SMONTAGGI E RIMOZIONI Gli interventi di restauro comprendono
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SMONTAGGI E RIMOZIONI Gli interventi di restauro comprendono
SMONTAGGI E RIMOZIONI Gli interventi di restauro comprendono talvolta opere di smontaggio e di rimontaggio di elementi o parti di manufatti, o vere e proprie demolizioni e rimozioni di loro porzioni, più o meno cospicue. Smontaggi Lo smontare e il corrispondente smontaggio, rimandano ad un’idea di reversibilità. Non sempre gli edifici possono essere “smontati” e ridotti agli elementi costitutivi, specie se sono caratterizzati da tecniche costruttive lontane dalla moderna prefabbricazione, senza, di fatto, demolirli e distruggerli. Molti manufatti architettonici possono, tuttavia, essere sottoposti ad azioni di smontaggio, totale o parziale, che consentono di attuarne il risanamento con strumenti, metodi e fasi favoriti dalla scissione, almeno temporanea, dei legami che tengono insieme i loro diversi pezzi, ed essere poi rimontati Smontaggio di manufatti ed elementi architettonici Lo smontaggio è spesso associato, direttamente o indirettamente, ad altre operazioni e richiede, quindi, modi d’esecuzione e l’impiego di tecniche e strumenti specifici, in relazione alle sue finalità e ai manufatti interessati. TIPI DI SMONTAGGIO Smontare per restaurare Smontare per demolire in modo controllato Smontare per spostare e rimontare altrove Smontare per spostare, proteggere e conservare Smontaggi e rimontaggi di rivestimenti Smontaggio e rimontaggio di pavimenti Smontare per restaurare Si può smontare un manufatto per procedere alla pulitura, al consolidamento e all’eventuale protezione dei suoi componenti smembrati, per poi rimontarli e collocarli nella sede originaria, come avviene nel restauro dei mobili o nella manutenzione dei manti di copertura e delle loro orditure di sostegno, nel restauro di pavimenti e rivestimenti o degli infissi. Smontare per demolire in modo controllato Lo smontaggio può anche essere una sorta di “demolizione controllata”, con o senza riutilizzo, in loco o altrove, dei pezzi smembrati e dei materiali derivanti dall’operazione. Sono testimonianza di simili interventi i diffusi casi di riutilizzo di elementi e parti di edifici classici nelle architetture, soprattutto religiose, dei periodi paleocristiano e romanico, ma anche rinascimentale. Smontare per spostare e rimontare altrove Vi sono, inoltre, numerosi esempi, di antichi edifici o di singoli elementi architettonici smontati o suddivisi in pezzi di dimensioni tali da consentirne la manovrabilità, per essere spostati dal loro sito di fondazione o dalla loro abituale collocazione. Quando le caratteristiche costruttive lo consentono, lo smontaggio è allora attuato aprendo le antiche unioni tra gli elementi componenti o rimuovendo i dispositivi che ne avevano assicurato la giunzione, all’atto dell’erezione. (Abusimbel - piazza Alimonda) Smontare per spostare e proteggere e conservare Sono infine numerosi i manufatti smontati e rimossi dal loro sito originario per essere sistemati all’interno di nuovi ambienti, ad esempio di carattere museale, per assicurarne la conservazione decontestualizzandole. Smontare per spostare e rimontare altrove E’ possibile smontare un manufatto, senza provocare danni irreparabili o senza rischiare la perdita di singole parti, quanto più esse sono state poste insieme utilizzando dispositivi, materiali e mezzi di unione che possono essere rimossi, allentati, aperti, svincolati, almeno in parte, con azioni speculari rispetto a quelle originarie o con mezzi che ne interrompano in modi ordinati la continuità. E’ questo il caso, ad esempio, di tutti i manufatti i cui elementi costitutivi sono collegati tra loro da dispositivi di connessione passivi, di ritenzione o di serraggio, posti in opera a secco, come sono, ad esempio: viti, chiodi, perni, cavicchi, incastri, cerchiature, fasciature, cerniere ecc. Entro certi limiti, poi, sono assimilabili a questi manufatti anche costituiti da pezzi tenuti insieme con un limitato impiego di sostanze collanti e adesive. Smontare per spostare e rimontare altrove - In generale, quasi tutte le opere di carpenteria lignea possono essere soggetta ad azioni mirate di smontaggio parziale o totale e, in particolare, le strutture di copertura