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N° 5 - MAGGIO 2016 • IYAR 5776 • ANNO XLIX - CONTIENE I.P. E I.R. - Una copia € 6,00 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 Roma ISRAELE LA COLPA DI RESISTERE USA IL GIUDICE EBREO CHE NESSUNO VUOLE ITALIA בס’’ד IL TALMUD PRESENTATO AL PRESIDENTE MATTARELLA SHALOMשלום EBRAISMO INFORMAZIONE CULTURA Il matrimonio ebraico nell'era di Internet Tra chat e siti che consigliano abiti, location e musica, rimane sempre il giorno più bello Aeroporti e terrorismo: una lunga storia di sangue FOCUS COPERTINA Il matrimonio: un rito religioso, tra festa e burocrazia Chuppà (un baldacchino di stoffa), ketubà (il contratto matrimoniale), anello e bicchiere di vino: questi i simboli della cerimonia nuziale ebraica U MAGGIO 2016 • IYAR 5776 na grande festa, un po’ di burocrazia, ma anche e soprattutto una solenne cerimonia religiosa, in quanto una delle istituzioni fondanti dell’ebraismo. Tutto questo c’è nel matrimonio: se infatti ci si affida agli articoli 143 e seguenti del Codice Civile per regolare i rapporti giuridici secondo la legge italiana, se si aspetta il momento del ricevimento per celebrare gli sposi tra cibo, musica e buon vino, la componente religiosa presenta una normativa dettagliata e va oltre la mera ritualità; è un vero processo spirituale che realizza un legame tra le anime dei due sposi. Con il precetto del matrimonio, infatti, si ristabilisce l’unità originaria di Adamo, che conteneva in sé il principio maschile e quello femminile, e si provvede alla continuità del popolo ebraico. Una chuppà (un baldacchino di stoffa), la ketubà (il contratto matrimoniale), l’anello che lo sposo dona alla sua sposa e il bicchiere di vino: questi e pochi altri gli ingredienti essenziali per un matrimonio ebraico. La chuppà, il baldacchino nuziale, rappresenta con i suoi quattro angoli la casa che la coppia costruirà a partire da quel giorno. Sotto di essa, oltre agli sposi, si trovano il rabbino, i genitori e i testimoni; è uso diffuso che vi sia anche il fratello maggiore dello sposo con una torcia accesa, antico simbolo nuziale. Al cospetto della chuppà, è necessaria la presenza del minyan, dieci maschi ebrei adulti. Il primo momento della cerimonia è quello del kiddushin, la promessa, che trasforma gli spo- 2 LBT catering lebonton . ricevimenti • banchetti • cocktails Tel. 06.70.26.889 - [email protected] si in marito e moglie. Il rabbino recita la benedizione sul vino e, dopo averne bevuto un sorso, lo sposo infila l’anello nell’indice destro della donna. Seguono poi altre preghiere e la firma del contratto, la ketubà, documento dove sono scritti gli obblighi finanziari, sociali e coniugali del marito nei confronti della moglie, con il fine di evidenziare la funzione non solo fisico-spirituale del matrimonio. La ketubà fu istituita con lo scopo di proteggere la donna, rendendo all’uomo molto oneroso e complicato divorziare, obbligandolo a pagarle una forte somma in caso di divorzio. La cifra minima, come riportata dal Talmud, era di 200 zuzim in caso di una vergine e di 100 zuzim in tutti gli altri casi. La cerimonia termina con lo sposo che infrange un bicchiere, per ricordare la distruzione del tempio di Gerusalemme e il dolore dell’esilio: nell’ebraismo, infatti, anche nelle occasioni più gioiose è necessario celebrare un momento di riflessione e di ricordo. A Roma poi il matrimonio ebraico si colora di ulteriori riti e tradizioni con la Mishmarà, la cerimonia che si usa fare in occasioni liete della vita mediante la lettura di passi della Bibbia e altre composizioni liturgiche. Un’usanza che risale ai tempi del Talmud e che era diffusa in Italia già almeno nel ‘600. Inizia poi la festa: cibo e danze, tradizionalmente con uomini e donne disposti in due circoli separati con all’interno lo sposo e la sposa. DANIELE TOSCANO La cura dei particolari si unisce all'assoluta ricerca della qualità nella materia prima. Alla gioia del Vostro matrimonio si aggiungono la nostra esperienza e professionalità. Realizziamo eventi esclusivi per festeggiare il Vostro giorno speciale e regalarvi ricordi indimenticabili. Incontri on line: shidduch in chat I L’amore ebraico al tempo di internet, per conoscere nuovi coetanei ncontrare l’anima gemella non è una cosa facile; un tempo era la famiglia, se non la Comunità, ad accoppiare due persone facendo il cosiddetto Shidduch tra un uomo e una donna (i quali potevano anche non conoscersi) che all’apparenza erano anime gemelle. Oggi la scelta del partner ideale avviene in maniera diversa: i ragazzi non si limitano ad andare “a caccia” frequentando luoghi ed eventi della loro Comunità, anzi iniziano a vederla come troppo piccola e opprimente in cui si incontrano sempre le stesse persone; hanno bisogno di una ventata di aria fresca, ecco perché iniziano a cercare persone nuove su Internet. Ultimamente i siti d’incontri sono stati creati anche per persone che vogliono cercare un compagno della stessa religione, per mantenere il valore fondamentale del matrimonio: la continuità del popolo ebraico attraverso la procreazione. Due sono i siti di incontri ebraici più famosi e con maggiore successo. JItaly: ha lo scopo di combinare un matrimonio ebraico fra partner compatibili. Una volta iscritto al sito si devono fornire informazioni su sé stessi, sul proprio stile di vita e sulla Sinagoga che si frequenta; a quel punto un matchmaker selezionerà profili di potenziali contatti che l’iscritto potrà vedere e a sua volta il suo profilo sarà reso visibile ai contatti scelti. Ogni membro avrà 10 giorni di tempo per accettare o rifiutare eventuali incontri. Quando entrambi i membri accettano di incontrarsi, Jitaly fornisce loro informazioni affinché possano contattarsi e decidere di vedersi. Una volta ricevuto il numero di telefono l’uomo ha tre giorni di tempo per contattare la donna. Se lo desidera, l’iscritto può costantemente aggiornare il suo profilo per tenere il matchmaker aggiornato sui suoi progressi (impegnato; disponibile); ovviamente il membro deve selezionare “non disponibile” quando è impegnato con qualcuno. Saw you at Sinai: è un sito che sta aiutando milioni di ebrei (anche ortodossi) a trovare la loro anima gemella. Il sito è disponibile sia a livello locale che a livello internazionale, inoltre dà la possibilità di fare interviste private e confidenziali con i Matchmaker, che una volta intuiti i gusti cercheranno il partner più compatibile. Saw you at Sinai ha avuto un elevatissimo numero di iscritti e ha riscosso un grande successo a livello internazionale: ebrei in Asia, Australia, Europa, Canada si sono rivolti a questo sito. Anche gli ebrei più ortodossi, in alternativa al tradizionale face to face scelgono di cercare un compagno/a on line: siti come The Shidduch Site e Sasson ve Simchà forniscono una lista di siti esclusivamente per ortodossi, insieme a una lista di gruppi e organizzazioni in cui i single possono frequentarsi e conoscersi. GIORGIA CALÒ Meno i matrimoni e pochi i figli econdo i dati ISTAT, nel 2013 in Italia sono stati celebrati 194.057 matrimoni, 13.081 in meno rispetto al 2012, per un calo di 53 mila negli ultimi cinque anni. Non solo: per la prima volta il numero dei matrimoni è sceso sotto quota duecentomila. L’unica variazione positiva è del 2012, un lieve aumento che si inserisce in una generale tendenza alla diminuzione dei matrimoni in atto dal 1972. In particolare, negli ultimi 20 anni il calo annuo è stato in media dell’1,2%. Qual è stato il ruolo della Comunità Ebraica di Roma in questi numeri? Negli ultimi dieci anni c’è stato un andamento altalenante, che non permette di individuare un vero e proprio trend. Considerando il totale dei matrimoni (religiosi e misti, con questi ultimi che costituiscono sempre una percentuale inferiore al 20%, considerando ovviamente solo coloro che lo denunciano) dal 2005 ad oggi la media è di 47 all’anno, con il minimo di 36 nel 2012 e il massimo di 60 nel 2008. I 51 matrimoni del 2013 e i 42 del 2014 rendono l’idea dell’assenza di una vera e propria tendenza. In altri termini, un ipotetico grafico presenterebbe una forma a zig-zag, ma senza discostarsi troppo dal centro, vista la non eccessiva discrepanza tra le cifre che si alternano. Ciò che può preoccupare maggiormente sono invece i dati relativi alle nascite: dai 115 del 2004, si è progressivamente scesi, fino a una media di 71 nati tra il 2012 e il 2014. I morti tra il 1997 e il 2007 sono sempre stati tra 120 e 150: numeri che suscitano quantomeno qualche perplessità in vista del futuro, con un ricambio generazionale che risulta insufficiente. I motivi sociali, economici e di altro genere che sono alla base di questi fenomeni demografici sono numerosi e abbastanza noti, spesso legati a processi che coinvolgono tutto il Paese. Le emigrazioni dalla Comunità di Roma, ad esempio, sono raddoppiate: ad abbandonare la Capitale erano tra le 20 e le 30 persone l’anno nel periodo compreso tra il 1997 e il 2006, mentre si riscontra una media di 60 negli ultimi 5 anni. Basterà mantenere stabile il numero dei matrimoni nei prossimi decenni per mantenere la solidità della più antica comunità della Diaspora? Poi ci sono anche i divorzi, ma cerchiamo di rimanere ottimisti! DANIELE TOSCANO MAGGIO 2016 • IYAR 5776 S C’è in Italia un preoccupante calo demografico, confermato anche dal trend nella comunità ebraica romana 3 COPERTINA La festa del matrimonio? Che stress! Il giorno più importante della vita può presentare problemi organizzativi. Sono tanti i dettagli da curare, ma oggi fortunatamente esistono consulenti professionali che aiutano gli sposi MAGGIO 2016 • IYAR 5776 I 4 l matrimonio è l’evento più importante nella vita dei giovani ebrei; un precetto che ristabilisce l’unità originaria di Adamo che conteneva in sé il principio maschile e quello femminile e provvede alla continuità del popolo ebraico, attraverso la procreazione, tendente a creare quell’atmosfera di Kedushà che rende solida la famiglia ebraica e le assicura la felicità e la benedizione divina. Col trascorrere degli anni, di generazione in generazione l’idea del matrimonio si è evoluta e con questa le sue tradizioni, a partire dall’organizzazione stessa del matrimonio: a curare l’evento erano gli sposi e le loro famiglie che si occupavano di ogni singolo dettaglio della cerimonia e del banchetto, seguendo le antiche tradizioni. Rispetto al passato, il matrimonio oggi richiede una vera e propria regìa e spesso, perché tutto avvenga nelle modalità attese e nei tempi giusti, è bene ricorrere all’aiuto di un wedding planner nella scelta di tutti i dettagli che possano rendere il giorno delle nozze un ricordo magico. Il più apprezzato è il mitico Enzo Miccio che con le sue doti creative, la sua grande esperienza e l’attenzione per i dettagli che lo contraddistingue, saprà dar vita a un evento indimenticabile. Una nuova tendenza in ambito di matrimoni è la scelta di un filo conduttore per rendere l’ambiente armonico e curato. Il primo passo per i futuri sposi è la scelta della palette cromatica: i colori di fiori, inviti, save the date, decorazioni di vario tipo, centritavola, bomboniere sono da selezionare, coordinare e mescolare per creare un’immagine curata e personalizzata delle nozze. Uno dei toni più amati è il corallo, un colore caldo che ben si abbina ai classici crema e bianco. Il set floreale richiede la preparazione di addobbi per la cerimonia e il ricevimento, una profusione di fiori freschi che adornano l’ambiente, irradiando luce e colori. Per le decorazioni una tendenza molto chic è quella di sostituire i centrotavola con fiori sospesi che acquisiscono così un aspetto ancora più scenografico sistemati sulla tavola come veri e propri lampadari colorati. Un servizio molto richiesto è formato dalle postazioni Flower Express che permetteranno di ricavare in diretta dalle composizioni floreali piccoli gadget per gli invitati come braccialetti, ghirlandine e bouquet, un ricordo del matrimonio e una possibile alternativa alla bomboniera. Nell’ambiente ebraico, ultimamente, hanno preso il via cinque categorie di matrimoni. Il Shabby chic wedding, tendenza di questi ultimi anni che si fonda sul mix sapiente di tradizione e romanticismo, capace di mescolare i toni del pastello, pizzi e merletti ad oggetti del passato conferendo allo stile del matrimonio connotazioni uniche. Il Beach wedding, ovvero sposarsi in riva al mare magari al tramonto dove le uniche luci capaci di illuminare la serata sono quelle delle candele dolcemente adagiate sulla sabbia e quella della luna che si riflette nel mare. Il Country Chic wedding, ovvero un giardino con un grande arco ricco di fiori dove celebrare il rito nuziale, tavole imbandite con cesti di frutta e fiori di campo, balle di fieno e cassette della frutta, un menù rustico, gustoso e colorato, questi gli ingredienti per un matrimonio all’aperto. Il Romantic wedding, una dimora d’epoca che si presta ad un allestimento di grande atmosfera, la luce delle fiaccole che illumina un castello o una villa, tovaglie bianche, argenti e cristalli, i lumi di decine di candele, una torta da sogno e per finire i fuochi d’artificio che concludono con la loro spettacolarità una giornata indimenticabile. Il Modern wedding, un colpo d’occhio scenografico per accogliere gli ospiti in una lunga tavolata imperiale decorata con centrotavola di vetro che contengono piccole candele e fiori galleggianti, grandi candelieri di cristallo, peonie e rose, tanti nastri e perfino rami di tessuto. Normalmente il matrimonio è un evento riservato alla famiglia e agli amici, ma ci sono spose che non la pensano così e vogliono rendere il loro giorno ancora più indimenticabile mandandolo in televisione nel programma “4 matrimoni” in cui quattro spose si sfidano partecipando ai rispettivi matrimoni e dando un voto all’evento per vincere una luna di miele. È il caso di Arlene, una giovane ebrea americana che nel luglio 2015 ha stupito le avversarie con un matrimonio ebraico tradizionale tutt’altro che modesto e riservato; insomma non contava solo il numero degli invitati, ma anche quello degli spettatori. E che dire di uno dei principali protagonisti di questa giornata: l’abito da sposa. La tradizione vuole che il giorno delle nozze la sposa indossi un abito bianco che rappresenta la purezza e l’inizio di una nuova vita con il marito; la tradizione del velo invece inizia con Rivkà che ne indossò uno durante il suo matrimonio con Yitzhak in segno di modestia. La sposa moderna, oltre a rispettare le regole di abbigliamento della sinagoga, non cerca la modestia, ma vuole che tutti gli occhi siano puntati su di lei e sul suo meraviglioso abito romantico e sensuale, per questo si trascorrono mesi a cercare l’abito perfetto negli atelier più famosi; non più un abito che la copra dalla testa ai piedi, ma abiti a sirena, scolli a cuore, gonne corte, lunghe, con balze pizzi, merletti e tutto quello che possa mettere in risalto la sua silhouette, renderla elegante e stupire lo sposo nel giorno delle nozze. Dulcis in fundo il momento più atteso del matrimonio: il banchetto (o meglio la festa); la cucina ebraica romana ha una fortissima tradizione anche riguardante i cibi che si usava servire ai matrimoni: cibi semplici come pasta e fagioli, carciofi alla giudia, arrosto o pesce; oggi invece in un banchetto che si rispetti non può mancare la moda del momento: il sushi, o alcuni tra i piatti più famosi della cucina tripolina che sono entrati a far parte della tradizione ebraico-romana, come la hraimi e la shakshouka. A CURA DI GIORGIA CALÒ E MIRIAM SPIZZICHINO Non c’è amore senza ketubà Rabbini di epoca talmudica sono stati dei veri precursori dei contemporanei giuristi anglofoni, redattori dei contratti prematrimoniali molto in voga tra i vip oltreoceano. L’istituzione della ketubà, il contratto matrimoniale come oggi lo conosciamo, nasce infatti per volontà rabbinica, secondo la maggioranza degli studiosi tra il II secolo a.e.v. e il II secolo e.v., a maggiore tutela della parte economicamente più debole, la donna. Nella Torà (Devarim 24:1) è scritto che la sposa può essere mandata via dalla casa dal marito che ha trovato in lei qualcosa di sconveniente, consegnandole un atto scritto (sefer keritut o get); anche se fin da tempi antichissimi le fonti ci tramandano che il divorzio unilaterale era raro e mal visto, a favore invece di una risoluzione consensuale e ben motivata, solo un documento scritto pone serie garanzie a tutela della donna da facili ripensamenti del coniuge. Così, con la consegna della ketubà alla sposa durante il matrimonio, il marito deve impegnarsi, per iscritto, davanti ai testimoni, a supportare la moglie finanziariamente, fisicamente e moralmente e, nel caso di divorzio non addebitabile alla medesima o di vedovanza, a versarle una somma di denaro (mohar) che le garantisca un sostegno economico. Anche la dote portata dalla moglie (nedunya) prevista nella ketubà ha una funzione di tutela della donna, in quanto, in caso di divorzio anche se alla medesima addebitabile, dovrà essere restituita alla moglie. Il rilievo dato alla ketubà lo si può dedurre dal divieto per gli sposi di convivere persino un’ora senza di essa, tanto che in caso di distruzione o perdita, il marito deve provvedere a redigerne