La nascita di una nuova rivista

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La nascita di una nuova rivista
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La nascita di una nuova rivista
di Francesco Caringella
uno scenario consueto quello di questa mattina. Sono, come spesso mi capita, alla stazione
Termini in attesa del treno AV per Milano ove mi attende un importante convegno di studi.
Mi hanno chiesto una relazione sulla nuova architettura dell’interesse legittimo dopo il nuovo codice del
processo amministrativo. Sono appena le ore 7 di una soleggiata giornata di inverno. Intorno a me già
tanta gente che corre verso i propri impegni quotidiani. E’ l’Italia che produce, l’Italia che non si
ferma davanti a nessuna difficoltà.
La giornata sarà molto impegnativa, ma sono reduce dalla mezza maratona corsa al ritmo di
13 KM orari qualche giorno fa, nel gelo di Assisi, di fronte al miracolo del Santo poverello, e mi
sento particolarmente in forma e motivato. Il treno, appena giunto da Napoli, è di nuovo pronto
per la partenza. Il mio posto è il numero 3, numero che mi ricorda molte cose, dalla classifica (C3)
acquisita nel tennis agonistico che ho praticato negli anni universitari, al numero che portavo dietro
la maglietta quando di tanto in tanto giocavo calcio: terzino sinistro, fluidificante, con il vizio del
gol. E’ anche il numero dei concorsi in magistratura vinti negli anni, da quello per l’ingresso nella
magistratura ordinaria espugnato nel 1990, a quello per l’accesso alla magistratura amministrativa
di primo grado conquistato nel 1996 per approdare, l’anno dopo, a quello scrigno di tesori artistici
e giuridici che è Palazzo Spada e, nelle sue stanze profumate di storia, il Consiglio di Stato.
Mi accomodo, e lascio cadere una pioggia di carte scritte che mi accompagneranno in questo
viaggio. Spengo il cellulare e prelevo dalla tasca il mio Ipod nano. Indosso le cuffie e mi sintonizzo,
senza esitazione, su una cover anni ‘70 interpretata magistralmente da Fiorella Mannoia.
Penso ai due importanti compiti da affrontare prima di arrivare a Milano. Il primo, concerne la
chiusura della relazione. In particolare, vorrei trovare le parole più giuste e più penetranti per esprimere un pronostico sul futuro dell’interesse legittimo dopo il nuovo codice del processo. Vorrei
formulare un pronostico che sappia dare subito l’idea, anche con un linguaggio immaginifico, del
vigore e della forza di tale posizione soggettiva. Il secondo compito è quello di provare a spiegare
le ragioni che mi hanno indotto a proporre all’editore Dike un miglioramento della rivista ildirittopericoncorsi ed il mutamento del suo nome in Diritto e Giurisprudenza.
So che il viaggio durerà circa tre ore e decido di gestire al meglio il tempo che ho a disposizione.
Pertanto, in considerazione della difficoltà dei compiti che mi sono assegnato, decido di dedicare
due ore al secondo compito, e un’ora al primo.
Comincio dal secondo compito e mi rendo subito conto che è sempre difficile spiegare le ragioni
di un cambiamento perché è sempre difficile trovare l’inizio, o meglio: è sempre difficile cominciare
dall’inizio senza tentare di andare ancora più indietro.
A tal proposito mi torna in mente che nell’editoriale per il n. 20 del aprile 2010, vol. 328 di «Science»
intitolato Irriverence and Indian Science lo scienziato indiano R.A. Mashelkar cita questa famosa affermazione di Richard Feynman famoso fisico e premio Nobel per la fisica nel 1965: «la ricerca scientifica
creativa richiede irriverenza» (creative pursuit in science require irriverence). E, dopo essersi lamentato
che questo spirito oggi manca alla ricerca scientifica indiana, ne attribuisce la causa al conservatorismo
inerente alla cultura e alla tradizione indiana, bene illustrato dall’antico detto sanscrito secondo cui «le
parole degli anziani sono la verità definitiva».
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Non so perché, ma questo ricordo, con le sue parole così audaci e spregiudicate, suscita in me
grande curiosità ed attenzione e si rivela da subito come una riflessione di profonda attualità da cui
dipanare le ragioni del mantenimento ed al tempo stesso del miglioramento di una rivista per la
formazione professionale, come il dirittopericoncorsi, che già qualche anno fa nacque proprio con
l’intento di rimeditare quelle verità definitive deprecate da Feynman.