e i solai intermedi, gli infissi, le scale o le ringhiere e le strutture di protezione in genere. Anche le strutture murarie possono talvolta essere smontate, soprattutto se costituite da conci e blocchi lapidei come dimostra la tecnica del consolidamento a cuci-scuci. - Si possono inoltre smontare interi rivestimenti realizzati, ad esempio, con lastre lapidee, soprattutto se ancorate ai supporti con dispositivi metallici, quali zanche, perni o distanziatori, ma anche con malte, se è possibile rimuovere il materiale legante senza spezzare gli elementi componenti e senza provocare danni ai supporti. Analogamente, si possono smontare e rimuovere, per rimontarli in situ o altrove, pavimenti interni o esterni e, entro certi limiti, tarsie e intarsi sia lapidei sia lignei. (Smontaggio e rimontaggio di pavimenti e Smontaggio e rimontaggio d rivestimenti). Come smontare Ogni azione di smontaggio dovrebbe percorrere alcuni passi fondamentali di seguito sintetizzati. 1.Rilievo accurato del manufatto con individuazione dei pezzi componenti, dei punti e delle linee di reciproca giunzione. 2.Valutazione delle dimensioni e della consistenza dei singoli pezzi o delle diverse parti risultanti dallo smontaggio, per assicurare la loro manovrabilità. 3.Accurata numerazione dei pezzi e degli elementi che si prevede debbano essere smembrati e marcatura delle facce combacianti. Numerazione e marcatura debbono tenere conto dell’ordine in cui i pezzi saranno disancorati e rimossi. 4.Individuazione della quantità, del tipo, delle forme, della posizione e della consistenza delle giunzioni esistenti tra i pezzi che compongono il manufatto. 5.Rimozione degli elementi e/o dei materiali che assicurano la giunzione tra i singoli pezzi e tra i pezzi e gli eventuali supporti. La rimozione, in linea di principio, deve partire dagli strati e dagli elementi più esterni del manufatto, cioè da quelli le cui connessioni sono direttamente accessibili, che hanno minori vincoli e giunzioni e che non svolgono alcuna funzione “portante” o “stabilizzante “ per altri elementi o parti del manufatto. Come smontare 6.Collocazione dei pezzi in luoghi sicuri e in condizioni protette, per la loro temporanea custodia o per essere sottoposti ad eventuali interventi di pulizia, consolidamento, integrazione, riadesione, ecc. 7.Pulitura e preparazione delle sedi di inserimento originario dei pezzi, se ancorati ad un supporto cui si prevede siano nuovamente legati. 8.Trattamento dei singoli pezzi. 9.Rimontaggio dei pezzi smembrati e rimossi, con inserimento di eventuali nuovi elementi di rinforzo o di connessione e con sostituzione degli elementi irrecuperabili. 10.Rimozione di eventuali imperfezioni, quali colature di adesivi o perni e legature che emergono dalla superficie del manufatto ricomposto, ed esecuzione di eventuali finiture superficiali o di trattamenti protettivi dei pezzi rimontati. Il rimontaggio segue comunque, in linea di massima, le regole costruttive proprie del manufatto su cui si opera ed è realizzato con fasi almeno in parte speculari a quelle dello smontaggio, in una sorta di anastilosi dei pezzi smembrati (Ricomposizione mediante anastilosi). Demolizioni La demolizione é un’operazione sistematica di abbattimento, totale o parziale, di qualche cosa in quanto ritenuta inservibile o d’impedimento per altre attività (dizionario della Lingua Italiana Zingarelli). In edilizia, in particolare, il termine demolizione indica il complesso di lavori e di attività diretti ad abbattere e a distruggere, una costruzione o alcune sue parti, e a rimuoverne i materiali dal sito su cui sorge, per condurli altrove, per disperderli o, in parte, recuperarli. Le demolizioni, nell’ambito di un progetto di restauro, possono riguardare ogni singola porzione, uno specifico elemento o l’interezza di una costruzione o di un generico manufatto. In particolare, possono essere demolite: - strutture murarie di fondazione - strutture murarie in elevato - strutture portanti - strutture portate - strutture orizzontali - strutture voltate - solai - finiture e strutture autonome Demolizioni La demolizione di ciascun elemento e di ogni specifico manufatto, in relazione al ruolo che esso svolge nella costruzione, alla sua consistenza (dimensionale, fisica, di conservazione ecc.), alla sua posizione