un’altra sostitutiva immediatamente. Partecipazioni Mishmaroth - Birchonim Libretti - Segnaposti Menu Dunque il testo formulato dai rabbini talmudici, scritto nella lingua dei contratti, l’aramaico, dopo circa 1500 anni è arrivato a noi pressoché uguale. Oggi, salvo che per la data, i nomi degli sposi e il luogo, si usano formule standard universali, ma gli sposi possono essere prevedere diversi accordi economici, opponibili, in certi casi, in sede civile. La ketubà rimane uno dei più importanti documenti che attesti il vincolo matrimoniale tra due ebrei. Un’antica tradizione diffusa a Roma prescriverebbe di conservarla dentro un cassetto e non esposta. L’origine di questo uso, probabilmente deriva proprio dallo scopo per cui essa originariamente veniva redatta, come detto, la tutela della donna in caso di divorzio. Il fatto che fosse nascosta e “inutilizzata” significava che le cose tra moglie e marito procedevano bene. La gioia e l’entusiasmo degli sposi nei preparativi delle nozze hanno portato nei secoli alla confezione di ketubot artistiche, con fantasiose e ricche decorazioni. In Europa le comunità italiane vantano, da questo punto di vista, un primato ineguagliabile. Tra il XVII e il XIX secolo nella Penisola sono state realizzate le più preziose ketubot, oggetto di un ricercato mercato antiquario. Anche oggi, sempre più spesso, la ketubà è diventata il pezzo forte del salotto di una giovane coppia, oppure, come vuole un’altra tradizione, del salotto della mamma della sposa, un gioiello da esporre dopo il matrimonio e da gustare nei preparativi delle nozze. Essa assume un forte significato simbolico e certamente desterà ammirazione e curiosità negli ospiti, che però raramente riusciranno a decifrarne il contenuto, segreto degli sposi. GIUDITTA SERVI Il Fiocco Chic bomboniere e non solo Creazioni artigianali, uniche, ricercate e personalizzate per matrimoni, nascite, bar/bat mitzvà con confetti casher by Laura Palazzo Borghese Via Giuseppe Veronese, 22 - 06.55302798 - 392.9395910 Largo Fontanella Borghese, 19 - 00186 Roma Tel. 06.68135703 - Cell. 334.8966343 [email protected] - www.bombonierechic.com È gradito appuntamento MAGGIO 2016 • IYAR 5776 I Il contratto matrimoniale è una garanzia giuridica obbligatoria tra i coniugi a tutela dei diritti della donna 5 COPERTINA Musica sotto la chuppah L’intrattenimento musicale è diventato elemento centrale della festa, con band che spaziano dalla dance ai balli ebraici ‘O ltre il ponte di Brooklyn’, ‘Yentl’, “Un’estranea tra noi”, ‘La sposa promessa’, e ‘Il Violinista sul tetto’ sono tra i tanti titoli di successo che hanno raccontato al cinema il matrimonio ebraico. Dando risalto al dietro le quinte e a tutto ciò che si cela nella tradizione. E’ stato un modo per far conoscere al pubblico non ebraico uno dei momenti oltreché più importanti, anche folkloristici di come le varie comunità preparano e festeggiano l’evento nuziale. Quasi tutte sono state produzioni americane, se si eccettua un film cult francese di Claude Lelouche degli anni Settanta “Tutta una vita”: le riprese della cerimonia si svolsero all’interno del Tempio Maggiore di Roma. Fu così anche per ‘Storie di amore e di amicizia’ con protagonisti Barbara De Rossi e Claudio Amendola agli esordi, girato al Tempio Spagnolo. Addirittura nella fortunata serie televisiva della HBO “Sex and the City”, parecchie puntate si sono incentrate sulla conversione di una delle protagoniste, Charlotte, che alla fine sposa un ebreo, giungendo alla fatidica rottura del bicchiere. In tutte queste produzioni, i copioni hanno curato la scenografia, le musiche chassidiche, avvalendosi di consulenze professionali per portare sullo schermo le vive e coinvolgenti immagini di uno matrimonio ebraico. Diciamo che si è trattato quasi sempre di ambientazioni aschenazite, forse perché l’ambiente di Hollywood è strettamente legato a questa comunità. Fino alla fine degli anni Ottanta i matrimoni erano di tutt’altra natura: rimanevano tutti calmi e tranquilli seduti nei loro posti, gustando il pasto e ascoltando un artista italiano che allietava e accompagnava il taglio della torta, talvolta con musiche e balli chassidici. Il cambiamento è avvenuto con le band musicali della Nizza ebraica o quelle di Milano, che vennero invitate negli alberghi o le ville che ospitavano i ricevimenti. A fare da apristrada fu l’orchestra di Motti che deliziava la comunità meneghina, in cui cantava e suonava un giovane Franco Zerilli che poi messosi in proprio si è affermato per molti anni come leader indiscusso dell’intrattenimento. Poi, a cascata, diversi gruppi romani si sono cimentati nell’attività: dalla Menorah alla Mazaltov band, da quella di Benny Fadlun a quella di Alberto Mieli fino ad arrivare a Jossy Anticoli e all’orchestra della Jew Box Band dei fratelli Hannuna e Daniel Coen; la cosa ha preso piede e così le feste sono totalmente cambiate. Seguendo un copione ben preciso: sotto lo sfondo musicale delle note di Shlomo Carlebach, si è affermata la danza in circolo, prendendosi per mano e muovendo la testa a desta e sinistra; attorno alla sposa ferma, spesso sola e in piedi, con in mano l’estremità di un nastro; e l’altra estremità retta dal marito che danza davanti a lei, al passo di una polka che assume sempre più un ritmo frenetico. Si è trattato di un fenomeno che si è stabilizzato negli anni tanto che ora i musicisti da chiamare sono divenuti la priorità dell’appuntamento mondano. Non si bada più a spese per garantirsi gli artisti preferiti. Magari si risparmia sul menu o sull’addobbo, ma sull’accompagnamento musicale e il servizio fotografico non si deroga. Perché si balla dall’entrata degli sposi in sala fino a notte inoltrata. Adempiendo al dettato rabbinico che la simchà non ha limiti nel giorno di nozze, lasciando solamente alla rottura del bicchiere l’obbligo di moderare l’entusiasmo fino a che il Tempio di Gerusalemme non sarà ricostruito. JONATAN DELLA ROCCA ARGENTERIA MAGGIO 2016 • IYAR 5776 ASTROLOGO 6 Vasto assortimento di Judaica Bomboniere con confetti casher Papa Incisioni personalizzate Oggetti da indosso Gadget aziendali Esposizione di 300 m2 Via Buonarroti, 20 Tel. 06.4873664 - 06.4870835 [email protected] Roma, la location più bella del mondo Sempre più numerose le coppie ebraiche straniere che scelgono la nostra città per il giorno più bello della loro vita C MAGGIO 2016 • IYAR 5776 oronare il sogno della propria vita, celebrando il matrimonio in Italia, è - in questo momento - per molte famiglie prevalentemente americane, francesi e inglesi, una scelta di vera tendenza, perché l’Italia è tra i primi posti in quanto a fashion-glamour. Ogni anno, e sempre in aumento, vengono scelte dalle coppie ebraiche straniere, come location del ‘giorno più bello della loro vita’, luoghi come Roma, Venezia, le colline toscane, il lago di Como, la Versilia, le colline bergamasche, lo splendido scenario del Salento o di Capri, tutti luoghi nei quali abbiamo garantito, con la nostra esperienza e professionalità, party esclusivi e ben organizzati, tutto all’insegna del kosher (tendenza che sta prendendo piede anche tra i non ebrei, che apprezzano gli stretti controlli e la maggiore delle scelte gastronomiche). Parlare di Roma, della mia città, mi emoziona sempre. Sono nato e cresciuto tra piazza Bologna e Talenti e non dimentico mai le mie radici ebraiche, grazie ad una famiglia orgogliosa di esserlo, con la voglia di mantenere vive le festività e le abitudini tripoline. Roma è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, un luogo da vivere in tutti i sensi. Quando cammini non attraversi una città ma un museo a cielo aperto, in alcuni momenti si ha la sensazione di essere usciti da un film degli anni ‘50, la musica che proviene dagli artisti di strada si mescola ai monumenti di marmo bianco. Roma è una città che ti entra nel cuore e che ti lascia a bocca aperta. Basta passeggiare fra il Colosseo e i Fori Imperiali per sentirsi rapiti dalla storia dei suoi gladiatori o girovagare per le strade o le piazze Navona, Venezia, di Spagna per rimanere affascinati dall’arte e dalla loro bellezza: è impossibile non rimanere incantati. La maggior parte degli ebrei stranieri che vogliono sposarsi a Roma e che incontriamo nel nostro lavoro, sono però maggiormente attratti dalla bellezza del Tempio Maggiore, che resta nel cuore e restano estasiati dal Museo Ebraico e dalla Sala dedicata agli ebrei tripolini, all’interno della quale vi è (e ne vado orgoglioso e fiero) una mezuzà che mio padre, z.l. David Raffaele Fadlun, donò al Museo. E poi vi è il ‘Ghetto’, così colmo di storia e profumi delle numerose trattorie del quartiere, dove è possibile degustare i piatti più tipici ed antichi della tradizione enogastronomica romana. In un contesto come questo non è difficile pensare che molte coppie vengano dall’estero e scelgano proprio Roma come cornice nel loro giorno più importante, un luogo dove le forti radici ebraiche si mescolano alla bellezza di una città senza tempo, dove lo stile e la tradizione non solo ebraica romana si mescolano a quella tripolina, in un contesto armonioso e solare. Io mi ritengo fortunato, la mia professione mi permette di vivere questi momenti di gioia e mi sento lusingato che molte coppie scelgano la mia musica; e la scelta non credo sia casuale! Siamo sempre alla ricerca di nuove tendenze musicali, antiche e moderne, è importante per noi la mescolanza di varie essenze di culture musicali introvabili. Le varie esperienze televisive che ho realizzato in Italia, mi hanno fatto esplorare dei mondi che senza questa opportunità non avrei conosciuto. “La musica italiana nel mondo” è infatti una parte di Show molto apprezzato nei nostri spettacoli, che eseguiamo in un modo tutto nostro, simpatico ed innovativo ed il nostro pubblico straniero lo apprezza e lo attende impazientemente. Il contesto emozionante legato all’atmosfera del luogo invita alla gioia e al divertimento con l’aggiunta di remix dance e musica tradizionale ebraica, attraversando le News da Israele e senza abbandonare le musiche orientali antiche e moderne, che abbracciano fluidamente varie sonorità dal Marocco, alla Tunisia, Libia ed Egitto, che tanto i francesi amano. Così in un viaggio musicale, idealmente partendo da Roma si può arrivare a Tel Aviv, passando per la Francia, l’Inghilterra, giungendo fino a Bangkok, New York, Bahia. Sono sicuro che altre coppie e altre famiglie ebraiche continueranno a venire a Roma, vivendo un sogno indimenticabile, una delle avventure più romantiche della loro vita. Come in una fiaba immagino queste coppie innamorate, divertite e spensierate su una vespa 50, magari bianca proprio come lo era quella di Audrey Hepburn e Gregory Peck in ‘Vacanze Romane’. BENNY FADLUN www.mazaltovband.com [email protected] - cell. 335.6117141 7 COPERTINA O Discusso a Roma il tema della dote rganizzato a Roma, nella bella cornice rinascimentale dell’Ecole Française, il Convegno Doter pour transmettre? Une histoire économique et sociale de la famille juive (XV-XIX sec), che ha visto riuniti vari docenti d’eccellenza e dottorandi provenienti da Francia, Italia, Israele. Il periodo analizzato era dal basso Medioevo all’età Moderna, e l’ambito territoriale il bacino Mediterraneo. Obiettivo dell’incontro era focalizzare la ricerca sul vasto campo di approfondimento antropologico, religioso, storico, allo scopo di effettuare un’indagine comparativa tra gli aspetti giuridici sia delle società ebraiche che non, per quanto concerne l’istituzione dotale. Nel mondo non ebraico, non sempre la dote era cospicua, e non veniva offerta ad ognuna delle figlie da maritare. Per non dilapidare il patrimonio, molte venivano istradate verso il noviziato, e dovevano quindi fare voto di povertà, eventualmente donando ciò che spettava loro alla Casa che le accoglieva. Per la salvaguardia del patrimonio, si ricorreva anche al matrimonio intraparentale. Tra gli ebrei, l’istituzione dotale (formalizzata da una ketubbà, un rotolo scritto a mano) veniva regolata dalla legislazione e dalla consuetudine ebraica. Le fanciulle provenienti da famiglie con scarsi mezzi economici, avevano difficoltà a portare una dote e in questi casi si ricorreva - come è successo anche in Italia fino al secolo scorso - alle confraternite che provvedevano a fornire le ragazze di quei beni essenziali per metter su famiglia. Diverso è il caso in cui la promessa sposa proveniva da una famiglia benestante, tanto più se figlia unica; la dote rappresentava tutto il patrimonio che le sarebbe stato trasmesso in beni mobili (denaro e corredo), dal momento che in Europa agli ebrei non era consentito possedere beni immobili (i cristiani compravano invece la terra). Quando la ketubbah è arte MAGGIO 2016 • IYAR 5776 “L 8 a ketubbah decorata divenne così popolare in Italia che alcune famiglie benestanti di ebrei facevano a gara fra loro su quale ketubbah fosse stata più attraente e avesse attirato più attenzione, quando veniva orgogliosamente mostrata durante le cerimonie di nozze che si celebravano con grande pompa nei ghetti affollati da Venezia a Roma. Si commissionava, per questo, ai migliori artisti del luogo – che a volte non erano ebrei, come risulta in circa il cinque per cento dei casi – di creare magnifici esempi con varie illustrazioni a colori”. E’ questo un passaggio tratto dalla presentazione del volume (edito da Giuntina) “Le ketubbot italiane della collezione Forna- La ketubbà, (contratto di matrimonio) allora come oggi, veniva scritta da un Sofer: vi si indicava l’ammontare con il Tosefet (aggiunta) del marito (che più era ricco e più la elevava). Nella sua analisi, la Jancu-Agou, si chiede perché venisse spesso registrata presso i notai cristiani. Tale registrazione ufficializzava il documento, e soprattutto in casi di conflitti tra la coppia la registrazione poteva tutelarne l’efficacia giuridica, facendo intervenire un terzo, che poteva essere anche l’autorità (il feudatario o il principe). Quanto alla ricerca del partner, allora si ricorreva ad una rete parentale regionale o transregionale, o a quella professionale (figli di padri che professavano la stessa attività), rinforzando, attraverso un matrimonio, dei legami nello stesso rango sociale. Savy affronta invece le problematiche relative al decesso del marito, all’indebitamento di questo, o alla conversione della sposa al cristianesimo in Lombardia, dove la maggior parte delle famiglie esaminate erano di origine tedesca. Nel caso di conversione, infatti, si riscontrava una certa reticenza a donare la dote, e il padre non poteva essere costretto a versargliela. Non solo l’ammontare della dote di un’ebrea sembra essere più elevata di quella di una fanciulla cristiana, la dote, sottolinea la Groppi, ma poteva coincidere con una forma di potere della donna. Infatti veniva gestita dal marito, ma era la donna a poterne disporre, e rappresentava una risorsa per i momenti di crisi della vita domestica, nel caso la famiglia fosse caduta in disgrazia. La donna restava proprietaria, e il marito usufruttuario. Ligorio si sofferma in particolare sulla dote a Ragusa (Dubrovnik) tra le famiglie di origine ottomana; attraverso i documenti esaminati si conferma che i matrimoni erano endogamici (tra cugini e zio-nipote), che la donna conservava un ruolo decisionale nell’utilizzo della dote stessa. Spesso, ci specifica la Cuccia, essa era considerata lo “scrigno di famiglia”: i soldi si investivano, si facevano fruttare ad un tasso di interesse, e poi rappresentavano un valido aiuto per risolvere le difficoltà. GISÈLE LÉVY sa” – autori Sofia Locatelli e Mauro Perani – che presenta 72 contratti matrimoniali ebraici, raccontando le storie di quelle famiglie, ma soprattutto illustrando gli aspetti artistici di questi documenti che risalgono fino al XVII secolo. “Nel produrre ketubbot – prosegue l’introduzione al libro – riccamente illustrate, profondamente intrise di idee ebraiche e simboli pittorici, insieme a disegni e motivi fortemente influenzati dalle arti decorative italiane, gli ebrei dei secoli scorsi espressero così la loro integrazione con la cultura e la società italiana contemporanea, pur mantenendo e sottolineando la loro identità”. Un desiderio di abbellire artisticamente il documento che sanciva giuridicamente il matrimonio, che prese così tanto piede da spingere, in alcuni casi le autorità rabbiniche dell’epoca a limitare il costo di produzione. MARIO DEL MONTE DAMMI IL CINQUE PER MILLE COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA Grazie alla Comunità Ebraica di Roma, il tuo contributo si trasformerà in aiuto alle famiglie in difficoltà, maggiori servizi sociali, borse di studio e sostegno alla diffusione della cultura ebraica. Al momento della Dichiarazione dei redditi devolvi il Cinque per mille delle tue imposte a sostegno dei servizi sociali della Comunità Ebraica di Roma, non ti costerà niente. CODICE FISCALE DELLA COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA NON DIMENTICARE DI FIRMARE LA SCELTA DELL’OTTO PER MILLE A FAVORE DELL’UNIONE DELLE COMUNITA’ EBRAICHE ITALIANE Giuseppe Russi MAGGIO 2016 • IYAR 5776 80199210586 9 ISRAELE I terroristi palestinesi? Criminali che vorrebbero passare per vittime La contraddizione di chi fa un uso politico della crudeltà per