Semmelweiss, il salvatore delle madri

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Semmelweiss, il salvatore delle madri
Semmelweiss, il salvatore delle madri
Nessuno, tranne gli storici della medicina, ricorda più oggi il nome di Ignaz Phillipp Semmelweiss (1818-1865) medico
ungherese che, alla metà dell’Ottocento, è stato fra i primi ad introdurre nella pratica medica il principio dell’antisepsi, cioè
della sterilizzazione, salvando la vita a migliaia di partorienti.
Intorno al 1846, la scoperta e l’introduzione dell’anestesia avevano reso meno pericolose e dolorose le operazioni
chirurgiche, ma non avevano debellato l’altro grande pericolo della chirurgia, la cancrena ospedaliera. Oltre a colpire i
pazienti, determinando una mortalità altissima, essa colpiva anche i chirurghi, che si esponevano continuamente alle
infezioni nel corso di operazioni e autopsie. Un problema particolare era quello della febbre puerperale, che colpiva fino al
30% delle donne che partorivano in ospedale, mentre era molto meno diffusa tra le donne che partorivano in casa. Fino agli
anni Ottanta dell’Ottocento, alla scoperta dei microrganismi da parte di Pasteur1, e all’introduzione dei princìpi della sua
teoria nella pratica chirurgica ad opera del chirurgo inglese Lister (colui che introdusse l’uso dell’acido fenico come
disinfettante per ferite, strumenti, mani e tutto quanto entrava in contatto con le ferite), non esistevano le conoscenze teoriche
necessarie ad individuare la febbre puerperale e la setticemia come malattie dovute all’azione dei microrganismi.
L’esistenza di batteri e microrganismi, infatti, per quanto sostenuta fin dal Seicento da scienziati e medici, aveva incontrato
resistenze teoriche fortissime in quanti sostenevano la dottrina tradizionale della generazione spontanea. E se non si
riconosceva ufficialmente la teoria dell’esistenza dei microrganismi, l’idea della trasmissione delle infezioni tramite i batteri
restava priva di fondamenti teorici, anche se veniva sempre più spesso intuita nella pratica da medici e chirurghi. Nel 1843, il
medico Oliver Holmes suscitò un vespaio in un convegno medico a Boston sostenendo che i medici dovevano cambiarsi
d’abito e lavarsi le mani prima di assistere le partorienti. Ma colui che si batté con maggiore successo per salvare la vita alle
partorienti e pagò il prezzo più alto per questa battaglia contro il conformismo della scienza medica del tempo fu il giovane
chirurgo ungherese che lavorava come aiuto nel reparto di maternità dell’ospedale di Vienna, Semmelweiss. Nel corso del
suo lavoro, Semmelweiss notò infatti che le vittime della febbre puerperale erano soprattutto le pazienti assistite dagli
studenti di medicina, che passavano direttamente dalla sala delle autopsie alle corsie delle partorienti. Le stesse donne lo
avevano notato, tanto che supplicavano di essere assistite dalle levatrici e non dagli studenti di medicina. Nello stesso
periodo, un suo amico, medico legale nello stesso ospedale, moriva di infezione dopo essersi ferito nel corso di un’autopsia.
I sintomi della sua malattia erano, notò Semmelweiss, molto simili a quelli della febbre puerperale. Egli intuì così l’origine
settica della febbre puerperale, e costrinse gli studenti2 a lavarsi le mani con un forte disinfettante al cloro prima di visitare le
puerpere: in due anni, la mortalità nel reparto si riduce dal quasi 13% all’1,23%. Un risultato clamoroso e inoppugnabile, che
desta però scandalo fra le autorità ospedaliere, chiuse nel più rigido conservatorismo, poco propense ad accusare i medici di
igiene insufficiente.
Bersaglio di ironie e ostracismo, costretto a lasciare l’ospedale di Vienna, Semmelweiss si trasferisce alla Clinica
universitaria di Ostetricia di Budapest, senza rinunciare né alle sue convinzioni né al suo metodo: il tasso di mortalità delle
puerpere scende a meno dell’1%. Ma Semmelweiss continua a scontrarsi con la furibonda ostilità della classe medica di tutta
Europa. Nel 1861 pubblica i risultati delle sue teorie in una grande opera, Etiologia, concetto e profilassi della febbre
puerperale, che non convince i suoi avversari. Alla fine è vittima di un crollo nervoso: internato nell’ospedale psichiatrico di
Vienna, morirà nel 1865, vittima di una setticemia provocata da una ferita ad un dito.
