wine” ha
lo scopo di misurare e migliorare le performances di sostenibilità della filiera vite-vino, a partire
dalla sperimentazione su alcuni
grandi produttori italiani, che
hanno sottoposto il loro processo produttivo a una valutazione
dell’impronta ambientale dal
campo al consumo. Grazie all’individuazione di quattro indicatori (aria, acqua, territorio e
vigneto), le aziende hanno potuto misurare l’impatto della lo-
ro produzione in termini di sostenibilità e intraprendere in tal
modo, su base volontaria, un
percorso di miglioramento. I dati ottenuti, attualmente in corso
di validazione da parte di un ente terzo indipendente, compariranno sull’etichetta con un valore numerico e grafico.
VIVA non vuole essere uno strumento “comparativo” tra aziende, che spesso sono caratterizzate
e influenzate dal territorio nel
quale operano, ma incentiva la vitivinicoltura italiana ad intraprendere un percorso di sostenibilità,
fornendo uno strumento di diagnosi degli impatti del prodottovino alle aziende e una garanzia di
trasparenza per il consumatore.
Partecipano nel ruolo di protagoniste nove aziende del settore
(F.lli Gancia & Co, Masi Agricola,
Marchesi Antinori, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Castello
Monte Vibiano Vecchio, Planeta,
Tasca d’Almerita e Venica&Venica), scelte sulla base di criteri
geografici e di prodotto e affiancate da una cordata di autorevoli partner del mondo della ricerca: Agroinnova, Centro di competenza dell’Università di Torino;
il Centro di ricerca Opera per
l’agricoltura sostenibile dell’Uni-
versità Cattolica del Sacro Cuore; il Centro di ricerca sulle Biomasse dell’Università degli Studi
di Perugia.
Il progetto VIVA parte dall’assunto che la filiera del vino rappresenta un settore fondamentale dell’economia nazionale e
che la produzione vinicola è riconosciuta come una delle componenti più significative della
nostra cultura di gestione e di
protezione dell’ambiente rurale
e del paesaggio, associate alla
sicurezza dei prodotti e alla salute dei consumatori.
Trentingrana Dop
nuovo pack
per la ristorazione
Trentingrana Dop aggiunge una
nuova referenza alla sua gamma. È ora disponibile esclusivamente per il canale Ho.Re.Ca. il
nuovo pack di grattuggiato fresco da 1 kg.
La materia prima è certificata:
Trentingrana Dop è prodotto solo con caglio, sale e latte trentino proveniente da bovine alimentate con mangimi e con foraggi rigorosamente non OGM.
Il nuovo pack per la ristorazione
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è successo anche…
ha una grammatura unica, da 1
kg, ideale per l’uso in una cucina professionale.
Prodotti
lattiero-caseari
di montagna,
l'eccellenza che
fa bene alla salute
“Cluster di eccellenza” è un progetto finanziato dalla Regione
Lombardia, finalizzato alla sinergia tra la produzione agroalimentare e la ricerca medico-scientifica,
che ha visto lo snodarsi di tre anni
di ricerca, formazione e animazione territoriale volte alla valorizzazione delle aree montane e del loro capitale umano e produttivo.
Oggetto della ricerca, condotta
dall'Università di Pavia e dall'Università Statale di Milano, è stata la
valutazione delle proprietà antiossidanti individuate nelle produzioni lattiero-casearie tipiche della
montagna lombarda.
Obiettivo dell'indagine scientifica
condotta sui formaggi è stato
quello di determinare l'esistenza
in questi prodotti di specifiche
molecole in grado di distruggere i
radicali liberi, con riduzione conseguente dello stress ossidativo.
Non solo, come effetto collaterale
della ricerca, è emerso che il consumo di alcuni formaggi abbassa
il livello di colesterolo nel sangue.
I risultati positivi hanno dimostrato la tesi di partenza, che riconosce al consumo di formaggi proprietà salutistiche inaspettate e di
straordinaria portata.
