Recensione del Final Report dell`Agenzia Nazionale
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Recensione del Final Report dell`Agenzia Nazionale
Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri, indirizzata ad Air Press ed Avionews con preghiera di pubblicazione. Considerazioni introduttive ad una Recensione del “FINAL REPORT n. A/1/04” dell’A.N.S.V. sulla collisione al suolo tra aeromobili avvenuta il giorno 8 ottobre 2001 sull’aeroporto di Milano-Linate. A cura del Com.te Renzo Dentesano, Socio fondatore dell’Associazione per la Sicurezza dei Trasporti – ASTRA. Premessa Lo scopo della recensione del Final Report dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo in merito al disastro aereo di Linate, che sarà pubblicata a breve sul sito di ASTRA [http://www.associazioneastra.org], è quello di fornire un contributo qualificato all’indispensabile miglioramento di quanto attualmente in atto per l’investigazione tecnica degli incidenti aerei, con l’intento di prevenirne l’accadimento. Un tale miglioramento richiede una completa identificazione dei fattori che sono intervenuti nel meccanismo causale, compresi i comportamenti delle persone che fanno parte del sistema, dai vertici apicali alla prima linea operativa. Pertanto, nell’interesse delle investigazioni tecniche volte a far luce sulle vere cause degli incidenti aeronautici, è assolutamente necessario, onde conoscere come e dove correre ai ripari, individuare anche «le attribuzioni assegnate ai singoli» e da quest’ultime, attraverso i fatti accertati, determinare quali «obblighi e doveri» siano stati disattesi o violati da parte dei singoli in relazione a precise disposizioni tecniche, codicistiche, organizzative ed operative. Questa è prassi consolidata (in passato, e in alcuni Stati, abusata) quando l’oggetto dell’analisi sono gli operatori della prima linea operativa, ma non ha analogo riscontro quando i comportamenti riguardano funzioni di persone lontane dalla prima linea e/o dissimulate dalla complessità dell’organizzazione. Così ci si trova di fronte ad una sorta di nebbia che assume il connotato di barriera insormontabile per rintracciare le fonti causali di falle latenti man mano che ci si avvicina ai vertici apicali del sistema. L’esigenza di risalire alle fonti non ha lo scopo di fare, o sostituirsi alla, Giustizia, ovvero di “colpire l’errore”, ma semplicemente di individuare effettivamente quali “difese del sistema” non abbiano funzionato e, quindi, per poter intervenire tempestivamente a correggere il sistema, per il rispetto delle Vittime eventuali e comunque per la salvaguardia del diritto dell’Utenza a poter viaggiare in sicurezza. Il “non-sistema” di Aviazione Civile italiano appare, infatti, ignorare che devono sempre essere in atto «le difese di sistema» ed è, pertanto, necessaria l’individuazione delle responsabilità (ruoli, funzioni, missioni o compiti) di chi aveva il dovere di instaurare, attuare, aggiornare e sorvegliare «il sistema» in modo da permettere di correggerlo tempestivamente quando avvenga il caso d’un errore umano commesso da uno o più Operatore/i di prima linea. Altro esempio eclatante di quanto possa esser dannosa la mancata individuazione delle “responsabilità decisionali strategiche” (per lo meno a fini correttivi del sistema) è l’episodio gravissimo ed appena denunciato blandamente nel Report che riguarda la carica pubblica o l’autorità rappresentata dalla persona che ha ritenuto di poter dare esecuzione alla rimozione dei relitti rimasti sulla pista 1 di Linate e nelle sue adiacenze prima che l’Investigatore incaricato dell’indagine tecnica da parte dell’Agenzia, potesse arrivare sul posto e quindi potesse iniziare gli indispensabili accertamenti sul campo prima della rimozione delle evidenze. Solo al termine degli accertamenti tecnici contemplati dall’ICAO dall’Annesso 13 (Cap. 3 - § 3.2) alla Convenzione di Chicago poteva esser effettuata la rimozione (DOC 9137 – Cap. 14 - § 14.1) che, comunque, andava eseguita sotto la guida di una persona competente ed addestrata. Ed invece la pista e le sue adiacenze sono state sgomberate in tutta fretta, così facendo andare perdute tante, troppe evidenze relative al decesso degli occupanti e di altri particolari utili relativamente all’aereo tedesco, che è stato all’origine della collisione avvenuta con l’aereo scandinavo. L’Annesso 13 e l’attribuzione di colpa (liability) L'art. 3, paragrafo 1 del D. Lgs. n. 66 del 25 febbraio 1999, istitutivo dell'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo - A.N.S.V. - testualmente statuisce:- «L'Agenzia, … conduce le inchieste tecniche di cui all'art. 826 del Codice della Navigazione, così come sostituito dall'art. 17, comma 1, del presente decreto, con il solo obiettivo di prevenire gli incidenti e gli "inconvenienti", escludendo ogni valutazione di colpa e responsabilità». Il sopra citato articolo 17, comma 1, sostituisce il Titolo VIII° del Codice della Navigazione presentando appunto il nuovo art. 826, dedicato all'Inchiesta tecnica, ma anche altri articoli dello stesso Titolo, tra i quali, ai fini della presente trattazione, spicca per importanza l'art. 827 - Norme di riferimento - il cui testo stabilisce quanto segue:- «Nell'espletamento dell'inchiesta tecnica, di cui all'art. 826, l'Agenzia … procede in conformità con quanto previsto dall'Allegato 13 alla Convenzione relativa all'Aviazione Civile Internazionale, stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944, approvata e resa esecutiva con il D. Lgs. 6 marzo 1948, n. 616, ratificata con la Legge 17 aprile 1956, n. 561». Dunque con l'art.17 contenuto nel D. Lgs. istitutivo dell'Agenzia ed in particolare con il disposto di cui all'art. 827 modificato del Codice della Navigazione in vigore si è recepito di fatto nell'ordinamento nazionale anche l'Allegato (Annesso) n. 13 alla Convenzione di Chicago. L'Annesso 13, capitolo 3, paragrafo 3.1, sotto il titolo "Objective of the investigation" dispone testualmente:- «The sole objective of the investigation of an accident or incident shall be the prevention of accidents and incidents. It is not the purpose of this activity to apportion blame or liability». Debitamente tradotto, nell'osservanza del recepimento ordinamentale avvenuto come sopra riportato, il testo di questo standard dell'ICAO stabilisce testualmente:- «L'unico obiettivo dell'investigazione di un incidente o di un evento di pericolo sarà quello della prevenzione degli incidenti e degli eventi di pericolo. Non è intendimento di questo procedimento quello di attribuire biasimo o “liability”». In italiano, che cosa dovremmo intendere con il termine “liability”? Il termine anglosassone “liability” ha un significato più specifico di quanto possa esprimere il termine italiano “responsabilità”. Responsabilità evoca una condizione che implica risposte in senso generale e può essere pertanto rappresentata da svariati sinonimi, con significati che vanno dagli aspetti morali ad aspetti di funzione e di ruolo in un organizzazione. Liability evoca, invece, implicazioni giuridiche, come: dover rispondere di comportamenti, di azioni od omissioni, secondo parametri determinabili da codici e norme giuridiche. In tal senso potrebbe essere meglio definito come “punibilità”. 2 Questo connotato è quello che l’ICAO intende evitare dichiarando:…not… to apportion blame or liability. Lo statement in questione non intende (e non potrebbe) evitare di indicare, come avviene nei confronti di chi opera in front line, responsabilità di funzione e di ruolo nell’ambito dell’organizzazione in termini di comportamenti, azioni od omissioni. Dunque, l'Annesso 13, recepito nel nostro ordinamento con le modalità enunciate, ma che richiedeva le norme di applicazione che poi sono state statuite con il D. Lgs. n. 66/99, nel suo Capitolo 4 - Notifiche - paragrafo 4.1 Responsabilità dello Stato dell'avvenimento - stabilisce che lo Stato nel quale è avvenuto un incidente o un evento di pericolo grave invii una notifica oltre che allo Stato di immatricolazione ed a quello dell'Esercente dell'aereo, allo Stato di progettazione ed a quello di costruzione di cellula e motori, anche all'ICAO, qualora l'aereo coinvolto abbia una massa massima al decollo superiore a 2.250 kilogrammi. Sempre allo stesso Capitolo, al paragrafo 4.3 - Language - è stabilito che «la notifica sarà preparata in una delle lingue di lavoro dell'ICAO, tenendo in conto la lingua dei destinatari, ogni qualvolta sia possibile fare ciò senza causare indebiti ritardi». Al Capitolo 6 dello stesso Annesso, sotto il titolo "Relazione finale - Final Report", tra le responsabilità assegnate allo Stato che ha condotto l'investigazione tecnica, con il titolo "Pubblicazione della Relazione finale", il paragrafo 6.11 dispone che «nell'interesse della prevenzione, lo Stato che ha condotto l'investigazione su di un incidente dovrà pubblicare la Relazione finale "as soon as possible"». Il Final Report e le lingue ICAO La Nota che segue il paragrafo 6.12, dedicato alla divulgazione del "Final Report" stabilisce che «ogni qualvolta sia fattibile, la Relazione finale da inviare all'ICAO dev'essere preparata in una delle lingue di lavoro dell'Organizzazione e nella forma indicata nell'Appendice», denominata "Formato della Relazione Finale". In relazione a quanto appena sopra riportato dobbiamo ricordare che, come dichiarato nell'Introduzione all'Annesso stesso, le lingue di lavoro dell'ICAO sono, oltre all'Inglese, il Francese, il Russo, l'Arabo, lo Spagnolo ed il Cinese. Così, per tutto quanto sopra dichiarato ed esibito, possiamo concludere che la Relazione finale sul disastro di Linate poteva e doveva essere compilata, pubblicata ed inviata all'ICAO in una qualsiasi delle lingue di lavoro dell'ICAO, ma non di certo in lingua italiana che non fa, purtroppo, parte di questi idiomi scelti fra quelli più diffusi nel mondo. Di conseguenza, avendo scelto di fare del testo di stesura una edizione in lingua inglese, quell'edizione e solo quella dev'essere il testo di riferimento sul quale basare qualsiasi altra versione inclusa quella in lingua italiana, qualora necessaria per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla cui vigilanza è sottoposta l'ANSV. Ed allora la dichiarazione bilingue stampata in calce a pag. VII del testo del Final Report, che la versione di riferimento in merito all'investigazione tecnica sul disastro aereo di Linate debba essere quella in lingua italiana costituisce una “differenza” mai notificata all'ICAO nei confronti di uno Standard, difformità oltre tutto non giustificata da alcuna necessità o impossibilità a conformarsi! Quando poi, come nel caso in esame, le differenze contenute nei due testi ed in particolare la traduzione in lingua inglese della Relazione finale scritta in italiano per lo più non rispecchiano né la sostanza né i particolari di buona parte del testo denominato "di riferimento", allora la discordanza va rilevata e corretta al 3 più presto da parte dell'Autorità di vigilanza da cui l'Agenzia dipende (vedi D. Lgs. n. 66/99, art. 1, comma 1). Questo è, infatti, l’obbligo della Repubblica italiana nella sua qualità di Stato contraente la Convenzione di Chicago e più precisamente dalla disposizione contenuta nell'art. 26 della Convenzione stessa, oltre alla sua correlazione con l'Annesso 13, così come esplicitata nel "Foreword" all'Annesso e particolarmente sottolineata nell'Attachment C dello stesso. Ritorniamo ora al disposto dell'art. 12, paragrafo 1, del Decreto n. 66/99 dal titolo "Relazioni e Rapporti d'inchiesta" il quale stabilisce che «per ciascuna inchiesta relativa ad un incidente, l'Agenzia redige una Relazione che contiene anche elementi utili ai fini della prevenzione, nonché eventuali raccomandazioni di sicurezza. La relazione è trasmessa alla Presidenza del Consiglio per l'invio alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica, al Ministero dei Trasporti e della Navigazione, all'ENAC, alla Commissione europea ed all'Organizzazione dell'Aviazione Civile Internazionale (ICAO)». Ancora, il paragrafo 4 dello stesso articolo dispone che «le Relazioni ed i Rapporti d'inchiesta e le raccomandazioni di sicurezza [!] non riguardano in alcun caso la determinazione di colpe e responsabilità». Ma l'appena citata disposizione di Legge nel «Final Report on accident involved aircraft Boeing MD-87 "SE-DMA" and Cessna 525-A "D-IEVX" at Milano Linate airport on October 8th 2001», sotto il titolo «Purpose of the Technical Investigation» a pagina VII, viene invece presentata secondo la seguente traduzione:- «Reports and associated Safety recommendations are never intended to apportion blame or responsibility (art. 12, § 4, L. Decree of February the 25th 1999, n. 66)». Inoltre alla stessa pagina VII del "Final Report" l'art. 3, §1 del citato Decreto, viene presentato tradotto come segue:- «The A.N.S.V. performs its investigations with the only purpose of accident and serious incidents prevention [sic], excluding any appraisal of blame or responsibility (art. 3, §1, L. Decree of February the 25th 1999, n. 66)». Ancora, la stessa pagina VII termina con la seguente "Avvertenza" bilingue (così come è stata da noi intesa), della quale ci limitiamo a riprodurre la versione italiana invitando i Lettori a verificarne le differenze con la versione in lingua inglese:- «Questa Relazione d'inchiesta è stata tradotta ed è disponibile in lingua inglese a cura dell'A.N.S.V. a beneficio delle persone interessate [sic]. Benché grande attenzione sia stata usata allo scopo di offrire una traduzione accurata, il testo di riferimento rimane quello in lingua Italiana». Mentre in inglese potrebbe essere interpretato come “non aver l’intenzione di dare un resoconto dei fatti” dal momento che il testo recita: « The intent was not to produce a factual translation…». Contravvenendo, in tal modo, non solo alla esigenza di presentare un resoconto completo dei fatti, delle evidenze, delle analisi ma anche all’obbligo di presentare all’ICAO un Final Report sostanziato e scritto in una delle lingue ufficiali dell’ICAO. Si tratta, in sostanza, di una situazione che induce differenze di contenuto riscontrabili tra le due versioni della Relazione Finale emessa dall'ANSV, come vedremo dalla recensione proposta. E come dovrebbe fare l'ICAO (destinataria internazionale delle informazioni e delle raccomandazioni contenute nel Report di un accident che ha visto coinvolti interessi e proprietà anche straniere) a scoprire qual'è la “verità” (leggasi:- “Causa o Cause”) accertata dall'investigazione? Per gli stranieri è quella della versione 4 inglese e per il Governo, il Parlamento, le Autorità dell'Aviazione Civile interessate e per la pubblica opinione domestica è quella della versione italiana? O forse c’è bisogno di ricorrere al parere della Corte di Giustizia dell’Aja ? Considerazioni Dunque, l'obiettivo dichiarato da parte dell'ICAO nell'Annesso 13, Capitolo 3, paragrafo 3.1 è quello della «prevention of accidents and incidents» e laddove si tratta di "prevenzione" di tali accadimenti si sottintende che l'intera operazione investigativa (con la partecipazione degli "Accredited Representatives" degli Stati intitolati a prendervi parte) è condotta allo scopo finale di individuare la/le causa/e che possano aver consentito il sorgere e lo svilupparsi dell'evento anomalo fino alle peggiori conseguenze. Ora dovrebbe risultare ovvio per tutti che per conoscere le cause scatenanti d'un accadimento abbisogni risalire ad esaminare le misure (esistenti od inesistenti, efficaci o inefficaci, funzionanti o inefficienti) che avrebbero dovuto impedire ad una o più cause di concatenarsi fra loro fino ad assumere l'aspetto di un incidente letale o di un evento pericoloso. Altrettanto ovvio dovrebbe essere il fatto che, proprio per impedire questo tipo di spirale perversa, sia stato nominato "qualcuno" incaricato, anzi meglio, "investito" della "funzione" di adottare oppure di applicare certe misure difensive che l'esperienza e/o la cautela, esistenti nella società civile, abbiano già individuato come necessarie ed indispensabili e che la stessa società civile abbia deciso di adottare e di far funzionare a presidio e prevenzione della pubblica incolumità e sicurezza. E tutto ciò è particolarmente vero nel campo aeronautico in generale ed in particolare in quello dell'Aviazione Civile internazionale nel quale tali criteri sono in vigore da circa sessant'anni, durante i quali si è cercato di migliorare tutte quelle difese in campo operativo ed organizzativo che avevano dimostrato di essere inadeguate e/o fallaci, migliorandole appunto fino ad arrivare alle barriere difensive multiple in vigore, ai nostri giorni, in tutti i Paesi aeronauticamente progrediti. Ora, qualcuno investito di una "funzione" normativa ed in genere preventiva, già abbondantemente collaudata in vari Paesi facenti parte di quelli liberamente aderenti alla Convenzione di Chicago, dev'essere "il responsabile" del sistema e delle sue dipendenze operative, in modo tale che, in materia, di incidenti quanto paventato o perlomeno quanto già accaduto nel passato non possa, ovvero, possa molto difficilmente accadere di nuovo, in quanto le difese del "sistema" (indicato dall'ICAO) siano state debitamente attivate e collaudate come funzionanti, purché si sia provveduto a mettere in atto tutto quanto di difensivo sia contemplato o prevedibile dalla competenza di chi è stato scelto per stare al timone del "sistema", con relativi onori ed oneri. Dunque l'aver mutato le parole del paragrafo 3.1 dell'Annesso 13 dell'ICAO che recita: «L'unico obiettivo dell'investigazione di un incidente o di un evento di pericolo sarà quello della prevenzione degli incidenti e degli eventi di pericolo. Non è intendimento di questo procedimento quello di attribuire biasimo o punibilità» in quelle che compaiono sotto l'art. 3, comma 1 del D. Lgs. n. 66/1999 che invece assegna quali "compiti e finalità" dell'Agenzia quelli di condurre le "inchieste tecniche" di cui all'art. 826 del Codice della Navigazione «con il solo obiettivo di prevenire incidenti ed "inconvenienti", escludendo ogni "valutazione" di colpa o responsabilità», è un evidente e grave fraintendimento nell’applicazione della normativa ICAO. Differenza questa neppure notificata all’ICAO, per evidente difficoltà a trovare ragioni valide da parte dello Stato italiano, contraente la 5 Convenzione di Chicago, ad adottare comportamenti diversi da quelli sanciti dagli Annessi tecnici alla Convenzione stessa. E questa volta, si dovrà ricorrere al Consiglio di Stato per modificare quanto di errato, è stato stoltamente inserito nel D. Lgs. n. 66/99. Dunque, nel primo caso si tratta della pura e semplice constatazione dei fatti aventi rilevanza tecnica relativamente all’evento esaminato con cura e perizia, mentre nel testo adottato dalla versione italiana di una maldestra traduzione fatta del disposto dell’Annesso 13 [e fatta supinamente propria dall’estensore del testo del D. Lgs. n. 66/99] si tratta di una “valutazione soggettiva” e come tale assolutamente inaccettabile. Ed invece, nell'attuazione pratica, si continua ad indicare a carico degli operatori di prima linea che "il pilota … ha sbagliato qua …" e che "il controllore … ha errato così e così…", ma mai che il "Dirigente tale ha la responsabilità di non aver provveduto ad intervenire per prevenire questo o quello …" oppure che "il Responsabile della normazione non ha provveduto ad applicare quanto disposto come Standard dall'ICAO …", per la salvaguardia della vita umana. In conclusione, ci troviamo di fronte a due pesi e due misure, solo perché non si conoscono le lingue straniere ed i loro significati mentre non vorremmo esser autorizzati a nutrire il sospetto che siano espedienti per salvare “moralmente” chi invece andrebbe individuato come omettente dei propri compiti a livello preventivo. Ma con questo modo di procedere non si arriverà mai a far diventare l'Aviazione Civile nazionale un unico "sistema" in tutte le sue forme normative, operative e preventive. Renzo Dentesano – 20/11/04. 