e a molti altri aspetti, richiede particolari accorgimenti, l’adozione di peculiari procedure esecutive, di opportuni strumenti e macchinari, oltre che la corretta valutazione delle conseguenze che la demolizione può avere sulle parti di manufatto conservate, in termini di equilibrio e di stabilità, di funzionalità e di identità. Come demolire Le opere di demolizione, al di là delle possibili differenziazioni legate alla loro entità, al tipo di manufatti interessati e alle modalità esecutive prescelte, richiedono anzitutto il rispetto di alcune fasi organizzative così sintetizzabili: • individuazione dell’oggetto, dell’elemento, o della parte di costruzione da demolire • rilievo e analisi dell’oggetto da demolire per conoscerne i caratteri geometrici, la consistenza fisica (dimensioni, materiali, tecnica costruttiva), lo stato di conservazione, di equilibrio e di stabilità; • valutazione dei rapporti esistenti tra l’oggetto della demolizione e gli elementi o le parti contermini del manufatto; Come demolire • selezione dei metodi, degli strumenti o dei macchinari più idonei; • redazione di un programma/progetto delle demolizioni, ossia definizione delle diverse fasi operative e della loro corretta successione, con particolare riguardo a: - organizzazione del cantiere; - predisposizione delle misure di sicurezza sia riguardo alla stabilità del manufatto (opere provvisionali in genere, puntellature, ponteggi, ripari ecc.), sia riguardo alla sicurezza degli operatori e delle persone in genere (segnaletica, dispositivi di tutela e interdizione al passaggio e alla sosta, protezioni, ecc.); - individuazione delle modalità di crollo (in relazione anche ai rischi di stabilità delle parti superstiti e all'incolumità degli operatori). • apertura del cantiere, realizzazione delle strutture provvisionali e di ogni altro dispositivo previsto ai punti precedenti; • esecuzione delle opere e controllo delle fasi esecutive, compreso l’eventuale ricorso a sistemi di monitoraggio passivo delle condizioni di equilibrio delle strutture coinvolte nell’intervento. Come demolire In questa fase occorre, inoltre, porre in opera gli ulteriori elementi di sostegno, provvisionale o definitivo, necessari allo specifico intervento di demolizione che si sta attuando. Ad esempio, nel caso si realizzi una nuova apertura entro una compagine muraria esistente, sempre che ciò sia tecnicamente possibile per le caratteristiche costruttive e lo stato di conservazione della parete, è necessario procedere anzitutto allo scasso della porzione superiore del nuovo varco, operando su una faccia della parete, e inserire al suo interno un’architrave che sorregga la porzione di muratura sovrastante. Un’analoga operazione è poi eseguita sulla faccia contrapposta della parete e, solo dopo la posa in opera del secondo nuovo orizzontamento superiore, è possibile procedere alla demolizione dell’intera porzione di muratura corrispondente al varco desiderato. Ricomposizione per anastilosi Il nome di questa tecnica deriva dall’unione di due parole greche, anà e stylos che, letteralmente, significano "su" e "colonna", indica quindi l’operazione del "rialzare" o "porre di nuovo in piedi" colonne cadute e ridotte in frammenti. In termini più specifici il termine anastilosi è utilizzato, fin dall’antichità, ma soprattutto a partire dal XIX secolo, per descrivere le ricostruzioni totali, o più spesso parziali, di antichi edifici crollati, realizzate attraverso la ri-connessione delle parti cadute al suolo. L’anastilosi è stata a lungo impiegata soprattutto nel campo del restauro archeologico per ricostruire, a fini dimostrativi e didattici, ma anche per altre ragioni, quale ad esempio l'esaltazione della grandezza di un popolo o di una nazione, interi monumenti, soprattutto appartenenti alla civiltà greca e a quella romana. In questo modo sono stati ricomposti i frammenti dispersi al suolo di interi e imponenti colonnati di antichi templi della penisola ellenica e della Magna Grecia Decenni d’interventi di questa natura e la parallela riflessione critica, hanno tuttavia dimostrato che anche l’anastilosi, lungi dall’essere una “neutrale” pratica ricostruttiva, è in realtà un tipo d’intervento assai rischioso, che solleva enormi problemi di interpretazione ed è in grado di interferire