Monete del Teramano - Riserva Naturale dei Calanchi di Atri

Transcript

Monete del Teramano - Riserva Naturale dei Calanchi di Atri
© Tutti i diritti riservati
Finito di stampare
nel mese di Giugno 2005
da MEDIA Mosciano S.A.
ALBERTO D’ANDREA
Le monete
del teramano
Prefazione
Quest’opera è la prima di una serie che ci permetterà
di inquadrare meglio la storia e l’operato delle zecche abruzzesi, anche grazie ad una visione più dettagliata circa il percorso storico delle città, sin dalle primissime emissioni autonome, esaminando anche gli aspetti geografici, mitologici, archeologici, araldici ed economici.
In Abruzzo vi fu un’intensa coniazione di monete da
parte di diverse città che, o per diritto di autonomia, o
per concessione del sovrano, o per necessità di scambio,
o per desiderio di autonomia di qualche signore locale,
ottennero, o si arrogarono, lo “jus monetandi”. Ciò che
conta sottolineare, poi, è che le monete, oltre che strumento di scambio, sono anche simbolo di ricchezza, di
potenza e di autonomia della comunità o del sovrano
che le ha emesse, nonché espressione di civiltà e progresso di un popolo.
Tale studio sistematico sull’Abruzzo numismatico coprirà le quattro attuali province (L’Aquila, Chieti Pescara
e Teramo), con ampio approfondimento per tutte le zecche e con la presentazione di monete inedite.
In questo primo libro verranno trattate le zecche del
teramano, più precisamente le monete battute nelle città
di Teramo e di Atri, nel periodo preromano ed in quello
medievale.
L’opera tratta l’argomento sotto ogni aspetto e, partendo dall’inquadramento storico-geografico, passa a quello
numismatico, prendendo in esame tutte le caratteristiche
dei pezzi coniati: tecnica di produzione usata, metalli,
motivazioni che probabilmente portarono alla scelta dei
temi rappresentati, rarità e, cosa interessante ed innovativa, anche le valutazioni di mercato.
Il libro, inoltre, è dedicato sia ai collezionisti ormai esperti, sia a tutti i neofiti che si avvicinano per la prima
volta al collezionismo, in quanto l’opera, se da un lato
rappresenta un trattato di carattere puramente tecnico,
dall’altro non manca di specificare tutte le peculiarità di
questa materia, spiegando cosa si intende per conservazione di una moneta, rarità e conio, ed esplicando tutti i
termini tecnici quali diritto, rovescio, campo, valore intrinseco e nominale, coniazione, fusione…
Andrea Fioramonti
Indice
Prefazione
Pag. 4
Capitolo I
1 Le monete di Atri e Teramo in epoca pre-romana
1.1 Cenni storici su Atri
“
11
1.2 La monetazione di Atri
“
13
“
16
1.3 Cenni storici su Teramo
“
52
1.4 La monetazione di Teramo
“
54
“
56
1.2.1 Disegno e descrizione delle monete
1.4.1 Disegno e descrizione delle monete
Capitolo II
“
2 Le monete di Atri e Teramo in epoca medioevale
2.1 Cenni storici su Atri
“
59
2.2 La monetazione di Atri
“
61
“
62
2.3 Cenni storici su Teramo
“
69
2.4 La monetazione di Teramo
“
71
“
74
Bibliografia
“
77
Collaboratori
“
78
Elenco delle monete presenti
“
79
2.2.1 Disegno e descrizione delle monete
2.4.1 Disegno e descrizione delle monete
CAPITOLO I
Le mon ete di Atr i e Ter amo
in epoca pr e-r oman a
Ricostruzione del territorio controllato
dalla città di Atri in epoca pre-romana.
1.1 Cen n i stor ici su Atr i
Si è ritenuto opportuno introdurre alcuni cenni storici sull’origine della città in quanto ciò ci aiuterà a
comprendere meglio la nascita e l’evoluzione della
numismatica atriana.
Contrariamente a quanto si è creduto fino a tutto
l’Ottocento, Atri non fu fondata da popoli migratori,
quali i Noachidi1 (del vicino oriente), o i Greci, sia
della Grecia2 che della Magna Grecia3, ma nacque dall’unione dei primitivi abitanti dell’entroterra abruzzese
con un popolo costiero denominato “Liburni”, di probabile provenienza illirica, che si era stanziato in
Abruzzo già dal decimo secolo avanti Cristo4.
L’unione mise in contatto gli autoctoni, culturalmente meno avanzati ma profondi conoscitori del territorio, ed i Liburni (pare affiancati anche da una componente sicula5), tecnologicamente più avanzati.
Questa nuova civiltà rimase indipendente fino all’ottavo secolo a.C., fino, cioè, all’invasione degli
Umbri6. In seguito tutte e tre le genti saranno assorbite
dai Sabino-Piceni7 (ovvero la derivazione picena dei
Pansa G., Il Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1858, volume XVII, fascicolo 2°, p. 1.
2
Speranza G., Il Piceno dalle origini alla fine d’ogni sua autonomia sotto Augusto, Ascoli Piceno, 1900, volume I, p. 33.
3
Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale,
Bologna, Forni Editore, 1967, Ristampa anastatica dell’edizione del 1885
impressa a Roma, Tomo 1, pp. 31-32 “Questa città ebbe una colonia romana l’anno 465 passati 98 anni dalla sua fondazione, se essa fu colonia
siracusana o più veramente occupata da coloni siracusani”.
4
Barberini Francesco, Atri preromana, Atri (TE), Zanni, 1969, pp. 16-18;
Strabone, Geografia, Londra, Ed. Jones, 1960, VII, 5,5, p. 260.
5
Plinio, Naturalis historia, Londra, Edizioni Rackham, 1961, libro III, 82.
6
Barberini Francesco, Op. cit, p. 25.
7
Barberini Francesco, Op. cit, p. 27.
1
11
12
sabini); assorbiti, e non scalzati, perchè, più che di
una guerra di invasione, si trattò di una lenta e graduale amalgamazione fra questi popoli8. Atri picena
aveva un discreto commercio con gli Etruschi, e ciò è
testimoniato dai reperti archeologici rinvenuti9, ma
non possiamo parlare con sicurezza di una vera e
propria dominazione politico-militare o di una situazione di vassallaggio. Dal settimo al quarto secolo è
attestata appieno la matrice picena10, anche se, a partire dal quinto secolo fino a tutto il quarto secolo, si riscontra una forte influenza greca (più precisamente siracusana) 11. Ciò perchè la Siracusa di Dionisio il
Vecchio era in piena espansione e si stava protendendo verso il controllo dell’Adriatico. L’influenza greca
durò anche sotto il regno Dionisio il Giovane, andando però lentamente ad affievolirsi, fino a che Atri
tornò, alla fine del quarto secolo, sotto l’influenza picena, capitanata da Ascoli. In quest’ultimo periodo
Atri visse come una repubblica autonoma di tipo oligarchico, alleandosi spesso con la nascente potenza
romana, fino ad esserne assorbita come alleata12 e andando così a perdere la sua indipendenza.
Barberini Francesco, Op. cit, pp. 31-32.
Barberini Francesco, Op. cit, p. 32.
10
A tal proposito si rimanda a tutti gli scritti del Sorricchio, del Cappelli
e del Delfico, o ai numerosi reperti conservati nei musei di Atri.
11
Barberini Francesco, Op. cit, p. 34 “Dionisio il Vecchio, dominando
l’Adriatico, spedì in Atri una colonia nella XC Olimpiade, ossia nel 370
di Roma”.
12
Barberini Francesco, Op. cit, p. 36.
8
9
1.2 La mon etazion e di Atr i
Prima di introdurre la monetazione di Atri è bene
descrivere brevemente la nascita della moneta nel
centro Italia.
La prima espressione di scambio presso tutti i popoli dell’antichità fu il baratto, sostituito poi da scambi
in cui l’unità base fu il metallo; la stessa cosa, anche
se molto più tardi, avvenne anche nell’Italia centrale
(basti pensare che nelle colonie della Magna Grecia le
prime coniazioni numismatiche risalgono già al 550
a.C. mentre, nello stesso periodo, a Roma si usavano
ancora pani in bronzo.
Fino al VI secolo a.C. circolavano, nei territori oggi
occupati da Lazio, Abruzzo, Umbria e Toscana, panetti
in bronzo, denominati “aes rude13”, cioè coniazioni
primitive, rozze (“rudi”, appunto), che non recavano
impresso un valore facciale (fosse anche il semplice
peso), ma che andavano pesati e valutati ad ogni contrattazione; ciò anche perchè, più che un titolo recante un valore nominale, era esso stesso un bene materiale, che poteva essere rifuso e rilavorato per produrre a sua volta altri beni (armi ed utensili). Il suo passo
successivo, intorno al IV secolo a.C., fu l’“aes signatum14”, cioè un elemento bronzeo che riporta una
marcatura (cioè una “signatura”); si presentava, di solito, di forma rettangolare (denominati, per tale motivo, anche “quadrilateri”), con il bordo a sezione trianGarrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale,
Bologna, Forni Editore, 1967, Ristampa anastatica dell’edizione del 1885
impressa a Roma, tomo 1 p. 1; Gigante Fabio, Monete italiane dal ‘ 700
ad oggi, Varese, Reggiani S.p.a., 2003, pp. 20-21.
14
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 5; Gigante Fabio, Op. cit, p. 21.
13
13
14
golare, e che alle volte recava impresso un disegno
molto semplice (una lancia, una ramo, una lisca di pesce,...).
Successivamente fu soppiantato dalla monetazione
dell’“aes grave15” (chiamato anche, nella numismatica
contemporanea, “fuso”), le prime vere monete come
le intendiamo oggi: circolari, con disegni o figure su
entrambi i lati (e che, alle volte, facevano riferimento
all’autorità emittente), frazionate in sottomultipli. Il periodo dei fusi, a Roma, va dal 335 a.C. circa, fino al
270 a.C. circa16.
A questo punto, però, è bene aprire una parentesi
sull’aes signatum: non sempre tutti i popoli adottarono un pane in bronzo di forma rettangolare, ma alcuni (tra cui anche i Piceni) usarono “conchiglie” o “monete-conchiglia”. Si trattava, cioè, non di conchiglie
marine, ma di fusioni in bronzo a forma di conchiglia;
nel caso, poi, delle monete-conchiglia esse presentavano su un lato l’aspetto di una conchiglia, e sull’altro
vi era, in rilievo, un disegno (è il caso dell’inedito attribuito ad Atri17).
Passando ora alla monetazione atriana vera e propria, notiamo che la serie è composta da sette tagli
monetali, conosciuti comunque in diverse varianti, ed
il sistema è a base decimale (contrariamente a quello
romano, a base duodecimale18), ed ha il suo massimale nell’asse (diviso in dieci once).
Si è dibattuto per tutto l’Ottocento se le monete
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 14.
Gigante Fabio, Monete italiane dal ‘700 ad oggi, Varese, Reggiani
S.p.a., 2003, pp. 21-22.
17
Riportato all’inizio del Capitolo 1.2.1 “Disegno e descrizione delle monete”.