Lo studio è stato effettuato su 30
formaggi prodotti in Val Brembana, valle in provincia di Bergamo
tradizionalmente votata alla produzione casearia, suddivisi in 3 tipologie (caprini, stracchini e For-
mai de Mut dell'Alta Valle Brembana Dop, un formaggio tipico
della zona).
Le proprietà antiossidanti, riscontrate in parte dei campioni analizzati, sono probabilmente riconducibili all'alimentazione degli animali: è noto che quanto più gli
animali pascolano liberamente in
alpeggio, tanto più il latte che
producono è ricco di fitosteroli,
molecole a cui si attribuisce la capacità di ridurre il colesterolo riscontrata nei formaggi analizzati.
A fronte dei risultati ottenuti, che
attestano la correlazione tra le
condizioni ambientali di allevamento degli animali e la presenza
nei prodotti lattiero-caseari di
composti a influenza positiva sulla
salute dei consumatori, il progetto
si pone ora un secondo ambizioso
obiettivo, ovvero quello di divulgare e trasferire le buone pratiche
produttive a tutti i produttori del
settore. In tale direzione vogliono
andare una serie di attività di alta
formazione, condotte su un pubblico trasversale di produttori, ristoratori, commercianti e giovani
diplomati e realizzate in collaborazione con la Comunità Montana
della Val Brembana, grazie alla
quale si è ottenuto un forte coinvolgimento del territorio.
Innovare
l’informazione
al consumatore,
arrivano le
etichette parlanti
Rivoluzionare l’informazione al
consumatore grazie alla tecnologia mobile. Arrivano le Nutriclip®,
le innovative etichette parlanti con
interfaccia multimediale, per sapere davvero tutto del prodotto che
si porta in tavola: dalle caratteristi-
che nutrizionali ai vantaggi per la
salute. A lanciarle è il gruppo Brazzale, azienda casearia che, a partire da settembre, porterà l’innovazione sulle confezioni dei suoi prodotti, a cominciare dal Burro delle
Alpi e dal Gran Moravia.
“Si prevede che entro il 2015 il
numero di smartphones in Italia
supererà i 50 milioni – spiega
Roberto Brazzale, presidente del
Gruppo Brazzale – Ormai quasi
ogni cittadino disporrà di un potente strumento in grado di rivoluzionare la propria capacità
di informarsi a 360 gradi sul
prodotto che sta acquistando.
Un potenziale immenso, oggi
ancora incredibilmente trascurato, che abbiamo pensato di usare a beneficio del consumatore
e della corretta alimentazione.
Oggi le tabelle nutrizionali non
possono che contenere aridi dati quantitativi sintetici, tecnici,
difficili da interpretare nel modo
corretto. Il progetto Nutriclip®
nasce per dare ai consumatori
tutte le informazioni utili e corrette. Non è soltanto un progresso formale, ma un passo da
gigante per combattere la scienza fai da te e il rischio di fraintendimenti o facili suggestioni".
Ma come funzionano le nuove
Nutriclip®? Sfruttando la tecnologia QR code (disponibile sia per
iPhone sia per Android e Symbian), basterà “leggere” col proprio smartphone il codice quadrettato presente su tutte le confezioni dei prodotti Brazzale per
accedere a delle brevi clips, in cui
il prof. Pier Luigi Rossi, medico
specialista in Scienza dell’Alimentazione, spiega in modo chiaro,
semplice e completo tutte le qualità nutrizionali del prodotto, le
sue caratteristiche, i benefici sulla
salute e sul metabolismo.
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è successo anche…
All’acqua
San Benedetto
l’Oscar
dell’Imballaggio
sulla sostenibilità
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Acqua minerale San Benedetto
spa si aggiudica l’Oscar dell’Imballaggio 2013, sezione Comunicazione, con la sua linea
“Progetto Eco-Green”. Promosso dall’Istituto italiano imballaggio e da Conai, l’Oscar
rappresenta un ambito riconoscimento attribuiti alle migliori
soluzioni di packaging ecocompatibili e valorizza le politiche di prevenzione dell’impatto ambientale.
