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Da Rosso Bastardo:”La gente scompare, scappa da qualcosa o da qualcuno e tu sei pagato per
ritrovarla. A prescindere dalle motivazioni della fuga. Non importa quanto siano legittime e
ragionevoli. Le implicazioni etiche non t’interessano, tanto meno le conseguenze. Il tuo lavoro
finisce quando il committente salda l’onorario. Quello che succede dopo non è altro che un
sacrificabile rumore di sottofondo. Il latrato di un cane in lontananza. Uno sciabordio di parole
e passi che l’orecchio riesce comunque a isolare e mettere da parte. Così come tu, senza
provare alcun peso fra le scapole, arriverai a confinare Maïranouche e la sua storia in un
angolo buio della memoria“.
Questo è Fabio Paleari, ex poliziotto e ora investigatore privato senza troppi scrupoli. Pagato da
gente che ne ha ancora meno per ritrovare persone scomparse, scappate o nascoste in una
Milano dove, come diceva Scerbanenco, “…ogni giorno qualcuno scompare e non si ha la
possibilità di ritrovarlo”. Paleari invece li ritrova e, sordo alle loro ragioni, li riconsegna al
destino dal quale cercavano di fuggire. Ha messo da tempo a tacere la sua coscienza, agendo
in un mondo apparentemente senza sentimenti, senza alcuna empatia per il prossimo. Da
quando non è riuscito a salvare né sua moglie né sua sorella, ha smesso di vivere e ha iniziato
a sopravvivere, cercando di soffocare e relegare in un angolo rabbia, vendetta, rimpianto e
rimorsi. Anche la narcolessia che lo affligge e che lo colpisce a tradimento, sembra un tentativo
di cadere nell’oblio.
La sua coscienza vive al buio, in un nero…”imperfetto“. O almeno così sembrava, fino a quando
qualcosa squarcia il suo apparente velo di indifferenza e i tutti sentimenti tornano a galla
prepotenti. Due nuovi casi si intrecciano e lo scuotono dal suo torpore morale. La figlia di un
losco faccendiere viene rapita e Paleari viene chiamato a indagare proprio in virtù della sua
fama di uomo con pochi scrupoli. Contemporaneamente una ragazza che era stato pagato per
ritrovare e riconsegnare al suo aguzzino, versa in condizioni gravissime. I due casi, slegati tra
loro nei fatti, si ripercuotono però su di lui, portandolo a dover fare i conti con la propria
coscienza. Sullo sfondo della storia, si muove la Milano nascosta, quella dalla faccia meno
imbellettata, abitata da personaggi che si muovono nell’ombra. Da una parte la nuova
criminalità che ha accenti stranieri e modi di fare sempre più violenti, dall’altra quelli che
agiscono
nel
mondo
della
finanza,
più
subdoli,
ma
non
meno
pericolosi.
Come sempre la scrittura di Pastori impreziosisce la narrazione, diventando parte integrante
della storia, segnandone il ritmo e arricchendola con ombreggiature e sottolineature.
Alternando prima e seconda persona, intreccia la trama noir a riflessioni e intermezzi
spiazzanti, profondi, a volte ironici, confezionando un noir dalle mille sfaccettature, tutte da
cogliere.
(Cristina Aicardi)
Dopo il successo di Nero Imperfetto, Ferdinando Pastori ci ripropone in un nuovo, inquietante
noir, il suo personaggio cult Fabio Paleari, ex poliziotto vedovo, con alle le spalle una brutta e
triste storia legata alla morte della moglie.
In Rosso Bastardo (Edizioni Clandestine, 2015, 226 pp, 15 euro), Paleari torna a riciclarsi nei
panni di una specie di factotum, risolvi pasticci, togli ragni dal buco, battitore libero o pseudo
investigatore privato senza licenza che lavora sul passaparola. La narcolessia che lo perseguita
continua a complicare la sua difficile esistenza, affollata da flash back, ricordi, fantasmi che
sembrano demoniaci incubi e che, implacabili, lo tormentano troppo spesso.