18
Barberini Francesco, Atri preromana, Atri (TE), Zanni, 1969, p. 84
15
16
atriane fossero precedenti, coeve o successive alla
conquista romana, ma possiamo oggi affermare con
assoluta certezza che sono antecedenti, e ciò si può
dedurre da varie considerazioni. Innanzi tutto la divisione monetaria si basava sul sistema decimale, più vicina al sistema greco che a quello latino (e quindi anteriore). Il peso era decisamente maggiore, e quindi
aveva subito l’inflazione per un numero minore di anni (infatti l’asse atriano pesava diciotto once, quello
romano tredici once, quello di Todi quindici e quello
di Volterra dodici19). In ultima analisi il Sorricchio20 fa
notare che se la possibilità di coniare monete rappresentava la libertà e l’indipendenza di un popolo, non
era possibile che Roma potesse concedere il diritto di
conio ad una città dopo che essa era entrata nella sua
orbita, e, soprattutto, non avrebbe mai permesso la
coniazione di monete che non recassero un segno del
suo predominio, tanto più di peso e di dimensioni
tanto diverse dalle proprie.
L’unica influenza esterna che, comunque, si riscontra sulle monete atriane è quella greca (ma solo su alcuni tipi monetali).
Barberini Francesco, Op. cit, p. 81.
L. Sorricchio, Per la mia Hatria-Atri, in Rivista abruzzese, fascicolo IX,
anno 1912.
19
20
15
16
1.2.1 Disegno e descr izione delle monete
MONETA: Moneta - conchiglia.
FONTE: Ditta “A&B”, listino primavera 2001.
DIRITTO: Rappresenta un cane (o un lupo) dormiente21.
ROVESCIO: Questo lato della moneta è a forma di
conchiglia.
Il valore storico è elevato, rappresenta infatti l’anello
di congiunzione tre le conchiglie riempite di metallo e
le prime vere monete fuse.
METALLO: Bronzo.
PESO: Pesa circa 26 grammi.
RARITA’: R522 (Conosciuta, finora, in due soli esemplari).
VALUTAZIONE DI MERCATO: 1.000,00 euro23 in conservazione BB24.
21
Il disegno mi è stato fornito dal collezionista che possiede l’altro
esemplare.
22
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
17
MONETA: Asse (pari a 10 once), massimale25 del sistema.
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia
Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LX, moneta 7
(ritrae un esemplare conservato al Museo Kircheriano).
DIRITTO: Al centro presenta una testa senile, di incerta attribuzione: secondo il Garrucci26 essa rappresenterebbe un Sileno, per il Delfico27 una divinità locale arcaica, o Nettuno, o, addirittura, un probabile leggenLa base d’asta del catalogo era di 1.500.000 lire.
Per BB si intende, in numismatica, una conservazione media, infatti la
classificazione prevede le seguenti classi: D (Discreta), B (Bella), MB
(Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior Di Conio).
Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
25
Per “massimale” in numismatica si intende la moneta che, nella serie,
ha il massimo valore facciale (ad es., nell’euro, questa è il 2,00 euro).
26
Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale,
Bologna, Forni Editore, 1967, Ristampa anastatica dell’edizione del 1885
impressa a Roma, tomo 1 p. 32.
27
Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel
Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo,
Ubaldo Angeletti, 1824, p. 54 “Si potrebbe ben dire, che fosse un nume
23
24
18
dario fondatore della città, per il Barberini28 potrebbe
essere il dio Hatranus o Hadranus, divinità della guerra e del fuoco presso i Siculi (tanto più che il cane, ritratto al rovescio, era un animale a lui caro - se di cane si tratta, e non di lupo [n.d.a.]). La testa è calva ed
è adornata; tale ornamento è un viticcio di edera con
tre corimbi29 per il Garrucci30, un diadema (simbolo di
comando e di venerazione) per il Delfico31.
Nel campo32, a destra, è presente la scritta TAH, sopra
proprio di quel popolo, senza potersi dir quale; giacché nella Iconologia
dell’empireo antico, per quanto io conosca, non si trova simile figura, né
la convenienza vuole che si denomini a nostro talento. Chi poi volesse
crederci rappresentato il fondatore, si avvicinerebbe al vero, ma chi
pensa scorgervi le sembianze di Nettuno, o del nume delle acque in
qualunque modo fosse denominato, ragionerebbe forse con più analogia, per la denominazione data al nostro golfo, e per gli altri emblemi di
maritimo genio e signorìa espressi in questa numismatica”.
28
Barberini Francesco, Atri preromana, Atri (TE), Zanni, 1969, pp. 86-87
“A riguardo delle figure molto si è discusso, essendo varie le interpretazioni. Il Pansa propose di identificare nella testa senile quella del dio
Hatranus o Hadranus, nume indigeno dei Palichi (Siculi), dio della
guerra e del fuoco, da cui deriverebbe il nome di Hadria, sede principale occupata dai Siculi nel Piceno. L’interpretazione fu ben accolta da
molti numismatici anche autorevoli. [...] L’Haeberlin circa la proposta del
dio Hatranus scriveva al Pansa il 17 febbraio 1908 che la questione della testa era una cosa assai difficile e lo lasciava perplesso, ma che poteva avere anche ragione. Facendo poi il confronto con la moneta dei
Mamertini, dove la testa con l’iscrizione ADRANOS è sicuramente quella
di Adranus, coperta da un copricapo corinzio, ne vedeva la grande differenza di età, sì che la cosa lo teneva sospeso.
Il Pansa insistette sull’interpretazione del dio Hatranus ampliando le sue
ricerche”.
29
Il “corimbo” è un infiorescenza simile al grappolo ma con i peduncoli
fiorali di lunghezza diversa in modo che i fiori raggiungono tutti la stessa altezza.
30
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32.
31
Delfico Melchiorre, Op. cit, p. 53.
32
Per campo si intende la parte piatta della moneta da cui si staglia il disegno; di solito si presenta liscio o satinato.
la lettera L, ad indicare la libbra (è una lettera L molto
deformata, che sembra quasi una V). Per quanto riguarda la scritta TAH nessun testo di numismatica
specifica il suo significato, al limite la definisce come
forma retrograda di ATH; il mistero resta ancora da
chiarire.
ROVESCIO: Il rovescio mostra un cane (o un lupo)
accovacciato o dormiente. E’ indiscutibilmente un cane secondo il Garrucci33, un lupo per il Delfico34, men-
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32.
Delfico Melchiorre, Op. cit, p. 55 “Ma che diremo intorno al lupo dormiente nel rovescio? Ciò che si può dir di certo è, che la città di Todi
ancor essa antichissima ebbe pure in alcuna sua medaglia, cioè nel semissi, lo stesso tipo, ed in simile giacitura; ciò che potrebbe indicare
rapporto di origine comune o simili circostanze. Se poi in tal figura ci
piacesse trovare un simbolo o significato morale, ciò che non fu insolito
in que’ tempi, troveremo forse ragionevole per l’uno e l’altro popolo o
città che tal simbolo avessero adottato. E poichè da quanto si è detto, si
è rilevato che queste città mostrarono i primi segni di civilizzamento in
Italia, quale città è il naturale effetto della prosperità della tranquillità e
della pace in cui vivevano que’ popoli, per aver preso una forma di governo permanente, nulla di più facile che pensassero uniformemente ad
esprimere la felicità del loro stato, mostrando il riposo dell’animale il più
distruttore in queste contrade. Così senza ricorrere a Beniamino lupo rapace, o ai lupi di Arcadia, o dei Sabini, pur tanto celebrati, potremo riconoscere, nella uniformità dell’espressione, l’uniformità delle circostanze e del sentimento, che la dettava.
E tanto più stimo, potersi in tale idea convenire, in quanto la medaglia
di Todi ce ne somministrava un nuovo argomento. Ognuno sa, che la lira presso gli antichi fu usata come simbolo dell’armonia sociale, e così
fu consegnata nelle mani di Orfeo, per rappresentarlo (in corrispondenza dell’antica favola) come radunatore di genti stolte e feroci, ridotte a
mezzo della coltura e della sociale armonìa agli ordini del ben vivere civile. Dunque, trovando nelle monete di Todi la lira rappresentata al rovescio del lupo dormiente, si può riguardare come un’immagine simbolica, che serve all’altra quasi di commento e traduzione. Ed ecco ciò che
parmi si possa dire di convenevole delle figure o tipi nell’asse rappresentati”.
33
34
19
20
tre invece il Barberini35, da serio studioso accademico,
riporta entrambe le teorie senza pronunciarsi.
Nel campo sono presenti, in alto la lettera L (si veda
la spiegazione descritta nel DIRITTO), ed in basso la
scritta HAT.
METALLO: Bronzo.
PESO: Il peso di questa moneta varia molto nei vari
esemplari ritrovati: si va, infatti, da un minimo di 328
gr. ad un massimo di 410 gr.
RARITA’: R436.
VALUTAZIONE DI MERCATO: 10.000,00 euro37 in conservazione BB+38.
Barberini Francesco, Op. cit, pp. 87-88 “Anche il Sorricchio pensò che
si trattava del dio HAT-ranus e quindi del cane, animale a lui caro. Tale
ultima interpretazione diede anche il Pansa, il quale disse che l’atteggiamento del cane accovacciato, quasi nell’atto di impedire il varco di una
soglia, poteva alludere ai famosi cani sacri di Adrano, «ieroi cunez» di
Eliano, posti a guardia del suo tempio, come dimostra anche il nummo
mamertino con l’immagine di quella divinità al diritto e il cane al rovescio. Nel lavoro di Marchi-Tessieri si parla invece di rapporti tra la numismatica atriana e quella umbra, per cui il cane accovacciato dell’asse
atriano potrebbe avere rapporto col «semis» librale di Todi, e la figura senile con quella di Pico di origine sabina. Così l’interpretazione viene avviata in un altro campo: non più nell’ambito siculo, ma in quello umbrosabino. Pertanto lo Speranza crede che la figura del diritto dell’asse sia
quella di Pico, augure profetante, mentre l’animale del retro sia il lupo
dormiente, simbolo umbro delle monete di Todi, che rivela la precedente unione con gli Umbri. Altri hanno pensato che il lupo accovacciato
stia ad indicare il passaggio da uno stato violento ad una esistenza tranquilla, oppure l’animale temuto e riverito dai pastori sabini”.
36
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C
(Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima),
R4 (Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
37
Come riferimento ho preso il listino dell’aprile 1996 (lotto n° 400) della casa d’asta Ars Classica in cui la moneta partiva da un prezzo base di
14.000,00 franchi svizzeri.
38
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B
(Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior
Di Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è
difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
35
21
MONETA: Asse (pari a 10 once), massimale39 del sistema.
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LXI, moneta 1
(ritrae un esemplare conservato al Museo Kircheriano).
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
Per “massimale” in numismatica si intende la moneta che, nella serie,
ha il massimo valore facciale (ad es., nell’euro, questa è il 2,00 euro).
39
22
MONETA: Asse (pari a 10 once), massimale del sistema.
FONTE: Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno con un discorso preliminar e su le origini Italiche, Teramo, Ubaldo
Angeletti, 1824, tavola allegata.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
23
MONETA: Asse (pari a 10 once), massimale del sistema.
FONTE: Barberini Francesco, Atri preromana, Atri
(TE), Zanni, 1969.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
24
MONETA: Quincunce o Semisse (pari a 5 once).