La linea “Progetto Eco Green”
è la nuova generazione di bottiglie di acqua minerale con la
quale San Benedetto vuole offrire al consumatore la possibilità di scegliere tra un prodotto
convenzionale e uno a ridotto
impatto ambientale. Il 100%
delle emissioni di CO2 dell’in-
tero ciclo di vita dei formati
della linea “Progetto Eco-Green” è compensato attraverso
l’acquisto di crediti di tipo
“VERs”, che finanziano progetti ecosostenibili per la salvaguardia del clima. Inoltre, in
un’ottica sempre più ecologi-
ca, i formati da 1 l Easy e quelli famiglia da 1,5 l e 2 l utilizzano rispettivamente il 30% e
il 10% di RPET, cioè PET rigenerato proveniente dal riciclo
della plastica, riducendo il fabbisogno di materia prima vergine e quindi di petrolio.
Insediato il nuovo Consiglio nazionale dell'Ordine dei tecnologi alimentari
Si è insediato lo scorso aprile, presso il Ministero della Giustizia, il nuovo Consiglio nazionale dell'Ordine dei Tecnologi
alimentari.
Il Consiglio è composto dai seguenti consiglieri:
•
presidente: d.ssa Carla Brienza - Ota Basilicata - Calabria;
•
vice presidente: d.ssa Sabrina De Camillis - Ota Molise;
•
vice presidente: d.ssa Claudia Rossi - Ota Lombardia - Liguria;
•
segretario: d.ssa Giovanna Soviero - Ota Campania - Lazio;
•
tesoriere: dott. Stefano Campani - Ota Emilia Romagna - Toscana - Umbria - Marche;
•
consigliere: d.ssa Antonella Geraci - Ota Sicilia - Sardegna;
•
consigliere: d.ssa Cristina Valli - Ota Lombardia - Liguria;
•
consigliere: dott. Francesco Vinale - Ota Campania - Lazio;
•
consigliere: dott. Pasquale Rampa - Ota Abruzzo;
•
consigliere: dott. Giuseppe Paltani - Ota Piemonte - Valle d'Aosta;
•
consigliere: d.ssa Mara Stecchini - Ota Friuli Venezia Giulia.
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MERCATO
Fornitori di Servizi e Prodotti per l’Igiene, la Sicurezza e i Controlli nel Settore alimentare
In questa sezione, le aziende che scelgono di presentarsi,
per la loro significatività e caratteristiche innovative,
vengono elencate per zona geografica (area Nilsen),
per renderne più semplice la ricerca e la lettura.
PIEMONTE
Cuneo
Ibimec srl
Sede operativa
via Neive, 24
12050 Castagnito (CN)
Sede legale
piazza Prunotto Urbano, 11
12051 Alba (CN)
Tel. 0173 386470
Fax 0173 212696
ibimec@ibimec
www.ibimec.it
Attività di consulenza area Sistemi
Qualità, Organizzazione aziendale,
Gestione dei processi.
Attività specifica per il settore alimentare: audit interni e presso i fornitori, norme cogenti e volontarie,
soluzioni software proprietarie per il
settore agroalimentare ed alimentare per tracciabilità, rintracciabilità e
logistica.
LOMBARDIA
Bergamo
A.Berg. srl
via SS. Maurizio e Fermo, 5
24125 Bergamo
Ufficio Amministrazione
Tel. 035 246889 r.a.
Fax 035 212992
Ufficio Commerciale
Tel. 035 246889 r.a.
Fax 035 4136066
Ufficio Consulenza e Sicurezza
Tel. 035 246889 r.a.
Fax 035 4133040
[email protected]
Divisione Sicurezza sul lavoro: consulenze sulla sicurezza nei luoghi di lavoro come da d.lgs. 81/08; pratiche ambientali e fonometriche; attività di formazione relative alla sicurezza; servizi
di consulenza e formazione su autocontrollo igienico-sanitario (HACCP).
Divisione Medicina del lavoro: gestione con servizio di sorveglianza sanitaria in azienda (medico competente);
materiali e presidi di primo soccorso;
corsi di primo soccorso.
