Recensione del Final Report dell`Agenzia Nazionale

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Recensione del Final Report dell`Agenzia Nazionale
Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri,
indirizzata ad Air Press ed Avionews con preghiera di
pubblicazione.
Considerazioni introduttive ad una Recensione del “FINAL REPORT n.
A/1/04” dell’A.N.S.V. sulla collisione al suolo tra aeromobili avvenuta il
giorno 8 ottobre 2001 sull’aeroporto di Milano-Linate.
A cura del Com.te Renzo Dentesano, Socio fondatore dell’Associazione per la
Sicurezza dei Trasporti – ASTRA.
Premessa
Lo scopo della recensione del Final Report dall’Agenzia Nazionale per la
Sicurezza del Volo in merito al disastro aereo di Linate, che sarà pubblicata a
breve sul sito di ASTRA [http://www.associazioneastra.org], è quello di
fornire un contributo qualificato all’indispensabile miglioramento di quanto
attualmente in atto per l’investigazione tecnica degli incidenti aerei, con l’intento di
prevenirne l’accadimento.
Un tale miglioramento richiede una completa identificazione dei fattori che
sono intervenuti nel meccanismo causale, compresi i comportamenti delle
persone che fanno parte del sistema, dai vertici apicali alla prima linea operativa.
Pertanto, nell’interesse delle investigazioni tecniche volte a far luce sulle
vere cause degli incidenti aeronautici, è assolutamente necessario, onde conoscere
come e dove correre ai ripari, individuare anche «le attribuzioni assegnate ai
singoli» e da quest’ultime, attraverso i fatti accertati, determinare quali
«obblighi e doveri» siano stati disattesi o violati da parte dei singoli in
relazione a precise disposizioni tecniche, codicistiche, organizzative ed
operative. Questa è prassi consolidata (in passato, e in alcuni Stati, abusata)
quando l’oggetto dell’analisi sono gli operatori della prima linea operativa, ma non
ha analogo riscontro quando i comportamenti riguardano funzioni di persone
lontane dalla prima linea e/o dissimulate dalla complessità dell’organizzazione. Così
ci si trova di fronte ad una sorta di nebbia che assume il connotato di barriera
insormontabile per rintracciare le fonti causali di falle latenti man mano che ci si
avvicina ai vertici apicali del sistema.
L’esigenza di risalire alle fonti non ha lo scopo di fare, o sostituirsi alla,
Giustizia, ovvero di “colpire l’errore”, ma semplicemente di individuare
effettivamente quali “difese del sistema” non abbiano funzionato e, quindi, per
poter intervenire tempestivamente a correggere il sistema, per il rispetto delle
Vittime eventuali e comunque per la salvaguardia del diritto dell’Utenza a poter
viaggiare in sicurezza.
Il “non-sistema” di Aviazione Civile italiano appare, infatti, ignorare
che devono sempre essere in atto «le difese di sistema» ed è, pertanto,
necessaria l’individuazione delle responsabilità (ruoli, funzioni, missioni o compiti)
di chi aveva il dovere di instaurare, attuare, aggiornare e sorvegliare «il sistema»
in modo da permettere di correggerlo tempestivamente quando avvenga il caso
d’un errore umano commesso da uno o più Operatore/i di prima linea.
Altro esempio eclatante di quanto possa esser dannosa la mancata
individuazione delle “responsabilità decisionali strategiche” (per lo meno a fini
correttivi del sistema) è l’episodio gravissimo ed appena denunciato blandamente
nel Report che riguarda la carica pubblica o l’autorità rappresentata dalla persona
che ha ritenuto di poter dare esecuzione alla rimozione dei relitti rimasti sulla pista
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di Linate e nelle sue adiacenze prima che l’Investigatore incaricato dell’indagine
tecnica da parte dell’Agenzia, potesse arrivare sul posto e quindi potesse iniziare gli
indispensabili accertamenti sul campo prima della rimozione delle evidenze.
Solo al termine degli accertamenti tecnici contemplati dall’ICAO dall’Annesso 13
(Cap. 3 - § 3.2) alla Convenzione di Chicago poteva esser effettuata la rimozione
(DOC 9137 – Cap. 14 - § 14.1) che, comunque, andava eseguita sotto la guida di
una persona competente ed addestrata. Ed invece la pista e le sue adiacenze sono
state sgomberate in tutta fretta, così facendo andare perdute tante, troppe
evidenze relative al decesso degli occupanti e di altri particolari utili relativamente
all’aereo tedesco, che è stato all’origine della collisione avvenuta con l’aereo
scandinavo.
L’Annesso 13 e l’attribuzione di colpa (liability)
L'art. 3, paragrafo 1 del D. Lgs. n. 66 del 25 febbraio 1999, istitutivo
dell'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo - A.N.S.V. - testualmente
statuisce:- «L'Agenzia, … conduce le inchieste tecniche di cui all'art. 826 del Codice
della Navigazione, così come sostituito dall'art. 17, comma 1, del presente decreto,
con il solo obiettivo di prevenire gli incidenti e gli "inconvenienti", escludendo
ogni valutazione di colpa e responsabilità».
Il sopra citato articolo 17, comma 1, sostituisce il Titolo VIII° del Codice
della Navigazione presentando appunto il nuovo art. 826, dedicato all'Inchiesta
tecnica, ma anche altri articoli dello stesso Titolo, tra i quali, ai fini della presente
trattazione, spicca per importanza l'art. 827 - Norme di riferimento - il cui testo
stabilisce quanto segue:- «Nell'espletamento dell'inchiesta tecnica, di cui all'art.
826, l'Agenzia … procede in conformità con quanto previsto dall'Allegato 13 alla
Convenzione relativa all'Aviazione Civile Internazionale, stipulata a Chicago il 7
dicembre 1944, approvata e resa esecutiva con il D. Lgs. 6 marzo 1948, n. 616,
ratificata con la Legge 17 aprile 1956, n. 561».
Dunque con l'art.17 contenuto nel D. Lgs. istitutivo dell'Agenzia ed in
particolare con il disposto di cui all'art. 827 modificato del Codice della Navigazione
in vigore si è recepito di fatto nell'ordinamento nazionale anche l'Allegato
(Annesso) n. 13 alla Convenzione di Chicago.
L'Annesso 13, capitolo 3, paragrafo 3.1, sotto il titolo "Objective of the
investigation" dispone testualmente:- «The sole objective of the investigation of an
accident or incident shall be the prevention of accidents and incidents. It is not
the purpose of this activity to apportion blame or liability».
Debitamente tradotto, nell'osservanza del recepimento ordinamentale
avvenuto come sopra riportato, il testo di questo standard dell'ICAO stabilisce
testualmente:- «L'unico obiettivo dell'investigazione di un incidente o di un evento
di pericolo sarà quello della prevenzione degli incidenti e degli eventi di pericolo.
Non è intendimento di questo procedimento quello di attribuire biasimo o
“liability”». In italiano, che cosa dovremmo intendere con il termine “liability”?
Il termine anglosassone “liability” ha un significato più specifico di quanto
possa esprimere il termine italiano “responsabilità”. Responsabilità evoca una
condizione che implica risposte in senso generale e può essere pertanto
rappresentata da svariati sinonimi, con significati che vanno dagli aspetti morali ad
aspetti di funzione e di ruolo in un organizzazione.
Liability evoca, invece, implicazioni giuridiche, come: dover rispondere di
comportamenti, di azioni od omissioni, secondo parametri determinabili da codici e
norme giuridiche.
In tal senso potrebbe essere meglio definito come “punibilità”.
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Questo connotato è quello che l’ICAO intende evitare dichiarando:…not…
to apportion blame or liability.
Lo statement in questione non intende (e non potrebbe) evitare di indicare,
come avviene nei confronti di chi opera in front line, responsabilità di funzione e di
ruolo nell’ambito dell’organizzazione in termini di comportamenti, azioni od
omissioni.
Dunque, l'Annesso 13, recepito nel nostro ordinamento con le modalità
enunciate, ma che richiedeva le norme di applicazione che poi sono state statuite
con il D. Lgs. n. 66/99, nel suo Capitolo 4 - Notifiche - paragrafo 4.1 Responsabilità dello Stato dell'avvenimento - stabilisce che lo Stato nel quale è
avvenuto un incidente o un evento di pericolo grave invii una notifica oltre che
allo Stato di immatricolazione ed a quello dell'Esercente dell'aereo, allo Stato di
progettazione ed a quello di costruzione di cellula e motori, anche all'ICAO,
qualora l'aereo coinvolto abbia una massa massima al decollo superiore a 2.250
kilogrammi. Sempre allo stesso Capitolo, al paragrafo 4.3 - Language - è stabilito
che «la notifica sarà preparata in una delle lingue di lavoro dell'ICAO, tenendo
in conto la lingua dei destinatari, ogni qualvolta sia possibile fare ciò senza
causare indebiti ritardi».
Al Capitolo 6 dello stesso Annesso, sotto il titolo "Relazione finale - Final
Report", tra le responsabilità assegnate allo Stato che ha condotto l'investigazione
tecnica, con il titolo "Pubblicazione della Relazione finale", il paragrafo 6.11 dispone
che «nell'interesse della prevenzione, lo Stato che ha condotto l'investigazione
su di un incidente dovrà pubblicare la Relazione finale "as soon as possible"».
Il Final Report e le lingue ICAO
La Nota che segue il paragrafo 6.12, dedicato alla divulgazione del "Final
Report" stabilisce che «ogni qualvolta sia fattibile, la Relazione finale da inviare
all'ICAO
dev'essere
preparata
in
una
delle
lingue
di
lavoro
dell'Organizzazione e nella forma indicata nell'Appendice», denominata
"Formato della Relazione Finale".
In relazione a quanto appena sopra riportato dobbiamo ricordare che, come
dichiarato nell'Introduzione all'Annesso stesso, le lingue di lavoro dell'ICAO
sono, oltre all'Inglese, il Francese, il Russo, l'Arabo, lo Spagnolo ed il Cinese.
Così, per tutto quanto sopra dichiarato ed esibito, possiamo concludere che
la Relazione finale sul disastro di Linate poteva e doveva essere compilata,
pubblicata ed inviata all'ICAO in una qualsiasi delle lingue di lavoro dell'ICAO, ma
non di certo in lingua italiana che non fa, purtroppo, parte di questi idiomi scelti fra
quelli più diffusi nel mondo. Di conseguenza, avendo scelto di fare del testo di
stesura una edizione in lingua inglese, quell'edizione e solo quella dev'essere il
testo di riferimento sul quale basare qualsiasi altra versione inclusa quella in
lingua italiana, qualora necessaria per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla
cui vigilanza è sottoposta l'ANSV.
Ed allora la dichiarazione bilingue stampata in calce a pag. VII del testo del
Final Report, che la versione di riferimento in merito all'investigazione tecnica sul
disastro aereo di Linate debba essere quella in lingua italiana costituisce una
“differenza” mai notificata all'ICAO nei confronti di uno Standard, difformità oltre
tutto non giustificata da alcuna necessità o impossibilità a conformarsi!
Quando poi, come nel caso in esame, le differenze contenute nei due testi
ed in particolare la traduzione in lingua inglese della Relazione finale scritta in
italiano per lo più non rispecchiano né la sostanza né i particolari di buona parte del
testo denominato "di riferimento", allora la discordanza va rilevata e corretta al
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più presto da parte dell'Autorità di vigilanza da cui l'Agenzia dipende (vedi D. Lgs.
n. 66/99, art. 1, comma 1).
Questo è, infatti, l’obbligo della Repubblica italiana nella sua qualità di
Stato contraente la Convenzione di Chicago e più precisamente dalla disposizione
contenuta nell'art. 26 della Convenzione stessa, oltre alla sua correlazione con
l'Annesso 13, così come esplicitata nel "Foreword" all'Annesso e particolarmente
sottolineata nell'Attachment C dello stesso.
Ritorniamo ora al disposto dell'art. 12, paragrafo 1, del Decreto n. 66/99
dal titolo "Relazioni e Rapporti d'inchiesta" il quale stabilisce che «per ciascuna
inchiesta relativa ad un incidente, l'Agenzia redige una Relazione che contiene
anche elementi utili ai fini della prevenzione, nonché eventuali raccomandazioni di
sicurezza. La relazione è trasmessa alla Presidenza del Consiglio per l'invio alla
Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica, al Ministero dei Trasporti e della
Navigazione, all'ENAC, alla Commissione europea ed all'Organizzazione
dell'Aviazione Civile Internazionale (ICAO)».
Ancora, il paragrafo 4 dello stesso articolo dispone che «le Relazioni ed i
Rapporti d'inchiesta e le raccomandazioni di sicurezza [!] non riguardano in alcun
caso la determinazione di colpe e responsabilità».
Ma l'appena citata disposizione di Legge nel «Final Report on accident
involved aircraft Boeing MD-87 "SE-DMA" and Cessna 525-A "D-IEVX" at Milano
Linate airport on October 8th 2001», sotto il titolo «Purpose of the Technical
Investigation» a pagina VII, viene invece presentata secondo la seguente
traduzione:- «Reports and associated Safety recommendations are never intended
to apportion blame or responsibility (art. 12, § 4, L. Decree of February the 25th
1999, n. 66)».
Inoltre alla stessa pagina VII del "Final Report" l'art. 3, §1 del citato
Decreto, viene presentato tradotto come segue:- «The A.N.S.V. performs its
investigations with the only purpose of accident and serious incidents prevention
[sic], excluding any appraisal of blame or responsibility (art. 3, §1, L. Decree
of February the 25th 1999, n. 66)».
Ancora, la stessa pagina VII termina con la seguente "Avvertenza" bilingue
(così come è stata da noi intesa), della quale ci limitiamo a riprodurre la versione
italiana invitando i Lettori a verificarne le differenze con la versione in lingua
inglese:- «Questa Relazione d'inchiesta è stata tradotta ed è disponibile in lingua
inglese a cura dell'A.N.S.V. a beneficio delle persone interessate [sic]. Benché
grande attenzione sia stata usata allo scopo di offrire una traduzione accurata, il
testo di riferimento rimane quello in lingua Italiana».
Mentre in inglese potrebbe essere interpretato come “non aver l’intenzione
di dare un resoconto dei fatti” dal momento che il testo recita: « The intent was not
to produce a factual translation…».
Contravvenendo, in tal modo, non solo alla esigenza di presentare un
resoconto completo dei fatti, delle evidenze, delle analisi ma anche all’obbligo di
presentare all’ICAO un Final Report sostanziato e scritto in una delle lingue ufficiali
dell’ICAO.
Si tratta, in sostanza, di una situazione che induce differenze di contenuto
riscontrabili tra le due versioni della Relazione Finale emessa dall'ANSV, come
vedremo dalla recensione proposta.
E come dovrebbe fare l'ICAO (destinataria internazionale delle informazioni
e delle raccomandazioni contenute nel Report di un accident che ha visto coinvolti
interessi e proprietà anche straniere) a scoprire qual'è la “verità” (leggasi:- “Causa
o Cause”) accertata dall'investigazione? Per gli stranieri è quella della versione
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inglese e per il Governo, il Parlamento, le Autorità dell'Aviazione Civile interessate e
per la pubblica opinione domestica è quella della versione italiana?
O forse c’è bisogno di ricorrere al parere della Corte di Giustizia dell’Aja ?
Considerazioni
Dunque, l'obiettivo dichiarato da parte dell'ICAO nell'Annesso 13, Capitolo
3, paragrafo 3.1 è quello della «prevention of accidents and incidents» e laddove si
tratta di "prevenzione" di tali accadimenti si sottintende che l'intera operazione
investigativa (con la partecipazione degli "Accredited Representatives" degli Stati
intitolati a prendervi parte) è condotta allo scopo finale di individuare la/le causa/e
che possano aver consentito il sorgere e lo svilupparsi dell'evento anomalo fino
alle peggiori conseguenze. Ora dovrebbe risultare ovvio per tutti che per
conoscere le cause scatenanti d'un accadimento abbisogni risalire ad esaminare le
misure (esistenti od inesistenti, efficaci o inefficaci, funzionanti o inefficienti) che
avrebbero dovuto impedire ad una o più cause di concatenarsi fra loro fino
ad assumere l'aspetto di un incidente letale o di un evento pericoloso.
Altrettanto ovvio dovrebbe essere il fatto che, proprio per impedire questo
tipo di spirale perversa, sia stato nominato "qualcuno" incaricato, anzi meglio,
"investito" della "funzione" di adottare oppure di applicare certe misure difensive
che l'esperienza e/o la cautela, esistenti nella società civile, abbiano già
individuato come necessarie ed indispensabili e che la stessa società civile
abbia deciso di adottare e di far funzionare a presidio e prevenzione della
pubblica incolumità e sicurezza.
E tutto ciò è particolarmente vero nel campo aeronautico in generale ed in
particolare in quello dell'Aviazione Civile internazionale nel quale tali criteri sono in
vigore da circa sessant'anni, durante i quali si è cercato di migliorare tutte quelle
difese in campo operativo ed organizzativo che avevano dimostrato di essere
inadeguate e/o fallaci, migliorandole appunto fino ad arrivare alle barriere
difensive multiple in vigore, ai nostri giorni, in tutti i Paesi aeronauticamente
progrediti.
Ora, qualcuno investito di una "funzione" normativa ed in genere
preventiva, già abbondantemente collaudata in vari Paesi facenti parte di quelli
liberamente aderenti alla Convenzione di Chicago, dev'essere "il responsabile" del
sistema e delle sue dipendenze operative, in modo tale che, in materia, di incidenti
quanto paventato o perlomeno quanto già accaduto nel passato non possa, ovvero,
possa molto difficilmente accadere di nuovo, in quanto le difese del "sistema"
(indicato dall'ICAO) siano state debitamente attivate e collaudate come funzionanti,
purché si sia provveduto a mettere in atto tutto quanto di difensivo sia contemplato
o prevedibile dalla competenza di chi è stato scelto per stare al timone del
"sistema", con relativi onori ed oneri.
Dunque l'aver mutato le parole del paragrafo 3.1 dell'Annesso 13 dell'ICAO
che recita: «L'unico obiettivo dell'investigazione di un incidente o di un evento di
pericolo sarà quello della prevenzione degli incidenti e degli eventi di pericolo. Non
è intendimento di questo procedimento quello di attribuire biasimo o punibilità»
in quelle che compaiono sotto l'art. 3, comma 1 del D. Lgs. n. 66/1999 che invece
assegna quali "compiti e finalità" dell'Agenzia quelli di condurre le "inchieste
tecniche" di cui all'art. 826 del Codice della Navigazione «con il solo obiettivo di
prevenire incidenti ed "inconvenienti", escludendo ogni "valutazione" di colpa o
responsabilità», è un evidente e grave fraintendimento nell’applicazione della
normativa ICAO. Differenza questa neppure notificata all’ICAO, per evidente
difficoltà a trovare ragioni valide da parte dello Stato italiano, contraente la
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Convenzione di Chicago, ad adottare comportamenti diversi da quelli sanciti dagli
Annessi tecnici alla Convenzione stessa. E questa volta, si dovrà ricorrere al
Consiglio di Stato per modificare quanto di errato, è stato stoltamente inserito nel
D. Lgs. n. 66/99.
Dunque, nel primo caso si tratta della pura e semplice constatazione dei
fatti aventi rilevanza tecnica relativamente all’evento esaminato con cura e perizia,
mentre nel testo adottato dalla versione italiana di una maldestra traduzione fatta
del disposto dell’Annesso 13 [e fatta supinamente propria dall’estensore del testo
del D. Lgs. n. 66/99] si tratta di una “valutazione soggettiva” e come tale
assolutamente inaccettabile.
Ed invece, nell'attuazione pratica, si continua ad indicare a carico degli
operatori di prima linea che "il pilota … ha sbagliato qua …" e che "il controllore …
ha errato così e così…", ma mai che il "Dirigente tale ha la responsabilità di non
aver provveduto ad intervenire per prevenire questo o quello …" oppure che "il
Responsabile della normazione non ha provveduto ad applicare quanto disposto
come Standard dall'ICAO …", per la salvaguardia della vita umana.
In conclusione, ci troviamo di fronte a due pesi e due misure, solo perché
non si conoscono le lingue straniere ed i loro significati mentre non vorremmo esser
autorizzati a nutrire il sospetto che siano espedienti per salvare “moralmente” chi
invece andrebbe individuato come omettente dei propri compiti a livello preventivo.
Ma con questo modo di procedere non si arriverà mai a far diventare
l'Aviazione Civile nazionale un unico "sistema" in tutte le sue forme normative,
operative e preventive.
Renzo Dentesano – 20/11/04.
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Oggetto: Recensione del “FINAL REPORT n. A/1/04” dell’A.N.S.V. sulla
collisione al suolo tra aeromobili avvenuta il giorno 8 ottobre 2001
sull’aeroporto di Milano-Linate.
A cura del Com.te Renzo Dentesano.
Analisi del Report.
In relazione alle Considerazioni Introduttive a questa recensione, non
posso altresì dichiararmi d’accordo con quanto notificato in calce a pag. VII del
Report, dedicato a stabilire «l’obiettivo dell’inchiesta tecnica», laddove si annuncia
che:- «Questa relazione d’inchiesta è stata tradotta ed è disponibile in lingua
inglese, così come previsto dalla normativa internazionale in materia. Benché
grande attenzione sia stata usata nella traduzione, il testo di riferimento rimane
comunque quello in lingua italiana».