Colpisce nella storia drammatica di Semmelweiss, e in altre meno drammatiche ma similari dei pionieri della nuova
medicina, la banalità delle resistenze in nome delle quali si continuavano a lasciar morire di infezione donne e uomini.
Dietro l’ostilità a Semmelweiss, nonostante i suoi risultati parlassero per lui, sono soprattutto abitudini consolidate,
pregiudizi, indifferenza e la paura di perdita di prestigio da parte della classe medica. Anche se a volte queste stesse banali
resistenze alle innovazioni si ammantavano di ragioni morali e religiose: nello stesso periodo gli oppositori dell’uso del
cloroformio nei parti sostenevano che i medici, addormentando le pazienti, «avrebbero privato il Signore delle disperate
invocazioni» delle donne che partorivano con dolore.
Tratto dalla rubrica on-line Vite nel tempo Semmelweiss, il salvatore delle madri sul sito web della casa editrice Laterza. Le
note sono mie sintesi di informazioni tratte da diverse fonti.
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La teoria microbica sull’origine delle malattie infettive è dovuta a Pasteur. I suoi studi sulla contaminazione del vino e della birra da parte dei lieviti portati
dall’aria condussero alcuni ricercatori a riconoscere che queste “malattie” erano dovute all’ingresso di microrganismi estranei. Dal 1875 molti medici
riconobbero che alcune malattie erano collegate a specifici microrganismi, ma la globalità dell’opinione medica non volle ammettere che malattie gravi come il
colera, la difterite, la febbre puerperale, la sifilide, il vaiolo, potessero essere causati da questi agenti. Per dare un’idea dell’entità del problema, secondo il
biografo e genero di Pasteur,Vallery-Radot, fra il primo Aprile e il 10 Maggio 1856 nel reparto Maternità dell’Ospedale di Parigi ci furono 64 decessi per febbre
puerperale su 347 ricoveri per parto. L’ospedale fu chiuso e le pazienti trasferite ad un altro ospedale. Tristemente, il contagio seguì queste donne e quasi tutte
morirono. Visitando i reparti ospedalieri Pasteur si rese conto che le infezioni si trasmettevano dai pazienti malati a quelli sani ad opera dei medici e del
personale sanitario. In un famoso discorso di fronte all’augusta Accademia di Medicina di Parigi egli affermò: “Quest’acqua, questa spugna, questa garza con
cui lavate o coprite una ferita possono depositare germi che hanno la capacità di moltiplicarsi rapidamente all’interno dei tessuti …Se io avessi l’onore di essere
un chirurgo … non solo userei soltanto strumenti perfettamente puliti, ma mi laverei le mani con la massima cura …Userei soltanto garze, bende e spugne
precedentemente esposte a temperature dai 1300 ai 1500 gradi. Lentamente, ma con certezza, grazie ai discorsi di Pasteur, di Lister ed altri medici la medicina e
la chirurgia antisettica divennero la regola.
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Sotto la sua personale supervisione obbligò gli studenti a lavarsi prima energicamente con acqua e sapone e poi con una soluzione di cloruro di calce, molto
simile all’attuale candeggina (soluzione di ipoclorito di sodio).
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oggi:
Il dott. Semmelweiss aveva ragione: lavarsi le mani previene le infezioni
Nel 1997 correva il 150° anniversario di una delle più importanti scoperte della medicina. Nel 1847, il dott. Ignaz
Semmelweiss, medico in un ospedale di Vienna, scoprì che infezioni mortali venivano diffuse tra i pazienti da medici che non si
lavavano le mani tra una visita e l’altra. Semmelweiss immediatamente istituì una procedura disinfettante secondo cui ai medici
veniva richiesto di lavarsi in una soluzione di cloruro di calce dopo le autopsie e con acqua e sapone dopo ogni visita. I dottori
dovevano anche mettersi un camice pulito prima di visitare i pazienti. In seguito a questo, i tassi di mortalità nell’ospedale a
causa di malattie infettive crollarono.
Oggi, lavarsi le mani dovrebbe essere una semplice tecnica antisettica standard impiegata negli ospedali ed in altre strutture di
cura della salute per prevenire la diffusione delle malattie. Tuttavia, studi condotti negli ospedali di tutto il mondo nel corso
delle tre decadi trascorse, ha mostrato che molti tra dottori e personale sanitario non seguono questa pratica.