«Milano non dorme. Nemmeno quando le luci si spengono dietro le tende alle finestre. Magari
chiude un occhio, uno solo, ma l’altro rimane sempre aperto. Un po’ come gli uccelli migratori
che, durante le loro lunghe trasvolate, disattivano solamente uno dei due emisferi celebrali. Il
confine che separa la veglia dal sonno, d’altronde, è labile. Sottile come il perizoma infilato fra
le chiappe di una brasiliana. Lo sai bene tu che, al contrario della città che non dorme mai,
rischi sempre di spegnerti da un momento all’altro. Di finire col il culo per terra, accartocciato
su te stesso come una carta di caramella. Funziona così la narcolessia». E talvolta è costretto
ad accettare incarichi che fanno accapponare la pelle anche a un duro come lui.
Un noir aspro e cupo che non fa sconti. Un palcoscenico vasto che spazia nei vari quartieri della
città e che consente a Pastori, servendosi del suo protagonista, di fare un ritratto senza fronzoli
di un certo mondo composto da personaggi squilibrati e, con un’analisi ponderata e fredda ma
molto realistica, di descrivere alcuni aspetti della attuale società e del disagio di quanti cercano
di sopravvivere ai suoi margini.
Stavolta deve confrontarsi con il rapimento di una bella diciottenne dai capelli rossi figlia di un
certo Salvatore Delicato, una specie di mafioso con la facciata ripulita nell’immobiliare. E senza
peli sulla lingua spiega subito al padre: «quando la situazione non si risolve velocemente, il
rischio che finisca nel peggiore dei modi aumenta in modo esponenziale con il passare dei
giorni. Nella maggior parte dei casi la soluzione di un problema consiste nella scelta tra due
alternative e, in questo frangente, la migliore è sicuramente pagare, a patto d’avere la
certezza che Costanza sia ancora viva. Allora, suggerisco, al prossimo contatto con i rapitori, di
chiedere una prova che sua figlia stia bene».
Un sequestro alla vecchia maniera? Ma i tempi sembrano cambiati. E allora quale è il vero
scopo? Forse una vendetta? Nel tentativo di individuare una pista Paleari è anche disposto ad
affrontare il paradisiaco inferno dell’Euthanasia con Milano che naviga tra sex toys e
specializzazioni in Love Bondage. Ma niente è veramente come pare e talvolta gli sviluppi di
certe complicate situazioni sono imprevedibili. Un noir avvincente ma molto amaro, che tiene il
lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
(Patrizia Debicke van der Noot)
Per A book to tell oggi vi parlo di Rosso Bastardo, ultimo romanzo di Ferdinando Pastori.
Fabio Paleari è un ex poliziotto. Sua moglie è morta, lasciandolo solo nella disperazione e nel
senso di colpa. Gastrite, reflusso e narcolessia lo accompagnano ogni giorno. Alcol, sigarette e
medicine varie sono i suoi rimedi. È un uomo in bilico fra le lacrime e la lotta con i particolari.
Non guida più e vive a piedi la sua Milano. Lavora da solo per quei criminali che dovrebbero
stare in galera. Viene pagato per ritrovare chi scompare. Lui esegue, meticoloso. Consegna e il
conto viene saldato. Nessun rimpianto.
Non si volta mai. Il suo quotidiano è difficile, la narcolessia è invalidante e spesso si presenta
improvvisa, inattesa. I suoi risvegli poi, sono terribili, paralizzanti e allucinogeni. Fabio viene
ingaggiato da un usuraio-ricettatore, mascherato da imprenditore nel campo della ristorazione,
per ritrovare sua figlia Costanza, che è stata rapita. È una diciottenne carina, dai capelli rossi.
Fabio decide di accettare il caso. Ha i suoi informatori fidati, che vengono subito messi a
conoscenza del fatto e cercano di aiutarlo. Costanza è una ragazzina, dopo tutto…una giovane
studentessa… cosa le sarà accaduto? Non è così semplice in realtà. La vicenda si presenta
complicata fin dall’inizio perché avvolge Fabio in un vortice di ricordi sospesi e di mancanze
concrete. Chi glielo fa fare? Perché sente la necessità di riportare a casa Costanza? Cosa deve
dimostrare? Sofferenza e orrore sono sulla sua strada; è davvero pronto a incontrarli? È
davvero utile continuare a indossare una maschera per nascondere quello che si pensa?
