internet of things - Aspen Institute Italia

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internet of things - Aspen Institute Italia
Comunità I talenti italiani all’estero
INTERNET OF THINGS
Una tecnologia destinata a rivoluzionare
il mondo in cui viviamo e lavoriamo
Interesse nazionale
Settembre 2015
Il rapporto è stato realizzato da:
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Ludovico Ciferri (project leader), International University of Japan e Advanet
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Euro Beinat, University of Salzburg e Zebra Technologies
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Monica Beltrametti, Xerox
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Paolo Vincenzo Genovese, Tianjin University
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Fabio Scano, World Health Organization
Le idee espresse in questo documento sono frutto di analisi e ricerche condotte dagli autori e non rappresentano
necessariamente il punto di vista delle rispettive organizzazioni d’appartenenza. Euro Beinat, Monica Beltrametti e
Ludovico Ciferri appartengono ad organizzazioni che hanno interessi commerciali nel mondo delle tecnologie IoT.
© Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia
Internet of Things
Una tecnologia destinata a rivoluzionare
il mondo in cui viviamo e lavoriamo
1 Premessa
2 Scenario
p. 3
5
3 Casi di studio
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4 Conclusioni
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5 Autori
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1. PREMESSA
Imperativo di quest’epoca caratterizzata da una diffusa necessità di risanamento dei bilanci
pubblici è generare crescita economica, processo in cui giocano un ruolo importante l’innovazione
e con essa la ricerca e lo sviluppo. Come ci ricorda fra gli altri il Consiglio Europeo, “La ricerca e lo
sviluppo, l’innovazione e l’economia digitale sono diventati i principali motori della crescita e
della competitività a livello mondiale”1. L’esercizio che spetta ai decisori, a livello pubblico come
privato, è capire come l’innovazione possa attecchire e percolare nei nostri sistemi industriali in
primis, più in generale nel tessuto delle nostre società sempre più urbanizzate e in continuo
invecchiamento.
Il contributo che il comparto tecnologico offre a questa riflessione ha il pregio di individuare,
spesso con largo anticipo, alcune macro-tendenze che, per quanto con margini di diverso impatto,
potranno influenzare la nostra vita, il mondo del business e finanche l’economia globale. Nel 2013
il McKinsey Global Institute ha proposto un insieme piuttosto articolato di tecnologie disruptive
alla base di macro tendenze destinate con molta probabilità a caratterizzare i prossimi anni2.
L’elenco ne include dodici, individuate secondo l’idea che si stia assistendo a un’accelerazione
nella profondità, scala e impatto economico della tecnologia. Tra queste l’Internet of Things (IoT),
in italiano “Internet delle cose”, che costituisce al contempo una macro-tendenza, resa possibile
dalla maturazione delle tecnologie informatiche e dal concomitante crearsi di particolari
condizioni di mercato nel comparto delle telecomunicazioni, e una tecnologia, intesa sia come
insieme di tecniche sia come utilizzazione ottimale, anche e soprattutto da un punto di vista
economico, dell’insieme di tecniche e procedimenti diversi impiegati, e delle conoscenze tecnicoscientifiche più avanzate.
Nel 2013 il Rapporto del McKinsey Global Institute osservava:
The Internet of Things - embedding sensors and actuators in machines and other physical objects to bring
them into the connected world - is spreading rapidly. From monitoring the flow of products through a
factory to measuring the moisture in a field of crops to tracking the flow of water through utility pipes, the
Internet of Things allows businesses and public-sector organizations to manage assets, optimize
performance, and create new business models. With remote monitoring, the Internet of Things also has great
potential to improve the health of patients with chronic illnesses and attack a major cause of rising healthcare costs.
Nel 2015, a due soli anni di distanza, Jim Tully, Vice President e Distinguished Analyst di Gartner,
ha confermato la previsione osservando:
The Internet of Things (IoT) has rapidly become one of the most familiar — and perhaps, most hyped —
expressions across business and technology. That hype, however, is entirely justified and is backed up by the
numbers. The world will see 25 billion Internet-connected things by 2020, and Gartner estimates that the
IoT will produce close to $2 trillion of economic benefit globally. These things are not general purpose devices
such as smartphones and PCs, but dedicated objects, such as vending machines, jet engines, connected soap
dispensers and a myriad of other examples.
1
http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-6024-2015-INIT/it/pdf
McKinsey Global Institute, Disruptive technologies: Advances that will transform life, business, and the global economy,
maggio 2013 ( http://www.mckinsey.com/insights/business_technology/disruptive_technologies)
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È di tutta evidenza che l’IoT sia destinato a esercitare una funzione dirompente in molti settori,
non ultimo quello industriale. Il presente rapporto parte da una breve ricognizione sulle origini e i
fondamenti del fenomeno IoT, accennando alle principali aree di sviluppo, in particolare in ambito
industriale, smart city e salute (smart health), e proponendo una lettura aggiornata del potenziale,
soprattutto in considerazione delle specifiche condizioni del nostro Paese.
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2. SCENARIO
2.1 IoT: cos’è e perché è importante
L'idea dell’Internet of Things risale almeno agli anni Novanta, quando ne venne data una prima
descrizione da Kevin Ashton, ricercatore britannico cofondatore dell’Auto-ID Center del
Massachusetts Institute of Technology (MIT). Nel 1999 Ashton definì l’IoT come l’insieme di «tutte
le cose che sono connesse con Internet attraverso sensori, come ad esempio il Radio Frequency
Identification (RFID), per raggiungere sistemi intelligenti di identificazione e management» . Molte
e diverse le definizioni che da allora sono seguite, ognuna improntata a evidenziare come
principale un possibile ambito di applicazione dell’IoT, confermando così che l’IoT di fatto si
definisca dall’uso che se ne vuole fare perché da un punto di vista tecnologico si basa su tecniche
note e per ora non particolarmente innovative.
CISCO IBSG (Internet Business Solutions Group) ritiene che “l'Internet delle cose indichi
semplicemente il momento in cui a Internet hanno iniziato a essere connesse più ‘cose (o oggetti)’
che persone”. Nel 2003 sulla Terra vivevano all'incirca 6,3 miliardi di persone e i dispositivi
connessi a Internet erano più o meno 500 milioni. Dividendo il numero di dispositivi connessi per
la popolazione mondiale, il risultato (0,08) è meno di un dispositivo per ogni persona. Sulla base
della definizione di Cisco IBSG, perciò, nel 2003 l'Internet delle Cose non esisteva ancora, dal
momento che il numero di oggetti connessi era relativamente basso. Nel 2010 l'incredibile boom di
smartphone e tablet PC ha portato il numero di dispositivi connessi a Internet a 12,5 miliardi, mentre
la popolazione mondiale è salita a 6,8 miliardi. Per la prima volta nella storia, quindi, il numero di
dispositivi connessi per persona ha superato quota uno (attestandosi per l'esattezza a 1,84)3.
In questo senso, l’Internet delle Cose può essere considerata “una famiglia di tecnologie il cui
scopo è rendere qualunque tipo di oggetto, anche senza una vocazione digitale, un dispositivo
collegato ad Internet, in grado di godere di tutte le caratteristiche che hanno gli oggetti nati per
utilizzare la rete. Attualmente le proprietà degli oggetti connessi sono essenzialmente due: il
monitoraggio e il controllo. Monitoraggio vuol dire che l'oggetto può comportarsi come sensore,
ovvero essere in grado di produrre informazioni su di sé o sull'ambiente circostante (ad esempio:
un lampione IoT può non solo può rivelare se la propria lampada è funzionante oppure no, ma
anche analizzare il livello di inquinamento dell'aria). Controllo vuol dire che gli oggetti possono
essere comandati a distanza senza tecnologie particolari ma attraverso Internet”4.
In ambito industriale, l’IoT cose è associato al concetto di Industry 4.0. Secondo ABB, “"Industrial
Internet" e “Industry 4.0”, portano a vedere l'applicazione dell'Internet delle Cose in un contesto
non-consumer, all'interno del quale macchine intelligenti, dispositivi e persone sono tra di loro
collegate: questa interconnessione conduce alla possibilità di effettuare migliori decisioni
attraverso basi di dati ampie e analitiche avanzate che portano alla evoluzione verso nuove forme
di business. Un’evoluzione per la quale le fabbriche saranno sempre più intelligenti e le
componenti delle linee di produzione interconnesse tra di loro”.
3
http://hcsdemo.com/web/IT/assets/executives/pdf/Internet_of_Things_IoT_IBSG_0411FINAL.pdf
Fonte: “Cos’è l’Internet delle cose”, La Stampa, 26/08/2014. In realtà si deve a Mark Weiser, di Xerox PARC, il concetto di
“Ubiquitous Computing”.
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Daniel Oberhaus, futurologo tedesco, qualche mese fa ha dato una rappresentazione vividamente
quotidiana dell’IoT: “Sono le sette del mattino ed è il 16 aprile 2025. La tua sveglia intelligente ti
strappa ad un sonno senza sogni e cadi giù dal letto, mentre la casa prende vita. La luce del bagno
si accende da sola e la doccia comincia a scaldare l’acqua. Dopo esserti lavato, ti butti addosso una
maglietta cucita su misura per il tuo corpo. Dai un’occhiata al telefono e ti accorgi che la batteria
sta morendo. Una notifica ti informa che non c’è motivo di allarmarsi: è già in arrivo un ricambio.