Orbene, proprio l’esatto contrario doveva essere valido:- infatti, siccome
contemplato dall’Annesso 13 ICAO, i Reports da inviare all’ICAO a cura dell’Ente
investigativo del Paese contraente che ha condotto l’indagine tecnica devono essere
sottoposti per iscritto nella versione corrispondente ad una delle lingue ufficiali
dell’Organizzazione per l’Aviazione Civile Internazionale (inglese, francese,
spagnolo, arabo, russo e cinese) e quindi il testo di riferimento del Report doveva
essere quello in lingua inglese e poi poteva essere tradotto in lingua italiana (se
necessario) a piacimento dell’ANSV.
Così invece, si deve rilevare quanto segue:1. Il testo in lingua inglese è soltanto una traduzione approssimata di un
riassunto (anch’esso molto generico) del testo italiano di riferimento.
2. Particolarmente diverse, nel senso e nella sostanza, risultano essere le
traduzioni dei testi delle disposizioni, delle normative, delle leggi e delle
ordinanze in lingua italiana così come rese approssimativamente nella
traduzione in inglese.
3. Esattamente l’opposto invece è rilevabile a carico dei passi del Report che
trattano di aspetti di “human factors”, laddove il testo in lingua inglese risulta
ineccepibile, mentre la traduzione che compare nella Relazione d’inchiesta “di
riferimento” in italiano risulta approssimativa e riassuntiva.
4. Anche la “traduzione di riferimento” in lingua italiana esibisce errori che rendono
incomprensibile il testo, come, ad esempio in testa a pag. 7, primo capoverso,
laddove il volo AirOne 937 diventa “Air Pone 937”.
Di quanto qui sopra affermato si esibiranno soltanto gli esempi più eclatanti rispetto
alla molteplicità dei casi riscontrati durante il lavoro comparativo di analisi eseguito
sui due testi in cui la relazione finale deliberata dal Collegio dell’ANSV è stata
pubblicata.
Comunque, per l’ICAO, la quale a sua volta la porta a conoscenza di tutto il
mondo dell’Aviazione Civile Internazionale attraverso la pubblicazione sui propri
Digests, la versione che conta (perché in tale versione gli va inviata) è quella in
lingua inglese che, nel caso specifico, risulta prevalentemente essere più un sunto
del testo italiano, che però si discosta notevolmente dai concetti espressi nel testo
di riferimento. Le differenze in certi casi sono notevoli, al punto da arrivare perfino
a distorcere e modificare sia lo spirito che la lettera del testo italiano, il quale a sua
volta, purtroppo offre delle difformità rispetto alla realtà accertata attraverso il
riscontro con i documenti citati come allegati al “final report”.
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Ora, pur riconoscendo che può esser difficile rendere in lingua inglese
concetti ed idee concepiti "pensando" in italiano (ed in particolare le sensazioni
dell’Investigatore incaricato, così come da lui proposte in lingua italiana
all’attenzione del Collegio e da questo deliberate con il dichiarato intento di voler
redigere “una Relazione d’inchiesta” per ogni incidente (leggasi: “accident”) e “un
Rapporto d’inchiesta” su ogni inconveniente
(leggasi: “serious incident”),
quando in inglese entrambi i vocaboli vengono tradotti con il termine “Report”
(riferimento alla pagina VII, terzo capoverso), rimane comunque il fatto
incontrovertibile che nel caso specifico tutta la traduzione del testo denominato
“Final Report” in inglese è resa in modo superficiale, riassuntivo e riduttivo rispetto
al preteso testo di riferimento in italiano e risulta quindi diversa dal testo di
riferimento deliberato in lingua italiana.
Neppure la presentazione dattilografica del testo è stata sufficientemente
curata (un esempio per tutti, quello esistente a metà pag. 62 del testo inglese),
sperando che solo di ciò si tratti, quando purtroppo si trova ripetutamente usato il
vocabolo inglese “deformity” (che significa deformità, ovvero aspetto fisico alterato)
in luogo del corretto termine inglese da scegliere tra “difference, dissimilarity,
unlikeness” per esprimere “difformità” rispetto a norme o regole che andavano
applicate e che invece non lo sono state.
Eccezione a quanto sopra commentato, riguardo la traduzione del testo in
lingua inglese, risultano essere quei passi dell’elaborato che trattano del tema dei
fattori umani e psicologici, pezzi che essendo evidentemente stati scritti
originariamente in lingua inglese dallo specialista psicologo chiamato a collaborare
all’indagine su questa materia risultano essere resi correttamente nel testo inglese,
a differenza di quanto è verificabile nella loro versione in lingua italiana.
Ed ancora, a titolo generale, allorquando nel testo viene trattato
l’argomento relativo alla documentazione dell’AIP-Italia riguardo alla segnaletica
esistente sull’aeroporto di Linate, si deve far notare che non vi sia chiarezza sulla
differenza che intercorre tra le “Taxiways centerlines” aeroportuali, costituite da
linee continue di colore giallo indicanti la mezzeria garantita da ostacoli fissi della
via di rullaggio, con integrazione di regolari luci verdi di “centerline” incassate nella
pavimentazione per le operazioni notturne e in condizioni di LVO (Low Visibility
Operation), e le “Taxi-lanes centerlines”, cioè altre striscie gialle di mezzeria di
percorsi attraversanti aree o piazzali di parcheggio (aprons) onde consentirne
l’attraversamento in sicurezza, per raggiungere o per lasciare il punto di parcheggio
assegnato.
Le “Taxi-lanes centerlines” sono delle semplici linee di guida per entrare ed
uscire dai parcheggi e per l’attraversamento dei parcheggi stessi rimanendo
separati dagli ostacoli rappresentati dagli aeromobili parcheggiati. Le “taxi-lanes”
non possono essere dotate di illuminazione a livello dedicata, in quanto altrimenti si
creerebbe un vero e proprio tappeto di luci verdi senza significato o distinzione
alcuna ed anzi con un effetto deviante per l’individuazione da parte degli
utilizzatori.
Infine, ma a margine dell’obiettivo di cui all’oggetto, è doveroso
riconoscere
pubblicamente
la
capacità
organizzativa
dimostrata
dall’Agenzia in questo caso complesso e difficile nel consentire la prevista
partecipazione del numeroso gruppo di Rappresentanti accreditati di vari
Paesi ed Organizzazioni aventi diritto a partecipare ai lavori investigativi
assieme ai loro osservatori ed esperti qualificati.
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Glossa del testo del Report.
Quanto sopra debitamente sottolineato, s’intende ora passare all’esame del
testo in lingua inglese avendo come unico riferimento la numerazione assegnata a
capitoli e paragrafi del Final Report, ad iniziare dal Glossario dello stesso, in quanto
risulta incompleto di certi termini quali:ARTEX (spiegato solo a pag. 90);
DELTA TWO, nominativo dell’autovettura degli Addetti all’UCT;
LIGHT BAR, tradotto come “luci rosse”, anziché come barra illuminata (pagg. 129
e 135);
NORIA, non incluso in inglese e non spiegato nella versione italiana che lo cita;
SAAV, indicato come “Sistema aeroportuale di assistenza al volo” anziché come
ATS Unit;
SEA, definita semplicemente «a corporation delivery handling & other assistance to
LIN apt»;
UOC & UOP, definiti come «ATS control units» anziché come Uffici dell’ENAC o
della DCA-Linate.
A pag. XV s’incontra poi un titolo “Comment” che commento o critica non
è, ma si tratta semmai di un’avvertenza esplicativa su orari, caratteri ed altre
spiegazioni preventive alla lettura del testo.
–
Capitolo I°. Informazioni sui fatti.
§ 1.1
In merito all’informativa sugli aeromobili coinvolti si nota che sotto
l’indicazione relativa «all’arrivo del Cessna a Milano Linate» non compare alcuna
notizia circa l’inizio del tempo di servizio dei piloti tedeschi che originavano il loro
volo da Colonia per Milano, e non è dato di conoscere come e quando si siano
trasferiti dalla loro base di Dusseldorf a Colonia. Ora, siccome a pag. 24 è dato di
conoscere che il velivolo tedesco si trovava a Colonia dal 2 ottobre ed a pag. 15
sotto l’indicazione dell’inizio del tempo di servizio dei due piloti si stabilisce un
“presunto” orario d’inizio del servizio alle ore 02.30 del 8 ottobre, permane un
legittimo dubbio di come e quando sia avvenuto il loro trasferimento a Colonia e si
nota altresì il fatto che da parte del Rappresentante accreditato dell’Ente
investigativo tedesco presso la Commissione non si siano volute fornire indicazioni
più precise in merito, quando si sarebbe dovuto tenere debito conto anche del
fattore stanchezza operativa nel valutare le prestazioni dei piloti, quanto meno di
quello di 64 anni d’età. Anche perché in tutto il Report non viene mai fornita
un’indicazione di quale dei due piloti abbia mantenuto le radiocomunicazioni con
Linate Ground e di conseguenza di chi governasse il rullaggio dell’aeromobile, anche
con riferimento alla presunta conoscenza dell’aeroporto di Linate, indicata per il più
anziano in 7 occasioni e per il più giovane (pilot-in-command) in 5 precedenti.
Altrettanto incompleta risulta essere l’informativa circa l’ora del precedente
arrivo dei piloti scandinavi, in quanto viene reso noto solamente (pag. 14) che essi
avevano fruito di 9 ore fuori servizio prima della presentazione per il volo del
mattino del 8 ottobre.
Sarebbe stato opportuno rilevare che mentre l’Equipaggio SAS ha
necessitato di ben 12 min. prima di dichiararsi pronto al rullaggio (dopo aver
ricevuto l’autorizzazione allo start-up) pur avendo uno slot-time di partenza di ben
34 min. di tempo, l’Equipaggio del Cessna, dopo esser stato al parcheggio per un
tempo non appurato ma valutabile in circa 55 min., da quando si dichiara pronto
allo start-up passano soltanto 7 min. e richiama dichiarandosi pronto al rullaggio;
3
quindi muove dal parcheggio immediatamente pur avendo ricevuto una disposizione
di rullaggio piuttosto complessa, ovvero di dover dirigere a Nord per abbandonare il
piazzale Ovest su cui si trovava e le cui taxi-lanes centerlines indirizzavano
inizialmente il rullaggio obbligatoriamente verso Sud. Quanto sopra nelle condizioni
di visibilità ufficiale esistenti che non consentivano il loro decollo.
Risulta quindi un inizio di rullaggio affrettato, forse anche perché risentiva
di una certa pressione psicologica dovuta sia al fatto commerciale di promuovere
una vendita sia per il fatto di avere a disposizione uno slot-time di circa 20 min.,
che, nelle condizioni di visibilità esistenti e tenuto conto che l’aereo muoveva dal
piazzale Ovest e la pista in uso era la 36 R, era un tempo piuttosto ridotto per
effettuare con la dovuta serenità e precisione le dovute operazioni e consultazioni di
preparazione al rullaggio.
Sta di fatto che anche questo elemento avrebbe potuto essere considerato
nel valutare il tempo disponibile per la consultazione della documentazione
aeroportuale a disposizione di questo Equipaggio, consultazione che evidentemente
non c’è stata, e che, con l’errore d’impostazione del rullaggio, ha rappresentato la
causa principale della successiva collisione in pista.
Andava ancora rilevato che all’uscita dalla taxi-lane dei parcheggi il velivolo
è stato condotto per un tratto perfino senza seguire alcuna linea gialla di centerline,
fatto che costituisce un’ulteriore violazione alle norme di sicurezza in quanto rullare
al di fuori delle linee di guida al rullaggio, in condizioni di visibilità così ridotta,
espone al pericolo di non essere separati dagli ostacoli fissi presenti sull’aeroporto.
§ 1.1.2
Questo paragrafo inizia con la constatazione che la visibilità aeroportuale
generale fosse compresa fra 50 e 100 m. sulla base della sola assunzione che il
valore della visibilità generale dichiarata dal bollettino meteorologico in vigore
all’ora più prossima all’evento era stato determinato dall’Aerologica in 50 m.Orbene, non risulta esser stato fatto alcun tentativo di ottenere oltre che
una dichiarazione da parte dell’Aerologista in servizio in merito ad una sua
valutazione circa l’andamento dei banchi di nebbia, neppure per ottenere una
dichiarazione da parte del personale in servizio sul piazzale Ovest di Linate all’ora
del rullaggio del Cessna e neppure da parte dei piloti dell’aeromobile LX-PRA, che
dopo soli 30 sec. dal rullaggio del Cessna richiedeva a sua volta uguale
autorizzazione. Tale equipaggio, che si suppone fosse abilitato ed abituato a
condizioni di LVO, avrebbe potuto fornire indicazioni attendibili sull’effettiva portata
visiva esistente sul piazzale Ovest, in quanto molto probabilmente la visibilità
effettiva sul piazzale Ovest era ben inferiore a 50 m. e pertanto il solo modo
possibile per rullare in sicurezza poteva essere soltanto quello di seguire le linee
gialle di centerline con riferimento alla direzione indicata dalla elettrobussola di
bordo sia entro le taxilanes inizialmente che per imboccare la corretta taxiway (che
si trovava a Nord) successivamente.
Se a tutto ciò s’aggiunge il fatto che doveva esser noto ai piloti che il
personale di Torre, essendo privo di radar ASMI come da NOTAM in vigore, non era
in grado di controllare in nessun altro modo che quello di affidarsi ai rapporti di
posizione dei piloti per gestire i movimenti del traffico al suolo, si è costretti a
valutare con maggior severità il fatto che i piloti del Cessna, non abilitati ad
operare in low visibility conditions inferiori al valore effettivo di 400 m., abbiano
deciso di correre il rischio di immettersi nell’affollato traffico aeroportuale esistente
in modo così superficiale ed azzardato.
Dunque, da parte dell’inchiesta tecnica si trattava di stabilire un
ben preciso profilo di violazione di norme e di comportamento imprudente,
4
che sono poi il complesso di ragioni che concorrono a formare la causa
principale del disastro.
Che poi a questo si debbano aggiungere delle cause concorrenti, ma non
primarie, è legittimo e doveroso che vengano portate alla luce proprio per stabilire
quali difese siano mancate al sistema che, in quel momento, non poteva definirsi
tale per le molteplici mancanze e carenze che presentava.
Di contro a questo atteggiamento imprudente da parte dei piloti del
Cessna, i Controllori in frequenza alle prese con un traffico “very demanding” per le
condizioni esistenti, pur non applicando appieno le norme relative al read-back
delle autorizzazioni emesse, stavano applicando tutte le precauzioni possibili con il
limitare a porzioni e settori ben precisi le autorizzazioni al rullaggio ed attendendosi
da parte dei piloti la conferma del raggiungimento delle posizioni a cui erano stati
autorizzati. Dacché esiste il mondo dell’aviazione commerciale si è sempre andati
avanti così, quando i radar di sorveglianza al suolo non esistevano e del resto,
nella fattispecie, il fatto stesso che nessun equipaggio di nessun velivolo abbia
richiesto, né prima né dopo l’incidente, l’assistenza del follow-me sta a dimostrare
che, pur con tutte le carenze che l’aeroporto di Linate aveva nei confronti degli
standard aeroportuali dell’ICAO, la situazione non era poi così tragica da non
permettere ad un professionista serio ed affidabile di potersi muovere in sicurezza
secondo le autorizzazioni emesse dai Controllori addetti alle frequenze TWR e
Ground.
Eccezione a questo quadro, rimane il fatto che venisse usata la lingua
italiana sia da parte dei piloti che dei Controllori ATS in un contesto che invece
richiedeva più che mai una omogeneità di comprensione delle radiocomunicazioni
da parte di tutti.
E’ questo un radicato difetto che si è perpetrato nel tempo
nell’ambiente del controllo del traffico aereo nazionale a causa di mai
effettuati interventi correttivi da parte dei Responsabili sia dell’Autorità
dell’Aviazione Civile che di quelli dell’Ente fornitore del Servizio ATC.
Ma di questo nessuno è stato chiamato a risponderne, neppure tra coloro
che dall’Autorità giudiziaria sono stati rinviati a giudizio penale, tanto meno coloro
che sono rimasti celati nell’ombra sia a livello periferico che centrale, proprio in
base alle proprie attribuzioni funzionali di tipo strategico.
Riassumendo, di più i Controllori in frequenza non avrebbero potuto fare
date le circostanze di volume di traffico e condizioni meteorologiche esistenti,
mentre ben altro ci si sarebbe dovuto aspettare, in quanto richiesto dalle
circostanze e dagli eventi, da parte del CSO, supervisore di Torre. E questo non
risulta né analizzato, né puntualizzato nella Relazione d’inchiesta.
§ 1.1.3
Dobbiamo ribadire, anche perché è urgente che si provveda a correggere
questa pericolosa abitudine, che i Controllori e i Piloti italiani si ostinano ad usare in
radiotelefonia la lingua italiana, oltretutto spesso gergale, anziché attenersi alla
fraseologia standard in inglese per la quale sostengono pure specifici esami
professionali abilitativi, fatto che consentirebbe d’essere intesi
e compresi
ugualmente da tutti gli utenti dello spazio aereo interessato, stranieri inclusi.
Rimane comunque il fatto che quanto denunciato, non essendo un fatto
individuale bensì generalizzato, va ascritto alla debolezze delle difese di un
“sistema violato”, fatto che, come già detto, si protraeva da tempo e nel tempo,
non essendo mai stato corretto dalle Autorità responsabili centrali e periferiche
dell’ENAV da una parte e dell’ENAC dall’altra.
5
§ 1.1.4
Nella descrizione delle conseguenze dell’impatto del velivolo MD 87 con il
Cessna si nota che non viene fatta menzione dello stato prodottosi a carico
dell’impianto idraulico e più in particolare di quali conseguenze immediate abbia
comportato per la volabilità dell’aereo la presunta perdita (non stabilita
dall’inchiesta) di portanza dovuta alla posizione degli slats dell’ala destra,
presumibilmente autorettrattisi per mancanza di pressione idraulica dovuta alle
avarie prodottesi nell’impianto. Altrettanto è valido in merito al fatto che non sia
mai stato calcolato (per le conseguenze sui corpi degli occupanti) il valore delle
accelerazioni/decelerazioni verticali ed orizzontali subite dalla cellula al momento
del contatto con la pista da parte dell’aeromobile che ricadeva al suolo dall’altezza
di 10 m. alla velocità di oltre 300 km/h.
§ 1.1.5
Quanto sopra detto tanto più vale per quanto riguarda i valori di “g” subiti
dall’aeromobile e dai suoi occupanti al momento dell’impatto definitivo con l’edificio
adibito allo smistamento bagagli. La posizione di questo edificio, pur ritenuta
marginalmente legale a norma della presenza di ostacoli appena al di fuori delle
aree prive di ostacolo, rende comunque anacronistico l’utilizzo in sicurezza di un
aeroporto che a suo tempo non era stato certo concepito per le operazioni
d’atterraggio e di decollo di aeromobili che s’avvicinano o s’allontanano dal suolo a
velocità comprese fra i 250 ed i 300 km/h e con carichi di combustibile e talvolta di
altre sostanze pericolose imbarcate come carico.
Su quell’aeroporto italiano, come su altri aeroporti critici (p. es.: NapoliCapodichino, Roma-Ciampino, Catania-Fontanarossa) perché soffocati dalla
cementificazione che non ha rispettato le servitù aeronautiche chiaramente stabilite
perfino nel vetusto Codice della Navigazione – Parte Aerea – sarebbe ora di limitare
il tipo di traffico commerciale tutt’al più a velivoli commerciali del tipo turbo-elica,
trasferendo le operazioni dei jet commerciali su aeroporti più adatti e moderni.
Infine, da questo paragrafo si ha testimonianza che alle ore 06.11’.00” UTC
ovvero al tempo di collisione in pista più 39”, l’Addetto all’UCT telefona in Torre
informando colui che risponde (probabilmente l’Assistant) di aver sentito dei colpi
non meglio definiti e chiede se vi sia qualcosa di anormale. Alla risposta in tono
scherzoso che tutto era in ordine, l’Addetto all’UCT aggiunge: “io qua, visibilità
zero, non riesco a veder niente”.
Dunque sul piazzale est, dove già diversi aeromobili avevano messo in
moto i motori, per l’Addetto UCT, la visibilità dal suo posto di osservazione era zero.
§ 1.1.6
Nel precedente paragrafo si nota il fatto che mentre uno degli interlocutori
(l’UCT) dello scambio telefonico avvenuto alle ore 06.11 sia ben identificato, l’altro
(definito genericamente come TWR) non risulta per niente identificato in termini di
funzioni svolte. E’ presumibile che si tratti dell’Addetto identificato come “Assistant”
del trio operante in Torre e descritto nel Report come “responsible for the
coordination of the communications”. Risulta strano che costui, alla ricezione di una
comunicazione abbastanza allarmante, non abbia sentito il dovere di notificarla al
suo CSO, posto che costui si trovasse al proprio posto. Perché?
Forse perché le procedure non lo contemplavano o soltanto perché il CSO
non era presente in TWR. E come mai da parte dell’inchiesta non si è appurato né il
perché il CSO non fosse presente al suo posto, né quanto tempo sia durata la sua
6
assenza a partire dal momento del cambio del turno in Torre, avvenuto alle
06.00/UTC.