Quanto può inebriare il dolore se riesce a soffocare la solitudine? Le risposte a queste domande
sono nelle pagine di Rosso Bastardo. Le emozioni forti, dettate dalla disperazione non
sempre risolvono le cose. Fabio dovrà aspettare e osservare. Ascoltare e memorizzare. Non
mancheranno gli agguati, le minacce e i colpi di pistola. La violenza sarà spesso piuttosto
cruda. L’evidenza, in una piccola stanza. Un’anima giovane e fragile assorbita dall’odio,
devastata da ferite profonde, impossibili da rimarginare. I ricordi si trascinano, l’angoscia
corrode e si precipita senza riuscire a salvarsi. La vendetta è sempre una liberazione? A
voi scoprirlo. Ottimo libro, scritto in maniera decisa, chiara e senza sfronzoli. Concreta la trama
e la fusione di azione e sentimento. Ve lo consiglio. Buona lettura.
(Federica Belleri)
È tutta una questione di coscienza l’ultimo “noir” di Ferdinando Pastori, lo scrittore, classe 1968
nato in provincia di Novara, che vive e lavora a Milano. E il capoluogo lombardo è proprio la
città dove ha ambientato “Rosso Bastardo”, romanzo pubblicato nell’ottobre 2015 da Edizioni
Clandestine; un’opera nella quale il detective privato senza licenza, affetto da narcolessia,
Fabio Paleari ritorna a far parlare di sé con una doppia indagine.
Questa malattia che, nonostante venga contrastata dai farmaci, lo “colpisce” quando meno se
lo aspetta, facendolo precipitare in uno stato catatonico di sonno agitato da incubi e visioni, di
certo non aiuta la sua già complicata esistenza. Da quando la moglie è morta – prima si
pensava suicida, poi ammazzata dal suo migliore amico – egli deve fare continuamente i conti
con il senso di colpa e coi demoni del passato che lo torturano.
Paleari, una volta abbandonata la polizia per ovvi motivi, si guadagna da vivere come può. La
sua specialità è rintracciare le persone scomparse, rovistare nel fango. I suoi clienti, infatti,
sono persone appartenenti al mondo della malavita, quali usurai, protettori, prostitute, mariti e
padri violenti. Non che questo gli piaccia, ma al momento non vede altro modo per tirare
avanti, essendo stato colpito duramente dalla vita, cosa che lo ha reso estremamente solitario
e nichilista.
Un noto criminale lo assume per ritrovare la figlia diciottenne scomparsa. La ragazza è stata
rapita e il padre ricorre a Fabio Paleari per evitare di pagare l’esoso riscatto. Nel frattempo, il
nostro investigatore scopre che la prostituta armena in fuga dal suo protettore che lui aveva in
precedenza ritrovato, giace in un letto d’ospedale in fin di vita. In pratica, Paleari ha
consegnato la ragazza nelle mani del suo aguzzino, e il fatto che sia stata violentata, torturata
e picchiata a sangue fa scattare in lui il desiderio di rivalsa.L’idea di vendicare la giovane
diviene un pensiero fisso che lo sprona ad agire, al quale sente di non potersi sottrarre.
Durante l’indagine Fabio scopre anche che Costanza, la figlia rapita del “boss”, non è la ragazza
che tutti credono: per sfogare il suo istinto autolesionista è solita frequentare un locale
equivoco, dove si pratica sesso sadomaso e si incontrano amanti del “bondage”.
L’autore utilizza la cosiddetta SPSP (Seconda Persona Singolare al Presente), un tipo di
scrittura che solitamente ha lo scopo di far immedesimare maggiormente il lettore nella storia.
“Il prossimo che si mette nei tuoi panni”, in sostanza, anche se qui Fabio Paleari deve fare i
conti con la sua coscienza – che gli “parla” – ed è come se si “guardasse”, salvo in alcune parti,
dove egli riacquista piena consapevolezza di sé e narra in prima persona.
L’autore scrive molto bene: raramente ho incontrato una prosa così piacevole e stilisticamente
perfetta in un autore emergente. Senza perdersi in descrizioni inutili, né dilungarsi troppo a
celebrare il suo personaggio – lo ha reso credibile e dignitoso proprio perché non è un eroe –
egli delinea uno spaccato cinico quanto reale della nostra società e del malessere di cui soffre
chi vive ai margini. Sono pagine amare, ma profondamente fedeli al mondo in cui viviamo e
che conosciamo attraverso le cronache dei media.