6 Oggetto: Recensione del “FINAL REPORT n. A/1/04” dell’A.N.S.V. sulla collisione al suolo tra aeromobili avvenuta il giorno 8 ottobre 2001 sull’aeroporto di Milano-Linate. A cura del Com.te Renzo Dentesano. Analisi del Report. In relazione alle Considerazioni Introduttive a questa recensione, non posso altresì dichiararmi d’accordo con quanto notificato in calce a pag. VII del Report, dedicato a stabilire «l’obiettivo dell’inchiesta tecnica», laddove si annuncia che:- «Questa relazione d’inchiesta è stata tradotta ed è disponibile in lingua inglese, così come previsto dalla normativa internazionale in materia. Benché grande attenzione sia stata usata nella traduzione, il testo di riferimento rimane comunque quello in lingua italiana». Orbene, proprio l’esatto contrario doveva essere valido:- infatti, siccome contemplato dall’Annesso 13 ICAO, i Reports da inviare all’ICAO a cura dell’Ente investigativo del Paese contraente che ha condotto l’indagine tecnica devono essere sottoposti per iscritto nella versione corrispondente ad una delle lingue ufficiali dell’Organizzazione per l’Aviazione Civile Internazionale (inglese, francese, spagnolo, arabo, russo e cinese) e quindi il testo di riferimento del Report doveva essere quello in lingua inglese e poi poteva essere tradotto in lingua italiana (se necessario) a piacimento dell’ANSV. Così invece, si deve rilevare quanto segue:1. Il testo in lingua inglese è soltanto una traduzione approssimata di un riassunto (anch’esso molto generico) del testo italiano di riferimento. 2. Particolarmente diverse, nel senso e nella sostanza, risultano essere le traduzioni dei testi delle disposizioni, delle normative, delle leggi e delle ordinanze in lingua italiana così come rese approssimativamente nella traduzione in inglese. 3. Esattamente l’opposto invece è rilevabile a carico dei passi del Report che trattano di aspetti di “human factors”, laddove il testo in lingua inglese risulta ineccepibile, mentre la traduzione che compare nella Relazione d’inchiesta “di riferimento” in italiano risulta approssimativa e riassuntiva. 4. Anche la “traduzione di riferimento” in lingua italiana esibisce errori che rendono incomprensibile il testo, come, ad esempio in testa a pag. 7, primo capoverso, laddove il volo AirOne 937 diventa “Air Pone 937”. Di quanto qui sopra affermato si esibiranno soltanto gli esempi più eclatanti rispetto alla molteplicità dei casi riscontrati durante il lavoro comparativo di analisi eseguito sui due testi in cui la relazione finale deliberata dal Collegio dell’ANSV è stata pubblicata. Comunque, per l’ICAO, la quale a sua volta la porta a conoscenza di tutto il mondo dell’Aviazione Civile Internazionale attraverso la pubblicazione sui propri Digests, la versione che conta (perché in tale versione gli va inviata) è quella in lingua inglese che, nel caso specifico, risulta prevalentemente essere più un sunto del testo italiano, che però si discosta notevolmente dai concetti espressi nel testo di riferimento. Le differenze in certi casi sono notevoli, al punto da arrivare perfino a distorcere e modificare sia lo spirito che la lettera del testo italiano, il quale a sua volta, purtroppo offre delle difformità rispetto alla realtà accertata attraverso il riscontro con i documenti citati come allegati al “final report”. 1 Ora, pur riconoscendo che può esser difficile rendere in lingua inglese concetti ed idee concepiti "pensando" in italiano (ed in particolare le sensazioni dell’Investigatore incaricato, così come da lui proposte in lingua italiana all’attenzione del Collegio e da questo deliberate con il dichiarato intento di voler redigere “una Relazione d’inchiesta” per ogni incidente (leggasi: “accident”) e “un Rapporto d’inchiesta” su ogni inconveniente (leggasi: “serious incident”), quando in inglese entrambi i vocaboli vengono tradotti con il termine “Report” (riferimento alla pagina VII, terzo capoverso), rimane comunque il fatto incontrovertibile che nel caso specifico tutta la traduzione del testo denominato “Final Report” in inglese è resa in modo superficiale, riassuntivo e riduttivo rispetto al preteso testo di riferimento in italiano e risulta quindi diversa dal testo di riferimento deliberato in lingua italiana. Neppure la presentazione dattilografica del testo è stata sufficientemente curata (un esempio per tutti, quello esistente a metà pag. 62 del testo inglese), sperando che solo di ciò si tratti, quando purtroppo si trova ripetutamente usato il vocabolo inglese “deformity” (che significa deformità, ovvero aspetto fisico alterato) in luogo del corretto termine inglese da scegliere tra “difference, dissimilarity, unlikeness” per esprimere “difformità” rispetto a norme o regole che andavano applicate e che invece non lo sono state. Eccezione a quanto sopra commentato, riguardo la traduzione del testo in lingua inglese, risultano essere quei passi dell’elaborato che trattano del tema dei fattori umani e psicologici, pezzi che essendo evidentemente stati scritti originariamente in lingua inglese dallo specialista psicologo chiamato a collaborare all’indagine su questa materia risultano essere resi correttamente nel testo inglese, a differenza di quanto è verificabile nella loro versione in lingua italiana. Ed ancora, a titolo generale, allorquando nel testo viene trattato l’argomento relativo alla documentazione dell’AIP-Italia riguardo alla segnaletica esistente sull’aeroporto di Linate, si deve far notare che non vi sia chiarezza sulla differenza che intercorre tra le “Taxiways centerlines” aeroportuali, costituite da linee continue di colore giallo indicanti la mezzeria garantita da ostacoli fissi della via di rullaggio, con integrazione di regolari luci verdi di “centerline” incassate nella pavimentazione per le operazioni notturne e in condizioni di LVO (Low Visibility Operation), e le “Taxi-lanes centerlines”, cioè altre striscie gialle di mezzeria di percorsi attraversanti aree o piazzali di parcheggio (aprons) onde consentirne l’attraversamento in sicurezza, per raggiungere o per lasciare il punto di parcheggio assegnato. Le “Taxi-lanes centerlines” sono delle semplici linee di guida per entrare ed uscire dai parcheggi e per l’attraversamento dei parcheggi stessi rimanendo separati dagli ostacoli rappresentati dagli aeromobili parcheggiati. Le “taxi-lanes” non possono essere dotate di illuminazione a livello dedicata, in quanto altrimenti si creerebbe un vero e proprio tappeto di luci verdi senza significato o distinzione alcuna ed anzi con un effetto deviante per l’individuazione da parte degli utilizzatori. Infine, ma a margine dell’obiettivo di cui all’oggetto, è doveroso riconoscere pubblicamente la capacità organizzativa dimostrata dall’Agenzia in questo caso complesso e difficile nel consentire la prevista partecipazione del numeroso gruppo di Rappresentanti accreditati di vari Paesi ed Organizzazioni aventi diritto a partecipare ai lavori investigativi assieme ai loro osservatori ed esperti qualificati. 2 Glossa del testo del Report. Quanto sopra debitamente sottolineato, s’intende ora passare all’esame del testo in lingua inglese avendo come unico riferimento la numerazione assegnata a capitoli e paragrafi del Final Report, ad iniziare dal Glossario dello stesso, in quanto risulta incompleto di certi termini quali:ARTEX (spiegato solo a pag. 90); DELTA TWO, nominativo dell’autovettura degli Addetti all’UCT; LIGHT BAR, tradotto come “luci rosse”, anziché come barra illuminata (pagg. 129 e 135); NORIA, non incluso in inglese e non spiegato nella versione italiana che lo cita; SAAV, indicato come “Sistema aeroportuale di assistenza al volo” anziché come ATS Unit; SEA, definita semplicemente «a corporation delivery handling & other assistance to LIN apt»; UOC & UOP, definiti come «ATS control units» anziché come Uffici dell’ENAC o della DCA-Linate. A pag. XV s’incontra poi un titolo “Comment” che commento o critica non è, ma si tratta semmai di un’avvertenza esplicativa su orari, caratteri ed altre spiegazioni preventive alla lettura del testo. – Capitolo I°. Informazioni sui fatti. § 1.1 In merito all’informativa sugli aeromobili coinvolti si nota che sotto l’indicazione relativa «all’arrivo del Cessna a Milano Linate» non compare alcuna notizia circa l’inizio del tempo di servizio dei piloti tedeschi che originavano il loro volo da Colonia per Milano, e non è dato di conoscere come e quando si siano trasferiti dalla loro base di Dusseldorf a Colonia. Ora, siccome a pag. 24 è dato di conoscere che il velivolo tedesco si trovava a Colonia dal 2 ottobre ed a pag. 15 sotto l’indicazione dell’inizio del tempo di servizio dei due piloti si stabilisce un “presunto” orario d’inizio del servizio alle ore 02.30 del 8 ottobre, permane un legittimo dubbio di come e quando sia avvenuto il loro trasferimento a Colonia e si nota altresì il fatto che da parte del Rappresentante accreditato dell’Ente investigativo tedesco presso la Commissione non si siano volute fornire indicazioni più precise in merito, quando si sarebbe dovuto tenere debito conto anche del fattore stanchezza operativa nel valutare le prestazioni dei piloti, quanto meno di quello di 64 anni d’età. Anche perché in tutto il Report non viene mai fornita un’indicazione di quale dei due piloti abbia mantenuto le radiocomunicazioni con Linate Ground e di conseguenza di chi governasse il rullaggio dell’aeromobile, anche con riferimento alla presunta conoscenza dell’aeroporto di Linate, indicata per il più anziano in 7 occasioni e per il più giovane (pilot-in-command) in 5 precedenti. Altrettanto incompleta risulta essere l’informativa circa l’ora del precedente arrivo dei piloti scandinavi, in quanto viene reso noto solamente (pag. 14) che essi avevano fruito di 9 ore fuori servizio prima della presentazione per il volo del mattino del 8 ottobre. Sarebbe stato opportuno rilevare che mentre l’Equipaggio SAS ha necessitato di ben 12 min. prima di dichiararsi pronto al rullaggio (dopo aver ricevuto l’autorizzazione allo start-up) pur avendo uno slot-time di partenza di ben 34 min. di tempo, l’Equipaggio del Cessna, dopo esser stato al parcheggio per un tempo non appurato ma valutabile in circa 55 min., da quando si dichiara pronto allo start-up passano soltanto 7 min. e richiama dichiarandosi pronto al rullaggio; 3 quindi muove dal parcheggio immediatamente pur avendo ricevuto una disposizione di rullaggio piuttosto complessa, ovvero di dover dirigere a Nord per abbandonare il piazzale Ovest su cui si trovava e le cui taxi-lanes centerlines indirizzavano inizialmente il rullaggio obbligatoriamente verso Sud. Quanto sopra nelle condizioni di visibilità ufficiale esistenti che non consentivano il loro decollo. Risulta quindi un inizio di rullaggio affrettato, forse anche perché risentiva di una certa pressione psicologica dovuta sia al fatto commerciale di promuovere una vendita sia per il fatto di avere a disposizione uno slot-time di circa 20 min., che, nelle condizioni di visibilità esistenti e tenuto conto che l’aereo muoveva dal piazzale Ovest e la pista in uso era la 36 R, era un tempo piuttosto ridotto per effettuare con la dovuta serenità e precisione le dovute operazioni e consultazioni di preparazione al rullaggio. Sta di fatto che anche questo elemento avrebbe potuto essere considerato nel valutare il tempo disponibile per la consultazione della documentazione aeroportuale a disposizione di questo Equipaggio, consultazione che evidentemente non c’è stata, e che, con l’errore d’impostazione del rullaggio, ha rappresentato la causa principale della successiva collisione in pista. Andava ancora rilevato che all’uscita dalla taxi-lane dei parcheggi il velivolo è stato condotto per un tratto perfino senza seguire alcuna linea gialla di centerline, fatto che costituisce un’ulteriore violazione alle norme di sicurezza in quanto rullare al di fuori delle linee di guida al rullaggio, in condizioni di visibilità così ridotta, espone al pericolo di non essere separati dagli ostacoli fissi presenti sull’aeroporto. § 1.1.2 Questo paragrafo inizia con la constatazione che la visibilità aeroportuale generale fosse compresa fra 50 e 100 m. sulla base della sola assunzione che il valore della visibilità generale dichiarata dal bollettino meteorologico in vigore all’ora più prossima all’evento era stato determinato dall’Aerologica in 50 m.Orbene, non risulta esser stato fatto alcun tentativo di ottenere oltre che una dichiarazione da parte dell’Aerologista in servizio in merito ad una sua valutazione circa l’andamento dei banchi di nebbia, neppure per ottenere una dichiarazione da parte del personale in servizio sul piazzale Ovest di Linate all’ora del rullaggio del Cessna e neppure da parte dei piloti dell’aeromobile LX-PRA, che dopo soli 30 sec. dal rullaggio del Cessna richiedeva a sua volta uguale autorizzazione. Tale equipaggio, che si suppone fosse abilitato ed abituato a condizioni di LVO, avrebbe potuto fornire indicazioni attendibili sull’effettiva portata visiva esistente sul piazzale Ovest, in quanto molto probabilmente la visibilità effettiva sul piazzale Ovest era ben inferiore a 50 m. e pertanto il solo modo possibile per rullare in sicurezza poteva essere soltanto quello di seguire le linee gialle di centerline con riferimento alla direzione indicata dalla elettrobussola di bordo sia entro le taxilanes inizialmente che per imboccare la corretta taxiway (che si trovava a Nord) successivamente. Se a tutto ciò s’aggiunge il fatto che doveva esser noto ai piloti che il personale di Torre, essendo privo di radar ASMI come da NOTAM in vigore, non era in grado di controllare in nessun altro modo che quello di affidarsi ai rapporti di posizione dei piloti per gestire i movimenti del traffico al suolo, si è costretti a valutare con maggior severità il fatto che i piloti del Cessna, non abilitati ad operare in low visibility conditions inferiori al valore effettivo di 400 m., abbiano deciso di correre il rischio di immettersi nell’affollato traffico aeroportuale esistente in modo così superficiale ed azzardato. Dunque, da parte dell’inchiesta tecnica si trattava di stabilire un ben preciso profilo di violazione di norme e di comportamento imprudente, 4 che sono poi il complesso di ragioni che concorrono a formare la causa principale del disastro. Che poi a questo si debbano aggiungere delle cause concorrenti, ma non primarie, è legittimo e doveroso che vengano portate alla luce proprio per stabilire quali difese siano mancate al sistema che, in quel momento, non poteva definirsi tale per le molteplici mancanze e carenze che presentava. Di contro a questo atteggiamento imprudente da parte dei piloti del Cessna, i Controllori in frequenza alle prese con un traffico “very demanding” per le condizioni esistenti, pur non applicando appieno le norme relative al read-back delle autorizzazioni emesse, stavano applicando tutte le precauzioni possibili con il limitare a porzioni e settori ben precisi le autorizzazioni al rullaggio ed attendendosi da parte dei piloti la conferma del raggiungimento delle posizioni a cui erano stati autorizzati. Dacché esiste il mondo dell’aviazione commerciale si è sempre andati avanti così, quando i radar di sorveglianza al suolo non esistevano e del resto, nella fattispecie, il fatto stesso che nessun equipaggio di nessun velivolo abbia richiesto, né prima né dopo l’incidente, l’assistenza del follow-me sta a dimostrare che, pur con tutte le carenze che l’aeroporto di Linate aveva nei confronti degli standard aeroportuali dell’ICAO, la situazione non era poi così tragica da non permettere ad un professionista serio ed affidabile di potersi muovere in sicurezza secondo le autorizzazioni emesse dai Controllori addetti alle frequenze TWR e Ground. Eccezione a questo quadro, rimane il fatto che venisse usata la lingua italiana sia da parte dei piloti che dei Controllori ATS in un contesto che invece richiedeva più che mai una omogeneità di comprensione delle radiocomunicazioni da parte di tutti. E’ questo un radicato difetto che si è perpetrato nel tempo nell’ambiente del controllo del traffico aereo nazionale a causa di mai effettuati interventi correttivi da parte dei Responsabili sia dell’Autorità dell’Aviazione Civile che di quelli dell’Ente fornitore del Servizio ATC. Ma di questo nessuno è stato chiamato a risponderne, neppure tra coloro che dall’Autorità giudiziaria sono stati rinviati a giudizio penale, tanto meno coloro che sono rimasti celati nell’ombra sia a livello periferico che centrale, proprio in base alle proprie attribuzioni funzionali di tipo strategico. Riassumendo, di più i Controllori in frequenza non avrebbero potuto fare date le circostanze di volume di traffico e condizioni meteorologiche esistenti, mentre ben altro ci si sarebbe dovuto aspettare, in quanto richiesto dalle circostanze e dagli eventi, da parte del CSO, supervisore di Torre. E questo non risulta né analizzato, né puntualizzato nella Relazione d’inchiesta. § 1.1.3 Dobbiamo ribadire, anche perché è urgente che si provveda a correggere questa pericolosa abitudine, che i Controllori e i Piloti italiani si ostinano ad usare in radiotelefonia la lingua italiana, oltretutto spesso gergale, anziché attenersi alla fraseologia standard in inglese per la quale sostengono pure specifici esami professionali abilitativi, fatto che consentirebbe d’essere intesi e compresi ugualmente da tutti gli utenti dello spazio aereo interessato, stranieri inclusi. Rimane comunque il fatto che quanto denunciato, non essendo un fatto individuale bensì generalizzato, va ascritto alla debolezze delle difese di un “sistema violato”, fatto che, come già detto, si protraeva da tempo e nel tempo, non essendo mai stato corretto dalle Autorità responsabili centrali e periferiche dell’ENAV da una parte e dell’ENAC dall’altra. 5 § 1.1.4 Nella descrizione delle conseguenze dell’impatto del velivolo MD 87 con il Cessna si nota che non viene fatta menzione dello stato prodottosi a carico dell’impianto idraulico e più in particolare di quali conseguenze immediate abbia comportato per la volabilità dell’aereo la presunta perdita (non stabilita dall’inchiesta) di portanza dovuta alla posizione degli slats dell’ala destra, presumibilmente autorettrattisi per mancanza di pressione idraulica dovuta alle avarie prodottesi nell’impianto. Altrettanto è valido in merito al fatto che non sia mai stato calcolato (per le conseguenze sui corpi degli occupanti) il valore delle accelerazioni/decelerazioni verticali ed orizzontali subite dalla cellula al momento del contatto con la pista da parte dell’aeromobile che ricadeva al suolo dall’altezza di 10 m. alla velocità di oltre 300 km/h. § 1.1.5 Quanto sopra detto tanto più vale per quanto riguarda i valori di “g” subiti dall’aeromobile e dai suoi occupanti al momento dell’impatto definitivo con l’edificio adibito allo smistamento bagagli. La posizione di questo edificio, pur ritenuta marginalmente legale a norma della presenza di ostacoli appena al di fuori delle aree prive di ostacolo, rende comunque anacronistico l’utilizzo in sicurezza di un aeroporto che a suo tempo non era stato certo concepito per le operazioni d’atterraggio e di decollo di aeromobili che s’avvicinano o s’allontanano dal suolo a velocità comprese fra i 250 ed i 300 km/h e con carichi di combustibile e talvolta di altre sostanze pericolose imbarcate come carico. Su quell’aeroporto italiano, come su altri aeroporti critici (p. es.: NapoliCapodichino, Roma-Ciampino, Catania-Fontanarossa) perché soffocati dalla cementificazione che non ha rispettato le servitù aeronautiche chiaramente stabilite perfino nel vetusto Codice della Navigazione – Parte Aerea – sarebbe ora di limitare il tipo di traffico commerciale tutt’al più a velivoli commerciali del tipo turbo-elica, trasferendo le operazioni dei jet commerciali su aeroporti più adatti e moderni. Infine, da questo paragrafo si ha testimonianza che alle ore 06.11’.00” UTC ovvero al tempo di collisione in pista più 39”, l’Addetto all’UCT telefona in Torre informando colui che risponde (probabilmente l’Assistant) di aver sentito dei colpi non meglio definiti e chiede se vi sia qualcosa di anormale. Alla risposta in tono scherzoso che tutto era in ordine, l’Addetto all’UCT aggiunge: “io qua, visibilità zero, non riesco a veder niente”. Dunque sul piazzale est, dove già diversi aeromobili avevano messo in moto i motori, per l’Addetto UCT, la visibilità dal suo posto di osservazione era zero. § 1.1.6 Nel precedente paragrafo si nota il fatto che mentre uno degli interlocutori (l’UCT) dello scambio telefonico avvenuto alle ore 06.11 sia ben identificato, l’altro (definito genericamente come TWR) non risulta per niente identificato in termini di funzioni svolte. E’ presumibile che si tratti dell’Addetto identificato come “Assistant” del trio operante in Torre e descritto nel Report come “responsible for the coordination of the communications”. Risulta strano che costui, alla ricezione di una comunicazione abbastanza allarmante, non abbia sentito il dovere di notificarla al suo CSO, posto che costui si trovasse al proprio posto. Perché? Forse perché le procedure non lo contemplavano