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia
Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LXI, monete
2 e 3 (la prima ritrae un esemplare conservato al
Museo Kircheriano, la seconda una della collezione
Sorricchio di Atri).
DIRITTO: Secondo il Garrucci40 la testa che esce dalla
conchiglia è quella della Medusa, e a supporto di ciò
fa notare, nella moneta di destra, due serpenti che le
si aggrovigliano attorno al capo; il Delfico41 non si
pronuncia, limitandosi a riportare l’ipotesi che si potesse trattare di Venere o di un’antica divinità marina
venerata dagli Atriani (popolo molto legato al mare ed
al commercio marittimo); anche il Barberini42 non attribuisce una precisa identità alla donna, ma si limita a
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32.
Delfico Melchiorre, Op. cit, p. 55 “Passando ora al semisse ci troveremo sicuramente in un buio maggiore [rispetto alle incertezze che riguardavano l’asse, n.d.a.] non essendoci restata in tanta antichità alcuna notizia di questi popoli. Qual Edipo potrà dirci, chi fosse quella vaga donzella, il cui capo si vede nel semisse, con una strana cuffia o acconciatura, onde da alcuni fu detta cucullata e da altri cocleata, secondo ebbero
presente qualche medaglia di maggiore o minore conservazione? Ma invero cocleata par che si debba dire quella testa, poiché sporge da una
chiocciola del genere delle turbiniti a lunghe volute, come chiaro si vede nelle medaglie ben conservate. Ma ciò che a noi resta ignoto, non fu
certo così in quegli antichi tempi, quando sicuramente vi potevano riconoscere qualche divinità protettrice, o qualche essere simbolico immaginario, cui prestavano il loro culto. Chi credé vedere in quella figura una
Venere, pensò, che, come i piccoli degli uccelli, portasse sul capo la
40
41
citare le varie teorie che la descrivono o come la
Medusa Marina sposa di Nettuno, o come una delle
Gorgoni.
Nel campo43, in basso, è presente la scritta HAT, e sopra (solo nella moneta disegnata a destra) la lettera S,
ad indicare il semiasse (è una lettera S molto deformata, che sembra quasi una Z rovesciata).
ROVESCIO: Vi è rappresentato Pegaso rivolto verso
destra e sotto, nel campo, cinque globetti che indicano il valore facciale della moneta (5 once, appunto).
Questa moneta testimonia poi due importanti elementi della storia di Atri: il primo è la prova che la città
aveva adottato, a differenza di Roma, il sistema decimale, infatti 5 once erano pari a 1/2 asse (la S di semisse presente al diritto)44; il secondo attesta l’influenza della dominazione dei greci di Siracusa con la rappresentazione di Pegaso e della Gorgona. A proposito
del secondo punto è di tale avviso anche il Barberini45, mentre invece il Delfico afferma che non vi sono
pruova dell’origine sua dal mare; ma invero non so, se in altri monumenti tale rappresentazione si sia veduta giammai, per poter confermare
tale opinione”.
42
Barberini Francesco, Op. cit, pp. 89-90 “Riguardo alle immagini molto
si è detto e supposto. Il Sorricchio, dopo aver ricordato che si tratta della Medusa marina, sposa di Nettuno, con serpenti e corna sulla fronte,
precisa di averne tre esemplari di gr. 152, 232, 154, nei quali i capelli di
Medusa sono duri e attorcigliati, forse colibri, e con «S» vicino ad «HAT».
Quindi aggiunge che «nel mito gorgonico, impresso nel semis, si allude
all’immigrazione etrusco-pelasgica che ci apportò la civiltà micenea, e in
genere alla nautica e ai suoi perfezionamenti». Invero, anche senza troppo fantasticare, dalla moneta si può vedere che Atri aveva vita sul mare
e si sviluppava nel commercio marittimo”.
43
Per campo si intende la parte piatta della moneta da cui si staglia il disegno; di solito si presenta liscio o satinato.
44
A tal proposti si rimanda al Capitolo 1.2 “La monetazione di Atri”.
45
Barberini Francesco, Op. cit, p. 90 “Il Pegaso ha inoltre fatto pensare
ai rapporti con la città di Siracusa; difatti il Pansa asserisce che la
25
26
abbastanza elementi per classificarlo come Pegaso, ma
che lo si può al limite inquadrare come figura mitologica cara ai popoli legati al mare46.
METALLO: Bronzo.
PESO: Il peso di questa moneta varia molto nei vari
esemplari ritrovati: si va, infatti, da un minimo di 152
gr. ad un massimo di 250 gr.
RARITA’: R447 (è uno dei pezzi più rari della serie).
VALUTAZIONE DI MERCATO: 6.000,00 euro48 in conservazione BB+49.
Gorgone e il Pegaso documentano la colonizzazione siracusana. E’ noto
che tra il 385 e il 384 a.C. Dionisio gettò le basi di un vasto impero coloniale nell’Adriatico. Tale egemonia politica deve certamente aver lasciato
tracce nella tradizione e nei monumenti. Si è riconosciuto invero che
nelle monete dell’Italia centrale vengono ripetuti simboli ed elementi di
monete di Messina, di Locri ecc. Inoltre la posteriore colonizzazione dovuta ai Romani non valse del tutto a sradicare le tracce dei precedenti
ordinamenti politici, dovuti al vasto dominio dei Sicelioti. Circa il tipo
gorgonico di questa moneta il Pansa dice che non è il solito di maschera
terrificante, rappresentato dalla mitologia con la bocca spalancata e la
lingua sporgente, ma quello ellenistico patetico e ingentilito della
Gorgone, che si inizia nel quinto secolo con Mirone. Il Sambon, che definisce il peso del semisse da 254 a 150 gr., riferisce l’interpretazione
della Medusa, ricordando che dal sangue di questo mostro nacque il cavallo Pegaso, e quella di Venere Anadiomene, credendo quest’ultima più
probabile, perchè il viso della donna è troppo avvenente per essere della terribile Gorgone”.
46
Delfico Melchiorre, Op. cit, pp. 55-56 “In quanto poi al cavallo alato
che nel rovescio si mira, non dirò che sia quel Pegaso nato dal sangue
di Medusa, o qualche simile ignoto favoleggiamento; ma poiché tale figura si vede frequente nelle antiche monete dell’Italia, della Sicilia, della
Grecia, è segno evidente di esser esso rappresentativo o commemorativo di qualche oggetto o fatto degno di memoria comune a popoli diversi, o qualche oggetto simbolico preso per imitazione. Ma poiché molti
antichi o moderni lo hanno riconosciuto come un simbolo maritimo, si
può quindi riguardare come l’espressione del genio degli Atriani per la
nautica e pel commercio; ciò che sarà confermato dal concorso di altre
consimili simboliche figure adottate nella serie numismatica di questa
città”.
47
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
27
MONETA: Quincunce o Semisse (pari a 5 once).
FONTE: Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1824, tavola allegata.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
48
Come riferimento ho preso il listino dell’aprile 1996 (lotto n° 401) della casa d’asta Ars Classica in cui la moneta partiva da un prezzo base di
8.000,00 franchi svizzeri.
49
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B
(Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior
Di Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è
difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
28
MONETA: Quincunce o Semisse (pari a 5 once).
FONTE: Barberini Francesco, Atri preromana, Atri
(TE), Zanni, 1969.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
29
MONETA: Quadrunce (pari a 4 once); alcune volte
questa moneta è indicata anche come “triente”, ma si
tratta di un errore storico in quanto nella monetazione
dell’antica Roma, a base duodecimale, 4 once erano
pari a 1/3 di asse (ciò però non sussiste nella monetazione atriana, a base decimale).
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LXI, moneta 4
(ritrae un esemplare conservato al Museo Kircheriano).
DIRITTO: La moneta mostra una testa di giovane, attribuita, secondo il Garrucci50 ed il Delfico51, genericaGarrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32.
Delfico Melchiorre, Op. cit, p. 56 “Non ci riesce più facile il riconoscere la testa giovanile rappresentata nel triente. Se avesse il capo coronato
di alloro, si potrebbe concorrere nell’opinione di coloro che pensano
vederci Apollo. Non ravvisandosi però alcuna caratteristica, né rassomiglianza colla figura di questo nume rappresentata negli antichi monumenti e specialmente nelle medaglie, e poiché ai dotti numismatici non
è neppure riuscito per le equivoche forme discernere il sesso di quella
giovanile figura, sarà forse miglior partito il rinunciare ai congettuali argomenti, e rimanersi nell’incertezza. Ci gioverà però riflettere che si può
riguardare come un pruova dell’alta antichità di questo popolo e della
sua originalità, il vedere queste teste, ignote nell’Iconologia Italica e
Greca, segno manifesto che gli Atriani non aveano preso il culto da altri
popoli, e non furono imitatori né degli Etruschi né dei Greci, mentre ne
avrebbero adottato col culto le rappresentazioni. Se l’Italia avesse avuto
un Pausania forse non saremmo restati così nel buio; ma nella sventurata condizione di questa terra, nella quale appena incominciò la coltura
50
51
30
mente ad un giovane; ma per il Barberini52 potrebbe
invece trattarsi di Apollo. Nell’esemplare sopra raffigurato i capelli sono lunghi e legati attorno alla fronte
con un’acconciatura particolare, altri esemplari (che
esamineremo più avanti) hanno i capelli corti con un
taglio più spartano.
Nel campo53, a sinistra, sono raffigurati quattro globetti, ad indicare il valore facciale.
ROVESCIO: Vi è rappresentato un vaso, uno dei più
famosi prodotti dell’artigianato atriano, di una fattura
particolarmente preziosa, dalla quale escono alcuni
germogli. Sulla sua descrizione sono concordi sia il
Garrucci54, sia il Delfico55, sia il Barberini56.
delle lettere, comparve pure una potenza nemica di esse, e tutte le antiche memorie furono condannate alla distruzione, non è da maravigliarsene, se siamo restati nella oscurità”.
52
Barberini Francesco, Op. cit, p. 91 “Il quadrunce (4/10 dell’asse) porta
nel dritto una testa giovanile, che pare di Apollo, volta a sinistra, forse
con diadema, e con molti capelli ondulati scendenti sulla nuca”.
53
Per campo si intende la parte piatta della moneta da cui si staglia il disegno; di solito si presenta liscio o satinato.
54
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32
55
Delfico Melchiorre, Op. cit, pp. 56-57 “Non è però oscura la figura del
rovescio in cui si scorge un vaso diota, che nella sua forma indica più
un oggetto di ornato o di lusso, che un utensilio comune, avendo i manichi sporgenti al di sopra dell’orlo, e grandeggianti anche lateralmente.
Tali mobiglie si vedono frequenti nelle monete della Grecia ed in qualche altra d’Italia. Parmi intanto giusta l’osservazione del celebre Pellerin,
il quale pensò, che que’ vasi essendo allora di grandissimo uso, ed un
importante oggetto di commercio, formassero un pregio delle città, dove
n’erano le fabbriche stabilite, e più pregiato il lavoro.