conquistare l’Occidente con il pretesto di subire ingiustizie e soprusi A l momento in cui scrivo questo articolo (prima di Pesach), sembra abbastanza chiaro che la cosiddetta “intifada dei coltelli” sia fallita. Dai dieci o venti attacchi al giorno di ottobre e novembre, si è passati al ritmo “fisiologico” di cinque o sei alla settimana, condotti per lo più da manodopera terroristica tradizionale, ben diversa dai ragazzini col coltello preso nella cucina di casa che aveva colpito l’immaginazione sei mesi fa. Certo, la propaganda antisemita terrorista continua nei blog e nei social network, sui media dell’Autorità Palestinese e di Hamas, nelle scuole dell’UNRWA, nelle canzoni e nelle clip delle pop-star arabe. Non si può escludere purtroppo che nuovi eventi luttuosi accadano, anzi, è praticamente certo: il terrorismo è stato il costante strumento di lotta contro gli ebrei del movimento nazionalista arabo dai suoi inizi, un secolo fa, e non è stato mai davvero abbandonato. Ma il bilancio delle vittime degli assalti di questa versione “popolare” o diffusa o “a bassa intensità” del terrorismo è fermo a 35 in sei mesi – un dato terribile certamente, perché ogni vita è un mondo, ma statisticamente non davvero significa- Sar tivo su una popolazione non musulmana in Israele di 6,5 milioni. Sembrerebbe che il numero dei candidati attentatori suicidi si sia esaurito, che sia arrivato anche alle loro menti fanatiche il dato per cui attaccare a coltellate dei passanti scelti a caso non solo è immorale ma soprattutto è inuti- le, in Israele porta assai più facilmente alla morte dell’attentatore che del bersaglio. I leader palestinesi hanno forse capito che non ottenevano la risonanza sperata. O forse semplicemente – terribile da dire, ma realistico nel nostro mondo – è passata una moda e gli adolescenti inquieti trovano al- tor ia Via Ver o tri sistemi per sballare. Faccio queste considerazioni non per trionfalismo, ma perché ritengo sia arrivato il momento di innescare una riflessione critica sul comportamento nostro, dei sostenitori di Israele nella diaspora. Durante l’ondata terroristica, la pubblicistica che sostiene Israele ha raccontato i fatti, lamentato che la stampa non ne desse notizia, spiegato la minaccia, denunciato la violenza e l’illegalità degli attentati, richiamato l’attenzione sulle responsabilità delle organizzazioni palestinesi. Era tutto giusto, lo è ancora. I terroristi, anche i “terroristi popolari” o “miniterroristi” come questi, sono criminali, l’incitamento delle organizzazioni politiche, se non sempre il legame organizzativo con gli attentatori, è evidente, la volontà antisemita della caccia indiscriminata all’ebreo è visibile a tutti. Ma forse facendo queste giuste comunicazioni siamo caduti nella trappola dei terroristi e dei loro capi. Abbiamo enfatizzato una situazione di rischio che in Israele non è mai stata soverchiante, abbiamo dato nelle nostre analisi una dimensione sociologica a crimini che restano individuali. Non abbiamo soprattutto tenuto conto del contesto strategico. E’ chiaro che in questo momento nessun paese o movimento arabo è in grado di impensierire Israele sul piano militare, sia per la grande e sanguinosa confusione che regna nei paesi arabi, sia per la minaccia in parte comune a Israele che viene dall’Iran, sia perché la tecnologia israeliana continua a progredire anche sul piano militare. Se ci limitiamo alle armi difensive, gli antimissili sono sta- MAGGIO 2016 • IYAR 5776 ne 10 · se · · Parochet kippot ricami sartoria SERVICE DI CAMBIO ETICHETTE CONTO TERZI Riparazioni sartoriali e piccola tappezzeria PERSONALIZZAZIONE ABITI DA LAVORO Via Giuseppe Veronese, 60/68 - Roma Tel. 06.5594137 www.ricamiepersonalizzazioni.com · SARTORIA VIA VERONESE sa, contro i prigionieri, le donne, i bambini, i prigionieri, perfino gli animali, questi movimenti appaiono potenti e vittoriosi, “veri uomini”, il che nel mondo arabo è ragione di legittimità. Dall’altro per l’Occidente devono sembrare vittime della violenza israeliana, oggetto di ingiustizia, di prigionia a cielo aperto, addirittura di nazismo. Le due cose, l’esercizio della violenza indiscriminata e il vittimismo, non stanno bene assieme. Per questo i discorsi che fanno in arabo e la loro propaganda interna sono ben diversi da quel che dicono all’esterno e in inglese. Ma è certo che andando ad accoltellare donne e anziani e facendosi fermare con le armi possono alimentare tutt’e due le linee propagandistiche. Se si insiste dunque sulla loro barbarie e crudeltà, se si dà rilievo al dato criminale del loro comportamento, dunque, si alimenta il loro orgoglio (e fra l’altro si proietta l’immagine di Israele come paese insicuro e territorio bellico, il che non è affatto vero). Comunque poi l’autodifesa israeliana sarà usata per il solito vittimismo. Che fare dunque? Io credo che come accadde a suo tempo con le Brigate Rosse non bisogna dare spazio alle rivendicazioni del terrorismo e non bisogna fare l’errore di contribuire alla creazione del mito del “combattente”. Bisogna sempre rappresentare la realtà, non censurarla; ma in questo caso essa non va neanche ingigantita e soprattutto ne va mostrato il lato patologico e vigliacco, la meschinità criminale nell’assalire donne incinte, anziani e bambini, nell’investire le persone in attesa alla fermata del mezzo pubblico, l’ignobile pratica di accoltellare le vittime sempre alla schiena. Bisogna cioè dipingere i criminali per quel che sono, e che erano i loro fratelli maggiori nel 2000-2003 e magari i loro nonni alleati di Hitler: dei vigliacchi macellai senza onore né dignità, che sfogano nella violenza un patologico razzismo. UGO VOLLI Nella pagina fianco: in un negozio di abbigliamento a Gaza un manichino con un coltello e una felpa con su scritto “Pugnala!” In questa pagina, in alto: una pattuglia garantisce la sicurezza sul lungomare di Tel Aviv, in basso: un attentato alla fermata dell'autobus. MAGGIO 2016 • IYAR 5776 ti estesi dai razzi a breve raggio (Iron Dome) a quelli a medio e lungo (David sling e Arrows), sta diventando operativo un radar contro i mortai, un’arma per la difesa dai droni, e qualcosa si inizia a vedere anche per i tunnel. Israele è anche inattaccabile sul piano economico e ha dimostrato di saper resistere alle diverse ondate terroristiche (e alle rispettive tattiche: irruzioni armate, dirottamenti, cinture esplosive, sassi, coltelli). La partita dunque non è militare e neppure economica (il BDS su questo piano non ha quasi effetti). E’ politica. Cioè diplomatica, legale, mediatica, psicologica. I terroristi non ammazzano gli ebrei perché pensano di sconfiggerli. Lo fanno per sfogarsi, perché gli piace. Una volta speravano che gli israeliani si spaventassero e scappassero altrove, adesso forse sanno che questo non funziona. Mirano comunque ad attirare l’attenzione del mondo su di sé. Sanno che quando commettono dei crimini non sono condannati ma commiserati dalla stampa e dai politici occidentali (“vedi, poverini, a che punto sono arrivati… la situazione è intollerabile… lo status quo non può reggere”). In generale i movimenti palestinesi si trovano di fronte a un’esigenza contraddittoria: devono apparire ai loro seguaci e al mondo arabo bellicosi, duri, violenti, perfino crudeli. (Maestro in questo uso propagandistica della violenza è lo Stato Islamico.) Solo praticando una violenza che agli occhi occidentali appare ottusa e disgusto- 11 ISRAELE La colpa di Israele? Resistere nelle sue ragioni A 70 anni dalla sua fondazione, pretende che Gerusalemme venga riconosciuta capitale dello Stato L MAGGIO 2016 • IYAR 5776 a miglior risposta da dare a chi collega il boicottaggio di Israele al conflitto palestinese – la politica estera dell’Amministrazione Obama e l’Unione Europea di Mogherini si esprimono negli stessi termini – è porsi e porre una domanda, da troppo tempo inspiegabilmente scomparsa dalle discussioni sui territori contesi. Israele ha una capitale, Gerusalemme, come mai tutte le ambasciate sono ancora a Tel Aviv? È l’unico stato al mondo che in quasi 70 anni di esistenza non vede riconosciuto un suo diritto fondamentale. Potranno continuare all’infinito le discussioni su territori occupati o contesi, ma un fatto è innegabile, Gerusalemme è la capitale di quello stato degli ebrei riconosciuto con il voto delle Nazioni Unite il 27 novembre 1947, respinto dai governi arabi della regione che hanno scelto invece la guerra. La sovranità su Gerusalemme è diventata un problema internazione unicamente a causa del rifiuto arabo della partizione Onu. Perché mai Israele avrebbe dovuto attendere la fine delle pretese arabe per proclamare la propria capitale? Pretese che sono continuate malgrado gli accordi di Oslo, disattesi dall’Olp/Fatah di Arafat e poi di Abu Mazen, concordi entrambi nel rifiutare l’offerta di Israele che comprendeva il 90% dei territori e Gerusalemme Est capitale. Non era ancora abbastanza e non è difficile capirne la ragione, agli arabi interessa tutto l’ex mandato britannico, alla faccia dell’Onu, di Oslo e dei pacifisti che continuano a non voler vedere la realtà mediorientale per quello che è. Israele, per essere assolta dal peccato di esistere, dovrebbe suici- 12 darsi, al suo posto nascerebbe una Gaza di maggiori dimensioni, uno stato terrorista, pronto ad attaccare gli altri stati confinanti, certo, tutti arabi-musulmani - come insegnano le guerre civili che stanno cambiando la storia della regione. Israele ci provò nel 2005, quando uscì da Gaza, nell’illusione che gli arabi che vi abitavano avrebbero creato uno stato, non diciamo democratico, l’islam non lo permetterebbe, ma almeno un vicino con cui collaborare. Sappiamo come è andata a finire. La storia di Hamas/ Gaza non ha però insegnato nulla. Si è tenuto di recente un convegno in Israele al quale hanno partecipato diversi ambasciatori, accademici, analisti, che hanno discusso sul peso reale che il BDS ha su Israele. Fra questi, Lars Faaberg-Anderson, ambasciatore UE in Israele, ha dichiarato che l’unico modo per fermare il boicottaggio è la soluzione del conflitto palestinese. Come lui, anche l’ambasciatore americano Daniel Shapiro, ha detto di essere contrario a qualsiasi forma di boicottaggio, ma l’unico modo per fermarlo è un accordo con i palestinesi. Il che significa ritornare al pre ’67 e, perché no, al 1948. Il pendio scivoloso che porterebbe alla scomparsa di Israele, dato che non avrebbe più la possibilità di difendersi. Può sembrare assurdo, ma questa è la posizione espressa da sempre dai pacifisti israeliani, simili in questo al movimento pacifista internazionale. Con una differenza, però, questi ultimi non vivono in Israele, se lo stato ebraico scomparisse, siamo certi che troverebbero subito una data per celebrarne il ricordo. E’ avvenuto per la Shoah, succederà anche questa volta. ANGELO PEZZANA STATI UNITI Ma la religione non c’entra nulla, è solo una questione politica tra repubblicani e democratici per mettere in difficoltà Obama N EW YORK – E’ definito da tutti “un mentsh”, il termine Yiddish per descrivere “un individuo equo, integro e d’onore”. Eppure Merrick Garland, il 63enne giudice federale ebreo designato da Barack Obama per la Corte Suprema potrebbe non arrivare mai ad indossare la prestigiosa toga. La sua nomina si è scontrata, infatti, con il secco ‘no’ dei repubblicani che hanno fatto quadrato contro il luminare del foro scelto dal presidente democratico per rimpiazzare il giudice Antonin Scalia. Il leader dell’ala più conservatrice del massimo organismo giudiziario e costituzionale americano, morto per cause naturali in un ranch in Texas il 13 febbraio. Tutti i repubblicani – dai leader del Congresso ai candidati in corsa per la Casa Bianca Donald Trump, Ted Cruz e John Kasich – hanno già detto che non intendono confermarlo (i giudici della Corte Suprema sono nove e vengono designati dal Presidente, ma la nomina dev’essere ratificata dal Senato, attualmente controllato dai repubblicani). “Eleggere il sostituto di Scalia spetta al prossimo Presidente degli Stati Uniti “, spiegano in coro, convinti che il prossimo inquilino della Casa Bianca sarà un loro compagno di partito. Se Garland fosse confermato, per la prima volta nella sua centenaria storia, la Corte Suprema avrebbe un numero record di giudici ebrei. Ben quattro - contro i cinque cattolici John Roberts, Anthony Kennedy, Clarence Thomas, Samuel Alito e Sonia Sotomayor - visto che anche Ruth Bader Ginsberg, Stephen Breyer e Elena Kagan (nominati da Bill Clinton i primi due, da Obama la terza) sono ebrei. Fu proprio l’attuale Presidente a rovesciare gli antichi equilibri della Corte, nel 2010, quando chiamò la Kagan, di fatto defenestrando i protestanti dall’aula dove dettavano legge dal lontano 1789. Eppure la religione di Garland non ha nulla a che fare con l’opposizione dei repubblicani che in un anno elettorale particolarmente caotico ribadiscono di non voler neppure portare in aula il candidato, come prevede la legge. Gli americani la pensano diversamente. Nell’ultimo sondaggio CNN due terzi degli elettori chiedono al Senato di indire le audizioni per vagliare la candidatura di Garland. Il 53% ne reclama la conferma visto che la sua nomina è venuta a un anno dalla scadenza del mandato di Obama, che resterà il carica fino al gennaio 2017. Secondo la costituzione americana Congresso e Presidente hanno il diritto-dovere di riempire il vuoto lasciato da Scalia. “Se si rifiuteranno di dare a Garland una giusta considerazione”, ha messo in guardia Obama, “i repubblicani abdicheranno al dovere costituzionale del Senato, compromettendo non solo la reputazione della Corte Suprema ma anche la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario”. “A pagarne il prezzo”, ha concluso, “sarà la democrazia americana nel suo insieme”. Tra tanti potenziali candidati ben più progressisti di Garland, Obama ha scelto lui, un moderato, proprio per venire incontro all’ala più intransigente del partito rivale. Quella che ha bocciato ogni sua singola proposta fin dal primo giorno del suo insediamento. Eppure il CV di Garland è giudicato impeccabile da entrambi i partiti. Nato a Chicago da una famiglia di profughi russi ebrei fuggiti ai pogrom verso l’inizio del ‘900, Garland ha fatto il bar mitzvah in una sinagoga Conservative di Chicago e si è laureato alla prestigiosissima Harvard Law School. Nel 1987 si è sposato con Lynn Rosenman, compagna di studi ad Harvard e nipote del consigliere di Franklin Roosevelt e Harry Truman in una cerimonia officiata dal rabbino Reform Charles Lippman. Per diventare giudice di Corte d’Appello, nel 1997 ottenne il voto di conferma del Senato allora controllato dai repubblicani. Gli stessi che adesso hanno molte difficoltà nel giustificare un voto ostile nei suoi confronti. Al contrario della Sotomayor, liberal e progressista, Garland è un giudice centrista conosciuto soprattutto per essere stato protagonista in importanti casi di terrorismo domestico. Dal processo a Timothy McVeigh, condannato a morte per l’attentato a Oklahoma City, quando estremisti antigovernativi distrussero con un ordigno il palazzo federale della città, uccidendo 168 persone, all’inchiesta contro il terrorista solitario Theodore Kaczynski, noto come Unabomber, arrestato mentre Garland stava celebrando il Seder pasquale con la sua famiglia. Secondo il New York Times la sua età piuttosto avanzata per la nomina di un giudice (l’età media è intorno ai 50 anni ) è un altro elemento di compromesso con cui Obama cerca di venire incontro ai repubblicani. “Vuole lanciare il segnale di aver scelto un giudice che presumibilmente non dominerà la Corte per i prossimi tre decenni”, teorizza l’autorevole quotidiano, “con la prospettiva di estendere l’eredità obamiana fino al 2045”. Ma il leader di maggioranza del Senato Mitch McConnell, repubblicano ultra-intransigente del Kentucky non vuole saperne. E ha ordinato ai suoi di sbarrargli la strada a tutti i costi, nel timore di confermare un amico dei democratici, capace di spostare la Corte Suprema su un asse più progressista in vista di importanti sentenze, dal diritto all’aborto alle leggi sul controllo delle armi, ai matrimoni gay. Ma questa inflessibilità potrebbe costare cara ai senatori repubblicani, già in crisi per l’implosione del partito nel dopo-Trump. Un terzo di loro il prossimo novembre si ripresenta agli elettori per il rinnovo del mandato. “Gli americani potrebbero punirli”, mettono in guardia gli addetti ai lavori, citando sondaggi dove “un numero crescente di elettori li accusa di ostruzionismo ad oltranza nei confronti del Presidente, per fini cinicamente politici”. ALESSANDRA FARKAS @afarkasny Sistemi di allarme - Telecamere Nebbiogeni Servizi di sicurezza Servizi di intervento e di SOS Servizi di vigilanza Servizi fiduciari e di trasporto Per sopralluoghi e preventivi gratuiti Email: [email protected] Tel.: +39 06 35343941 / +39 340 1469717 Sicurezza Etica è una Società autorizzata ex art.115 TULPS Per maggiori informazioni: www.sicurezzaetica.com MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Merrick Garland, il giudice ebreo che nessuno vuole alla Corte Suprema 13 ITALIA Parola, la chiave che apre le menti By Words, una onlus composta da giovani, nata a supporto del grandioso progetto del Talmud in