o soltanto perché il CSO non era presente in TWR. E come mai da parte dell’inchiesta non si è appurato né il perché il CSO non fosse presente al suo posto, né quanto tempo sia durata la sua 6 assenza a partire dal momento del cambio del turno in Torre, avvenuto alle 06.00/UTC. Da questo paragrafo si apprende che 1 min. dopo la telefonata dell’UCT qualcuno dalla Torre (sempre non identificato e presumibilmente lo stesso “Assistant”) telefona a Milano ACC (Area Control) per chiedere notizie dell’identificazione del volo SAS 686 al decollo, ottenendo però la certezza che quel volo non risultava sotto controllo radar d’area e quindi che non era mai decollato. Subito dopo in Torre viene ricevuta sulla frequenza Ground una comunicazione da parte del volo AZA 2023 parcheggiato sul piazzale Est che segnalava d’aver cognizione d’una scia di fuoco avvistata dal personale di assistenza a terra in direzione della testata pista 18 L. A questo punto qualcuno (chi?) decide di attivare l’allarme ai VVF, senza però fornire alcuna indicazione della segnalazione ricevuta dal pilota del volo AZA e con l’aggravante (per il “sistema-non-sistema” in vigore a Linate) del fatto che il tempo di attivazione dell’allarme avviato dalla Torre non sia stato neppure registrato. Ma come mai, l’Emergency Plan approvato dalla DCA e da questa provato durante le esercitazioni d’emergenza periodiche, non aveva mai accertato che l’allarme promosso dalla Torre non fosse registrato? § 1.3.1 Questo risulta essere uno dei non pochi paragrafi del Report che risulta essere più un sunto che una traduzione fedele del testo italiano, ovvero fallisce l’obiettivo d’essere una traduzione fedele del preteso testo di riferimento in lingua italiana. § 1.5.1.2 Questo paragrafo si conclude con un “Comment” che vorrebbe essere una avvertenza o nota esplicativa con l’intento di stabilire che (traduzione del redattore):- «L’esercente dell’aeromobile, Air Evex, non era certificato per effettuare operazioni in condizioni meteorologiche inferiori a CAT I e il suo equipaggio non era addestrato per effettuare atterraggi e decolli a minimi meteorologici inferiori a CAT I». Evita però di precisare (cosa che sarà fatta soltanto al § 2.1.4) che da parte dell’esercente non è stata presentata alcuna documentazione (cosa che avrebbe dovuto esser ottenuta per il tramite del Rappresentante accreditato tedesco presso la Commissione inquirente) che dimostrasse che i piloti tedeschi fossero addestrati e qualificati ad effettuare operazioni di rullaggio e di decollo con visibilità inferiore a 400 m. (LVO) e che di conseguenza fossero in grado di distinguere e di comprendere i codici-colore delle luci di pista e delle vie di rullaggio, connessi con le operazioni in condizioni di visibilità ridotta a meno di 400 metri. § 1.5.1.3 Il penultimo capoverso di questo paragrafo relativo al documento ufficiale ICAO (ICAO Flight Plan) di questa serie di voli del Cessna CJ stabilisce inequivocabilmente, al di là delle dichiarazioni di comodo dell’esercente e proprietario riportate al § 2.1.4, che mentre il volo da Colonia a Linate era stato notificato come un volo di “general aviation” e che quindi potrebbe ancora passare per un volo privato senza fini di lucro, il piano di volo compilato per il volo da Linate a Parigi- Le Bourget era stato dichiarato correttamente come “volo operativo di trasporto aereo”, anche perché altrimenti non sarebbe potuto atterrare a Le Bourget, bensì avrebbe dovuto dirigersi su di un aeroporto aperto all’attività 7 dell’aviazione privata. E siccome i piloti erano ben consci di utilizzare un velivolo d’un esercente certificato “Air Operator” e loro stessi dichiaravano di effettuare un volo a domanda per fini di lucro (vedi accordo di pagamento fra Cessna Co. e Air Evex), ecco che risulta inequivocabilmente provato lo status commerciale (e non privato) del volo che iniziava a Linate. Tanto più, appunto, che il costo di tale volo e quello di ritorno (quanto meno) sarebbero stati addebitati alla Compagnia Cessna Aircraft. § 1.5.2 Per un’indagine tecnica condotta secondo gli standards dell’Annesso 13 ICAO e quindi da inoltrare all’ICAO stessa, definire nel testo del Report che «The MD 87 cabin crew members were qualified and trained in accordance with existing JAA regulatory requirements» risulta essere quanto meno di scarso buon gusto, perché, ancor prima e al di sopra dei “JAA requirements” esistono e vanno ottemperati gli standards ICAO dell’Annesso 1 – Personnel Licensing - che assieme al DOC 7192 – Part E1 – governano la qualificazione e l’addestramento del personale addetto come “Cabin Attendant”. § 1.5.3 Riguardo a questo paragrafo v’è da notare che non viene fornita alcuna informazione in merito a quali norme (IPI) fossero applicabili per la temporanea sostituzione di uno dei cinque membri che dovevano trovarsi presenti nella Torre di controllo di Linate in caso anche di breve assenza, come risulta, tra le righe del Report, essersi verificato prima ed al momento del disastro con l’assenza del CSO per un tempo non definito, protrattosi anche dopo l’evento. Era una cosa da accertare nel dettaglio da parte dei testimoni. Un altra grave mancanza è rappresentata dall’accertamento che il personale in servizio alla Torre di Linate non sia mai stato sottoposto, per un periodo che varia da un minimo di tre anni ad un massimo di 27 anni, ad alcun corso di riqualificazione professionale. La mancanza, in questo caso, riguarda pesantemente le funzioni di coloro che in Italia dovevano essere i garanti dell’ottemperanza degli obblighi tecnico-operativi assunti con l’adesione alla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale, in assenza di qualsiasi notifica di “differenza” in materia adottata dal nostro Paese e debitamente notificata all’ICAO per le misure di propria competenza. § 1.5.5 Da questo paragrafo si evince il fatto che la DCA/ENAC di Linate riteneva tranquillamente di poter far fronte alle dovute incombenze di sorveglianza e controllo delegate all’UCT aeroportuale con un solo funzionario addetto al turno di notte e perfino a mattinata operativamente inoltrata (fino al cambio di turno), rendendo così impossibile non solo i controlli documentali di routine, ma anche l’attivazione del Command Post in caso d’incidente, così come contemplato dall’Annesso 14 – Aerodromes – e dal DOC 9137 – Part 7 – Airport Emergency Planning – per l’Emergency Plan Manual aeroportuale, che nel Report si dichiara esistente e provato nel corso di esercitazioni che pure avevano rilevato l’assenza di membri del Command Post presso l’UCT. E questa volta, in occasione del disastro, c’è stata addirittura la mancata attivazione del Command Post, che, sia detto per chi aveva approvato l’allora esistente Manuale contenente l’Emergency Plan, non va istituito in un edificio lontano dal luogo del sinistro, bensì dev’essere basato su di un idoneo automezzo 8 mobile da far arrivare sul posto del disastro a seguito dei Vigili del Fuoco di pronto intervento. § 1.6.1.4 Tecnicamente non si può esser d’accordo con la dichiarazione del Collegio che le condizioni di pista (quindi inclusa la visibilità rilevata come RVR) consentissero da parte dell’equipaggio del velivolo della SAS l'adozione della tecnica di decollo a spinta ridotta dei motori, in quanto è buona norma di airmanship, ovvero di professionalità aviatoria, quella di adottare, in particolare per i velivoli bimotori, la tecnica di decollo alla spinta massima. Ciò consente al velivolo la minima percorrenza al suolo in pista quando le condizioni di visibilità siano ridotte al di sotto di 400 m., oppure (ma non è questo il caso) la visibilità sia ridotta sotto 1000 m. in presenza di atmospheric moisture a temperatura inferiore a + 10° C.§ 1.9 I Paragrafi da 1.9 a 1.9.5 risultano incompleti d’un necessario lavoro di trascrizione di tutte le comunicazioni radio e telefoniche intercorse tra tutti gli “attori” sulla scena di Linate fra le ore 05.40/UCT e le ore 07.00/UCT, quanto meno. Tale trascrizione avrebbe dovuto raggruppare, fronte a fronte e per ogni singolo minuto, tutta le comunicazioni, in modo da fornire inequivocabilmente l’esatta sensazione del carico di lavoro e della congestione di messaggi cui erano sottoposti in prima linea i Controllori di TWR e di GND e l’Assistente addetto al loro sostegno operativo. Non è affatto sufficiente informare il lettore del Report con intenti tecnico-professionali che il Controllore GND abbia gestito 126 comunicazioni nel tempo di 16 min. e che il Controllore TWR in poco meno di 12 min. ne abbia gestite (si badi bene: “gestite” e non solo “effettuate”) 73, senza tener conto di quelle telefoniche o vocali che venivano loro indirizzate come origine o come rimbalzo dall’Assistant oppure a quest’ultimo rivolte da parte loro, il tutto dopo aver consultato strips oppure monitors, a seconda dei casi e delle necessità. § 1.10 Alla fine di questi paragrafo si può apprendere che da parte d’un Esperto facente parte della delegazione svedese partecipante all’inchiesta è stato condotto un audit completo sullo stato dell’aeroporto di Linate e delle sue attrezzature e che il relativo rapporto è stato inviato da ANSV ad ENAC per le azioni correttive di competenza. Siccome l’audit svedese è terminato nel mese di marzo 2002 ed il Final Report dell’ANSV è stato deliberato a gennaio 2004, sarebbe stato più che opportuno conoscere quali miglioramenti siano stati introdotti sull’aeroporto di Linate a seguito della rilevazione svedese ovvero quale risposta sia pervenuta in merito all’Agenzia da parte di ENAC. § 1.10.1 Questo paragrafo si chiude con un errore concettuale laddove per indicare l’area dell’aeroporto riservata all’Aeronautica Militare (Military Zone) il Report in inglese la definisce “Military Air Force area”, quando andava correttamente definita o “Military area” oppure “Air Force parking area”. Inoltre viene denunciato che la dicitura “Main runway extension” non compare nell’AIP-Italia, ma viene annotato che tale denominazione compare nell’Ordinanza emessa dal Direttore della DCA e quindi si trova nella parte descrittiva dell'AIP tra le norme in vigore a Linate per disporre la fermata degli aeromobili in rullaggio prima del “prolungamento asse pista” durante i decolli dalla 9 testata pista 36 R. Tale disposizione è portata a conoscenza dei Piloti debitamente tradotta in inglese con la dizione “extended runwaycenterline RWY 36”. § 1.10. 2 Come già precisato nell’ultimo paragrafo di questa recensione sotto il titolo “Analisi del Report”, sia l’Investigatore incaricato (nella veste di proponente del testo dell’inchiesta) che il Collegio deliberante la versione finale del Report, non hanno chiara la differenza che passa tra “Taxi-way” e “Taxi-lane”. Così il paragrafo termina con la seguente dichiarazione:- «All yellow taxi lines [proto: “lines” con la “i”- ndr] on West apron did not have green lights». La spiegazione consiste nel fatto che le “yellow guidance lines” sono segnaletica di centerline di Taxi-lanes [proto: “lanes” con la “a” – ndr] e non di Taxi-way sui piazzali di parcheggio, mentre poi, all’estremità dei piazzali, quando iniziano le Taxi-ways R5 e R6, allora le centerlines hanno come integrazione le “Taxiways centerlines green lights”. § 1.10.2.1 In merito a questo paragrafo non si può non notare il fatto che il “Report of the Meeting held on March 13, 1996” citato nel testo si concluda senza che l’investigazione sia stata in grado di stabilire nell’ordine (con riferimento ai punti esaminati):− CHI abbia assunto la decisione di istituire i markings S1,S2, S4, S5 ed ancora S5 (ed omesso S3) e per quali motivi e ragioni; − CHI sia stato incaricato di eseguire la marcatura; − CHI sia stato incaricato di collaudare il lavoro eseguito ovvero la sua rispondenza a quanto deciso a conclusione del Meeting; − CHI abbia omesso di comunicare la variazione apportata da inserire nell’AIPItalia. Appare invece strano che l’inchiesta accetti per buona la dichiarazione di un anonimo Controllore dell’ENAV o meglio del CAV di Linate il quale afferma d’aver scoperto il verbale del Meeting del 13 marzo 1996 (i cui partecipanti continuano ad essere coperti dall’anonimato perfino in termini di Ente o funzione rappresentata) in un faldone giacente al primo piano dell’edificio della Torre (ma pur sempre del CAVLinate), testualmente dichiarando:- «while performing a non routine check and ordering of unused documents», quando evidentemente in realtà si trattava di un «voluntary search of documents», effettuato probabilmente per dimostrare che il documento in questione non era (come dichiarato) «available in the TWR control room the day of accident”, ma di cui era molto probabilmente conosciuta l’esistenza, anche se, forse soltanto da parte di una ristretta cerchia di addetti al CAV di Linate. Nessuno di costoro è stato interrogato sul perché neppure la “grid map aeroportuale”, il cui originale è allegato all’Airport Emergency Plan fosse disponibile ed adoperata in Torre. Infine il paragrafo in esame definisce una pompa per il rifornimento del carburante agli aeromobili esistente sul piazzale Ovest come una “petrol station”, cioè una pompa di carburante per autoveicoli, anziché come si definisce correttamente o come “AVGAS station” (Aviation Gasoline station) oppure come una “Kerosene refuelling station”. § 1.10.2.3 Alla fine di questo paragrafo esiste il solito “Comment” (leggasi: Nota) nel testo della quale viene trattata quella parte dell’AIP-Italia che contemplava l’esistenza sull’aeroporto di “flashing white lights” e di un “electronic anti incursion 10 device” (detector, per la precisione) non funzionanti da tempo perché disattivati ed ancora una volta non viene precisato, come del resto per il punto seguente riguardante la disattivazione del telecomando delle STOP BARS su R1 ed R6, quando e con quale autorità (e senza quale coordinamento) vi sia stato un responsabile su decisione del quale queste variazioni furono ordinate ed eseguite. §1.10.2.4 Per quanto attiene le seguenti voci dell’elenco contenuto in questo paragrafo si fa rilevare che non ci sono spiegazioni o risposte esaurienti in merito a:− J) perché presso la DCA non esiste documentazione in merito alla disattivazione delle “Lights-bars” e delle “flashing lights” e perché la relativa documentazione non è stata cercata presso gli archivi della DGAC o di ENAC, a seconda dell’epoca del misfatto. − H) perché non si è approfondito da parte dell’Investigatore e del Collegio la differenza che intercorre tra “Taxiways centerlines” e “Taxilanes centerlines”, consultando l’Annesso 14. − O) perché si cita l’ovvio fatto che alla diramazione della segnaletica di centerline in R5 e in R6 sul piazzale Ovest vi sia soltanto l’indicazione della segnaletica orizzontale, quando null’altro poteva esserci né in tema di segnaletica verticale né di luci sulla Taxilane centerline. Dunque di questo paragrafo, fatte salve le voci che indicano markings non conformi agli standards dell’Annesso 14 e le difformità della segnaletica verticale, come pure quella delle mappe (cartine) dell’AIP-Italia, tutte le altre risultano irrilevanti ed apportatrici di confusione allorché si persiste nel non distinguere le differenze tra la possibilità o l’impossibilità riguardo alla segnaletica di indicare diversamente le “taxilanes” rispetto alle “taxiways”. Comunque anche in questo caso non viene indicato quale Autorità, Ente, Ufficio o “burocrate” fosse responsabile del mancato adeguamento alle più recenti disposizioni in materia di segnaletica contenute nell’Annesso 14 – terza edizione – rispetto a quelle vigenti nella prima o nella seconda edizione dello stesso Annesso, cui probabilmente si rifaceva la segnaletica orizzontale esistente o quella verticale deteriorata oppure inesistente. § 1.10. 3.1 Dal titolo di questo paragrafo, dedicato all’AIP-Italia – Aeronautical Information Publication -, documento ufficiale dello Stato italiano per la notifica delle norme aeronautiche operative vigenti nel territorio e nello spazio aereo nazionale, ci si sarebbe aspettato che, oltre l’elencazione delle differenze esistenti tra la documentazione relativa all’aeroporto di Linate e la sua realtà (non aggiornata per atto d’omissione di qualcuno da identificare), venisse indicato quale esito abbia avuto presso ENAC, identificata burocraticamente nella Raccomandazione ANSV- 18/113-2/A/02 quale destinataria dell’appello a correggere la situazione esistente, il contenuto ben definito della stessa. Ed invece, aver voluto richiamare le Ordinanze aeroportuali locali e perfino le differenze constatate con la documentazione utilizzata dagli utenti, non ha portato alcun contributo di chiarezza in particolare nei confronti di quale Autorità, Ente, Ufficio o “burocrate” dovesse provvedere a fornire all’editore (ENAV) le indicazioni in merito alla realtà esistente per la pubblicazione sull’AIP, con il concorso della dovuta sorveglianza da parte di ENAC. 11 Ancora una volta si deve rilevare che sotto le voci g) ed h) di questo paragrafo continua ad esserci mancanza di chiarezza in merito alle taxiways centelines e le taxilanes centerlines. Ma più pesante ancora risulta essere la notizia riportata nel testo che l’ENAV, in data 26 aprile 2001 avesse richiesto a mezzo lettera ufficiale ad ENAC di «denominare Alpha, Bravo Charlie e Delta le taxilanes centerlines del piazzale Nord» e che tale richiesta «had not been accepted» da un non identificato responsabile dell’ENAC. Una tale omissione di accertamento riguardo la decisione, presa da qualcuno che ne aveva il potere, rimasto non identificato sia come carica sia come funzione, non fa che confermare l’impressione o meglio la convinzione che in tal modo “il sistema” non sarà mai risanato. Nota: Questa convinzione nasce rafforzata anche dal fatto che sarà analizzato proprio di seguito, riguardante la decisione assunta dall’allora Capo Servizio Navigazione Aerea della DGAC di negare l’utilità del Radar ASMI già esistente a Linate, bisognoso di riparazioni. Per tale fatto, accertato anche in sede giudiziaria, il predetto se ne è uscito con … «non ricordo». Ma c’è chi ricorda che esistono documenti probanti di questo tipo di inerzia dolosa. § 1.10.4 Questo paragrafo dedicato al Radar ASMI – Aerodrome Surface Movement Indicator – dovrebbe essere uno dei più importanti di tutto il Report, in quanto non vi può essere dubbio alcuno che a Linate, nelle condizioni esistenti il giorno 8 ottobre 2001, piuttosto usuali sull’aeroporto milanese, doveva rappresentare la principale difesa del sistema aeroportuale dall’errore umano, in particolare da parte degli operatori di prima linea. Altrimenti il “sistema generale di sicurezza” che avrebbe dovuto essere in funzione nella gestione dell’Aviazione Civile nazionale avrebbe dovuto avere in vigore quanto stabilito alternativamente ed in carenza a Linate di un completo sistema SMGCS (Surface Movement Guidance & Control System):- la limitazione del numero dei movimenti aeroportuali fino al numero di un movimento per volta sull’intera area aeroportuale nelle condizioni in cui oltre a non esser visibili dalla Torre gli aeromobili non fossero in grado di muoversi in sicurezza da soli, facendo riferimento ad una adeguata segnaletica orizzontale e verticale di tipo ogni-tempo. Orbene, l’aeroporto di Linate era stato dotato di un Radar di sorveglianza dei movimenti al suolo per le operazioni in low visibility (Low Visibility Procedure – LVP) dalla metà circa degli anni ’70 da parte della Direzione Generale dell’Aviazione Civile del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile dell’epoca, riconoscendone l’indispensabilità a Linate ed in un altro paio d’aeroporti nazionali. All’inizio degli anni ’90 l’ASMI di Linate aveva incominciato ad avere alcuni acciacchi di vecchiaia e per tali ragioni ed in difficoltà di reperire pezzi di ricambio l’allora AAAVTAG, poi divenuta ENAV, ne aveva programmato la sostituzione con un Radar di sorveglianza Nova 9000, che avrebbe dovuto esser integrato in un completo SMGCS. Tra DGAC e AAAVTAG il nuovo sistema era stato concordato nel mese di marzo 1995, ma per la realizzazione dell’impianto mancava il parere del Servizio Navigazione Aerea della DGAC in merito all’ubicazione dell’antenna del nuovo Radar, che si proponeva d’installare sul prato adiacente alla pista, fuori della Runway strip. Il Responsabile del Servizio Navigazione (quello del «non ricordo» in sede giudiziaria), in aprile del 1995 rispondeva negativamente (facendo così naufragare l’intera operazione), adducendo cinque motivazioni, tutte ininfluenti, ma delle quali una merita d’essere riportata per indicare