Un romanzo noir ben congegnato, che invoglia a leggere anche le altre opere di Ferdinando
Pastori. Nel 2006 egli ha pubblicato “Euthanasia”, da cui ha ripreso sia il nome che la discoteca
in cui Fabio Paleari conduce la sua indagine; mentre del 2011 è “Nero imperfetto”, dove si può
risalire al passato di questo narcolettico e tormentato investigatore “sui generis”. Come “Rosso
Bastardo”, anche questi due romanzi sono pubblicati da Edizioni Clandestine.
(Cristina Biolcati)
Con il suo stile inconfondibile Ferdinando Pastori ci regala un noir ad alta tensione,
una doppia indagine serrata dove il pericolo più insidioso da affrontare è la propria
coscienza (Paolo Roversi)
Fabio Paleari, investigatore privato senza licenza, è tornato. Non è ancora riuscito a sconfiggere
i demoni che lo torturano senza tregua e la narcolessia continua complicargli l’esistenza. Il suo
lavoro è sempre lo stesso, così come i clienti. Usurai, protettori di prostitute, spacciatori, mariti
e padri brutali. La sua specialità è rintracciare persone scomparse. È pagato per rovistare nel
fango. Per infilare le mani dove tutti gli altri si rifiutano. Ha da poco ritrovato una prostituta in
fuga dal suo protettore ed è già pronto ad accettare un nuovo incarico. Qualcuno ha rapito la
figlia di un criminale che lo assume per scoprire chi siano i rapitori ed evitare così di pagare il
riscatto. A complicare l’indagine e a rompere gli schemi a prima vista indistruttibili della sua
vita, però, interviene un nuovo evento. La prostituta armena riconsegnata al suo protettore è
stata violentata, torturata, picchiata e giace in coma all’ospedale. Nonostante l’investigatore
abbia sempre pensato di essere immune a qualsivoglia questione morale, scopre che non è
proprio così. Un rigurgito di coscienza gli smuove qualcosa dentro. Il desiderio di vendicare la
ragazza non può risultare un’assoluzione per i suoi peccati, ma è comunque qualcosa che sente
il bisogno di fare. Due indagini parallele, una porterà il protagonista a scoprire verità nascoste
che fanno male, l’altra a scoprire una parte di se stesso che credeva irrimediabilmente
danneggiata.
Con “Rosso bastardo” Ferdinando Pastori torna e propone un’altra avventura di Fabio Paleari in
un noir dinamico e incalzante.
Fabio Paleari è un investigatore sui generis. Narcolettico (“Il tuo armadietto dei medicinali non
è mai vuoto. Provigil per tenere sotto controllo la sonnolenza diurna ed Effexor contro la
cataplessia e le allucinazioni ipnagogiche”), ha un passato di poliziotto, una rete di informatori
borderline (“Il Fantino… Gambe arcuate, camminata sghemba… L’hai conosciuto quand’eri
ancora in polizia…”), si avvale di collaboratori prezzolati come Theo e Laurent. Riceve ingaggi
da committenti equivoci: i protagonisti della “mala”.
In questo romanzo Fabio Paleari rintraccia una prostituta armena (“Il suo nome è
Maïranouche”) e la riconsegna al suo protettore, salvo pentirsene. Un altro incarico lo
raggiunge (“Il lavoro tiene la mente occupata e sono passati due giorni dal tuo ultimo
incarico”), anch’esso commissionato da un malavitoso (“Salvatore Delicato. Lo zoppo”) al quale
è stata sequestrata la giovane figlia, Costanza (“Primo piano intenso di una ragazza. Non più di
diciotto anni. I capelli rossi e le labbra carnose, Le guance spolverate di lentiggini e gli occhi
grandi color nocciola che guardano dritti nell’obiettivo. Come a sfidarlo. Specchio, specchio
delle mie brame…”). I rapitori inviano messaggi minacciosi e odiosi, stabiliscono un termine
stringente per il pagamento del riscatto (“Cinque giorni per pagare il riscatto”) e dettano
condizioni estreme (“Vogliono che io mi ammazzi subito dopo aver pagato il riscatto. Solo così
lasceranno libera mia figlia”). Ben presto dalle indagini affiora un dubbio: “Non credo che dietro
il rapimento ci sia esclusivamente il riscatto…”
Ma lasciamo allo stesso Ferdinando il compito di riassumere le concitate fasi nelle quali si
snoda la vicenda. “Il rapimento, le richieste dei rapitori e il video. Adele. L’Euthanasia e
l’attrazione morbosa di Costanza nei confronti del dolore. Il rapporto con Raul. Divina e la
morte sospetta del Master.”