Senti la macchina che si accende in garage, pronta a portarti fino allo stabilimento che gestisci,
dove, a detta del tuo telefono, una delle macchine non funziona bene. Andare concretamente fino
al tuo posto di lavoro è diventata un’occasione davvero rara per te: in genere lo stabilimento sa
prendersi cura di se stesso. “Che rottura di scatole,” mormori, mentre la tua auto fa manovra da
sola fuori dal garage. “Perché questi aggeggi non fanno mai quello che devono?” Benvenuto nella
vita dopo la quarta rivoluzione industriale, dove tutti gli oggetti che usi quotidianamente sono
personalizzati e in continuo contatto per il tuo bene.”
Le varie definizioni proposte disegnano i contorni dell’area all’interno della quale cercare un’idea
condivisa di cosa l’IoT permetta di fare. Un “interno” che è stato definito “come un percorso (già
avviato) nello sviluppo tecnologico” in base al quale oggetti intelligenti, dotati cioè della capacità
di monitoraggio e controllo, scambino, attraverso un sistema di reti intelligenti fra cui Internet, dati
e informazioni acquistando una propria identità nel mondo digitale.
Fonte: Osservatorio del Politecnico di Milano5
2.2 Le sfide
L’IoT cambierà tutto, compresi noi stessi. Potrà sembrare un'affermazione azzardata, ma basta
pensare all'impatto che Internet ha già avuto su istruzione, comunicazioni, economia, scienza,
amministrazione pubblica e sull'umanità. Si tratta chiaramente di una delle invenzioni più
importanti e potenti di tutta la storia dell'uomo. L'Internet delle Cose rappresenta la prossima
evoluzione di Internet, con un notevole miglioramento della capacità di raccogliere, analizzare e
distribuire dati convertibili in informazioni, conoscenza e, in ultima istanza, saggezza. In questo
scenario l'Internet delle Cose diventa incredibilmente importante. Sono già in fase di realizzazione
progetti di Internet delle Cose volti a colmare il divario tra ricchi e poveri, migliorare la
distribuzione delle risorse mondiali a chi ne ha più bisogno e aiutarci a capire il nostro pianeta in
5
http://www.iotlab.it/le-tecnologie-iot/
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modo da adottare un approccio maggiormente proattivo e meno reattivo. Ciononostante, esistono
diversi ostacoli che minacciano di rallentare lo sviluppo dell'Internet delle Cose, tra cui la
transizione a IPv6 (nuova versione del protocollo informatico alla base di Internet), la definizione
di una serie di standard comuni e il reperimento di fonti di alimentazione per milioni (se non
miliardi) di sensori di dimensioni minuscole. Tuttavia, grazie alla collaborazione tra aziende,
governi, organismi di standardizzazione e università per far fronte a queste sfide, l’Internet delle
Cose continuerà
Per far accadere tutto ciò è opportuno governare molte tecnologie non facili da comprendere e
spesso non compatibili in un panorama globale che sembra frammentato e decisamente poco
leggibile dal punto di vista sia degli attori sia degli utilizzatori. Harbor Research ha elaborato un
modello per rappresentare questa complessità proponendo cinque dimensioni che le aziende,
attori primari dello sviluppo dell’IoT, dovrebbero considerare per comprenderne le potenzialità6:
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Dimensione tecnologica: riguarda tutto il contesto prettamente ingegneristico
dell’ambiente dell’Internet of Things, dai sistemi applicativi alle infrastrutture di rete, dai
device ai sensori;
Dimensione di mercato: si tratta dell’identificazione degli attori coinvolti nell’ambiente
dell’IoT (dal trasporto alla mobilità, dal settore sanitario a quello energetico);
Dimensione di business: l’identificazione delle fonti di revenue così come la comprensione
dei diversi sbocchi di mercato, ma anche la definizione di diverse tipologie di canali di
distribuzione per i servizi sono aspetti fondamentali per la sostenibilità dei progetti legati
alla IoT;
Dimensione della user experience: di fatto le tecnologie della IoT sono pensate soprattutto
per le persone e devono essere in grado di interagire con esse in modo funzionale e
corretto, la relazione H2M è quindi un elemento fondamentale;
Dimensione del “mondo fisico”: a completare il quadro e a far da legante anche tra le altre
dimensioni, è il mondo fisico; la capacità di “lettura” del mondo reale è la base
fondamentale dell’Internet delle Cose.
2.3 Il potenziale economico dell’IoT
Per analizzare in maggior dettaglio il valore economico dell’IoT è utile organizzare le molteplici
applicazioni in classi più o meno omogenee. La scelta delle classi è in parte arbitraria, ma la
struttura suggerita da McKinsey, illustrata qui di seguito, rappresenta bene le direttrici di sviluppo
che osserviamo nella pratica. In questo modello distinguiamo tra due classi di opportunità:
1.
2.
Opportunità legate alla trasformazione dei processi (ad esempio l’utilizzo delle risorse o
manutenzione predittiva);
Opportunità legate a nuovi modelli di business o di servizio (ad esempio l’utilizzo di beni
o servizi a consumo, piuttosto che il loro acquisto a capitale).
Il valore delle opportunità è chiaramente difficile da stimare: secondo le ipotesi varia da qualche
migliaio di miliardi di dollari a oltre dieci mila miliardi di dollari nel 2015.
I principali contesti applicativi proposti sono le persone; la casa; i luoghi dove si svolgono le
attività commerciali, lavorative, ripetitive o specializzate; i veicoli; la città e la catena del valore.
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http://harborresearch.com/where-will-value-be-created-in-the-internet-of-things-people
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Le applicazioni IoT
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Persone (salute e benessere, produttività): dispositivi collegati alle persone per
monitorare i parametri fisio-biologici per migliorare la salute ed il benessere. Strumenti
di ausilio a lavoro (ad esempio realtà aumentata) ma anche tecnologie mobili per
favorire l’autonomia operativa.
Casa (automazione, controllo, risparmio energetico): regolazione dinamica del
riscaldamento o del consumo elettrico; elettrodomestici autonomi – ad esempio per la
pulizia – e appliances intelligenti connesse con l’esterno (ad esempio, con un servizio di
consegne).
Luoghi del commercio (negozi, ristoranti): visibilità del comportamento del
consumatore e personalizzazione delle offerte, pagamenti automatici, prezzi dinamici,
ottimizzazione dell’inventario e delle scorte.
Luoghi di lavoro e uffici: efficienza energetica, condivisione degli spazi e delle
strutture, sicurezza.
Luoghi di attività ripetitive (fabbriche, ospedali): efficienza operativa, tracciabilità delle
attività, schedulazione dinamica, gestione delle attrezzature, inventario, manutenzione.
Luoghi di produzione specializzati (cantieri, miniere): sicurezza, automazione e
controllo della produzione, efficienza operativa, gestione delle attrezzature,
manutenzione preventiva, controllo degli accessi.
Veicoli (auto, treni, aerei): operatività, consumi energetici, manutenzione a distanza,
condivisione d’uso, pay-per-use, autonomia operativa.
Città: trasporto pubblico intelligente, riduzione della congestione, monitoraggio delle
risorse energetiche (smart meters), qualità ambientale, sicurezza urbana e delle
infrastrutture.
Catena del valore: infrastrutture globali, tracciamento dei beni, inter modalità, visibilità
dei beni dall’origine allo smaltimento.
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Fonte: adattato da McKinsey7
Secondo McKinsey i contesti che plausibilmente genereranno maggiore attività economica e valore
sono i luoghi di attività ripetitive, le città e la logistica. Un quarto tema, trasversale a tutte queste
situazioni è quello della salute e della sicurezza, che diventa un dominio a sé stante di primaria
importanza economica e naturalmente sociale. Per queste ragioni, nel resto del documento si
analizzeranno, con maggior dettaglio, la produzione industriale, le città e la salute, ambiti che
collettivamente rappresentano il potenziale maggiore per l’IoT.
Al di là dell’attenzione che stanno ricevendo le applicazioni IoT per i consumatori (si pensi al
monitoraggio della salute personale, ai dispositivi di fitness oppure all’automazione domestica), è
ragionevole attendersi che la maggior parte del valore si materializzi nel B2B, nelle fasi di
produzione, distribuzione, gestione delle infrastrutture e risorse. Alla fine questo si tradurrà in
prodotti di consumo e servizi per i cittadini, ma le ragioni per investire nell’IoT si trovano
soprattutto nell’ambiente produttivo.
Uno dei fattori primari di creazione del valore sarà la capacità di svariati sistemi di collaborare (ad
esempio, i sistemi di tracciamento di tutte le parti della logistica globale). In termini tecnici questo
si traduce in interoperabilità, in altre parole nella capacità tecnica dei sistemi IoT di scambiare
informazioni tra di loro, indipendentemente dal produttore del sistema.
Se nella prima fase dell’evoluzione dell’IoT, le tecnologie saranno utilizzate soprattutto per
monitorare e controllare l’ambiente fisico o le risorse, nel tempo l’evoluzione si sposterà verso
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http://www.mckinsey.com/insights/business_technology/the_internet_of_things_the_value_of_digitizing_the_physical_
world
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l’utilizzo dei dati per aumentare, attraverso le macchine, le capacità umane fino a trasferire alle
macchine una crescente autonomia operativa. La chiave di questa evoluzione è nei dati che l’IoT
sarà in grado di produrre, dati che ad oggi sono sostanzialmente inutilizzati (solo una piccola
percentuale dei dati che raccogliamo, forse meno dell’1% viene analizzato).
Fonte: adattato da McKinsey8
Esistono anche specifiche barriere che possono ritardare o diluire i possibili benefici di IoT. Nella
misura in cui le nostre attività dipendono da infrastrutture tecniche, falle nella sicurezza o
malfunzionamenti possono avere conseguenze molto più ampie di quelle alle quali siamo abituati
(rischi per le persone, blocco d’impianti o veicoli, ecc.).