il livello di capacità professionale di giudizio di detto Responsabile. Afferma costui per giustificare la posizione assunta:- «Il fatto che fino ad oggi non siano stati riscontrati inconvenienti particolari in quanto il 12 sistema di Linate per la movimentazione a terra degli aeromobili è molto lineare», tanto che, aggiungiamo noi, “l’inconveniente” di uno scontro fra due velivoli sulla pista di Linate avvenuto nel 1980 in buone condizioni meteorologiche e senza utilizzazione del Radar ASMI da parte dei Controllori non rappresentava un segnale sufficientemente contrario all’idea di “linearità” conosciuta e giudicata a distanza dal Capo Servizio Navigazione e dal suo entourage, del quale faceva parte qualcuno che fa ancora parte dell’ENAC, dimostrando di non aver alcun rimorso per le conseguenze di quel giudizio dopo ciò che è avvenuto l’8 ottobre 2001. Ora è vero che un A.D. di Alitalia dell’epoca (dalla quale proveniva anche il Capo Servizio Navigazione in questione) giudicava un buon dirigente colui che sbagliava nelle scelte “soltanto nel 70% delle sue decisioni” (ed i risultati di questo pensiero l’Alitalia li sconta ancor’oggi), ma trasferire questi concetti dal terreno gestionaleamministrativo a quello delle sicurezza delle operazioni e delle infrastrutture necessarie al volo è semplicemente assurdo. Comunque a partire dal 29 novembre 1999 l’ormai zoppicante Radar ASMI fu dichiarato “fuori servizio” a mezzo NOTAM di prima classe (internazionale), cioè inutilizzabile perché in avaria, senza che questo fatto comportasse né un intervento normativo da parte di ENAC (mentre ENAV si era data in merito una norma interna, la DOP 2, fin dal 1997), né una protesta o qualche misura cautelativa da parte delle Compagnie operanti su Linate, né infine da parte del Comitato Aeroportuale di Sicurezza Operativa, esistente a Linate fin dal 1975 per coadiuvare il Direttore d’aeroporto nella valutazione dei problemi operativi e di sicurezza delle operazioni sull’aerodromo assegnato alla sua giurisdizione aeronautica. Sarebbe infatti bastata una sua Ordinanza per riuscire ad evitare la tragedia del 8 ottobre. Ma che l’alta Direzione dell’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile sia rimasta immune da qualsiasi chiamata a correo sia da parte del Report in esame, sia da parte della Magistratura inquirente, è la dimostrazione che nel nostro Paese si perseguono solo e soltanto le responsabilità degli operatori di prima linea o tutt’al più di quelli che per insipienza delle cose del Controllo del Traffico Aereo si sono voluti incoscientemente esporre a giustificare cose di cui non sapevano nulla, offrendo così il destro ai veri Responsabili dell’Aviazione Civile di scaricare sui vertici del fornitore del Servizio ATC anche gli strali che avrebbero dovuto colpire ben altri bersagli ben individuabili. Infatti, alla base della collisione di Linate andava da subito chiamato a rispondere chi dell'ENAC non aveva dato tempestivamente seguito operativo né al DOP 2/97 di ENAV né agli Standards ed alle specificazioni o pratiche desiderabili (Recommandations) dettate dall’ICAO sotto l’intero paragrafo 8.9 del capitolo 8 dell’Annesso 14 – terza edizione - del 1999. Nel paragrafo del Report in esame, il Collegio estensore del testo, annotando che nel luglio del 2000 «l’ENAC, subentrata alla DGAC, autorizzò il progetto …» si dimentica di rilevare che ENAC era nata fin dal 1997 e che il Radar ASMI era inefficiente e quindi inutilizzabile fin dal novembre del 1999. § 1.10. 6.2 In merito a questo paragrafo si rinnovano le osservazioni già fatte in precedenza circa il peso dell’assenza dalla Torre del CSO montante in servizio sia prima che durante e dopo la collisione, cosa che non risulta esaminata sufficientemente dal Report. § 1.10.6.3 Sarebbe stato doveroso dichiarare da quali fonti o da quali evidenze si sia tratta la convinzione di poter pubblicare l’ultimo capoverso di questo paragrafo nel 13 quale si afferma che i Controllori disattendessero qualche volta il riportato Ordine di Servizio n. 35/97 di ENAV, basato sulla richiesta in materia avanzata a suo tempo dalla DGAC su giustificate proteste di piloti attenti ai problemi di sicurezza. § 1.10. 6.4 Come già affermato commentando il § 1.10.4, sarebbe stato sufficiente l’esistenza o l’efficienza di un Radar di sorveglianza ASMI o del sistema SMGC oppure l’adozione per i piloti civili anche da parte di ENAC delle disposizioni e delle indicazioni ICAO per le operazioni il low visibility contenute nell’Annesso 14 e nel relativo documento applicativo DOC 9476 – Manual of Surface Movement Guidance & Control System – e pure in altri Annessi e nel PANS-ATM (come solo parzialmente adottato da ENAV per i Controllori nelle proprie DOP 2/97) per scongiurare quanto avvenuto a Linate l’8 ottobre 2001. Vale a dire, o si poteva disporre del mezzo adeguato per effettuare il controllo positivo dei movimenti al suolo per mezzo del Radar di sorveglianza aeroportuale di superficie, oppure, non esistendo tale Radar, limitando significativamente il numero dei movimenti degli aerei al suolo, fino ad arrivare, se necessario, ad un unico movimento alla volta. Ed invece, ancora una volta, la mancanza del dovuto intervento da parte del vertice direttivo dell’ENAC a disciplinare la materia con apposita norma rivolta ai piloti, almeno a seguito dell’incompleta iniziativa adottata da ENAV con le sue DOP (Disposizioni Operative Permanenti), emanate fin dal 1997 seguendo parzialmente i dettati dell’ICAO con la propria seconda versione, avrebbe tragicamente rappresentato il più grave elemento di omissione, mai evidenziato non solo nel Report sotto esame, ma addirittura nella Relazione peritale che lo stesso Investigatore (che fungeva da Consulente tecnico per la Pubblica Accusa nello svolgimento dell’inchiesta giudiziaria) ha presentato al P .M. competente. Che le DOP del 1997 fossero a loro volte inadeguate è pur vero, ma, a fronte della totale mancanza di qualsiasi disposizione in materia da parte dell’ENAC centrale sia nei confronti degli esercenti che dei piloti e sia delle proprie emanazioni periferiche (DCA e UCT) acquistano un valore rilevante nella dinamica causale assumendo la fisionomia di falle latenti. E non v’è alcuna garanzia sistemica che quanto accaduto non abbia a ripetersi da qualche altra parte. Rimane solo da aggiungere che le Ordinanze emanate a posteriori dal Direttore d’aeroporto di Linate in data 9 novembre 2001 e ancor peggio successivamente in data 14 novembre 2001 ad emendare le disposizioni ENAC del 22 ottobre 2001 non solo non rispettano le disposizioni ICAO in materia, ma nelle condizioni in cui ancora si trovava l’aeroporto di Linate a quel tempo, non risolvevano alcuno dei punti deboli delle difese carenti che a Linate avevano consentito l’evento del 8 ottobre, ma anzi li riaggravavano. Che poi nel Report si sia costretti a rivangare le Ordinanze della DCA in materia risalenti agli anni 1985, 1992 e 1994 la dice molto lunga sull’incuria con la quale dal 1997 in poi la Dirigenza centrale di ENAC non aveva mai provveduto a disciplinare le procedure delle LVO, pur in presenza di precise disposizioni ICAO da applicare a livello nazionale sugli aeroporti. Da notare infine, con somma pena, l’ennesimo esempio di infelice traduzione/sunteggiatura del testo in lingua inglese esistente in particolare in questa parte del Report ed in quelle immediatamente successive. 14 § 1.10.6.5 Questo paragrafo, che intenderebbe trattare delle difformità riscontrate dall’inchiesta tra il contenuto del Manuale adottato a Linate con Ordinanza locale del 13 luglio 1989 come “Emergency Plan” e la non adesione a tali disposizioni da parte di tutti gli “attori” durante e dopo il sinistro del 8 ottobre, inizia con la impropria traduzione che adopera il termine “deformities” per elencare le “differences” ovvero le “difformità applicative” rilevate analizzando i comportamenti adottati dalle persone e dagli enti competenti ad agire durante l’accadimento di un sinistro sull’aeroporto. S’inizia con il rilevare che, ad aereo della SAS disperso al decollo da pista 36R, la Torre non abbia disposto subito il silenzio radio, procedura internazionalmente contemplata, e che inoltre una serie di persone, enti ed organizzazioni perfino non interessate all’intervento abbiano tempestato le linee telefoniche della Torre con interventi non legati in alcun modo alle condizioni di emergenza perfino dopo l’attivazione del segnale generale d’allarme. Nell’elenco delle discrepanze attribuibili ad azioni di persone legate ad Enti che invece dovevano intervenire a proposito per i compiti loro assegnati dall’Emergency Plan in vigore, inizia con l’addebitare genericamente:Alla Torre (?) (ma non si indica una funzione rivestita ad una determinata persona) quanto segue:− A seguito dell’azionamento del segnale d’allarme non ha fornito alcuna informazione del luogo (da identificare con le coordinate della "grid" contenuta nel Plan) al quale dirigere, anche se approssimativamente, i mezzi dei VVF (p. es.:- prolungamento dell’asse pista 36R individuabile in "grid" con le coordinate X-Y); − Non ha ricevuto né richiesto a DCA/UCT le necessarie informazioni sul volo SAS (p. es.: numero delle persone a bordo dell’aereo, carburante imbarcato, ecc.) e di conseguenza non le ha ritrasmesse ai VVF; − Non aver informato VVF ed UCT di avere un altro aeromobile disperso nella nebbia: − Ben cinque aeromobili sono stati lasciati in giro per l’aeroporto con i motori in moto per ben altri 30 minuti dopo l’attivazione dell’allarme d’incidente. Ai VVF s’imputano quanto meno le seguenti discrepanze:− Aver inviato i primi mezzi antincendio verso l’infermeria senza informare la Torre; − Non aver notificato alla Torre la località di griglia dell’intervento e neppure il numero dei mezzi impiegati e le quantità di agenti estinguenti disponibili; − Di non aver neppure ricorso, quando richiesti di ispezionare la pista, all’intervento di Unità esterne all’aeroporto per continuare a combattere l’incendio già scoperto (fatto questo non rilevato dall’inchiesta). A carico della DCA/UCT si addebitano quanto meno le seguenti deficienze:− Di non aver istituito né un “emergency operations centre” né attivato un “mobile command post”, così come indicato dai paragrafi 9.1.7 e seguenti del Capitolo 9 dell’Annesso 14 dell’ICAO; − Di non aver fornito le necessarie informazioni per intervenire più efficacemente sull’incendio all’edificio smistamento bagagli. − E, aggiungiamo noi, visto che l’ANSV non l’ha annotato, ha consentito la rimozione del relitto del Cessna dalla pista contrariamente alle norme *, ancor prima che l’Investigatore incaricato, se non l’intera Commissione inquirente, avesse la possibilità di effettuare i necessari accertamenti. Ma di ciò 15 probabilmente condivide la responsabilità con il Procuratore della Repubblica che ne ha autorizzato la rimozione dopo gli accertamenti effettuati dalla Polizia Giudiziaria, che però non erano certo esaurienti dal punto di vista dell’investigazione tecnica. Nota:- Norme del DOC 9137-AN/898 - Part 8 - Ch. 14 - § 14.1 - Point 14.1.1Dunque, il fatto che l’UCT non abbia istituito il centro operativo per l’emergenza in atto presso i propri uffici, può, a posteriori, esser visto tutto sommato come un bene, anche perché come poi rilevato al successivo § 1.10.6.6, le due esercitazioni d’emergenza effettuate il 2 agosto 2000 e il 27 giugno 2001 avevano permesso di rilevare, senza che vi fosse posto rimedio da parte del Direttore d’aeroporto, che la sede dell’UCT era inadeguata a quanto dettato dall’ICAO al paragrafo 9.1.7 e seguenti dell’Annesso 14, indicandone le rispettive caratteristiche, sia per il centro fisso delle operazioni d’emergenza sia in carenza d’un posto mobile di comando. Come già scritto, anche la traduzione di questo paragrafo risulta inadeguata (es.: denominare “Detachement Turret” quella che in effetti è semplicemente la “Fire brigade station control room”) ed anche il resto del testo dattiloscritto risulta non curato e quindi pure difficile da seguire. Infine è allarmante la constatazione contenuta negli ultimi due capoversi di questo paragrafo del Report nei quali si scrive d’aver notizia di quattro emendamenti apportati all’Ordinanza n. 4/89 della DCA di Linate, uno dei quali non esiste neppure nell’archivio della Direzione emittente e tutti assieme non risultano mai ricevuti né dall’ENAV/CAV locale, né dalla FSCC dei VVF e neppure dalla SEA. Come a dire:- questa è la riprova d’una supervisione del sistema quanto meno inadeguata ed imprudente. § 1.10.6.6 Nel leggere le pur incomplete rilevazioni effettuate in merito alle esercitazioni di emergenza sulla base del disatteso Emergency Plan, così come pubblicato con l’Ordinanza n.4 del lontano 1989 e dei relativi emendamenti “fantasma”, si ha una sensazione di sconforto, in quanto, se i campanelli d’allarme squillati in quelle due occasioni, pur se molto ovattati, fossero stati ricevuti ed ascoltati, il caos verificatosi l’8 ottobre sarebbe stato forse più limitato nella sua gravità di quanto, purtroppo, non lo sia stato. Il titolo che denomina “exercises” quelli che in lingua inglese sono “Emergency drills”, lascia stupiti su quelle che sono le conoscenze non solo della lingua ma soprattutto dei concetti operativi sui quali s’intende trattare. Però, a conclusione dell’esercitazione d’emergenza programmata e tenutasi in data 27 giugno 2001, il Direttore d’aeroporto si doveva esser accorto che qualcosa non andava per il verso giusto e di conseguenza concludeva il verbale d’esercitazione affermando:- «Il Piano verrà revisionato alla luce delle osservazioni ed invita tutti gli Enti a proporre un proprio rappresentante nella Commissione che viene da subito istituita». Il Report manca però di accertare che fine abbia fatto non tanto la Commissione istituita “da subito”, quanto i risultati dei lavori di tale Commissione. Sarebbe stato utile mettere a confronto tali risultati con quanto avvenuto l’8 ottobre. § 1.10 6.7 Anche questo, che avrebbe dovuto essere uno dei pilastri di un’indagine volta ad accertare le responsabilità sistemiche di pertinenza dell’Autorità incaricata 16 della gestione e della normativa di riferimento per l’Aviazione Civile Nazionale risulta essere un insuccesso investigativo, che avrebbe dovuto invece mirare a conoscere le cause sistemiche dell’evento per poterle in seguito affrontare e correggere. Così invece il Report si limita ad una elencazione di atti emanati sia dal Consiglio d’Amministrazione che dall’alta Direzione di ENAC e delle conseguenze prodotte da tali atti sulla DCA/UCT di Linate (come pure su tutti gli altri aeroporti italiani), conseguenze cariche di effetti, ma senza che il Report abbia saputo trarne le dovute conclusioni. Fin dal titolo questo paragrafo stona con il corrispondente testo italiano, che intendeva trattare dell’argomento delle “Norme per i controlli di cui agli artt. 801/802 del Codice della Navigazione” e che invece viene reso nella traduzione inglese “Directives to ensure abidance to articles 801/802 of Italian Navigation Code” in base alla “Deliberazione n. 18/99 del 6 luglio 1999 adottata dal C.d.A. dell’ENAC”, purtroppo prontamente trasformata in Circolare APT 08 dal Direttore Generale dell’epoca e quindi diramata a tutti i Direttori. Siccome sia la Delibera che la conseguente Circolare (neppure menzionata nel Report) sono state commentate dall’ANSV nel rilevarne sia la povertà di vedute che di discernimento nella tutela della sicurezza delle operazioni da parte di coloro che le hanno emanate, è necessario scendere poi anche nell’esame del testo delle disposizioni emanate e delle loro conseguenze. Nel titolo usato nel riportare le precitate disposizioni risalta pure la mancata comprensione da parte del traduttore dell’importanza di quanto contenuto nel testo: invece del termine “abidance” andava usato il termine “compliance” per esprimere il concetto indicato. Ma entrando nel vivo dell’argomento si deve rilevare anche che il Collegio dell’Agenzia, a fronte di quanto conosciuto perché presente nel seguito del testo della Delibera dell’Enac sotto l’intestazione “Formality of the procedure”, che già da solo lascia intendere la preoccupazione dell’ ENAC di salvare la forma e non certo la sostanza degli articoli del Codice della Navigazione, non trova niente da commentare a carico della disposizione emanata dal C.d.A. dell’ENAC. Stabilisce il testo della citata disposizione di ENAC:- «In discharging their inspection and duties, officials [leggasi:- Airport Directors – ndr] shall evaluate carefully the essence of the control required against the availability of office technical and organizational resources; the need to avoid unnecessary delays to air traffic shall also be assessed» Questo testo dedicato al comportamento da tenersi da parte dei Direttori di aeroporto è indicativo di quanto i vertici dell'ENAC tenessero alla sicurezza, tanto da arrivare a trasformare il testo della delibera in un’ancor più burocratica Circolare emanata dal Direttore Generale dell'epoca, con la seconda edizione (Circolare APT 08-B) della quale s’arriva a cancellare l’esistenza degli Uffici di Controllo del Traffico aeroportuale e dei compiti loro affidati, delegandoli addirittura ai Gestori aeroportuali, cioè a personale di Enti privati di gestione in concessione degli aeroporti, notoriamente con gestioni a fini di lucro. Ora che i componenti del C.d.A. di ENAC del 1999 non avessero chiari i riferimenti normativi è una possibilità, ma che si tenti addirittura di giustificare un tale tipo di disposizioni adducendo l’abusato, stantìo ed erratissimo argomento di voler addossare all’Art. 16 della Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale la tutela dell’osservanza di un princìpio con l’assurda frase «the need to avoid unneccessary delays to air traffic shall also be assessed» è assurdo e contrario ai principi che la norma intende garantire. 