pesantemente con lo studio stesso dei monumenti dell’antichità. L’anastilosi è sempre stata ritenuta una soluzione auspicabile in relazione alla volontà di ricomposizione di manufatti costruiti in pietra da taglio e caratterizzati da unioni a secco tra i vari elementi componenti. L’operazione può essere guidata e facilitata dalla presenza stessa dei numerosi segni di lavorazione spesso presenti sia sulle facce esterne degli elementi smembrati (ad esempio le scanalature delle colonne) sia sulle loro facce interne destinate a combaciare con elementi analoghi, sovrapposti o sottoposti ad essi (ad esempio gli incavi presenti nelle facce inferiori dei rocchi di una colonna, sede di antichi elementi metallici di connessione). Assai più difficile, per non dire impossibile, ritrovare la posizione di un singolo concio di pietra all’interno di una muratura. Ricomposizione per anastilosi L’anastilosi si articola nelle seguenti fasi: 1. Rilievo accurato degli elementi sparsi sul terreno. Le operazioni di rilievo devono riguardare sia il sito che i singoli frammenti; 2. Schedatura, descrizione, rilievo tridimensionale degli elementi smembrati; 3. Riconoscimento delle possibili relazioni esistenti tra i vari elementi censiti. 4. Ricostruzione ipotetica del manufatto da ricomporre, in laboratorio o con strumenti che permettano di non alterare lo stato dei luoghi; A questa fase spetta anche la definitiva identificazione dei pezzi da ricomporre per ricostruire il singolo manufatto e quella dei pezzi o dei frammenti mancanti e che occorrerà eventualmente integrare; 5. Definizione dell'esatta logica e sequenza di ricomposizione dei pezzi, degli elementi e dei frammenti riconosciuti come appartenenti al singolo manufatto (o parte di manufatto) da ricomporre e individuazione delle correlate fasi operative del rimontaggio; 6. Scelta dei modi, dei mezzi e degli strumenti operativi che s'intende adottare nelle fasi di ricomposizione e ri-innalzamento del manufatto crollato. La scelta riguardai sostegni provvisori che si rendono eventualmente necessari, durante le fasi di ricomposizione del manufatto. Occorre inoltre stabilire quali materiali e quali dispositivi utilizzare per realizzare le connessioni tra i frammenti da ricollocare (malte, resine, adesivi, perni, dispositivi d'ancoraggio passivi e attivi). Ricomposizione per anastilosi A questi limiti sembrano tuttavia opporsi alcune recenti esperienze che con gradi diversi di successo e di condivisibilità tra gli studiosi, hanno cercato di applicare, almeno idealmente, lo spirito e le ragioni dell’anastilosi alla ricostruzione di interi monumenti crollati a seguito di eventi sismici. - La ricostruzione del Duomo di Venzone - La ricostruzione degli affreschi di Giotto e Cimabue sulle vele delle volte di San Francesco ad Assisi …. Anastilosi virtuale Su questa linea si inseriscono anche esempi di ricomposizioni virtuali…. Affreschi di Andrea Mantegna nella Cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova La ricostruzione virtuale della Cappella Quello che era rimasto dopo il bombardamento del 1944 Anastilosi virtuale Affreschi di Andrea Mantegna nella Cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova La catalogazione dei frammenti Sono stati localizzati 384 frammenti Ricomposizioni, riadesioni, ancoraggi Il restauratore deve spesso affrontare l’eventuale ricomposizione di manufatti smembrati, di oggetti che hanno perso, per varie ragioni, alcuni elementi o da cui si sono staccati frammenti di diversa consistenza. Il campo d’azione di queste tecniche è assai vasto e comprende reperti archeologici (vasi, sculture, bronzi, monili, ecc.), manufatti architettonici (colonne, gradini, davanzali, stipiti, cimase, capitelli, pavimenti, rivestimenti, ecc.) e prodotti della scultura, della pittura o dell’artigianato (statue, bassorilievi, opere d’ebanisteria, mobili e arredi fissi, polittici e predelle d’altare, ecc.). Le principali tecniche di ricomposiizone, riadesione, ancoraggio sono: - Riadesioni e ancoraggi con perni e formulati adesivi - Consolidamento del sistema di aggancio di lastre lapidee - Riadesione di scaglie mediante adesivi - Riadesione di distacchi tramite iniezioni Riadesione e ancoraggio con perni e formulati adesivi Un manufatto può, per cause diverse, presentare fenomeni di