Allo stesso tempo, la straordinaria mole di dati raccolti mediante IoT ci fa pensare alla necessità di
un nuovo contratto sociale tra cittadini, enti e industrie. Anche se non direttamente, i dati generati
da queste infrastrutture rendono totalmente trasparenti intere parti della vita e delle preferenze
delle persone. A un certo punto, l’opportunità economica inizia a interferire con la sfera etica delle
persone: questa linea di demarcazione è tutt’altro che chiara al momento e sarà un tema di grande
dibattito nel futuro.
Infine, in alcuni casi, l’evoluzione o meno di un certo tipo di applicazioni dipenderà quasi
completamente dalle politiche pubbliche, dalle leggi e dalle regole. Tipici casi sono l’integrazione
di dispositivi nel corpo umano, oppure i veicoli autonomi, ma anche le regole per la raccolta e
l’utilizzo di dati personali.
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http://www.mckinsey.com/insights/business_technology/the_internet_of_things_the_value_of_digitizing_the_physical_
world
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3. CASI DI STUDIO
3.1 Industry 4.0
3.1.1 Preambolo
Con “Industry 4.0” si allude a una quarta rivoluzione industriale, resa possibile grazie all’IoT. La
prima rivoluzione è giunta in seguito allo sfruttamento della potenza di acqua e vapore per
meccanizzare la produzione. La seconda ha dato il via alla produzione di massa attraverso l’uso
dell’elettricità. La terza è conosciuta come la rivoluzione digitale, con un aumento dei livelli di
automazione grazie ai sistemi elettronici e all’Information Technology.
La quarta rivoluzione, Industry 4.0 appunto, nasce per promuovere l’informatizzazione delle
industrie tradizionali come quella manifatturiera e ha come obiettivo la fabbrica intelligente, o
smart factory, caratterizzata da capacità di adattamento, efficienza ed ergonomia, oltre alla
creazione di partnership in ecosistemi aziendali e processi di valore. La sua nascita si deve
principalmente a un’iniziativa tedesca del 2011 che aveva l'obiettivo di aumentare la competitività
delle industrie manifatturiere della Germania attraverso la crescente integrazione di “sistemi ciberfisici” (cyber-physical systems), o CPS, nei processi industriali.
Fonte: German Research Center for Artificial Intelligence
CPS è fondamentalmente un termine-ombrello che descrive l’inserimento di macchine intelligenti e
connesse a Internet nelle attività svolte dagli esseri umani. Nelle aziende non si sta oggi
semplicemente immaginando una nuova catena di montaggio, si stanno creando attivamente
network di macchine che possano non solo produrre di più e con meno errori, ma anche
modificare autonomamente gli schemi di produzione a seconda degli input esterni che ricevono, e
nel frattempo mantenere un’alta efficienza. In altre parole, l’Industry 4.0 è per la produzione quello
che per i consumatori è l'IoT, in cui qualsiasi oggetto – dalle automobili ai termostati ai tostapane –
sarà connesso a Internet. Un “approccio completamente nuovo alla produzione” secondo quanto
proposto nel 2013 dall’Industrie 4.0 Working Group, un agglomerato di gruppi industriali, esperti
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di intelligenza artificiale, economisti e accademici9. Il governo tedesco ha appoggiato l’idea,
annunciando di adottare una “strategia high-tech” per preparare la nazione ad abbracciare questa
rivoluzione. Gli Stati Uniti hanno seguito l’esempio fondando un Industrial Internet Consortium10
no-profit nel 2014, guidato da grandi gruppi industriali come General Electric, AT&T, IBM e Intel.
3.1.2 Il potenziale
Benché l’Industry 4.0 sia diventata argomento di continua riflessione, cosa significhi esattamente il
termine non è ancora chiaro. Uno dei suoi aspetti più tangibili e che può aiutare a meglio capirne le
dimensioni è l’idea di un “design orientato ai servizi” (cfr. immagine sotto). Il concetto può
spaziare da consumatori che sfruttano i controlli di una fabbrica per produrre oggetti da soli, ad
aziende che fanno prodotti su misura per consumatori individuali. Il potenziale di questa modalità
di produzione è infinito. Ad esempio, la comunicazione tra i prodotti intelligenti dell'IoT e le
macchine intelligenti che li producono, in quella che GE chiama “Industrial Internet”, significa che
gli oggetti saranno in grado di monitorare il loro stesso uso e determinare quando spegnersi.
Fonte: Industrie 4.0 Working Group
Un altro esempio è quello del telefono cellulare che “capendo” di esser prossimo a
malfunzionamenti importanti, quando non all’interruzione dell’operatività, può informare non
solo l’assistenza ma addirittura la fabbrica, che può modificare i propri livelli di produzione per
riflettere i dati in arrivo dagli oggetti intelligenti che vengono prodotti lì. Quando il proprio
telefono cellulare sarà da cestinare, ce ne sarà già un altro pronto, che arriverà già programmato
con i settaggi personali dell’apparecchio precedente. Si tratta di un processo non limitato a
strumenti elettronici sofisticati. Tutto, dai vestiti personalizzati allo shampoo e al sapone
personalizzati sarà a disposizione del consumatore, senza i costi aggiuntivi tipici fino ad ora del
design personalizzato. Gli oggetti saranno fatti solo per chi li userà: la personalizzazione non
consisterà più nel selezionare semplicemente un colore da una gamma predeterminata, aprendo di
fatto una grande opportunità per nuovi modelli di business.
9
http://www.gtai.de/GTAI/Content/EN/Invest/_SharedDocs/Downloads/GTAI/Brochures/Industries/industrie4.0-smartmanufacturing-for-the-future-en.pdf
10
http://www.iiconsortium.org/about-us.htm
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3.1.3 L’esperienza tedesca come blue-print
La quarta rivoluzione industriale promette di porre la Germania in prima linea nella competizione
industriale. L’industria tedesca investirà, in ciascun anno fino al 2020, 40 miliardi di euro nelle
infrastrutture dell’Industrial IoT, stando a un rapporto di Strategy&11, il che corrisponde a
un’importante fetta degli investimenti totali europei per la quarta rivoluzione industriale, destinati
a raggiungere i 140 miliardi di euro all'anno.
Secondo il working group “Industrie 4.0”, su 278 aziende tedesche intervistate, 131 hanno dichiarato
di essere “già dentro a Industrie 4.0.” Il coinvolgimento di queste ha significato soprattutto
“imparare” la quarta rivoluzione industriale. Solo un quinto di queste aziende stanno
aggiungendo componenti CPS alle loro fabbriche. Tra coloro che partecipano attivamente alla
nuova rivoluzione industriale ci sono Wittenstein (motori elettrici), Bosch (strumenti idraulici) e
BASF SE, che è stata pioniera di prodotti per l’igiene personalizzabili come parte di un
esperimento del German Research Center for Artificial Intelligence, con lo scopo di dimostrare la
fattibilità dell’Industry 4.0. Un caso particolare è rappresentato da Siemens AG, che utilizza un
grande numero di componenti CPS nella fabbrica di Amberg dove sono prodotte, con macchinari
quasi del tutto automatizzati, le macchine produttive automatizzate per società come BMW e
Bayer.
3.1.4 Le sfide
Ottenere il massimo dei vantaggi dalla quarta rivoluzione industriale richiederà un’intensa
collaborazione tra aziende, specialmente quando si tratterà di far “dialogare” tutte le macchine. Se
un prodotto incompleto arriva a un macchinario che non è in grado, ad esempio, di leggere il chip
RFID perché non è stato programmato alla stessa frequenza, il processo produttivo sarà costretto
ad arrestarsi. Ecco perché stabilire piattaforme e linguaggi comuni per permettere alle macchine di
capirsi oltre i confini diventa uno dei nodi cruciali per l’adozione massiccia dei sistemi ciber-fisici.
D’altro canto, un’omogeneità eccessiva può essere anche pericolosa. Google controlla il 97% delle
ricerche in rete in Germania, ad esempio, e alcuni leader di governo sono preoccupati che poche
società molto influenti possano ottenere uno scorretto vantaggio competitivo nell’Industria 4.0. “I
grandi dati necessari perché Industrie 4.0 funzioni non sono raccolti da aziende tedesche, ma da
quattro grossi nomi della Silicon Valley” ha detto il Ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel
durante un dibattito pubblico con il presidente di Google Eric Schmidt, l’anno scorso: “Siamo
preoccupati.”
Un altro problema importante è la sicurezza: creare reti sicure non è semplice anche perché
integrare Internet nei sistemi fisici significa rischiare di renderli vulnerabili ai ciber-attacchi. Prima
dell’arrivo della digital factory per fare danni a una fabbrica bisognava distruggerne i componenti
fisici. Con Industry 4.0, i processi di produzione possono essere danneggiati da remoto, o
manipolando il protocollo di produzione o paralizzando semplicemente il processo. Il Fraunhofer
Institute ha confermato che esistono già malaware in grado di paralizzare o danneggiare
irreparabilmente i sistemi di produzione ciber-fisici. Come assicurare la ciber-sicurezza senza
rinunciare ai benefici dei CPS (come la comunicazione in tempo reale tra le macchine) diventerà
presto una priorità.