Milano
Alsco Italia srl
Direzione generale
via A. Bertani, 6
20154 Milano
Tel. 02 89400523
Fax 02 89401493
[email protected]
www.alsco.it
Altre sedi: Lodi, Padova, Siena,
L’Aquila, Roma, Napoli, Bari, Siracusa, Vezia e Sarnen (Lucerna) in Svizzera.
Alsco Italia offre un servizio con soluzioni personalizzate di noleggio,
lavaggio e gestione dell’abito da lavoro, che garantisce agli operatori
qualità igienica (norma ISO 14065),
comfort e sicurezza mantenuti nel
tempo.
Comasec Italia srl
via Torricelli, 2
20090 Buccinasco (MI)
Tel. 02 45707516
Fax 02 45703595
[email protected]
www.marigold-industrial.com
Grazie ai suoi marchi Comasec e Marigold Industrial, riconosciuti ed apprezzati a livello internazionale, il
Gruppo Comasec International, di cui
Comasec Italia è la filiale italiana, è diventato uno dei leader mondiali nella
protezione delle mani.
I nostri impianti produttivi sono certificati secondo i più elevati standard internazionali qualitativi ed
ambientali.
Tutti i guanti rispondono alle direttive
europee in materia di DPI, sono conformi alle norme comunitarie, com-
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mercato
prese quelle relative al contatto con
alimenti, e portano il marchio CE.
Gruppi di Ricerca e Sviluppo sono
dislocati nelle varie sedi del Gruppo, per svolgere un’attenta valutazione del mercato che si traduce nello sviluppo e nella realizzazione di nuove tecnologie per la
produzione di guanti da lavoro
sempre più performanti e confortevoli.
Gruppo R-Biopharm
Via Morandi, 10
20077 Melegnano (MI)
Tel. 02 98233330
Fax 02 9834100
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www.r-biopharm.com
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R-Biopharm è un’azienda leader nello sviluppo di test per la ricerca in alimenti e mangimi di: micotossine, ormoni, antibiotici, Organismi Geneticamente Modificati (OGM), materiale
a rischio, allergeni, patogeni, specie
animali, vitamine, zuccheri, acidi organici.
R-Biopharm è presente direttamente
in Stati Uniti, Francia, Regno Unito,
Italia, Argentina, Brasile, Cina, Spagna, Svizzera, Austria e Olanda, ed è
rappresentata nel mondo da oltre 80
distributori.
Rivoira spa
Via Durini, 7
20122 Milano
Tel. 199 133133*
Fax: 800 849428
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http://www.rivoiragas.com
*al costo di 11,88 € cent/min + IVA
da telefono fisso Telecom Italia, senza
scatto alla risposta.
Per chiamate da altra rete il costo è
fornito dall’operatore utilizzato.
Rivoira è tra le società leader in Italia
nel settore dei gas industriali ed appartiene al gruppo Praxair.
Nel settore dell’industria alimentare, l’azienda offre una soluzione
completa, frutto di competenza
ed esperienza, che mette in primo
piano la qualità, la sicurezza e la
corretta conservazione dei prodotti.
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www.checkfruit.it
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agroalimentare. I principali servizi
includono: certificazioni BRC, IFS,
GLOBALGAP, ISO 9001, ISO 22000,
seminari e corsi di specializzazione.
Partner Check Fruit srl.
Tecnafood
via Togliatti, 5/D
41030 Bomporto (MO)
Tel. 059 909881
Fax 059 907336
VENETO
Treviso
Econorma sas
via Olivera, 52
31020 San Vendemiano (TV)
Tel. 0438 409049
Fax 0438 409036
www.econorma.com
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Monitoraggio e telecontrollo della
temperatura, umidità relativa % e
segnali di processo; miniregistratori di temperatura con 130.000 letture; controllori e registratori di
celle frigorifere; identificazione
elettronica TAG; controllo access;
data logger; monitoraggio via radio mono e bidirezionale; registrazione in continuo dell’indice di pastorizzazione; monitoraggio temperature e localizzazione GPS di
automezzi.