Da questo paragrafo si apprende che 1 min. dopo la telefonata dell’UCT
qualcuno dalla Torre (sempre non identificato e presumibilmente lo stesso
“Assistant”) telefona a Milano ACC (Area Control) per chiedere notizie
dell’identificazione del volo SAS 686 al decollo, ottenendo però la certezza che quel
volo non risultava sotto controllo radar d’area e quindi che non era mai decollato.
Subito dopo in Torre viene ricevuta sulla frequenza Ground una
comunicazione da parte del volo AZA 2023 parcheggiato sul piazzale Est che
segnalava d’aver cognizione d’una scia di fuoco avvistata dal personale di
assistenza a terra in direzione della testata pista 18 L.
A questo punto qualcuno (chi?) decide di attivare l’allarme ai VVF, senza
però fornire alcuna indicazione della segnalazione ricevuta dal pilota del volo AZA e
con l’aggravante (per il “sistema-non-sistema” in vigore a Linate) del fatto che il
tempo di attivazione dell’allarme avviato dalla Torre non sia stato neppure
registrato.
Ma come mai, l’Emergency Plan approvato dalla DCA e da questa provato
durante le esercitazioni d’emergenza periodiche, non aveva mai accertato che
l’allarme promosso dalla Torre non fosse registrato?
§ 1.3.1
Questo risulta essere uno dei non pochi paragrafi del Report che risulta
essere più un sunto che una traduzione fedele del testo italiano, ovvero fallisce
l’obiettivo d’essere una traduzione fedele del preteso testo di riferimento in lingua
italiana.
§ 1.5.1.2
Questo paragrafo si conclude con un “Comment” che vorrebbe essere una
avvertenza o nota esplicativa con l’intento di stabilire che (traduzione del
redattore):- «L’esercente dell’aeromobile, Air Evex, non era certificato per
effettuare operazioni in condizioni meteorologiche inferiori a CAT I e il suo
equipaggio non era addestrato per effettuare atterraggi e decolli a minimi
meteorologici inferiori a CAT I». Evita però di precisare (cosa che sarà fatta
soltanto al § 2.1.4) che da parte dell’esercente non è stata presentata alcuna
documentazione (cosa che avrebbe dovuto esser ottenuta per il tramite del
Rappresentante accreditato tedesco presso la Commissione inquirente) che
dimostrasse che i piloti tedeschi fossero addestrati e qualificati ad effettuare
operazioni di rullaggio e di decollo con visibilità inferiore a 400 m. (LVO) e che di
conseguenza fossero in grado di distinguere e di comprendere i codici-colore delle
luci di pista e delle vie di rullaggio, connessi con le operazioni in condizioni di
visibilità ridotta a meno di 400 metri.
§ 1.5.1.3
Il penultimo capoverso di questo paragrafo relativo al documento ufficiale
ICAO (ICAO Flight Plan) di questa serie di voli del Cessna CJ stabilisce
inequivocabilmente, al di là delle dichiarazioni di comodo dell’esercente e
proprietario riportate al § 2.1.4, che mentre il volo da Colonia a Linate era stato
notificato come un volo di “general aviation” e che quindi potrebbe ancora passare
per un volo privato senza fini di lucro, il piano di volo compilato per il volo da Linate
a Parigi- Le Bourget era stato dichiarato correttamente come “volo operativo di
trasporto aereo”, anche perché altrimenti non sarebbe potuto atterrare a Le
Bourget, bensì avrebbe dovuto dirigersi su di un aeroporto aperto all’attività
7
dell’aviazione privata. E siccome i piloti erano ben consci di utilizzare un velivolo
d’un esercente certificato “Air Operator” e loro stessi dichiaravano di effettuare un
volo a domanda per fini di lucro (vedi accordo di pagamento fra Cessna Co. e Air
Evex), ecco che risulta inequivocabilmente provato lo status commerciale (e non
privato) del volo che iniziava a Linate.
Tanto più, appunto, che il costo di tale volo e quello di ritorno (quanto
meno) sarebbero stati addebitati alla Compagnia Cessna Aircraft.
§ 1.5.2
Per un’indagine tecnica condotta secondo gli standards dell’Annesso 13
ICAO e quindi da inoltrare all’ICAO stessa, definire nel testo del Report che «The
MD 87 cabin crew members were qualified and trained in accordance with existing
JAA regulatory requirements» risulta essere quanto meno di scarso buon gusto,
perché, ancor prima e al di sopra dei “JAA requirements” esistono e vanno
ottemperati gli standards ICAO dell’Annesso 1 – Personnel Licensing - che assieme
al DOC 7192 – Part E1 – governano la qualificazione e l’addestramento del
personale addetto come “Cabin Attendant”.
§ 1.5.3
Riguardo a questo paragrafo v’è da notare che non viene fornita alcuna
informazione in merito a quali norme (IPI) fossero applicabili per la temporanea
sostituzione di uno dei cinque membri che dovevano trovarsi presenti nella Torre di
controllo di Linate in caso anche di breve assenza, come risulta, tra le righe del
Report, essersi verificato prima ed al momento del disastro con l’assenza del CSO
per un tempo non definito, protrattosi anche dopo l’evento. Era una cosa da
accertare nel dettaglio da parte dei testimoni.
Un altra grave mancanza è rappresentata dall’accertamento che il
personale in servizio alla Torre di Linate non sia mai stato sottoposto, per un
periodo che varia da un minimo di tre anni ad un massimo di 27 anni, ad alcun
corso di riqualificazione professionale. La mancanza, in questo caso, riguarda
pesantemente le funzioni di coloro che in Italia dovevano essere i garanti
dell’ottemperanza degli obblighi tecnico-operativi assunti con l’adesione alla
Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale, in assenza di qualsiasi
notifica di “differenza” in materia adottata dal nostro Paese e debitamente notificata
all’ICAO per le misure di propria competenza.
§ 1.5.5
Da questo paragrafo si evince il fatto che la DCA/ENAC di Linate riteneva
tranquillamente di poter far fronte alle dovute incombenze di sorveglianza e
controllo delegate all’UCT aeroportuale con un solo funzionario addetto al turno di
notte e perfino a mattinata operativamente inoltrata (fino al cambio di turno),
rendendo così impossibile non solo i controlli documentali di routine, ma anche
l’attivazione del Command Post in caso d’incidente, così come contemplato
dall’Annesso 14 – Aerodromes – e dal DOC 9137 – Part 7 – Airport Emergency
Planning – per l’Emergency Plan Manual aeroportuale, che nel Report si dichiara
esistente e provato nel corso di esercitazioni che pure avevano rilevato l’assenza di
membri del Command Post presso l’UCT.
E questa volta, in occasione del disastro, c’è stata addirittura la mancata
attivazione del Command Post, che, sia detto per chi aveva approvato l’allora
esistente Manuale contenente l’Emergency Plan, non va istituito in un edificio
lontano dal luogo del sinistro, bensì dev’essere basato su di un idoneo automezzo
8
mobile da far arrivare sul posto del disastro a seguito dei Vigili del Fuoco di pronto
intervento.
§ 1.6.1.4
Tecnicamente non si può esser d’accordo con la dichiarazione del Collegio
che le condizioni di pista (quindi inclusa la visibilità rilevata come RVR)
consentissero da parte dell’equipaggio del velivolo della SAS l'adozione della tecnica
di decollo a spinta ridotta dei motori, in quanto è buona norma di airmanship,
ovvero di professionalità aviatoria, quella di adottare, in particolare per i velivoli
bimotori, la tecnica di decollo alla spinta massima. Ciò consente al velivolo la
minima percorrenza al suolo in pista quando le condizioni di visibilità siano ridotte al
di sotto di 400 m., oppure (ma non è questo il caso) la visibilità sia ridotta sotto
1000 m. in presenza di atmospheric moisture a temperatura inferiore a + 10° C.§ 1.9
I Paragrafi da 1.9 a 1.9.5 risultano incompleti d’un necessario lavoro di
trascrizione di tutte le comunicazioni radio e telefoniche intercorse tra tutti gli
“attori” sulla scena di Linate fra le ore 05.40/UCT e le ore 07.00/UCT, quanto meno.
Tale trascrizione avrebbe dovuto raggruppare, fronte a fronte e per ogni
singolo minuto, tutta le comunicazioni, in modo da fornire inequivocabilmente
l’esatta sensazione del carico di lavoro e della congestione di messaggi cui
erano sottoposti in prima linea i Controllori di TWR e di GND e l’Assistente addetto
al loro sostegno operativo. Non è affatto sufficiente informare il lettore del Report
con intenti tecnico-professionali che il Controllore GND abbia gestito 126
comunicazioni nel tempo di 16 min. e che il Controllore TWR in poco meno di 12
min. ne abbia gestite (si badi bene: “gestite” e non solo “effettuate”) 73, senza
tener conto di quelle telefoniche o vocali che venivano loro indirizzate come origine
o come rimbalzo dall’Assistant oppure a quest’ultimo rivolte da parte loro, il tutto
dopo aver consultato strips oppure monitors, a seconda dei casi e delle necessità.
§ 1.10
Alla fine di questi paragrafo si può apprendere che da parte d’un Esperto
facente parte della delegazione svedese partecipante all’inchiesta è stato condotto
un audit completo sullo stato dell’aeroporto di Linate e delle sue attrezzature e che
il relativo rapporto è stato inviato da ANSV ad ENAC per le azioni correttive di
competenza.
Siccome l’audit svedese è terminato nel mese di marzo 2002 ed il Final
Report dell’ANSV è stato deliberato a gennaio 2004, sarebbe stato più che
opportuno conoscere quali miglioramenti siano stati introdotti sull’aeroporto di
Linate a seguito della rilevazione svedese ovvero quale risposta sia pervenuta in
merito all’Agenzia da parte di ENAC.
§ 1.10.1
Questo paragrafo si chiude con un errore concettuale laddove per indicare
l’area dell’aeroporto riservata all’Aeronautica Militare (Military Zone) il Report in
inglese la definisce “Military Air Force area”, quando andava correttamente definita
o “Military area” oppure “Air Force parking area”.
Inoltre viene denunciato che la dicitura “Main runway extension” non
compare nell’AIP-Italia, ma viene annotato che tale denominazione compare
nell’Ordinanza emessa dal Direttore della DCA e quindi si trova nella parte
descrittiva dell'AIP tra le norme in vigore a Linate per disporre la fermata degli
aeromobili in rullaggio prima del “prolungamento asse pista” durante i decolli dalla
9
testata pista 36 R. Tale disposizione è portata a conoscenza dei Piloti debitamente
tradotta in inglese con la dizione “extended runwaycenterline RWY 36”.
§ 1.10. 2
Come già precisato nell’ultimo paragrafo di questa recensione sotto il titolo
“Analisi del Report”, sia l’Investigatore incaricato (nella veste di proponente del
testo dell’inchiesta) che il Collegio deliberante la versione finale del Report, non
hanno chiara la differenza che passa tra “Taxi-way” e “Taxi-lane”.
Così il paragrafo termina con la seguente dichiarazione:- «All yellow taxi
lines [proto: “lines” con la “i”- ndr] on West apron did not have green lights».
La spiegazione consiste nel fatto che le “yellow guidance lines” sono
segnaletica di centerline di Taxi-lanes [proto: “lanes” con la “a” – ndr] e non di
Taxi-way sui piazzali di parcheggio, mentre poi, all’estremità dei piazzali,
quando iniziano le Taxi-ways R5 e R6, allora le centerlines hanno come integrazione
le “Taxiways centerlines green lights”.
§ 1.10.2.1
In merito a questo paragrafo non si può non notare il fatto che il “Report of
the Meeting held on March 13, 1996” citato nel testo si concluda senza che
l’investigazione sia stata in grado di stabilire nell’ordine (con riferimento ai punti
esaminati):− CHI abbia assunto la decisione di istituire i markings S1,S2, S4, S5 ed ancora
S5 (ed omesso S3) e per quali motivi e ragioni;
− CHI sia stato incaricato di eseguire la marcatura;
− CHI sia stato incaricato di collaudare il lavoro eseguito ovvero la sua
rispondenza a quanto deciso a conclusione del Meeting;
− CHI abbia omesso di comunicare la variazione apportata da inserire nell’AIPItalia.
Appare invece strano che l’inchiesta accetti per buona la dichiarazione di un
anonimo Controllore dell’ENAV o meglio del CAV di Linate il quale afferma d’aver
scoperto il verbale del Meeting del 13 marzo 1996 (i cui partecipanti continuano ad
essere coperti dall’anonimato perfino in termini di Ente o funzione rappresentata) in
un faldone giacente al primo piano dell’edificio della Torre (ma pur sempre del CAVLinate), testualmente dichiarando:- «while performing a non routine check and
ordering of unused documents», quando evidentemente in realtà si trattava di un
«voluntary search of documents», effettuato probabilmente per dimostrare che il
documento in questione non era (come dichiarato) «available in the TWR control
room the day of accident”, ma di cui era molto probabilmente conosciuta
l’esistenza, anche se, forse soltanto da parte di una ristretta cerchia di addetti al
CAV di Linate. Nessuno di costoro è stato interrogato sul perché neppure la “grid
map aeroportuale”, il cui originale è allegato all’Airport Emergency Plan fosse
disponibile ed adoperata in Torre.
Infine il paragrafo in esame definisce una pompa per il rifornimento del
carburante agli aeromobili esistente sul piazzale Ovest come una “petrol station”,
cioè una pompa di carburante per autoveicoli, anziché come si definisce
correttamente o come “AVGAS station” (Aviation Gasoline station) oppure come
una “Kerosene refuelling station”.
§ 1.10.2.3
Alla fine di questo paragrafo esiste il solito “Comment” (leggasi: Nota) nel
testo della quale viene trattata quella parte dell’AIP-Italia che contemplava
l’esistenza sull’aeroporto di “flashing white lights” e di un “electronic anti incursion
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device” (detector, per la precisione) non funzionanti da tempo perché disattivati ed
ancora una volta non viene precisato, come del resto per il punto seguente
riguardante la disattivazione del telecomando delle STOP BARS su R1 ed R6,
quando e con quale autorità (e senza quale coordinamento) vi sia stato un
responsabile su decisione del quale queste variazioni furono ordinate ed eseguite.
§1.10.2.4
Per quanto attiene le seguenti voci dell’elenco contenuto in questo
paragrafo si fa rilevare che non ci sono spiegazioni o risposte esaurienti in merito
a:− J) perché presso la DCA non esiste documentazione in merito alla disattivazione
delle “Lights-bars” e delle “flashing lights” e perché la relativa documentazione
non è stata cercata presso gli archivi della DGAC o di ENAC, a seconda
dell’epoca del misfatto.
− H) perché non si è approfondito da parte dell’Investigatore e del Collegio la
differenza che intercorre tra “Taxiways centerlines” e “Taxilanes centerlines”,
consultando l’Annesso 14.
− O) perché si cita l’ovvio fatto che alla diramazione della segnaletica di centerline
in R5 e in R6 sul piazzale Ovest vi sia soltanto l’indicazione della segnaletica
orizzontale, quando null’altro poteva esserci né in tema di segnaletica verticale
né di luci sulla Taxilane centerline.
Dunque di questo paragrafo, fatte salve le voci che indicano markings non
conformi agli standards dell’Annesso 14 e le difformità della segnaletica verticale,
come pure quella delle mappe (cartine) dell’AIP-Italia, tutte le altre risultano
irrilevanti ed apportatrici di confusione allorché si persiste nel non distinguere le
differenze tra la possibilità o l’impossibilità riguardo alla segnaletica di indicare
diversamente le “taxilanes” rispetto alle “taxiways”.
Comunque anche in questo caso non viene indicato quale Autorità, Ente,
Ufficio o “burocrate” fosse responsabile del mancato adeguamento alle più recenti
disposizioni in materia di segnaletica contenute nell’Annesso 14 – terza edizione –
rispetto a quelle vigenti nella prima o nella seconda edizione dello stesso Annesso,
cui probabilmente si rifaceva la segnaletica orizzontale esistente o quella verticale
deteriorata oppure inesistente.
§ 1.10. 3.1
Dal titolo di questo paragrafo, dedicato all’AIP-Italia – Aeronautical
Information Publication -, documento ufficiale dello Stato italiano per la notifica
delle norme aeronautiche operative vigenti nel territorio e nello spazio aereo
nazionale, ci si sarebbe aspettato che, oltre l’elencazione delle differenze esistenti
tra la documentazione relativa all’aeroporto di Linate e la sua realtà (non
aggiornata per atto d’omissione di qualcuno da identificare), venisse indicato quale
esito
abbia
avuto
presso
ENAC,
identificata
burocraticamente
nella
Raccomandazione ANSV- 18/113-2/A/02 quale destinataria dell’appello a
correggere la situazione esistente, il contenuto ben definito della stessa.
Ed invece, aver voluto richiamare le Ordinanze aeroportuali locali e perfino
le differenze constatate con la documentazione utilizzata dagli utenti, non ha
portato alcun contributo di chiarezza in particolare nei confronti di quale Autorità,
Ente, Ufficio o “burocrate” dovesse provvedere a fornire all’editore (ENAV) le
indicazioni in merito alla realtà esistente per la pubblicazione sull’AIP, con il
concorso della dovuta sorveglianza da parte di ENAC.
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Ancora una volta si deve rilevare che sotto le voci g) ed h) di questo
paragrafo continua ad esserci mancanza di chiarezza in merito alle taxiways
centelines e le taxilanes centerlines.
Ma più pesante ancora risulta essere la notizia riportata nel testo che
l’ENAV, in data 26 aprile 2001 avesse richiesto a mezzo lettera ufficiale ad ENAC di
«denominare Alpha, Bravo Charlie e Delta le taxilanes centerlines del piazzale
Nord» e che tale richiesta «had not been accepted» da un non identificato
responsabile dell’ENAC. Una tale omissione di accertamento riguardo la
decisione, presa da qualcuno che ne aveva il potere, rimasto non identificato sia
come carica sia come funzione, non fa che confermare l’impressione o meglio la
convinzione che in tal modo “il sistema” non sarà mai risanato.
Nota: Questa convinzione nasce rafforzata anche dal fatto che sarà
analizzato proprio di seguito, riguardante la decisione assunta dall’allora Capo
Servizio Navigazione Aerea della DGAC di negare l’utilità del Radar ASMI già
esistente a Linate, bisognoso di riparazioni. Per tale fatto, accertato anche in sede
giudiziaria, il predetto se ne è uscito con … «non ricordo». Ma c’è chi ricorda che
esistono documenti probanti di questo tipo di inerzia dolosa.
§ 1.10.4
Questo paragrafo dedicato al Radar ASMI – Aerodrome Surface Movement
Indicator – dovrebbe essere uno dei più importanti di tutto il Report, in quanto non
vi può essere dubbio alcuno che a Linate, nelle condizioni esistenti il giorno 8
ottobre 2001, piuttosto usuali sull’aeroporto milanese, doveva rappresentare la
principale difesa del sistema aeroportuale dall’errore umano, in particolare
da parte degli operatori di prima linea. Altrimenti il “sistema generale di
sicurezza” che avrebbe dovuto essere in funzione nella gestione dell’Aviazione Civile
nazionale avrebbe dovuto avere in vigore quanto stabilito alternativamente ed in
carenza a Linate di un completo sistema SMGCS (Surface Movement Guidance &
Control System):- la limitazione del numero dei movimenti aeroportuali fino al
numero di un movimento per volta sull’intera area aeroportuale nelle condizioni in
cui oltre a non esser visibili dalla Torre gli aeromobili non fossero in grado di
muoversi in sicurezza da soli, facendo riferimento ad una adeguata segnaletica
orizzontale e verticale di tipo ogni-tempo.
Orbene, l’aeroporto di Linate era stato dotato di un Radar di sorveglianza
dei movimenti al suolo per le operazioni in low visibility (Low Visibility Procedure –
LVP) dalla metà circa degli anni ’70 da parte della Direzione Generale dell’Aviazione
Civile del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile dell’epoca, riconoscendone
l’indispensabilità a Linate ed in un altro paio d’aeroporti nazionali. All’inizio degli
anni ’90 l’ASMI di Linate aveva incominciato ad avere alcuni acciacchi di vecchiaia e
per tali ragioni ed in difficoltà di reperire pezzi di ricambio l’allora AAAVTAG, poi
divenuta ENAV, ne aveva programmato la sostituzione con un Radar di sorveglianza
Nova 9000, che avrebbe dovuto esser integrato in un completo SMGCS. Tra DGAC e
AAAVTAG il nuovo sistema era stato concordato nel mese di marzo 1995, ma per la
realizzazione dell’impianto mancava il parere del Servizio Navigazione Aerea della
DGAC in merito all’ubicazione dell’antenna del nuovo Radar, che si proponeva
d’installare sul prato adiacente alla pista, fuori della Runway strip. Il Responsabile
del Servizio Navigazione (quello del «non ricordo» in sede giudiziaria), in aprile del
1995 rispondeva negativamente (facendo così naufragare l’intera operazione),
adducendo cinque motivazioni, tutte ininfluenti, ma delle quali una merita d’essere
riportata per indicare il livello di capacità professionale di giudizio di detto
Responsabile. Afferma costui per giustificare la posizione assunta:- «Il fatto che fino
ad oggi non siano stati riscontrati inconvenienti particolari in quanto il
12
sistema di Linate per la movimentazione a terra degli aeromobili è molto lineare»,
tanto che, aggiungiamo noi, “l’inconveniente” di uno scontro fra due velivoli sulla
pista di Linate avvenuto nel 1980 in buone condizioni meteorologiche e senza
utilizzazione del Radar ASMI da parte dei Controllori non rappresentava un segnale
sufficientemente contrario all’idea di “linearità” conosciuta e giudicata a distanza dal
Capo Servizio Navigazione e dal suo entourage, del quale faceva parte qualcuno
che fa ancora parte dell’ENAC, dimostrando di non aver alcun rimorso per le
conseguenze di quel giudizio dopo ciò che è avvenuto l’8 ottobre 2001. Ora è vero
che un A.D. di Alitalia dell’epoca (dalla quale proveniva anche il Capo Servizio
Navigazione in questione) giudicava un buon dirigente colui che sbagliava nelle
scelte “soltanto nel 70% delle sue decisioni” (ed i risultati di questo pensiero
l’Alitalia li sconta ancor’oggi), ma trasferire questi concetti dal terreno gestionaleamministrativo a quello delle sicurezza delle operazioni e delle infrastrutture
necessarie al volo è semplicemente assurdo.