E ancora: “Costanza e l’Euthanasia. Divina, la sua voce dolce, ipnotica. Maïranouche immobile
nel suo letto d’ospedale. Il pestaggio che hai subito e il cinese che ti cuce la fronte o aggiusta il
naso.”
La narrazione è vivacemente sostenuta e inframmezzata da divagazioni (“Non hai a che fare
con una scienza esatta, ma le api riconoscono il profumo dei fiori a chilometri di distanza e gli
opossum della Virginia fingono di morire quando sentono il pericolo”). Il ritmo viene esasperato
e troncato da un uso insolito della punteggiatura (“… Il silenzio… Pensi che. Non è quello buono
e
rassicurante
che
scende
nelle
case
quando
tutti
vanno
a
dormire”).
Capitoli dai titoli classicheggianti (Timeo Danaos et dona ferentes), ossimorici (Buona morte),
immaginifici (L’acqua non ha forma), situazionali (Omakase. Mi fido di te) e metafisici (I fiocchi
di neve sono diversi uno dall’altro) alternano il tu narrativo del racconto all’io soggettivo del
protagonista.
La particolarità di Ferdinando Pastori? Ama fondere i topoi del noir classico – l’ambientazione
metropolitana (“La zona è quella dell’Ortica, alla periferia est di Milano. Non è più il quartiere
cantato da Jannacci…”), le colluttazioni violente, alcune espressioni grevi, la carneficina finale e
concetti crudeli come quello della “giustizia a proprio uso e consumo” – a tonalità narrative ora
intimistiche (“Certe storie d’amore nascono sotto una cattiva stella e sono destinate a una
brutta fine, altre, invece, sono protette dagli dei e non finiranno mai”), ora affidate a un
registro ironico (“Lo sai come mi chiamano nel giro?… La bella addormentata? … No, Pisolo…”)
che tonifica la tensione e, al tempo stesso, la rende più tollerabile…
(Bruno Elpis)
Risulta sempre difficile commentare un romanzo di Ferdinando "Ferdy" Pastori. Perché vorresti
fare in modo di rendere l'idea, anche solo minimamente, di ciò che lui sa far provare al lettore
che si appresta a leggere un suo libro. Il ritorno di Fabio Paleari è qualcosa di realmente
sconvolgente. E segna anche il ritorno a quel tipo di scrittura "strana", accattivante, con quella
punteggiatura particolare, con quei dialoghi che non sono dialoghi, ma che fanno
entrare completamente nei personaggi e nella storia. Queste caratteristiche fanno si
che "Rosso bastardo" risulti essere velocissimo, con un ritmo da apnea. Sono tutti personaggi
in qualche modo sconfitti dalla vita. Che per sopravvivere si adeguano ad essa. Una vita che
per l'investigatore senza licenza Paleari, è malessere allo stato puro, un cinismo estremo più
voluto che per sua indole naturale. Una corazza che si è lentamente costruito addosso, per
proteggersi, per smettere di soffrire. E i personaggi che ruotano attorno a questa storia di
miseria dell'animo, sono la sua quintessenza. La sua specularità. Milano la senti e la vivi sulla
tua pelle. Una città che affascina, spaventa, turba. Milano di notte. Milano come raramente
capita di percepire;come fosse una cosa viva. Che divora chi non riesce a stare al suo passo,
spietatamente. Leggendo questo libro, non vi si trova un minimo appiglio di speranza. Non c'è
nessun lieto fine, nessuna possibilità di vedere un futuro migliore nella vita di Fabio, ma forse
neanche nella nostra. Nessuna morale. E' questo. Il tutto è questo. Punto. Vivi come meglio
puoi. Prìvati di ogni sogno. Sbrana prima di essere sbranato. Il noir nella sua espressione più
pura. Più vera probabilmente. La magia di quella cosa ancora tutta da scoprire che si
chiamaanimo umano, affiora dalle pagine. Si avvolge come una spirale agli occhi del
lettore, spettatore inerme, e lo trascina in fondo, in un baratro di emozioni e orrore. Di paura.