Non può revocarsi in dubbio che malgrado il numero grande, e sempre crescente, di riviste riguardanti i più diversi settori del diritto, continua a mancare attualmente una rivista complessiva
cui il lettore di buona cultura si possa rivolgere per un orientamento critico in un campo così vasto
e complesso.
Il diritto, infatti, come certe donne, è facile incontrarlo, ma fare la sua conoscenza è estremamente difficile.
Per questo mi convinco sempre di più dell’importanza di avere a disposizione uno strumento
che faccia il punto della situazione tanto sullo stato delle conoscenze, quanto sul grado di elaborazione dei problemi.
Sento spesso parlare, nei numerosi congressi e convegni di studio cui ho l’onore di partecipare,
che la realtà è complessa, che il diritto è fatto di fratture e continuità, di lacerazioni e di contrasti che
si sovrappongono e si intersecano senza regola certa, che tutto, quindi, è possibile e niente è certo.
Da simili considerazioni quasi tre anni fa è nata una rivista nuova nello stile e nei contenuti. Ildirittopericoncorsi.Una rivista nuova nel panorama giuridico italiano che ha volutamente rinunciato
alla scelta di propinare un punto di vista unico, in pro’ di un’ottica multipla e problematica.
Si trattava di una rivista nata per prendere per mano il neo laureato ed accompagnarlo premurosamente, con pubblicazioni mirate e funzionali, lungo il tragitto spesso impervio ed accidentato
che è destinato a percorrere nella preparazione ai cimenti concorsuali. Per dirla con termini immaginifici si era voluto dare corpo ad una bussola amichevole per aiutare i concorsisti-naviganti a non
perdere mai la giusta via anche quando il mare è in tempesta.
Nel corso di questi tre anni di vita della Rivista è apparsa, nitida, l’esigenza di completare il progetto al fine di rendere fruibile l’iniziativa anche da parte dei professionisti.
Il prodotto editoriale che oggi vede la luce vuole allora raggiungere un punto di equilibrio che
coniughi, in modo armonico, le esigenze del concorsista di avere una finestra attenta al suo mondo
ed alle sue esigenze con il bisogno del professionista di avere il saldo controllo del panorama normativo e giurisprudenziale entro il quale è chiamato giornalmente ad operare.
Siffatta coniugazione risulta vera, se non indispensabile, visto che, da un lato, le tracce concorsuali richiedono, in modo sempre più spiccato, una riflessione su casi pratici e su quesiti di matrice
anche processuale; dall’altro, il professionista è sempre più uno studente chiamato a formarsi di
fronte ai mutamenti incessanti che scuotono il mondo del diritto.
Questa sintesi pertanto deve essere effettuata all’insegna della continuità e dell’innovazione.
Cominciando con i profili di continuità, la rivista, oggi come ieri, vuole soddisfare i bisogni che
animano tutti coloro che studiano a vario titolo il diritto e per questo si è pensato bene di confermare i seguenti aspetti:
a)la guida ragionata alla formazione, ossia uno strumento che consenta di comprendere, nel groviglio di volumi, manuali, trattati ed altri simili corpi contundenti, quali sono i temi di particolare importanza e di speciale complessità necessitanti di specifica attenzione ed adeguati approfondimenti.
Il tutto nell’ambito di un programma annuale organico ed ordinato, indicato subito dopo questo
editoriale, che consente una formazione coerente e non episodica;
b)il monitoraggio delle sentenze più recenti e significative, e tanto in omaggio alla ben nota legge di
Murphy secondo cui conoscere l’ultima sentenza delle sezioni unite può non essere necessario ma
non conoscerla è sicuramente esiziale;
c) l’apprendimento di una buona tecnica di redazione degli elaborati concorsuali e degli scritti giuridici.
Quanto ai profili di innovazione, invece, si segnala in primo luogo che Diritto e Giurisprudenza chiarisce, in modo plastico, il bisogno del lettore di avere il polso del diritto in azione, e quindi dell’elaborazione pretoria che dà quotidiana vita alle categorie giuridiche ed alle proposizioni normative.
In secondo luogo, si segnala il nuovo osservatorio giurisprudenziale che sarà sviluppato e trattato non più in una sezione distaccata e generalista, bensì con maggiore dovizia di particolari all’interno di ciascuna sezione ratione materiae.