Comunque a partire dal 29 novembre 1999 l’ormai zoppicante Radar ASMI
fu dichiarato “fuori servizio” a mezzo NOTAM di prima classe (internazionale), cioè
inutilizzabile perché in avaria, senza che questo fatto comportasse né un intervento
normativo da parte di ENAC (mentre ENAV si era data in merito una norma interna,
la DOP 2, fin dal 1997), né una protesta o qualche misura cautelativa da parte delle
Compagnie operanti su Linate, né infine da parte del Comitato Aeroportuale di
Sicurezza Operativa, esistente a Linate fin dal 1975 per coadiuvare il Direttore
d’aeroporto nella valutazione dei problemi operativi e di sicurezza delle operazioni
sull’aerodromo assegnato alla sua giurisdizione aeronautica. Sarebbe infatti bastata
una sua Ordinanza per riuscire ad evitare la tragedia del 8 ottobre.
Ma che l’alta Direzione dell’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile sia rimasta
immune da qualsiasi chiamata a correo sia da parte del Report in esame, sia da
parte della Magistratura inquirente, è la dimostrazione che nel nostro Paese si
perseguono solo e soltanto le responsabilità degli operatori di prima linea o tutt’al
più di quelli che per insipienza delle cose del Controllo del Traffico Aereo si sono
voluti incoscientemente esporre a giustificare cose di cui non sapevano nulla,
offrendo così il destro ai veri Responsabili dell’Aviazione Civile di scaricare sui vertici
del fornitore del Servizio ATC anche gli strali che avrebbero dovuto colpire ben altri
bersagli ben individuabili.
Infatti, alla base della collisione di Linate andava da subito chiamato a
rispondere chi dell'ENAC non aveva dato tempestivamente seguito operativo né al
DOP 2/97 di ENAV né agli Standards ed alle specificazioni o pratiche desiderabili
(Recommandations) dettate dall’ICAO sotto l’intero paragrafo 8.9 del capitolo 8
dell’Annesso 14 – terza edizione - del 1999.
Nel paragrafo del Report in esame, il Collegio estensore del testo,
annotando che nel luglio del 2000 «l’ENAC, subentrata alla DGAC, autorizzò il
progetto …» si dimentica di rilevare che ENAC era nata fin dal 1997 e che il Radar
ASMI era inefficiente e quindi inutilizzabile fin dal novembre del 1999.
§ 1.10. 6.2
In merito a questo paragrafo si rinnovano le osservazioni già fatte in
precedenza circa il peso dell’assenza dalla Torre del CSO montante in servizio sia
prima che durante e dopo la collisione, cosa che non risulta esaminata
sufficientemente dal Report.
§ 1.10.6.3
Sarebbe stato doveroso dichiarare da quali fonti o da quali evidenze si sia
tratta la convinzione di poter pubblicare l’ultimo capoverso di questo paragrafo nel
13
quale si afferma che i Controllori disattendessero qualche volta il riportato Ordine
di Servizio n. 35/97 di ENAV, basato sulla richiesta in materia avanzata a suo
tempo dalla DGAC su giustificate proteste di piloti attenti ai problemi di sicurezza.
§ 1.10. 6.4
Come già affermato commentando il § 1.10.4, sarebbe stato sufficiente
l’esistenza o l’efficienza di un Radar di sorveglianza ASMI o del sistema SMGC
oppure l’adozione per i piloti civili anche da parte di ENAC delle disposizioni
e delle indicazioni ICAO per le operazioni il low visibility contenute
nell’Annesso 14 e nel relativo documento applicativo DOC 9476 – Manual of
Surface Movement Guidance & Control System – e pure in altri Annessi e nel
PANS-ATM (come solo parzialmente adottato da ENAV per i Controllori nelle
proprie DOP 2/97) per scongiurare quanto avvenuto a Linate l’8 ottobre
2001.
Vale a dire, o si poteva disporre del mezzo adeguato per effettuare il
controllo positivo dei movimenti al suolo per mezzo del Radar di sorveglianza
aeroportuale di superficie, oppure, non esistendo tale Radar, limitando
significativamente il numero dei movimenti degli aerei al suolo, fino ad
arrivare, se necessario, ad un unico movimento alla volta.
Ed invece, ancora una volta, la mancanza del dovuto intervento da
parte del vertice direttivo dell’ENAC a disciplinare la materia con apposita
norma rivolta ai piloti, almeno a seguito dell’incompleta iniziativa adottata da
ENAV con le sue DOP (Disposizioni Operative Permanenti), emanate fin dal 1997
seguendo parzialmente i dettati dell’ICAO con la propria seconda versione, avrebbe
tragicamente rappresentato il più grave elemento di omissione, mai evidenziato
non solo nel Report sotto esame, ma addirittura nella Relazione peritale che lo
stesso Investigatore (che fungeva da Consulente tecnico per la Pubblica Accusa
nello svolgimento dell’inchiesta giudiziaria) ha presentato al P .M. competente.
Che le DOP del 1997 fossero a loro volte inadeguate è pur vero, ma, a
fronte della totale mancanza di qualsiasi disposizione in materia da parte
dell’ENAC centrale sia nei confronti degli esercenti che dei piloti e sia delle proprie
emanazioni periferiche (DCA e UCT) acquistano un valore rilevante nella dinamica
causale assumendo la fisionomia di falle latenti.
E non v’è alcuna garanzia sistemica che quanto accaduto non abbia
a ripetersi da qualche altra parte.
Rimane solo da aggiungere che le Ordinanze emanate a posteriori dal
Direttore d’aeroporto di Linate in data 9 novembre 2001 e ancor peggio
successivamente in data 14 novembre 2001 ad emendare le disposizioni ENAC del
22 ottobre 2001 non solo non rispettano le disposizioni ICAO in materia, ma
nelle condizioni in cui ancora si trovava l’aeroporto di Linate a quel tempo, non
risolvevano alcuno dei punti deboli delle difese carenti che a Linate avevano
consentito l’evento del 8 ottobre, ma anzi li riaggravavano.
Che poi nel Report si sia costretti a rivangare le Ordinanze della DCA in
materia risalenti agli anni 1985, 1992 e 1994 la dice molto lunga sull’incuria con la
quale dal 1997 in poi la Dirigenza centrale di ENAC non aveva mai provveduto a
disciplinare le procedure delle LVO, pur in presenza di precise disposizioni ICAO da
applicare a livello nazionale sugli aeroporti.
Da notare infine, con somma pena, l’ennesimo esempio di infelice
traduzione/sunteggiatura del testo in lingua inglese esistente in particolare in
questa parte del Report ed in quelle immediatamente successive.
14
§ 1.10.6.5
Questo paragrafo, che intenderebbe trattare delle difformità riscontrate
dall’inchiesta tra il contenuto del Manuale adottato a Linate con Ordinanza locale del
13 luglio 1989 come “Emergency Plan” e la non adesione a tali disposizioni da parte
di tutti gli “attori” durante e dopo il sinistro del 8 ottobre, inizia con la impropria
traduzione che adopera il termine “deformities” per elencare le “differences” ovvero
le “difformità applicative” rilevate analizzando i comportamenti adottati dalle
persone e dagli enti competenti ad agire durante l’accadimento di un sinistro
sull’aeroporto.
S’inizia con il rilevare che, ad aereo della SAS disperso al decollo da pista
36R, la Torre non abbia disposto subito il silenzio radio, procedura
internazionalmente contemplata, e che inoltre una serie di persone, enti ed
organizzazioni perfino non interessate all’intervento abbiano tempestato le linee
telefoniche della Torre con interventi non legati in alcun modo alle condizioni di
emergenza perfino dopo l’attivazione del segnale generale d’allarme.
Nell’elenco delle discrepanze attribuibili ad azioni di persone legate ad Enti
che invece dovevano intervenire a proposito per i compiti loro assegnati
dall’Emergency Plan in vigore, inizia con l’addebitare genericamente:Alla Torre (?) (ma non si indica una funzione rivestita ad una determinata persona)
quanto segue:− A seguito dell’azionamento del segnale d’allarme non ha fornito alcuna
informazione del luogo (da identificare con le coordinate della "grid" contenuta
nel Plan) al quale dirigere, anche se approssimativamente, i mezzi dei VVF (p.
es.:- prolungamento dell’asse pista 36R individuabile in "grid" con le coordinate
X-Y);
− Non ha ricevuto né richiesto a DCA/UCT le necessarie informazioni sul volo SAS
(p. es.: numero delle persone a bordo dell’aereo, carburante imbarcato, ecc.) e
di conseguenza non le ha ritrasmesse ai VVF;
− Non aver informato VVF ed UCT di avere un altro aeromobile disperso nella
nebbia:
− Ben cinque aeromobili sono stati lasciati in giro per l’aeroporto con i motori in
moto per ben altri 30 minuti dopo l’attivazione dell’allarme d’incidente.
Ai VVF s’imputano quanto meno le seguenti discrepanze:− Aver inviato i primi mezzi antincendio verso l’infermeria senza informare la
Torre;
− Non aver notificato alla Torre la località di griglia dell’intervento e neppure il
numero dei mezzi impiegati e le quantità di agenti estinguenti disponibili;
− Di non aver neppure ricorso, quando richiesti di ispezionare la pista,
all’intervento di Unità esterne all’aeroporto per continuare a combattere
l’incendio già scoperto (fatto questo non rilevato dall’inchiesta).
A carico della DCA/UCT si addebitano quanto meno le seguenti deficienze:− Di non aver istituito né un “emergency operations centre” né attivato un
“mobile command post”, così come indicato dai paragrafi 9.1.7 e seguenti del
Capitolo 9 dell’Annesso 14 dell’ICAO;
− Di non aver fornito le necessarie informazioni per intervenire più efficacemente
sull’incendio all’edificio smistamento bagagli.
− E, aggiungiamo noi, visto che l’ANSV non l’ha annotato, ha consentito la
rimozione del relitto del Cessna dalla pista contrariamente alle norme *, ancor
prima che l’Investigatore incaricato, se non l’intera Commissione inquirente,
avesse la possibilità di effettuare i necessari accertamenti. Ma di ciò
15
probabilmente condivide la responsabilità con il Procuratore della Repubblica
che ne ha autorizzato la rimozione dopo gli accertamenti effettuati dalla Polizia
Giudiziaria, che però non erano certo esaurienti dal punto di vista
dell’investigazione tecnica.
Nota:- Norme del DOC 9137-AN/898 - Part 8 - Ch. 14 - § 14.1 - Point 14.1.1Dunque, il fatto che l’UCT non abbia istituito il centro operativo per
l’emergenza in atto presso i propri uffici, può, a posteriori, esser visto tutto
sommato come un bene, anche perché come poi rilevato al successivo § 1.10.6.6,
le due esercitazioni d’emergenza effettuate il 2 agosto 2000 e il 27 giugno 2001
avevano permesso di rilevare, senza che vi fosse posto rimedio da parte del
Direttore d’aeroporto, che la sede dell’UCT era inadeguata a quanto dettato
dall’ICAO al paragrafo 9.1.7 e seguenti dell’Annesso 14, indicandone le
rispettive caratteristiche, sia per il centro fisso delle operazioni
d’emergenza sia in carenza d’un posto mobile di comando.
Come già scritto, anche la traduzione di questo paragrafo risulta
inadeguata (es.: denominare “Detachement Turret” quella che in effetti è
semplicemente la “Fire brigade station control room”) ed anche il resto del testo
dattiloscritto risulta non curato e quindi pure difficile da seguire.
Infine è allarmante la constatazione contenuta negli ultimi due capoversi di
questo paragrafo del Report nei quali si scrive d’aver notizia di quattro
emendamenti apportati all’Ordinanza n. 4/89 della DCA di Linate, uno dei quali non
esiste neppure nell’archivio della Direzione emittente e tutti assieme non risultano
mai ricevuti né dall’ENAV/CAV locale, né dalla FSCC dei VVF e neppure dalla SEA.
Come a dire:- questa è la riprova d’una supervisione del sistema quanto
meno inadeguata ed imprudente.
§ 1.10.6.6
Nel leggere le pur incomplete rilevazioni effettuate in merito alle
esercitazioni di emergenza sulla base del disatteso Emergency Plan, così come
pubblicato con l’Ordinanza n.4 del lontano 1989 e dei relativi emendamenti
“fantasma”, si ha una sensazione di sconforto, in quanto, se i campanelli d’allarme
squillati in quelle due occasioni, pur se molto ovattati, fossero stati ricevuti ed
ascoltati, il caos verificatosi l’8 ottobre sarebbe stato forse più limitato nella sua
gravità di quanto, purtroppo, non lo sia stato.
Il titolo che denomina
“exercises” quelli che in lingua inglese sono
“Emergency drills”, lascia stupiti su quelle che sono le conoscenze non solo della
lingua ma soprattutto dei concetti operativi sui quali s’intende trattare.
Però, a conclusione dell’esercitazione d’emergenza programmata e tenutasi
in data 27 giugno 2001, il Direttore d’aeroporto si doveva esser accorto che
qualcosa non andava per il verso giusto e di conseguenza concludeva il verbale
d’esercitazione affermando:- «Il Piano verrà revisionato alla luce delle osservazioni
ed invita tutti gli Enti a proporre un proprio rappresentante nella Commissione che
viene da subito istituita».
Il Report manca però di accertare che fine abbia fatto non tanto la
Commissione istituita “da subito”, quanto i risultati dei lavori di tale Commissione.
Sarebbe stato utile mettere a confronto tali risultati con quanto avvenuto
l’8 ottobre.
§ 1.10 6.7
Anche questo, che avrebbe dovuto essere uno dei pilastri di un’indagine
volta ad accertare le responsabilità sistemiche di pertinenza dell’Autorità incaricata
16
della gestione e della normativa di riferimento per l’Aviazione Civile Nazionale
risulta essere un insuccesso investigativo, che avrebbe dovuto invece mirare a
conoscere le cause sistemiche dell’evento per poterle in seguito affrontare e
correggere.
Così invece il Report si limita ad una elencazione di atti emanati sia dal
Consiglio d’Amministrazione che dall’alta Direzione di ENAC e delle conseguenze
prodotte da tali atti sulla DCA/UCT di Linate (come pure su tutti gli altri aeroporti
italiani), conseguenze cariche di effetti, ma senza che il Report abbia saputo trarne
le dovute conclusioni.
Fin dal titolo questo paragrafo stona con il corrispondente testo italiano,
che intendeva trattare dell’argomento delle “Norme per i controlli di cui agli artt.
801/802 del Codice della Navigazione” e che invece viene reso nella traduzione
inglese “Directives to ensure abidance to articles 801/802 of Italian Navigation
Code” in base alla “Deliberazione n. 18/99 del 6 luglio 1999 adottata dal C.d.A.
dell’ENAC”, purtroppo prontamente trasformata in Circolare APT 08 dal Direttore
Generale dell’epoca e quindi diramata a tutti i Direttori. Siccome sia la Delibera che
la conseguente Circolare (neppure menzionata nel Report) sono state commentate
dall’ANSV nel rilevarne sia la povertà di vedute che di discernimento nella tutela
della sicurezza delle operazioni da parte di coloro che le hanno emanate, è
necessario scendere poi anche nell’esame del testo delle disposizioni emanate e
delle loro conseguenze.
Nel titolo usato nel riportare le precitate disposizioni risalta pure la
mancata comprensione da parte del traduttore dell’importanza di quanto contenuto
nel testo: invece del termine “abidance” andava usato il termine “compliance” per
esprimere il concetto indicato.
Ma entrando nel vivo dell’argomento si deve rilevare anche che il Collegio
dell’Agenzia, a fronte di quanto conosciuto perché presente nel seguito del testo
della Delibera dell’Enac sotto l’intestazione “Formality of the procedure”, che già da
solo lascia intendere la preoccupazione dell’ ENAC di salvare la forma e non certo la
sostanza degli articoli del Codice della Navigazione, non trova niente da
commentare a carico della disposizione emanata dal C.d.A. dell’ENAC.
Stabilisce il testo della citata disposizione di ENAC:- «In discharging their
inspection and duties, officials [leggasi:- Airport Directors – ndr] shall evaluate
carefully the essence of the control required against the availability of office
technical and organizational resources; the need to avoid unnecessary delays
to air traffic shall also be assessed»
Questo testo dedicato al comportamento da tenersi da parte dei Direttori di
aeroporto è indicativo di quanto i vertici dell'ENAC tenessero alla sicurezza, tanto da
arrivare a trasformare il testo della delibera in un’ancor più burocratica Circolare
emanata dal Direttore Generale dell'epoca, con la seconda edizione (Circolare APT
08-B) della quale s’arriva a cancellare l’esistenza degli Uffici di Controllo del
Traffico aeroportuale e dei compiti loro affidati, delegandoli addirittura ai Gestori
aeroportuali, cioè a personale di Enti privati di gestione in concessione degli
aeroporti, notoriamente con gestioni a fini di lucro. Ora che i componenti del C.d.A.
di ENAC del 1999 non avessero chiari i riferimenti normativi è una possibilità, ma
che si tenti addirittura di giustificare un tale tipo di disposizioni adducendo
l’abusato, stantìo ed erratissimo argomento di voler addossare all’Art. 16 della
Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale la tutela dell’osservanza
di un princìpio con l’assurda frase «the need to avoid unneccessary delays to air
traffic shall also be assessed» è assurdo e contrario ai principi che la norma intende
garantire.
17
Afferma, ad esempio, il D.G. dell'epoca che l'Art.16 stabilisce: «la
competente Autorità di uno Stato contraente ha il diritto di sottoporre a verifica,
senza provocare ingiustificato ritardo, gli aeromobile di un altro Stato contraente
all'atterraggio o al decollo e di ispezionare i certificati e gli altri documenti prescritti
dalla Convenzione.» Se però andiamo a considerare l'Art.16 in questione, se non in
lingua inglese originale, almeno così com'è recepito nella traduzione d'un testo
ufficiale contenuto in una Legge della Repubblica italiana e precisamente nel D.
Lgs. n. 616 del 6 marzo 1948 - «Approvazione della Convenzione internazionale
per l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944» - vediamo che l'Art. 16
(così divenuto Legge dello Stato) stabilisce invece che:- «Le autorità competenti
di ciascuno degli Stati contraenti avranno il diritto di visitare, senza
ingiustificati ritardi, gli aeromobili degli altri Stati contraenti all'atterraggio
o alla partenza e di ispezionare i certificati e gli altri documenti prescritti
dalla presente Convenzione.»
Quel che qui preoccupa è però il fatto che l’ANSV non rilevi e non
contesti queste disposizioni dell’ENAC, avendo l’obbligo di farlo in nome della
correttezza, della verità, della conformità alle norme ICAO e soprattutto della
sicurezza.
A seguito di queste disposizioni dell’Ente centrale il Direttore dell’aeroporto
di Linate (testualmente dal Report) “emana il Foglio prot. N. 3743” in data 10
novembre 1999 ed in pari data anche “il Foglio prot. n. 3744” che già la dice lunga
sullo stato di confusione in cui l’aveva indotto il ricevere le linee guida della Delibera
e della successiva Circolare APT 08 del Direttore Generale.
Senza perder tempo con queste aberrazioni, è necessario qui riprodurre
(per comodità in italiano) quanto compare all’ultimo capoverso di questo paragrafo
del Report:- «Il foglio di controllo relativo al volo del velivolo Cessna 525-A,
compilato dai piloti [presso lo scalo dell’ATA a ciò delegata – ndr] la mattina del 8
ottobre 2001 e consegnato all’UCT prima della partenza, non riportava né il loro
tipo di licenza né la relativa data di scadenza».
Ecco i risultati delle disposizioni emanate dai vertici dell’ENAC e per le quali
nessuno è stato chiamato a rispondere.
Viceversa, se i documenti fossero stati esaminati dagli Addetti (correggo:
dall’unico Addetto in servizio all’UCT), costui avrebbe dovuto impedire la ripartenza
dell’equipaggio del Cessna se non altro per la violazione commessa atterrando a
Linate sotto i minimi annotati sulla licenza dei due piloti, minimi operativi del resto
già dichiarati dagli stessi nel messaggio che accompagnava il Piano di Volo ICAO.