11
http://www.strategy-business.com/article/00294?gko=a9303
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3.1.5 L’impatto sociale
Una struttura di produzione totalmente integrata come quella dell’Industry 4.0 ha il potenziale di
cambiare anche la definizione di lavoro umano. Da quando le macchine sono in grado di effettuare
azioni ripetitive nella produzione industriale con maggiore efficienza della loro controparte
umana, queste azioni sono sempre più automatizzate. Dal punto di vista sociale questo è motivo di
preoccupazione visto l’eccesso di forza lavoro, una paura che l’ulteriore automatizzazione portata
dalla quarta rivoluzione industriale non può che inasprire: alcune proiezioni stimano che tra circa
vent'anni il 47% dei lavori verranno automatizzati e milioni di lavoratori in tutto il mondo
potrebbero perdere il posto.
Le macchine che “rubano” il lavoro all’essere umano sono state una costante attraverso le varie
rivoluzioni industriali, in particolare nella terza caratterizzata da una crescita esponenziale
dell'automazione. La quarta rivoluzione industriale, invece, farà dialogare queste macchine le une
con le altre senza la necessità dell'intervento umano: la fabbrica Siemens ad Amberg, ad esempio,
impiega ancora più di 1.000 lavoratori, i quali si occupano per lo più di monitorare le macchine
usando il computer. La vera preoccupazione riguardo ai posti di lavoro è che l’Industry 4.0
permetterà alle imprese di espandere il proprio portafoglio di prodotti e attività senza necessità di
creare lavoro.
Il trend potrebbe danneggiare le nazioni in via di sviluppo. Non è una sorpresa che uno dei più
grandi impulsi verso la quarta Rivoluzione Industriale sia il desiderio di competere con la
produzione in outsourcing. L'implementazione su larga scala di sistemi ciber-fisici nell'industria
occidentale potrebbe rovesciare la tendenza all’outsourcing, penalizzando i Paesi in via di sviluppo
che contano sempre più su questo tipo di attività manifatturiera.
3.1.6 La situazione italiana
In Italia lo sviluppo di un nuovo modello di integrazione industriale come quello dell’Industry 4.0
è rallentato. Le difficoltà sono innanzitutto di natura economica, perché è un modello che necessita
di lungimiranza, pazienza, ma anche di vision verso quello che potrà essere il mercato di domani.
Un modello industriale a struttura iper-connessa necessita di investimenti massicci. In questo
senso l’Italia deve scegliere quale modello seguire, quello statunitense, dove il ruolo dello Stato è
principalmente di semplificare le attività di sviluppo, o quello tedesco, dove si ipotizzano
investimenti statali nella ricerca e nell’innovazione. Per portare la quota manifatturiera italiana
dall’attuale 15% del valore aggiunto al 20% entro il 2030 bisogna infatti arrivare a circa 8 miliardi
di investimenti annui, puntando su: “piattaforme digitali, software, robotica, gestione dei big data,
sistemi cloud”12.
Si tratta di un modello industriale completamente nuovo che richiederà tempo per affermarsi nel
nostro Paese. Basti ricordare il quadro di valutazione dell’innovazione in Europa per l’anno 2014,
dove l’Italia fa parte di quel gruppo definito degli “innovatori moderati” anche se, di questo
gruppo, è alla testa. Di certo, ciò che dovrà essere immaginato è far sì che l’industria 4.0 trovi
spazio nelle esigenze di un’industria come quella italiana che conta circa il 95% di microimprese
con meno di 10 dipendenti e con fatturati annui che non permettono grandi investimenti in ricerca.
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http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2015-07-21/industria-piano-quattro-mosse063659.shtml?uuid=ACNMQuU
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3.2
Smart cities
3.2.1
Preambolo
Le smart city sono diventate una delle aree più promettenti per l'IoT. Secondo lo UN World
Urbanization Prospects13, entro il 2050, l’85% della popolazione vivrà nelle città, il che genererà
una fortissima pressione sociale ed economica, soprattutto a livello infrastrutturale. I trasporti,
l'approvvigionamento d’acqua, la distribuzione di energia, i servizi di emergenza e la sicurezza
saranno esigenze prioritarie nella nuova urbanizzazione richiedendo una crescente massa
d’informazioni – in tempo reale – sulle infrastrutture, sul loro funzionamento, sul loro carico, sul
loro stato di manutenzione e, in generale, su tutti gli elementi tecnici e funzionali che permettono
alla città di operare.
In urbanistica e architettura, la smart city indica un insieme di strategie di pianificazione
urbanistica che si pone l’obiettivo di ottimizzare e innovare i servizi pubblici e l’infrastruttura
materiale delle città, e di valorizzare il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita.
Secondo un recente studio del Parlamento Europeo, le smart city si sviluppano secondo una serie di
iniziative14:
• Governance, vale a dire il coordinamento trasversale di servizi, organizzazioni pubbliche e
private, e della partecipazione dei cittadini;
• Economia e servizi, in altre parole aumento di produttività dei servizi pubblici sfruttando
la connettività diffusa e la digitalizzazione dei servizi stessi;
• Mobilità, attraverso l’integrazione della modalità pubblica e privata, fino a includere la
mobilità pedonale o in bicicletta;
• Ambiente e risorse, con riferimento al controllo dell'inquinamento e della qualità
dell’acqua, all’utilizzo dell’energia e delle forme rinnovabili, alla gestione del ciclo dei
rifiuti e dell’ambiente;
• Capitale umano, con particolare attenzione alla creazione di talento e competenze nei
settori chiave dell’innovazione, ma anche alla creatività;
• Stili di vita, con riferimento alla capacità di una città di favorire stili di vita salutari e sani,
un ambiente culturalmente attivo e dinamico che favorisca l’innovazione e lo sviluppo del
capitale sociale.
La smart city contiene, in un quadro strategico comune, i fattori di produzione urbana, ma al
contempo rivela la crescente importanza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione
in generale, e dell’IoT in particolare.
3.2.2 Il potenziale
L’IoT, nel contesto delle smart city, ha un ruolo abilitante: permette al mondo reale e fisico di
partecipare al mondo virtuale delle reti, delle applicazioni e delle infrastrutture ICT. Come tale,
quasi tutte le iniziative delle smart cities potrebbero essere associate all’IoT. Diventa così in parte
arbitrario decidere dove le applicazioni IoT siano pertinenze delle smart cities piuttosto che, ad
13
http://esa.un.org/unpd/wup/
http://www.rand.org/blog/2014/07/how-smart-are-our-european-cities.html;
http://www.rand.org/randeurope/research/projects/eu-smart-cities.html
14
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esempio, della sanità o di altro settore. Ferma restando questa discrezionalità, le aree di maggior
interesse per l’IoT nelle smart cities sono tipicamente: la gestione delle risorse, i trasporti e la
mobilità, l’ambiente e la salute pubblica e la sicurezza, gli edifici e le infrastrutture.
Aree d’interesse
Esempi e applicazioni
Ambiente e salute pubblica


Acquisizione dati ambientali ad alta risoluzione e basso costo
Crowdsourcing dell’acquisizione dei dati
Trasporti e mobilità





Visibilità e misurazione della mobilità multimodale
Controllo, modulazione e sincronizzazione del traffico
Servizi pubblici a domanda e schedulazione del trasporto
pubblico
Gestione dello spazio di parcheggio
Veicoli autonomi
Sicurezza


Interpretazione automatica di immagini o suoni
Gestione delle folle, dei grandi eventi e delle emergenze
Edifici e infrastrutture


Elettrodomestici connessi
Smart grid e smart meter
Gestione delle risorse


Identificazione remota di guasti e manutenzione predittiva
Raccolta rifiuti on-demand
Ambiente e salute pubblica
La tecnologia IoT offre alla città e ai cittadini strumenti per raccogliere dati in tempo reale
sulla qualità dell'aria e dell'acqua. Se da un lato il monitoraggio dell’ambiente è parte delle
attività di routine delle amministrazioni pubbliche, l’IoT permette la riduzione dei costi di
installazione e gestione della rete di sensori e di aumentare la risoluzione geografica del
monitoraggio (da pochi sensori per città a sensori diffusi strada per strada). Questo fa sì che
si possano analizzare le condizioni ambientali a livello di strada o singolo edificio (ad
esempio una scuola) e come conseguenza di prendere misure, quali la gestione del traffico,
con riferimento specifico alle condizioni ambientali locali. Laddove il problema fosse
particolarmente sentito, come in Cina, si diffondono non solo i sensori ambientali domestici
ma anche i dispositivi personali associati a smart phone, da indossare come gadget.
La riduzione dei costi dei sensori e delle reti di comunicazione, assieme allo sviluppo di reti
mesh (ove ogni sensore serve anche da passante per le informazioni degli altri sensori fino
ad arrivare al punto di raccolta) rende possibili soluzioni di monitoraggio ad hoc, ad
esempio per far fronte a un’emergenza. Un esempio è il Floating Sensor Network
dell'Università di Berkeley che usa una flotta di mini sensori galleggianti e indipendenti
dotati di GPS e comunicazione wireless15. In caso di emergenze, come uno sversamento in
15
http://float.berkeley.edu
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un’area costiera, decine o centinaia di questi piccoli sensori possono essere dispiegati e
pilotati a distanza per creare una rete di monitoraggio su vasta scala specifica per il caso in
esame, cosa impossibile per un modello di monitoraggio tradizionale.
La crescente disponibilità di dispositivi e sensori a basso costo, ed anche la loro connettività
alla rete wi-fi oppure ai cellulari, introduce una nuova possibilità: il crowd-sourcing di dati
ambientali. Il fenomeno è molto sperimentale e si materializza nella condivisione su Internet
di dati raccolti localmente da individui che scelgono di pubblicarli gratuitamente per un uso
collettivo. Sono così nati anche motori di ricerca dedicati a questo fenomeno, una sorta di
“Google search dei sensori”, che localizzano i dispositivi e i loro flussi di dati disponibili.