In tanta scarsezza di antiche memorie Italiche, dobbiamo essere grati a
Plinio, il quale ne fece distinta ricordanza, parlando dell’antica figulina;
poiché indicando i luoghi degni di essere rammentati per i prodotti di
quest’arte nominò per la Grecia l’isola di Coo, e per l’Italia la città di Atri
o il suo popolo; lodando la prima per i pregi più distinti dell’arte, e l’altra per la solidità e fermezza del lavoro; pregio considerabile nella fragilità propria di tali manifatture, dicendo Cois maxima laus, Hatrianis firmitas, come infatti si vede da qualche avanzo di olle trovate in quelle
Nel campo, a destra, è riportata la scritta HAT.
METALLO: Bronzo.
PESO: Il peso di questa moneta varia molto nei vari
esemplari ritrovati: si va, infatti, da un minimo di 120
gr. ad un massimo di 198 gr.
RARITA’: R357.
VALUTAZIONE DI MERCATO: 2.800,00 euro58 in conservazione MB/BB59.
vicinanze.
Or se le monete Atriane sono di quell’antichità così remota quale si è
mostrata; la rappresentanza del vaso ci mostra egualmente lo stato di civile coltura in cui era quel popolo, ed il commercio in cui doveva essere
in quegli antichi tempi con altre contrade”.
56
Barberini Francesco, Op. cit, pp. 91-92 “Tale simbolo [il vaso, n.d.a.] si
trova anche nelle monete tudertine [di Todi, n.d.a.], ma il quadrunce di
Atri col vaso sormontato da una pianta germogliante, che non si ha in
quelle monete, meglio determina il simbolo della bontà e feracità del
suolo; esso è probabilmente di origine illirica, come indicano anche le
monete di Corcira, che accoppiano l’anfora alla vite e al grappolo d’uva.
Il vaso era poi uno dei generi di commercio più famoso di Atri, specie
in terracotta, stando al passo di Plinio, che generalmente si ritiene riferito a questa città. Difatti Plinio, indicando i luoghi degni di essere ricordati per i prodotti di questa arte, nominò per la Grecia l’isola di Coo, e
per l’Italia la città di Atri, lodando la prima per i pregi dell’arte, e l’altra
per la solidità del lavoro”.
57
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C
(Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima),
R4 (Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
58
Come riferimento ho preso il listino dell’aprile 1996 (lotto n° 402) della casa d’asta Ars Classica in cui la moneta partiva da un prezzo base di
3.800,00 franchi svizzeri.
59
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B
(Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior
Di Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è
difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
31
32
MONETA: Quadrunce (pari a 4 once).
FONTE: Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1824, tavola allegata.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
33
MONETA: Quadrunce (pari a 4 once).
FONTE: Barberini Francesco, Atri preromana, Atri
(TE), Zanni, 1969.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
34
MONETA: Triunce (pari a 3 once); alcune volte questa
moneta è indicata anche come “quadrante”, ma si tratta di un errore storico in quanto nella monetazione
dell’antica Roma, a base duodecimale, 3 once erano
pari a 1/4 di asse (ciò però non sussiste nella monetazione atriana, a base decimale).
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia
Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LXII, moneta
1 (ritrae un esemplare conservato al Museo Kircheriano).
DIRITTO: Presenta al centro un pesce: una rana pescatrice (rana piscatrix) secondo il Garrucci60, una raggia (o raja) per il Delfico61 ed il Barberini62.
Nel campo63, sotto il pesce, tre globetti che esprimono
il valore facciale della moneta.
ROVESCIO: Qui è rappresentato chiaramente un delfino sopra cui compare la scritta HAT.
METALLO: Bronzo. Quello che è interessante notare
di questa moneta è l’esistenza, nella collezione
Sorricchio, di un esemplare in piombo, del peso di 77
gr; le coniazioni in tale metallo non erano monete, ma
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32.
Delfico Melchiorre, Op. cit, p. 57.
62
Barberini Francesco, Atri preromana, Atri (TE), Zanni, 1969, p. 92.
63
Per campo si intende la parte piatta della moneta da cui si staglia il disegno; di solito si presenta liscio o satinato.
60
61
prove, fatte in piombo perchè questo metallo fonde a
temperature decisamente inferiori, rendendo quindi
più facile la loro lavorazione. La sua esistenza è attestata dal Garrucci64 e dal Barberini65.
PESO: Il peso di questa moneta varia molto nei vari
esemplari ritrovati: si va, infatti, da un minimo di 83
gr. ad un massimo di 127 gr.
RARITA’: R66.
VALUTAZIONE DI MERCATO: 600,00 euro67 in conservazione BB68.
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32.
Barberini Francesco, Op. cit, p. 92.
66
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
67
Come riferimento ho preso il listino dell’aprile 1996 (lotto n° 403) della casa d’asta Ars Classica in cui la moneta partiva da un prezzo base di
800,00 franchi svizzeri.
68
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B (Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior Di
Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
64
65
35
36
MONETA: Triunce (pari a 3 once).
FONTE: Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1824, tavola allegata.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
37
MONETA: Triunce (pari a 3 once).
FONTE: Barberini Francesco, Atri preromana, Atri
(TE), Zanni, 1969.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
38
MONETA: Biunce (pari a 2 once); alcune volte questa
moneta è indicata anche come “sestante”, ma si tratta
di un errore storico in quanto nella monetazione dell’antica Roma, a base duodecimale, 2 once erano pari
a 1/6 di asse (ciò però non sussiste nella monetazione
atriana, a base decimale).
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia
Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LXII, moneta 2
(ritrae un esemplare conservato al Museo Kircheriano).
DIRITTO: La moneta mostra, al centro, un gallo o una
gallina; secondo il Delfico69 ed il Barberini70 questa
Delfico Melchiorre, Op. cit, pp. 58-59 “Or avendo indicato che gli oggetti rappresentati sulle medaglie o erano simboli o rappresentanze di
qualche prodotto dell’arte o della natura più distinto in quella città o popolo, intenderemo facilmente la cagione di vedervi il gallo o la gallina
per qualche particolare condizione o qualità più distinta nella specie. [...]
Or che fossero in grande stima presso gli antichi la Atriane galline per la
loro fecondità, già di sopra abbiamo riportato la testimonianza di
Stefano Bizantino, la cui opera come si sa, fu un estratto o compendio
degli antichi scrittori Greci e Latini. ma ciò che pur ci deve confermar in
questa idea, è che Plinio, ancora più antico assai di Stefano parlando
della fecondità di questo animale diede pure le più alte lodi alle galline
Atriane dicendo Hatrianus maxima laus. Sono dunque Plinio, Ecateo, e
Stefano, che interpretano il dritto di questa medaglia. Non fa d’uopo
perciò ricorrere a considerare il gallo come simbolo della vigilanza necessaria in ogni civile associazione: né mi arresterò a decidere, se la effige sia del maschio o della femmina, poiché le forme esteriori distintive
del sesso non restano bene impresse nella fusione”.
70
Barberini Francesco, Op. cit, p. 93 “Riguardo alla figura della gallina,
69
moneta vuole essere un omaggio alle galline atriane,
famose nell’antichità per l’abbondante produzione di
uova.
Nel campo71, a sinistra, è indicato, con due globetti, il
valore facciale della moneta.
ROVESCIO: Al centro è rappresentato un calzare che,
come riporta anche il Delfico72, era uno dei principali
prodotti dell’artigianato locale (anche se, quest’ultimo,
esagera un po’ nel volervi vedere anche un grande
simbolo di civilizzazione). Il Barberini73 riporta anche
la tesi del Pansa secondo il quale si tratterebbe del
calzare di Giasone, patrono della navigazione (e quindi un ulteriore richiamo al legame fra Atri ed il mare).
Nel campo, in basso, è riportata la scritta TAH: nessun
testo di numismatica specifica il suo significato, al limite la definisce come forma retrograda di ATH; il mistero resta ancora da chiarire.
METALLO: Bronzo. Quello che è interessante notare
di questa moneta è l’esistenza, nella collezione
ricordiamo che furono assai celebri le galline di Atri nell’antichità. Difatti
Ecateo, Stefano Bizantino e Plinio lodarono Atri per la bellezza e la fecondità delle sue galline, verosimilmente ispirandosi da questa moneta”.
71
Per campo si intende la parte piatta della moneta da cui si staglia il disegno; di solito si presenta liscio o satinato.
72
Delfico Melchiorre, Op. cit, p. 59 “[...] una scarpa o calceo, potendo
sembrare ridevol cosa, il volersi far vanto d’una così comune manifattura; ma se a questo sì antico popolo potesse attribuirsi qualche merito
d’invenzione, questa non sarebbe scarsa di gloria, mostrando il miglioramento d’un arte tanto necessaria per un gran bisogno della specie [...].
La scarpa adunque in quella forma mostra per que’ tempi un deciso
progresso nella vita civile”.
73
Barberini Francesco, Op. cit, p. 93 “Il Pansa per questa moneta pensa
al calzare di Giasone, onorato come patrono della navigazione perchè
riconosciuto il più antico dei navigatori; sarebbe quindi un richiamo al
mito argonautico che, secondo il Pansa, è dovuto alle immigrazioni dei
Tessali-Pelasgi sulle coste del Piceno”.
39
40
Sorricchio, di un esemplare in piombo; le coniazioni
in tale metallo non erano monete, ma prove, fatte in
piombo perchè questo metallo fonde a temperature
decisamente inferiori, rendendo quindi più facile la
loro lavorazione. La sua esistenza è attestata dal
Garrucci74 e dal Barberini75.
PESO: Il peso di questa moneta varia molto nei vari
esemplari ritrovati: si va, infatti, da un minimo di 35
gr. ad un massimo di 77 gr.
RARITA’: C76.
VALUTAZIONE DI MERCATO: 750,00 euro77 in conservazione BB+78.
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 32.
Barberini Francesco, Op. cit, p. 93.
76
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
77
Come riferimento ho preso il listino dell’aprile 1996 (lotto n° 404) della casa d’asta Ars Classica in cui la moneta partiva da un prezzo base di
1.000,00 franchi svizzeri.
78
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B
(Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior
Di Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è
difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
74
75
41
MONETA: Biunce (pari a 2 once).
FONTE: Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1824, tavola allegata.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
42
MONETA: Biunce (pari a 2 once).
FONTE: Barberini Francesco, Atri preromana, Atri
(TE), Zanni, 1969.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
43
MONETA: Oncia.
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LXII, moneta 3
(ritrae un esemplare conservato della collezione di
mons. Taggiasco).
DIRITTO: Al centro è rappresentata un’ancora che,
come tutti i richiami ad elementi marini presenti nelle
altre monete, è un’ulteriore sottolineatura del profondo legame che Atri aveva con il mare; sono della stessa opinione anche il Garrucci79, il Delfico80 (che addirittura attribuisce l’invenzione dell’ancora a questa
città) ed il Barberini81.
In alto a destra è riportata la lettera H, iniziale di Atri.
ROVESCIO: Al centro è riportato un globetto che
esprime il valore facciale; attorno vi si legge TAH:
nessun testo di numismatica specifica il suo significato, al limite la definisce come forma retrograda di
ATH; il mistero resta ancora da chiarire.
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 33.