Ciò è vero, anche se bisogna riconoscere che tuttora manca una disposizione
operativa dell'ENAC sul come trattare sia da parte della TWR che dell'UCT tale tipo
di notifica (che ormai arriva con il Piano di volo ICAO), perché rispettivamente
informino oppure contestino a piloti non abilitati a condizioni LVO che stanno
violando o hanno violato i termini della loro certificazione.
§ 1.11
Tutti i paragrafi da 1.11 a 1.11.7 risultano tecnicamente accurati e
cronologicamente ordinati nel testo.
§ 1.12
Questo paragrafo dedicato alle informazioni relative ai rottami degli
aeromobili scontratisi in pista esordisce con la seguente constatazione:- «I due
aeromobili sono stati rimossi dal luogo dell’incidente prima del completamento
delle necessarie analisi tecniche, che sarebbero state necessarie per
18
determinare la posizione dei corpi dei piloti e dei passeggeri del velivolo
Cessna. Per lo stesso motivo non è stato possibile elaborare un’accurata mappa
descrittiva del luogo dell’incidente e ciò potrebbe aver causato la perdita di
alcune informazioni»
In merito s’impongono due considerazioni:1.
Il Report si astiene dall’indicare quale Autorità giudiziaria o aeroportuale (o
forse politica) ha dato l’ordine o concesso il nulla-osta di rimuovere i relitti
senza consultare l’Investigatore incaricato, come contemplato dalla legge
istitutiva dell’Agenzia che, all’art. 10, comma 2, paragrafo a) del D. Lgs. n.
66/1999, dispone che l’Investigatore incaricato debba, in accordo con la
Magistratura competente “avere accesso al luogo del incidente o
inconveniente”, rendendo così valido anche il principio reciproco e cioè che il
Magistrato competente si debba consultare con l’Investigatore incaricato prima
di assumere decisioni su accertamenti irripetibili riguardanti la scena
dell’evento. Nessun altra Autorità, neppure il Presidente della Repubblica, aveva
il potere di ordinare la rimozione dei relitti dal luogo del sinistro senza il nullaosta dell’Investigatore nominato.
Il Collegio dell’ANSV, dopo aver consentito l’utilizzazione dell’Investigatore
incaricato quale Consulente Tecnico d’Ufficio, ossia di Perito dell’Accusa del
Magistrato inquirente, con la pubblicazione del Report aveva l’obbligo, oltre che
l’opportunità, non solo di denunciare l’accaduto che “potrebbe aver
causato la perdita di alcune informazioni”, ma anche quella di far
conoscere, una volta per tutte, sia al Ministro di Grazia e Giustizia che alla
Magistratura nazionale, per il tramite del C.S.M., che le Leggi vanno rispettate
da tutti e che nel caso di investigazioni riguardanti qualsiasi tipo di incidente
dell’Aviazione Civile nazionale ed internazionale sul suolo, nelle acque territoriali
o nello spazio aereo della Repubblica italiana (e persino nelle acque
internazionali assegnate dai Piani Regionali dell’ICAO alle competenze italiane di
gestione del traffico aereo) l’Investigatore incaricato dell’inchiesta da
parte dell’Agenzia riveste le stesse prerogative e privilegi della
Magistratura inquirente e della Polizia Giudiziaria, per i casi di effetti letali
su esseri umani per fatti dolosi o colposi attribuibili alla responsabilità di persone
da identificare attraverso particolari indagini tecniche e specialistiche.
2. Stupisce di molto che la Polizia Giudiziaria e le altre specialità del Corpo della
Polizia di Stato (Polizia Stradale, Polizia Scientifica, ecc.) presumibilmente
intervenute ad eseguire i rilievi necessari a fini di giustizia, non siano state
capaci di effettuare delle rilevazioni elementari come quelle di «determinare le
posizioni dei corpi delle vittime del Cessna» e di effettuare i rilevamenti
necessari per poter realizzare una «accurata mappa descrittiva del luogo
dell’incidente» e di quanto si trovava nel perimetro interessato dall’evento.
Questo sarebbe un buon motivo per promuovere congiuntamente un
accertamento da parte del Ministero di Grazia e Giustizia e di quello dell’Interno,
onde appurare anche questa seconda omissione nei confronti dei dettati comuni
al D. Lgs. 66/99 e all’Annesso 13 dell’ICAO. Qualora risultasse che
effettivamente è andata così persa una qualsiasi evidenza relativa al sinistro in
questione, almeno si potrebbe intervenire per il futuro con opportune
disposizioni a protezione delle evidenze relative ai disastri aerei, così come
avviene in tutti i casi colposi o dolosi.
I successivi paragrafi 1.12.1, 1.12.2 e 1.12. 3 presentano diversi errori ed
imprecisioni di traduzione che inficiano la validità del Report da sottoporre all’ICAO
19
e che saremmo disponibili a far rilevare e correggere al Presidente dell’ANSV,
qualora ne sia interessato.
§ 1.13
I paragrafi compresi tra la numerazione da 1.13 a 1.13.3 risultano accurati.
§ 1.14
Non altrettanto invece si può affermare in merito a questo paragrafo, nel
quale si è omesso di rilevare la mancata segnalazione alla TWR da parte del FSCC
dei VVF dell’invìo verso l’edificio smistamento bagagli (in gergo denominato
“toboga) dei primi due automezzi di pronto intervento (Victor 2 e 3) sulla base delle
comunicazioni telefoniche ricevute per il tramite del Centro operativo della Polizia
dell’aeroporto da parte di agenti delle Forze dell’Ordine in servizio al Gate 5 e quindi
prossimo all’edificio smistamento bagagli.
Parimenti, sarebbe stato opportuno specificare quanto meno quando e da chi è
stato richiesto l’intervento delle Unità dei VVF esterni all’aeroporto e quando tali
Unità di rinforzo sono effettivamente giunte sul posto. Una tale informazione (utile
per la verifica della adeguatezza del Piano d’emergenza aeroportuale) doveva
essere disponibile in quanto non è pensabile che il Comando provinciale dei VVF di
Milano non abbia una registrazione delle chiamate di soccorso.
Inoltre non è stato rilevato il fatto, quale elemento da correggere al più presto, che
il Responsabile aeroportuale dell’intervento antincendio (Victor 1) non possa
contemporaneamente “cantare e portare la croce”, cioè se è colui che deve
coordinare l’intervento di tutti i mezzi e di tutti gli uomini presenti sul luogo
dell’incendio non può guidare l’automezzo di primo intervento e
soprattutto non può essere lui a dover abbandonare la scena
dell’intervento per andare a rifornire di agente estinguente la sua
autobotte.
§ 1.14 3
Questo paragrafo non è certo una buona traduzione in lingua inglese, è
inconsistente con il contenuto del testo italiano e deviante della realtà che dovrebbe
rappresentare, come nella versione originale in italiano.
§ 1.15
Questo paragrafo, essenziale per la ricostruzione degli attimi del dopo
collisione (si fa per dire attimi, in quanto si tratta di interi minuti e spesso di decine
di minuti), andrebbe ricostruito sulla base di una ossatura temporale simile a quella
che segue:1.
Accertato che la collisione avviene alle ore 06.10’.21”/UTC, ovvero al tempo di
riferimento “Zero” ;
2.
e conoscendo quanto scritto al successivo e lontano paragrafo 1.1.5, cioè che
alle ore 06.11’.00”/UTC (tempo + O’. 39”) l’UCT già chiama la TWR per
informare i Controllori di aver sentito “una serie di colpi …” e ne riceve
conferma che sono stati sentiti ed avvertiti anche in Torre, senza che
l’interlocutore si allarmi, forse proprio per l’assenza del Supervisore (CSO) di
servizio dal locale della TWR;
3.
e presa per buona la dichiarazione rilasciata nella relazione dei VVF che alle
ore 06.12’.00” (tempo +1’. 39”) il FSCC ha ricevuta la segnalazione telefonica
dell’incendio da parte della Polizia, facendo di conseguenza partire due
automezzi (Victor 2 e 3) verso quell’oscura indicazione rappresentata dalla
parola “toboga” e quella un po’ più comprensibile di “varco 5”;
20
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
e, che pressoché contemporaneamente (tempo + 1’. 37”) il Controllore di
TWR, a seguito dell’accertato riscontro telefonico con il Controllore di Milano
Radar addetto alle partenze del mancato decollo del volo SAS, sospende
cautelativamente (per fortuna) la sequenza degli avvicinamenti degli aerei in
arrivo;
e che, al tempo + 2’. 19” la Torre riceve ancora via radio l’inquietante
messaggio da parte di uno dei piloti del volo Alitalia 2023 fermo al parcheggio
A 15 che informava del fatto che il Rampista di assistenza a quel volo aveva
appena visto … «una scia di fuoco … verso l’antenna del Localizer”, situata a
fine pista verso Nord;
e che tra le ore 06.13’.00” e le 06.13’.30”, al tempo di circa + 3’. 00” (stabilito
soltanto approssimativamente a pag. 146 del Report), la TWR si decide ad
attivare il segnale d’intervento per i VVF e per gli altri Enti aeroportuali, tanto
che al tempo +3’.14” l’UCT della DCA telefona in Torre per farsi confermare
l’autenticità del segnale d’allarme generale;
si arriva così ad accertare che i due automezzi dei VVF partiti alle ore
06.12’.00”, pur percorrendo strade perimetrali, arrivano al varco 5 all’incirca
alle ore 06.13’.51” (tempo +3’. 30”), quando il FSCC (ora denominato Victor
10), a seguito di una telefonata non registrata effettuata da un Sottufficiale
della Guardia di Finanza, che per primo specificava che nell’incendio al
“toboga” era coinvolto un aeroplano, ordinava «a tutti i Victor, recarsi in
prossimità del varco 5», senza usare le coordinate dell’apposita griglia di
riferimento aeroportuale e senza informare la Torre, che lo sarà soltanto su
propria iniziativa telefonica al tempo + 4’. 24”, tanto che al tempo +4’. 35” il
Controllore di TWR ordina all’aeromobile I-LUBI di liberare la testata pista
36R, sulla quale era allineato per il decollo e dopo altri 12’ lo autorizza a
percorrere la pista e a liberarla utilizzando il raccordo R1, autorizzazione poi
tramutata nell’istruzione a fermarsi nella baia della pista 36R;
finalmente alle ore 06.16’.03”, cioè dopo +5’. 42” e dopo aver provveduto a
convocare i previsti soccorsi esterni, il Medico di turno presso il Centro di
Pronto Soccorso (infermeria) informa la TWR sulla frequenza dei mezzi di
servizio che si tratta dell’aereo della SAS, tanto che al tempo +6’. 00” la Torre
è in grado di rimbalzare la notizia a Victor 1 che sta raggiungendo la zona del
“toboga”, ma senza fornirgli né il tipo di aereo e tanto meno il numero degli
occupanti;
si evince così che al tempo +3’. 30” vengono fatti partite tutti gli automezzi
del distaccamento, cioè l’intera dotazione aeroportuale, quando in giro per
l’aeroporto, con i motori in moto ci sono ancora altri cinque aeromobili e che al
tempo + 06’. 00” Victor 1 che era partito con gli altri è già arrivato al “toboga”
ed informa la TWR che si tratta dell’aereo della SAS e che al tempo +7’. 16”
tutti gli altri automezzi partiti insieme a lui non sono ancora arrivati («Victor
1:- Tutti qua i Victor. Li voglio qua i Victor»), ma erano ancora sul percorso
delle strade perimetrali;
solo al tempo +12’. 22” la TWR riesce ad apprendere da Victor 1 che nessun
mezzo antincendio ha percorso la pista (come era stato richiesto dalla TWR
stessa) ed incomincia a preoccuparsi delle mancate risposte alle chiamate via
radio effettuate all’indirizzo dell’aereo D-IEVX;
non avendo mai imposto il silenzio radio in frequenza, il Controllore GND
rispondendo ad una chiamata d’un pilota d’un volo Alitalia, al tempo + 14’.
06” si lascia sfuggire la notizia che gli aeromobili che mancano all’appello
sono due, e ciononostante al tempo +16’. 18” il Controllore TWR autorizza I-
21
LUBI a rientrare in pista e a liberarla al raccordo R6 per ritornare al piazzale
Ovest;
12. sarà così che al tempo +19’. 45” che I-LUBI comunica alla Torre di voler
essere autorizzato a liberare la pista dal raccordo R2, perché di fronte a sé,
sulla pista, all’altezza del raccordo R6, «c’è del fuoco in pista, roba che brucia
… dei rottami in fuoco», mentre al tempo + 22’. 05” arriva la risposta dalla
Società ATA (interpellata 7 minuti prima) che l’aeromobile D-IEVX non era
rientrato al parcheggio ed anche questo particolare la dice lunga in merito alle
visibilità ridotta che ancora permaneva dopo tutto questo tempo sul piazzale
ATA;
13. così finalmente parte una ulteriore richiesta da parte della TWR al FSCC dei
VVF di controllare la pista, richiesta che viene accolta sulla frequenza dei
mezzi di servizio da Delta 2, nominativo degli Addetti (quello montante e
quello smontante trattenutosi in servizio) dell’Ufficio Controllo Traffico della
DCA, i quali si offrono di effettuare l’ispezione di pista al tempo +23’. 20”;
14. al tempo + 26’. 29” Delta 2 comunica sulla frequenza dei mezzi di servizio
d’aver trovato … «in pista … quello che rimane di un aereo» ed in conseguenza
della richiesta d’intervento in pista da parte della TWR a Victor 1 dopo 1’ e 48”
arrivava un mezzo estinguente, l’intervento del quale, dopo altri tre minuti
circa, permetteva a Delta 2 di dichiarare che l’incendio in pista era stato
spento circa 31’ dopo l’impatto;
15. l’ultimo anello di questa catena si concludeva alle ore 06.58’.26”/UTC, vale
dire dopo 48 minuti dalla collisione, allorquando durante una comunicazione
telefonica tra UCT e TWR, un Controllore chiedeva alla DCA il numero dei
passeggeri imbarcati sui due velivoli e non il numero totale dei presenti a
bordo.
Infine dal penultimo capoverso si può apprendere che fino alle ore 11.00 (UTC o
locali non è dato di sapere) dai rottami del CESSNA che presumibilmente erano
ancora in pista si poteva udire un suono simile a quello di un ELT ancora in
funzione, però tale segnale non risultava ricevuto dall’apparato di registrazione
della frequenza VHF d’emergenza esistente in Torre di Controllo di Linate. Ma non è
dato di saper se la Torre di Bresso, di Venegono o di Malpensa potessero aver
ricevuto quel segnale.
Dopo questa lunga ricostruzione cronologica, una conclusione s’impone:Non è possibile che le esercitazioni d’emergenza per verificare l’adeguatezza delle
risposte alle disposizioni dei Piani d’emergenza aeroportuale avvengano solo di
giorno e quando splende il sole e le risultanze non possono esser giudicate dal
Direttore di aeroporto assieme solamente al parere interessato dei capi dei servizi
partecipanti. Esse devono essere quanto meno semestrali ed improvvise, vanno
supervisionate e giudicate da un giurì ovvero da un’apposita Commissione nazionale
composta da non meno di cinque osservatori qualificati ed esperti, senza la
presenza in essa di alcun esponente dell’Amministrazione dell’Aviazione Civile.
Questa è una raccomandazione da fare ad ENAC.
§ 1.16
Da questo paragrafo si può apprendere che l’Autorità giudiziaria, che pure
ha inteso avvalersi dell’opera dell’Investigatore incaricato dell’Agenzia in qualità di
C.T.U. dell’Accusa, non ha consentito (e non è nota la ragione) a render disponibile
per le necessarie analisi tecniche l’apparato segnalatore d’emergenza del Cessna,
che, stando all’apparato registratore della Torre non avrebbe funzionato e nello
stesso tempo funzionava invece in maniera udibile con il suo segnale acustico tra i
22
rottami del velivolo diverse ore dopo la collisione, avvalendosi dell’alimentazione
della propria batteria d’emergenza.
In questo modo l’Aviazione Civile mondiale non saprà mai se quel tipo di
apparato segnalatore di “crash” di un aeroplano sia affidabile o meno.
§ 1.17
Altro paragrafo che costituisce una scarsa traduzione del testo dall’italiano
in inglese.
Non si può condividere né lo spirito né la lettera con la quale sono state
rese le traduzioni delle voci a), b), c) e più in particolare la conflittualità delle
informazioni contenute alle voci d) ed e).
Inoltre la presentazione del Comitato Aeroportuale per la Sicurezza
Operativa - C.A.S.O. è resa in maniera riduttiva ed imprecisa, in quanto la
disposizione istitutiva di questo organo presso le DCA, emanata nel 1975 dalla
D.G.A.C. del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile dell’epoca, indicava ben
altri compiti per questo Comitato consultivo del Direttore di aeroporto per la
sicurezza delle operazioni e per la sorveglianza dell’adeguatezza operativa delle
infrastrutture e delle installazioni aeronautiche, come pure del corretto
funzionamento della gestione tecnica aeroportuale e del locale ATC.
Che a Linate il Direttore di aeroporto non convocasse il Comitato, come da
sua prerogativa, che non tenesse in ordine neppure l’archivio dei verbali di riunione
del CASO e che non si avvalesse di questo organo consultivo per avere sotto
controllo il polso della situazione operativa locale, così come risultava agli utenti che
operavano sul suo aeroporto, la dice molto lunga sul lassismo consentito da quella
figura di delegato locale delle attribuzioni assegnatigli dall’ENAC in materia di
coordinamento e sorveglianza aeroportuale. Ma non va mai dimenticato quali
responsabilità siano addossate sulle sue spalle dai disposti del Codice della
Navigazione – Parte Aerea – che ne delineano compiti ed attribuzioni.
§ 1. 18
A prescindere dal fatto che non è chiaro per quale necessità è stato
spiegato in un Final Report destinato all’ICAO ed agli addetti ai lavori che cosa sia
l’I.C.A.O. (§ 1.18.1) o il contenuto dell’Annesso 14 (§ 1.18. 2) e poi di proporre un
improponibile raffronto (§ 1.18.3) tra le SARPs dell’ICAO e le J.A.R.s delle J.A.A.
(club di Autorità aeronautiche di Nazioni che hanno concordato processi di
certificazione omogenei di prodotti aeronautici inizialmente e poi di requisiti
operativi), quel che rende veramente ardua la lettura del testo è l’assenza di
qualsiasi cura posta nella traduzione del contenuto. Nel testo proposto in inglese si
possono rilevare i soliti errori.
Inoltre, se al § 1.18.1 e 1.18.3 si sono voluti fare gli inutili distinguo che
esistono nel testo, allora non si comprende perché si dia poi tanta evidenza al
concetto (importantissimo di suo) di “Safety Management System – SMS”,
all’epoca non in vigore a Linate, ancor’oggi (agosto 2004) non reso
obbligatorio da ENAC su alcun aeroporto, neppure su quelli certificati in base al
Regolamento ENAC sugli aeroporti (e si tratterà di vedere di quale certificazione si
sia trattato confrontandola opportunamente con quella indicata dal DOC 9774
dell’ICAO).
Comunque l’essenza del SMS è racchiusa nella frase del Report (che
andava scritta a caratteri cubitali, per la sua importanza):- «Compliance with all
appropriate safety standards», laddove per il termine “appropriate” non si può
e non si deve intendere altro che “idoneo allo scopo” e cioè norme idonee a
garantire la sicurezza.
23
Ed invece, questa volta la traduzione italiana del testo inglese originale
nella “Relazione finale” incorre in una intollerabile interpretazione di comodo o di
devianza interessata, esplicitata testualmente nei seguenti termini:- «I sistemi di
gestione della sicurezza dovrebbero includere quanto segue:
− omissis;
− dichiarazione di conformità con tutti gli appropriati standards di sicurezza;
− omissis».
Il § 1.18.3 per la prevenzione delle “Runway incursions” termina elencando le
seguenti (testuale) “installazioni e misure”:- «RCL; Taxiway lights; stop bar; etc. …;
air traffic controllers» !
§ 1.18.5
Questo è un altro paragrafo che ha poco a che fare con un Final Report
d’una investigazione tecnica riguardante la collisione tra aeromobili al suolo
avvenuta a Linate, in quanto non fa altro che illustrare un Programma noto sotto il
titolo “European Action Plan for Runway Incursions Prevention”, concretizzatosi a
livello europeo soltanto nel luglio del 2001 e che si proponeva inizialmente di
effettuare le necessarie rilevazioni statistiche e modali sui casi europei di invasioni
delle piste di volo da parte di aeromobili o altri mezzi di superficie non autorizzati.
Una tale casistica era assolutamente inesistente in Europa ed invece esisteva ben
documentata per gli aeroporti nordamericani da parte della F.A.A. degli U.S.A.L’illustrazione di un testo noto a livello europeo fin dalla parte di sua
gestazione da parte del “Action Group for ATM Safety” si conclude con un sottotitolo
“Regulatory issues” che a sua volta termina con la seguente “raccomandazione”
(così come viene indicata questa presentazione del paragrafo nella versione
italiana) e che noi vogliamo presentare in originale per far comprendere le
differenze sempre presenti nelle due differenti versioni del Report:- «Certify
aerodromes according to ICAO provisions of Annex 14».