Uno dei primi casi, a fronte del dibattito sulle stime ufficiali, è stato la ricostruzione del
profilo di rumore nelle vicinanze dell’aeroporto di Amsterdam, interpolando decine di
piccoli sensori di rumore attivati nelle proprie abitazioni da volontari. Recentemente, in
Giappone, lo stesso principio è stato utilizzato per costruire una rete di misura delle
radiazioni, a seguito dell’incidente nucleare di Fukushima, laddove le istituzioni faticavano
a dare risposte localizzate e veloci ai cittadini.
Trasporti e mobilità
Il trasporto e la mobilità sono uno degli ambiti più fertili per le soluzioni IoT. Nella forma
più semplice e diffusa, una migliore visibilità sulle condizioni di traffico urbano (numero di
veicoli, velocità media per ogni tratto di strada) è una condizione necessaria per una
gestione intelligente del traffico (ad esempio, durata del semaforo rosso e del verde, priorità
ai veicoli di emergenza o al trasporto pubblico). Los Angeles, ad esempio, è dotata di sensori
e telecamere stradali per il controllo di 4.500 tra semafori e segnali che regolano il flusso di
veicoli in tutta la città, che si stima riducano la congestione del 16%. Se nel passato era
inevitabile utilizzare installazioni complesse e costose, è ora possibile dotare le città degli
stessi strumenti a costi inferiori oppure ottenere le stesse informazioni sfruttando fonti
alternative, come le tracce dei cellulari o dei navigatori dei viaggiatori. Sono proprio queste
forme atipiche di misurazione del movimento che hanno grandi potenzialità, largamente
inesplorate, per quantificare e prevedere la domanda di trasporto.
Nel caso del trasporto pubblico, la localizzazione in tempo reale di tutti i mezzi di trasporto
crea le condizioni per la loro sincronizzazione e per la programmazione dei mezzi stessi. La
stessa informazione offre visibilità agli utenti sui tempi di attesa e di viaggio: una semplice
applicazione è in grado di informarci quando uscire di casa, riducendo potenzialmente lo
spreco di tempo in inutile attesa. Questi sistemi sono in funzione in molte città: Helsinki,
Amsterdam, Chicago o Singapore, per citare solo alcuni esempi. Una migliore visibilità sulla
posizione e utilizzo della flotta, assieme ad una migliore visibilità sulla domanda, è anche
alla base della gestione dinamica della rete, riducendo il numero di corse potenzialmente
vuote e aumentando la capacità quando la domanda supera quella pianificata.
In quasi tutte le grandi città, il parcheggio è un problema di costante e crescente criticità.
Partendo da alcune sperimentazioni a San Francisco, varie amministrazioni, come
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Barcellona, stanno mappando in tempo reale, mediante sensori sulla strada oppure da
interpretazione d’immagini, lo spazio a disposizione per parcheggio. L’obiettivo è di ridurre
il tempo sprecato alla ricerca di un parcheggio, ma anche di modulare il prezzo del
parcheggio secondo la domanda.
L'uso di veicoli autonomi, infine, è una delle grandi promesse della mobilità urbana. Questi
veicoli sono il risultato di moltissime innovazioni, ma alla base del loro funzionamento sta
la capacità di “sentire” l’ambiente circostante e di controllare il mezzo in tempo reale. Il
grande interesse per i veicoli autonomi è legato al valore economico e sociale della loro
introduzione. Potenzialmente, possono aumentare la sicurezza delle strade (la gran parte
degli incidenti è da attribuire al guidatore), ridurre i consumi (modificando la guida del
veicolo alle condizioni del traffico), restituire tempo alle persone ma anche incrementare lo
spazio di parcheggio senza aumentare l’area adibita al parcheggio. Quasi tutte le grandi
società tecnologiche e le case automobilistiche stanno lavorando in varie forme e con vari
interessi allo sviluppo della mobilità autonoma, tanto che si prevede che il mercato prenderà
forma consistente già dal prossimo decennio. I veicoli autonomi, in realtà, sono in uso da
decenni in alcuni ambienti particolari, pensiamo alla manifattura oppure alle miniere, ed è
in questi ambienti che si sono affinate alcune capacità fondamentali, quali il controllo di
movimento, di frenata o di collisione.
Sicurezza
Le prime applicazioni legate alla sicurezza sono basate sull’utilizzo di telecamere per il
monitoraggio del territorio, ad esempio delle strade o metropolitane (la metropolitana di
Londra ha circa 15.000 telecamere in funzione). Sono due le principali innovazioni di IoT in
quest’ambito. La prima riguarda, come in tutti gli altri settori, la riduzione dei costi, la
miniaturizzazione dei dispositivi e la loro connettività ubiqua, che rendono la diffusione del
monitoraggio visivo e ambientale potenzialmente molto capillare (con altre evidenti
implicazioni, quali la loro intrusività). La seconda è che, mentre nel passato queste
telecamere richiedevano un controllo delle immagini da parte di un operatore per
identificare anomalie, atti criminali, oggetti sospetti o incidenti, questo monitoraggio è stato
in parte automatizzato. L’interpretazione automatica non è limitata alle immagini,
comunque: in decine di città soprattutto negli Stati Uniti si sono diffuse reti di sensori del
segnale acustico, usati soprattutto per identificare colpi di arma da fuoco.
Più in generale, la correlazione in tempo reale di dati da diverse sorgenti permette di
stabilire relazioni tra luoghi, persone, eventi e altri fattori. Le amministrazioni che hanno
sperimentato queste forme di monitoraggio e gestito la prevenzione di conseguenza, ad
esempio Durham in North Carolina, dichiarano riduzioni del crimine del 50% in quattro
anni. In altri casi ci si spinge oltre, verso la previsione del crimine. Città come Los Angeles
usano sistemi simili per predire dove avverrà il prossimo crimine e intensificare il
pattugliamento della zona. Durante le sperimentazioni la città ha ridotto del 33% i casi di
furti nelle abitazioni e del 21% i crimini violenti.
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Nel caso di grandi eventi, oppure di incidenti o emergenze che hanno come effetto il
movimento di grandi flussi di persone, è quasi sempre difficile misurare precisamente il
numero di individui presenti in un certo luogo e i flussi tra vari punti della città. Grazie alla
penetrazione totale dei cellulari, le persone stesse però diventano i sensori di presenza,
permettendo attraverso reti esistenti – ad esempio la rete telefonica – oppure infrastrutture
locali, di stimare presenze e flussi con precisione. Questo è un ambito interessante e
controverso: la tecnologia è ampiamente disponibile, ma prevale ancora la cautela sul suo
utilizzo, anche in considerazione delle implicazioni sulla privacy.
Edifici e abitazioni
L'IoT è concretamente decollato nelle abitazioni e negli edifici, forse la prima area di
adozione di massa dell’IoT. Le prime applicazioni, oramai diffuse e stabilizzate, sono legate
al cosiddetto smart metering, ovvero il controllo remoto in tempo reale di misuratori di
energia oppure di consumo dell’acqua. Ad esempio, Long Beach in California, mediante
l’uso di misuratori intelligenti del consumo dell'acqua ha ridotto i casi di consumo illegale
dell'80%.
Questi utilizzi hanno trovato la loro giustificazione nell’esigenza di aumentare la
misurabilità, l’efficienza e la prevedibilità dell’uso delle risorse, spesso guidata dall’alto dai
gestori di rete o servizio. A una prima ondata sta seguendo una forma più granulare di
adozione, che parte dal singolo utente. I consumatori possono già acquistare versioni
connesse di quasi ogni elettrodomestico e i grandi produttori, Samsung ad esempio,
affermano che tutti i loro prodotti saranno connessi a Internet entro i prossimi cinque anni.
La catena del valore si adatta a queste situazioni. Amazon, per citare un caso noto, fornisce
un servizio di rifornimento diretto di prodotti di consumo. Il dispositivo – si prenda la
lavatrice come esempio – è connessa all’account del proprietario così da attivare
automaticamente una consegna quando il prodotto detergente sta per finire.
Partendo dai termostati connessi, il mercato offre serrature e illuminazioni intelligenti,
rilevatori di fumo, sistemi di intrattenimento e dispositivi per misurare ogni aspetto
dell’abitazione. Tutto ciò è solo l’inizio di una grande trasformazione delle abitazioni in hub
digitali, visibili nel loro funzionamento e controllabili a distanza, che traducono il nostro
utilizzo della casa e i nostri comportamenti in informazioni digitali. A loro volta, queste
informazioni sono la base per un nuovo mercato di servizi a valore aggiunto quali
intrattenimenti su misura, sicurezza remota, rifornimento automatico del frigo, upgrade
digitale piuttosto che fisico, e così via. È un settore ricco di opportunità, per le persone, le
aziende e per le città nel loro complesso, ma anche di incognite, la sicurezza in primis.
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Gestione delle risorse
Un settore di applicazione relativamente maturo è la raccolta intelligente dei rifiuti. A
differenza della raccolta programmata, con svuotamento dei punti di raccolta a tempi
predefiniti, un numero crescente di città, Toronto è uno dei primi esempi, ha sostituito i
cassonetti tradizionali con versioni connesse. Il loro svuotamento non avviene a calendario,
indipendentemente dal livello di riempimento, ma piuttosto a necessità. Le implicazioni
sono molteplici, dal minore costo unitario della raccolta, alla schedulazione dei mezzi, al
dimensionamento della flotta stessa.