Delfico Melchiorre, Op. cit, p. 60 “Esso intanto rende più dimostrative
le congetture per la dominazione e denominazione del mare, vedendosi,
questa simbolizata nel pegaso, nei pesci, nell’ancora, chiara l’espressione del genio nautico di questo popolo, e si potrebbe ancora probabilmente congetturare, che esso ne fosse l’inventore, non potendo forse
presentare altri più antichi monumenti che ne mostrino anteriore l’esistenza”.
81
Barberini Francesco, Op. cit, pp. 93-94.
79
80
44
METALLO: Bronzo.
PESO: Il peso di questa moneta varia molto nei vari
esemplari ritrovati: si va, infatti, da un minimo di 13
gr. ad un massimo di 58 gr.
RARITA’: C82.
VALUTAZIONE DI MERCATO: 300,00 euro83 in conservazione BB+84.
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
83
Come riferimento ho preso il listino dell’aprile 1996 (lotto n° 405) della casa d’asta Ars Classica in cui la moneta partiva da un prezzo base di
400,00 franchi svizzeri.
84
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B (Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior Di
Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
82
45
MONETA: Oncia.
FONTE: Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1824, tavola allegata.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
46
MONETA: Oncia.
FONTE: Barberini Francesco, Atri preromana, Atri
(TE), Zanni, 1969.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
47
MONETA: Semioncia (1/2 oncia); è il pezzo più piccolo della serie.
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. LXII, moneta 4
(ritrae un esemplare conservato al Museo Kircheriano).
DIRITTO: Presenta la lettera H, iniziale di Atri.
ROVESCIO: Al centro è riportata la lettera A; nel campo85, a destra, il simbolo S; non si è ancora sicuri sull’esatto significato del rovescio. Per il Garrucci86 il diritto ed il rovescio si coniugano in un’unica lettura,
dove HA sarebbe l’inizio della parola HATRIA (Atri); il
simbolo S rappresenterebbe la lettera “S”, iniziale di
“Semioncia”. Invece per il Delfico87 ed il Barberini88
questa moneta commemora l’alleanza fra Atri ed
Ascoli Piceno, e riporterebbe le iniziali delle due città:
“H” per Atri e “A-” per Ascoli (“A-” andrebbe letto
“AS”); mancherebbe quindi, secondo loro, l’indicazione del valore facciale (che invece è presente su tutte
le monete della serie), e la cosa potrebbe spiegarsi in
quanto questa coniazione potrebbe essere una medaglia, più che una moneta.
A mio avviso l’elevato numero di pezzi rinvenuti scar85
Per campo si intende la parte piatta della moneta da cui si staglia il disegno; di solito si presenta liscio o satinato.
86
Garrucci P. Raffaele, Op. cit, tomo 1 p. 33.
87
Delfico Melchiorre, Op. cit, pp. 60-61.
88
Barberini Francesco, Op. cit, pp. 94-95.
48
terebbe quest’ultima ipotesi in quanto la coniazione di
medaglie non veniva fatta su larga scala come quella
di monete.
METALLO: Bronzo.
PESO: Il peso di questa moneta si aggira intorno ai
20-25 grammi circa.
RARITA’: C89.
VALUTAZIONE DI MERCATO: 300,00 euro90 in conservazione BB91.
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
90
Come riferimento ho preso il listino dell’aprile 1996 (lotto n° 406) della casa d’asta Ars Classica in cui la moneta partiva da un prezzo base di
400,00 franchi svizzeri.
91
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B (Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior Di
Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle pre-romane) è difficile trovarle in conservazione SPL e FDC.
89
49
MONETA: Semioncia (1/2 oncia); è il pezzo più piccolo della serie.
FONTE: Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1824, tavola allegata.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
50
MONETA: Semioncia (1/2 oncia); è il pezzo più piccolo della serie.
FONTE: Barberini Francesco, Atri preromana, Atri
(TE), Zanni, 1969.
Per tutte le altre informazioni si rimanda alla precedente descrizione.
Ricostruzione del territorio controllato
dalla città di Teramo in epoca pre-romana.
52
1.3 Cen n i stor ici su Ter amo
Teramo fu fondata con il nome di Interamnia dai
Pretuziani92, i quali controllavano un’area che, da Teramo, arrivava fino a Castrum Novum (l’attuale Giulianova) e a Beregra (si è incerti se si tratta di Garrufo o
di Civitella del Tronto)93. I Pretuziani, come gran parte
dei popoli abruzzesi, appartenevano al ceppo degli
osco-umbri e nel corso dei secoli risentirono, in maniera predominante, dell’influenza dei Piceni, dei quali assunsero anche buona parte degli usi e delle tecnologie (non va comunque dimenticato che, oltre all’influenza culturale, ne subirono anche la sottomissione militare e politica94). Anche Teramo, così come era
stato per Atri95, aveva risentito, prima dei Piceni, della
dominazione e dell’influenza dei Liburni, dei Siculi,
degli Umbri96, degli Etruschi97 e dei Galli98. Nel quinto
secolo a.C., poi, iniziarono i primi contatti commerciaDel Villano W., Di Tillio Z., Abruzzo nel tempo, Novara, la Moderna,
1979, p. 28, “I Pretuziani avevano Interamnia, così chiamata perchè sorta alla confluenza dei fiumi Albula (oggi Vezzola) e Batinus (Tordino)”.
93
Del Villano W., Di Tillio Z., Op. cit, p. 28.
94
Plinio, Naturalis historia, Londra, Edizioni Rackham, 1961, libro III, 12-13
95
Si veda, a tal proposito, il Capitolo 1.1 “Cenni storici su Atri”.
96
La dominazione di questi primi tre popoli è documentata anche da
Plinio nella sua Naturalis historia, libro III, cap. XIII, (si riporta appresso
la traduzione del Palma) “Siculi e Liburni ne occupavano [il territorio dei
Piceni, n.d.a.] prina la maggior parte della superficie, e soprattutto il territorio Palmense, quello Pretuziano e l’Atriano. Costoro, poi, furono cacciati dagli Umbri, cacciati a lor volta dagli Etruschi, ai quali, infine, subentrarono violentemente i Galli”.
97
Per quanto riguarda gli Etruschi si trattò, più che altro, di un’influenza
data da legami commerciali (la dominazione vera e propria, sotto forma
di protettorato, si estese solo nell’alto e medio Piceno).
98
I Galli non controllarono mai militarmente e politicamente l’Abruzzo,
al massimo compirono scorribande nel Piceno (si veda, a tal proposito,
tutta la trattazione sull’argomento fatta dal Barberini in Atri preromana).
92
li (e quindi anche culturali) con Roma, che si fortificarono per tutto il quarto secolo a.C.99, fino a culminare
con l’insediamento delle colonie romane nel primo
decennio del terzo secolo e con l’ingresso (fra il 485
ed il 486 dalla fondazione di Roma) 100 nelle file
dell’Urbe come “federati”101. Teramo arcaica, a differenza di Atri, non era una città vicina al mare, e quindi protesa verso il commercio e lo scambio, ma era
legata all’agricoltura ed alla pastorizia, con un’economia chiusa, per cui si può presupporre che non ebbe
una monetazione, ma usò quella dei centri limitrofi. Si
può, al limite, ipotizzare una coniazione di “aes rude”
e di “aes signatum”, ma, di sicuro, non di “aes grave”,
in quanto una vera e propria serie monetale, avrebbe
richiesto floridezza e potenza commerciale. In ultima
analisi la coniazione di una serie numismatica veniva
fatta su larga scala, per cui si sarebbero sicuramente
rinvenuti numerosi esemplari, e non uno solo, come
nel caso di Teramo (basti pensare che nella sola collezione Sorricchio si contavano oltre settanta esemplari
delle antiche monete di Atri).
Del Villano W., Di Tillio Z., Op. cit, p. 39.
Rinaldi Oscar, Descrizione Strorico-Numismatica dei feudi e città dell’Italia appartenenti a reggenti italiani / Teramo, città dell’Abruzzo Ulteriore, in Cronologia Storico-Numismatica, Isola della Scala, Tipografia
NORD & LANZA, 1941, p. 2.
101
Del Villano W., Di Tillio Z., Op. cit, p. 40.
99
100
53
54
1.4 La mon etazion e di Ter amo
Per quanto riguarda Teramo siamo a conoscenza di
due coniazioni numismatiche, una rinvenuta “in situ”,
l’altra riportata dal Palma. La prima interessa un “aes
signatum102” (un peso monetale, quindi, più che una
vera e propria moneta). Fu rinvenuta nel centro storico della città103 e mandata poi al museo Kircheriano. Il
fatto, però, che fosse stata trovata a Teramo non basta
a dimostrare che la città batteva moneta, semmai attesta il commercio con altre città tecnologicamente più
avanzate. La seconda, invece, fa riferimento ad una
vera e propria moneta, che purtroppo è andata persa
nel 1798104. Recava al diritto la figura di una donna
(che poteva rappresentare la Natura, o l’Abbondanza)
ed al rovescio un cinghiale (animale molto diffuso
nell’Abruzzo arcaico) attorno al quale era riportato il
motto PET105. E proprio questo motto avrebbe indotto
Melchiorre Delfico ad attribuire a Teramo questa coniazione; infatti vi vide l’abbreviazione di PETRUT, il
primo nome di Teramo. A mio avviso, senza una visione della moneta, non ci si può pronunciare con sicurezza e attribuire il conio a questa città, tanto più
Il discorso sui fusi monetali e le monete vere e proprie è stato trattato
nel Capitolo 1.2 “La monetazione di Atri”
103
Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale,
Bologna, Forni Editore, 1967, Ristampa anastatica dell’edizione del 1885 impressa a Roma, tomo 1, p. 7, “Scoperto a tramontana di Teramo in contrada detta
dei Turri luogo distante tre miglia dalla città, come afferma il sac. D. Giuseppe
Montori in una sua lettera al P. Marchi, nella quale narra cotesto ritrovamento”.
104
Palma Nicola, Storia della città e diocesi di Teramo, Teramo, Ubaldo
Angeletti, 1832, Volume I p. 9, “[Fu posta, n.d.a.] nel museo del fu Barone
Sig. Alessio Tullj, disperso nella fatale giornata de’ 19 Dicembre 1798”
105
Palma Nicola, Op. cit, Volume I p. 8.
102
che, come sottolinea anche il Palma106, potrebbe benissimo trattarsi di un’alterazione o di una falsificazione. Ad ulteriore riprova di ciò viene a nostro favore
anche il fatto che non si siano ritrovate altre monete
simili né nella città, né nel contado.
Palma Nicola, Op. cit, Volume I p. 9 “Ma dopo essermi incontrato con
monete di Bretia (Brettion) ove leggesi BPET (Bret.) e l’invenzione delle
quali non è rara nelle nostre contrade, la piacevole illusione è cessata: e
sospetto che nella medaglia Tulliana fosse scomparso il B. per una delle
facili erosioni de’ vecchi numismi, onde derivata fosse la legenda PET.”
106
55
56
1.4.1 Disegno e descr izione della moneta
(scala 1/2,5)
MONETA: Aes signatum.
FONTE: Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale, tomo 2, tav. VIII, moneta 1 (ritrae un esemplare conservato al Museo Kircheriano).
DIRITTO: Si scorge un’asta terminante con un tridente
posta in mezzo a due delfini.