distacco, totale o parziale, che interessano parte degli elementi di cui è costituito. Negli ancoraggi, i perni svolgono un ruolo di sostegno della parte staccata, collegandola al resto del manufatto. Riadesione e ancoraggio con perni e formulati adesivi L’operazione avviene con la seguente successione di operazioni: 1. in alcuni casi può essere necessario separare completamente le diverse parti interessate; 2. se il materiale è caratterizzato da decoesione occorre prima di tutto consolidarle, preferibilmente per impregnazione, per evitare che le perforazioni, necessarie alla successiva introduzione dei perni, inducano ulteriori e indesiderati danni; 3. una volta stabiliti il numero, le dimensioni dei perni da inserire (in relazione alla previsione delle sollecitazioni cui l’unione sarà sottoposta e alle sue caratteristiche morfologiche) nonché l’orientamento dei fori, si eseguono le perforazioni per ricavare nel corpo del manufatto e nel frammento le sedi d’alloggiamento dei perni, utilizzando un trapano. Il diametro del foro deve essere leggermente maggiore rispetto a quello del perno da inserire al suo interno (sono sufficienti 3-4 mm in eccesso, o anche meno, se i perni sono di piccole dimensioni) e lo stesso accorgimento riguarda la profondità del foro (in questo caso possono essere necessari anche 2- 3 cm in eccesso, affinché l’estremità del perno resti leggermente arretrata rispetto alla testa del foro, per rendere possibile la sua stuccatura finale); Riadesione e ancoraggio con perni e formulati adesivi 4. eseguirne un’accurata pulizia, utilizzando ad esempio un getto di aria compressa e, successivamente, un lavaggio eseguito con una miscela di acqua e alcol (l’aggiunta di alcol all’acqua ha la duplice finalità di migliorare l’azione bagnante di quest’ultima e di aumentare la sua velocità di evaporazione); 5. iniettare un piccola quantità di adesivo all’interno del foro, per assicurare l’adesione della testa del perno alla parte salda del manufatto da integrare; la siringa utilizzata deve essere preferibilmente del tipo utilizzato per manipolare miscele plastiche, deve essere azionata ad aria, in quanto ciò consente un migliore controllo della fuoriuscita dell’adesivo e deve essere dotata di un ugello di ottone o di rame; 6. intingere il perno, accuratamente pulito con acetone o alcol puro, nell’adesivo e farlo scorrere all’interno del foro per rivestirne le pareti con una piccola quantità di collante e favorire la successiva presa dell’adesivo, con il definitivo bloccaggio del perno; 7. iniettare il formulato adesivo all’interno del foro in quantità sufficiente per riempire quasi completamente la cavità, possibilmente a partire dal fondo del foro, non troppo velocemente, per evitare l’inclusione di bolle d’aria che potrebbero ridurre la superficie d’adesione tra il perno e le pareti del foro; Riadesione e ancoraggio con perni e formulati adesivi 8. si inserisce quindi il perno all’interno della cavità predisposta, avendo cura di rimuovere con un tampone di cotone o con un panno umido l’adesivo che fuoriesce dal foro. I perni utilizzati possono essere in vetroresina e in acciaio inossidabile; in quest’ultimo caso debbono essere impiegati i tipi d’acciaio elencati nella tabella SIAS (Società Italiana Acciai Speciali), mentre le barre devono preferibilmente essere ad aderenza migliorata per rendere più facile l’aggrappaggio dell’adesivo; 9. infine, si procede alla stuccatura della testa del foro utilizzando una malta composta dal collante impiegato e dai detriti provenienti dal materiale perforato, per mimetizzare la traccia del foro sulla superficie del manufatto (se destinata a rimanere in vista); nel caso in cui si sia invece deciso di non nascondere l’imperniatura (ciò accade soprattutto nel caso di riparazioni di oggetti di legno eseguite con perni o cavicchi lignei), si utilizzano perni più lunghi dei fori in cui debbono essere introdotti e, alla fine, se ne taglia semplicemente la porzione eccedente, provvedendo successivamente a levigarne e a rifinire la superficie visibile. Riadesione e ancoraggio con perni e formulati adesivi Consolidamento di mensole con perni di vetroresina Consolidamento del sistema di aggancio di lastre lapidee Il consolidamento degli elementi di un sistema di aggancio di lastre di rivestimento al loro