3.2.3 Sfide
Si stima che, entro il 2020, verranno spesi circa 400 miliardi di dollari all’anno per la costruzione
dei sistemi urbani integrati; una parte significativa di questa spesa sarà dedicata all’automazione,
alle telecomunicazioni e all’IoT. Secondo McKinsey, il monitoraggio della qualità dell’aria e
dell’acqua (e le ricadute sulla salute), unitamente alle innovazioni nei sistemi dei trasporti,
determineranno la gran parte dei benefici di IoT nelle città. Va detto che questo dipende molto
dalla natura globale di queste stime, ampiamente influenzate dai problemi delle nuove città in
Asia, Africa o Sud America.
Come aveva predetto Marshall McLuhan già nel 1964: “… tramite il mezzo elettronico, mettiamo
in moto una dinamica per cui tutte le tecnologie precedenti – incluse le città – si tradurranno in
sistemi informativi”. È infatti proprio nella dimensione urbana che meglio si articolano la natura e
la promessa dell’IoT, non necessariamente la sua dimensione economica: in questo contesto
emergono anche molte criticità, dal punto di vista sia operativo, sia legale ed etico.
All’alba del fenomeno delle smart cities, una decina di anni fa, ebbe molta presa un’interpretazione
ingegneristica e tecnocratica del fenomeno: secondo questa impostazione, una dose sufficiente di
tecnologia sarebbe bastata a rendere una città più intelligente, efficiente, visibile e sostenibile. Su
questa premessa si sono investite ingenti somme per sviluppare modelli di business adatti alle
città, per fornire servizi e tecnologie alle nascenti smart cities. È ragionevole sostenere che questo
scenario non si sia materializzato come atteso: in contemporanea a un numero crescente di casi di
successo è cresciuta la consapevolezza della natura non tecnologica, bensì culturale, gestionale,
partecipativa, educativa, artistica o politica della città intelligente. Diventa allora difficile gestire
l’innovazione tecnologica indipendentemente dall’innovazione culturale e sociale della città, e dal
dibattito sociale e politico sul futuro delle città. Da questa consapevolezza nascono esempi come
Array of Things, Chicago, una rete capillare di sensori e comunicazione dedicata alla
sperimentazione e dimostrazione continua su vasta scala, aperta a tutte le organizzazioni che
intendono comprendere la relazione tra IoT e sviluppo urbano.
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20
3.3 Smart health
3.3.1 Preambolo
Nel mondo della salute, l’IoT sembra prefigurare il passaggio da un modello medico-centrico a
una logica di social health, più aperta e smart. Pillole di ultima generazione con sensori integrati che
al contatto con il succo gastrico rilasciano segnali ad un cellulare che allerta gli operatori sanitari
nel caso di uso irregolare dei farmaci. Orologi-monitor che consentono all’individuo di monitorare
il proprio stato di salute e, nel caso, registrare un potenziale battito cardiaco irregolare che fa
scattare un avviso per l'operatore sanitario, il quale è in grado di indirizzare il paziente presso una
struttura sanitaria. Apparecchiature mediche quali TAC e risonanze magnetiche che dialogano e
interagiscono tra loro per migliorare e gestire il flusso di pazienti che le utilizzano. L’utilizzo
dell’Internet delle cose in ambito sanitario favorisce la gestione di processi logistici complessi con
un grande potenziale per trasformare le nostre vite. È una rivoluzione tecnologica capace di creare
singificative opportunità per il sistema economico a condizione che vengano decise politiche
sanitarie ed economiche per favorirne l'utilizzo.
3.3.2 Il potenziale
Il fine dell’IoT nell'ambito della salute pubblica è migliorare il flusso di informazioni per facilitare
la gestione e fornitura di servizi sanitari con il coinvolgimento più attivo dei pazienti, attraverso
l’uso di tecnologie sofisticate ma di facile utilizzo. L’area che sembra più promettente in questo
ambito è la salute-mobile (mHealth), che utilizza i dispositivi mobili attraverso applicazioni (apps)
capaci di collegare tutto ciò che ha un sensore ricevente ad oggetti in grado di raccogliere,
trasferire, analizzare tali informazioni per creare un processo decisionale non solo in ambito
clinico, ma anche all’interno del sistema sanitario e al più alto livello politico.
Il progresso di IoT è stato reso possibile dall'emergere di una vasta gamma di tecnologie che
permettono di raccogliere, leggere e interpretare miliardi di dati, migliorando la capacità di
soddisfare, da una parte le esigenze di salute personale dell’individuo; dall’altra le esigenze
sanitarie nazionali, in particolare:
1) migliorando l'efficienza del sistema riducendone i costi;
2) affrontando le nuove sfide in materia di salute preventiva, quali l'invecchiamento della
popolazione e il peso di malattie croniche emergenti che mettono a dura prova il sistema
sanitario con crescenti esigenze di risorse.
L’IoT applicato nell’ambito della salute è un fenomeno di portata globale. Nei Paesi in via di
sviluppo il suo utilizzo permette un accesso diffuso alle cure sanitarie. Nei Paesi economicamente
più maturi, facilita la riduzione dei costi. In entrambi i casi è una grande opportunità per
migliorare l’efficienza del sistema. Uno studio del 2013 ha infatti evidenziato che mHealth potrebbe
far risparmiare 99 miliardi di euro in costi sanitari all'Unione Europea e aggiungerebbe 93 miliardi
di euro al PIL dell'UE nel 2017, sempre che la sua adozione sia incoraggiata. Un totale di 185
milioni di utenti potrebbe trarre beneficio da mHealth; tra essi, 141 milioni di pazienti potrebbero
migliorare il proprio stile di vita e circa 43 milioni affetti da malattie croniche potrebbero
beneficiare di diagnosi tempestive, terapie individualizzate e un monitoraggio più attento16.
16
http://www.gsma.com/connectedliving/wp-content/uploads/2013/06/Socio-economic_impact-ofmHealth_EU_14062013V2.pdf
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In Europa, le soluzioni centrate sul paziente costituiscono circa il 60% delle applicazioni mHealth,
rispondendo alle esigenze del crescente health consumerism da parte dell'utente. Il 15% delle
applicazioni hanno invece lo scopo di migliorare l'efficienza del sistema di assistenza sanitaria.
Tutte le applicazioni mHealth hanno il potenziale di attuare cambiamenti nelle politiche sanitarie
grazie alla raccolta e alla elaborazione di informazioni.
3.3.3 Il mercato
L’IoT è pronta a diventare la prossima grande scommessa per il settore sanitario anche dal punto
di vista del beneficio economico. Nel 2013 mHealth ha sperimentato una crescita del 55% in termini
di dispositivi elettronici e di ricavi da servizi per il monitoraggio dei pazienti a distanza. Si stima
che nel 2017 il mercato globale per mHealth frutterà 23 miliardi di dollari (6,9 miliardi di dollari
solo in Europa). Questi dati, insieme alla crescita nella domanda di servizi sanitari, sostenuta dalla
diffusione esponenziale degli smartphone, prefigurano un forte incremento del settore. Tuttavia, per
le 97.000 applicazioni mHealth disponibili, manca un'adeguata regolamentazione.
I pazienti e i sistemi sanitari sono i soggetti destinati a beneficiare direttamente da mHealth con
ricadute positive sugli indicatori sanitari, l’efficienza del sistema e con una riduzione dei costi
complessivi. La realizzazione di infrastrutture per le telecomunicazioni ed i trasporti
contribuiranno all'espansione di mHealth che, a sua volta, dialogherà con IoT nel capo dei trasporti
e dell'industria. Oggi questo dialogo tra diverse piattaforme tecnologiche è uno dei fattori che
contribuisce allo sviluppo delle smart city.
3.3.4 Le sfide
In generale, l’adozione dell’IoT non è priva di rischi ed il settore sanitario, tradizionalmente
sensibile ai cambiamenti, potrebbe subire i primi effetti negativi. Mentre questa tecnologia
prefigura un passaggio da un modello “medico-centrico” ad una logica di “social health”, deve
essere chiaro che il suo uso non sostituirà i modelli dei sanitari tradizionali per le decisioni medicocliniche.
Al fine di garantire il rispetto della privacy individuale in materia di sanità e il rapporto medicopaziente, i governi hanno sempre avuto un ruolo determinante. L'avvento dell’IoT rende tale
aspetto molto più complesso, sia per la quantità di informazioni individuali in rete, sia per la
capacità dei computer di dialogare e di prendere decisioni che potrebbero sostituire quelle umane.
Un ulteriore rischio è che i dati personali possano essere venduti a terzi (industria, enti
commerciali, assicurazioni). Anche in caso di buonafede, i sistemi di Internet possono sempre
essere manipolati; pertanto la totale fiducia verso l’mHealth per gli interventi (ad esempio, pompe
per insulina che dialogano con smartphone) che non sono attivati da decisioni umane è oggetto di
dibattito. Se sviluppato correttamente, tuttavia, mHealth non solo può raccoglie quantità di dati
medici una volta impensabili, ma è in grado di rilevare lo stile di vita e i dati ambientali del
paziente, fornendo una base molto più ampia di evidence-based science, grazie anche alla capacità
analitiche dei computer. Questo contribuirà a promuovere la cura della salute della popolazione e
la gestione intelligente delle malattie.
Fra le sfide che l’IoT deve affrontare è prioritario il problema della regolamentazione giuridica.