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Infine, sondando con maggiore attenzione e con angolazione differente dal passato l’importanza che il fattore «processualistico» rivela per il pubblico dei professionisti del diritto, si è deciso di
introdurre ex novo due sezioni specialistiche di diritto processuale penale e di diritto processuale
civile affidate, rispettivamente, alla cura ed al coordinamento magistrale di due Maestri come Paolo
Ferrua e Bruno Sassani.
La fiducia mia e dell’editore in primis, dunque, è che da questo progetto a più voci risulti un
quadro diverso, meno astratto e soprattutto meno sfuocato, di ciò che rappresenta oggi, la sconfinata tradizione del pensiero giuridico italiano affinché il lettore possa trovare qualche sostanziale e
gratificante beneficio.
Quello stesso beneficio magari che si può provare sorseggiando una tisana calda in un giornata
uggiosa, ovvero quando si viaggia in treno, come in questo momento, nella solitudine e nel piacere
del proprio lavoro, osservando i paesaggi poetici del Chianti chair e le venature surreali di un immenso cielo azzurro.
E proprio questo cielo azzurro mi ispira subito qualche riflessione anche sul primo compito che
devo affrontare in quest’ultima ora di viaggio. Un cielo azzurro che scorre dietro il finestrino di un
treno che corre velocemente verso la meta. Un cielo azzurro che mi riporta a casa, nelle mie amate
terre salentine dove il mare ed il cielo, sempre tinti di blu, si fondono in un unicum indissolubile.
Ecco, per esprimere il vigore e la forza che gli sono proprie potrei formulare queste conclusioni
e questo pronostico per l’interesse legittimo dopo il nuovo codice del processo: un tuffo dove l’acqua
è sempre più blu.
Chissà se agli uditori del convegno piacerà.
Comunque sia, ho lavorato con così tanto piacere che non mi sono neppure accorto che il tempo a
mia disposizione è terminato. Il treno, infatti, è appena entrato nella stazione di Milano e devo raccogliere velocemente quella pioggia di carte scritte che nel frattempo è diventata un diluvio. Scendo dal
treno e con passo da novello maratoneta raggiungo il posteggio taxi. Ne prendo uno volo per non fare
tardi. E così, nel mentre la Punto bianca sfreccia di fronte alla solennità fascista del Palazzo di Giustizia
di Corso Porta Vittoria, il ricordo corre al 1991, quando, giovane magistrato ventiquattrenne, presi servizio presso la VII Sezione Penale del Tribunale.
Inizialmente avevo considerato quella meneghina una soluzione provvisoria, ideale per fare
esperienza in un Tribunale prestigioso popolato da colleghi di valore capaci di insegnarmi il mestiere.
Col tempo, però, la città mi entrò nel sangue. Cosa incredibile per un terrone come me, divenni
milanese dentro. Di quella metropoli austro-ungarica aveva preso a piacermi tutto: il ritmo frenetico, lo slang meneghino, l’efficienza teutonica, la pausa pranzo di venti minuti, la cotoletta sommersa
dall’uovo, il Duomo impreziosito dalla neve, i film gustati al cinema in solitudine, i ricordi manzoniani che impregnano Piazza San Fedele, l’eleganza dei palazzi del centro, le vetrine sfavillanti di
via Montenapoleone, il patriottismo dimenticato di Piazza delle Cinque Giornate, la malinconia dei
navigli di periferia, la varia umanità multietnica, e persino il grigio dell’autunno e il gelo dell’inverno.
Dopo alcuni anni l’avventura finì.
Una fine solo apparente, o meglio: un cambiamento, un’evoluzione, direi. Le esperienze vere,
infatti, ti restano dentro e ti aiutano a migliorare, proprio come sono sicuro succederà a questo progetto editoriale che, circondato dall’affetto dei veri amici, mi appresto a varare con l’entusiasmo e
l’incoscienza di sempre.
D’altronde, le idee ed i progetti camminano sulle gambe degli uomini, e gli uomini ed i loro progetti, alle volte e per loro fortuna, cambiano, cambiano per non morire, come mi ricorda quest’ultima
e magica canzone della cover che mi scorre in cuffia alcuni minuti prima dell’inizio del convegno.
Roma 2 gennaio 2012
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