supporto, eventualmente danneggiato e non più efficiente o sicuro, consiste generalmente nell’inserimento di eventuali nuovi ancoraggi speciali, atti a fissare alla retrostante struttura le lastre instabili, sempre che esse non richiedano per sé ulteriori interventi di consolidamento. Questo tipo di intervento può riguardare in tutti i casi in cui le lastre di un rivestimento presentino distacchi e cadute di elementi, o di frammenti di elementi, tali da compromettere la continuità e stabilità del manufatto, la sua forma o la sua sicurezza nonché l’incolumità delle persone. Consolidamento del sistema di aggancio di lastre lapidee Il consolidamento degli elementi di un sistema di aggancio di lastre di rivestimento al loro supporto, eventualmente danneggiato e non più efficiente o sicuro, consiste generalmente nell’inserimento di eventuali nuovi ancoraggi speciali, atti a fissare alla retrostante struttura le lastre instabili, sempre che esse non richiedano per sé ulteriori interventi di consolidamento.Questo tipo di intervento può riguardare in tutti i casi in cui le lastre di un rivestimento presentino distacchi e cadute di elementi, o di frammenti di elementi, tali da compromettere la continuità e stabilità del manufatto, la sua forma o la sua sicurezza nonché l’incolumità delle persone. Consolidamento del sistema di aggancio di lastre lapidee Per eseguire un corretto intervento, è anzitutto indispensabile un’adeguata indagine sulle caratteristiche costruttive del paramento, sui materiali di cui questo è costituito, sui sistemi di ancoraggio esistenti, sul loro stato di conservazione, sulla loro stabilità ed efficienza e, infine, sui distacchi, le deformazioni e le eventuali lesioni rilevabili al suo interno. Lo stato di conservazione si determina individuando ed esaminando le situazioni di distacco delle lastre. L’individuazione di lastre eventualmente distaccate o disancorate dal supporto può, ad esempio, essere effettuata tramite accertamenti non invasivi quali l’endoscopia o la termografia. I fissaggi possono essere realizzati con elementi: ad espansione - tasselli metallici e/o plastici che non producono una forzatura contro le pareti del foro, bensì una dilatazione del tassello stesso all’interno del supporto cui la lastra deve essere riancorata. senza espansione - zanche, ossia elementi metallici piatti generalmente dotati di estremità di forma e lavorazione tali da potere essere bloccate una volta che siano annegati nel supporto. tasselli chimici (barre metalliche filettate) che vengono applicati come i tasselli ad espansione ma la cui adesione è garantita da specifici prodotti chimici (generalmente resine). Riadesione di scaglie mediante adesivi Il principio di intervento, in presenza di scaglie pericolanti o completamente distaccate, si basa sul loro riposizionamento in una presunta posizione originaria, ossia si cerca di far riaderire i frammenti sulla superficie, evitandone il più possibile la sconnessione. Per sorreggere le scaglie si impiegano dei collanti che sono in grado di formare una struttura di collegamento nello spazio delle fessure e delle cavità più larghe e profonde, e far aderire la superficie rotta di un frammento espulso al corpo sano della pietra. I collanti utilizzati devono assicurare due caratteristiche comuni indispensabili: la flessibilità e, se necessario, la facilità di rimozione. I collanti molto rigidi, potrebbero provocare degli strappi delle scaglie incollate. Ogni tipo di collante dovrebbe poter essere rimosso utilizzando il solvente con il quale è stato preparato. Il tipo di adesivo da utilizzare varia in funzione della dimensione delle masse da incollare e della provvisorietà o meno dell'intervento. Nel caso di un preconsolidamento, si utilizzano colle animali, colle poliviniliche, resine acriliche in soluzione, ed anche alcune malte. Riadesione di scaglie mediante adesivi In presenza di scaglie leggere, si può usare come collante una malta magra. Gli adesivi a base di gomme vegetali, le resine naturali, gli adesivi sintetici o a base di resine artificiali, come le resine epossidiche, poliuretaniche e poliestere, sono utilizzate per ricongiungere stabilmente parti più grandi di sculture spezzate e rivestimenti marmorei. Se la pietra è porosa il trattamento potrebbe provocare assorbimenti