Si, più della storia in se stessa perché l'analisi che Pastori fa dei personaggi soverchia anche
questa. Una doppia storia in effetti, dove in una di queste traspare il Paleari di tante vite fa,
quando ancora credeva in qualcosa, prima che il mondo gli cadesse addosso. Un romanzo
pazzesco. Bellissimo. Buonissima lettura
(Paolo Vinciguerra)
BAMBOO ROAD
Ferdinando Pastori, dopo il discreto successo del precedente “Nero Imperfetto” (del 2011) ci
presenta una nuova storia noir con protagonista l’ ex poliziotto Fabio Paleari, divenuto vedovo
a causa di una triste storia legata alla morte di sua moglie. Paleari torna a ricostruirsi un lavoro
nei panni di factotum ed investigatore privato senza licenza che lavora sul passaparola. La
narcolessia che lo perseguita continua a complicare la sua difficile esistenza piena di flash
back, incubi e demoni interiori che lo tormentano in continuazione.
«Milano non dorme. Nemmeno quando le luci si spengono dietro le tende alle finestre. Magari
chiude un occhio, uno solo, ma l’altro rimane sempre aperto. Un po’ come gli uccelli migratori
che, durante le loro lunghe trasvolate, disattivano solamente uno dei due emisferi celebrali. Il
confine che separa la veglia dal sonno, d’altronde, è labile. Sottile come il perizoma infilato fra
le chiappe di una brasiliana. Lo sai bene tu che, al contrario della città che non dorme mai,
rischi sempre di spegnerti da un momento all’altro. Di finire col il culo per terra, accartocciato
su te stesso come una carta di caramella. Funziona così la narcolessia».
Un noir cupo che mette in luce un mondo composto da personaggi squilibrati ed analizza
realisticamente alcuni aspetti della nostra società e del disagio di quelli che cercano di
sopravvivere ai margini. Usurai, protettori di prostitute, spacciatori, mariti e padri brutali. La
sua specialità è rintracciare persone scomparse. È pagato per rovistare nel fango. Per infilare le
mani dove tutti gli altri si rifiutano.
”La gente scompare, scappa da qualcosa o da qualcuno e tu sei pagato per ritrovarla. A
prescindere dalle motivazioni della fuga. Non importa quanto siano legittime e ragionevoli. Le
implicazioni etiche non t’interessano, tanto meno le conseguenze. Il tuo lavoro finisce quando
il committente salda l’onorario. Quello che succede dopo non è altro che un sacrificabile
rumore di sottofondo. Il latrato di un cane in lontananza. Uno sciabordio di parole e passi che
l’orecchio riesce comunque a isolare e mettere da parte. Così come tu, senza provare alcun
peso fra le scapole, arriverai a confinare Maïranouche e la sua storia in un angolo buio della
memoria“.
Ha da poco ritrovato una prostituta in fuga dal suo protettore ed è già pronto ad accettare un
nuovo incarico. Qualcuno ha rapito la figlia di un criminale che lo assume per scoprire chi siano
i rapitori ed evitare così di pagare il riscatto. A complicare l’indagine e a rompere gli schemi a
prima vista indistruttibili della sua vita, però, interviene un nuovo evento. La prostituta armena
riconsegnata al suo protettore è stata violentata, torturata, picchiata e giace in coma
all’ospedale. Nonostante l’investigatore abbia sempre pensato di essere immune alle questioni
morali, scopre che non è così: infatti la sua coscienza si ribella ed il desiderio di vendicare la
ragazza diventa incontenibile. Due indagini parallele, una porterà il protagonista a scoprire
verità nascoste che fanno male, l’altra a scoprire una parte di se stesso che credeva
irrimediabilmente danneggiata. Nel tentativo di individuare una pista Paleari è anche disposto
ad affrontare la Milano che naviga nelle torbide acque dei locali a luci rosse, regno di chi
pratica il bondage. Ma niente è veramente come pare e talvolta gli sviluppi di certe complicate
situazioni sono imprevedibili. Un noir avvincente ma molto amaro, che tiene il lettore con il
fiato sospeso fino all’ultima pagina.