italiano I l 5 aprile 2016 all’Accademia dei Lincei a Roma è stata presentata la prima traduzione in italiano del trattato Rosh haShana primo risultato dello straordinario progetto di traduzione dell’intero Talmud babilonese. In questo storico giorno l’ebraismo ha reso disponibile al mondo intero un inestimabile contributo culturale e intellettuale. Alcuni tra i più illustri talmudisti considerano il Talmud non un libro di conclusioni ma piuttosto un libro di discussioni, di confronto tra idee e punti di vista diversi che per la sua struttura oggi è definibile un’opera interattiva, in quanto al lettore che si appresta a studiarlo è offerta la possibilità di essere stimolato attivamente dalla discussione sugli argomenti trattati. L’intero progetto si è ispirato ed è stato strutturato su questi concetti. Il team è cresciuto e si è alimentato di competenze che si sono confrontate continuamente sui contenuti per giungere alla traduzione miglio- re non solo sotto il profilo linguistico ma conservando e rappresentando il confronto sui temi attraverso il quale si sviluppa e si approfondisce il messaggio talmudico. Per tutti i partecipanti si è trattato di un’esperienza unica di arricchimento professionale e personale senza precedenti, straordinaria, lontana da ogni arroccamento culturale e priva di qualsiasi fondamentalismo, portatrice di insegnamento e di conoscenza anche quale possibile strumento di incontro con gli altri e di contrasto al fanatismo che nasce e si sviluppa nell’ignoranza. Dunque “la parola” è il potente strumento che questo progetto ha minuziosamente studiato e poi di volta in volta scelto per raggiungere non solo i dotti e gli studiosi ma tutti gli uomini e soprattutto i giovani costruttori di futuro. Per queste ragioni è nata, accanto al Progetto Talmud, “By Words” una onlus composta da giovani, ebrei e non ebrei, che hanno accettato di partecipare alla sfida di contribuire a costruire un futuro migliore. Tecnologie avanzate di comunicazione al servizio di una solida base culturale, rela- Roma, 25 aprile senza la Brigata Ebraica Contromanifestazione davanti al Museo della Liberazione, mentre a Milano fischi ed insulti a chi sfilava sotto il vessillo con la Stella di Davide MAGGIO 2016 • IYAR 5776 L 14 a Brigata Ebraica e l’Aned (Associazione ex deportati nei campi nazisti) non hanno partecipato quest'anno alla grande manifestazione 'ufficiale' per celebrare la Liberazione, ma hanno manifestato davanti al Museo storico della Liberazione di via Tasso, sede del Comando nazista (11 settembre 1943 – 4 giugno 1944). Già da alcuni anni le manifestazioni del 25 aprile sono state occasioni, per gruppi filo palestinesi e di estrema sinistra per lanciare slogan antisemiti ed anti-israeliani, ulteriore sfregio alla memoria dei partigiani ebrei italiani e di migliaia di ebrei stranieri che si arruolarono nel corpo della Brigata Ebraica e combatterono per liberare l'Italia è l'Europa. Di qui la decisione di tenere una piccola ma significativa contromanifestazione alla quale hanno partecipato il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, il Commissario straordinario del Comune di Roma Prefetto Tronca e il presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello che in un tweet ha scritto: "Non c'erano grandi occasioni a Roma per ricordare il #25aprile, questa a Via Tasso era la migliore. Grazie Presidente Napolitano!". "Il sacrificio della Brigata Ebraica non può essere disconosciuto - ha ricordato ad inizio manifestazione il vice presidente della Comunità zioni con prestigiose Università e aziende internazionali, sono gli strumenti che impiegheranno per costruire le occasioni e gli eventi necessari a progredire nel cammino dell’interculturalità. Insegnamento che avviene attraverso le parole, che in questi anni sono state minuziosamente studiate prima, e scelte poi. Sono le parole, strumento così potente e importante, a dare vita alla Onlus “By Words” nata a supporto del Progetto Talmud. By Words è un’associazione composta da giovani, ebrei e non ebrei, con la voglia di rispondere alle nuove sfide che la società culturale propone mediante l’ideazione di eventi realizzati con l’ausilio delle più avanzate tecniche scientifiche e di comunicazione, in collaborazione con le aziende più prestigiose del mondo, università e enti pubblici, per realizzare opportunità di integrazione culturale indispensabile premessa per costruire quel presente e quel futuro che può basarsi solo su una solida convivenza tra i popoli e le nazioni di tutte le religioni e le culture. CLELIA PIPERNO ebraica romana, Ruben Della Rocca - e siamo qui presenti in tanti come persone e ringrazio le tante sigle ed organizzazioni che hanno aderito ". "Mai avremmo pensato di abbandonare il corteo del 25 aprile - ha sottolineato il presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello - ma non ci riconosciamo negli slogan contro Israele. Qui a via Tasso abbiamo deciso che venisse esposto il vessillo della Brigata Ebraica. Non si può dimenticare il sacrificio delle persone che hanno contribuito alla liberazione di Roma". Analogo concetto ribadito dal Consigliere dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, Victor Magiar: "Non possiamo accettare il tentativo in corso da alcuni anni di trasformare gli ebrei da vittime in carnefici". In centinaia hanno quindi deciso di visitare il Museo della Liberazione tra i quali il Commissario Tronca e il presidente Napolitano. Grazie a questa scelta, quest'anno a Roma non vi sono state le vergognose contestazioni contro gli ebrei scesi in piazza per celebrare il 25 aprile, urla ed insulti che invece si sono verificati al corteo a Milano, dove si è superato ogni limite della decenza. Tra i gruppi che hanno contestato il vessillo della Brigata Ebraica, vi erano i simpatizzanti con le bandiere dall'organizzazione terrorista filo iraniana Hezbollah. Con il braccio teso proprio come nel saluto romano. Povera Italia. Il Talmud in italiano presentato all’Accademia dei Lincei Cerimonia ufficiale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella cerca Stefania Giannini e una vera autorità mondiale del Talmud, il rabbino Adin Even Israel Steinsaltz, fondatore del The Israel Institute for Talmudic Publications. Il rabbino Di Segni, ripercorrendo il legame del Talmud con l’Italia, dai grandi studiosi presenti a Roma fino alle distruzioni di Campo dei Fiori e di Venezia, ha evidenziato peraltro come proprio Roma sia stata la città dove è stato stampato il primo libro in ebraico della storia. “La persecuzione di questo testo in Italia è stata aggirata dagli ebrei con tutti i possibili espedienti, ma ha avuto un effetto micidiale nell’abbassare il livello culturale e religioso delle nostre comunità. La strada che abbiamo intrapreso ora con questa ambiziosa operazione ha per tutti questi motivi un grande valore simbolico”. “Pensare e lavorare a quest’opera - ha quindi detto Di Segni - significa tante cose: che ora, di nuovo, c’è un gruppo di studiosi di Talmud che parlano la lingua italiana e che possono realizzare questo obiettivo; che esiste un’attesa da parte del pubblico, non solo ebraico; che esiste un genuino interesse da parte delle istituzioni dello Stato italiano a promuovere e coltivare questi studi, come parte non trascurabile di un patrimonio universale ma con specificità italiane; che l’incontro con un mondo culturale diverso ma interno non spaventa ma al contrario attira l’attenzione; che dopo le persecuzioni dei secoli scorsi e la tragedia della Shoà si comprende che queste pagine fanno parte della storia italiana e sono necessarie alla crescita della sua società che deve essere aperta al confronto”. “La traduzione del Talmud in italiano - ha detto poi Rav Steinsaltz - è stata un’impresa audace, mai tentata prima, sebbene siano stati molti i saggi che hanno parlato, scritto e creato in italiano e che hanno vissuto in Italia”. Con la traduzione anche “chi non è avvezzo al linguaggio ed alla dialettica del Talmud ha finalmente la possibilità di ricevere alcune perle dell’enorme ricchezza racchiusa in questo grande libro”. Il Rosh haShanà contiene infatti molte delle caratteristiche del Talmud, discussioni astratte ed esoteriche sulla creazione del mondo, accompagnate da dettagli tecnici e pratici sull’osservanza delle mitzvoth. “Il progetto Traduzione Talmud Babilonese - ha spiegato Clelia Piperno - è l’unica opera comparabile ai Codici di Leonardo con le sue macchine volanti. Abbiamo costruito con i traduttori e gli informatici una navicella che sta esplorando lo spazio della conoscenza, dall’aramaico attraverso la dimensione spazio-temporale delle lingue antiche”, dimostrando come “una comunità colpita anche nella sua capacità culturale dalle leggi razziali del ‘38 vede riconosciuto il suo diritto all’identità culturale non come forma d’impossibile riconoscimento ma come rinascita di conoscenza”. MARIO DEL MONTE MAGGIO 2016 • IYAR 5776 A ll’Accademia dei Lincei a Roma è stato presentato lo scorso aprile il primo volume dell’opera - Trattato di Rosh haShanà -, e la prima copia è stata consegnata ai Lincei nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un progetto, quello della Traduzione Talmud Babilonese, che nasce nel gennaio 2011 con un protocollo d’intesa tra presidenza del Consiglio dei ministri, Miur, Cnr e Ucei. Da allora un team di traduttori, revisori editoriali ed informatici, grazie all’innovativo software Traduco sviluppato dall’Istituto di Linguistica Computazionale del Cnr di Pisa, lavora all’edizione italiana del Talmud edita da Giuntina, con il Trattato di Rosh haShanà (Capodanno in ebraico) che è solo il primo di 36 che saranno così tradotti. Alla presentazione, oltre al professor Alberto Quadrio Curzio, presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei, che ha ricordato come siano “molti e forti i nessi che connettono i Lincei alla grande cultura ebraica”, citando innanzitutto “i tre presidenti dei Lincei, Vito Volterra, Guido Castelnuovo, Beniamino Segre, che hanno dato un contributo grande al programma del nostro fondatore (tra l’altro ottimo conoscitore dell’ebraico), Federico Cesi”, sono intervenuti la professoressa Clelia Piperno, direttore del progetto, il professor Alberto Melloni, segretario della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII e membro del comitato d’onore del progetto, Gianni Letta, presidente del comitato d’onore, l’avvocato Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, il professor Massimo Inguscio presidente del Cnr, il rabbino Riccardo Di Segni, presidente del progetto Traduzione Talmud Babilonese, il ministro dell’Istruzione, Università e Ri- 15 FOCUS Daesh-Isis operazione fermo pista o storico aeroporto di Punta Raisi è oggi intitolato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il 23 maggio 1992 è una bella giornata siciliana di primavera inoltrata. Alle 17.58 circa mezza tonnellata di tritolo distrugge alcune centinaia di metri dell’autostrada A29. Tre automobili sono investite in pieno francesi, per non parlare dei sussidi di disoccupazione, delle opportunità di studio e formazione, e infine dell’assistenza bancaria per avviare attività in proprio. I soldati del terrore jihadista hanno studiato bene, e non soltanto teologia, ricevendo poi un addestramento efficiente. Conoscono la manipolazione tecnico-chimica degli esplosivi, sanno muoversi con spietata efficienza, forse fanno uso di sostanze psicotrope che aiutano ad annullare l’istinto di conservazione. Dirottamenti e attacchi agli aeroporti costituirono la normalità dell’imprevisto all’inizio dell’epoca dei jet commerciali. Si cominciò nei primi anni ’60 del secolo passato sulle tratte Stati Uniti-Cuba. Dissidenti e attivisti di entrambi gli schieramenti, pro-USA o pro-Fidel, seminarono il panico tra Miami e L’Avana. Pochi morti, dall’esplosione. Restano uccisi gli agenti Dicillo, Montinaro e Schifani, il giudice Falcone e sua moglie Francesca Morvillo. Il 20 marzo 1995, tra le 07.50 e le 08.11 vengono attaccati con il gas nervino Sarin tre convogli e tre stazioni della metropolitana di Tokyo. I morti furono 13, i feriti oltre 6.000. Nella stazione più affollata, due dipendenti vedono il liquido trasformarsi in gas. Sacrificano la vita per la salvezza di centinaia di passeggeri dell’ora di punta. I fondamentalisti della setta religiosa Oumo Shinrykio (“Verità Suprema”) si assunsero la piena responsabilità. Il rapporto tra i due fatti, sotto il profilo di un’analisi tattico-strategica è chiaro. Se si attaccano le infrastrutture dei trasporti e coloro che se ne servono, il messaggio passa subito: “attenzione, siamo in grado di colpire chi è in movimento su qualsiasi mezzo di trasporto, di paralizzare le vostre vie di comunicazione e le vostre città, la vostra economia, la rete intera della mobilità locale e internazionale.”. A Bruxelles non è in sostanza accaduto nulla che non si fosse già visto. Ma i militari sanno bene che siamo di fronte a un salto di qualità. E’ cominciata una guerra. Se qualcuno pensa che sia una questione di cellule dormienti e lupi solitari, vive in un sogno dal quale si risveglierà soltanto per trovarsi dentro un incubo. Senza mettere in allarme milioni di persone, gli Stati Maggiori si preparano a fronteggiare il prossimo attacco e il prossimo salto di qualità. Più ancora che a Parigi, in Belgio hanno dovuto prendere atto di un coordinamento mai in precedenza sperimentato. Altro che poveri ragazzi emarginati. Da chi e da che cosa poi bisognerà chiederlo alla universale stupidità del sociologismo cosiddetto progressista: qualsiasi abitante delle borgate romane sarebbe felice di stare in appartamenti come quelli di Molenbeek e delle banlieues tanti titoli sui giornali. Fu poi il turno dei palestinesi. L’obiettivo era chiaro: accendere i riflettori, alimentando il mito della “disperazione”, su una questione che la politica internazionale avrebbe potuto risolvere con facilità se la parte araba, proprio come oggi l’Iran, non avesse allora mirato all’estinzione pura e semplice dello Stato di Israele. Si cominciò il 23 luglio 1968, con il dirottamento su Algeri del volo El Al 426, Londra-Roma-Tel Aviv. La vicenda si trascinò per 40 giorni, non ci furono vittime. La strategia dell’attacco agli aerei di linea sfuggì presto di mano alle numerose fazioni palestinesi di quel tempo lontano. Le azioni divennero numerose e letali. E poi si passò alle stragi di massa negli aeroporti. Ma l’obiettivo politico risultava chiaro: questa forma di terrorismo era guerra aerea, con altri mezzi. L’insediamento dell’Autorità Nazionale Palestinese mutò in via definitiva i termini del confronto. Ma una parte del mondo islamico ritenne di dover applicare la lezione in modo tale da ricostituire il Califfato universale dal Maghreb al Mashrek, dall’Africa Occidentale fino all’estremo oriente. Fu il turno di Osama bin Laden e delle Twin Towers. Oggi Daesh-Isis intende prima regolare i conti interni. E ci avverte: voi interferite, noi colpiamo. Ma poi passerà in massa sull’esterno, se non viene fermato prima. Soprattutto dall’Islam razionale e ragionevole, sperando che sia sopravvissuto anche dopo il tempo di Avicenna e Averroè in Al-Andalus, la Penisola Iberica degli arabi, che è sulla nostra porta di casa. Gebel el-Tarik, la Montagna di Tarik o Gibilterra, segnala un tratto di mare un tempo islamico. Quattordici chilometri virgola trecento metri di mare nel punto più stretto. Si potrebbe attraversarli anche in pedalò. PIERO DI NEPI Attacco ai trasporti nel cuore dell’Europa. È soltanto l’inizio? MAGGIO 2016 • IYAR 5776 L 16 Aeroporti e terrorismo: una lunga storia di sangue e morti Fin dagli anni ’60 i gruppi terroristici arabi e palestinesi hanno cercato di colpire passeggeri e aerei Gurion International Airport, del 1972. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina riuscì a reclutare tre membri dell’Armata Rossa Giapponese per commettere la strage. La sicurezza israeliana fu totalmente sorpresa dagli inattesi tratti somatici dei terroristi e questi ultimi estrassero dalle finte custodie di strumenti musicali delle mitragliatrici di fabbricazione cecoslovacca con cui massacrarono 26 persone fra cui operatori dell’aeroporto, agenti di sicurezza, pellegrini portoricani e il famoso scienziato israeliano Aharon Katzir il cui fratello Ephraim fu eletto Presidente l’anno successivo. Poco ricordato è invece l’attentato di Glasgow del 2007 in cui una jeep con diverse taniche di propano si scagliò contro l’ingresso dell’aeroporto della città scozzese senza però mietere vittime oltre al terrorista. Prima di Bruxelles l’ultimo attacco jihadista contro gli aeroporti è stato quello del Domodedovo di Mosca del 2011 commesso da un attentatore suicida ceceno nella hall degli arrivi, con 37 vittime e 173 feriti. Se escludiamo la matrice islamica la lista si allunga a più di 1000 casi dagli anni ’30 ad oggi con i più svariati perpetratori: singoli scontenti del proprio regime come a Pechino nel 2013, nazionalisti croati nel 1975 al LaGuardia di New York, indipendentisti baschi a Madrid nel 2006, vendicatori del genocidio armeno nel 1983 all’aeroporto di Orly di Parigi. Certamente le autorità internazionali prenderanno nuove misure per prevenire nuovi attacchi nelle aerostazioni di tutto il mondo, ma una cosa è certa: la capacità di adattamento dimostrata dalle organizzazioni terroristiche rende la sfida ben lontana dall’essere vinta. MARIO DEL MONTE Bagliori Or neshamà Le luci dell’anima Progetto di Brunella Bellini Giovedì 9 Giugno ore 20.30 Galà di Beneficenza A favore della Campagna Emergenza “Mettiamoli al Sicuro” con l’étoile Giuseppe Picone TEATRO SALA UMBERTO Via della Mercede, 50, Roma L’Adei Wizo, con il progetto “Bagliori”, intende promuovere una raccolta fondi finalizzata alla realizzazione di iniziative volte alla protezione e sicurezza dei minori nei quattro Centri Wizo in Israele di: Beth Wizo, Maaloth, Rehovot e Yevul Info - 065814464 [email protected] MAGGIO 2016 • IYAR 5776 N onostante l’11 Settembre 2001 abbia rappresentato una cesura profonda nell’ambito della sicurezza aeroportuale il terrorismo jihadista ha trovato sempre nuovi modi per colpire gli aeroporti di tutto il mondo. L’attentato all’aeroporto di Zaventem in Belgio per mano dello Stato Islamico è solo l’ultimo degli attacchi compiuti in quelle che sono considerate le infrastrutture centrali per la vita di un paese avanzato. E pensare che non si tratta del primo assalto a Zaventem: nel 1979 un gruppo di terroristi appartenenti all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina aprì il fuoco sui passeggeri in attesa di imbarcarsi per un volo El Al e lanciò alcune granate nell’area commerciale dell’aeroporto ma la sicurezza belga con l’aiuto di quella ausiliaria della compagnia aerea israeliana riuscì a sventare l’attacco. I gruppi armati palestinesi durante gli anni ’60, ’70 e ’80 si resero protagonisti di molteplici aggressioni negli aeroporti occidentali, spesso contro i desk della compagnia di bandiera dello Stato Ebraico. Tra i più famosi purtroppo ce ne sono stati anche due che colpirono il nostro paese nel 1973 e nel 1985. Nel primo caso fu assaltato con granate al fosforo un volo Pan Am a Fiumicino in cui rimasero uccise 34 persone. Nel 1985 invece due gruppi di attentatori agirono coordinati a Roma e Vienna uccidendo in tutto 19 persone, fra cui un bambino, e ferendone circa 140. Sia a Roma che a Vienna l’obiettivo erano i passeggeri in coda al banco dell’El Al, a rivendicare l’attacco fu l’organizzazione Abu Nidal ma esistono forti sospetti che il rais libico Gheddafi fosse il vero mandante. Nella mente degli israeliani però l’attacco più spaventoso rimane certamente quello dell’aeroporto di Lod, l’odierno Ben 17 FOCUS Sicurezza. Ora Israele è diventato un modello da imitare Tutti guardano all’aeroporto di Tel Aviv: un esempio su come gestire grandi flussi di viaggiatori, effettuando controlli antiterrorismo fuori e dentro il terminal I n seguito agli attentati terroristici di Bruxelles del 22 Marzo, che hanno colpito anche l’aeroporto di Zaventem, si è parlato molto del modello israeliano di sicurezza. Giornali, radio e TV si sono concentrati sulle meticolose misure di sicurezza messe in piedi al Tel-Aviv Ben-Gurion Airport, lodandole per i risultati raggiunti nel corso degli anni. Si parla ora di “modello Israele” per scacciare il fantasma ISIS ma in realtà si comprende poco la logica dietro le decisioni prese dalle autorità dello Stato ebraico. E’ bene chiarire innanzitutto che gli aeroporti, così come le metropolitane e le stazioni ferroviarie, sono diventati gli obiettivi primari per i jihadisti perché sono estremamente difficili da controllare: milioni di persone utilizzano ogni giorno questi mezzi di trasporto per muoversi da un posto all’altro ed è irrazionale pensare di controllare singolarmente ogni individuo con il rischio che l’obiettivo degli esplosivi diventi l’interminabile coda all’ingresso. L’altro aspetto preliminare da considerare è quello psicologico: infondere timore nell’utilizzare le infrastrutture significa paralizzare una società rendendola prigioniera anche senza la presenza fisica di un carceriere. Considerate queste due linee guida ci sono delle precauzioni che possono essere intraprese per limitare i danni, cosa che gli israeliani hanno capito per primi. Come ha magistralmente evidenziato nel suo blog personale Loretta Napoleoni, economista e scrittrice fra i massimi esperti di ISIS in Italia, gli israeliani hanno ideato il loro aeroporto come un bunker le cui misure di sicurezza iniziano all’esterno dei terminal con le auto e i passeggeri che vengono scrutinate dai militari prima che possano scaricare i bagagli davanti MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Rotschild 10 Bat Yam 18 Perez Haiut 4 Tel Aviv Krinizi 27 Ramat Gan all’ingresso. Niente zone “kiss&go” per dirla con un linguaggio familiare a chi ha preso almeno una volta un volo da Fiumicino. Inoltre agenti in borghese stazionano costantemente davanti agli ingressi su cui è apposto un primo metal detector, persone addestrate che avrebbero sicuramente fermato gli attentatori con un guanto che sono divenuti l’immagine simbolo di quella terribile giornata. In Occidente tutto questo è inconcepibile, i nostri aeroporti più che bunker sono dei veri e propri templi del consumismo. All’interno dei terminal si staziona per almeno due o tre ore, passando il tempo acquistando souvenir nei duty free o mangiando nei ristoranti. Quello stesso tempo che al Ben Gurion i passeggeri lo spendono ai successivi due controlli di sicurezza, che comprendono anche un’intervista che ha lo scopo di creare un profilo psicologico del viaggiatore per individuare rapidamente i potenziali attentatori. Solo a quel punto si può accedere all’area shopping prima dell’imbarco. Ovviamente l’aeroporto di Tel-Aviv muove un numero di passeggeri nettamente inferiore a quello di Roma, Madrid o Londra ma ciò che può fare la differenza è il principio “prima la sicurezza poi il business”. In parole povere: il modello israeliano è certamente un punto di riferimento ma la mera imitazione non basta, urge un serio ripensamento del nostro modo di concepire i trasporti altrimenti il terrorismo dello Stato Islamico avrà sempre vita facile. MARIO DEL MONTE Investimenti immobiliari in Israele: ci hai già pensato? Società israeliana con staff multilingue propone in vendita appartamenti nuovi e rifiniti realizzati usufruendo della tama ‘38 in zone centrali e residenziali di: Tel Aviv, Ramat Gan, Rishon e Bat yam. Si segnala inoltre che parte degli immobili è vista mare. Per facilitare le operazioni si forniscono consulenze fiscali, finanziarie, legali e di interpretariato. Possibilità di accedere a mutui bancari e permuta con immobili italiani. Il progetto è personalmente seguito da Simeone Raccah. Fondatore della Greenberg, si occupa di immobiliare dagli anni ‘80. Specializzato nella riabilitazione di edifici storici e nelle nuove costruzioni in Israele, cittadino israeliano da più di sei anni vive stabilmente a Tel Aviv. Shalom! www.g-reenberg.co.il Resp. Vendite: Samuel Dell’Ariccia 06.92939156 [email protected] Negli aeroporti occorre un mix di uomini e tecnologia Lo spiega l'esperto israeliano Shlomo Harnoy D opo gli attentati di Bruxelles dello scorso mese di marzo, il modello di sicurezza dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv è stato al centro delle attenzioni di numerosi governi e sotto i riflettori dei media. Per cercare di capirlo meglio, Shalom ha intervistato Shlomo Harnoy, attualmente vice Presidente dell’internazionale Sdema Group e da sempre esperto di terrorismo e di sicurezza negli aeroporti. Da dove bisogna partire per garantire la sicurezza in un aeroporto? La mia esperienza sul campo mi porta a individuare tre obiettivi principali: evitare che vi sia alcuna esplosione a bordo di un aereo; evitare un attacco dove c’è alta concentrazione di persone, in particolare ai terminal; mantenere la continuità funzionale dell’aeroporto, sia nella routine che dopo un eventuale attacco. La maggior parte degli aeroporti europei cura quasi esclusivamente il primo punto, trascurando i rilevanti scenari che possono derivare negli altri due ambiti. Quali sono dunque le strategie che bisogna adottare? Gli aeroporti europei devono pianificare e implementare dei circuiti di sicurezza prima dell’ingresso nell’aeroporto stesso e all’interno delle sale d’attesa dei terminal. Questo limite era emerso già nel 2011, con l’attentato all’aeroporto Domodedovo di Mosca che provocò decine di morti e centinaia di feriti: si verificò infatti proprio nell’area di ritiro bagagli. Con una diversa impostazione si possono prevenire quattro scenari che caratterizzano gli attacchi terroristici, specialmente la Jihad islamica: le auto-bomba, le violente penetrazioni nei terminal, attentati suicidi, il trasporto all’interno dell’aeroporto di armi o materiali ad alto potenziale esplosivo. Queste sono le principali minacce che incombono sugli aeroporti. Come si realizzano questi circuiti? Attraverso un mix di alta tecnologia e fattore umano, oltreché mediante una lunga e complessa pianificazione. Quanto sono rilevanti le più moderne innovazioni tecnologiche? La tecnologia da sola non è la soluzione. La massima efficienza per un piano di sicurezza si realizza solo con una completa integrazione tra tecnologia, persone e procedure. Molti Stati investono miliardi nella tecnologia, ma da sola questa non risolve i problemi. L’esperienza israeliana ci insegna che la sicurezza si ottiene soprattutto tramite il fattore umano. In cosa consiste questo “human factor” e come si ottiene? La lotta al terrore deve coinvolgere molteplici attori ed esercitarli ad affrontare i pericoli. Anche chi lavora nei negozi di un aeroporto, per esempio, deve avere una preparazione adeguata, organizzata dai servizi di sicurezza, improntata all’individuazione di potenziali terroristi. Comprendo che questo modello non è semplice da implementare, specialmente per alcuni aeroporti europei di enormi dimensioni. Un metodo spesso utilizzato è quello di usare un profilo operativo di un terrorista o di un criminale come base per individuare elementi sospetti in un ambiente protetto; ciò significa che gli agenti di sicurezza sono abituati a identificare una tipologia specifica di comportamenti che si collega all’identità di un potenziale terrorista. Con questo metodo, ogni atteggiamento sospetto si può ricollegare a un metodo di operazione, facilitando il compito e limitando anche l’invadenza nella sfera personale degli altri passeggeri. Com’è organizzata la sicurezza nell’area circostante l’aeroporto di Tel Aviv? Abbiamo vari circuiti di sicurezza, quasi dei cerchi concentrici. Fuori dall’aeroporto e al suo interno (nelle aree pubbliche e al loro ingresso). Il tutto è studiato sui tre obiettivi iniziali e basato su un’accurata pianificazione. In conclusione, Harnoy ci tiene a sottolineare un aspetto: Uno degli scopi del terrorismo è quello di diffondere il panico e fermare le nostre vite. Per questo, i nostri piani di sicurezza sono finalizzati a garantire la continuità delle nostre attività abituali: è fondamentale che la nostra prevenzione assicuri alle metro di circolare e agli aerei di decollare. DANIELE TOSCANO *Contributo relativo ad uno dei Sussidi previsti dalla Mutua. La quota è pagabile con € 455,00 all’adesione e 9 rate mensili da € 130,00 con addebito C.C. o RID. É possibile aderire al Sussidio proposto fino a 65 anni, fanno parte del nucleo familiare i figli fino a 26 anni. Oscar Wilde Vuoi una garanzia ospedaliera fino a € 100.000,00 per nucleo familiare comprendente anche gli accertamenti di alta diagnostica fino a € 3.500,00 e visite e analisi fino a € 2.000,00 pagando € 1.625,00* annui per l’intero nucleo, detraibili fiscalmente e pagabili mensilmente? Grazie alla partnership realizzata oggi con la più grande Mutua Sanitaria italiana per numero di soci, siamo in grado di potertelo proporre. Anche con il pagamento diretto delle spese mediche presso i migliori Centri Convenzionati. 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Israele, invece, è un piccolo Paese molto ben preparato in virtù della sua esperienza storica. Tuttavia, nonostante queste differenze, può insegnare qualcosa agli europei: ad esempio, ad accentuare il ruolo dell’intelligence, con una profonda penetrazione in tutte le reti terroristiche molto prima che entrino in azione”. Secondo Karmon, infatti, l’Europa non investe a sufficienza in questo ambito, indispensabile per prevenire e neutralizzare il terrorismo. “Un problema legato all’arresto: non è sufficiente mandare il terrorista per 10-15 anni in galera, ma bisogna neutralizzarlo”. Un altro elemento che i Paesi europei dovrebbero apprendere dallo Stato ebraico è la cooperazione tra i diversi comparti che si occupano di sicurezza. “In Israele, polizia, forze di sicurezza, esercito e intelligence collaborano a livelli strettissimi e comunicano reciprocamente le informazioni in tempo reale. Nei casi più eclatanti, gli attentati in Francia e in Belgio, si è notata proprio l’assenza di questa coesione, anzi, è mancata proprio la comunicazione. Ciò è particolarmente evidente nell’espulsione che le autorità belghe hanno effettuato nei confronti di uno dei futuri attentatori, pur potendolo individuare come potenziale terrorista dalle informazioni a disposizione”. Karmon ravvisa poi una cooperazione internazionale troppo limitata. “I recenti attentati hanno dimostrato una scarsa sinergia tra i Paesi colpiti. È indispensabile migliorare e standardizzare a livello sovranazionale la struttura giuridica per fronteggiare il problema dell’immigrazione e dei controlli ai confini. A questo proposito, gli aeroporti costituiscono un punto chiave, come confermano gli ultimi episodi di Bruxelles: in Europa non ci sono SALMONì OFFICINA SPECIALIZZATA VIA GALVANI 51C/D/E - 00153 ROMA ORARIO NO STOP 8,30 - 18,00 CHIUSO IL SABATO ELETTRAUTO MAGGIO 2016 • IYAR 5776 AUTO DIAGNOSI 20 MECCANICA GENERALE DIESEL E BENZINA INIEZIONE BENZINA E DIESEL FRENI ABS - ESP ASSISTENZA SCOOTER AMMORTIZZATORI ALZACRISTALLI ELETTRICI SERVIZIO CARRO ATTREZZI TAGLIANDI PROGRAMMATI E AUTORIZZATI DALLE CASE COSTRUTTRICI Tel. 06.5741137 Cell. 3394510504 - [email protected] controlli fuori dal perimetro dell’aeroporto stesso, mentre in Israele non puoi entrare nell’area se prima non superi dei controlli di sicurezza tecnologicamente molto avanzati”. Ma è possibile una cooperazione tra Israele ed Europa? “La cooperazione già c’è, nell’intelligence soprattutto. E può crescere, Israele ha tecnologie all’avanguardia che possono essere usate anche dagli europei. Specialisti israeliani hanno visitato l’aeroporto di Bruxelles sei mesi fa, prima dell’attentato: hanno dato delle raccomandazioni, ma Israele non può influenzare oltre un certo limite le decisioni dei governi”. Inoltre, Karmon sottolinea come elemento di cui tener conto sia necessariamente una maggiore tutela della presenza ebraica su ogni territorio. “Tra i principali obiettivi dei terroristi in Europa c’è sempre stata almeno una componente ebraica: il primo attacco dello Stato Islamico (o comunque di chi si riconosceva nel Califfato) è stato proprio il Museo Ebraico di Bruxelles; a Parigi, l’attacco a Charlie Hebdo fu immediatamente seguito da quello all’hyperkasher; analogo schema fu seguito a Copenaghen nel febbraio 2015”. I Paesi europei devono inoltre fronteggiare e riuscire a monitorare il fenomeno dei foreign fighters, i quali, consapevoli di essere inseriti nelle black list dei loro Stati di appartenenza, vanno in Oceania o in Sud America. “Esiste questa possibilità. Quindi, mentre Daesh perde terreno in Asia Minore, la minaccia terroristica nel resto del mondo cresce”. Ma Karmon sottolinea anche le altre minacce terroristiche sparse per il mondo, a partire da al Qaeda, ormai troppo spesso dimenticata, ma ancora forte nella penisola arabica, soprattutto in Yemen, dove si trova attualmente la sue base, un’area di 500 km nella città di Makallà. “Al Qaeda, grazie ai legami con i gruppi locali, è radicata anche in Somalia con Al-Shabaab e in Nord Africa con Al Qaeda nel Maghreb” ricorda. “E non va sottovalutata: recentemente ha espanso il suo raggio d’azione. Gli attacchi in Costa d’Avorio e in Burkina Faso ne sono la più evidente dimostrazione”. DANIELE TOSCANO PENSIERO Enzo Bonaventura, un ponte per la psicologia tra Italia e Israele Un seminario internazionale, il 1° giugno, all’Università di Tel Aviv celebrerà una figura pionieristica in questo campo della ricerca Rientrato in Italia dopo la guerra, per un anno sabbatico, Bonaventura non trova nessuno, fra i colleghi che detengono il potere sulla psicologia accademica, interessato a un suo eventuale rientro. Nonostante il prestigio e la fama acquisite, l’idea di un possibile ritorno di Bonaventura nella sua vecchia università, è solo un “fastidio”. Una complicazione da evitare per dei concorsi, pensati per altri. Il seminario internazionale in memoria di Enzo Bonaventura – in programma il prossimo 1° giugno - si propone di approfondire l’opera e la personalità nei suoi diversi aspetti di scienziato, uomo di cultura, esponente del sionismo italiano, filosofo dell’ebraismo e uomo di cultura. L’iniziativa promossa da Roma Tre sarà seguita da un convegno, che si terrà in autunno nell’Ateneo romano. DAVID MEGHNAGI In alto: Laboratorio di Psicologia sperimentale a Firenze. Dal 1982 operiamo con successo nel settore dei traslochi e dei trasporti nazionali e internazionali