incontrollati del solvente presente nell'adesivo, con il conseguente ed elevato rischio di un'alterazione cromatica dell'elemento lapideo. Può essere allora opportuno trattare preventivamente le due superfici che devono entrare in contatto con Paraloid B72 in cloretene al 15%, per impedire la penetrazione dell'adesivo. Le resine epossidiche, in particolare, sono impiegate per l'incollaggio di frammenti di grandi dimensioni, eventualmente con l'inserimento di perni in fibroresina o al titanio, oppure, se le parti da consolidare non sottoposte a particolari sollecitazioni meccaniche, anche di resina epossidica o di poliestere, rinforzati con fibre di vetro Riadesione di scaglie mediante adesivi Riadesione di scaglie mediante adesivi La riadesione può avvenire in fase di preconsolidamento o di consolidamento. Il preconsolidamento può avvenire mediante: applicazione a spruzzo; applicazione a iniezione. Alla tecnica a spruzzo spesso si preferisce il metodo di riadesione delle scaglie mediante iniezione. Il collante contenuto in una siringa è iniettato al di sotto delle scaglie pericolanti; su di esse si esercita una leggera pressione con una tamponatura a spugna (imbevuta di un solvente idoneo) e si realizza la riadesione delle scaglie alla superficie. Ciò consente anche di asportare l’eventuale collante in eccesso. È prudente proteggere preventivamente la superficie con carta giapponese, vale a dire interponendo un filtro tra le scaglie e la spugna bagnata, e limitando notevolmente i rischi di distacco. Riadesione di scaglie mediante adesivi Il consolidamento può avvenire mediante: applicazione a spruzzo o pennello; applicazione a iniezione. Nell'applicazione a pennello, il prodotto consolidante deve essere distribuito uniformemente e in abbondanza sulle superfici da far riaderire. Poi la parte distaccata sarà collocata nella sua sede definitiva controllando che i lembi del supporto e della parte da incollare siano correttamente accostati. In attesa del completo indurimento dei collanti, per mantenere i frammenti in posizione, saranno previsti dei presidi provvisori. L'incollaggio in profondità è eseguito utilizzando siringhe, assicurandosi che il distacco sia riempito il più possibile e procedendo ad una immediata pulitura in caso di fuoriuscita del prodotto. L'adesivo da iniettare può essere costituito da polimeri acrilici in soluzione o dispersione e cariche (carbonato di calcio o pietra macinata), oppure da un collante epossidico bicomponente con grado di fluidità e viscosità dipendente dalla dimensione della fessura da riempire. Riadesione di scaglie mediante adesivi Se la parte distaccata non è facilmente raggiungibile, è possibile praticare dei fori con un microtrapano con punte molto sottili. Il foro deve essere pulito da polveri, residui della foratura o quant'altro possa ostacolare l'immissione e la percolazione del prodotto adesivo. Successivamente sarà necessario stuccare, ad esempio con una gomma siliconica, tutte le lesioni e i fori dai quali potrebbe fuoriuscire il prodotto adesivo. Una volta indurita la resina si provvederà all'eliminazione delle stuccature in gomma siliconica e, dove necessario, alla loro sostituzione con stuccature permanenti. Riadesione di distacchi tramite iniezioni Gli intonaci, possono perdere la propria aderenza al supporto e cadere mettendo a nudo e a rischio la sottostante muratura. Analoghi fenomeni possono peraltro interessare anche gli strati superficiali di manufatti lapidei soprattutto se di natura scistosa. In questi casi, quando al distacco non é ancora seguita la caduta è possibile fare nuovamente aderire l’intonaco al supporto tramite iniezioni di prodotti e malte consolidanti, in modo da ottenere un’azione adesiva. La tecnica di riadesione mediante iniezioni prevede tuttavia una sequenza di operazioni che sinteticamente tendono a: a) Localizzare la porzione di intonaco distaccato da fare riaderire ed eseguire un foro di piccole dimensioni (Ø 24 mm), scegliendo con cura il punto più adatto. I fori possono non essere necessari se la zona di distacco è agevolmente raggiungibile con le iniezioni, anche utilizzando le discontinuità già presenti sulla sua superficie estera, quali lesioni, fratture, crepe o bordi. Se i distacchi interessano superfici ampie, sono necessari diversi fori