Allo stato attuale dell'arte non ci sono norme o regolamenti per disciplinare le modalità di utilizzo
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delle informazioni raccolte mediante l’IoT. Da una parte c’è chi ritiene che in una società ideale
spetti al settore dell’industria adottare standard per il formato dei dati e garantire la privacy delle
informazioni raccolte, anche perché i regolamenti da parte del governo potrebbero limitare
l'innovazione. Dall’altra vi è chi ritiene che il ruolo dei governi non sia solo di regolare i mercati,
ma di garantire che la tecnologia sia sicura, la privacy assicurata e le esigenze del Paese
soddisfatte. Le aree che richiedono una certa vigilanza dovrebbero essere quelle relative alla
privacy, alla protezione delle informazioni individuali e mediche, alla qualità delle applicazioni, e
alla promozione dell’interoperabilità informatica. Senza dimenticare un ultimo aspetto importante
che riguarda lo sviluppo dell'IoT: la necessità di una solida infrastruttura delle telecomunicazioni,
che dovrebbe essere sostenuta finanziariamente e con politiche adeguate da parte dei governi.
3.3.5 L’esperienza europea
Il fenomeno mHealth, sebbene ancora in fase embrionale, si sta diffondendo in tutta l'Unione
Europea. Tra i vari esempi da citare vi sono i servizi di telemonitoraggio per i pazienti con
insufficienza cardiaca cronica, e le applicazioni per la gestione del diabete e di altre malattie.
Tuttavia, nel contesto europeo, l'unico programma su scala nazionale che sfrutta l’IoT per la
gestione di molteplici malattie croniche è il 3 Million Lives Programme che il governo britannico
ha promosso negli ultimi anni. Un programma simile è stato lanciato anche in Norvegia. Inoltre, il
servizio sanitario nazionale del Regno Unito sta promuovendo mHealth come parte del
finanziamento per l’innovazione in ambito sanitario.
Per la creazione di sistemi di certificazione, il National Health Services – Online Health Apps
Library del Regno Unito certifica che il contenuto delle applicazioni sia in linea con gli standard di
sicurezza e il rispetto delle norme sulla protezione dei dati. A livello regionale, un approccio simile
è stato adottato dall’agenzia andalusa per l'assistenza sanitaria. Il Repertorio Europeo delle Apps
Salute contiene circa 200 applicazioni per mHealth segnalate da gruppi di pazienti.
Le esperienze e gli sforzi per regolamentare mHealth in tutti gli Stati dell'Unione Europea restano
comunque frammentari, con eccellenze in alcuni Paesi già in fase di sviluppo avanzato, quali il
Regno Unito, mentre in altri sono in uno stadio iniziale, come ad esempio in Italia.
3.3.6 Il contributo dell’Unione Europea e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
Lo scopo principale dell’eHealth Action Plan 2012-2020 è stato quello di avviare una discussione
sugli ostacoli esistenti e sullo sviluppo di mHealth al fine di identificare quali azioni, a livello
politico e tecnico, possano sbloccare il suo potenziale17. Un green paper su mHealth è stato
pubblicato nell’aprile del 2014 per favorire una consultazione delle parti interessate e informare
circa l'azione necessaria da parte dell'UE per raccogliere le eccellenze europee nel campo ed
attivare misure concrete da adottare a livello europeo per favorirne lo sviluppo18.
L’Unione Europea sta altresì intensificando il controllo giuridico nel campo dei dispositivi medici e
in vitro. Alcune direttive pubblicate negli anni Novanta sono state aggiornate e passate a uno stato
di regulations con l'aggiunta delle applicazioni mHealth nel quadro dei dispositivi medici e in vitro.
17
18
http://ec.europa.eu/health/ehealth/docs/com_2012_736_en.pdf
http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/news/green-paper-mobile-health-mhealth
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23
Infine, gli Stati membri dell'UE potranno beneficiare di finanziamenti messi a disposizione
nell’ambito di Horizon 2020 che intende sostenere mHealth e l'alfabetizzazione sanitaria digitale
per assicurare che mHealth contribuisca alla parità di accesso alle cure.
Nel 2005 la risoluzione dell’Assemblea Mondiale della Sanità ha esortato gli Stati membri a
modernizzare l'infrastruttura informatica sanitaria19. Nel corso dell’ultimo decennio l’attenzione si
è concentrata sull'espansione della struttura informatica per la raccolta dei dati clinici e degli
indicatori sanitari. Tuttavia, con l’avvento di mHealth, negli ultimi cinque anni, l’OMS ha visto una
grande opportunità nel fornire agli Stati membri la possibilità di rafforzare la fornitura di servizi
sanitari riducendone i costi. Al fine di sostenere gli Stati membri con un ambiente favorevole per lo
sviluppo di mHealth, si è creato un modello di partnership che coinvolge operatori di telefonia
mobile, governi, agenzie delle Nazioni Unite, associazioni mediche, università e settore privato,
tutti impegnati a massimizzarne il successo. Partendo dal successo delle piattaforma Mcessation,
concepita per aiutare le persone a smettere di fumare, l’OMS ha sviluppato altre applicazioni come
mDiabetis, mWellness, mHypertation e mCervicalCancer, utilizzabili con le dovute modifiche nei vari
contesti nazionali per la prevenzione, diagnosi, terapia e gestione di numerose patologie, con
risultati incoraggianti.
3.3.7 Esperienze e opportunità in Italia
La diffusione in Italia dell’IoT in ambito sanitario rimane in uno stadio embrionale. Progetti pilota
di telemedicina coprono aree remote delle isole Eolie e piccole comunità in Lombardia. Il Ministero
della Salute ha lanciato un progetto per le ricette mediche in rete e per l'utilizzo di cartelle mediche
elettroniche. La tecnologia mHealth, come parte di un progetto, è stata implementata per il
monitoraggio dei livelli ematici di zucchero nei pazienti diabetici attraverso smartphone.
L’innovazione di questo progetto consiste nel fatto che la società assicuratrice rimborsa il costo
dell’applicazione. In termini di regolamentazione, le direttive ministeriali prevedono la copertura
economica per l’utilizzo della telemedicina e si segnala che la Regione Veneto ha pubblicato
direttive per il tele-monitoraggio.
19
http://apps.who.int/gb/ebwha/pdf_files/WHA58-REC1/english/A58_2005_REC1-en.pdf
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24
4. CONCLUSIONI
Molte e articolate, anche se nel contenuto sostanzialmente abbastanza simili, le raccomandazioni
che sono state nel tempo proposte per sviluppare l’IoT. Tutte abbastanza trasversali, e con
destinatari in molte classi di decisori vista la pervasività del fenomeno, chiamano a uno sforzo
corale sistemico non solo il settore pubblico ma anche quello privato, senza contare la società
stessa.
In termini generali, fra le più recenti quelle proposte dal McKinsey Global Institute che nel giugno
2015 ha individuato cinque categorie di enablers per realizzare queste condizioni:
•
•
•
•
•
Tecnologia software e hardware;
Interoperabilità dei sistemi;
Proprietà intellettuale, sicurezza, privacy e confidenzialità;
Cultura e organizzazione del business;
Politiche pubbliche20.
Il World Economic Forum, nello specifico dell’Industrial IoT, ha identificato tre macro classi di
attori, rimarcandone il valore strategico, che devono esser coinvolti al fine di “unleashing the
potential of connected products and services”21:
•
Technology Adopters
•
Technolgy Providers
•
Public Policy Makers
le cui attività si incontrano dando vita a un insieme di Joints Actions Among Stakeholders senza le
quali l’IoT potrà difficilmente svilupparsi.
Sullo stessa lunghezza d’onda un report presentato da Accenture che considera le applicazioni
industriali dell’IoT tra le aree più promettenti per lo sviluppo dell’economia globale, con un
potenziale impatto a livello mondiale di 14.200 miliardi di dollari sui settori produttivi entro il
2030. Il fenomeno, destinato a interessare la crescita soprattutto nei mercati più maturi, in
particolare Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Italia inclusa, non può realizzarsi senza un
importante sforzo da parte degli Stati nazionali e delle aziende, che devono avviare iniziative
sufficienti a creare le condizioni necessarie per l’adozione su larga scala delle nuove tecnologie
digitali.
Secondo Accenture – analizzando oltre 1.400 leader aziendali globali, tra cui 736 CEO – il 73% delle
aziende non ha invece ancora piani concreti per raggiungere questi obiettivi: solo il 7% degli
intervistati ha dichiarato di aver sviluppato una strategia completa, con i relativi investimenti. La
ricerca evidenzia come molti Paesi non abbiano le condizioni per sostenere una rapida adozione
dell’IoT. Se Stati Uniti, Svizzera, Scandinavia e Paesi Bassi risultano essere i più evoluti, Spagna,
Italia, Russia, India e Brasile restano i Paesi con le condizioni più limitate. Sempre secondo
l’indagine, l’87% delle aziende reputa che l’IoT possa generare posti di lavoro: le tecnologie digitali
avranno un impatto positivo sulla forza lavoro del futuro migliorando le competenze.