DIVISIONE TRASLOCHI Trasporti su tutto il territorio nazionale e internazionale PARCO AUTOMEZZI ATTREZZATURE SPECIALI Scale telescopiche fino a 15 piani braccio-gru semovente DIVISIONE DEPOSITO MERCI Magazzino di 18.000 mq coperti 60.000 mq scoperti SEDE DI ROMA: Via Volturno, 7 - Tel. 06.86321958 MAGGIO 2016 • IYAR 5776 A quasi settant’anni dalla tragica morte, avvenuta nell’imboscata al convoglio dei medici dell’Hadassah, si terrà all’Università di Tel Aviv un seminario internazionale in memoria di Enzo Bonaventura. Il convegno, promosso dal Master internazionale di II livello in didattica della Shoah di Roma Tre, intende ricordare una delle figure più importanti della psicologia accademica italiana e israeliana. Espulso dell’Università per la quale aveva dedicato due decenni, Bonaventura contribuisce alla costituzione del Dipartimento di psicologia della Hebrew University. Un atto dovuto di riparazione che l’Ambasciata italiana in Israele ha fatto suo, inserendo l’iniziativa all’interno delle celebrazioni per il decimo anniversario degli accordi scientifici italiani e israeliani. Laureatosi a Firenze nel 1913 con Francesco De Sarlo, Bonaventura diviene suo assistente. Nel Laboratorio di psicologia, creato da De Sarlo, conduce importanti ricerche sperimentali sulla percezione degli intervalli del tempo e sulla percezione dello spazio. Nella sua attività di ricerca Bonaventura utilizza in modo originale gli strumenti raccolti da De Sarlo, integrandoli con nuovi apparati da lui stesso realizzati, fra i quali il tachistoscopio a doppia caduta. Lo strumento fu usato da Bonaventura e dai suoi allievi (fra cui Renata Calabresi, emigrata in USA in seguito alle leggi razziste del 1938) nelle ricerche sull’attenzione, sul tempo di apprendimento e sulla percezione del tempo. In particolare sulla durata del presente psichico. Nel 1929 Bonaventura dedica a questo tema il volume Il problema psicologico del tempo, la sua opera più famosa nel campo della psicologia sperimentale. Nel 1926 su sollecitazione di De Sarlo tiene un intero corso sull’opera di Freud. Negli anni conduce importanti studi sulla psicologia scolastica e del lavoro. Pur avendo conseguito l’idoneità nel 1931, non diventerà professore. L’opposizione alla psicologia da parte di Gentile, figura chiave della politica culturale del fascismo, ne impedirà la chiamata. Pur essendo il direttore del Laboratorio, il suo sarà un incarico rinnovabile di anno in anno. Primo a tenere in Italia un intero corso sull’opera di Freud, Bonaventura pubblica poco prima della sua espulsione dell’università, una poderosa sintesi del pensiero di Freud che si legge ancora con piacere (Psicoanalisi, Mondadori, 1938). La ristampa dell’edizione italiana (da me curata), è di prossima pubblicazione con Marsilio. L’edizione ebraica in formato PDF sarà a cura della Biblioteca della Hebrew University. Bonaventura fu una figura di primo piano del sionismo italiano. Si adoperò nell’aiuto dei profughi ebrei che cercavano rifugio in Italia e partecipò in modo attivo alla vita della Comunità ebraica di Firenze, di cui fu per anni consigliere. Espulso dall’Università, in seguito alle leggi razziste del 1938, Bonaventura si trasferisce a Gerusalemme, dove per dieci anni lavora alla creazione del Dipartimento di psicologia della Hebrew University, contribuendo allo sviluppo del sistema educativo del paese. SEDE DI FROSINONE: Via ASI, 4 Tel. 0775.89881 - Fax 0775.8988211 21 DIVISIONE ARCHIVI Catalogazione e gestione di archivi cartacei ed elettronici in ambienti sicuri ed idonei DIVISIONE AMBIENTE Gestione dei rifiuti, disinfestazioni, disinfezioni, derattizzazione sicurezza degli alimenti www.devellis.it - [email protected] LIBRI L’abbandono dell’ebraismo: un fenomeno che fa paura Quali sono i casi di dissociazione? Lo spiega un dettagliato studio del rav Riccardo Di Segni nell’ultimo numero della Rassegna Mensile di Israel S i parla spesso nella comunità ebraica italiana di modalità e problematiche riguardo all’annosa questione delle conversioni all’ebraismo. E meno si parla delle fuoriuscite che, vedendo i numeri, nel corso dell’ultimo secolo hanno svolto un peso significativo nella demografia ebraica capitolina, con una decurtazione duratura nel corso dell’ultimo secolo. Ce ne dà una dimostrazione la dettagliata ricerca, effettuata dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che è pubblicata sul nuovo numero della Rassegna Mensile di Israel diretta da Rav David Gianfranco Di Segni per l’Ucei. Si tratta, come spiega l’autore, di un’indagine preliminare con dati ancora incompleti che però tracciano un quadro della tendenza che attestano a circa 2693 nominativi, coloro che hanno abbandonato l’ebraismo, dissociandosi dalla Comunità ebraica di Roma tra il 1865 e il 2005. Tra questi, visto che nell’art. 5 della legge del 1930 che regolava i rapporti tra l’ebraismo e lo Stato era necessario che le singole Comunità prendessero atto del passaggio, vi è la registrazione che circa 1721 persone hanno scelto la strada del cattolicesimo effettuando il battesimo. Interessante osservare che il picco delle fuori- PAGINE SU PAGINE. DI EBREI E DI COSE EBRAICHE La questione ebraica: dilemma insoluto MAGGIO 2016 • IYAR 5776 P 22 revenciones divinas contra la vana idolatrìa de las gentes di Isaac Orobio de Castro, edito da Olschki, edizione critica con introduzione, note di commento e riassunti parafrasi in italiano a cura di Myriam Silvera, è un testo classico che si occupa dei conversos di origine ebraica che abbandonavano le loro radici. Di buon interesse. Con lo sguardo alla luna di Roberto Della Rocca edito da Giuntina è uno dei libri più acuti e originali apparsi negli ultimi anni. Sono rari in Italia, tra gli ebrei, coloro che si avventurano in una ricerca di riflessione e sviluppo della tradizione ebraica; della Rocca scrive pagine intense da ricordare. La Chiesa e il popolo ebraico di Agostino Bea, edito da Morcelliana, apparve per la prima volta nel 1966 e oggi viene riproposto molto opportunamente perché si tratta di un testo fondamentale, una delle basi del dialogo ebraico cristiano. Bea fu un pioniere dell’ecumenismo e ha lasciato nel mondo cattolico un segno profondo. Il pensiero ebraico nel Novecento a cura di Adriano Fabris, editore Carocci, è un’ottima sintesi che ci permette di conoscere le idee dei più importanti intellettuali ebrei del XX secolo. Ottima l’introduzione in cui si cerca di dipanare le difficoltà connesse all’idea di pensiero ebraico, di teologia ebraica, di filosofia ebraica. Questioni complicate a partire dai differenti punti di vista iniziali. La questione ebraica è il titolo di un volume (edito da EDB), che raccoglie, a cura di Gianfranco Bonola, i testi integrali di una polemica pubblica sul ruolo degli ebrei tra Gerhard Kittel e Martin Buber e che ebbe luogo proprio nel momento in cui Hitler si impossessò uscite si sia registrato dopo l’emanazione delle leggi razziali, a cavallo tra il 1938 e il 1944, come è illustrato dettagliatamente nelle diverse tabelle che integrano il saggio. Oltre a questo, tra i diversi contributi dell’ultimo numero della Rassegna, va menzionata anche una nuova rubrica “il Dibattito”, dove interverranno, da qui alle prossime uscite, diverse voci su un tema di attualità. In questa edizione si è scelto di parlare del ruolo della donna nell’Halachà con quattro interventi. Sia Rav Pierpaolo Punturello che Rav Michael Ascoli ci descrivono come si pone la legge ebraica davanti al sempre maggiore attivismo religioso femminile, partendo dall’istituzione del Bat Mizvà fino al discusso minian femminile, analizzando le diverse posizioni prese da eminenti autorità rabbiniche; mentre Silvia Haia Antonucci e Ilana Bahbout ci forniscono un dettagliato excursus di come sia avvenuto il cambiamento del ruolo della donna attraverso l’espletamento di diverse pratiche, dall’istruzione alla recitazione della Meghillà di Ester: una partecipazione attiva che fino a due secoli fa era impensabile salvo qualche rara eccezione. C’è infine un omaggio al professore emerito di psicologia dell'educazione, Clotilde Pontecorvo, scritto da Marco Rossi Doria, che ne celebra il percorso di ricerca e l’attività pedagogica nella materia accompagnato a un impegno duraturo nelle battaglie civili. Chiude poi la consueta rubrica di libri, curata da Myriam Silvera. JONATAN DELLA ROCCA del potere in Germania: molto stimolante. Sempre EDB ha proposto un testo di Hans Jonas su Evoluzione e libertà e uno di Luca Mazzinghi dal titolo Come nasce un idolo ovvero Ricchezza, potere e dolore nella riflessione dei saggi di Israele. Teologia ebraica di Massimo Giuliani, edito da Morcelliana, è una sintesi delle idee, delle credenze, delle dottrine sviluppate dai dotti ebrei nel corso dei secoli: una prospettiva particolare che dipana molti problemi filosofici, ma che pone le basi per nuovi numerosi interrogativi. Ottimo per discutere e suscitare nuovi dibattiti. L’editore Bonanno di Acireale ha mandato in libreria due libri di grande interesse. Il primo scritto da Alfredo Del Monte si intitola Il miracolo degli ebrei e analizza la straordinaria sopravvivenza del popolo ebraico che per secoli e secoli ha mantenuto la propria identità culturale. Un testo ben documentato e di grande spessore. Bonanno ha anche proposto, a cura di Eliezer ben Rafael, le rispose di cinquanta saggi alla domanda: Chi è ebreo? Si tratta di un tema oggi sempre più attuale. Ne riparleremo ampiamente. Metafisica e antisemitismo a cura di Adriano Fabris, per i tipi di ETS, raccoglie numerosi interventi di studiosi di ogni parte del mondo sui quaderni neri di Heidegger. Da leggere, prima di smettere di occuparsi di questo filosofo detestabile e sgradevole. Esame delle tradizioni farisee (1624): questo il titolo del saggio pubblicato per la prima volta nel 1624, di Uriel da Costa, edito da EUM Edizioni Università di Macerata, un testo straordinario con un commento di Omero Proietti altrettanto ragguardevole. Come è noto contemporaneo di Spinoza, da Costa fu una figura di spicco e le sue vicende sia intellettuali che terrene suscitarono notevole scalpore sia per l'audacia delle sue testi religiose, sia per i suoi comportamenti di fronte alle autorità olandesi. Un’edizione preziosa, per conoscere meglio il mondo dei sefarditi di Amsterdam. RICCARDO CALIMANI L o scorso 6 aprile si è tenuta a Roma, alla sala Einaudi della Confedilizia, la presentazione del libro Lettere, di Yonathan Netanyahu, edito da Liberilibri. Ne hanno discusso, di fronte a un pubblico numeroso e interessato, Fiamma Nirenstein e Giuliano Ferrara insieme al curatore del volume Michele Silenzi. La raccolta epistolare di Yonathan Netanyahu, fratello maggiore dell’attuale Primo ministro Benjamin, ci restituisce l’immagine di un personaggio dal grande intelletto e dalla forte sensibilità che decise di fare una scelta, lasciare la brillante carriera accademica in America per servire la sua patria e combattere per la sopravvivenza di Israele. Yoni così sacrificò la sua vita, morto ad appena trent’anni durante la straordinaria operazione Entebbe nel 1976, che vide la liberazione di un centinaio di civili, in buona parte ebrei, tenuti in ostaggio da un gruppo di terroristi palestinesi e tedeschi. Le lettere scritte dal tenente colonnello israeliano tra il 1963 e il 1976, indirizzate ad amici, famigliari e alle donne della sua vita, ci permettono di comprendere la dimensione eroica di un uomo costretto a fare delle scelte, mettendo in secondo piano le proprie passioni e i propri desideri in nome della Patria. La breve vita di Yonathan che lo vide combattere già nella Guerra dei sei giorni e in quella dello Yom Kippur, in realtà, come si evince dalle sue missive, era permeata da un costante e permanente stato di guerra che gli fece vivere in certi momenti forti conflitti interiori. Una figura dunque controversa, un militare perfetto che non amava la guerra, ne sentiva la profonda tristezza, e che tuttavia seguitò a combattere. “Yoni era un eroe di Israele, era un ragazzo di Israele, insomma era Israele. E per esserlo a pieno, occorre essere un eroe. Incarnava cioè la quintessenza di ciò che questo Paese è costretto a essere, come più volte Yoni annota, per seguitare semplicemente a vivere”, afferma Fiamma Nirenstein che ha proseguito il dibattito spiegando come Yoni incarni i tanti giovani israeliani che sono costretti a diventare adulti molto prima dei loro coetanei europei. “Ho conosciuto tanti che camminano sulle sue orme – prosegue Nirenstein – consapevolmente o inconsapevolmente, Yoni ha segnato la strada”. Nel suo intervento Giuliano Ferrara spiega come queste lettere rimarranno una testimonianza unica e irripetibile di un uomo che ha saputo trasformarsi per eroismo in una macchina da guerra, capace di salvare le vite degli altri sacrificando la sua. Quella di Yoni, dunque, è una tragedia contemporanea, è la tragedia di chi è costretto a porsi costantemente una domanda: ci sono momenti in cui la guerra è necessaria? GIORGIA CALÒ, STORICO E CRITICO D’ARTE Via Artom Alessandro Musto Edizioni Rai-Eri, p. 317 €15 “...quale è la ragione di una città mutilata? Perché la storia abbatte i palazzi, li incenerisce?”. Nella Torino dell’occupazione tedesca furono le bombe degli alleati a ferire la città. Oggi sono le esplosioni controllate e le ruspe. Quante vite passate tra quelle mura? Fabio ed Enrica si conoscono in “Via Artom”, testimoni della demolizione di un brutto palazzo della degradata periferia torinese. Lui, 30enne anonimo, annoiato dal lavoro e dalla coabitazione con la madre. Lei, una bella e irrequieta fotografa con un’idea da realizzare. Ai due si unirà Tarik, 17anni, clandestino, con il sogno di vivere come i suoi coetanei italiani. Per ciascuno dei tre il destino potrebbe passare per una casa in Via Sacchi, nella Torino sabauda tanto cara alla lotta antifascista. La casa in cui visse Emanuele Artom, giovane intellettuale ebreo, partigiano coraggioso, morto con la Resistenza. Alla sua memoria è dedicata la strada da cui questo romanzo ha inizio. Per Alessandro Musto un’opera prima non facile, vincitrice meritatamente del premio Rai “La Giara”. La consigliamo volentieri. Scorpion dance Shifra Horn Fazi Editore, p. 421€18.50 “Se ti volti a guardarmi sarai mia, giurai. Tu girasti la testa e io capii che quel gesto mi sarebbe rimasto impresso nella memoria per sempre”. Questa è la storia di Orion, che porta il nome della costellazione dello scorpione. Del padre mai conosciuto, morto in guerra. Di una madre, giovane vedova, irrequieta di vita e di amore, volata lontano. Di una nonna tedesca, Johanna, aggregatasi alle ondate di profughi sopravvissuti alla Shoah per iniziare una nuova vita a Gerusalemme. Ma soprattutto è una storia d’amore tra gli uomini e le suggestioni del vivere, presenti, appena trascorse e lontane nel tempo, pronte a riemergere da un vaso di cenere, da un armadio chiuso, da un profumo di lillà. L’incontro decisivo con “l’anima gemella”, una cantante lirica di Berlino, persuade Orion che sia giunto il momento delle risposte. Proprio come nella “danza dello scorpione”, in un continuo movimento tra passato e presente, tra memoria ed oblio. A CURA DI JAQUELINE SERMONETA MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Yonathan Netanyahu, storia di un personaggio diventato leggenda 23 ROMA EBRAICA NOTIZIE DAL CONSIGLIO Al centro della discussione la gestione dell'Ospedale Israelitico e la crisi economica della Comunità L e ultime due sedute del Consiglio della Comunità (31 marzo e 18 aprile) sono state in parte dedicate all'analisi dell’andamento gestionale dell’Ospedale Israelitico che, dopo il riaccreditamento della Regione Lazio per due sedi su tre (via Veronesi e via Fulda), ha iniziato a produrre un fatturato già abbastanza vicino agli anni precedenti. Il Commissario straordinario Alfonso Celotto ha spiegato però che sarà necessario intervenire con una serie di lavori per adeguarsi alle normative Asl (soprattutto per la sede dell'Isola Tiberina che attualmente non è stata accreditata dal servizio sanitario nazionale); sarà inoltre necessario definire il budget, indicare un piano industriale e definire un preciso organigramma organizzativo, con assunzioni di personale sanitario, stabilizzando alcune figure, e assumendo alcune figure apicali (responsabile amministrativo, capo del personale, responsabile controllo di gestione, presidente ecc.) La situazione economica - ha spiegato Celotto - è delicata poiché esistono debiti (circa 5 milioni) con creditori e un enorme contenzioso, penale e civile e amministrativo con Regione Lazio e Inps (complessivamente per oltre 50 milioni) oggetto di ricorsi in sede giudiziaria. Allo stesso tempo l'Ospedale vanta decine di milioni di crediti con la Regione. Per questa ragione non è ipotizzabile un ritorno alla normalità prima di 18-24 mesi. Si è quindi aperta un'ampia discussione sul futuro assetto dell’O- spedale e i Consiglieri hanno avuto garanzia che ad oggi non è stata valutata l'ipotesi di dare la gestione dell’Ospedale all’esterno, possibilità che potrà eventualmente essere discussa solo in futuro. I Consiglieri hanno poi affrontato la discussione sulla situazione economica della Comunità e sulla necessità di effettuare tagli e risparmi, riconoscendo