d’iniezione, che saranno praticati iniziando dal basso e proseguendo man mano verso l'alto, in modo che i prodotti iniettati possano riempire progressivamente tutto il vuoto esistente tra intonaco e supporto. I fori devono essere eseguiti sfruttando il più possibile le zone in cui si sono verificate cadute o abrasioni e possono essere realizzati tramite punteruoli o piccoli trapani ad alta velocità, con punte molto sottili, come ad esempio quelle usate in odontoiatria. Tra la punta del trapano e la superficie dell’intonaco deve essere interposta una spugna inumidita per raccogliere la polvere prodotta con la perforazione. b) Aspirare la polvere rimasta intorno alle pareti del foro e quella presente all’interno del vuoto, utilizzando cateteri flessibili di dimensioni adeguate. c) Pulire le superfici interne alla lente di distacco e favorire lo scorrimento e la presa del consolidante al suo interno iniettandovi, con una siringa o con una peretta, acqua deionizzata o una miscela d'acqua e alcool che defluirà all’esterno attraverso i fori della zona inferiore o rifluirà dal foro di iniezione stesso. d) Stuccare tutti i bordi dell’intonaco, le fessure, i fori e le zone dalle quali è uscito il liquido iniettato. Questa operazione serve anche ad individuare i punti di possibile fuoriuscita del materiale sigillante da iniettare e a creare, con le stuccature, una condizione di "camera stagna" per la lente di distacco. e) Iniettare, infine, il prodotto consolidante, introducendo nel foro un piccolo tubo di gomma o un ago di dimensioni e forma adeguati al tipo di fluido utilizzato e alle condizioni del distacco. La tecnica di riadesione degli intonaci tramite iniezione, richiede, oltre agli accorgimenti descritti, l’uso di prodotti dotati di particolari caratteristiche di fluidità, rapidi tempi di presa, pronunciata tenacità, scarso ritiro, porosità simile a quella dell’intonaco esistente, oltre a tutte le caratteristiche proprie dei materiali usati nel restauro, tra le quali, in primo luogo, l’assenza al loro interno di sostanze solubili e la compatibilità con i materiali su cui si agisce. I prodotti utilizzati sono: Iniezioni con malta contenente calce idraulica Lafarge La calce idraulica Lafarge è usata, in genere, miscelata con un aggregato, per lo più polvere di mattone, e con resina acrilica (Primal AC33). Alcune prove realizzate nel laboratorio dell’OPD di Firenze hanno dimostrato però che le iniezioni con miscele contenenti tale legante forniscono una saturazione del distacco molto omogenea, con tenacità elevata ma una scarsa adesione. Iniezioni con Ledan TB1 Il Ledan TB1 è un materiale composto da quarzo, pozzolana, bario, perlite micronizzata, calce idraulica artificiale e additivi diversi, vale a dire fluidificanti, agenti aeranti e antisedimentali, ritardanti, antibatterici. Il prodotto assicura ottima adesione, ma una saturazione disomogenea della lente di distacco, ed ha una tenacità eccessiva che può provocare tensioni nell’intonaco. Iniezioni con alluminati di calcio Le malte contenenti alluminati di calcio sono state messe a punto per la ricollocazione su nuovi supporti dei mosaici staccati e sono state successivamente sperimentate anche sugli intonaci, cercando di approfittare dei vantaggi derivanti dalla loro leggerezza. La reazione che si sviluppa, aggiungendo alle malte di calce e sabbia, piccole quantità d'alluminio metallico in polvere, provoca, a causa dello sviluppo di gas nel composto, la formazione di un materiale molto poroso che conserva le caratteristiche d'adesività della malta a base di calce, ma è molto più leggero. I limiti della tecnica di riadesione mediante iniezioni, oltre a quelli legati all'impiego dei diversi prodotti, possono essere rappresentati dal rischio di: a) dar luogo ad una distribuzione discontinua del riempitivo, a "pelle di leopardo", che non permette di ricostruire una esatta “geografia” delle zone consolidate; b) determinare o favorire rotture e crolli della porzione di intonaco sottoposta a riadesione. Una variante al sistema di consolidamento mediante iniezione prevede così la creazione di una rete di ancoraggio (a maglia variabile) con tasselli chimici realizzati con iniezioni localizzate di resina epossidica, passanti nei vari strati soggetti a distacco e ancorati al supporto murario.