Il campo107 è liscio ed il bordo della moneta non è a
taglio netto, ma si assottiglia con sezione triangolare.
ROVESCIO: E’ riportata solamente un’asta; il campo è liscio.
METALLO: Bronzo.
PESO: 1407 gr. (pari cioè a quattro libre e cinque once108).
RARITA’: R5109 (conosciuta, per ora, in un unico esemplare).
VALUTAZIONE DI MERCATO: Non essendo mai apparsa in nessuna asta resta difficile fare una stima (comunque, in una discreta conservazione, non dovrebbe
valere meno di 1.000,00 euro).
Per campo si intende la parte piatta della moneta da cui si staglia il
disegno; di solito si presenta liscio o satinato.
108
Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale,
tomo 1, p. 7.
109
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C
(Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima),
R4 (Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
107
CAPITOLO II
Le mon ete di Atr i e Ter amo
in epoca medioevale
Vista della città di Atri
in epoca medioevale.
2.1 Cen n i stor ici su Atr i
Atri fu, assieme a Teramo, negli anni che vanno
dalla fine del XIV secolo fino all’inizio della seconda
metà del XV secolo, uno dei principali centri amministrati dalla famiglia degli Acquaviva110.
Antonio di Matteo Acquaviva fu investito conte di San
Flaviano dal re Carlo di Durazzo nel 1382, poi (1384)
gli fu assegnata anche la contea di Montorio (tolta ai
Camponeschi), la signoria di Teramo (1390) ed il ducato di Atri (20 giugno 1393). Quest’ultima città gli fu
venduta per 15.000 ducati come premio per i servigi
che aveva reso ai sovrani di Napoli, dopo che i reali
stessi avevano comunque avuto l’assenso del Papa111.
Nel 1394 gli successe il figlio Andrea Matteo, che
nel 1395 espugnò Ascoli e la tenne fino al febbraio
del 1396; morì nel 1407 in un agguato della famiglia
teramana dei Melatini112. Il suo successore fu il figlio
Antonio, che compì diverse azioni militari (tra cui la
battaglia di Roccasecca nel 1411) e morì, senza figli,
nel 1415113. Il titolo ed i beni passarono quindi a suo
Per quanto riguarda Teramo si rimanda alla trattazione fatta nel
Capitolo 2.3 “Cenni storici su Teramo”.
111
Lazari Vincenzo, Zecche e monete degli Abruzzi nei bassi tempi,
Bologna, Aldo Forni Editore, 1987, Ristampa anastatica dell’edizione del
1858 impressa a Venezia, p. 59 “L’alto dominio di quella terra, capoluogo di cantone del I Abruzzo ulteriore, riteneva competere alla S. Sede il
sommo pontefice Bonifazio IX; ondechè ad Albergio di Barbiano gran
contestabile del regno ed a Francesco Dentice maresciallo, incaricati da
re Ladislao di effettuare la vendita e l’infeudazione del nuovo ducato
all’Acquaviva, convenne prima ottenere l’assenso del papa. Questo fu
agevolmente accordato, perciocchè l’anno medesimo Andrea Matteo, figliuolo di Antonio, menò moglie una nipote di Bonifazio”.
112
Lazari Vincenzo, Op. cit, p. 59.
113
Lazari Vincenzo, Op. cit, p. 60.
110
59
60
fratello Pierbonifazio, che li tenne fino alla morte, avvenuta nel 1418, gli successe il figlio Andrea Matteo
II114. Nel 1421 Teramo fu assegnata a Braccio da Montone, in quanto Andrea Matteo II fu ritenuto dai sovrani “ribelle e fellone”, per poi passare a Giosia Acquaviva che la ricomprò dalla madre e tutrice di Braccio
con l’avvallo della regina. Giosia Acquaviva sarà investito, il 22 luglio 1446, del titolo di Duca d’Atri. Teramo fu invece incorporata, da re Alfonso, nel demanio
statale, cosa che non ebbe assolutamente l’approvazione di Giosia, il quale insorse ma fu sconfitto dalle
truppe regolari napoletane, e perse così anche il Ducato d’Atri, che gli sarà riaffidato solo nel 1459 dal re
Ferdinando su pressione di Giannantonio Orsini115.
Indignato comunque per il comportamento del sovrano, non appena fu nuovamente in forze, mosse ancora una volta guerra agli Aragonesi, questa volta andando a colpire il loro alleato papa Pio II: attaccò
Ascoli, ma inutilmente. Dopo vari rovesci militari (tra
cui la perdita di Teramo il 18 ottobre del 1461 e di
Atri nel gennaio del 1462, entrambi ad opera di
Matteo Di Capua) fu costretto a rifugiarsi con la famiglia nella rocca di Cellino, dove morì di peste il 22
agosto 1462. Gli successe il figlio Giulio Antonio che,
deposte le armi l’anno seguente, chiesta la grazia a
Ferdinando, riottenne il Ducato di Atri il 6 gennaio
1464 da Matteo Di Capua (che vi rinunciò in cambio
di altri beni); morì combattendo contro i Turchi nell’assedio di Otranto nel 1481116.
Da questo punto in poi la storia di Atri seguirà le
vicissitudini del Regno di Napoli.
114
115
116
Lazari Vincenzo, Op. cit, p. 60.
Lazari Vincenzo, Op. cit, p. 61.
Lazari Vincenzo, Op. cit, p. 62.
2.2 La mon etazion e di Atr i
Si conoscono ad oggi tre monete della zecca di
Atri: la prima è un bolognino d’argento coniato sotto
Giosia Acquaviva tra il 1459 ed il 1462, le altre due
sono un bolognino ed un doppio bolognino coniate
sotto Matteo Di Capua tra il 1462 ed il 1464.
Riguardo a queste monete è bene fare una precisazione: non si trattò di una monetazione fatta dalla
zecca di Atri su licenza e permesso del governo centrale di Napoli, ma fu una coniazione autonoma. Nel
caso di Giosia Acquaviva egli provvide a coniare la
moneta come segno di autonomia rispetto al governo
centrale napoletano (basti pensare al desiderio di
rafforzare i suoi domini a danno del re Ferdinando e
del suo alleato Pio II); nel caso di Matteo Di Capua
come chiara imposizione sulla popolazione atriana, a
voler cioè mostrare di essere il nuovo Duca. La giurisprudenza dell’epoca, inoltre, prevedeva che il permesso di coniare moneta fosse dato, benché ci si trovasse nel Regno di Napoli, anche dalla Santa Sede,
tant’è che nel 1463 (XVII giorno delle calende di febbraio) Pio II emise un editto contro tutte le coniazioni
non autorizzate dalla Corte Pontificia117.
117
Il Lazari ha trascritto il testo originale dell’editto: “Ad audientiam siquidem nostram fide dignorum relatione pervenit, quod nonnulli barones, proceres, nobiles, terrarum et locorum domini, nobis et Romanae
Ecclesiae subjecti, seu vicarii terrarum et castrorum eorundem in provinciis nostris Marchiae Anconitanae, Massaetraberiae, Romandiolae, ducatus Spoletani, patrimonii b. Petri in Tuscia, terrarum Arnulforum et specialis commissionis, Maritimae et Campaniae, nec non communia civitatum et universitates terrarum et locorum in tantam prorumperint audaciam quod, absque nostra et Sedis Apostolicae licentia speciali, monetam auream, argenteam vel aeream cudere et cudi facere, illamque
etiam falsam clam et palam expendere praesumunt”.
61
62
2.2.1 Disegn o e descr izion e delle mon ete
MONETA: Bolognino di Giosia Acquaviva.
FONTE: Lazari Vincenzo, Zecche e monete degli Abruzzi nei bassi tempi, Bologna, Aldo Forni Editore,
1987, Ristampa anastatica dell’edizione del 1858 impressa a Venezia, tavola allegata.
ANNO: dal 1459 al 1462.
DIRITTO: Sul bordo presenta un leone rampante118 e la
scritta ★ IOASIS ★ D ★ AQVA ★; al centro le lettere
VIVA disposte a croce con una sferetta (o una stella)119
al centro.
ROVESCIO: Sul bordo presenta la scritta ★ DUX ★
ADRIE ★; al centro la lettera A fra quattro stelle120.
METALLO: Argento.
PESO: 13 acini napoletani (corrispondenti a circa 0,58
gr.)121.
Simbolo degli Acquaviva.
L’esemplare con la sferetta è quello riportato dal Lazzari, il Corpus
Nummorum Italicorum riporta invece entrambi le varianti.
120
Si è incerti sull’esatto significato della lettera A, per il Lazari “[...] postavi o perchè iniziale del nome di Atri, o piuttosto per imitare que’ bolognini del che allora stampavasi in tante zecche del centro e del settentrione d’Italia, dei quali era caratteristico quella lettera nel mezzo del
campo”.
121
Il Corpus Nummorum Italicorum riporta due esemplari del peso di
0,64 gr. e 0,65 gr.
118
119
RARITA’: R4122.
VALUTAZIONE DI MERCATO: Di recente non è apparsa in vendita nei listini delle case d’aste, per cui ci
si deve riferire solo alle trattative fra i privati che la
stimano intorno ai 2.000,00123 euro in conservazione
BB124.
122
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C
(Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima),
R4 (Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
123
Riguardo la valutazione di queste monete è interessante riportare,
tanto per darci un’idea, le stime fatte dal Cagiati negli anni ’20: il bolognino di Giosia è quotato fra le 500 e le 600 lire, il doppio bolognino di
Matteo di Capua fra le 500 e le 1.000 lire, il bolognino fra le 800 e le
1.000 lire (di contro un cavallo dell’Aquila era stimato fra le 2 e le 5 lire
ed un coronato fra le 25 e le 30 lire).
124
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B (Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior Di
Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle medioevali) è difficile trovarle in conservazione FDC.
63
64
MONETA: Doppio bolognino (chiamato anche grosso)
di Matteo Di Capua.
FONTE: Lazari Vincenzo, Zecche e monete degli Abruzzi nei bassi tempi, Bologna, Aldo Forni Editore,
1987, Ristampa anastatica dell’edizione del 1858 impressa a Venezia, tavola allegata.
ANNO: dal gennaio 1462 al gennaio 1464.
DIRITTO: Sul bordo presenta uno scudo araldico125 e
la scritta: M: D’: CAPVA: DVX: ADRIE; al centro una
croce patente126.
ROVESCIO: Sul bordo presenta la scritta • S ★ NICOLAVS •; al centro il disegno di un vescovo santo posto
frontalmente, con la mano destra benedicente e con la
sinistra recante un crocifisso da processione127.
METALLO: Argento.
PESO: 27 acini napoletani (corrispondenti a circa 1,2
gr.)128.
Simbolo dei Di Capua.
Si definisce in numismatica “croce patente” quella che ha tutti e quattro i bracci uguali (chiamata anche “croce greca”)
127
Scrive, a tal proposito, il Lazari: “La rappresentazione poi del san Nicolò, che d’Atri non fu mai patrono, in vece di quella di santa Reparata
o dell’Assunta, non deve farci specie; conciossiachè la scelta del santo
da effigiare sulle monete dipendesse alle volte da qualche particolare
divozione di chi le faceva coniare, come accadde verbigrazia dei bolognini di Guardiagrele, sui quali Napoleone Orsini volle posta la imagine
di san Leone, in cui onore aveva murata e dotata una cappella in quella
terra”.