Ora, a prescindere dal fatto
che le Certificazioni aeroportuali finora
rilasciate ai Gestori dei maggiori aeroporti nazionali da parte di ENAC centrale non
comprendono l’approvazione del “Safety Management System – SMS” del
Gestore, in quanto, come ci fa sapere il Regolamento degli aeroporti di
ENAC, la scadenza del termine fissato dall’ICAO scade “soltanto” a
novembre del 2005, viene però spontaneo chiedersi:- «Ma allora a che serviva
quell’assurdo distinguo che compare negli ultimi tre capoversi del § 1.18.1» ?
Non certo per introdurre il tema dei “campanelli d’allarme” metaforici che
erano già squillati ripetutamente a Linate senza che nessuno degli addetti al
controllo ed alla sorveglianza delle operazioni li recepisse.
§ 1.18.6
Allora, stando a questo paragrafo, nel solo 2001 a Linate dovevano aver
squillato i “campanelli d’allarme” (figurati ma effettivi) costituiti da ben tre distinti
episodi documentati di invasioni non autorizzate di pista o comunque di non
ottemperanza alla ATC clearance ricevuta, di cui l’ultimo avvenuto soltanto il giorno
precedente alla collisione dell’8 ottobre. Violazioni avvenute, quel che è peggio, in
buone condizioni di visibilità.
Dunque … di notte … o con la nebbia … una lampante prova della
permeabilità delle difese della pista da parte dell’errore umano operativo che già
s’era manifestato nel 1980 (10 ottobre), allorquando, di notte, con Radar ASMI
funzionante ma non monitorato dal Controllore di Torre (anche per motivi
sindacali), il Pilota d’un DC 9 Alitalia autorizzato al decollo riuscì a limitare le
24
conseguenze (solo materiali agli aeromobili) della collisione con un aereo privato
entrato non autorizzato in pista da un raccordo laterale.
Dunque il decantato layout semplice e lineare (come giudicato nel 1996 dal
Capo Servizio Navigazione Aerea della DGAC) e il relativo sistema di difese della
pista era già fragile allora, con un Radar di sorveglianza efficiente (ma non
consultato), ed ecco che nel 2001, complice il comportamento dei Controllori di
Torre che non provvedevano a denunciare gli episodi né all’ENAV né all’ENAC, la
situazione di errori e violazioni incomincia a reiterarsi.
Così la condotta d’un pilota rimasto sconosciuto che entra «nella pista
attiva» senz’esser autorizzato viene perdonata soltanto sulla base del fatto che
«there is no traffic at the moment» (episodio avvenuto a settembre 2001 e reso
noto all’ANSV solo il 17 ottobre da parte dell’AAIB inglese) sta chiaramente ad
indicare quale fosse il clima familiar-confidenziale che regnava presso i Controllori
della Torre di Linate, nella quale lavoravano da ben 27 anni alcuni Controllori mai
sottoposti ad un check o ad un corso di aggiornamento professionale.
Così ancora l’episodio del pilota austriaco … definito «abbastanza familiare
con l’aeroporto» … tanto da venir giustificato dell’errore commesso d’aver rullato
sul raccordo R6 anziché sull’R5 sulla base del fatto d’aver in precedenza rullato
sull’R6 e quindi d’essersi aspettato un’autorizzazione a percorrere la stessa via di
rullaggio per ripartire, pur riconoscendo lealmente d’esser stato autorizzato
correttamente dal Controllore. Purtroppo non è dato di sapere dal Report la data di
questo evento, segnalato dall’Autorità investigativa austriaca solo il 21 dicembre
2001, ma l’indicazione della “familiarità” con la quale si operava a Linate conserva
in pieno tutto il suo valore, indicativo d’un clima confidenziale da parte di Piloti e
Controllori, del resto documentato anche dall’uso in frequenza della lingua italiana.
Fatti di questo genere se segnalati ad ENAV e da questa all’ENAC, alla DCA
ed al CASO di Linate (del quale il CAV/ENAV è ovviamente membro permanente)
avrebbero potuto portare ad una miglior coscienza della situazione psicologica
instauratasi nell’ambiente ATC ed in quello degli utenti dell’aeroporto di Linate,
tanto da far dichiarare, a disastro del 8 ottobre appena avvenuto, all’allora
presidente della SEA qualcosa come:- «La via di rullaggio R6 viene abitualmente
utilizzata dai piloti che muovono dall’ATA verso la pista 36R per risparmiare 5-6
minuti di rullaggio ed il relativo costo del minor consumo di carburante».
Ma questa tardiva denuncia (perché se gli constavano questi fatti avrebbe
dovuto denunciarli ben prima, quanto meno alla DCA), comunque non è stata mai
investigata e tanto meno provata. Però …
Però … ecco che meno di 24 ore prima del disastro un aeromobile
nazionale, autorizzato in italiano «rulli ora a Nord su Romeo 5» imbocca invece
tranquillamente (abitudine?) la via R6 e per poco non anticipa d’un giorno il “botto”
solo perché d’un tratto si trova muso a muso con altro aereo che dopo l’atterraggio
era stato autorizzato a percorrere la R6. Leggendo il rapporto riprodotto nel Report
si può evincere che “la confusione” esistente nella testa del pilota nazionale consiste
tutta nella sua “ignoranza e testardaggine” (rimaste impunite non avendo travato
sanzione alcuna) che traspaiono dalle sue risposte alla Torre. Perché qui non si
trattava di confusione tra R5 ed R6, bensì si trattava di non aver idee chiare sulla
propria posizione di partenza e di dove dirigere (con la bussola, se non conosceva
sufficientemente l’aeroporto, ma il caso nella fattispecie non è questo) verso Nord
per imboccare la via di rullaggio R5, che rispetto al piazzale Ovest di Linate
appunto a Nord si trova, mentre costui (come dopo di lui il pilota del Cessna l’8
ottobre) ha sempre rullato in direzione di Sud-Est.
Dunque tutti casi che non dovevano esser lasciati passare come una
innocua distrazione, ma che se esaminati a livello e con competenze opportune
25
avrebbero indicato sia il lassismo esistente in campo operativo che il
comportamento pericoloso e non professionale di tanti piloti operanti da/per il
piazzale Ovest di Linate.
Che poi, in aggiunta, per le operazioni in condizioni di visibilità ridotta
mancasse da parte del CAV l’applicazione delle norme internazionali e di quelle
nazionali, dalle prime approssimativamente dedotte, di “un movimento per volta” in
carenza di un SMGCS completo di SMR, è una ulteriore indicazione dell’incuria di
ENAV e di ENAC nei confronti delle proprie responsabilità sulla sorveglianza delle
operazioni condotte dal CAV di Linate e di un «sistema non-sistema» nel quale si
svolgevano in chiare condizioni di rischio le operazioni ogni-tempo sull’aeroporto di
Linate.
Il paragrafo in esame si conclude con un ultimo capoverso, battezzato
“Comment”, dal contenuto lapalissiano a posteriori, ma non condiviso a suo tempo
dal Capo Servizio Navigazione Aere della DGAC. Si fa notare che sarebbe stato
invece particolarmente utile per l’ANSV e per l’ENAV, oltre che per l’ENAC, di
conoscere attraverso dei “compulsory reports” i fatti accaduti a Linate il 18
settembre e quello senza data conosciuta, segnalati a posteriori dalle Autorità
inglesi ed austriache all’ANSV. In altre parole, fino a quando nell’ambiente ATC
nazionale non si sarà sviluppata una cultura che attraverso i “voluntary reports” o i
“compulsory reports” tutto ciò che esce dalla norma va segnalato onde
permettere la prevenzione di eventi più gravi, significa semplicemente che
“il sistema in vigore” è profondamente malato. Perché se gli errori sono parte
degli esseri umani, se conosciuti a livello appropriato, il loro studio deve aiutare “il
sistema” a trovare le giuste difese a mali peggiori.
A modesto avviso dello scrivente però quanto sopra indicato non viene
fatto né da ENAC, né da ENAV e neppure dall’Agenzia nazionale per la Sicurezza del
Volo – ANSV -, forse per difficoltà di uomini adatti e dei mezzi necessari.
Ma il disastro di Linate è costato di più all’Italia in termini economici e di
credibilità che non l’attivazione di un completo ed attivo sistema di prevenzione.
§ 1.19
Dal contenuto dei tre sottoparagrafi che compongono questo paragrafo
sorga spontanea la domanda sul perché in questo testo non vi sia menzione di
alcuna notizia riguardo al caso se l’investigazione sull’incidente abbia portato a
scoprire se in Torre e presso il FSCC dei VVF aeroportuali, come pure sui loro
automezzi di pronto impiego (senza dimenticare l’auto Delta 2 dell’UCT) fosse
esistente una “grid map” aeroportuale atta ad individuare, specialmente in
condizioni di visibilità ridotta, usufruendo reciprocamente con la Torre degli
eventuali benefici di un Radar di sorveglianza, delle indicazioni riferibili a coordinate
ben precise delle parti in cui viene appositamente suddiviso il sedime aeroportuale
e gli eventuali dintorni d’interesse (come ad esempio il sentiero luminoso
d’avvicinamento) per i casi d’incidente e di emergenza.
Non si tratta di semplice curiosità, come nel caso in esame è provato dalle
caotiche ed imprecise radiocomunicazioni riferite all’indicazione del luogo
dell’incidente.
- Capitolo II°. Analisi.
§ 2.
Questa parte del Report è quella nella quale si dovrebbero trovare le
indicazioni e le rilevazioni su quanto dev’essere considerato inerente all’evento per
26
poter trarre delle conclusioni sulle cause e sulle azioni correttive atte a far in modo
che quanto avvenuto non si ripeta.
Vediamo dunque quanto concorda o quanto diverge dalle notazioni fatte
nella prima parte di questa recensione dallo scrivente.
Il testo del paragrafo purtroppo inizia con la citazione di un risaputo
ritornello al quale si fa risalire automaticamente ogni disgrazia aeronautica e cioè
l’apporto del fattore tecnico, ambientale ed umano, ma ciò significa che l’Agenzia e
per essa il suo Collegio direttivo non ha compreso che nel caso di Linate
specialmente (ma in tanti altri ugualmente) un altro fattore gioca un ruolo ben
più importante degli altri.
Intendiamo riferirci al “fattore organizzativo”, che non appare preso
nella minima considerazione, quando invece, per il semplice fatto che a Linate non
ha funzionato alcuna delle difese che dovrebbero proteggere il sistema
dall’errore umano degli operatori di prima linea, automaticamente si
dimostrano tutte le carenze organizzative che sono state trascurate da
coloro che erano responsabili di dirigere e di proteggere la sicurezza del
sistema operativo.
Di contro, qui nel Report, si afferma che, nel caso di Linate, solo due
fattori hanno concorso all’incidente, concatenandosi fra loro: «quello umano e
quello ambientale», come se le carenze tecniche delle infrastrutture
aeroportuali per il volo ogni-tempo e quelle procedurali e normative nel
campo del Controllo del Traffico Aereo e delle operazioni ogni-tempo non
avessero avuto alcun peso, quando invece si collegano strettamente con
l’inadeguato e deresponsabilizzato fattore organizzativo, il quale ha esercitato
tutto il suo nefasto peso proprio con la mancanza di quelle difese tecniche,
normative e procedurali che avrebbero dovuto innalzare lo scarso livello
esistente nelle difesa del sistema.
Alla fine si vedrà quanto questo fattore, ignorato nell’analisi dell’evento, sia
stato determinante e predominante.
Quasi sicuramente questa lacuna nel testo dell’Analisi delle evidenze
raccolte e quella che è determinata dalla mancanza, sia nel Collegio che
nell’Investigatore incaricato dell’agenzia, di adeguate conoscenze e competenze in
materia ATC in generale ed in operazioni ogni tempo e relativa gestione delle stesse
da parte del Servizio di Controllo del Traffico Aereo.
Infatti in tutto il testo si rileva una parziale conoscenza teorica delle
operazioni ogni tempo ed anche dell’esperienza operativa dal punto di vista del
Controllo del Traffico Aereo.
Per il momento limitiamoci a notare che anche questo paragrafo è stato
tradotto in maniera approssimativa rispetto “al preteso testo di riferimento in
italiano”. Ad es.: per tradurre le parole dell’ultimo capoverso che inizia con «Il
personale ATC direttamente coinvolto non si è reso disponibile … ecc.» è stato
scritto «- Persons from ATC were not available … etc.», quando una traduzione
coerente avrebbe scritto:- «The ATC Controllers directly involved in the mishup
were unavailable to be interviewed by ANSV Investigator-in-charge due to the fact
they were prosecutable in the trial inquiry running parallel to the accident
investigation».
Ma questo è niente a confronto di quello che segue come traduzione dei
successivi paragrafi 2.1, 2.1.1, 2.1.1.1, 2.1.1.2, 2.1.1.3, 2.1.1.4, nei quali si può
dire che non ci sia riga che non sia criticabile a causa della pessima traduzione
generale e dell’uso di termini assolutamente non corretti o non adatti ad una
Relazione tecnica di un disastro aereo plurimo come quello di Linate.
27
§ 2.1.1
Sotto il titolo di questo paragrafo denominato «Environmental situation» si
può scoprire che quanto meno per quanto riguarda l’aeroporto, inteso come
«physical structure [leggasi: “layout” – ndr] and organization» s’intendeva trattare
anche dei “fattori organizzativi”, intenzione che si traduce in una limitata
descrizione pura e semplice di quanto sia carente l’aeroporto. Essa non è
accompagnata da alcuna analisi critica di quanto, ad esempio, deciso dal C. d. A.
dell’ENAC con la Delibera n. 18/99, traslata poi in Circolare APT 08 B, e contenente
disposizioni interpretative che risultano in contrasto con quelle codicistiche degli
artt. 801/802 del Codice della Navigazione, in quanto dispongono che le DCA
deleghino alcuni dei poteri pubblici di sorveglianza, finora esercitati dagli UU.
CC.TT., traslandoli alle competenze dei Gestori aeroportuali privati.
Il paragrafo in esame inizia la sua analisi con la seguente sintesi del testo
italiano che suona completamente diverso nei significati rispetto alla seguente
traduzione:- «Analysis of the situation suggests that the meteorological condition of
the day of the accident have been “instrumental” in determining the work
performance of the controllers, the pilots and the rescue “operations”».
Orbene, «instrumental [riferito a “conditions”- ndr]» in inglese significa
«utile, giovevole, di valido aiuto» e solo in campo musicale e grammaticale
conserva il significato del termine “strumentale” in italiano e quindi sempre e
comunque termine inadatto ed improprio ad esser usato in questo contesto, nel
quale la parola inglese che poteva essere utilizzata era forse il termine
«conditional», cioè che “le condizioni meteorologiche erano state elemento
condizionante nel determinare le prestazioni operative di controllori, piloti e
soccorritori».
Subito dopo, il capoverso successivo esplicita la sigla RVR come “Runway
Visibility Range”, quando tecnicamente la visibilità in pista, misurata con i
trasmissiometri, è denominata “Runway VISUAL Range”.
Poi, nel paragrafo, si avanza l’osservazione circa l’incompletezza del DOP
2/97 dell’ENAV riguardo la “Visibility 2 condition”, ma non si dichiarano le
differenze riscontrate con riferimento alle relative norme internazionali in
materia e tanto meno si denuncia il gravissimo fatto che tali norme, emanate da
ENAV, erano valide solo per i Controllori. Ciò in quanto l’ENAC le aveva contestate e
non erano valide per i piloti, nonostante le indicazioni ICAO in materia disponessero
che l’Amministrazione dell’Aviazione Civile (e quindi l’ENAC in Italia) dovesse
disciplinare le Operazioni in visibilità ridotta – LVO – secondo le
disposizioni valide internazionalmente.
L’ultimo
capoverso
fornisce
poi
una
versione
psicologica
del
comportamento dei Piloti del Cessna, versione che però nulla ha a che fare con il
titolo del paragrafo, dedicato alla “situazione ambientale”.
§ 2.1.1.1
Anche la traduzione di questo importante paragrafo, importante perché
intende esaminare e valutare la consistenza delle “Aerodrome facilities, etc.” risulta
essere dequalificante per l’analisi a causa sempre della cattiva traduzione,
particolarmente dei termini tecnici.
Un esempio per tutti: - «Surface Movement Radar was absent» è
dichiarato, come se avesse marinato la scuola, anziché la constatazione tecnica che
il «SMR was decomissioned or out of service».
Inoltre la parte finale del secondo capoverso di pag. 106 risulta essere oltre
che infedelmente tradotta persino con una parte del testo in inglese completamente
inventata perché senza riscontro nel testo italiano. In proposito mi dichiaro, fin
28
d’ora, sempre pronto a sostenere le affermazioni fatte in qualsiasi confronto si
voglia (o si debba!) effettuare.
A pag. 107, in un inglese maccheronico, di passaggio si riconosce fra le
righe ed in sordina che:- «… it is fair to assume that the absence [di nuovo – ndr]
of such equipment [SMR –ndr] moderately contributed to the accident».
Infine da rilevare che «the absence [ancora – ndr] of an anti incursion
“efficient” system allowed the [Cessna – ndr] aircraft to “cover a path” [leggi:- to
follow a taxi route – ndr] that the controller could not monitor (identify)» è un
ulteriore sequenza delle imprecisioni linguistiche e tecniche che affliggono questa
traduzione, che in tale veste deve circolare internazionalmente.
§ 2.1.1.2
Dalla Delibera n. 18/99 e della Circolare APT 08 B dell’ENAV ho già detto la
mia opinione, ma qui viene usata solo per documentare che il Foglio prot n. 3744
della DCA datato 10 novembre 1999 contenente disposizioni in materia di ispezioni
agli aeromobili (disposizioni indirizzate “a chi” non è dato di sapere), stabilivano che
«I voli dell’Aviazione Generale saranno automaticamente autorizzati, tranne
esplicito intervento dell’addetto di turno», quindi presumibilmente dell’Addetto
all’UCT della DCA.
Il risultato finale rimane comunque quello che l’UCT, sgravato di certe
incombenze delegate all’ATA (ci riferiamo al prescritto Foglio di controllo - Control
Form) da compilarsi da parte di “all departing General Aviation aircraft”, come
riportato a pag. 17 del Report, non ha provveduto né a controllare i documenti
professionali dei piloti del Cessna, né a fermarli per la violazione commessa
atterrando sotto i “minimi” autorizzati.
Infine, la parte finale dell’ultimo capoverso di pag. 109 poteva benissimo
esser risparmiato, in quanto nulla ha a che fare con il Report sull’incidente.
§ 2.1.1.3
Denominare “Operations” un paragrafo che infine tratta di “Crew
operational capabilities” è l’ennesimo esempio di traduzione inadeguata, oltre che
esposizione di strane dichiarazioni di comodo dell’aircraft owner, accettate
acriticamente dall’ANSV.
Non si comprende che cosa significhi che «l’Equipaggio del Cessna operava
- secondo quanto dichiarato dal proprietario – nel rispetto delle regole di “un volo
privato”», quando a bordo aveva due passeggeri il cui passaggio da Milano a Parigi
e viceversa sarebbe stato retribuito dalla Cessna Aircraft Company, costruttrice
dell’aereo e quindi il volo era a fini di lucro. Neppure si comprende che senso abbia
aggiungere subito dopo che «the Cessna crew should have operate in abidance and
within the limits prescribed for ILS CAT I weather conditions», quando non viene
esibita alcuna copia d’un Manuale della Compagnia dell’esercente/proprietario
tedesco che comprovi che le sue dichiarazioni abbiano trovato conferma che
l’abilitazione fosse stata preventivamente approvata dalle Autorità di certificazione
tedesche.
§ 2.1.2
Un titolo ben più appropriato di quello di questo paragrafo sarebbe potuto
essere il seguente:- «Psycological & social assistance to people exposed to
emotional stress».
L’analisi degli effetti psicologici e sociali dell’esposizione ai lutti ed alla
scena di morte del disastro nei confronti di tutte le persone direttamente o
indirettamente coinvolte negli effetti del sinistro e nelle relative operazioni per il
29
ritorno alla normalità che non sarebbe mai più potuta essere quella precedente
all’esposizione allo stress emozionale di uno scenario d’ansia e di morte, è
veramente commendevole ed avrebbe potuto trovare il suo giusto coronamento in
una “Recommandation” diretta all’Amministrazione dell’Aviazione Civile nazionale
affinché provvedesse in futuro ad istituire questo tipo di assistenza, magari in
collaborazione con la Protezione Civile del Ministero degli Interni, attraverso l’opera
di personale appositamente preparato.
§ 2.1.4
Sull’argomento trattato in questo paragrafo abbiamo già avuto modo di
esprimere le nostre riserve ed i nostri motivati “distinguo” in diverse occasioni
precedenti nel corso della recensione. In merito si può ancora aggiungere che nel
testo non è esplicitato se l’esercente/proprietario tedesco del Cessna e/o l’Autorità
tutoria tedesca abbiano presentato copia della documentazione che si trovava a
bordo del velivolo ed in particolare quella dell’Aircraft Flight Manual (aggiornato) e
quella della documentazione di navigazione della Jeppsen che veniva usata alla data
del 7 ottobre dall’Equipaggio del Cessna.