(Massimo Orsi)
Duro, sprezzante, diretto. Nessuno sconto. Sia nella trama che nella scrittura, ritroviamo un
Ferdinando Pastori da pole position. La sua scrittura inconfondibile ti accoglie come un pugno
allo stomaco che non fa male, o lo fa solo in parte. Perché le emozioni che sa trasmettere le
hai già dentro solo che non lo sai ancora. Ci vuole qualcuno che ti ricordi che da piccolo, hai
provato anche tu a chiudere lentamente la porta del frigo per vedere quando si spegne la luce.
Ci sono cose racchiuse dentro di noi che solo pochi sanno far riemergere. E questa è la parte
che non fa male, tutto il resto è un continuo e piacevole dolore. La trama non è per cuori
teneri, ci sono le botte, ci sono i morti ammazzati, c’è la trasgressione. Ma tutto ciò non conta
quando è scritto in un modo unico. Quando conosci il personaggio di Paleari ti viene voglia di
poterti sedere con lui, davanti a una birra o un caffè, ad ascoltare perché, nonostante tutto, i
maschi della mantide religiosa sono pronti a morire per una scopata.
(Marco Ischia)
Cosa sappiamo a proposito della narcolessia. La prima volta che ne ho sentito parlare è stato in
Belli e dannati (My Own Private Idaho), un film di Gus Van Sant con il giovanissimo Keanu
Reeves e il compianto River Phoenix. Una pellicola particolare, come tutte quelle girate dal
regista, che ho apprezzato sia per l’intensità che per la totale mancanza di buonismo e della
solita moralità glassata. La narcolessia è una alterazione funzionale dell’organismo studiata
dalla neuropsichiatria. Tranquilli, non sono un medico quindi non mi passa nemmeno per la
tastiera di intavolare una lezione di medicina e, per rendere più semplici le cose, scrivo come
mangio; l’individuo narcolettico si addormenta di colpo. Dopo qualche anno, faccio la
conoscenza di un personaggio nato dalla prolifica fantasia di Ferdinando Pastori: Fabio Paleari.
Chi è costui? In principio era un poliziotto ma dopo un incidente e la perdita della famiglia, si
ritrova senza un lavoro e con una malattia ingombrante. Sopravvive a Milano esercitando la
professione di investigatore privato, senza licenza. Lavora soprattutto per criminali e gente di
malaffare ed è specializzato a ritrovare le persone.
Non è un eroe, ha una moralità labile e lavabile ed è il migliore nel suo campo.
Il nuovo romanzo Rosso bastardo però apre una breccia nell’animo di Fabio e lascia intravedere
qualche scintilla di umanità. La storia inizia con la riconsegna della prostituta Maïranouche a
due scagnozzi di Arian Sakiri. Incassato il compenso, il protagonista cerca di pulirsi la
coscienza etichettando il futuro incerto della ragazza, relegandola a una questione irrilevante
del lavoro che svolge.
Nemmeno il tempo di contare i soldi che l’avvocato Roberto Moroni lo assume per conto di
Salvatore Delicato, conosciuto come Lo zoppo e attivo nel settore economico delle attività
criminali quali l’usura, le scommesse, la ricettazione e il riciclaggio di denaro sporco.
Qualcuno ha rapito Costanza, la figlia del boss, e pretende il pagamento di un ingente riscatto
entro cinque giorni, altrimenti la ragazza verrà uccisa. Sin dalle prime battute non sembra
essere una semplice estorsione, ma qualcosa di più complicato. Le due indagini rimarranno
ancorate nell’animo di Paleari sino a obbligarlo a uscire dalla sua indolenza e farlo deragliare
dai soliti schemi.
Difficile dire altro, senza rivelare troppi dettagli.
È un noir duro e puro scritto con uno stile personale ed effervescente, contraddistinto da un
uso particolare della punteggiatura. Non ci sono meccanismi a orologeria che fanno scattare la
trama ed è escluso il finale edificante. Si tratta di una corsa contro il tempo percorsa tra gli alti
e bassi di un’anima a un passo, se non dalla redenzione, da una crisi profonda.
(Mirko Giacchetti)