128
Il Corpus Nummorum Italicorum riporta due esemplari del peso di
1,04 gr.
125
126
RARITA’: R4129.
VALUTAZIONE DI MERCATO: Di recente non è apparsa in vendita nei listini delle case d’aste, per cui ci
si deve riferire solo alle trattative fra i privati che la
stimano intorno ai 2.000,00130 euro in conservazione
BB131.
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
130
Riguardo la valutazione di queste monete è interessante riportare,
tanto per darci un’idea, le stime fatte dal Cagiati negli anni ’20: il bolognino di Giosia è quotato fra le 500 e le 600 lire, il doppio bolognino di
Matteo di Capua fra le 500 e le 1.000 lire, il bolognino fra le 800 e le
1.000 lire (di contro un cavallo dell’Aquila era stimato fra le 2 e le 5 lire
ed un coronato fra le 25 e le 30 lire).
131
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B
(Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior
Di Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle medioevali) è
difficile trovarle in conservazione FDC.
129
65
66
MONETA: Bolognino di Matteo Di Capua.
FONTE: Cagiati Memmo, Le monete battute nelle zecche minori dell’antico Reame di Napoli, Napoli, TipoEditrice Meridionale Anonima, 1922.
ANNO: dal gennaio 1462 al gennaio 1464.
DIRITTO: Sul bordo presenta uno scudo araldico132 e
la scritta ADRIANA; al centro le lettere U • R • B • I
• disposte a croce attorno ad un globetto.
ROVESCIO: Sul bordo presenta la scritta S • NICOLAVS •; al centro il disegno di un busto di un vescovo
santo mitrato con piviale chiuso da fibbia rotonda. Il
Corpus Nummorum Italicorum riporta due esemplari
di questa moneta, che si differenziano fra di loro solo
per il particolare della fibbia della cinta.
METALLO: Argento.
PESO: 13 acini napoletani (corrispondenti a circa 0,58
gr.)133.
Simbolo dei Di Capua.
Il Corpus Nummorum Italicorum riporta due esemplari del peso di
0,45 gr. e 0,49 gr.
132
133
RARITA’: R4134.
VALUTAZIONE DI MERCATO: Di recente non è apparsa in vendita nei listini delle case d’aste, per cui ci
si deve riferire solo alle trattative fra i privati che la
stimano intorno ai 2.000,00135 euro in conservazione
BB136.
134
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C
(Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima),
R4 (Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
135
Riguardo la valutazione di queste monete è interessante riportare,
tanto per darci un’idea, le stime fatte dal Cagiati negli anni ’20: il bolognino di Giosia è quotato fra le 500 e le 600 lire, il doppio bolognino di
Matteo di Capua fra le 500 e le 1.000 lire, il bolognino fra le 800 e le
1.000 lire (di contro un cavallo dell’Aquila era stimato fra le 2 e le 5 lire
ed un coronato fra le 25 e le 30 lire).
136
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B
(Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior
Di Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle medioevali) è
difficile trovarle in conservazione FDC.
67
Vista della città di Teramo
in epoca medioevale.
2.3 Cen n i stor ici su Ter amo
Il periodo storico che riguarda la coniazione di
monete da parte di Teramo interessa solo l’ultimo decennio del XIV secolo, ma è opportuno comunque fare una breve presentazione del periodo che va dal
crollo dell’Impero Romano alla fine del Rinascimento
per poter inquadrare meglio il momento storico e
comprendere i fatti e le motivazioni che portarono alla creazione di una zecca all’interno della città.
Durante le invasioni barbariche Teramo fu occupata dai Goti, a cui successero i Longobardi che l’inglobarono al ducato di Spoleto. Passò poi (1077) sotto il
Ducato di Puglia, a cui seguì la riconquista del
Guarnieri (signore di Spoleto, Fermo ed Ancona). Nel
1129 ritornò ai Normanni per passare, nel 1140, sotto
il dominio di Ruggero, re del Regno delle Due
Sicilie137. Fu assediata e saccheggiata da Roberto di
Bassaville, e passò poi a Federico II, sotto il cui regno
godette di una certa autonomia (tanto che, nel 1207,
ottenne il privilegio di potersi scegliere il Podestà)138.
Seguirono diversi anni di guerre con la vicina Ascoli
Piceno, culminanti con le devastazioni operate dal
cardinale Capoccio, legato di papa Innocenzo IV.
Sopraggiunse un altro periodo in cui si alternarono
momenti di pace a momenti di guerra; nel 1317 ne divenne vescovo Rinaldo Acquaviva, a cui successe, nel
1355, Stefano da Teramo e, nel 1366, Pietro di Valle;
nel frattempo la città subì le scorrerie di Fra Montale
137
Rinaldi Oscar, Descrizione Strorico-Numismatica dei feudi e città dell’Italia appartenenti a reggenti italiani/Teramo, città dell’Abruzzo Ulteriore, in Cronologia Storico-Numismatica, Isola della Scala, Tipografia
NORD & LANZA, 1941, p. 3.
138
Del Villano W., Di Tillio Z., Abruzzo nel tempo, Novara, la Moderna, 1979, p. 84.
69
70
di Provenza, del conte Lando e di Annichino Mongardo, combatté con Campli per il possesso della montagna di Melatino139. Alle guerre esterne si aggiunse anche un secolo di lotte intestine, combattute dalle due
principali famiglie della città: i Melatini ed i Di Valle
(alla fine ebbero la meglio i secondi, che riuscirono
ad imporre la loro signoria sulla città nella persona di
Antonello, che governò dal 1388 al 1390)140. Nel 1390,
poi, la città passò sotto il dominio degli Acquaviva
(con Antonio Acquaviva duca di Atri, signore di Teramo e di San Flaviano)141. Questi governò dal 1390 al
1394, e fu sotto di lui che fu aperta la zecca di Teramo, la quale si presuppone che operò anche sotto
suo figlio Andrea Matteo142. Sotto gli Acquaviva Teramo raggiunse la sua massima espansione, culminante,
nel 1395, con la conquista di Ascoli (abbandonata,
però, l’anno dopo), che durò fino al 1407, quando
Andrea Matteo Acquaviva morì sotto i pugnali della
famiglia dei Melatini143. Nel 1424 la signoria di Teramo
fu assegnata dalla regina di Napoli Giovanna II a
Giosa Acquaviva, passò poi (1438) al conte Francesco
Sforza per essere infine recuperata da Alfonso
D’Aragona144 ed iniziare così il suo declino politico ed
economico con il malgoverno spagnolo.
Rinaldi Oscar, Op. cit, p. 4.
Rinaldi Oscar, Op. cit, p. 4; Del Villano W., Di Tillio Z., Op. cit, p. 85.
141
Palma Nicola, Storia della città e diocesi di Teramo, Teramo, Ubaldo
Angeletti, 1832, Volume II, p. 191.
142
Tale ipotesi viene spiegata nel Capitolo 2.4 “La monetazione di
Teramo”.
143
Rinaldi Oscar, Op. cit, p. 6; Lazari Vincenzo, Zecche e monete degli Abruzzi
nei bassi tempi, Bologna, Aldo Forni Editore, 1987, Ristampa anastatica dell’edizione del 1858 impressa a Venezia, p. 60; Palma Nicola, Storia della città e
diocesi di Teramo, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1832, Volume II, p. 194.
144
Rinaldi Oscar, Op. cit, p. 7; Del Villano W., Di Tillio Z., Op. cit, p. 96.
139
140
2.4 La mon etazion e di Ter amo
La zecca di Teramo operò dal 1390 circa alla fine
del XIV secolo, e si conoscono, in totale, due diversi
tipi monetali: il bolognino ed il denaro (o denarino);
quest’ultimo, poi, esiste in due diverse varianti.
Entrambi i tipi monetali sono attribuiti con sicurezza a Teramo in quanto su tutte compare la scritta “DE
TERAMO”; per quanto riguarda invece la determinazione della signoria sotto la quale furono coniate, solo
il bolognino può essere attribuito con sicurezza, in
quanto riporta chiaramente NT. ON. D. A. V. (cioè Antonio Degli Acquaviva); il denarino, invece, riporta la
scritta DVX. ADRIA. (Duca di Atri) che può riferirsi
tanto ad Antonio quanto a suo figlio Andrea Matteo.
Il Rinaldi le attribuisce entrambe ad Antonio
Acquaviva: la prima coniata negli anni 1390-1393, la
seconda nel biennio 1393-1394, e giustifica il fatto dicendo che la prima moneta fu coniata da Antonio fino
al 1393, quando era solo signore di Teramo, la seconda dopo il 1393, quando, avendo acquisito il titolo di
Duca di Atri, volle dare un’ulteriore legittimazione al
titolo imprimendo anche sulle monete la dicitura
DVX. ADRIA 145 . Di diversa opinione è invece il
Ruggero, il quale attribuisce i denarini ad Andrea
Rinaldi Oscar, Descrizione Strorico-Numismatica dei feudi e città
dell’Italia appartenenti a reggenti italiani / Teramo, città dell’Abruzzo
Ulteriore, in Cronologia Storico-Numismatica, Isola della Scala, Tipografia NORD & LANZA, 1941, p. 7 “Siccome queste emissioni non furono eseguite per necessità, ma soltanto per usufruire dei legittimi privilegi acquistati con il feudo, essendo la vera e propria moneta del luogo stata
certamente quella del ducato Napoletano, non è da escludere che detti
signori avranno tenuto essenzialmente a figurare sopra le proprie monete con i propri nomi e titoli e che queste con il titolo di DVX ADRIA siano le seconde di Antonio Acquaviva dopo l’acquisto di Atri e che non
145
71
72
Matteo (parla solo dei denarini in quanto, all’epoca in
cui scrisse, ancora non era stato rinvenuto il bolognino, e pertanto non era a conoscenza del fatto che fosse riportato il nome del signore su una moneta di
Teramo), giustificando il fatto che questi, non appena
impossessatosi di Ascoli nel 1395, provvide subito a
coniare moneta per legittimare maggiormente il suo
dominio sulla città, ed avrebbe quindi fatto un’operazione analoga per marcare il suo dominio su Teramo
come signore di quella città e, nel contempo, come
Duca di Atri146.
A questo punto va fatta una precisazione sugli scritti del Rinaldi: il bolognino è da questi riportato come
“obolo”, ma ciò non sottintende che il valore facciale
della moneta fosse pari ad un obolo, perchè in questo
caso il termine va preso come un attributo della moneta, cioè piccola (l’antico obolo romano era infatti di
modeste dimensioni).
Ho ritenuto doveroso fare queste osservazioni in
quanto la numismatica medioevale è, a tutt’oggi, una
materia in fase di studio e di ricerca, e quindi ancora
in evoluzione e definizione; quelle riportate dal
Rinaldi e dal Ruggero sono per ora teorie che vanno
ancora provate del tutto, per cui si deve essere aperti
ad integrazioni, aggiunte e modifiche che possono esabbiano nulla a che vedere con Andrea Matteo, figlio, che questi, coniando moneta avrebbe dovuto, a somiglianza del padre, far incidere il
proprio nome, proprio come nella moneta oggi venuta in luce [si riferisce al bolognino, n.d.a.]”.