17 Afferma, ad esempio, il D.G. dell'epoca che l'Art.16 stabilisce: «la competente Autorità di uno Stato contraente ha il diritto di sottoporre a verifica, senza provocare ingiustificato ritardo, gli aeromobile di un altro Stato contraente all'atterraggio o al decollo e di ispezionare i certificati e gli altri documenti prescritti dalla Convenzione.» Se però andiamo a considerare l'Art.16 in questione, se non in lingua inglese originale, almeno così com'è recepito nella traduzione d'un testo ufficiale contenuto in una Legge della Repubblica italiana e precisamente nel D. Lgs. n. 616 del 6 marzo 1948 - «Approvazione della Convenzione internazionale per l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944» - vediamo che l'Art. 16 (così divenuto Legge dello Stato) stabilisce invece che:- «Le autorità competenti di ciascuno degli Stati contraenti avranno il diritto di visitare, senza ingiustificati ritardi, gli aeromobili degli altri Stati contraenti all'atterraggio o alla partenza e di ispezionare i certificati e gli altri documenti prescritti dalla presente Convenzione.» Quel che qui preoccupa è però il fatto che l’ANSV non rilevi e non contesti queste disposizioni dell’ENAC, avendo l’obbligo di farlo in nome della correttezza, della verità, della conformità alle norme ICAO e soprattutto della sicurezza. A seguito di queste disposizioni dell’Ente centrale il Direttore dell’aeroporto di Linate (testualmente dal Report) “emana il Foglio prot. N. 3743” in data 10 novembre 1999 ed in pari data anche “il Foglio prot. n. 3744” che già la dice lunga sullo stato di confusione in cui l’aveva indotto il ricevere le linee guida della Delibera e della successiva Circolare APT 08 del Direttore Generale. Senza perder tempo con queste aberrazioni, è necessario qui riprodurre (per comodità in italiano) quanto compare all’ultimo capoverso di questo paragrafo del Report:- «Il foglio di controllo relativo al volo del velivolo Cessna 525-A, compilato dai piloti [presso lo scalo dell’ATA a ciò delegata – ndr] la mattina del 8 ottobre 2001 e consegnato all’UCT prima della partenza, non riportava né il loro tipo di licenza né la relativa data di scadenza». Ecco i risultati delle disposizioni emanate dai vertici dell’ENAC e per le quali nessuno è stato chiamato a rispondere. Viceversa, se i documenti fossero stati esaminati dagli Addetti (correggo: dall’unico Addetto in servizio all’UCT), costui avrebbe dovuto impedire la ripartenza dell’equipaggio del Cessna se non altro per la violazione commessa atterrando a Linate sotto i minimi annotati sulla licenza dei due piloti, minimi operativi del resto già dichiarati dagli stessi nel messaggio che accompagnava il Piano di Volo ICAO. Ciò è vero, anche se bisogna riconoscere che tuttora manca una disposizione operativa dell'ENAC sul come trattare sia da parte della TWR che dell'UCT tale tipo di notifica (che ormai arriva con il Piano di volo ICAO), perché rispettivamente informino oppure contestino a piloti non abilitati a condizioni LVO che stanno violando o hanno violato i termini della loro certificazione. § 1.11 Tutti i paragrafi da 1.11 a 1.11.7 risultano tecnicamente accurati e cronologicamente ordinati nel testo. § 1.12 Questo paragrafo dedicato alle informazioni relative ai rottami degli aeromobili scontratisi in pista esordisce con la seguente constatazione:- «I due aeromobili sono stati rimossi dal luogo dell’incidente prima del completamento delle necessarie analisi tecniche, che sarebbero state necessarie per 18 determinare la posizione dei corpi dei piloti e dei passeggeri del velivolo Cessna. Per lo stesso motivo non è stato possibile elaborare un’accurata mappa descrittiva del luogo dell’incidente e ciò potrebbe aver causato la perdita di alcune informazioni» In merito s’impongono due considerazioni:1. Il Report si astiene dall’indicare quale Autorità giudiziaria o aeroportuale (o forse politica) ha dato l’ordine o concesso il nulla-osta di rimuovere i relitti senza consultare l’Investigatore incaricato, come contemplato dalla legge istitutiva dell’Agenzia che, all’art. 10, comma 2, paragrafo a) del D. Lgs. n. 66/1999, dispone che l’Investigatore incaricato debba, in accordo con la Magistratura competente “avere accesso al luogo del incidente o inconveniente”, rendendo così valido anche il principio reciproco e cioè che il Magistrato competente si debba consultare con l’Investigatore incaricato prima di assumere decisioni su accertamenti irripetibili riguardanti la scena dell’evento. Nessun altra Autorità, neppure il Presidente della Repubblica, aveva il potere di ordinare la rimozione dei relitti dal luogo del sinistro senza il nullaosta dell’Investigatore nominato. Il Collegio dell’ANSV, dopo aver consentito l’utilizzazione dell’Investigatore incaricato quale Consulente Tecnico d’Ufficio, ossia di Perito dell’Accusa del Magistrato inquirente, con la pubblicazione del Report aveva l’obbligo, oltre che l’opportunità, non solo di denunciare l’accaduto che “potrebbe aver causato la perdita di alcune informazioni”, ma anche quella di far conoscere, una volta per tutte, sia al Ministro di Grazia e Giustizia che alla Magistratura nazionale, per il tramite del C.S.M., che le Leggi vanno rispettate da tutti e che nel caso di investigazioni riguardanti qualsiasi tipo di incidente dell’Aviazione Civile nazionale ed internazionale sul suolo, nelle acque territoriali o nello spazio aereo della Repubblica italiana (e persino nelle acque internazionali assegnate dai Piani Regionali dell’ICAO alle competenze italiane di gestione del traffico aereo) l’Investigatore incaricato dell’inchiesta da parte dell’Agenzia riveste le stesse prerogative e privilegi della Magistratura inquirente e della Polizia Giudiziaria, per i casi di effetti letali su esseri umani per fatti dolosi o colposi attribuibili alla responsabilità di persone da identificare attraverso particolari indagini tecniche e specialistiche. 2. Stupisce di molto che la Polizia Giudiziaria e le altre specialità del Corpo della Polizia di Stato (Polizia Stradale, Polizia Scientifica, ecc.) presumibilmente intervenute ad eseguire i rilievi necessari a fini di giustizia, non siano state capaci di effettuare delle rilevazioni elementari come quelle di «determinare le posizioni dei corpi delle vittime del Cessna» e di effettuare i rilevamenti necessari per poter realizzare una «accurata mappa descrittiva del luogo dell’incidente» e di quanto si trovava nel perimetro interessato dall’evento. Questo sarebbe un buon motivo per promuovere congiuntamente un accertamento da parte del Ministero di Grazia e Giustizia e di quello dell’Interno, onde appurare anche questa seconda omissione nei confronti dei dettati comuni al D. Lgs. 66/99 e all’Annesso 13 dell’ICAO. Qualora risultasse che effettivamente è andata così persa una qualsiasi evidenza relativa al sinistro in questione, almeno si potrebbe intervenire per il futuro con opportune disposizioni a protezione delle evidenze relative ai disastri aerei, così come avviene in tutti i casi colposi o dolosi. I successivi paragrafi 1.12.1, 1.12.2 e 1.12. 3 presentano diversi errori ed imprecisioni di traduzione che inficiano la validità del Report da sottoporre all’ICAO 19 e che saremmo disponibili a far rilevare e correggere al Presidente dell’ANSV, qualora ne sia interessato. § 1.13 I paragrafi compresi tra la numerazione da 1.13 a 1.13.3 risultano accurati. § 1.14 Non altrettanto invece si può affermare in merito a questo paragrafo, nel quale si è omesso di rilevare la mancata segnalazione alla TWR da parte del FSCC dei VVF dell’invìo verso l’edificio smistamento bagagli (in gergo denominato “toboga) dei primi due automezzi di pronto intervento (Victor 2 e 3) sulla base delle comunicazioni telefoniche ricevute per il tramite del Centro operativo della Polizia dell’aeroporto da parte di agenti delle Forze dell’Ordine in servizio al Gate 5 e quindi prossimo all’edificio smistamento bagagli. Parimenti, sarebbe stato opportuno specificare quanto meno quando e da chi è stato richiesto l’intervento delle Unità dei VVF esterni all’aeroporto e quando tali Unità di rinforzo sono effettivamente giunte sul posto. Una tale informazione (utile per la verifica della adeguatezza del Piano d’emergenza aeroportuale) doveva essere disponibile in quanto non è pensabile che il Comando provinciale dei VVF di Milano non abbia una registrazione delle chiamate di soccorso. Inoltre non è stato rilevato il fatto, quale elemento da correggere al più presto, che il Responsabile aeroportuale dell’intervento antincendio (Victor 1) non possa contemporaneamente “cantare e portare la croce”, cioè se è colui che deve coordinare l’intervento di tutti i mezzi e di tutti gli uomini presenti sul luogo dell’incendio non può guidare l’automezzo di primo intervento e soprattutto non può essere lui a dover abbandonare la scena dell’intervento per andare a rifornire di agente estinguente la sua autobotte. § 1.14 3 Questo paragrafo non è certo una buona traduzione in lingua inglese, è inconsistente con il contenuto del testo italiano e deviante della realtà che dovrebbe rappresentare, come nella versione originale in italiano. § 1.15 Questo paragrafo, essenziale per la ricostruzione degli attimi del dopo collisione (si fa per dire attimi, in quanto si tratta di interi minuti e spesso di decine di minuti), andrebbe ricostruito sulla base di una ossatura temporale simile a quella che segue:1. Accertato che la collisione avviene alle ore 06.10’.21”/UTC, ovvero al tempo di riferimento “Zero” ; 2. e conoscendo quanto scritto al successivo e lontano paragrafo 1.1.5, cioè che alle ore 06.11’.00”/UTC (tempo + O’. 39”) l’UCT già chiama la TWR per informare i Controllori di aver sentito “una serie di colpi …” e ne riceve conferma che sono stati sentiti ed avvertiti anche in Torre, senza che l’interlocutore si allarmi, forse proprio per l’assenza del Supervisore (CSO) di servizio dal locale della TWR; 3. e presa per buona la dichiarazione rilasciata nella relazione dei VVF che alle ore 06.12’.00” (tempo +1’. 39”) il FSCC ha ricevuta la segnalazione telefonica dell’incendio da parte della Polizia, facendo di conseguenza partire due automezzi (Victor 2 e 3) verso quell’oscura indicazione rappresentata dalla parola “toboga” e quella un po’ più comprensibile di “varco 5”; 20 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. e, che pressoché contemporaneamente (tempo + 1’. 37”) il Controllore di TWR, a seguito dell’accertato riscontro telefonico con il Controllore di Milano Radar addetto alle partenze del mancato decollo del volo SAS, sospende cautelativamente (per fortuna) la sequenza degli avvicinamenti degli aerei in arrivo; e che, al tempo + 2’. 19” la Torre riceve ancora via radio l’inquietante messaggio da parte di uno dei piloti del volo Alitalia 2023 fermo al parcheggio A 15 che informava del fatto che il Rampista di assistenza a quel volo aveva appena visto … «una scia di fuoco … verso l’antenna del Localizer”, situata a fine pista verso Nord; e che tra le ore 06.13’.00” e le 06.13’.30”, al tempo di circa + 3’. 00” (stabilito soltanto approssimativamente a pag. 146 del Report), la TWR si decide ad attivare il segnale d’intervento per i VVF e per gli altri Enti aeroportuali, tanto che al tempo +3’.14” l’UCT della DCA telefona in Torre per farsi confermare l’autenticità del segnale d’allarme generale; si arriva così ad accertare che i due automezzi dei VVF partiti alle ore 06.12’.00”, pur percorrendo strade perimetrali, arrivano al varco 5 all’incirca alle ore 06.13’.51” (tempo +3’. 30”), quando il FSCC (ora denominato Victor 10), a seguito di una telefonata non registrata effettuata da un Sottufficiale della Guardia di Finanza, che per primo specificava che nell’incendio al “toboga” era coinvolto un aeroplano, ordinava «a tutti i Victor, recarsi in prossimità del varco 5», senza usare le coordinate dell’apposita griglia di riferimento aeroportuale e senza informare la Torre, che lo sarà soltanto su propria iniziativa telefonica al tempo + 4’. 24”, tanto che al tempo +4’. 35” il Controllore di TWR ordina all’aeromobile I-LUBI di liberare la testata pista 36R, sulla quale era allineato per il decollo e dopo altri 12’ lo autorizza a percorrere la pista e a liberarla utilizzando il raccordo R1, autorizzazione poi tramutata nell’istruzione a fermarsi nella baia della pista 36R; finalmente alle ore 06.16’.03”, cioè dopo +5’. 42” e dopo aver provveduto a convocare i previsti soccorsi esterni, il Medico di turno presso il Centro di Pronto Soccorso (infermeria) informa la TWR sulla frequenza dei mezzi di servizio che si tratta dell’aereo della SAS, tanto che al tempo +6’. 00” la Torre è in grado di rimbalzare la notizia a Victor 1 che sta raggiungendo la zona del “toboga”, ma senza fornirgli né il tipo di aereo e tanto meno il numero degli occupanti; si evince così che al tempo +3’. 30” vengono fatti partite tutti gli automezzi del distaccamento, cioè l’intera dotazione aeroportuale, quando in giro per l’aeroporto, con i motori in moto ci sono ancora altri cinque aeromobili e che al tempo + 06’. 00” Victor 1 che era partito con gli altri è già arrivato al “toboga” ed informa la TWR che si tratta dell’aereo della SAS e che al tempo +7’. 16” tutti gli altri automezzi partiti insieme a lui non sono ancora arrivati («Victor 1:- Tutti qua i Victor. Li voglio qua i Victor»), ma erano ancora sul percorso delle strade perimetrali; solo al tempo +12’. 22” la TWR riesce ad apprendere da Victor 1 che nessun mezzo antincendio ha percorso la pista (come era stato richiesto dalla TWR stessa) ed incomincia a preoccuparsi delle mancate risposte alle chiamate via radio effettuate all’indirizzo dell’aereo D-IEVX; non avendo mai imposto il silenzio radio in frequenza, il Controllore GND rispondendo ad una chiamata d’un pilota d’un volo Alitalia, al tempo + 14’. 06” si lascia sfuggire la notizia che gli aeromobili che mancano all’appello sono due, e ciononostante al tempo +16’. 18” il Controllore TWR autorizza I- 21 LUBI a rientrare in pista e a liberarla al raccordo R6 per ritornare al piazzale Ovest; 12. sarà così che al tempo +19’. 45” che I-LUBI comunica alla Torre di voler essere autorizzato a liberare la pista dal raccordo R2, perché di fronte a sé, sulla pista, all’altezza del raccordo R6, «c’è del fuoco in pista, roba che brucia … dei rottami in fuoco», mentre al tempo + 22’. 05” arriva la risposta dalla Società ATA (interpellata 7 minuti prima) che l’aeromobile D-IEVX non era rientrato al parcheggio ed anche questo particolare la dice lunga in merito alle visibilità ridotta che ancora permaneva dopo tutto questo tempo sul piazzale ATA; 13. così finalmente parte una ulteriore richiesta da parte della TWR al FSCC dei VVF di controllare la pista, richiesta che viene accolta sulla frequenza dei mezzi di servizio da Delta 2, nominativo degli Addetti (quello montante e quello smontante trattenutosi in servizio) dell’Ufficio Controllo Traffico della DCA, i quali si offrono di effettuare l’ispezione di pista al tempo +23’. 20”; 14. al tempo + 26’. 29” Delta 2 comunica sulla frequenza dei mezzi di servizio d’aver trovato … «in pista … quello che rimane di un aereo» ed in conseguenza della richiesta d’intervento in pista da parte della TWR a Victor 1 dopo 1’ e 48” arrivava un mezzo estinguente, l’intervento del quale, dopo altri tre minuti circa, permetteva a Delta 2 di dichiarare che l’incendio in pista era stato spento circa 31’ dopo l’impatto; 15. l’ultimo anello di questa catena si concludeva alle ore 06.58’.26”/UTC, vale dire dopo 48 minuti dalla collisione, allorquando durante una comunicazione telefonica tra UCT e TWR, un Controllore chiedeva alla DCA il numero dei passeggeri imbarcati sui due velivoli e non il numero totale dei presenti a bordo. Infine dal penultimo capoverso si può apprendere che fino alle ore 11.00 (UTC o locali non è dato di sapere) dai rottami del CESSNA che presumibilmente erano ancora in pista si poteva udire un suono simile a quello di un ELT ancora in funzione, però tale segnale non risultava ricevuto dall’apparato di registrazione della frequenza VHF d’emergenza esistente in Torre di Controllo di Linate. Ma non è dato di saper se la Torre di Bresso, di Venegono o di Malpensa potessero aver ricevuto quel segnale. Dopo questa lunga ricostruzione cronologica, una conclusione s’impone:Non è possibile che le esercitazioni d’emergenza per verificare l’adeguatezza delle risposte alle disposizioni dei Piani d’emergenza aeroportuale avvengano solo di giorno e quando splende il sole e le risultanze non possono esser giudicate dal Direttore di aeroporto assieme solamente al parere interessato dei capi dei servizi partecipanti. Esse devono essere quanto meno semestrali ed improvvise, vanno supervisionate e giudicate da un giurì ovvero da un’apposita Commissione nazionale composta da non meno di cinque osservatori qualificati ed esperti, senza la presenza in essa di alcun esponente dell’Amministrazione dell’Aviazione Civile. Questa è una raccomandazione da fare ad ENAC. § 1.16 Da questo paragrafo si può apprendere che l’Autorità giudiziaria, che pure ha inteso avvalersi dell’opera dell’Investigatore incaricato dell’Agenzia in qualità di C.T.U. dell’Accusa, non ha consentito (e non è nota la ragione) a render disponibile per le necessarie analisi tecniche l’apparato segnalatore d’emergenza del Cessna, che, stando all’apparato registratore della Torre non avrebbe funzionato e nello stesso tempo funzionava invece in maniera udibile con il suo segnale acustico tra i 22 rottami del velivolo diverse ore dopo la collisione, avvalendosi dell’alimentazione della propria batteria d’emergenza. In questo modo l’Aviazione Civile mondiale non saprà mai se quel tipo di apparato segnalatore di “crash” di un aeroplano sia affidabile o meno. § 1.17 Altro paragrafo che costituisce una scarsa traduzione del testo dall’italiano in inglese. Non si può condividere né lo spirito né la lettera con la quale sono state rese le traduzioni delle voci a), b), c) e più in particolare la conflittualità delle informazioni contenute alle voci d) ed e). Inoltre la presentazione del Comitato Aeroportuale per la Sicurezza Operativa - C.A.S.O. è resa in maniera riduttiva ed imprecisa, in quanto la disposizione istitutiva di questo organo presso le DCA, emanata nel 1975 dalla D.G.A.C. del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile dell’epoca, indicava ben altri compiti per questo Comitato consultivo del Direttore di aeroporto per la sicurezza delle operazioni e per la sorveglianza dell’adeguatezza operativa delle infrastrutture e delle installazioni aeronautiche, come pure del corretto funzionamento della gestione tecnica aeroportuale e del locale ATC. Che a Linate il Direttore di aeroporto non convocasse il Comitato, come da sua prerogativa, che non tenesse in ordine neppure l’archivio dei verbali di riunione del CASO e che non si avvalesse di questo organo consultivo per avere sotto controllo il polso della situazione operativa locale, così come risultava agli utenti che operavano sul suo aeroporto, la dice molto lunga sul lassismo consentito da quella figura di delegato locale delle attribuzioni assegnatigli dall’ENAC in materia di coordinamento e sorveglianza aeroportuale. Ma non va mai dimenticato quali responsabilità siano addossate sulle sue spalle dai disposti del Codice della Navigazione – Parte Aerea – che ne delineano compiti ed attribuzioni. § 1. 18 A prescindere dal fatto che non è chiaro per quale necessità è stato spiegato in un Final Report destinato all’ICAO ed agli addetti ai lavori che cosa sia l’I.C.A.O. (§ 1.18.1) o il contenuto dell’Annesso 14 (§ 1.18. 2) e poi di proporre un improponibile raffronto (§ 1.18.3) tra le SARPs dell’ICAO e le J.A.R.s delle J.A.A. (club di Autorità aeronautiche di Nazioni che hanno concordato processi di certificazione omogenei di prodotti aeronautici inizialmente e poi di requisiti operativi), quel che rende veramente ardua la lettura del testo è l’assenza di qualsiasi cura posta nella traduzione del contenuto. Nel testo proposto in inglese si possono rilevare i soliti errori. Inoltre, se al § 1.18.1 e 1.18.3 si sono voluti fare gli inutili distinguo che esistono nel testo, allora non si comprende perché si dia poi tanta evidenza al concetto (importantissimo di suo) di “Safety Management System – SMS”, all’epoca non in vigore a Linate, ancor’oggi (agosto 2004) non reso obbligatorio da ENAC su alcun aeroporto, neppure su quelli certificati in base al Regolamento ENAC sugli aeroporti (e si tratterà di vedere di quale certificazione si sia trattato confrontandola opportunamente con quella indicata dal DOC 9774 dell’ICAO). Comunque l’essenza del SMS è racchiusa nella frase del Report (che andava scritta a caratteri cubitali, per la sua importanza):- «Compliance with all appropriate safety standards», laddove per il termine “appropriate” non si può e non si deve intendere altro che “idoneo allo scopo” e cioè norme idonee a garantire la sicurezza. 