Da rimarcare infine l’importanza, ai fini delle conclusioni, dell’ultimo
capoverso nel quale viene specificato che l’Equipaggio del Cessna non aveva mai
ricevuto né addestramento né abilitazione per operazioni aeroportuali in
visibilità ridotta sotto i 400 metri.
§ 2.1 5
La prima constatazione di questo paragrafo riguardante il fatto che la
certificazione e la qualificazione dei Controllori ATC da parte dello Stato italiano,
contraente della Convenzione di Chicago, e per esso da parte di AAAVTAG prima,
ora ENAV, non era pienamente conforme alle norme dell’Annesso 1
dell’ICAO – Personnel Licensing – non viene debitamente analizzata per
rilevare il grave fatto che in merito a questa “differenza” l’ICAO non sia
mai stata doverosamente notificata, in violazione dell’art. 38 della
Convenzione.
Il secondo capoverso rileva soltanto che la «operational situation inside the
TWR, at the accident time, was to be considered “complex” due to meteorological
conditions and the number of aircraft “assisted”» (cioè:- «number of aircraft
controlled “heavy”»), ma dimenticando di includere il concetto d’una esistente
situazione di «poor working conditions and lack of necessary professional
refreshment courses for TWR Controllers». Situazione che era determinante per il
comportamento dei Controllori di prima linea (cioè: TWR, GND ed Assistant),
mentre non viene minimamente rilevata l’importanza dell’assenza del Supervisore
(CSO) di Torre, particolarmente decisiva riguardo le «heavy working conditions due
to excessive number of ground movement in poor visibility conditions, without the
assisting tool of an operative SMR and SMGCS», cioè condizioni nelle quali un
Supervisore esperto ed aggiornato ad analizzare i parametri di rischio si sarebbe
accorto “sua sponte”, anche senza che nessun aeromobile «had declared taxi
difficulties», che s’imponeva una significativa riduzione dei movimenti al
suolo, a causa appunto delle condizioni ambientali esistenti. Ma è anche
comprensibile che un responsabile, abituato per lunghi periodi stagionali durante
oltre un quarto di secolo non riuscisse più ad accorgersi della “mancanza d’un
margine dal precipizio”, in assenza di opportuni e necessari corsi di aggiornamento
e validazione dei suoi comportamenti durante i doverosi accertamenti da parte della
propria Organizzazione. Ventiquattro movimenti orari nelle condizioni meteo e
logistiche esistenti costituiscono senz'altro un carico di lavoro “alla cieca”
30
intollerabile; essi costituirebbero già “traffic density heavy” in condizioni di visibilità
superiori a 2000 m. di visibilità generale, a maggior ragione quando questa è stata
ufficialmente rilevata essere di 50 m. da parte dell’apposito Servizio Aerologico
aeroportuale.
§ 2.1.5.1
Questo paragrafo dedicato a “R/T communications” omette di analizzare le
conseguenze dell’uso improprio, deviante e discriminatorio delle radio
comunicazioni effettuate in italiano in un contesto già di per sé reso difficile dalle
condizioni operative ambientali e dalla mancanza dei necessari mezzi idonei per tali
operazioni ogni-tempo (SMGCS e SMR) su quell’aeroporto.
§ 2.1.5.2
Molti dei rilievi che dovevano trovar posto nel paragrafo precedente
vengono presentati in questo, però la traduzione in inglese dei rilievi mossi sotto il
titolo riduttivo di “Taxi clearences” risulta incoerente, al punto da usare il termine
“deformity” per denunciare le differenze (o “difformità”) rilevate tra le “istruzioni”
emesse dal Controllore GND e le “informazioni” (errate, incomplete, ecc.) contenute
nelle documentazioni Jeppesen e SAS a disposizione dei vari piloti coinvolti.
Ma il discorso delle responsabilità riguardo all’attendibilità delle
informazioni ufficiali contenute nell’AIP-Italia verrà trattato in uno dei prossimi
paragrafi.
§ 2.2
Paragrafo dedicato al tema “Aeroporto di Milano Linate” che nella versione
inglese viene presentato in modo incongruo e che contiene notizie ed informazioni
più adatte ad esser presentate nel Capitolo I° del Report che non nella parte
analitica, dove l’analisi deve trattare delle discrepanze e delle responsabilità
attribuibili alle varie componenti di quello che avrebbe dovuto essere un "sistema”
basato sull’ottemperanza alle norme ICAO in materia. Invece qui l’analisi verte
principalmente sulle condizioni di visibilità esistenti, presentazione che andava
effettuata al § 2.1.6.
§ 2.2.1
Finalmente in questo paragrafo si trova qualche timido riferimento di
attenzione dedicata al “fattore organizzativo”, laddove si osa avanzare il dubbio che
(testualmente):- «The “lack” of centralized Safety Management System may have
caused the “lack” of official documentation update, a contributing factor in the
chain of events described in this Report», ma non si spinge ad analizzare ed
indicare chi avesse il compito di fornire le notizie corrette, chi dovesse verificarle
ed infine chi avesse l’incombenza di pubblicarle, debitamente aggiornate.
L’analisi si spinge poi a citare la funzione del C.A.S.O. «which proactively
should have been handled by ENAC [leggasi: ENAC/DCA – ndr]», ma che
«apparently there were different types of meetings (CASO) and activities where
different operational matters were handled that were not directly related to safety
issues», finendo con il non trovare al CASO la precisa collocazione che invece
aveva:- quella di organo tecnico consultivo del Direttore di aeroporto.
Tuttavia, nel mezzo di un testo confuso che termina con la constatazione
che quanto sopra detto «that was not enough», viene inserita anche una notizia
incompleta di qualsiasi valore pratico conclusivo e cioè (testualmente) che:«Safety audits were also performed on an “ad hoc” basis», in quanto non viene
precisato né da chi venissero effettuati questi pretesi audits e neppure dove se ne
31
potesse trovare una traccia documentale delle risultanze raggiunte da queste
operazioni di sorveglianza d’una situazione organizzativa che ha dimostrato tutta la
sua colpevole inesistenza pratica nell’occasione del disastro. Così nessuno saprà
mai quando e da chi queste pretese operazioni di sorveglianza venissero effettuate,
né quali risultati documentabili avessero mai ottenuto queste pretese “ispezioni di
sicurezza”.
Insomma una bella frase senza senso né sostanza, che, tra l’altro, non
trova riscontro nel testo italiano del corrispondente paragrafo della Relazione finale.
Dunque un paragrafo di sua parte già abbastanza confuso in quella che dovrebbe
essere un’analisi completa di questo importante argomento attinente, stando al
titolo, al tema del “Safety Management System and Manuals” ed invece si limita a
dissertare superficialmente della funzionalità delle riunioni del CASO, che nella
versione italiana vengono presentate come «riunioni prive di particolare efficacia sul
piano della sicurezza operativa», scopo per il quale invece i CASO era stato istituito
su tutti gli aeroporti italiani, sedi di operazioni commerciali.
Ma se le cose stavano così le colpe d’una tale situazione andavano spartite
equamente fra il Direttore che il CASO doveva convocare e dirigere e di suoi
componenti, evidentemente inetti al compito assunto.
Unica cosa positiva del paragrafo in esame è rappresentata dalla denuncia
contenuta nell’ultimo capoverso della versione italiana, reso in maniera non molto
adeguata nella traduzione inglese, che comunque riproduciamo con tutte le sue
inesattezze:- «It is the opinion of the investigatig team [that] the absence [!] of a
functioning Safety Management System is the “main” [leggasi:- “root” –ndr] cause
for most of the discrepancies found and should be considered as one of the main
contributing factors to the accident».
E tanto basti per attribuire tanto al Direttore d’aeroporto quanto
soprattutto all’alta direzione dell’ENAC le responsabilità civili e morali per non aver
dato attuazione alle norme dell’ICAO. Per quanto attiene a quelle penali sarà
sufficiente ricorrere al Codice della Navigazione.
Nota:- Per opportuna conoscenza si rammenta che il funzionamento di un Safety
Management System è contemplato fin dal 1 novembre 2001 dall'Emendamento n.
4 all'Annesso 14 dell'ICAO, obbligatorio per la "Certificazione degli aerodromi" da
parte degli Stati contraenti a partire dal 27 novembre 2003 (limite di scadenza
novembre 2005).
§ 2.2.2
Questo paragrafo dedicato a “Aerodrome facilities” dovrebbe analizzare
criticamente il peso che le carenze riscontrate nelle disposizioni contenute nell’AIPItalia e/o emanate come Ordinanze dal Direttore della DCA, quello della segnaletica
impropria o mancante, quello della rimozione del sistema anti-intrusione e del
telecomando delle Stop-bars dalla Torre hanno avuto. Invece presenta un testo
malamente tradotto ma soprattutto infarcito di illazioni anziché di evidenze da
analizzare e da commentare.
Un esempio per tutti:- l’ultimo capoverso del testo del paragrafo
denominato ”Publications” a pag. 119 sotto la voce a) conclude che la frase «TWY
(L ) [?] R2 and R3 must be not used» potrebbe esser interpretata da un pilota
proveniente da un rullaggio sul raccordo R6 addirittura come una “esplicita”
istruzione ad eseguire una manovra di rullaggio “contropista” allo scopo di
raggiungere la posizione di allineamento pronto al decollo per pista 36 R. Ora
questa è soltanto un’illazione non giustificata da nulla, che potrebbe esser
pericolosa se letta da piloti privi di cognizioni sulle “Regole dell’Aria” di cui
32
all’Annesso 2 dell’ICAO, ma anche perché l’aggiunta finale al testo che continua ad
ipotizzare che «… and not on TWY R2 and R3 (perhaps to avoid conflict with traffic
occupying the taxiways parallel to Runway» è smentita anche dal comportamento
dei piloti del Cessna, i quali, dopo esser entrati non autorizzati in pista da R6
dirigevano per imbucare il raccordo R2 (mai menzionato) quando il loro aereo è
stato colpito da quello della SAS autorizzato al decollo.
Anche altre illazioni di questo tipo infarciscono il testo di questo paragrafo.
L’unica cosa utile di questo paragrafo è la conclusione (perfino ripetuta)
che «the aerodrome did not met the “requirements” for LVP under ILS CAT III B
conditions», frase che però sarebbe stato più corretto formalizzare affermando che
l’aeroporto non ottemperava alle norme contenute nell’Annesso 14
dell’ICAO ed a quelle applicative contenute anche per gli Operatori nel DOC 9365 –
Manual of All-Weather Operations.
Nota:- Da parte di qualcuno si potrà forse obiettare che come recensore lo
scrivente possa essere quasi ossessivo nel rimarcare la cattiva qualità della
traduzione del testo in inglese della Relazione, che, non dimentichiamolo, per
l’ICAO (alla quale vogliamo sperare sia stata inoltrata secondo obbligo) è l’unica
valida e distribuibile ai propri membri, ma che ad una prosa spesso incomprensibile
e quasi sempre inaccettabile, unisce l’uso di termini che non sono né appropriati né
tecnici come ad esempio a pag. 120, lettera c), dove si nomina un «… anti invasion
system», termine appropriato a difese da aggressioni, e non a difese contro le
“Runway incursions”.
§ 2.3.1.2
La descrizione dello stato post-collisione del cockpit del MD 87 della SAS
risulta abbastanza accurato ed appropriato. Un unico appunto:- nella relativa analisi
manca la precisazione in merito alle posizioni di disaccordo e di transizione
riscontrate a carico dei flap anteriori alari (slats) e di quelli posteriori e cioè se
questa condizione sia dovuta alla perdita della pressione dell’impianto idraulico a
causa della rottura delle tubazioni durante la collisione oppure ad altra possibile
causa accertata. Quanto sopra in quanto questo stato avrebbe condizionato pure
l’operabilità dei comandi principali di volo.
§ 2.3.2
In questo paragrafo si prospettano due possibili scenari per il rullaggio del
Cessna, anche se presentati nel solito inglese maccheronico, delle quali la prima
testualmente ipotizza:a) «the Cessna crew intended to taxi via R5, but made a “navigational” mistake».
Messa così questa ipotesi non potrebbe reggere in quanto, si fa osservare,
riferendosi ad un rullaggio effettuato erroneamente a causa di un “navigational
mistake”, qualsiasi tipo di navigazione (anche quella “a vista”) si effettua con
riferimento alla bussola, mentre nel caso d’inizio d’una manovra di rullaggio al
suolo, dopo aver consultato la cartina con la mappa dell’aeroporto per stabilire la
propria posizione di parcheggio si dirige seguendo le yellow guidelines delle
taxilanes per lasciare la zona dei parcheggi e quindi con riferimento alla bussola si
segue sempre la linea gialla per lasciare il piazzale dirigendo verso Nord come nel
caso dell’autorizzazione ricevuta dal Cessna. Ed invece l’aereo è stato guidato
dall’Equipaggio (si vuol sperare) sempre verso Sud-Est, addirittura ignorando, per
un certo tratto del rullaggio, di seguire la linea gialla di mezzeria, unica in grado,
nelle condizioni esistenti, di garantire la separazione dagli ostacoli fissi.
A proposito di questa fase risalta vieppiù l’importanza del mancato
accertamento della posizione dei piloti e dei passeggeri a bordo del Cessna che non
33
si è potuta effettuare a causa della rimozione del relitto dalla pista, ordinata da
“qualcuno che poteva”, prima che l’Investigatore incaricato potesse svolgere i
propri accertamenti. Questo importante aspetto va considerato alla luce del fatto
che l’aereo in questione era utilizzabile anche con un solo pilota abilitato ai comandi
e che il volo che si accingeva a fare con un probabile acquirente di quel modello
accompagnato dal venditore concessionario per l’Italia, potrebbe aver indotto
qualcuno a sostituirsi ad uno dei due piloti tedeschi. Tuttavia l’unico accertamento
possibile (almeno parziale) andava tentato attraverso la comparazione dello spettro
delle voci registrate nella radiocomunicazione in arrivo e in partenza.
Per quanto attiene la seconda ipotesi, se si deve dar credito all’assunto
che:b) «the Cessna crew believed that “they” were to taxi via R6 even though “he”
read back “correctly” R5»;
con l’aggiunta che:- «the investigation team finds it more probable that the Cessna
crew in fact believed they were “clear” [leggasi:- "cleared" - ndr] to taxi via the
“path” [leggasi: “taxi route” - ndr] they effectively followed», allora risulta ancora
di più l’impreparazione professionale di questo Equipaggio, il quale, dopo aver
attraversato sul raccordo R6 ben tre “ICAO pattern B – runway holding position”
senza fare una piega, arriva all’ormai famosa Stop-bar con luci unidirezionali rosse,
preceduta da una linea bianca accompagnata da una scritta STOP a caratteri
cubitali sulla pavimentazione e pure da una segnaletica verticale illuminata con
l’indicazione CAT III all’altezza della segnaletica orizzontale di un “ICAO pattern A –
runway holding position”, tutti segnali chiaramente indicanti di trovarsi vicinissimi
alla pista strumentale in uso in quelle condizioni meteorologiche, eppure al ricevere
la comunicazione «D-VX, continue your taxi on the main apron …» sempre sulla
frequenza del GND Controller, l’Equipaggio (posto che tale fosse rimasto nel
cockpit) del Cessna decide di entrare nella pista attiva ed illuminata senza esserne
autorizzato esplicitamente.
Quindi l’analisi di questa “Runway incursion” molto particolare dovrebbe
concludere che è attribuibile più che altro ad una impreparazione di base
dell’Equipaggio tedesco che a qualsiasi altra ragione o spiegazione di tipo
psicologico o giustificazione di pressione commerciale.
Anche quanto poi asserito a metà di pag. 125 del Report non può spiegare
gran che, in quanto attraversare una pista, anche qualora la relativa illuminazione
fosse stata spenta, senza aver ricevuto esplicita autorizzazione (e neppure sulla
frequenza della Torre, per non incorrere in possibili comunicazioni effettuate da
“pirati” dell’etere) dimostra solo impreparazione generale ed inesperienza ad
operare in condizioni LVO.
In definitiva, fin dalla decisione di iniziare il rullaggio nelle condizioni meteo
alle quali non erano preparati ed abilitati, si configura tale decisione da parte dei
Piloti tedeschi come una violazione alle norme che regolano la tipica convivenza in
sicurezza degli utenti dello spazio aereo, ma quando poi questa violazione si
tramuta in una collisione con conseguenze distruttive importanti, allora non v’è
dubbio che questa decisione dell’Equipaggio tedesco costituisca «the paramount
cause of the collision», resa possibile soltanto dalla mancanza delle difese
normative, infrastrutturali e strumentali dell’aeroporto di Linate, mancanza
dovuta all’incuria dei responsabili centrali e locali di ENAC e di ENAV.
§ 2.3.3
Tutto questo paragrafo, pregevole nei contenuti e corretto nel “wording”
(eccetto per il titolo che non corrisponde al testo italiano, che risulta più preciso)
induce a pensare che sia stato scritto originalmente in inglese da qualcuno aduso a
34
trattare con cognizione di causa in merito ad argomenti di “Human Factors” e poi
tradotto (con diverse omissioni) nel testo italiano così come compare nella
“Relazione d’inchiesta” (“di riferimento” secondo l’ANSV).
Tuttavia alcuni presupposti tecnico-normativi assunti come base del
ragionamento non sono condivisibili da questo recensore e quindi gran parte delle
ipotesi trattate nella lunghe pagine da 126 a 131 rimangono opinabili e discutibili.
Inoltre stupisce il fatto che in questa disamina non sia stato rilevata
l’omissione da parte del Supervisore di Torre (CSO) di attivare nel suo turno di
servizio la postazione ATC di “Clearance Delivery”, proprio per sgravare nelle
esistenti condizioni di scarsa visibilità e di pesante traffico di comunicazioni il
povero Controllore della frequenza “Ground” di parte del carico di lavoro relativo
all’attenzione da prestare al read-back delle clearances, onde permettergli di
concentrarsi con maggior tempo e cura a seguire la complessa movimentazione al
suolo dell’intenso traffico non contingentato da alcuna misura contenitiva volta a
garantire una maggior sicurezza nella situazione esistente.
Il paragrafo si conclude con una constatazione relativa al segnale dell’ELT
dell’aereo della SAS, contenuta nel penultimo capoverso, dove si afferma che:- «As
a matter of fact a number [?] of ATC Controllers “present” [quanti, dove e quando?
– ndr] submitted that the signal went unheard», frase che lascia nel dubbio di qual
numero di Controllori si tratti e di dove si trovassero negli istanti di funzionamento
del trasmettitore ELT. Inoltre non determina per il futuro a che cosa serva in Torre
il ricetrasmettitore della frequenza d’emergenza se il volume del ricevitore viene
tenuto nelle Torri di Controllo nazionali ad un livello non udibile dagli Addetti.
§ 2.4.1 e 2
In merito si è già affermato che nella ricostruzione descrittiva dell’evento,
ed ora lo si ripete anche per questa ricostruzione grafica, manca l’indicazione dei
valori delle accelerazioni/decelerazioni orizzontali e verticali subite dal velivolo SAS
e dai suoi occupanti al momento della ricaduta al suolo dall’altezza di oltre 10 metri
ed alla velocità di oltre 300 km/ora.
Quanto sopra sarebbe determinante per poter stabilire sia lo stato di
coscienza dei passeggeri prima dell’urto finale contro il famoso “toboga”, sia
l’attendibilità della volontarietà di certe manovre attribuite all’Equipaggio di
condotta, fase abbondantemente descritta in questa analisi sotto la voce d) di
questo paragrafo. Ma perché anche quest’ultima proposizione non si fermi al rango
d’ipotesi, servono le prove che i valori di “g” dovuti al primo “botto” sulla pista
siano sopportabili dal corpo e dal cervello degli esseri umani che, seppur vincolati
dalle cinture di sicurezza non si trovavano di certo in una “cellula di sopravvivenza”
come quella adottata per il pilota delle monoposto di Formula 1.
Del resto, come si è concluso che l’urto finale contro l’edificio dello schianto
è stato fatale per tutti gli occupanti ben prima degli effetti dell’incendio, così era
doveroso esplorare le possibili conseguenze dello stato di coscienza o di incoscienza
di coloro che avevano sopportato già la prima collisione con il Cessna e il primo
impatto contro la pista.
Quanto sopra senza alcuna intenzione di togliere alcunché all’eventuale
condotta dell’Equipaggio SAS, solo vittima delle circostanze, con l’eccezione
dell’osservazione già fatta a suo tempo e luogo e cioè che la tecnica di decollo
adottata dalla SAS per operazioni di decollo in visibilità ridotta non tiene conto
dell’esperienza internazionale in materia che ha adottato la tecnica di decollo alla
massima potenza disponibile nella circostanza che permette di permanere con
l’aereo sulla pista per il minimo tempo/spazio possibile in quanto dimostratasi meno
35
rischiosa dell’altra che invece costringe ad una corsa in pista “quasi alla cieca” per
un periodo spazio/tempo più prolungato.
§ 2.4.7
A proposito di questo paragrafo v’è da notare che esiste una differenza di
ben 3,5 secondi tra il tempo di funzionamento dell’ELT del velivolo SAS ed il tempo
totale mostrato nel grafico denominato “Timing and distance run” pubblicato a pag.