Tecnafood è un’azienda specializzata in prodotti ed accessori per
l’industria alimentare con lo scopo
di fornire alle aziende alimentari
tutto quello che occorre per svolgere il proprio lavoro nella maniera più efficiente e nel pieno compimento delle moderne norme di
sicurezza ed igiene alimentare. Tra
gli oltre 3000 prodotti a catalogo
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protezione individuale, accessori
per la manipolazione di alimenti,
macchine per la lavorazione della
carne e del pesce, contenitori per
alimenti, accessori rilevabili al metal detector, prodotti per la pulizia
e l’igiene, strumenti di misura elettronici, articoli decorativi per negozi e punti vendita.
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Bologna
LAZIO
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40121 Bologna
Tel. 051 6494813
Fax 051 6494813
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Agroqualità
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00144 Roma
Tel. 06 54228675
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mercato
Fax 06 54228692
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www.agroqualita.it
Società per la certificazione della
qualità nel settore agroalimentare.
Schemi di certificazione: Sistemi di
gestione per la qualità (ISO
9001:2008), Sistemi di gestione
ambientali (ISO 14001:2004), Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare (ISO 22000:2005), Sistemi
di rintracciabilità (ISO 22005:2007),
Gestione dell’igiene nella produzione d’imballaggi per prodotti alimentari (UNI EN 15593:2008), Global
Standard For Food Safety (BRC), International Food Standard (IFS), Integrated Farm Assurance Standard
(IFA – Globalgap), certificazione volontaria di prodotto, controllo delle
produzioni Dop, Igp e Stg, etichettatura facoltativa delle carni.
Biocontrol Systems spa
via Pontina vecchia, km 34
00040 Ardea (Roma)
Tel. 06 9148831
Fax 06 9147118
www.biocontrolsys.com
Biocontrol Systems spa produce: sistemi per l’identificazione dei patogeni alimentari e il controllo dell’igiene, sistemi e kit in pH-metria
differenziale per controlli alimentari e clinici, kit per l’analisi di micotossine, allergeni e altri residui chimici.
Giemme Laboratori srl
via Tolfa, 2
00179 Roma
Tel. 06 98386141
Fax 06 62277474
[email protected]
www.giemmelaboratori.com
Dall’esperienza di Gruppo Maurizi
nasce Giemme Laboratori, laborato-
rio di chimica e microbiologia che
effettua analisi su matrici alimentari, tamponi, acque e rifiuti.
Giemme Laboratori è iscritto nell’elenco della Regione Lazio dei laboratori per l’autocontrollo alimentare ed è accreditato Accredia con il
numero 1004.
Gruppo Maurizi srl
via Appia Nuova, 669
00179 Roma
Tel. 06 7840919
Fax 06 7840932
[email protected]
www.gruppomaurizi.it
Attivo dal 1971, il Gruppo Maurizi
svolge attività di consulenza per le
aziende in diversi settori (sicurezza
sui luoghi di lavoro, ambiente, sicurezza alimentare), in particolare
nel settore delle sicurezza alimentare: implementazione sistemi secondo HACCP e le principali norme
volontarie (BRC, IFS, ISO 22000;
ISO 9001), verifiche ispettive, audit
presso i fornitori, progettazione e
revisione dell’etichettatura, formazione del personale.
CAMPANIA
Napoli
Laboratorio di analisi
e ricerche V. Besana spa
via Ferrovia, 210 - 80040 San Gennaro Vesuviano (NA)
Tel. 081 8659350-1
Fax 081 86597651
[email protected]
www.besanaworld.com
pesticidi e dei principali microorganismi patogeni alimentari.
Salerno
SeaWeb Consulting srl
via E. Montale, 1
84091 Battipaglia (SA)
Tel./Fax 0828 301711
www.puntoqualita.com
[email protected]
Consulenze in: autocontrollo igienico-sanitario (HACCP); rintracciabilità di filiera; certificazione di
qualità ISO 9001 e ambientali ISO
14001; tecnologie alimentari; tecnologie per la ristorazione (bollino
blu per la ristorazione); formazione
del personale sulla sicurezza alimentare (ex libretto sanitario) e
sulla sicurezza sul lavoro; sicurezza
sul lavoro (d.lgs. 81/08); igiene e
sicurezza delle piscine; analisi degli
alimenti (chimiche e microbiologiche); assistenza tecnico-legislativa;
rilievi fonometrici negli ambienti di
lavoro (titolo VIII, capo II del d.lgs.