23 Ed invece, questa volta la traduzione italiana del testo inglese originale nella “Relazione finale” incorre in una intollerabile interpretazione di comodo o di devianza interessata, esplicitata testualmente nei seguenti termini:- «I sistemi di gestione della sicurezza dovrebbero includere quanto segue: − omissis; − dichiarazione di conformità con tutti gli appropriati standards di sicurezza; − omissis». Il § 1.18.3 per la prevenzione delle “Runway incursions” termina elencando le seguenti (testuale) “installazioni e misure”:- «RCL; Taxiway lights; stop bar; etc. …; air traffic controllers» ! § 1.18.5 Questo è un altro paragrafo che ha poco a che fare con un Final Report d’una investigazione tecnica riguardante la collisione tra aeromobili al suolo avvenuta a Linate, in quanto non fa altro che illustrare un Programma noto sotto il titolo “European Action Plan for Runway Incursions Prevention”, concretizzatosi a livello europeo soltanto nel luglio del 2001 e che si proponeva inizialmente di effettuare le necessarie rilevazioni statistiche e modali sui casi europei di invasioni delle piste di volo da parte di aeromobili o altri mezzi di superficie non autorizzati. Una tale casistica era assolutamente inesistente in Europa ed invece esisteva ben documentata per gli aeroporti nordamericani da parte della F.A.A. degli U.S.A.L’illustrazione di un testo noto a livello europeo fin dalla parte di sua gestazione da parte del “Action Group for ATM Safety” si conclude con un sottotitolo “Regulatory issues” che a sua volta termina con la seguente “raccomandazione” (così come viene indicata questa presentazione del paragrafo nella versione italiana) e che noi vogliamo presentare in originale per far comprendere le differenze sempre presenti nelle due differenti versioni del Report:- «Certify aerodromes according to ICAO provisions of Annex 14». Ora, a prescindere dal fatto che le Certificazioni aeroportuali finora rilasciate ai Gestori dei maggiori aeroporti nazionali da parte di ENAC centrale non comprendono l’approvazione del “Safety Management System – SMS” del Gestore, in quanto, come ci fa sapere il Regolamento degli aeroporti di ENAC, la scadenza del termine fissato dall’ICAO scade “soltanto” a novembre del 2005, viene però spontaneo chiedersi:- «Ma allora a che serviva quell’assurdo distinguo che compare negli ultimi tre capoversi del § 1.18.1» ? Non certo per introdurre il tema dei “campanelli d’allarme” metaforici che erano già squillati ripetutamente a Linate senza che nessuno degli addetti al controllo ed alla sorveglianza delle operazioni li recepisse. § 1.18.6 Allora, stando a questo paragrafo, nel solo 2001 a Linate dovevano aver squillato i “campanelli d’allarme” (figurati ma effettivi) costituiti da ben tre distinti episodi documentati di invasioni non autorizzate di pista o comunque di non ottemperanza alla ATC clearance ricevuta, di cui l’ultimo avvenuto soltanto il giorno precedente alla collisione dell’8 ottobre. Violazioni avvenute, quel che è peggio, in buone condizioni di visibilità. Dunque … di notte … o con la nebbia … una lampante prova della permeabilità delle difese della pista da parte dell’errore umano operativo che già s’era manifestato nel 1980 (10 ottobre), allorquando, di notte, con Radar ASMI funzionante ma non monitorato dal Controllore di Torre (anche per motivi sindacali), il Pilota d’un DC 9 Alitalia autorizzato al decollo riuscì a limitare le 24 conseguenze (solo materiali agli aeromobili) della collisione con un aereo privato entrato non autorizzato in pista da un raccordo laterale. Dunque il decantato layout semplice e lineare (come giudicato nel 1996 dal Capo Servizio Navigazione Aerea della DGAC) e il relativo sistema di difese della pista era già fragile allora, con un Radar di sorveglianza efficiente (ma non consultato), ed ecco che nel 2001, complice il comportamento dei Controllori di Torre che non provvedevano a denunciare gli episodi né all’ENAV né all’ENAC, la situazione di errori e violazioni incomincia a reiterarsi. Così la condotta d’un pilota rimasto sconosciuto che entra «nella pista attiva» senz’esser autorizzato viene perdonata soltanto sulla base del fatto che «there is no traffic at the moment» (episodio avvenuto a settembre 2001 e reso noto all’ANSV solo il 17 ottobre da parte dell’AAIB inglese) sta chiaramente ad indicare quale fosse il clima familiar-confidenziale che regnava presso i Controllori della Torre di Linate, nella quale lavoravano da ben 27 anni alcuni Controllori mai sottoposti ad un check o ad un corso di aggiornamento professionale. Così ancora l’episodio del pilota austriaco … definito «abbastanza familiare con l’aeroporto» … tanto da venir giustificato dell’errore commesso d’aver rullato sul raccordo R6 anziché sull’R5 sulla base del fatto d’aver in precedenza rullato sull’R6 e quindi d’essersi aspettato un’autorizzazione a percorrere la stessa via di rullaggio per ripartire, pur riconoscendo lealmente d’esser stato autorizzato correttamente dal Controllore. Purtroppo non è dato di sapere dal Report la data di questo evento, segnalato dall’Autorità investigativa austriaca solo il 21 dicembre 2001, ma l’indicazione della “familiarità” con la quale si operava a Linate conserva in pieno tutto il suo valore, indicativo d’un clima confidenziale da parte di Piloti e Controllori, del resto documentato anche dall’uso in frequenza della lingua italiana. Fatti di questo genere se segnalati ad ENAV e da questa all’ENAC, alla DCA ed al CASO di Linate (del quale il CAV/ENAV è ovviamente membro permanente) avrebbero potuto portare ad una miglior coscienza della situazione psicologica instauratasi nell’ambiente ATC ed in quello degli utenti dell’aeroporto di Linate, tanto da far dichiarare, a disastro del 8 ottobre appena avvenuto, all’allora presidente della SEA qualcosa come:- «La via di rullaggio R6 viene abitualmente utilizzata dai piloti che muovono dall’ATA verso la pista 36R per risparmiare 5-6 minuti di rullaggio ed il relativo costo del minor consumo di carburante». Ma questa tardiva denuncia (perché se gli constavano questi fatti avrebbe dovuto denunciarli ben prima, quanto meno alla DCA), comunque non è stata mai investigata e tanto meno provata. Però … Però … ecco che meno di 24 ore prima del disastro un aeromobile nazionale, autorizzato in italiano «rulli ora a Nord su Romeo 5» imbocca invece tranquillamente (abitudine?) la via R6 e per poco non anticipa d’un giorno il “botto” solo perché d’un tratto si trova muso a muso con altro aereo che dopo l’atterraggio era stato autorizzato a percorrere la R6. Leggendo il rapporto riprodotto nel Report si può evincere che “la confusione” esistente nella testa del pilota nazionale consiste tutta nella sua “ignoranza e testardaggine” (rimaste impunite non avendo travato sanzione alcuna) che traspaiono dalle sue risposte alla Torre. Perché qui non si trattava di confusione tra R5 ed R6, bensì si trattava di non aver idee chiare sulla propria posizione di partenza e di dove dirigere (con la bussola, se non conosceva sufficientemente l’aeroporto, ma il caso nella fattispecie non è questo) verso Nord per imboccare la via di rullaggio R5, che rispetto al piazzale Ovest di Linate appunto a Nord si trova, mentre costui (come dopo di lui il pilota del Cessna l’8 ottobre) ha sempre rullato in direzione di Sud-Est. Dunque tutti casi che non dovevano esser lasciati passare come una innocua distrazione, ma che se esaminati a livello e con competenze opportune 25 avrebbero indicato sia il lassismo esistente in campo operativo che il comportamento pericoloso e non professionale di tanti piloti operanti da/per il piazzale Ovest di Linate. Che poi, in aggiunta, per le operazioni in condizioni di visibilità ridotta mancasse da parte del CAV l’applicazione delle norme internazionali e di quelle nazionali, dalle prime approssimativamente dedotte, di “un movimento per volta” in carenza di un SMGCS completo di SMR, è una ulteriore indicazione dell’incuria di ENAV e di ENAC nei confronti delle proprie responsabilità sulla sorveglianza delle operazioni condotte dal CAV di Linate e di un «sistema non-sistema» nel quale si svolgevano in chiare condizioni di rischio le operazioni ogni-tempo sull’aeroporto di Linate. Il paragrafo in esame si conclude con un ultimo capoverso, battezzato “Comment”, dal contenuto lapalissiano a posteriori, ma non condiviso a suo tempo dal Capo Servizio Navigazione Aere della DGAC. Si fa notare che sarebbe stato invece particolarmente utile per l’ANSV e per l’ENAV, oltre che per l’ENAC, di conoscere attraverso dei “compulsory reports” i fatti accaduti a Linate il 18 settembre e quello senza data conosciuta, segnalati a posteriori dalle Autorità inglesi ed austriache all’ANSV. In altre parole, fino a quando nell’ambiente ATC nazionale non si sarà sviluppata una cultura che attraverso i “voluntary reports” o i “compulsory reports” tutto ciò che esce dalla norma va segnalato onde permettere la prevenzione di eventi più gravi, significa semplicemente che “il sistema in vigore” è profondamente malato. Perché se gli errori sono parte degli esseri umani, se conosciuti a livello appropriato, il loro studio deve aiutare “il sistema” a trovare le giuste difese a mali peggiori. A modesto avviso dello scrivente però quanto sopra indicato non viene fatto né da ENAC, né da ENAV e neppure dall’Agenzia nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV -, forse per difficoltà di uomini adatti e dei mezzi necessari. Ma il disastro di Linate è costato di più all’Italia in termini economici e di credibilità che non l’attivazione di un completo ed attivo sistema di prevenzione. § 1.19 Dal contenuto dei tre sottoparagrafi che compongono questo paragrafo sorga spontanea la domanda sul perché in questo testo non vi sia menzione di alcuna notizia riguardo al caso se l’investigazione sull’incidente abbia portato a scoprire se in Torre e presso il FSCC dei VVF aeroportuali, come pure sui loro automezzi di pronto impiego (senza dimenticare l’auto Delta 2 dell’UCT) fosse esistente una “grid map” aeroportuale atta ad individuare, specialmente in condizioni di visibilità ridotta, usufruendo reciprocamente con la Torre degli eventuali benefici di un Radar di sorveglianza, delle indicazioni riferibili a coordinate ben precise delle parti in cui viene appositamente suddiviso il sedime aeroportuale e gli eventuali dintorni d’interesse (come ad esempio il sentiero luminoso d’avvicinamento) per i casi d’incidente e di emergenza. Non si tratta di semplice curiosità, come nel caso in esame è provato dalle caotiche ed imprecise radiocomunicazioni riferite all’indicazione del luogo dell’incidente. - Capitolo II°. Analisi. § 2. Questa parte del Report è quella nella quale si dovrebbero trovare le indicazioni e le rilevazioni su quanto dev’essere considerato inerente all’evento per 26 poter trarre delle conclusioni sulle cause e sulle azioni correttive atte a far in modo che quanto avvenuto non si ripeta. Vediamo dunque quanto concorda o quanto diverge dalle notazioni fatte nella prima parte di questa recensione dallo scrivente. Il testo del paragrafo purtroppo inizia con la citazione di un risaputo ritornello al quale si fa risalire automaticamente ogni disgrazia aeronautica e cioè l’apporto del fattore tecnico, ambientale ed umano, ma ciò significa che l’Agenzia e per essa il suo Collegio direttivo non ha compreso che nel caso di Linate specialmente (ma in tanti altri ugualmente) un altro fattore gioca un ruolo ben più importante degli altri. Intendiamo riferirci al “fattore organizzativo”, che non appare preso nella minima considerazione, quando invece, per il semplice fatto che a Linate non ha funzionato alcuna delle difese che dovrebbero proteggere il sistema dall’errore umano degli operatori di prima linea, automaticamente si dimostrano tutte le carenze organizzative che sono state trascurate da coloro che erano responsabili di dirigere e di proteggere la sicurezza del sistema operativo. Di contro, qui nel Report, si afferma che, nel caso di Linate, solo due fattori hanno concorso all’incidente, concatenandosi fra loro: «quello umano e quello ambientale», come se le carenze tecniche delle infrastrutture aeroportuali per il volo ogni-tempo e quelle procedurali e normative nel campo del Controllo del Traffico Aereo e delle operazioni ogni-tempo non avessero avuto alcun peso, quando invece si collegano strettamente con l’inadeguato e deresponsabilizzato fattore organizzativo, il quale ha esercitato tutto il suo nefasto peso proprio con la mancanza di quelle difese tecniche, normative e procedurali che avrebbero dovuto innalzare lo scarso livello esistente nelle difesa del sistema. Alla fine si vedrà quanto questo fattore, ignorato nell’analisi dell’evento, sia stato determinante e predominante. Quasi sicuramente questa lacuna nel testo dell’Analisi delle evidenze raccolte e quella che è determinata dalla mancanza, sia nel Collegio che nell’Investigatore incaricato dell’agenzia, di adeguate conoscenze e competenze in materia ATC in generale ed in operazioni ogni tempo e relativa gestione delle stesse da parte del Servizio di Controllo del Traffico Aereo. Infatti in tutto il testo si rileva una parziale conoscenza teorica delle operazioni ogni tempo ed anche dell’esperienza operativa dal punto di vista del Controllo del Traffico Aereo. Per il momento limitiamoci a notare che anche questo paragrafo è stato tradotto in maniera approssimativa rispetto “al preteso testo di riferimento in italiano”. Ad es.: per tradurre le parole dell’ultimo capoverso che inizia con «Il personale ATC direttamente coinvolto non si è reso disponibile … ecc.» è stato scritto «- Persons from ATC were not available … etc.», quando una traduzione coerente avrebbe scritto:- «The ATC Controllers directly involved in the mishup were unavailable to be interviewed by ANSV Investigator-in-charge due to the fact they were prosecutable in the trial inquiry running parallel to the accident investigation». Ma questo è niente a confronto di quello che segue come traduzione dei successivi paragrafi 2.1, 2.1.1, 2.1.1.1, 2.1.1.2, 2.1.1.3, 2.1.1.4, nei quali si può dire che non ci sia riga che non sia criticabile a causa della pessima traduzione generale e dell’uso di termini assolutamente non corretti o non adatti ad una Relazione tecnica di un disastro aereo plurimo come quello di Linate. 27 § 2.1.1 Sotto il titolo di questo paragrafo denominato «Environmental situation» si può scoprire che quanto meno per quanto riguarda l’aeroporto, inteso come «physical structure [leggasi: “layout” – ndr] and organization» s’intendeva trattare anche dei “fattori organizzativi”, intenzione che si traduce in una limitata descrizione pura e semplice di quanto sia carente l’aeroporto. Essa non è accompagnata da alcuna analisi critica di quanto, ad esempio, deciso dal C. d. A. dell’ENAC con la Delibera n. 18/99, traslata poi in Circolare APT 08 B, e contenente disposizioni interpretative che risultano in contrasto con quelle codicistiche degli artt. 801/802 del Codice della Navigazione, in quanto dispongono che le DCA deleghino alcuni dei poteri pubblici di sorveglianza, finora esercitati dagli UU. CC.TT., traslandoli alle competenze dei Gestori aeroportuali privati. Il paragrafo in esame inizia la sua analisi con la seguente sintesi del testo italiano che suona completamente diverso nei significati rispetto alla seguente traduzione:- «Analysis of the situation suggests that the meteorological condition of the day of the accident have been “instrumental” in determining the work performance of the controllers, the pilots and the rescue “operations”». Orbene, «instrumental [riferito a “conditions”- ndr]» in inglese significa «utile, giovevole, di valido aiuto» e solo in campo musicale e grammaticale conserva il significato del termine “strumentale” in italiano e quindi sempre e comunque termine inadatto ed improprio ad esser usato in questo contesto, nel quale la parola inglese che poteva essere utilizzata era forse il termine «conditional», cioè che “le condizioni meteorologiche erano state elemento condizionante nel determinare le prestazioni operative di controllori, piloti e soccorritori». Subito dopo, il capoverso successivo esplicita la sigla RVR come “Runway Visibility Range”, quando tecnicamente la visibilità in pista, misurata con i trasmissiometri, è denominata “Runway VISUAL Range”. Poi, nel paragrafo, si avanza l’osservazione circa l’incompletezza del DOP 2/97 dell’ENAV riguardo la “Visibility 2 condition”, ma non si dichiarano le differenze riscontrate con riferimento alle relative norme internazionali in materia e tanto meno si denuncia il gravissimo fatto che tali norme, emanate da ENAV, erano valide solo per i Controllori. Ciò in quanto l’ENAC le aveva contestate e non erano valide per i piloti, nonostante le indicazioni ICAO in materia disponessero che l’Amministrazione dell’Aviazione Civile (e quindi l’ENAC in Italia) dovesse disciplinare le Operazioni in visibilità ridotta – LVO – secondo le disposizioni valide internazionalmente. L’ultimo capoverso fornisce poi una versione psicologica del comportamento dei Piloti del Cessna, versione che però nulla ha a che fare con il titolo del paragrafo, dedicato alla “situazione ambientale”. § 2.1.1.1 Anche la traduzione di questo importante paragrafo, importante perché intende esaminare e valutare la consistenza delle “Aerodrome facilities, etc.” risulta essere dequalificante per l’analisi a causa sempre della cattiva traduzione, particolarmente dei termini tecnici. Un esempio per tutti: - «Surface Movement Radar was absent» è dichiarato, come se avesse marinato la scuola, anziché la constatazione tecnica che il «SMR was decomissioned or out of service». Inoltre la parte finale del secondo capoverso di pag. 106 risulta essere oltre che infedelmente tradotta persino con una parte del testo in inglese completamente inventata perché senza riscontro nel testo italiano. In proposito mi dichiaro, fin 28 d’ora, sempre pronto a sostenere le affermazioni fatte in qualsiasi confronto si voglia (o si debba!) effettuare. A pag. 107, in un inglese maccheronico, di passaggio si riconosce fra le righe ed in sordina che:- «… it is fair to assume that the absence [di nuovo – ndr] of such equipment [SMR –ndr] moderately contributed to the accident». Infine da rilevare che «the absence [ancora – ndr] of an anti incursion “efficient” system allowed the [Cessna – ndr] aircraft to “cover a path” [leggi:- to follow a taxi route – ndr] that the controller could not monitor (identify)» è un ulteriore sequenza delle imprecisioni linguistiche e tecniche che affliggono questa traduzione, che in tale veste deve circolare internazionalmente. § 2.1.1.2 Dalla Delibera n. 18/99 e della Circolare APT 08 B dell’ENAV ho già detto la mia opinione, ma qui viene usata solo per documentare che il Foglio prot n. 3744 della DCA datato 10 novembre 1999 contenente disposizioni in materia di ispezioni agli aeromobili (disposizioni indirizzate “a chi” non è dato di sapere), stabilivano che «I voli dell’Aviazione Generale saranno automaticamente autorizzati, tranne esplicito intervento dell’addetto di turno», quindi presumibilmente dell’Addetto all’UCT della DCA. Il risultato finale rimane comunque quello che l’UCT, sgravato di certe incombenze delegate all’ATA (ci riferiamo al prescritto Foglio di controllo - Control Form) da compilarsi da parte di “all departing General Aviation aircraft”, come riportato a pag. 17 del Report, non ha provveduto né a controllare i documenti professionali dei piloti del Cessna, né a fermarli per la violazione commessa atterrando sotto i “minimi” autorizzati. Infine, la parte finale dell’ultimo capoverso di pag. 109 poteva benissimo esser risparmiato, in quanto nulla ha a che fare con il Report sull’incidente. § 2.1.1.3 Denominare “Operations” un paragrafo che infine tratta di “Crew operational capabilities” è l’ennesimo esempio di traduzione inadeguata, oltre che esposizione di strane dichiarazioni di comodo dell’aircraft owner, accettate acriticamente dall’ANSV. Non si comprende che cosa significhi che «l’Equipaggio del Cessna operava - secondo quanto dichiarato dal proprietario – nel rispetto delle regole di “un volo privato”», quando a bordo aveva due passeggeri il cui passaggio da Milano a Parigi e viceversa sarebbe stato retribuito dalla Cessna Aircraft Company, costruttrice dell’aereo e quindi il volo era a fini di lucro. Neppure si comprende che senso abbia aggiungere subito dopo che «the Cessna crew should have operate in abidance and within the limits prescribed for ILS CAT I weather conditions», quando non viene esibita alcuna copia d’un Manuale della Compagnia dell’esercente/proprietario tedesco che comprovi che le sue dichiarazioni abbiano trovato conferma che l’abilitazione fosse stata preventivamente approvata dalle Autorità di certificazione tedesche. § 2.1.2 Un titolo ben più appropriato di quello di questo paragrafo sarebbe potuto essere il seguente:- «Psycological & social assistance to people exposed to emotional stress». L’analisi degli effetti psicologici e sociali dell’esposizione ai lutti ed alla scena di morte del disastro nei confronti di tutte le persone direttamente o indirettamente coinvolte negli effetti del sinistro e nelle relative operazioni per il 29 ritorno alla normalità che non sarebbe mai più potuta essere quella precedente all’esposizione allo stress emozionale di uno scenario d’ansia e di morte, è veramente commendevole ed avrebbe potuto trovare il suo giusto coronamento in una “Recommandation” diretta all’Amministrazione dell’Aviazione Civile nazionale affinché provvedesse in futuro ad istituire questo tipo di assistenza, magari in collaborazione con la Protezione Civile del Ministero degli Interni, attraverso l’opera di personale appositamente preparato. § 2.1.4 Sull’argomento trattato in questo paragrafo abbiamo già avuto modo di esprimere le nostre riserve ed i nostri motivati “distinguo” in diverse occasioni precedenti nel corso della recensione. In merito si può ancora aggiungere che nel testo non è esplicitato se l’esercente/proprietario tedesco del Cessna e/o l’Autorità tutoria tedesca abbiano presentato copia della documentazione che si trovava a bordo del velivolo ed in particolare quella dell’Aircraft Flight Manual (aggiornato) e quella della documentazione di navigazione della Jeppsen che veniva usata alla data del 7 ottobre dall’Equipaggio del Cessna. Da rimarcare infine l’importanza, ai fini delle conclusioni, dell’ultimo capoverso nel quale viene specificato che l’Equipaggio del Cessna non aveva mai ricevuto né addestramento né abilitazione per operazioni aeroportuali in visibilità ridotta sotto i 400 metri. § 2.1 5 La prima constatazione di questo paragrafo riguardante il fatto che la certificazione e la qualificazione dei Controllori ATC da parte dello Stato italiano, contraente della Convenzione di Chicago, e