133 del Report, fatto che lascerebbe intendere che quell’ELT abbia funzionato
ancora per qualche secondo dopo l’urto con l’edificio per lo smistamento bagagli,
oppure che esiste una mancanza di sincronia tra i contasecondi presi in
considerazione durante l’investigazione.
§ 2.5
In questo e nei successivi paragrafi, riassuntivi delle operazioni di ricerca,
intervento e soccorso senza alcun coordinamento, il Report manca di rilevare che la
macchina dell’intervento, che doveva scattare quanto meno all’attivazione del
segnale generale d’allarme avvenuto ad un orario rimasto imprecisabile quanto
approssimativo poiché il sistema mancava di una registrazione automatica
dell’orario di attivazione, non è scattata completamente neanche allora.
Si badi, che quello dell’orario di attivazione dell’allarme è fondamentale per
determinare il rispetto dei tempi d’intervento stabiliti nell’Annesso 14 dell’ICAO e
quindi il fatto che l’orario indicato tra le ore 06.13’.00” e le 06.13’.30”/UTC rimanga
solo un riferimento desunto da apparati di registrazioni radio e telefoniche muniti di
segnatempo, che però non sono affatto sincronizzati su di un unico orario, permette
di concludere che il tempo indicato in tal modo non può esser esattissimo. Per uno
di questi apparati il tempo di riferimento stabilito nel Report sarebbe alle ore
06.13’.17”, cioè circa 3 minuti dopo la collisione in pista e quindi meno di tre minuti
dopo l’impatto finale con l’edificio. Il che darebbe tempo (in condizioni ottimali) ai
VVF di intervenire entro le ore 06.16’.00” circa.
Ora a seguito di telefonate giunte (fortunatamente, in questo caso)
direttamente a FSCC, tutti i mezzi erano stati fatti partire alle ore 06.13’.51” “verso
l’infermeria”, così che il Capo della colonna antincendio (Victor 1) arriva
sicuramente all’edificio centrato dall’aereo della SAS alle ore 06.17’.37” (come
provato dalla relativa comunicazione generale registrata a quell’orario), vale a dire
dopo circa 3 minuti dalla partenza, tempo che, tutto sommato, tenendo conto del
fatto che i mezzi non sono stati neppure indirizzati con riferimento a precise
coordinate di “grid map”, delle condizioni di visibilità ridotta e di aver percorso
strade periferiche di servizio anziché la pista o i raccordi, risulta essere un buon
tempo. Quella che è mancata invece è stata qualsiasi forma di coordinamento, a
causa principalmente dell’impossibilità da parte della Torre di vedere alcunché per
l’assenza di un SMR, situazione che da sola avrebbe dovuto impedire al locale
responsabile di ENAV di operare in LVO con più d’un aereo per volta. Poi, a seguire,
sono risaltate tutte le altre carenze che, mai corrette, erano però già risultate e
verbalizzate durante le rare e superficiali esercitazioni tenute a Linate negli ultimi
anni (diversa sede per l’Emergency operations center e mancanza di un “mobile
command post”, così come indicato dall’ICAO al capitolo 9 dell’Annesso 14).
Un secondo rilievo non è stato fatto nel Report:- il fatto che nessuno degli
Addetti degli Enti intitolati a dirigere, a coordinare e ad effettuare l’intervento
(TWR- UCT- FSCC) abbia mai fatto riferimento alla “grid map” che deve esistere nel
Manuale del Piano di Emergenza aeroportuale fa dubitare, in mancanza di un
accertamento disponibile nel testo esaminato, che la necessaria riproduzione di
essa non sia presente in bella evidenza né in Torre, né al FSCC, né sugli automezzi
36
antincendio e sull’autovettura dell’UCT e forse neppure sulle autoambulanze, il che
vanifica alla base qualsiasi tentativo di localizzazione e di coordinamento.
Infine non risulta analizzato nelle sue conseguenze il fatto che non sia stato
istituito il Centro di coordinamento dell’emergenza, né sia contemplato l’intervento
di un idoneo posto di comando e controllo mobile da far confluire sul posto del
disastro.
§ 2.5.2
Dalle notazioni negative fissate in questo paragrafo si manca di trarre le
dovute conclusioni circa la mancanza di esercitazioni “serie” e monitorate da
Osservatori indipendenti ed in grado di decidere una valutazione finale
sull’efficienza delle componenti del sistema in particolare e sull’adeguatezza del
Piano in generale.
Tale mancanza è stata, nel caso in esame, determinante agli effetti della
disorganizzazione con la quale è stato effettuato complessivamente l’intervento.
Qui invece ci si limita a sentenziare che :- «There is a clear perception that
there was no coordination acting as such».
Ma senza un Piano efficace e ben assimilato, senza l’istituzione di
“Emergency operation center”, come il FSCC non è stato e non può essere, senza
l’intervento sul luogo della sciagura di un “mobile command post”, come non può
essere la postazione fissa di lavoro dell’UCT, senza l’efficienza di un SMR in grado di
“vedere e guidare” i soccorsi nella nebbia, insomma senza le necessarie premesse e
dotazioni acché il Piano possa funzionare, il risultato dell’intervento non può essere
che il caos che è avvenuto a Linate.
Nella disgrazia delle tante vittime verificatesi, la fortuna personale di certi
Responsabili ha voluto che nessuno dei decessi possa essere ascritto al ritardato
allarme ed al caotico intervento successivo.
Risultato che però, a modo di vedere dello scrivente, è purtroppo
replicabile su qualunque aeroporto nazionale che venga utilizzato senza SMR e
senza un collaudato “Aerodrome Emergency Plan” in condizioni ogni-tempo
reali.
Ma di questo tipo di preoccupanti osservazioni neppure un accenno
nell’analisi del Report esaminato.
§ 2.5.2.1
Che cosa possa significare la versione inglese del titolo di questo paragrafo,
che riproduciamo testualmente è proprio un’assurdità:- “Human factor elements in
after impact communications”, il cui senso, tradotto letteralmente in italiano,
suonerebbe come segue:- “Elementi di Fattore umano nelle comunicazioni postimpatto”, contro il comprensibile significato del titolo del paragrafo nella versione
italiana che annuncia:- “Il fattore umano nelle comunicazioni dopo l’impatto”.
Ma al di là di ciò, nel testo non si trova quasi nulla di più di quanto sia già
stato esaminato dallo scrivente commentando nella propria recensione la
presentazione delle comunicazioni esistente nella prima parte del Report.
Unica novità evidenziabile di questo testo dedicato all’analisi dei fatti è che
per la prima volta, al terz’ultimo capoverso di pag. 142, mescolata in mezzo ad
altre comunicazioni già note perché presentate nella prima parte del Report e
senza che ne venga indicata l’ora della registrazione, ma prima del momento
in cui è stato attivato il segnale d’allarme, ora compare la seguente informazione:«- background comments from TWR controllers, audible and recorded through the
live microphone, openly mentioned … "therefore it was the Scandinavian" …».
37
Inoltre, dopo circa 3 minuti dall’attivazione dell’allarme arriva via telefono
la prima conferma da parte del Medico di servizio al Pronto Soccorso che si tratta
proprio dell’aereo della SAS, ma oltre a ciò si può ora apprendere che da un’altra
comunicazione registrata tra la TWR e il volo Alitalia 2010, il Controllore GND si
lasci sfuggire che l’allarme è dovuto a qualcosa che potrebbe esser avvenuto tra «…
probably a Scandinavian and a private …». Ciò anche se la versione italiana, a pag.
89 già riportava una versione un po’ differente e precisamente, rispondendo ad una
chiamata del pilota del volo AZA2023, che il Controllore GTND rispondesse:- «Quale
aeroplano scusi? Qui ce ne sono due che mancano all’appello» - ore
06.24’.27”/UTC ovvero tempo della collisione più 14 minuti.
Dunque c’era già la sensazione che fosse avvenuta una collisione tra il SAS
ed il Cessna, anche perché nessuno dei due rispondeva alle chiamate fatte su le
frequenze di TWR e di GND (e mai su quella di Emergenza, pure presente in Torre),
tuttavia bisogna attendere la scadenza di quasi 20 minuti dopo la collisione, ovvero
circa 17 minuti dopo l’allarme, perché su comunicazione dell’aereo I-LUBI, fatto
rullare lungo la pista per tornare verso il proprio parcheggio, arrivi la notizia che «…
c’è del fuoco sulla pista … di fronte il Romeo 6 …», e quindi, finalmente dopo 23
minuti dalla collisione, visti vani i tentativi di far intervenire i Vigili impegnati con
l’incendio al “toboga”, la Torre si rivolga agli Addetti all’Ufficio Controllo Traffico
aeroportuale che a bordo dell’autovettura Delta 2 ascoltavano la radio di servizio,
autorizzandoli a recarsi in pista per controllare (ore 06.33’.41”/UTC, ossia dopo
oltre 23 minuti dal tempo della collisione).
Un altro aspetto assurdo e quasi incredibile, se non fosse vero e
documentato, è costituito dal fatto che ben 16 minuti dopo la collisione e circa 9
minuti dopo che Victor 1 e la sua squadra stavano lavorando all’incendio innescato
dal velivolo SAS al “toboga”, la Centrale dei VVF (FSCC) chiedesse prima alla TWR
(che lo ignorava) e poi a Victor 1«… are there persons involved ?», quando già da 5
minuti gli Addetti UCT a bordo di Delta 2 stavano nei pressi del luogo
dell’intervento, ma senza neppur sognarsi di comunicare quanto meno i dati in loro
possesso circa il volo della SAS.
E tutto questo potrebbe accadere di nuovo.
Perché non è certo che la situazione possa cambiare anche qualora le
Recommandations ANSV-9/113-15/A/04, 10/113-16/A/04 e 11/113-17/A/04
dovessero esser state accettate ed adempiute, cosa che NON risulta essersi
verificata.
Tralasciamo di commentare il fatto che ci siano voluti 27 minuti per
scoprire che l’altro aereo stava bruciando in pista, scoperta fatta solo a seguito
della segnalazione originata da un altro aereo che veniva fatto vagare nella nebbia
senza neppure l’ausilio di un “Follow-me”, mentre tutte le risorse antincendio
aeroportuali erano occupate a combattere il primo incendio scoperto.
Non si può che concludere che … è andata ancora bene.
§ 2.5.3
Ci asteniamo dall’infierire con qualsiasi commento scritto (pronti a farlo
oralmente, se richiesti) in merito alle considerazioni così maccheronicamente
tradotte in inglese che sono contenute in questo paragrafo. Pronti, lo ripetiamo, a
discuterne con chiunque lo ritenga opportuno e necessario “pro bono salutis” !
§ 2.6
Leggendo il titolo di questo paragrafo (“The italian legislation”) mi chiedevo
a che cosa servisse informare l’ICAO con questo tipo di letteratura, specialmente
dopo aver letto le prime righe francamente deludenti.
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Tra le righe dell’ultimo capoverso [assente nel corrispondente
paragrafo in lingua inglese, in modo che l’ICAO non sappia] emerge il concetto
che «… parrebbe opportuno effettuare una ricognizione dell’intero sistema italiano
[organizzativo, ordinativo, operativo? – ndr], verificandone la conformità con le
disposizioni contenute negli attuali 18 Annessi ICAO», una dichiarazione che
ci troverebbe pienamente e convintamente concordi qualora venisse fatta
pubblicamente anche in lingua inglese, affinché anche l’ICAO possa capire.
Contemporaneamente riteniamo anche che non c’era bisogno di scomodarsi
a prendere a riferimento la Legge n. 166/2002 (fatta per comodo dell’ENAC) in
quanto, precedente a quella c’era la Legge n. 213/1983 e perfino l’Atto di indirizzo
ministeriale del 23 maggio 2002 che erano adeguati all’uopo, anche se sarebbe
bastato riferirsi al presente caos organizzativo, ordinativo ed operativo
dell’Amministrazione dell’Aviazione Civile italiana e di cui la tragedia di Linate è
stata l’emblema funesto, per evidenziare la difformità dell’ordinamento
aeronautico italiano dai princìpi dell’ICAO.
Tanto poco sarebbe bastato per rendersi conto che quello in vigore in
campo aeronautico nazionale non è “un sistema” e tanto meno “il sistema”
indicato dall’ICAO, come da tempo ed in varie sedi andiamo predicando … quale
“vox clamantis in deserto”.
Da ricordare ancora o meglio da non scordare che in inglese il contenuto di
questo paragrafo è diverso dal testo italiano e soprattutto NON presenta il
capoverso di cui sopra.
§ 2.7
Infine, che con questo paragrafo si sia voluto sottolineare fin dal titolo che
il problema delle “runway incursions” è “un problema globale” è come cercar di
dire:- «… mal comune, mezzo gaudio».
E poi, non è che ci sentiamo particolarmente tranquilli nell’apprendere dal
Report deliberato a gennaio 2004 che «… per ridurre il rischio delle runway
incursions … anche presso l’ANSV … nell’agosto 2001 è stato costituito un apposito
team investigativo …». Ed allora?
Se si tratta di una “self promotion”, direi che ci sono anche tanti altri
argomenti in tema di prevenzione, anche se più terra-terra, da porre allo studio da
parte di ANSV, ma che se questo era un annuncio “serio”, allora bastava prefiggersi
di “bombardare” ENAC e ENAV con apposite Raccomandazioni affinché si adoperino
per dare finalmente attuazione a tutti gli Standards contenuti negli Annessi alla
Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale in base agli obblighi
sottoscritti con l’adesione del nostro Paese.
- Capitolo III°. Conclusioni.
§ 3.
Mentre si può, in linea di massima, esser d’accordo sull’invito generico e
generale che apre questo capitolo, si ritiene che il riepilogo dei fatti analizzati
comprenda tuttavia qualche lacuna (che questo recensore ha tentato di evidenziare,
ma senza poter spingersi in profondità) e quindi che il capitolo delle “Evidenze”
debba essere comunque rivisto, soprattutto nella versione inglese, che presenta
troppe imprecisioni e/o troppi inaccettabili errori.
E tanto basti, pur di arrivare in fretta al paragrafo dedicato all’elencazione
delle cause, sul quale ritengo ci sia molto da rilevare in termini di concetti e di
omissioni.
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§ 3.2
Già dalle prime righe di questo decisivo e conclusivo paragrafo dedicato
all’esposizione delle cause, si rileva l’amletico dubbio dell’ANSV se attenersi alla
scelta dell’elencazione delle “probabili cause”, oppure, se dopo tutte (non proprio)
le evidenze esaminate, rilevate, riscontrate e discusse nei “pro” e nei “contro” sia
alla fine mancato il coraggio di affermare:- «Queste sono le evidenze determinate
nel corso dell’investigazione, esaminate nel corso delle analisi ed ora elenchiamo le
cause riscontrate che pubblichiamo allo scopo di vederle rimosse, corrette e
soprattutto curate effettivamente, in modo da non vederle più ricomparire sugli
aeroporti ed in tutto il contesto operativo nazionale.
Infatti, partire con il proporre una frase come quella d’apertura del
paragrafo è veramente una conclusione assai deludente. Vediamo:- «… it can be
assumed … that the immediate cause … has been … the runway incursion by the
Cessna [crew – ndr]».
Se dopo oltre 150 pagine di Report non si ha il coraggio (o l’obiettività) di
affermare decisamente che «it has been determined that the direct cause of the
collision has been the unauthorized enter onto the active runway by the
Cessna crew»,…. allora il Report che significato ha?
E poi perché non aggiungere immediatamente:- «The runway incursion by
the Cessna crew under the stress of a demonstration flight has been made possible
by the fact that the Linate airport was not geared to trap any human error or
misunderstanding of Pilots and Controllers due to the lack of adequate procedures
and necessary equipment for All Weather Operations» ?
Ed infine l’ultimo sigillo:-«That in force at Linate airport the day of the
collision was not a system and as such responded in a chaotic way».
Quanto sopra era il minimo che si potesse affermare nel famoso ma mal
interpretato rispetto del princìpio sempre ossessivamente riportato all’inizio del
Report (titolo:- Purpose of the technical Investigation) che afferma :- «Report and
associated Safety Recommendation are never intended to apport blame and
resposibility (art. 12, paragraph 4, Legislative Decree of 25th of February 1999, nr.
66)». Laddove il dettato di questo princìpio ripreso dal Legislatore italiano nel
rispetto del dettato contenuto per primo nell’Annesso 13 dell’ICAO e
successivamente anche dalla Direttiva 94/56/CE non vuol significare di non
individuare le “funzioni dei responsabili” di Organizzazioni, Enti, Direzioni
e quant’altro avrebbe dovuto occuparsi di ottemperare agli Standards in
vigore (approvati anche con il concorso dei Rappresentanti all’ICAO di
tutti gli Stati aderenti), ma semplicemente di non mettere alla gogna,
indicandoli con nome e cognome (e quindi esponendoli a possibili vendette da
parte di congiunti di vittime di sinistri, come purtroppo avvenuto anche di recente)
gli “Operatori di prima linea” che, con i loro errori umani non corretti dal
“sistema”, possano aver causato o partecipato alle cause di un evento
fatale.
Questo lo spirito del princìpio postulato dall’ICAO e non il farisaico
pietismo di non aver il coraggio di affermare che nel corso
dell’investigazione si è accertato (ad esempio) che l’alta Direzione di ENAC
non aveva mai provveduto ad emanare adeguate norme operative per
governare il comportamento di Controllori e Piloti nelle Operazioni in
condizioni di “Low Visibility”, così come individuate nel DOC 9365 (Ch. 2 - §
2.3 - point 2.3.3 - item b) nr. 5) e nel DOC 9476 (Ch. 5 . §5.3 - points 5.2.5,
5.2.6 & 5.2.7) dell’ICAO, quanto meno!
Quanto poi all’elenco di fatti individuati (carente però della menzione di
tanti altri omessi) che compaiono sotto questo titolo e che dunque non è
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esaustivo, ci dichiariamo ancora una volta disponibili a collaborare ad una verifica
allo scopo di completare l’elenco delle concause dell’incidente, nella speranza di
riuscire a prevenire accadimenti analoghi (e di eventi potenzialmente similari ve ne
sono stati altri nella prima parte del 2004) per il futuro sugli aeroporti nazionali,
assieme alla doverosa attuazione di un Piano di prevenzione nazionale basato sui
princìpi de “Il Piano europeo per la prevenzione delle runway incursions”.
Ci dichiariamo altresì disponibili, nel miglior spirito di collaborazione in
nome della sicurezza del volo, anche a rilevare e a correggere gli svarioni di
traduzione che compaiono lungo tutto il testo del Report, come a pag. 163, seconda
riga, dove rifà la sua comparsa il termine “deformity” per indicare difformità o
differenza dallo standard ICAO.
Conclusioni del recensore.
Dopo aver letto e riletto quanto scritto nella presente recensione, si rimane
sempre più convinti che il “Final Report” esaminato debba esser riesaminato e
corretto al più presto, per l’invìo all’ICAO d’una versione in lingua inglese più
decente dell’attuale.
Inoltre, per completare meglio le conclusioni da raggiungere nel finale del
Report in oggetto, si suggerisce ad ANSV di riprendere in considerazione
un'opportuna raccomandazione in merito ad una maggior cura da parte dei propri
Investigatori per gli aspetti relativi ai "fattori organizzativi trascurati" tra le cause
latenti dei sinistri e ad ENAC di trovare il modo di notificare all'ICAO sia le
"differenze" esistenti nella certificazione del Personale ATS rispetto all'Annesso 1
che di disporre idonee procedure acchè piloti non abilitati possano operare in
condizioni di low visibility conditions.
Agli effetti dei risultati a scopi preventivi per tutta la struttura ed il relativo
ordinamento dell’Amministrazione dell’Aviazione Civile nazionale non si può che
esser d’accordo con quella parte che invoca una ricognizione completa delle norme
che regolano l’intero sistema (?) aeronautico italiano, soprattutto per verificarne la
conformità con le disposizioni contenute nei 18 Annessi e nei relativi documenti
applicativi (DOCs) dell’ICAO, in modo da fare finalmente dell’attuale
Amministrazione un “sistema” operativo valido nelle regole e nelle
infrastrutture, così come internazionalmente dovuto per l’adesione del nostro
Paese alla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale.
Su quest’ultimo concetto sarebbe interessante conoscere il parere del
Parlamento della Repubblica e soprattutto quello dei componenti le Commissioni
Trasporti della Camera e delle Comunicazioni del Senato, i quali si trovano ormai da
tre anni alle prese con la constatata necessità di riformare l’Amministrazione
dell’Aviazione Civile nazionale, senza riuscire a cavare un ragno dal buco.
Dunque la “delega” in materia al Governo s’impone con sempre maggior
urgenza e questo può esser fatto solo ricorrendo prima di tutto ad una ristretta
Commissione di “veri” esperti del ramo operativo che effettui il necessario lavoro di
raffronto con le norme ICAO ed i cui risultati finali siano poi riveduti da una
altrettanto ristretta Commissione di giuristi che si rendano garanti del fatto che il
risultato finale sia in armonia con la Costituzione e con le esistenti Leggi nazionali
che non necessitino d’esser abrogate per il corretto funzionamento del nuovo
“sistema” dell’Aviazione Civile italiana.
Roma, 15 novembre 2004.
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