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http://www.mckinsey.de/sites/mck_files/files/unlocking_the_potential_of_the_internet_of_things_full_report.pdf
http://www3.weforum.org/docs/WEFUSA_IndustrialInternet_Report2015.pdf
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Alla luce di questi e di altri studi, emergono una serie di aree chiave sulle quali lavorare in
concerto tra settore pubblico e privato per favorire lo sviluppo dell’IoT e delle opportunità ad esso
legate:
• Favorire la sperimentazione delle applicazioni IoT per favorire la validazione dei contesti di
maggiore opportunità (ad esempio nell’ambito della salute, delle città o dell’industria) ed
accelerare la creazione di valore e competitività;
• Adottare standard di interoperabilità e sicurezza che supportino la condivisione e la
sicurezza dei dati, favorendo gli standard aperti non proprietari;
• Formulare politiche o regole che diano un contesto il più chiaro possibile sia all’industria
che ai cittadini riguardo l’evoluzione, ad esempio, di veicoli autonomi oppure le applicazioni
dell’IoT per il corpo umano (quali dispositivi impiantabili o iniettabili) e di tutte le aree il cui
potenziale dipende dalla presenza, o meno, di un contesto;
• Favorire l’evoluzione di programmi di formazione (universitaria in particolare) e ricerca che
abbia come risultato la creazione di talento non solo tecnico ma anche manageriale in
sintonia con le opportunità emergenti non solo nell’Internet delle Cose ma anche nel campo
dei big data e data analytics, fortemente collegati all’IoT;
• Favorire la diffusione della conoscenza delle opportunità ed anche delle criticità
dell’Internet delle Cose, così da favorire un dibattito informato e pertinente nel momento in
cui questo si tradurrà in scelte ad esempio legislative;
• Attivare una valutazione operativa, non solo teorica, delle implicazioni connesse alla
crescente automazione dei processi produttivi e informativi, e al crescente trasferimento di
attività cognitive, e non solo manuali, dall’uomo alle macchine; occorre altresì identificare le
implicazioni sul lavoro e sulle regole del lavoro a medio termine.
Per quanto riguarda la realtà italiana, si stima che l’IoT nel 2030 peserà per l’1,1% del PIL, questo
grazie a nuovi servizi e modelli di business resi possibili dall’uso, nei settori manifatturieri22, di
dispositivi e macchinari connessi. L’Italia parte tuttavia da una condizione di arretratezza: in base
al Rankings of Countries’ Industrial Internet of Things Enabling Factors, il nostro Paese si trova in
posizione di forte svantaggio rispetto ai diretti concorrenti nel settore manifatturiero23.
Lo sforzo che l’Italia deve affrontare lungo queste direttrici è dunque maggiore rispetto ad altri
Paesi concorrenti e occorre capire quali strategie adottare per affrontarlo. Le difficoltà sono
innanzitutto di natura economica, perché è uno sforzo che necessità lungimiranza, pazienza, ma
anche vision verso quello che potrà essere il mercato di domani. In questo senso l’Italia deve
innanzitutto scegliere quale modello seguire: quello statunitense, dove il ruolo dello Stato consiste
principalmente nel semplificare le attività di sviluppo; o quello tedesco, dove si pianificano
investimenti statali nella ricerca e nell’innovazione. Per portare la quota manifatturiera italiana
dall’attuale 15% del valore aggiunto al 20% entro il 2030 occorre infatti arrivare a circa 8 miliardi di
investimenti annui, puntando su: piattaforme digitali, software, robotica, gestione dei big data,
sistemi cloud.
22
https://www.accenture.com/ng-en/~/media/Accenture/ConversionAssets/DotCom/Documents/Global/PDF/Digital_1/Accenture-Industrial-Internet-of-Things-Positioning-Paper-Report2015.pdf
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https://www.accenture.com/ng-en/~/media/Accenture/ConversionAssets/DotCom/Documents/Global/PDF/Digital_1/Accenture-Industrial-Internet-of-Things-Positioning-Paper-Report2015.pdf
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La sollecitazione sembra raccolta, almeno in parte, dal sistema industriale italiano: il Presidente di
Confartigianato Giorgio Merletti, ad esempio, ha sottolineato il ruolo della tecnologia che,
valorizzando la progettazione condivisa e la produzione personalizzata, sta trasformando l’ambito
manifatturiero. A suo parere, il lavoro artigiano è fortemente coerente con questa metamorfosi: ne
è un esempio il movimento dei makers, che abbina nuove tecnologie di produzione, Internet e l’IoT,
open source e innovazione dal basso. A parere di Meletti “il digitale sta rivoluzionando il modo di
produrre, e il lavoro artigiano, per le sue caratteristiche strutturali, è perfettamente coerente con
questa metamorfosi potendo aiutare piccole imprese e artigiani a cambiare, e superare la crisi. Si
sta affermando, anche grazie alle tecnologie (e fra queste in particolare l’IoT, ndr), quello che noi
diciamo da tempo e che ora ha assunto una veste globale, vale a dire il primato del valore del
prodotto e della relazione tra l'imprenditore e il suo cliente, che è una delle caratteristiche fondanti
del lavoro artigiano, al di là di ogni costrizione legislativa. (...) Il digitale sta cambiando il modo di
produrre, non solo per gli aspetti di comunicazione, ma valorizzando la progettazione condivisa e
la produzione personalizzata. Ed è proprio il “lavoro artigiano”, con le sue specificità, a essere
profondamente coerente con le caratteristiche di questa metamorfosi: per la sua flessibilità e
capacità di creare e progettare con dinamismo, la piccola impresa è il modello imprenditoriale del
futuro”24.
Di fronte alle stime di crescita del fenomeno formulate dalle società di consulenza o dagli stessi
produttori di componenti delle infrastrutture dell’IoT si impone una riflessione sulla fondatezza di
tale ottimismo, in termini sia di volumi del fenomeno sia soprattutto delle sue conseguenze sulla
società. In questo ambito un caveat è stato proposto fra gli altri da Massimo Russo, giornalista
italiano attento agli impatti delle tecnologie sulla società, il quale ha sostenuto, a proposito di
privacy e sicurezza, che “in realtà quel che sta succedendo con l’Internet delle Cose non è qualcosa
che ci obbliga a un semplice adeguamento delle normative, dei nostri stili di vita, a rivalutare
rischi e opportunità. Serve un nuovo contratto sociale. Il punto è che ci sono momenti della storia –
e questo è uno di quelli – in cui l’accelerazione alla quale siamo sottoposti è tale che quel che
esisteva fino a prima non funziona più. Gli strumenti ci sembrano improvvisamente inadeguati.
Quel che stiamo vivendo oggi è paragonabile, nella storia della civiltà umana, solo alla prima e alla
seconda rivoluzione industriale“.
24
http://www.confartigianato.rn.it/it/news/384/ASSEMBLEA-CONFARTIGIANATO-2014-LA-RELAZIONE-DE....html
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4 AUTORI
Ludovico Ciferri
Lecturer
Graduate School of International Management
International University of Japan
Niigata – Japan
In Giappone dai primi anni Duemila, insegna Mobile Business Strategy e Private Equity & Venture
Capital alla Graduate School of Management, International University of Japan. Analista presso
Mobile Internet Capital Inc., fondo di venture capital giapponese focalizzato sulle nuove tecnologie,
è componente del Comitato scientifico del Private Equity Monitor (PEM) e del Comitato Strategico
del Fondo dei Fondi di Venture Capital promosso da Fondo Italiano d’Investimenti. Vice
Presidente della Fondazione Italia Giappone, è Presidente di Advanet, azienda giapponese
controllata dal gruppo italiano Eurotech, leader nella produzione di embedded board computer.
Euro Beinat
Professor of Geoinformatics and Data Science
University of Salzburg
Austria
Vice President
Zebra Technologies
Chicago, IL – U.S.A.
Dopo la laurea in Ingegneria dei Sistemi all’Università di Padova, ottiene un PhD in Economia
Comportamentale presso la Free University di Amsterdam dove, dal 2000 al 2005, dirige lo Spatial
Information Lab. Successivamente, fonda Geodan Mobile Solutions, società di software in cui
riveste il ruolo di CEO sino al 2009. Qui guida lo sviluppo di alcune applicazioni pionieristiche
delle tecnologie di localizzazione e Internet of things. Nel 2008 ottiene la cattedra di Geoinformatics
e Data Science all’Università di Salisburgo. Nel 2009 affianca alla cattedra il ruolo di Vice President
per Zebra Technologies, società quotata con sede a Chicago, con il ruolo di responsabile della
strategia per l’evoluzione dell'Internet of things applicata ai settori dell’industria, logistica, salute e
beni di consumo.
Monica Beltrametti
Xerox Chief Services Research Officer
Vice President and Director
Xerox Research Centre Europe
Grenoble – France
Monica Beltrametti è Xerox Chief Services Research Officer e, come tale, coordina la ricerca
mondiale della Xerox relativa ai servizi. È inoltre Vice Presidente di Xerox e Direttrice dello Xerox
Research Centre Europe (XRCE) che ha sede a Grenoble, Francia. Prima dell’incarico in Xerox,
Monica ha lavorato in Canada come Direttore dei Computing and Network Services alla
University of Alberta e come Direttrice dello Sviluppo Software alla Myrias Research Corporation.
Ha un Ph.D. in Astrofisica Teorica conseguito al Max Planck Institute a Monaco di Baviera.
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Paolo Vincenzo Genovese
Ordinario
Scuola di architettura
Tianjin University
Tianjin – China
Dal 2004 è Professore ordinario presso la Scuola di Architettura dell’Università di Tianjin, in Cina,
una delle più prestigiose facoltà in Asia. Paolo insegna progettazione architettonica, teoria
dell’architettura, restauro, architettura sostenibile, metafisica dell'architettura orientale. È esperto
in bionica, ovvero nell'uso dei processi naturali in architettura, e nell'uso delle matematiche
superiori applicate all'architettura. Nel 2010 ha vinto il più prestigioso riconoscimento del Governo
cinese nell'ambito della municipalità di Tianjin per contributi culturali apportati alla Cina da
stranieri.
Fabio Scano
Head
Disease Control and Pharmaceuticals
World Health Organization
Beijing – China
Fabio Scano, specialista in malattie infettive, TBC e AIDS, è attualmente responsabile del controllo
delle malattie infettive e croniche presso la sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a
Pechino, dove svolge anche attività di consulenza per il Ministero della Salute e l’Agenzia dei
Farmaci cinese. Nel 2011 L'Università di Yale gli ha conferito il titolo di Yale World Fellow.
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