per esso da parte di AAAVTAG prima, ora ENAV, non era pienamente conforme alle norme dell’Annesso 1 dell’ICAO – Personnel Licensing – non viene debitamente analizzata per rilevare il grave fatto che in merito a questa “differenza” l’ICAO non sia mai stata doverosamente notificata, in violazione dell’art. 38 della Convenzione. Il secondo capoverso rileva soltanto che la «operational situation inside the TWR, at the accident time, was to be considered “complex” due to meteorological conditions and the number of aircraft “assisted”» (cioè:- «number of aircraft controlled “heavy”»), ma dimenticando di includere il concetto d’una esistente situazione di «poor working conditions and lack of necessary professional refreshment courses for TWR Controllers». Situazione che era determinante per il comportamento dei Controllori di prima linea (cioè: TWR, GND ed Assistant), mentre non viene minimamente rilevata l’importanza dell’assenza del Supervisore (CSO) di Torre, particolarmente decisiva riguardo le «heavy working conditions due to excessive number of ground movement in poor visibility conditions, without the assisting tool of an operative SMR and SMGCS», cioè condizioni nelle quali un Supervisore esperto ed aggiornato ad analizzare i parametri di rischio si sarebbe accorto “sua sponte”, anche senza che nessun aeromobile «had declared taxi difficulties», che s’imponeva una significativa riduzione dei movimenti al suolo, a causa appunto delle condizioni ambientali esistenti. Ma è anche comprensibile che un responsabile, abituato per lunghi periodi stagionali durante oltre un quarto di secolo non riuscisse più ad accorgersi della “mancanza d’un margine dal precipizio”, in assenza di opportuni e necessari corsi di aggiornamento e validazione dei suoi comportamenti durante i doverosi accertamenti da parte della propria Organizzazione. Ventiquattro movimenti orari nelle condizioni meteo e logistiche esistenti costituiscono senz'altro un carico di lavoro “alla cieca” 30 intollerabile; essi costituirebbero già “traffic density heavy” in condizioni di visibilità superiori a 2000 m. di visibilità generale, a maggior ragione quando questa è stata ufficialmente rilevata essere di 50 m. da parte dell’apposito Servizio Aerologico aeroportuale. § 2.1.5.1 Questo paragrafo dedicato a “R/T communications” omette di analizzare le conseguenze dell’uso improprio, deviante e discriminatorio delle radio comunicazioni effettuate in italiano in un contesto già di per sé reso difficile dalle condizioni operative ambientali e dalla mancanza dei necessari mezzi idonei per tali operazioni ogni-tempo (SMGCS e SMR) su quell’aeroporto. § 2.1.5.2 Molti dei rilievi che dovevano trovar posto nel paragrafo precedente vengono presentati in questo, però la traduzione in inglese dei rilievi mossi sotto il titolo riduttivo di “Taxi clearences” risulta incoerente, al punto da usare il termine “deformity” per denunciare le differenze (o “difformità”) rilevate tra le “istruzioni” emesse dal Controllore GND e le “informazioni” (errate, incomplete, ecc.) contenute nelle documentazioni Jeppesen e SAS a disposizione dei vari piloti coinvolti. Ma il discorso delle responsabilità riguardo all’attendibilità delle informazioni ufficiali contenute nell’AIP-Italia verrà trattato in uno dei prossimi paragrafi. § 2.2 Paragrafo dedicato al tema “Aeroporto di Milano Linate” che nella versione inglese viene presentato in modo incongruo e che contiene notizie ed informazioni più adatte ad esser presentate nel Capitolo I° del Report che non nella parte analitica, dove l’analisi deve trattare delle discrepanze e delle responsabilità attribuibili alle varie componenti di quello che avrebbe dovuto essere un "sistema” basato sull’ottemperanza alle norme ICAO in materia. Invece qui l’analisi verte principalmente sulle condizioni di visibilità esistenti, presentazione che andava effettuata al § 2.1.6. § 2.2.1 Finalmente in questo paragrafo si trova qualche timido riferimento di attenzione dedicata al “fattore organizzativo”, laddove si osa avanzare il dubbio che (testualmente):- «The “lack” of centralized Safety Management System may have caused the “lack” of official documentation update, a contributing factor in the chain of events described in this Report», ma non si spinge ad analizzare ed indicare chi avesse il compito di fornire le notizie corrette, chi dovesse verificarle ed infine chi avesse l’incombenza di pubblicarle, debitamente aggiornate. L’analisi si spinge poi a citare la funzione del C.A.S.O. «which proactively should have been handled by ENAC [leggasi: ENAC/DCA – ndr]», ma che «apparently there were different types of meetings (CASO) and activities where different operational matters were handled that were not directly related to safety issues», finendo con il non trovare al CASO la precisa collocazione che invece aveva:- quella di organo tecnico consultivo del Direttore di aeroporto. Tuttavia, nel mezzo di un testo confuso che termina con la constatazione che quanto sopra detto «that was not enough», viene inserita anche una notizia incompleta di qualsiasi valore pratico conclusivo e cioè (testualmente) che:«Safety audits were also performed on an “ad hoc” basis», in quanto non viene precisato né da chi venissero effettuati questi pretesi audits e neppure dove se ne 31 potesse trovare una traccia documentale delle risultanze raggiunte da queste operazioni di sorveglianza d’una situazione organizzativa che ha dimostrato tutta la sua colpevole inesistenza pratica nell’occasione del disastro. Così nessuno saprà mai quando e da chi queste pretese operazioni di sorveglianza venissero effettuate, né quali risultati documentabili avessero mai ottenuto queste pretese “ispezioni di sicurezza”. Insomma una bella frase senza senso né sostanza, che, tra l’altro, non trova riscontro nel testo italiano del corrispondente paragrafo della Relazione finale. Dunque un paragrafo di sua parte già abbastanza confuso in quella che dovrebbe essere un’analisi completa di questo importante argomento attinente, stando al titolo, al tema del “Safety Management System and Manuals” ed invece si limita a dissertare superficialmente della funzionalità delle riunioni del CASO, che nella versione italiana vengono presentate come «riunioni prive di particolare efficacia sul piano della sicurezza operativa», scopo per il quale invece i CASO era stato istituito su tutti gli aeroporti italiani, sedi di operazioni commerciali. Ma se le cose stavano così le colpe d’una tale situazione andavano spartite equamente fra il Direttore che il CASO doveva convocare e dirigere e di suoi componenti, evidentemente inetti al compito assunto. Unica cosa positiva del paragrafo in esame è rappresentata dalla denuncia contenuta nell’ultimo capoverso della versione italiana, reso in maniera non molto adeguata nella traduzione inglese, che comunque riproduciamo con tutte le sue inesattezze:- «It is the opinion of the investigatig team [that] the absence [!] of a functioning Safety Management System is the “main” [leggasi:- “root” –ndr] cause for most of the discrepancies found and should be considered as one of the main contributing factors to the accident». E tanto basti per attribuire tanto al Direttore d’aeroporto quanto soprattutto all’alta direzione dell’ENAC le responsabilità civili e morali per non aver dato attuazione alle norme dell’ICAO. Per quanto attiene a quelle penali sarà sufficiente ricorrere al Codice della Navigazione. Nota:- Per opportuna conoscenza si rammenta che il funzionamento di un Safety Management System è contemplato fin dal 1 novembre 2001 dall'Emendamento n. 4 all'Annesso 14 dell'ICAO, obbligatorio per la "Certificazione degli aerodromi" da parte degli Stati contraenti a partire dal 27 novembre 2003 (limite di scadenza novembre 2005). § 2.2.2 Questo paragrafo dedicato a “Aerodrome facilities” dovrebbe analizzare criticamente il peso che le carenze riscontrate nelle disposizioni contenute nell’AIPItalia e/o emanate come Ordinanze dal Direttore della DCA, quello della segnaletica impropria o mancante, quello della rimozione del sistema anti-intrusione e del telecomando delle Stop-bars dalla Torre hanno avuto. Invece presenta un testo malamente tradotto ma soprattutto infarcito di illazioni anziché di evidenze da analizzare e da commentare. Un esempio per tutti:- l’ultimo capoverso del testo del paragrafo denominato ”Publications” a pag. 119 sotto la voce a) conclude che la frase «TWY (L ) [?] R2 and R3 must be not used» potrebbe esser interpretata da un pilota proveniente da un rullaggio sul raccordo R6 addirittura come una “esplicita” istruzione ad eseguire una manovra di rullaggio “contropista” allo scopo di raggiungere la posizione di allineamento pronto al decollo per pista 36 R. Ora questa è soltanto un’illazione non giustificata da nulla, che potrebbe esser pericolosa se letta da piloti privi di cognizioni sulle “Regole dell’Aria” di cui 32 all’Annesso 2 dell’ICAO, ma anche perché l’aggiunta finale al testo che continua ad ipotizzare che «… and not on TWY R2 and R3 (perhaps to avoid conflict with traffic occupying the taxiways parallel to Runway» è smentita anche dal comportamento dei piloti del Cessna, i quali, dopo esser entrati non autorizzati in pista da R6 dirigevano per imbucare il raccordo R2 (mai menzionato) quando il loro aereo è stato colpito da quello della SAS autorizzato al decollo. Anche altre illazioni di questo tipo infarciscono il testo di questo paragrafo. L’unica cosa utile di questo paragrafo è la conclusione (perfino ripetuta) che «the aerodrome did not met the “requirements” for LVP under ILS CAT III B conditions», frase che però sarebbe stato più corretto formalizzare affermando che l’aeroporto non ottemperava alle norme contenute nell’Annesso 14 dell’ICAO ed a quelle applicative contenute anche per gli Operatori nel DOC 9365 – Manual of All-Weather Operations. Nota:- Da parte di qualcuno si potrà forse obiettare che come recensore lo scrivente possa essere quasi ossessivo nel rimarcare la cattiva qualità della traduzione del testo in inglese della Relazione, che, non dimentichiamolo, per l’ICAO (alla quale vogliamo sperare sia stata inoltrata secondo obbligo) è l’unica valida e distribuibile ai propri membri, ma che ad una prosa spesso incomprensibile e quasi sempre inaccettabile, unisce l’uso di termini che non sono né appropriati né tecnici come ad esempio a pag. 120, lettera c), dove si nomina un «… anti invasion system», termine appropriato a difese da aggressioni, e non a difese contro le “Runway incursions”. § 2.3.1.2 La descrizione dello stato post-collisione del cockpit del MD 87 della SAS risulta abbastanza accurato ed appropriato. Un unico appunto:- nella relativa analisi manca la precisazione in merito alle posizioni di disaccordo e di transizione riscontrate a carico dei flap anteriori alari (slats) e di quelli posteriori e cioè se questa condizione sia dovuta alla perdita della pressione dell’impianto idraulico a causa della rottura delle tubazioni durante la collisione oppure ad altra possibile causa accertata. Quanto sopra in quanto questo stato avrebbe condizionato pure l’operabilità dei comandi principali di volo. § 2.3.2 In questo paragrafo si prospettano due possibili scenari per il rullaggio del Cessna, anche se presentati nel solito inglese maccheronico, delle quali la prima testualmente ipotizza:a) «the Cessna crew intended to taxi via R5, but made a “navigational” mistake». Messa così questa ipotesi non potrebbe reggere in quanto, si fa osservare, riferendosi ad un rullaggio effettuato erroneamente a causa di un “navigational mistake”, qualsiasi tipo di navigazione (anche quella “a vista”) si effettua con riferimento alla bussola, mentre nel caso d’inizio d’una manovra di rullaggio al suolo, dopo aver consultato la cartina con la mappa dell’aeroporto per stabilire la propria posizione di parcheggio si dirige seguendo le yellow guidelines delle taxilanes per lasciare la zona dei parcheggi e quindi con riferimento alla bussola si segue sempre la linea gialla per lasciare il piazzale dirigendo verso Nord come nel caso dell’autorizzazione ricevuta dal Cessna. Ed invece l’aereo è stato guidato dall’Equipaggio (si vuol sperare) sempre verso Sud-Est, addirittura ignorando, per un certo tratto del rullaggio, di seguire la linea gialla di mezzeria, unica in grado, nelle condizioni esistenti, di garantire la separazione dagli ostacoli fissi. A proposito di questa fase risalta vieppiù l’importanza del mancato accertamento della posizione dei piloti e dei passeggeri a bordo del Cessna che non 33 si è potuta effettuare a causa della rimozione del relitto dalla pista, ordinata da “qualcuno che poteva”, prima che l’Investigatore incaricato potesse svolgere i propri accertamenti. Questo importante aspetto va considerato alla luce del fatto che l’aereo in questione era utilizzabile anche con un solo pilota abilitato ai comandi e che il volo che si accingeva a fare con un probabile acquirente di quel modello accompagnato dal venditore concessionario per l’Italia, potrebbe aver indotto qualcuno a sostituirsi ad uno dei due piloti tedeschi. Tuttavia l’unico accertamento possibile (almeno parziale) andava tentato attraverso la comparazione dello spettro delle voci registrate nella radiocomunicazione in arrivo e in partenza. Per quanto attiene la seconda ipotesi, se si deve dar credito all’assunto che:b) «the Cessna crew believed that “they” were to taxi via R6 even though “he” read back “correctly” R5»; con l’aggiunta che:- «the investigation team finds it more probable that the Cessna crew in fact believed they were “clear” [leggasi:- "cleared" - ndr] to taxi via the “path” [leggasi: “taxi route” - ndr] they effectively followed», allora risulta ancora di più l’impreparazione professionale di questo Equipaggio, il quale, dopo aver attraversato sul raccordo R6 ben tre “ICAO pattern B – runway holding position” senza fare una piega, arriva all’ormai famosa Stop-bar con luci unidirezionali rosse, preceduta da una linea bianca accompagnata da una scritta STOP a caratteri cubitali sulla pavimentazione e pure da una segnaletica verticale illuminata con l’indicazione CAT III all’altezza della segnaletica orizzontale di un “ICAO pattern A – runway holding position”, tutti segnali chiaramente indicanti di trovarsi vicinissimi alla pista strumentale in uso in quelle condizioni meteorologiche, eppure al ricevere la comunicazione «D-VX, continue your taxi on the main apron …» sempre sulla frequenza del GND Controller, l’Equipaggio (posto che tale fosse rimasto nel cockpit) del Cessna decide di entrare nella pista attiva ed illuminata senza esserne autorizzato esplicitamente. Quindi l’analisi di questa “Runway incursion” molto particolare dovrebbe concludere che è attribuibile più che altro ad una impreparazione di base dell’Equipaggio tedesco che a qualsiasi altra ragione o spiegazione di tipo psicologico o giustificazione di pressione commerciale. Anche quanto poi asserito a metà di pag. 125 del Report non può spiegare gran che, in quanto attraversare una pista, anche qualora la relativa illuminazione fosse stata spenta, senza aver ricevuto esplicita autorizzazione (e neppure sulla frequenza della Torre, per non incorrere in possibili comunicazioni effettuate da “pirati” dell’etere) dimostra solo impreparazione generale ed inesperienza ad operare in condizioni LVO. In definitiva, fin dalla decisione di iniziare il rullaggio nelle condizioni meteo alle quali non erano preparati ed abilitati, si configura tale decisione da parte dei Piloti tedeschi come una violazione alle norme che regolano la tipica convivenza in sicurezza degli utenti dello spazio aereo, ma quando poi questa violazione si tramuta in una collisione con conseguenze distruttive importanti, allora non v’è dubbio che questa decisione dell’Equipaggio tedesco costituisca «the paramount cause of the collision», resa possibile soltanto dalla mancanza delle difese normative, infrastrutturali e strumentali dell’aeroporto di Linate, mancanza dovuta all’incuria dei responsabili centrali e locali di ENAC e di ENAV. § 2.3.3 Tutto questo paragrafo, pregevole nei contenuti e corretto nel “wording” (eccetto per il titolo che non corrisponde al testo italiano, che risulta più preciso) induce a pensare che sia stato scritto originalmente in inglese da qualcuno aduso a 34 trattare con cognizione di causa in merito ad argomenti di “Human Factors” e poi tradotto (con diverse omissioni) nel testo italiano così come compare nella “Relazione d’inchiesta” (“di riferimento” secondo l’ANSV). Tuttavia alcuni presupposti tecnico-normativi assunti come base del ragionamento non sono condivisibili da questo recensore e quindi gran parte delle ipotesi trattate nella lunghe pagine da 126 a 131 rimangono opinabili e discutibili. Inoltre stupisce il fatto che in questa disamina non sia stato rilevata l’omissione da parte del Supervisore di Torre (CSO) di attivare nel suo turno di servizio la postazione ATC di “Clearance Delivery”, proprio per sgravare nelle esistenti condizioni di scarsa visibilità e di pesante traffico di comunicazioni il povero Controllore della frequenza “Ground” di parte del carico di lavoro relativo all’attenzione da prestare al read-back delle clearances, onde permettergli di concentrarsi con maggior tempo e cura a seguire la complessa movimentazione al suolo dell’intenso traffico non contingentato da alcuna misura contenitiva volta a garantire una maggior sicurezza nella situazione esistente. Il paragrafo si conclude con una constatazione relativa al segnale dell’ELT dell’aereo della SAS, contenuta nel penultimo capoverso, dove si afferma che:- «As a matter of fact a number [?] of ATC Controllers “present” [quanti, dove e quando? – ndr] submitted that the signal went unheard», frase che lascia nel dubbio di qual numero di Controllori si tratti e di dove si trovassero negli istanti di funzionamento del trasmettitore ELT. Inoltre non determina per il futuro a che cosa serva in Torre il ricetrasmettitore della frequenza d’emergenza se il volume del ricevitore viene tenuto nelle Torri di Controllo nazionali ad un livello non udibile dagli Addetti. § 2.4.1 e 2 In merito si è già affermato che nella ricostruzione descrittiva dell’evento, ed ora lo si ripete anche per questa ricostruzione grafica, manca l’indicazione dei valori delle accelerazioni/decelerazioni orizzontali e verticali subite dal velivolo SAS e dai suoi occupanti al momento della ricaduta al suolo dall’altezza di oltre 10 metri ed alla velocità di oltre 300 km/ora. Quanto sopra sarebbe determinante per poter stabilire sia lo stato di coscienza dei passeggeri prima dell’urto finale contro il famoso “toboga”, sia l’attendibilità della volontarietà di certe manovre attribuite all’Equipaggio di condotta, fase abbondantemente descritta in questa analisi sotto la voce d) di questo paragrafo. Ma perché anche quest’ultima proposizione non si fermi al rango d’ipotesi, servono le prove che i valori di “g” dovuti al primo “botto” sulla pista siano sopportabili dal corpo e dal cervello degli esseri umani che, seppur vincolati dalle cinture di sicurezza non si trovavano di certo in una “cellula di sopravvivenza” come quella adottata per il pilota delle monoposto di Formula 1. Del resto, come si è concluso che l’urto finale contro l’edificio dello schianto è stato fatale per tutti gli occupanti ben prima degli effetti dell’incendio, così era doveroso esplorare le possibili conseguenze dello stato di coscienza o di incoscienza di coloro che avevano sopportato già la prima collisione con il Cessna e il primo impatto contro la pista. Quanto sopra senza alcuna intenzione di togliere alcunché all’eventuale condotta dell’Equipaggio SAS, solo vittima delle circostanze, con l’eccezione dell’osservazione già fatta a suo tempo e luogo e cioè che la tecnica di decollo adottata dalla SAS per operazioni di decollo in visibilità ridotta non tiene conto dell’esperienza internazionale in materia che ha adottato la tecnica di decollo alla massima potenza disponibile nella circostanza che permette di permanere con l’aereo sulla pista per il minimo tempo/spazio possibile in quanto dimostratasi meno 35 rischiosa dell’altra che invece costringe ad una corsa in pista “quasi alla cieca” per un periodo spazio/tempo più prolungato. § 2.4.7 A proposito di questo paragrafo v’è da notare che esiste una differenza di ben 3,5 secondi tra il tempo di funzionamento dell’ELT del velivolo SAS ed il tempo totale mostrato nel grafico denominato “Timing and distance run” pubblicato a pag. 133 del Report, fatto che lascerebbe intendere che quell’ELT