81/88 (ex d.lgs. 195/06)) e ambientali (per inquinamento acustico
ambientale – legge 447/95); rilievi
vibrazionali negli ambienti di lavoro (titolo VIII, capo III e allegato
XXXV del d.lgs. 81/88); strumentazione portatile per il monitoraggio
di: temperatura, umidità, velocità
dell’aria, pressione, intensità luminosa (luxmetro), CO , analisi acqua,
analisi olio ecc.
Laboratorio di analisi e ricerche accreditato Sinal dal 1999.
Analisi di autocontrollo nel settore
alimentare; ricerche di micotossine,
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25Mercato4_13:. 08/05/13 08.57 Pagina 110
mercato
Per essere presenti in questa sezione, presentando la propria attività ad un pubblico di lettori mirato e aumentare la propria visibilità sul mercato, rispedire il modulo sottostante, compilato in ogni sua parte, a: [email protected] o, via fax, al numero 02 6682462
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Anno XV - 4 - Maggio 2013
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INDICE DEGLI INSERZIONISTI
■ AGROQUALITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
■ ECONORMA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
■ ALINORM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
■ PALL ITALIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
■ BIOCONTROL SYSTEMS . . . . . . . . . . . 33
■ R-BIOPHARM ITALIA . . . . . . . . . . . . . . . . 23
■ CERTIQUALITY. . . . . . . . . . . . . . . . II di cop.
■ TECNAFOOD . . . . . . . . . . . . . . . . IV di cop.
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111_112 ultime giugno 2013_111_112 ultime giugno 2013 29/05/13 18.00 Pagina 112
Alimenti&Bevande
ISSN: 1827-8582
Direttore responsabile
Gabriele Lanzarotti
Coordinamento redazionale
Emanuela Giorgi
Tel. 06 8887776
[email protected]
Redazione
Via Medardo Rosso, 11
20159 Milano
Tel. 02 60852339
[email protected]
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Collaboratori di redazione
Barbra Bucci, Piergiuseppe Calà,
Gabriella Carcassola, Carlo Correra,
Corinna Correra, Dario Dongo,
Gaetano Forte, Sara Gallicchio,
Flavio Gibilras, Marco Luvisi,
Tina Mauro, Samantha Nesi,
Vincenzo Pacileo,
Stefano Saccares, Domenico
Stirparo, Gianluigi Valsecchi,
Maria Chiara Venturini,
Manuela Vinay.
Abbonamenti (9 numeri)
• Abbonamento Standard: € 88,00
(comprende l’invio di: 9 fascicoli cartacei + supplemento monotematico,
consultazione gratuita dei fascicoli in formato pdf e sfogliabile, newsletter
periodica di aggiornamento professionale)
• Abbonamento Base: € 68,00
(comprende l’invio di: 9 fascicoli cartacei, newsletter periodica di
aggiornamento professionale)
• Abbonamento On line: € 90,75 (IVA compresa)
(comprende l’invio di: 9 fascicoli in formato pdf e sfogliabile, navigazione
in tutte le sezioni del sito www.alimentibevande.it, newsletter periodica di
aggiornamento professionale)
Alle tipologie di abbonamento Standard e Base è applicabile la Formula Plus
(€ 48,40 IVA compresa), che consente di navigare in tutte le sezioni del sito
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Anno XV - 5 - Giugno 2013
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ALIMENTI&BEVANDE - n. 5 - Giugno 2013
COPERTINA ALIBE_COPERTINA ALIBE 29/05/13 17.01 Pagina 1
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Anno XV
5
Giugno 2013
SPECIALE “PACKAGING”
Le responsabilità dell’importatore
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Comunicazione al consumatore
Allerta: la distinzione
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Reati alimentari
I “secondi 50 anni”
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Carni e tecnologia Csm
Caratteristiche,
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