146
Riporta infatti nella Rivista Italiana di Numismatica “Il primo duca
d’Atri fu Antonio di Matteo Acquaviva [Antonio Acquaviva, è la stessa
persona, n.d.a.], il quale acquistò quel feudo ducale nel 1393 dopo che
già da tre anni era signore di Teramo. Egli morì nel 1394 lasciando a
successore il figlio Andrea Matteo. Questi invitato da ghibellini d’Ascoli,
nel 1395 si impadronì di quella città e vi coniò moneta, ma dovette ab-
sere apportate da altri studiosi o da chi prenderà questa pubblicazione e si accorgerà di avere elementi per
integrarla o, anche, modificarla.
bandonare quel nuovo acquisto nell’anno seguente; nel 1407 venne pugnalato a Teramo dalla famiglia dei Melatini. Degli altri che seguirono
non è il caso di far menzione, perchè si andrebbe oltre il limite massimo
che ci è fissato dai caratteri delle monete. Queste potrebbero appartenere al primo duca, ma parmi poco probabile che egli abbia pensato a coniare nel breve tempo che rimase in vita, dopo aver avuta dignità ducale. E’ logico invece e naturale che il secondo Duca, Andrea Matteo dopo
di aver coniato in Ascoli per la prima volta, abbia creduto bene di far lo
stesso nei suoi domini aviti, sia durante sia dopo l’effimera signoria di
Ascoli”.
73
74
2.4.1 Disegno e descr izione delle monete
(scala 1,5/1)
MONETA: Bolognino di Antonio Acquaviva147.
FONTE: Rinaldi Oscar, Descrizione Strorico-Numismatica dei feudi e città dell’Italia appartenenti a reggenti
italiani / Teramo, città dell’Abruzzo Ulteriore, in Cronologia Storico-Numismatica, Isola della Scala, Tipografia NORD & LANZA, 1941, p. 1.
ANNO: Dal 1390 al 1393.
DIRITTO: Sul bordo presenta una croce patente148 e la
scritta NT • ON • D • A • V •; al centro la lettera A
fra quattro sferette.
ROVESCIO: Sul bordo presenta una croce patente e la
scritta COMUNITAS •D•TE; al centro la scritta RAMO
disposta a croce ed avente al centro una sferetta.
METALLO: Mistura149.
PESO: Circa 0,10 gr.
RARITA’: R5150 (conosciuta, per ora, in un unico esemplare).
VALUTAZIONE DI MERCATO: Non è mai apparsa in
nessuna vendita.
Riguardo questa moneta è comunque il caso di sottolineare che non è
mai apparsa in nessun libro o catalogo di numismatica, né precedente
alla pubblicazione del Rinaldi, né successiva, pertanto la sua esistenza
(o, quantomeno, la sua autenticità) rimane da confermare.
148
Si definisce in numismatica “croce patente” quella che ha tutti e quattro i bracci uguali (chiamata anche “croce greca”)
149
Era una lega molto diffusa nel medioevo, composta da rame, ferro ed
argento o solo ferro ed argento.
150
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C
(Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima),
R4 (Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
147
75
(scala 1,5/1)
MONETA: Denarino - 1° tipo (incerti se di Antonio Acquaviva o di Andrea Matteo Acquaviva151).
FONTE: Rinaldi Oscar, Descrizione Storico-Numismatica dei feudi e città dell’Italia appartenenti a reggenti
italiani / Teramo, città dell’Abruzzo Ulteriore, in Cronologia Storico-Numismatica, Isola della Scala, Tipografia NORD & LANZA, 1941, p. 1.
ANNO: Si ipotizza nel biennio 1393-1394152.
DIRITTO: Sul bordo presenta una croce patente e la
scritta DVX •ADRIA•; al centro le lettere V NS disposte su due righe.
ROVESCIO: Sul bordo presenta una croce patente e la
scritta DE TERAMO; al centro una croce patente.
METALLO: Mistura153.
PESO: Circa 0,54 gr.
RARITA’: R4154.
VALUTAZIONE DI MERCATO: 2.000,00 euro155 in conservazione qBB156.
A tal proposito si rimanda al Capitolo 2.4 “La monetazione di Teramo”.
A tal proposito si rimanda al Capitolo 2.4 “La monetazione di Teramo”.
153
Era una lega molto diffusa nel medioevo, composta da rame, ferro ed
argento o solo ferro ed argento.
154
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
155
Come riferimento ho preso il listino dell’ottobre 1994 (lotto n° 1685)
delle casa d’asta associate Ars Classica e Spink Taisei Numismatics in cui
la moneta partiva da un prezzo base di 600,00 franchi svizzeri ne veniva
aggiudicata a 1.000,00. Riguardo comunque la valutazione di questa moneta è interessante riportare anche la stima fatta dal Cagiati negli anni
’20: fra le 2.000 e le 3.000 lire (di contro un cavallo dell’Aquila era stimato fra le 2 e le 5 lire ed un coronato fra le 25 e le 30 lire).
156
Le classi di conservazione, in numismatica, sono: D (Discreta), B
151
152
76
MONETA: Denarino - 2° tipo (incerti se di Antonio
Acquaviva o Andrea Matteo Acquaviva157).
FONTE: Rinaldi Oscar, Descrizione Strorico-Numismatica dei feudi e città dell’Italia appartenenti a reggenti italiani/Teramo, città dell’Abruzzo Ulteriore, in
Cronologia Storico-Numismatica, Isola della Scala, Tipografia NORD & LANZA, 1941, p. 1.
ANNO: Si ipotizza nel biennio 1393-1394158.
DIRITTO: Sul bordo presenta una croce patente e la
scritta DUX •ADRIA•; al centro le lettere NVS disposte circolarmente.
ROVESCIO: Sul bordo presenta una croce patente e la
scritta D TERAMO; al centro una croce patente.
METALLO: Mistura159.
PESO: Circa 0,45 gr.160
RARITA’: R4161.
VALUTAZIONE DI MERCATO: Essendo della stessa rarità del 1° tipo, e non essendoci sul mercato una specifica richiesta di entrambe le tipologie, si ipotizza lo
stesso valore di mercato (e si rimanda quindi alla valutazione della moneta precedente).
(Bella), MB (Molto Bella), BB (Bellissima), SPL (Splendida), FDC (Fior
Di Conio). Nel caso delle monete antiche (specie quelle medioevali) è
difficile trovarle in conservazione FDC.
157
A tal proposito si rimanda al Capitolo 2.4 “La monetazione di Teramo”.
158
A tal proposito si rimanda al Capitolo 2.4 “La monetazione di Teramo”.
159
Era una lega molto diffusa nel medioevo, composta da rame, ferro ed
argento o solo ferro ed argento.
160
Il peso degli esemplari riportati dal Corpus Nummorum Italicorum va
da 0,38 a 0,54 grammi.
161
Le classi di rarità, in numismatica, sono: CC (Molto Comune), C (Comune), NC (Non Comune), R (Rara), R2 (Molto rara), R3 (Rarissima), R4
(Conosciuta in pochi esemplari), R5 (Esemplare quasi unico).
BIBLIOGRAFIA
- AA.VV., Corpus Nummorum Italicorum, Bologna, Aldo Forni Editore,
1970, Ristampa anastatica dell’edizione del 1910-1943 impressa a Roma,
Volume XVIII, Italia Meridionale Continentale - Zecche Minori.
- Barberini Francesco, Atri preromana, Atri (TE), Zanni, 1969
- Cagiati Memmo, Le monete battute nelle zecche minori dell’antico Reame di Napoli, Napoli, Tipo-Editrice Meridionale Anonima, 1922.
- Cappelli C., Faranda R., Storia della Provincia di Teramo dalle origini
al 1922, S. Atto di Teramo (TE), Edigrafital, 1980, Volume I.
- Cerulli Riccardo, Storia illustrata di Teramo, Teramo, Abruzzo Oggi,
1967.
- Delfico Melchiorre, Della antica Numismatica della Città di Atri nel
Piceno con un discorso preliminare su le origini Italiche, Teramo,
Ubaldo Angeletti, 1824.
- Del Villano W., Di Tillio Z, Abruzzo nel tempo, Novara, la Moderna,
1979.
- Garrucci P. Raffaele, Le monete dell’Italia Antica - Raccolta Generale,
Bologna, Forni Editore, 1967, Ristampa anastatica dell’edizione del 1885
impressa a Roma, Tomi 1 e 2.
- Gigante Fabio, Monete italiane dal ‘700 ad oggi, Varese, Reggiani
S.p.a., 2003.
- Lazari Vincenzo, Zecche e monete degli Abruzzi nei bassi tempi, Bologna, Aldo Forni Editore, 1987, Ristampa anastatica dell’edizione del 1858
impressa a Venezia.
- Mathie Guglielmo, Santucci Ennio, Trubiani Bruno, Gli affreschi della
Cattedrale di Atri, Roma, Autostrade s.p.a., 1976.
- Palma Nicola, Storia della città e diocesi di Teramo, Teramo, Ubaldo
Angeletti, 1832, Volumi I e II.
- Pansa G., Il Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1858, volume XVII, fascicolo 2°.
- Plinio, Naturalis historia, Londra, Edizioni Rackham, 1961, libro III.
- Rinaldi Oscar, Descrizione Strorico-Numismatica dei feudi e città dell’Italia appartenenti a reggenti italiani / Teramo, città dell’Abruzzo Ulteriore, in Cronologia Storico-Numismatica, Isola della Scala, Tipografia
NORD & LANZA, 1941.
- Sorricchio L., Per la mia Hatria-Atri, in Rivista abruzzese, fascicolo IX,
anno 1912.
- Speranza G., Il Piceno dalle origini alla fine d’ogni sua autonomia sotto Augusto, Ascoli Piceno, 1900, volume I.
- Strabone, Geografia, Londra, Ed. Jones, 1960.
- Del Villano W., Di Tillio Z., Abruzzo nel tempo, Novara, la Moderna,
1979.
77
78
COLLABORATORI
Si ringraziano per la collaborazione:
GLI STUDIOSI: Mario Giunco, Francesco D’Andrea e Elio Colleluori.
I NUMISMATICI : Christian Andreani, Andrea Fioramonti e Domenico
Spinosi.
IL GIORNALISTA: Luciano Di Giulio
ELENCO DELLE MONETE PRESENTI
ATRI PRE-ROMANA
Moneta conchiglia
Asse (pari a 10 once)
Quincunce o Semisse (pari a 5 once)
Quadrunce (pari a 4 once)
Triunce (pari a 3 once)
Biunce (pari a 2 once)
Oncia
Semioncia (1/2 oncia)
79
Pag.
“
“
“
“
“
“
“
14
15
22
27
32
36
41
45
TERAMO PRE-ROMANA
Aes signatum
“
54
ATRI MEDIOEVALE
Bolognino di Giosia Acquaviva
Doppio bolognino di Matteo Di Capua
Bolognino di Matteo Di Capua
“
“
“
60
62
64
TERAMO MEDIOEVALE
Bolognino di Antonio Acquaviva
Denarino - 1° tipo
Denarino - 2° tipo
“
“
“
72
73
74