abbia funzionato ancora per qualche secondo dopo l’urto con l’edificio per lo smistamento bagagli, oppure che esiste una mancanza di sincronia tra i contasecondi presi in considerazione durante l’investigazione. § 2.5 In questo e nei successivi paragrafi, riassuntivi delle operazioni di ricerca, intervento e soccorso senza alcun coordinamento, il Report manca di rilevare che la macchina dell’intervento, che doveva scattare quanto meno all’attivazione del segnale generale d’allarme avvenuto ad un orario rimasto imprecisabile quanto approssimativo poiché il sistema mancava di una registrazione automatica dell’orario di attivazione, non è scattata completamente neanche allora. Si badi, che quello dell’orario di attivazione dell’allarme è fondamentale per determinare il rispetto dei tempi d’intervento stabiliti nell’Annesso 14 dell’ICAO e quindi il fatto che l’orario indicato tra le ore 06.13’.00” e le 06.13’.30”/UTC rimanga solo un riferimento desunto da apparati di registrazioni radio e telefoniche muniti di segnatempo, che però non sono affatto sincronizzati su di un unico orario, permette di concludere che il tempo indicato in tal modo non può esser esattissimo. Per uno di questi apparati il tempo di riferimento stabilito nel Report sarebbe alle ore 06.13’.17”, cioè circa 3 minuti dopo la collisione in pista e quindi meno di tre minuti dopo l’impatto finale con l’edificio. Il che darebbe tempo (in condizioni ottimali) ai VVF di intervenire entro le ore 06.16’.00” circa. Ora a seguito di telefonate giunte (fortunatamente, in questo caso) direttamente a FSCC, tutti i mezzi erano stati fatti partire alle ore 06.13’.51” “verso l’infermeria”, così che il Capo della colonna antincendio (Victor 1) arriva sicuramente all’edificio centrato dall’aereo della SAS alle ore 06.17’.37” (come provato dalla relativa comunicazione generale registrata a quell’orario), vale a dire dopo circa 3 minuti dalla partenza, tempo che, tutto sommato, tenendo conto del fatto che i mezzi non sono stati neppure indirizzati con riferimento a precise coordinate di “grid map”, delle condizioni di visibilità ridotta e di aver percorso strade periferiche di servizio anziché la pista o i raccordi, risulta essere un buon tempo. Quella che è mancata invece è stata qualsiasi forma di coordinamento, a causa principalmente dell’impossibilità da parte della Torre di vedere alcunché per l’assenza di un SMR, situazione che da sola avrebbe dovuto impedire al locale responsabile di ENAV di operare in LVO con più d’un aereo per volta. Poi, a seguire, sono risaltate tutte le altre carenze che, mai corrette, erano però già risultate e verbalizzate durante le rare e superficiali esercitazioni tenute a Linate negli ultimi anni (diversa sede per l’Emergency operations center e mancanza di un “mobile command post”, così come indicato dall’ICAO al capitolo 9 dell’Annesso 14). Un secondo rilievo non è stato fatto nel Report:- il fatto che nessuno degli Addetti degli Enti intitolati a dirigere, a coordinare e ad effettuare l’intervento (TWR- UCT- FSCC) abbia mai fatto riferimento alla “grid map” che deve esistere nel Manuale del Piano di Emergenza aeroportuale fa dubitare, in mancanza di un accertamento disponibile nel testo esaminato, che la necessaria riproduzione di essa non sia presente in bella evidenza né in Torre, né al FSCC, né sugli automezzi 36 antincendio e sull’autovettura dell’UCT e forse neppure sulle autoambulanze, il che vanifica alla base qualsiasi tentativo di localizzazione e di coordinamento. Infine non risulta analizzato nelle sue conseguenze il fatto che non sia stato istituito il Centro di coordinamento dell’emergenza, né sia contemplato l’intervento di un idoneo posto di comando e controllo mobile da far confluire sul posto del disastro. § 2.5.2 Dalle notazioni negative fissate in questo paragrafo si manca di trarre le dovute conclusioni circa la mancanza di esercitazioni “serie” e monitorate da Osservatori indipendenti ed in grado di decidere una valutazione finale sull’efficienza delle componenti del sistema in particolare e sull’adeguatezza del Piano in generale. Tale mancanza è stata, nel caso in esame, determinante agli effetti della disorganizzazione con la quale è stato effettuato complessivamente l’intervento. Qui invece ci si limita a sentenziare che :- «There is a clear perception that there was no coordination acting as such». Ma senza un Piano efficace e ben assimilato, senza l’istituzione di “Emergency operation center”, come il FSCC non è stato e non può essere, senza l’intervento sul luogo della sciagura di un “mobile command post”, come non può essere la postazione fissa di lavoro dell’UCT, senza l’efficienza di un SMR in grado di “vedere e guidare” i soccorsi nella nebbia, insomma senza le necessarie premesse e dotazioni acché il Piano possa funzionare, il risultato dell’intervento non può essere che il caos che è avvenuto a Linate. Nella disgrazia delle tante vittime verificatesi, la fortuna personale di certi Responsabili ha voluto che nessuno dei decessi possa essere ascritto al ritardato allarme ed al caotico intervento successivo. Risultato che però, a modo di vedere dello scrivente, è purtroppo replicabile su qualunque aeroporto nazionale che venga utilizzato senza SMR e senza un collaudato “Aerodrome Emergency Plan” in condizioni ogni-tempo reali. Ma di questo tipo di preoccupanti osservazioni neppure un accenno nell’analisi del Report esaminato. § 2.5.2.1 Che cosa possa significare la versione inglese del titolo di questo paragrafo, che riproduciamo testualmente è proprio un’assurdità:- “Human factor elements in after impact communications”, il cui senso, tradotto letteralmente in italiano, suonerebbe come segue:- “Elementi di Fattore umano nelle comunicazioni postimpatto”, contro il comprensibile significato del titolo del paragrafo nella versione italiana che annuncia:- “Il fattore umano nelle comunicazioni dopo l’impatto”. Ma al di là di ciò, nel testo non si trova quasi nulla di più di quanto sia già stato esaminato dallo scrivente commentando nella propria recensione la presentazione delle comunicazioni esistente nella prima parte del Report. Unica novità evidenziabile di questo testo dedicato all’analisi dei fatti è che per la prima volta, al terz’ultimo capoverso di pag. 142, mescolata in mezzo ad altre comunicazioni già note perché presentate nella prima parte del Report e senza che ne venga indicata l’ora della registrazione, ma prima del momento in cui è stato attivato il segnale d’allarme, ora compare la seguente informazione:«- background comments from TWR controllers, audible and recorded through the live microphone, openly mentioned … "therefore it was the Scandinavian" …». 37 Inoltre, dopo circa 3 minuti dall’attivazione dell’allarme arriva via telefono la prima conferma da parte del Medico di servizio al Pronto Soccorso che si tratta proprio dell’aereo della SAS, ma oltre a ciò si può ora apprendere che da un’altra comunicazione registrata tra la TWR e il volo Alitalia 2010, il Controllore GND si lasci sfuggire che l’allarme è dovuto a qualcosa che potrebbe esser avvenuto tra «… probably a Scandinavian and a private …». Ciò anche se la versione italiana, a pag. 89 già riportava una versione un po’ differente e precisamente, rispondendo ad una chiamata del pilota del volo AZA2023, che il Controllore GTND rispondesse:- «Quale aeroplano scusi? Qui ce ne sono due che mancano all’appello» - ore 06.24’.27”/UTC ovvero tempo della collisione più 14 minuti. Dunque c’era già la sensazione che fosse avvenuta una collisione tra il SAS ed il Cessna, anche perché nessuno dei due rispondeva alle chiamate fatte su le frequenze di TWR e di GND (e mai su quella di Emergenza, pure presente in Torre), tuttavia bisogna attendere la scadenza di quasi 20 minuti dopo la collisione, ovvero circa 17 minuti dopo l’allarme, perché su comunicazione dell’aereo I-LUBI, fatto rullare lungo la pista per tornare verso il proprio parcheggio, arrivi la notizia che «… c’è del fuoco sulla pista … di fronte il Romeo 6 …», e quindi, finalmente dopo 23 minuti dalla collisione, visti vani i tentativi di far intervenire i Vigili impegnati con l’incendio al “toboga”, la Torre si rivolga agli Addetti all’Ufficio Controllo Traffico aeroportuale che a bordo dell’autovettura Delta 2 ascoltavano la radio di servizio, autorizzandoli a recarsi in pista per controllare (ore 06.33’.41”/UTC, ossia dopo oltre 23 minuti dal tempo della collisione). Un altro aspetto assurdo e quasi incredibile, se non fosse vero e documentato, è costituito dal fatto che ben 16 minuti dopo la collisione e circa 9 minuti dopo che Victor 1 e la sua squadra stavano lavorando all’incendio innescato dal velivolo SAS al “toboga”, la Centrale dei VVF (FSCC) chiedesse prima alla TWR (che lo ignorava) e poi a Victor 1«… are there persons involved ?», quando già da 5 minuti gli Addetti UCT a bordo di Delta 2 stavano nei pressi del luogo dell’intervento, ma senza neppur sognarsi di comunicare quanto meno i dati in loro possesso circa il volo della SAS. E tutto questo potrebbe accadere di nuovo. Perché non è certo che la situazione possa cambiare anche qualora le Recommandations ANSV-9/113-15/A/04, 10/113-16/A/04 e 11/113-17/A/04 dovessero esser state accettate ed adempiute, cosa che NON risulta essersi verificata. Tralasciamo di commentare il fatto che ci siano voluti 27 minuti per scoprire che l’altro aereo stava bruciando in pista, scoperta fatta solo a seguito della segnalazione originata da un altro aereo che veniva fatto vagare nella nebbia senza neppure l’ausilio di un “Follow-me”, mentre tutte le risorse antincendio aeroportuali erano occupate a combattere il primo incendio scoperto. Non si può che concludere che … è andata ancora bene. § 2.5.3 Ci asteniamo dall’infierire con qualsiasi commento scritto (pronti a farlo oralmente, se richiesti) in merito alle considerazioni così maccheronicamente tradotte in inglese che sono contenute in questo paragrafo. Pronti, lo ripetiamo, a discuterne con chiunque lo ritenga opportuno e necessario “pro bono salutis” ! § 2.6 Leggendo il titolo di questo paragrafo (“The italian legislation”) mi chiedevo a che cosa servisse informare l’ICAO con questo tipo di letteratura, specialmente dopo aver letto le prime righe francamente deludenti. 38 Tra le righe dell’ultimo capoverso [assente nel corrispondente paragrafo in lingua inglese, in modo che l’ICAO non sappia] emerge il concetto che «… parrebbe opportuno effettuare una ricognizione dell’intero sistema italiano [organizzativo, ordinativo, operativo? – ndr], verificandone la conformità con le disposizioni contenute negli attuali 18 Annessi ICAO», una dichiarazione che ci troverebbe pienamente e convintamente concordi qualora venisse fatta pubblicamente anche in lingua inglese, affinché anche l’ICAO possa capire. Contemporaneamente riteniamo anche che non c’era bisogno di scomodarsi a prendere a riferimento la Legge n. 166/2002 (fatta per comodo dell’ENAC) in quanto, precedente a quella c’era la Legge n. 213/1983 e perfino l’Atto di indirizzo ministeriale del 23 maggio 2002 che erano adeguati all’uopo, anche se sarebbe bastato riferirsi al presente caos organizzativo, ordinativo ed operativo dell’Amministrazione dell’Aviazione Civile italiana e di cui la tragedia di Linate è stata l’emblema funesto, per evidenziare la difformità dell’ordinamento aeronautico italiano dai princìpi dell’ICAO. Tanto poco sarebbe bastato per rendersi conto che quello in vigore in campo aeronautico nazionale non è “un sistema” e tanto meno “il sistema” indicato dall’ICAO, come da tempo ed in varie sedi andiamo predicando … quale “vox clamantis in deserto”. Da ricordare ancora o meglio da non scordare che in inglese il contenuto di questo paragrafo è diverso dal testo italiano e soprattutto NON presenta il capoverso di cui sopra. § 2.7 Infine, che con questo paragrafo si sia voluto sottolineare fin dal titolo che il problema delle “runway incursions” è “un problema globale” è come cercar di dire:- «… mal comune, mezzo gaudio». E poi, non è che ci sentiamo particolarmente tranquilli nell’apprendere dal Report deliberato a gennaio 2004 che «… per ridurre il rischio delle runway incursions … anche presso l’ANSV … nell’agosto 2001 è stato costituito un apposito team investigativo …». Ed allora? Se si tratta di una “self promotion”, direi che ci sono anche tanti altri argomenti in tema di prevenzione, anche se più terra-terra, da porre allo studio da parte di ANSV, ma che se questo era un annuncio “serio”, allora bastava prefiggersi di “bombardare” ENAC e ENAV con apposite Raccomandazioni affinché si adoperino per dare finalmente attuazione a tutti gli Standards contenuti negli Annessi alla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale in base agli obblighi sottoscritti con l’adesione del nostro Paese. - Capitolo III°. Conclusioni. § 3. Mentre si può, in linea di massima, esser d’accordo sull’invito generico e generale che apre questo capitolo, si ritiene che il riepilogo dei fatti analizzati comprenda tuttavia qualche lacuna (che questo recensore ha tentato di evidenziare, ma senza poter spingersi in profondità) e quindi che il capitolo delle “Evidenze” debba essere comunque rivisto, soprattutto nella versione inglese, che presenta troppe imprecisioni e/o troppi inaccettabili errori. E tanto basti, pur di arrivare in fretta al paragrafo dedicato all’elencazione delle cause, sul quale ritengo ci sia molto da rilevare in termini di concetti e di omissioni. 39 § 3.2 Già dalle prime righe di questo decisivo e conclusivo paragrafo dedicato all’esposizione delle cause, si rileva l’amletico dubbio dell’ANSV se attenersi alla scelta dell’elencazione delle “probabili cause”, oppure, se dopo tutte (non proprio) le evidenze esaminate, rilevate, riscontrate e discusse nei “pro” e nei “contro” sia alla fine mancato il coraggio di affermare:- «Queste sono le evidenze determinate nel corso dell’investigazione, esaminate nel corso delle analisi ed ora elenchiamo le cause riscontrate che pubblichiamo allo scopo di vederle rimosse, corrette e soprattutto curate effettivamente, in modo da non vederle più ricomparire sugli aeroporti ed in tutto il contesto operativo nazionale. Infatti, partire con il proporre una frase come quella d’apertura del paragrafo è veramente una conclusione assai deludente. Vediamo:- «… it can be assumed … that the immediate cause … has been … the runway incursion by the Cessna [crew – ndr]». Se dopo oltre 150 pagine di Report non si ha il coraggio (o l’obiettività) di affermare decisamente che «it has been determined that the direct cause of the collision has been the unauthorized enter onto the active runway by the Cessna crew»,…. allora il Report che significato ha? E poi perché non aggiungere immediatamente:- «The runway incursion by the Cessna crew under the stress of a demonstration flight has been made possible by the fact that the Linate airport was not geared to trap any human error or misunderstanding of Pilots and Controllers due to the lack of adequate procedures and necessary equipment for All Weather Operations» ? Ed infine l’ultimo sigillo:-«That in force at Linate airport the day of the collision was not a system and as such responded in a chaotic way». Quanto sopra era il minimo che si potesse affermare nel famoso ma mal interpretato rispetto del princìpio sempre ossessivamente riportato all’inizio del Report (titolo:- Purpose of the technical Investigation) che afferma :- «Report and associated Safety Recommendation are never intended to apport blame and resposibility (art. 12, paragraph 4, Legislative Decree of 25th of February 1999, nr. 66)». Laddove il dettato di questo princìpio ripreso dal Legislatore italiano nel rispetto del dettato contenuto per primo nell’Annesso 13 dell’ICAO e successivamente anche dalla Direttiva 94/56/CE non vuol significare di non individuare le “funzioni dei responsabili” di Organizzazioni, Enti, Direzioni e quant’altro avrebbe dovuto occuparsi di ottemperare agli Standards in vigore (approvati anche con il concorso dei Rappresentanti all’ICAO di tutti gli Stati aderenti), ma semplicemente di non mettere alla gogna, indicandoli con nome e cognome (e quindi esponendoli a possibili vendette da parte di congiunti di vittime di sinistri, come purtroppo avvenuto anche di recente) gli “Operatori di prima linea” che, con i loro errori umani non corretti dal “sistema”, possano aver causato o partecipato alle cause di un evento fatale. Questo lo spirito del princìpio postulato dall’ICAO e non il farisaico pietismo di non aver il coraggio di affermare che nel corso dell’investigazione si è accertato (ad esempio) che l’alta Direzione di ENAC non aveva mai provveduto ad emanare adeguate norme operative per governare il comportamento di Controllori e Piloti nelle Operazioni in condizioni di “Low Visibility”, così come individuate nel DOC 9365 (Ch. 2 - § 2.3 - point 2.3.3 - item b) nr. 5) e nel DOC 9476 (Ch. 5 . §5.3 - points 5.2.5, 5.2.6 & 5.2.7) dell’ICAO, quanto meno! Quanto poi all’elenco di fatti individuati (carente però della menzione di tanti altri omessi) che compaiono sotto questo titolo e che dunque non è 40 esaustivo, ci dichiariamo ancora una volta disponibili a collaborare ad una verifica allo scopo di completare l’elenco delle concause dell’incidente, nella speranza di riuscire a prevenire accadimenti analoghi (e di eventi potenzialmente similari ve ne sono stati altri nella prima parte del 2004) per il futuro sugli aeroporti nazionali, assieme alla doverosa attuazione di un Piano di prevenzione nazionale basato sui princìpi de “Il Piano europeo per la prevenzione delle runway incursions”. Ci dichiariamo altresì disponibili, nel miglior spirito di collaborazione in nome della sicurezza del volo, anche a rilevare e a correggere gli svarioni di traduzione che compaiono lungo tutto il testo del Report, come a pag. 163, seconda riga, dove rifà la sua comparsa il termine “deformity” per indicare difformità o differenza dallo standard ICAO. Conclusioni del recensore. Dopo aver letto e riletto quanto scritto nella presente recensione, si rimane sempre più convinti che il “Final Report” esaminato debba esser riesaminato e corretto al più presto, per l’invìo all’ICAO d’una versione in lingua inglese più decente dell’attuale. Inoltre, per completare meglio le conclusioni da raggiungere nel finale del Report in oggetto, si suggerisce ad ANSV di riprendere in considerazione un'opportuna raccomandazione in merito ad una maggior cura da parte dei propri Investigatori per gli aspetti relativi ai "fattori organizzativi trascurati" tra le cause latenti dei sinistri e ad ENAC di trovare il modo di notificare all'ICAO sia le "differenze" esistenti nella certificazione del Personale ATS rispetto all'Annesso 1 che di disporre idonee procedure acchè piloti non abilitati possano operare in condizioni di low visibility conditions. Agli effetti dei risultati a scopi preventivi per tutta la struttura ed il relativo ordinamento dell’Amministrazione dell’Aviazione Civile nazionale non si può che esser d’accordo con quella parte che invoca una ricognizione completa delle norme che regolano l’intero sistema (?) aeronautico italiano, soprattutto per verificarne la conformità con le disposizioni contenute nei 18 Annessi e nei relativi documenti applicativi (DOCs) dell’ICAO, in modo da fare finalmente dell’attuale Amministrazione un “sistema” operativo valido nelle regole e nelle infrastrutture, così come internazionalmente dovuto per l’adesione del nostro Paese alla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale. Su quest’ultimo concetto sarebbe interessante conoscere il parere del Parlamento della Repubblica e soprattutto quello dei componenti le Commissioni Trasporti della Camera e delle Comunicazioni del Senato, i quali si trovano ormai da tre anni alle prese con la constatata necessità di riformare l’Amministrazione dell’Aviazione Civile nazionale, senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Dunque la “delega” in materia al Governo s’impone con sempre maggior urgenza e questo può esser fatto solo ricorrendo prima di tutto ad una ristretta Commissione di “veri” esperti del ramo operativo che effettui il necessario lavoro di raffronto con le norme ICAO ed i cui risultati finali siano poi riveduti da una altrettanto ristretta Commissione di giuristi che si rendano garanti del fatto che il risultato finale sia in armonia con la Costituzione e con le esistenti Leggi nazionali che non necessitino d’esser abrogate per il corretto funzionamento del nuovo “sistema” dell’Aviazione Civile italiana. Roma, 15 novembre 2004. 41