Prevalenza delle infezioni contratte in ospedale
Il CDC, U.S. Center for Disease Control and Prevention (Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie degli Stati
Uniti), stima che 2,4 milioni di americani contraggono un’infezione negli ospedali ogni anno e che la metà di queste infezioni si
potrebbero prevenire con un appropriato lavaggio delle mani. Inoltre, le infezioni contratte in ospedale causano annualmente o
contribuiscono a causare 100.000 decessi, secondo i funzionari del CDC. La trasmissione di microrganismi infettivi pazientepaziente può verificarsi attraverso le mani del personale ospedaliero ed il contatto con strumenti per la cura dei pazienti o con
superficie circostanti che sono contaminati. Alcuni virus possono sopravvivere fino a tre ore su superficie inanimate come le
maniglie delle porte.
Un rapporto del CDC del 1994 “Lavarsi le mani- La lezione di Semmelweiss è stata dimenticata?” nota che i programmi per
migliorare le pratiche di lavaggio delle mani hanno avuto un successo limitato. L’Operazione Clean Hands (Pulire le mani,
n.d.t.), sponsorizzata dalla ASM, American Society for Microbiology (Società Americana di Microbiologia) fu lanciata nel
1996 per educare i professionisti nel campo della protezione della salute ed il pubblico generico sui rischi per la salute associati
alla scarsa abitudine di lavarsi le mani. L’AMA, American Medical Association (Associazione medica americana), in
collaborazione con la Joint Commission on Accreditation of Health Care Organizations (Commissione Congiunta per il
riconoscimento delle Organizzazioni di protezione della salute) ha adottato delle risoluzioni nel 1995 e 1996 per migliorare le
pratiche di lavaggio delle mani in occasione della celebrazione del 150° anniversario della scoperta di Semmelweiss.
Il cloro combatte le infezioni negli ospedali
Il candeggio al cloro pulisce e disinfetta
 Superficie e strumenti di lavoro
 Biancheria e stanze dei pazienti
 Spazi adibiti a mense e servizi alimentari
L’antibiotico-resistenza causa dei rischi
Sia l’ASM che l’AMA avvertono che fare eccessivo affidamento sugli antibiotici, piuttosto che sul lavaggio delle mani, per
controllare le infezioni causa un serio rischio pubblico per l’insorgenza di infezioni antibiotico-resistenti che possono essere
particolarmente pericolose per i pazienti immunocompromessi. Trenta anni fa, la maggior parte delle infezioni poteva essere
trattata con successo con gli antibiotici standard, come la penicillina.
Il CDC ha ora avvisato i medici ed i funzionari della salute pubblica del rapido incremento di infezioni causate da batteri
farmaco-resistenti - batteri che possono mutare per proteggere se stessi contro un antibiotico – in particolare quelli resistenti
alla vancomicina, un costoso e potente antibiotico che si usa come ultima risorsa per trattare le infezioni più virulente.
Attualmente, circa il 95 % delle infezioni causate dallo Staphylococcus aureus, uno dei più comuni germi negli ospedali, sono
resistenti alla penicillina e, sempre di più, alla vancomicina.
Le malattie infettive rimangono la causa principale di morte e malattia in tutto il mondo e la terza causa principale di morte
negli Stati Uniti. Lavarsi le mani è la prima linea di difesa contro le malattie infettive. Anche i medici che usano i guanti
dovrebbero lavarsi le mani perché i guanti possono perforarsi durante l’uso e perché i batteri possono moltiplicarsi rapidamente
sulle mani che sudano dentro i guanti. Inoltre, i guanti possono proteggere l’operatore ma non necessariamente il paziente. Le
Guidelines for Hand Washing and Hospital Environmental Control (linee guida per il controllo del lavaggio delle mani e
dell’ambiente ospedaliero) del CDC fanno notare che il lavaggio delle mani è ancora considerato la procedura individuale più
importante per la prevenzione della diffusione delle infezioni e dovrebbe essere praticata regolarmente come parte delle misure
appropriate di controllo delle infezioni in ospedale.
Tradotto dalla sottoscritta (spero bene) dal sito web del Water Quality and Health Council, un’organizzazione statunitense che si occupa di
sanità pubblica.
By Fiorella Riva docente Scienze ISIS ROMERO Albino BG
Il materiale è utilizzabile da studenti ed insegnanti, ma non riproducibile a scopo di lucro.
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