la necessità di approvare un bilancio in pareggio (la Consulta, il cui presidente è stato nuovamente designato in Claudio Moscati, aveva invece approvato una mozione che bocciava il preventivo di bilancio). Il Consiglio ha quindi provveduto a completare una serie di nomine: Emanuele Pace è stato indicato come presidente della Commissione regolamento (di cui faranno parte anche Ruth Dureghello e Riccardo Pacifici); Simonetta Della Seta è stata nominata presidente della Commissione cultura (con lei, Tamara Tagliacozzo, Gady Tachè e Jonatan Della Rocca). Si è poi provveduto alla nomina dei revisori della Fondazione 'Elio Toaff' nelle persone di Mario Venezia (presidente), Ugo Besso, Roberto Ascoli e Claudio Coen (supplente). Si è passati poi a nominare i rappresentanti Cer in seno al Consiglio degli Asili Israelitici, nelle persone di David Pavoncello, Gino Moscati, Alessandra Spizzichino, Sara Ciancaleoni che integreranno quelli già eletti: Giuseppe Gattegna, Federica Coen, Daniel Di Porto, Carmel Perugia. Infine, Lidia Zarfati Fellah è stata scelta come rappresentante Cer all'interno della Cooperativa Avodà. Bilancio preventivo 2016: il no della Consulta ai tagli MAGGIO 2016 • IYAR 5776 D 24 omenica 17 aprile si è svolta agli Asili una nuova riunione della Consulta della Comunità: all’ordine del giorno il rinnovo delle cariche e la discussione sul bilancio preventivo 2016 della Comunità. La prima parte è stata caratterizzata da aspre polemiche, determinate dalle proteste di alcune associazioni che, nella nuova composizione della Consulta, sono state escluse per scelta del Consiglio della Comunità: il tema sarà comunque oggetto di ulteriori approfondimenti e, in futuro, di modifiche del Regolamento, che consentano una più ampia partecipazione degli enti e delle associazioni. Si è quindi passati alla discussione sulle cariche, da rinnovare all’esito delle dimissioni di Presidente e Segreteria, conseguenti alla decisione con cui i Probiviri dell’UCEI avevano accolto un ricorso di alcuni consultori circa la corretta composizione della Consulta: al termine della discussione, a grande maggioranza, sono state respinte le dimissioni e quindi sono stati confermati Presidente (Claudio Moscati) e Segreteria (Giorgia Calò, Daniel Colasanti, Ruben Dell’Ariccia, Davide Jona Falco, Samuel Ouazana, Angelo Sed), sebbene qualcuno chiedesse di procedere con nuove nomine. Si è quindi passati a trattare il tema più spinoso della serata: il bilancio preventivo 2016. L’Assessore al Bilancio Roberto Coen ha introdotto l’argomento, leggendo sia la propria relazione, sia quella dei revisori, spiegando quindi le linee guida di questo bilancio: si tratta di una manovra finanziaria dolorosa ma necessaria che, partendo dal buco di circa 1,2 milioni di euro, provocato in gran parte dal mancato gettito proveniente dall’Ospedale Israelitico (per i noti fatti di cronaca), prevede entrate extra (aumento di contributi e rette scolastiche, gettito extra richiesto all’UCEI, maggior redditività dagli immobili) e dolorosi tagli alle spese, soprattutto in ambito sociale. Proprio su questi tagli si sono concentrate le maggiori critiche degli intervenuti, che hanno chiesto di rivedere in particolare il taglio del contributo alla Deputazione, l’abbattimento dei fondi al servizio psicopedagogico della scuola, l’aumento delle rette scolastiche e dei contributi alla Comunità. Sono poi state formulate critiche: alla mancata applicazione di tagli al settore del culto, dove invece sono state decise nuove spese (assunzione di un nuovo direttore dell’ufficio rabbinico ed aumenti salariali); alla mancata programmazione di una riforma finanziaria pluriennale e strutturale; alla scelta di pianificare l’aumento delle entrate su elementi per nulla concreti. Al termine della serata, dopo il voto su alcune mozioni (che, in forme diverse, proponevano comunque di rivedere gli interventi in campo sociale e del culto), la Consulta ha espresso a maggioranza parere negativo al bilancio preventivo 2016 della Comunità: 7 voti favorevoli, 13 contrari, 12 astenuti. Dopo il voto espresso dalla Giunta della Comunità ed il parere (negativo) espresso dalla Consulta, la parola è passata al Consiglio della Comunità, che si è riunito il giorno successivo proprio per deliberare sul bilancio preventivo 2016. La Segreteria della Consulta Bilancio della Comunità: una manovra economica senza precedenti l Consiglio della CER nel redigere il Bilancio Preventivo 2016, ha dovuto affrontare gravi difficoltà dovute principalmente al mancato versamento del contributo dell’Ospedale Israelitico previsto per l’anno 2015 (circa 1 milione di euro) e della conseguente impossibilità di prevedere analoga entrata per l’anno 2016. Ciò ha imposto la necessità di un bilancio provvisorio, volto a dare il tempo alla Giunta e al Consiglio di approvare le misure economiche per il contenimento della spesa e per definire un bilancio in sostanziale pareggio. Al mancato introito proveniente dall’Ospedale Israelitico si è aggiunto inoltre - a causa della perdurante crisi economica - una graduale diminuzione delle entrate dei tributi (nel 2008 erano 2,7 mil. euro, calate nel 2015 ad 2,5 mil.). L’insieme di queste ragioni fa prevedere che il Bilancio consuntivo dell’anno 2015 si chiuderà con un disavanzo di competenza di circa euro 1,2 mil., un disavanzo che – senza azioni correttive – si sarebbe potuto riprodurre anche alla fine del 2016. “La gravità della situazione - ha spiegato il presidente Ruth Dureghello - dovuta sia ai fattori economici generali che alle note situazioni contingenti ci ha imposto un lungo lavoro che ha visto coinvolti dapprima tutti i capi dipartimento ed i vari assessori, una commissione composta da tutte le anime del consiglio e numerose discussioni in giunta. Pur consapevoli che una manovra del genere non ha precedenti nella storia della nostra comunità, ognuno con senso di responsabilità ha cercato di proporre delle soluzioni che non mettessero a rischio il buon funzionamento dei servizi comunitari e la vita ebraica della Cer”. Il Consiglio (dopo il parere favorevole della Commissione Bilancio e della Giunta) ha quindi approvato un piano che si svilupperà in due direzioni: per il 2015 è già in discussione all’UCEI la richiesta della CER di un contributo straordinario per un importo di 600.000 euro, ma - ha spiegato il presidente Dureghello - “anche noi dovremo fare la nostra parte” ed il Consiglio ha quindi previsto un contributo straordinario da richiedere agli iscritti. Per il 2016 è stata approvata una manovra, tra entrate ed uscite, per circa euro 1,2 mil. che non incidesse sulla qualità della vita sia dei dipendenti della Comunità sia in generale per gli iscritti, che “fosse - ha sottolineato il presidente - anche l’occasione per ripensare il modello di organizzazione e di gestione della nostra Comunità”. Gli interventi approvati dal Consiglio sono così strutturati. Per le entrate, tre tipi di interventi: incremento entrate scuola (incremento tassa di iscrizione di 100 euro, e delle rette scolastiche e l’eliminazione dello sconto per i figli dei dipendenti); per i tributi un aggiornamento della matricola (+ 3% per tutti, con contributo annuo minimo di 100 euro con esclusione di tutti gli studenti al di sotto di anni 25); per il patrimonio è stato previsto un incremento delle rendite patrimoniali. Per quanto riguarda le uscite, sono previsti tagli complessivi per circa 400 mila euro: sospensione del contributo agli Enti; riorganizzazione del servizio guide al Museo Ebraico; rimodulazione dei contributi ai Battè knesiot; riduzioni di spese per le scuole; riduzione spese libreria Kyriat Sefer; riduzione compenso Direttore Shalom e Manigh del Tempio Maggiore; riduzione contributo all’UCEI; riduzione coristi; riduzione manutenzioni varie; interruzione kiddushim Tempio Maggiore, interruzione Ufficio Stampa e Infopoint. “Mai in passato - ha sottolineato l’Assessore al Bilancio Roberto Coen - è stata effettuata una manovra correttiva del Bilancio di così ampia entità. Dobbiamo tenere conto, però, che a causa del fatto che il presente Bilancio viene approvato nell’aprile 2016, le previste riduzioni di spese saranno a regime e svolgeranno la loro opera benefica solo nell’anno 2017 durante il quale potremo portare a termine l’opera di risanamento del nostro Bilancio”. “Siamo consapevoli - ha spiegato il Presidente - che il Bilancio approvato non consentirà di risolvere tutti i problemi e di eliminare le nostre preoccupazioni, anche perché dobbiamo fare sacrifici che non mettano però in crisi la vita della Comunità e non allontanino le persone dalle nostre istituzioni e dalle nostre sedi. E’ necessario che questo bilancio diventi operativo ma per fare ciò non è sufficiente il voto dei consiglieri è invece importante che tutti gli iscritti condividano le nostre scelte e le nostre decisioni. Io per prima - ha sottoloneato Dureghello - sono ben disposta a modificare le nostre scelte e a vagliare altre ipotesi e soluzioni di chiunque vorrà proporre o avrà idee diverse, a patto che siano coerenti con il doveroso e non più rinviabile obiettivo di mettere a posto i conti”. Il bilancio preventivo 2016 è stato quindi approvato a maggioranza, ma anche con alcuni distinguo, all’interno della lista ‘Per Israele’: “proprio il parere negativo della Consulta, che non ha precedenti nella storia della Comunità - ha spiegato il presidente - e successivamente il voto contrario in Consiglio del vice presidente Ruben Della Rocca e le annunciate dimissioni dell’assessore Daniela Debach, motivate dall'aver fatte proprie alcune istanze della Consulta, mi impongono di trovare ulteriori soluzioni e ulteriori risorse che possano consentire di ripristinare alcuni servizi che siamo stati costretti per ora a ridurre. Dobbiamo guardare al futuro con ottimismo. La storia della nostra Comunità ci insegna che proprio nelle difficoltà dobbiamo trovare la forza per rimanere uniti”. G. K. Con Good deeds Day, la beneficenza si fa nelle scuole ebraiche L o scorso 8 aprile alla scuola ebraica si è celebrato il “Good deeds Day”, la giornata delle buone azioni in cui si raccolgono cibi e giocattoli da donare alle famiglie bisognose. Il Good Deeds Day è un’iniziativa nata in Israele nel 2007 grazie all’imprenditrice e filantropa Shari Arison, ed è stato promosso e organizzato dall’associazione Ruach Tovà (ONG), con la partecipazione di The Ted Arison Family Foundation, il ramo filantropico del Gruppo Arison; fin dal suo lancio, l’iniziativa si è espansa in tutto il mondo trasmettendo il valore della Zedakà. La popolarità del Good Deeds Day è cresciuta sempre di più fino al marzo 2015, la giornata più importante, cui hanno partecipato 930.000 persone di 61 Paesi, dando vita a 11.000 progetti, per un totale di 3 milioni di ore di servizio offerto. È il secondo anno che la scuola ebraica di Roma aderisce a Good Deeds Day per insegnare agli studenti l’importanza della beneficenza: “Nella Torah si parla prima di creazione e poi delle mitzvot”, ha detto Rav Colombo: “Secondo Rashì finché non saremo buoni come Abramo, Itzchak e Yaacov non ha senso parlare di mitzvot”. Alla cerimonia che si è tenuta nel cortile della scuola, insieme agli studenti che hanno intonato canti religiosi e celebrato la Kabbalat Shabbat, hanno presenziato il presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello, l’Ambasciatore di Israele a Roma Naor Gilon, Shari Arison insieme alla presidente di Ruach Tovà, il preside Rav Benedetto Carucci e Rav Colombo. Numerosi sono stati i pacchi e i doni raccolti: cibi, bevande e giocattoli per le famiglie meno fortunate, d’altronde per riprendere le parole di Shari Arison: “Se vogliamo avere un mondo migliore, dobbiamo prenderci la responsabilità di ciò che creiamo”. GIORGIA CALÒ MAGGIO 2016 • IYAR 5776 I Approvato un piano di tagli e di maggiori entrate 25 ROMA EBRAICA Quelle piccole luci per illuminare l'oscurità “È Roma ha accolto con gioia ed emozione sessanta genitori di giovani soldati israeliani morti in difesa dello Stato ebraico partito tutto da un matrimonio a Tel Aviv” racconta Riccardo Pacifici. “Arie Ziribi, ex shaliach del Benè Akiva mi parlò di questa organizzazione, e diedi subito la mia disponibilità per organizzare un viaggio per quelle che dovevano essere inizialmente una decina di persone”. È cominciata così l’organizzazione del viaggio per i circa 60 genitori di ‘Or Lamishpachot’ - associazione nata per aiutare le famiglie che hanno perso figli durante il servizio militare, che si propone di cercare di allietarli le giornate e di farle tornare alla vita normale, anche tramite il confronto con genitori che ci sono già passati. “La tristezza per questi genitori si risveglia soprattutto durante le feste, lo shabbat, i Moadim, per questo abbiamo deciso di ospitarli a Purim, che in termini di allegria è davvero la festa delle feste”, continua Pacifici. C’è stata collaborazione da parte di molti - in primis il team di volontari che si è occupato della logistica, i ristoranti ed i fast food kasher che hanno offerto il cibo, e l’aiuto in diversi ambiti - fin dal primo momento, quando la polizia e i servizi aeroportuali hanno riservato loro un’accoglienza da VIP, preparandogli addirittura una stanzetta di benvenuto, ed il primo impatto con la CER è stata la visita del museo ebraico e dell'antico ghetto. Eli Rosenfeld, i cui balli, canti, e melodie del clarinetto sono stati un po’ il leit-motiv di tutto il viaggio, arrivato al Tempio Maggiore non aveva che un desiderio, poter suonare, lì, la melodia di Maoz Tzur di rito italiano. “Quella di Roma è una comunità molto legata ad Israele e a chi ne difende l’orgoglio, i vostri figli sono nostri, difendere Israele è come difendere tutti gli ebrei. Vogliamo farvi sentire il nostro ca- lore, affetto, amore, farvi capire che tutta la comunità è intorno a voi”, il benvenuto che gli ha dato la sera stessa il presidente Ruth Dureghello all’evento al Tempio grande. Il momento più significativo è stato sicuramente il discorso di uno dei genitori, Miriam Peretz: ”Sono rimasta molto sorpresa vedendo la piazza dedicata a Tachè; se dovessimo farlo anche in Israele saremmo pieni di piazze dedicate ai caduti, ma dobbiamo guardare avanti. I miei figli hanno perso la vita per permettere ai figli degli altri di vivere in sicurezza, anche per voi, non sono caduti invano” ha detto. “È una grande mitzvà gioire, e noi come possiamo farlo?” Poi ha aggiunto: “Possiamo perché scegliamo di farlo, ogni giorno ci rialziamo dalla polvere e scegliamo di vivere. Abbiamo imparato a trovare in questa grande oscurità delle piccole luci, e quella di oggi è una grande luce”. Il secondo giorno si sono invece recati a Napoli ed Ercolano, e lì, tra l’accoglienza della Kehillà ed i canti napoletani - per una curiosa coincidenza - si trovava anche un ragazzo con un cognome piuttosto raro, ‘Davinu’, che ha preso con il ghiur il nome di ‘Moshè’, lo stesso del figlio perso dalla lì presente famiglia Davinu. Anche la successiva visita al tempio dei Parioli nascondeva una storia più ampia e personale, la libreria da poco installata nel tempio era stata infatti dedicata da Andrea Caviglia in memoria di Yosef Turgeman, suo compagno alla Yeshivat Akotel e poi tragicamente caduto in battaglia, i cui genitori facevano parte del gruppo. Arrivate al tempio le due mamme si sono abbracciate, un momento molto toccante vedere le mamme di questi due ragazzi che studiavano insieme ma a cui è stata riservata una sorte tanto diversa. È stato poi il momento di una giornata più leggera, partita con Gan Eden Agenzia di Onoranze Funebri ebraica MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Siamo Kosher nei modi e nei prezzi Massimo rispetto per i defunti e per gli avelim Assistenza legale e cimiteriale 26 Via Casilina 1854/c - Roma Tel. 327/8181818 (24 ore su 24) [email protected] - www.ganeden.eu 15 carrozze ‘botticelle’ da Piazza Venezia, arrivate girovagando fino a Piazza Navona, e poi la visita del Colosseo, dei Fori Romani, dei Musei vaticani. Anche se il momento divertente è stata la festa all’Alibi - il loro ingresso mascherati, molti anche con costumi piuttosto elaborati, l’accoglienza dei bambini. La discoteca colma - offerta dalla famiglia Molayem con catering offerto da LeBonTon - ha contribuito a dare all’intera serata un’atmosfera surreale. “Alcuni ci hanno confessato che se fossero stati in Israele la serata sarebbe passata molto diversamente” sottolinea Pacifici, ma per Ofer Mendelovich, “questo è quello che avrebbe voluto mio figlio, di cui è oggi il compleanno, oggi avrebbe compiuto 23 anni”. Il giorno di Purim è poi trascorso tra diversi Templi, la colazione di Kosher Cakes e la Megillah al Bet Shalom, per poi trascorrere la seudat Mitzvà al Bet Michael, dove i frequentatori avevano cucinato per loro, e ben 200 persone erano presenti, per un pomeriggio di canti e balli. È stato però il finale alla Casa di riposo il segno sicuramente più indelebile, dove, in memoria dei loro 33 figli, si è piantato un giardino con il KKL. All’aeroporto, prima del ritorno, l’ultima sorpresa: un israeliano in partenza si è avvicinato al gruppo sentendoli parlare ebraico: ‘Ma lei è Miriam Perez?’ ha chiesto meravigliato; era il medico che aveva assistito suo figlio nei suoi ultimi istanti, e cercava la madre da sei anni. SARA HABIB Un viaggio a Roma doloroso e appassionante Le lettere di ringraziamento di alcuni genitori “Ci hanno preso la Menorà, ma non hanno spento la luce dell’eternità d’Israele. Ci hanno reso schiavi. Ma noi oggi siamo liberi, per merito i vostro padre Eliraz e di tutti i caduti. I Romani erano una potenza mondiale, e ce l’abbiamo fatta su di loro Ci siamo rialzati dalla distruzione del nostro Santuario e abbiamo costruito Yerushalaim, perché non abbiamo perso la speranza. Perché il popolo d’Israele è un miracolo. Noi siamo un prodigio e quei miracoli continuano anche oggi Quando due settimane fa dei malvagi terroristi sono arrivati nel vostro insediamento a Elì e per miracolo non sono entrati a casa vostra ma in casa del vicino che, Baruch H’, è riuscito a respingerli. Anche ora “stanno su di noi per distruggerci e Hakadosh Baruch Hu ci salva dalle loro mani”. Anche ora, nel terrorismo dei coltelli in Israele, io non perdo la speranza. Proprio la visita a Roma ha fortificato ulteriormente la mia anima e la mia fede. Noi siamo un popolo unico un popolo che ama la pace. Abbiamo resistito al faraone Abbiamo resistito alla cultura Greca Abbiamo resistito all’antica Roma Resisteremo anche a questi giorni difficili che visitano la nostra Terra. E come vi dico sempre: essi hanno ucciso il corpo di Oriel ed Eliraz, ma non hanno ucciso il loro spirito. Ecco, sono venuta a Roma con questo spirito. Questa è la nostra vittoria! Noi non abbiamo bisogno di un arco di trionfo Noi non abbiamo bisogno di piazze della vittoria Noi siamo la Vittoria! La Vittoria della Vita. Qui a Roma, nella comunità ebraica meravigliosa, ho sentito davvero di aver fatto visita alla mia famiglia: la famiglia del popolo d’Israele! Beato il popolo che ha questi figli! Lettera di Miriam Peretz ai suoi familiari Cara e amata comunità, “dare l’anima e il cuore, dare quando ami, e come si trova la differenza tra il prendere e il ricevere, imparerai ancora a dare…” La poesia del cantate Boaz Sharabi che è così radicata nell’identità Israeliana, con la semplicità delle sue parole, esprime l’essenza ebraica - la generosità. Abbiamo assistito a una settimana di generosità con tutto il cuore da parte di una comunità calorosa e affettuosa diretta e guidata da Riccardo, Raffaele e tutti gli amici. Abbiamo potuto fare un’esperienza molto intensa grazie a Irit che ha realizzato il suo e il nostro sogno e grazie ai cari e fantastici Ariè, Ania e Limor. Il nostro Natan era come il suo nome, dava e dava da sé agli amici e agli altri e a chiunque avesse intorno, affinché fosse tutto più bello, più allegro, e alla fine a dato anche la sua vita per difendere la casa e lo stato d’Israele. Purim 5776 sarà ricordato nel nostro cuore come il Purim più felice che ci sia mai stato da allora e per sempre. Il momento più emozionante è stato l’ingresso nel Tempio maggiore, quando centinaia di ebrei ci hanno applaudito con le lacrime agli occhi, stringendoci le mani, abbracciandoci e baciandoci. Il pranzo di Purim al tempio Bet Michael è stato insieme emozionante e intenso. Fino ad oggi non ci siamo ancora ripresi, e siamo in uno stato di euforia. Vi vogliamo bene e ci mancate. Limor e David Coen di Modiìn MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Mamma ha fatto un viaggio. Un viaggio doloroso, appassionante, fortificante. Un viaggio che è tutto amore. La comunità ebraica di Roma ha abbracciato con sensibilità e affetto noi, genitori che hanno perso i figli, ai quali in un solo giorno si è oscurato il mondo. Nel giorno in cui abbiamo seppellito i nostri figli. Miei amati e cari figli, voglio che sappiate che i vostri fratelli Oriel ed Eliraz non mi hanno lasciato per un istante. Erano con me nel Tempio maggiore di Roma e in tutte le sinagoghe che abbiamo visitato. Li ho sentiti dire: “Mamma, non siamo caduti in battaglia invano! Guarda, i volti solcati di lacrime delle donne e degli uomini che sono venuti a onorare te e noi e tutti i nostri compagni caduti; guarda questo nostro popolo unico. Che unità! Che amore! Ti abbiamo visto dall’alto nel cielo e vogliamo che tu li abbracci in nostro nome. E di’ loro Todà! Grazie per non averci dimenticato. Grazie per esservi impegnati a dare a nostra madre e a tutte le famiglie momenti di felicità e di sollievo. Grazie, perché continuate ad essere Ebrei orgogliosi. Di’ loro che abbiamo combattuto anche per loro. Per tutto il popolo ebraico, in ogni luogo in cui si trovi Per i loro figli, che possano continuare a tenere la testa alta e dire di essere ebrei senza timore. Cosa ho imparato da questo viaggio? Quando mi sono trovata davanti all’arco di Tito e ho visto la menorà, la menorà del Bet Hamikdash, vi ho subito inviato una foto. E ho scritto ai figli di Eliraz: 27 Foto Meloni ROMA EBRAICA Grande successo per le tradizionali recite di Purim Sul palco i piccoli attori degli asili e della scuola elementare N MAGGIO 2016 • IYAR 5776 elle cornici del teatro Orione e del Teatro Italia si sono svolte le consuete recite di Purìm dei bambini degli Asili Infantili Rav Elio Toaff e delle IV classi della scuola elementare Polacco. Per l’occasione, le rispettive platee erano piene di genitori emozionati e di familiari in attesa di ammirare i piccoli attori. Per introdurre la recita dei più piccoli, la direttrice Judith Di Porto, ha spiegato come il titolo dello spettacolo abbia preso corpo sulle parole di uno scrittore: “le favole non insegnano ai bambini che i draghi esistono, ma che i draghi possono essere sconfitti”. È così che la scuola diviene uno strumento imprescindibile per insegnare a superare le paure e a contrastare il male, poiché l’elemento negativo come un drago è parte di ogni storia reale o fantastica e può presentarsi sotto innumerevoli forme. Allo stes- 28 so modo feste ebraiche (Purim su tutte) dimostrano che il Bene può e deve prevalere sul Male. Molto suggestivo “il grande libro delle storie” con le pagine alte due metri che i bambini hanno sfogliato, leggendo le varie storie di “Pinocchio”, de “La bella e la bestia” e “Il piccolo principe”, per concludere con la “Meghillàt Estèr”, rappresentata dagli allievi dell’ultimo anno, utilizzando le colonne sonore scritte da Ennio Morricone per alcuni film. Altrettanto suggestiva la recita delle IV che hanno portato sul palco un piccolo torpedone che ha scarrozzato in visita al Museo ebraico una allegra scolaresca (con tanto di sorveglianza) che, accompagnata da tre anziane comari, hanno ripercorso la storia di Ester e Mordechai. Un bravo a tutti i piccoli e grandi attori, all’intero staff degli asili, alla numerosa squadra delle morot delle elementari (Sandra Della Rocca, Dafne Di Segni, Giorgia Zarfati, Tamara Moscati, Emma Sermoneta, Josef Anticoli, Miriam Efrati, Letizia Mieli, Grazia Gualano, Nirit Avakrat, Eran Wolf, Ilana Calò e i collaboratori Graziano Sonnino e Nicole Di Cori) che hanno saputo trasformare le recite in veri spettacoli musicali, canori, di danza e recitazione. YURI DI CASTRO A Villa Pamphili il Giardino dei Giusti: un esempio per tutte le generazioni I l 31 Marzo nel suggestivo parco di villa Pamphili, nella pineta antistante il Villino Corsini, è stato inaugurato il Giardino dei Giusti; un traguardo raggiunto dopo quasi un anno di lavoro del Municipio Roma XII che su proposta dell’associazione ADEI-WIZO, in accordo con la Gariwo, ha ottenuto l’autorizzazione dall’amministrazione capitolina per destinare uno spazio ai giusti prescelti a cui ogni anno verrà dedicato un albero. I Giusti sono coloro che si sono attivati, anche a rischio della vita, per contrastare un genocidio, adoperandosi in modo concreto per la salvezza dei perseguitati o intervenendo a favore della verità storica contro i tentativi di giustificare o di occultare le tracce dei misfatti e le responsabilità dei carnefici. L’ADEI-WIZO ha raccolto l’invito della GARIWO “La Foresta dei Giusti”, fondata da Gabriele Nissim, che partendo dall’idea del Giardino di Yad Vascem a Gerusalemme, ha voluto onorare chi nel mondo si oppone a tutti i crimini contro l’Umanità. Alla cerimonia di inaugurazione sono intervenuti: Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, il rabbino capo Rav Riccardo Di Segni, Cristina Maltese presidente del Municipio Roma XII, Tiziana Capriotti Assessore alla Cultura del Municipio Roma XII, Alessia Salmonì presidente del consiglio del Municipio Roma XII, Noemi Di Segni consigliera UCEI, Ziva Fischer Modiano dell’ADEI-WIZO e Anna Foa come rappresentante di GARIWO. “A Roma - ha sottolineato rav Di Segni - mancava un luogo del genere. L’idea del giusto è un’immagine radicata nella storia ebraica, a partire da Abramo alla ricerca di almeno 10 giusti per salvare Sodoma e Gomorra dalla distruzione. Non sappiamo quanti giusti metteremo in questo giardino, è certamente una sfida che nasce dal dolore dal momento che sono pochi i giusti che salgono dal dolore”. “E’ importante accogliere luoghi simbolici e di valore come questo da trasmettere alle generazioni successive, in un mondo in cui il terrorismo perseguita l’Europa”, ha detto la presidente Dureghello ricordando gli attentati di Parigi e Bruxelles: “Israele lo aveva già capito quando ha istituito l’onorificenza del Giusto tra le Nazioni e noi oggi creiamo un Giardino dei Giusti nella speranza di vivere in un mondo sempre sereno”. I legami di questo giardino con la Shoà, secondo Anna Foa, così come con il museo di Yad Vashem e il Giardino dei Giusti di Gerusalemme sono fortissimi: “esprimono l’immagine del Giusto in tutte le forme in cui la storia lo declina: la capacità di resistere al male e la possibilità di comprendere l’allargamento del concetto di male e contrastarlo e l’associazione ADEI-WIZO che si occupa di incentivare non solo il ruolo della donna ma anche l’educazione dei giovani, ha contribuito a promuovere questa iniziativa”. Grazie al contributo del Dipartimento del l’Ambiente di Roma è stata individuata la collina su cui sorgerà il Giardino, luogo doppiamente simbolico in quanto teatro della battaglia del 3 Giugno 1849. Non verranno piantati nuovi alberi, ma ogni anno verrà dedicato un albero a un giusto; i giusti saranno scelti da un comitato eletto dal sindaco, di cui farà parte anche Rav Di Segni. GIORGIA CALÒ 4 Borse di Studio per il Liceo Ebraico La Fondazione ‘Borsa di Studio Davide e Virginia Piperno’ mette a disposizione a studenti di famiglie bisognose, 4 Borse di Studio per sostenere l’intera retta di iscrizione al Liceo Ebraico. Le domande dovranno pervenire, entro e non oltre il prossimo 31 maggio, presso la Segreteria dell'Ufficio Rabbinico (Lungotevere Cenci) e dovranno essere accompagnate da: pagella finale dello scorso anno con giudizio del corpo insegnate; certificato dell'Ufficio Tributi della Cer attestante posizione contributi della famiglia; dichiarazione redditi della famiglia. L'assegnazione delle Borse non è cumulabile con altre Borse. JCamps (ex Camp Espana) offre Camp Estivi Ebraici Internazionali in Spagna e Inghilterra MAGGIO 2016 • IYAR 5776 P er più di 20 anni i direttori Patricia e Brian Geminder, hanno organizzatoCamp Espana International Jewish Summer Camps in Spain and England Camp estivi Kosher per ragazzi ebrei. Studenti tra i 10 e i 17 anni partecipano ad escursioni, lezioni di lingua, sport, sport estremi, sport acquatici, programmi di arte e cultura mentre vivono una fantastica estate in luoghi bellissimi, come Alicante in Spagna, dove il nostro camp si trova sulle spiagge del Mediterraneo o Ashford, vicino Londra, dove abbiamo un camp modernissimo da 10 milioni di dollari. La nostra atmosfera calda e premurosa fa sentire benvenuti i ragazzi che vengono per la prima volta, così come quelli che tornano già da diversi anni, e il nostro ambiente sicuro dona tranquillità ai genitori. Ogni estate riuniamo ragazzi ebrei provenienti da tutto il mondo per vivere l’estate di una vita, in una calda atmosfera ebraica familiare, dove si fanno amicizie che durano per sempre. In tutti i nostri camp forniamo cibo Kosher, eccetto in Cina, dove offriamo cibo vegetariano. I venerdì sera si svolgerà la nostra speciale Kabbalah Shabbat, seguita dalla cena di Shabbat. E’ possibile seguire la funzione di Shabbat e la sera ci sarà l’Havdalah. Per partecipare a questa indimenticabile esperienza visitate il nostro sito web www.jcamps.org 29 ROMA EBRAICA La shoà vista dai ragazzi Un progetto educativo per gli sudenti della Scuola media Q uesto mese gli alunni della prima C dell’Angelo Sacerdoti hanno preso parte ad un elaborato progetto in più fasi coordinato dalle professoresse Giordana Limentani e Mara Astrologo. Tutto è cominciato con la visita alla mostra su Anna Frank al Portico d’Ottavia, organizzata dalla professoressa Limentani, “ragazzi di altre scuole avevano realizzato dei disegni dopo avervi partecipato, che erano esposti”, ha spiegato “e la Fondazione mi ha invitato a fare lo stesso con i miei studenti”. Gli allievi si sono quindi impegnati a produrre dei disegni, su Anna Frank e sulla Shoà, fortemente simbolici, penetranti, che dimostrano la loro sensibilità verso l’argomento, e l’empatia per Anna, una ragazza come loro. C’è chi ha rappresentato “un bambino religioso, in un campo, con due ciuffi dove c’erano le peot che gli sono state tagliate, a testa bassa, umiliato”, chi “un cuore incatenato ed imprigionato dal filo spinato”, chi “la casa di Anna Frank, con davanti Edith, Margot e Anna che si dirigono verso Hitler, nel massimo della sua potenza, con la mano alzata, con sotto la citazione di Anna: ‘Pensa a tutta la bellezza intorno a te e sii felice’”. Il progetto si è poi allargato, immettendosi in quello più ampio sulle emozioni già in atto con la professoressa Astrologo - cominciato con la visione di Inside Out, e continuato durante l’anno con la strutturazione di testi sulle sensazioni ed il collegamento dei brani di antologia letti in classe a specifiche emozioni - chiedendo ai bambini di Il futuro appartiene ai giovani e con loro bisogna dialogare Su iniziativa dell’Ucei una Task Force che si è riunita a Roma per la prima volta MAGGIO 2016 • IYAR 5776 U 30 n’occasione unica, cui erano invitati a partecipare i rappresentanti di tutte le associazioni giovanili, per poter prendere parte ad “un network costruttivo e rispettoso”, essere più partecipi ed ascoltati nelle politiche nazionali che li riguardano, facilitando la comunicazione tra i diversi movimenti ed organizzazioni, questo primo incontro giovanile nazionale era il primo segnale che la Task Force, creata ad hoc dall’UCEI, per analizzare i risultati della Ricerca Campelli. Simona Nacamulli, coordinatrice, spiega come dopo una profonda analisi dello stato attuale, sia stato naturale concentrare sui giovani l’attenzione, per ragionare insieme sul futuro, e sia nata così l’idea di questo incontro, che si proponeva di raccogliere un gruppo di rappresentanti quanto più eterogeneo possibile, “e mi sembra che l’intento iniziale, avere un confronto in cui tutti si sentissero liberi di parlare ed esprimere la propria opinione sia stato raggiunto, tutti sembravano contenti di poter dare il proprio apporto”. “Spesso chi ha militato in modo appassionato all’interno di un movimento giovanile si trova a 18 anni abbandonato, senza punti scrivere una descrizione delle proprie raffigurazioni, con le relative sensazioni suscitate e la motivazione della scelta. “Tramite il mio disegno voglio far ricordare la storia di quella bambina, forte, che è stata nascosta per due anni in quel nascondiglio”; “ho raffigurato i fili spinati, la tortura l’impossibilità di uscire dai campi di morte” dice un altro, ed ancora, “un bambino che non sa se morirà o rimarrà in vita, con la propria sopravvivenza nella mani del tedesco”. “La differenza tra un bambino ebreo di oggi ed uno che viveva nel ‘42” è l’aspetto che ha voluto sottolineare qualcuno: “da una parte un bambino che viene chiamato dalla mamma per andare a casa, dall’altro uno chiamato da un soldato nazista per essere portato via”. Particolare rilevanza è stata inoltre data alla scelta delle tinte, se qualcuno “Non l’ha colorato, ma l’ha lasciato in bianco e nero, perché immagina la Shoà senza colori”, un altro ha invece “usato il rosso e il nero, il primo per simboleggiare la violenza utilizzata dai nazisti, il secondo il periodo buio e cupo passato dagli ebrei”. Eppure c’è chi nel proprio disegno ha voluto convogliare un messaggio positivo: ”ho rappresentato un bambino, dietro il filo spinato, che guarda oltre con la speranza di vivere” scrive uno. “Ho scelto di raffigurare la svastica nazista dentro la stella di David”, conclude il suo scritto un altro “per far capire che i figli di Israele, nonostante questa orribile esperienza, sono sempre e comunque più grandi e potenti dei nazisti.” SARA HABIB di riferimento”, ha ammesso Rav Della Rocca. Tuttavia, ha ricordato, non possiamo per questo esimerci dall’obbligo di confrontarci con la società a noi circostante. “Ci sono”, ha sottolineato, “nell’ebraismo cose che non sono negoziabili, dobbiamo vivere la nostra identità di minoranza, ed esserne fieri, stare in controtendenza, combattere a testa alta”. Durante la mattinata si è discusso - dividendosi in gruppi ed esponendo poi a tutti le conclusioni - dei punti di forza dell’ebraismo giovanile italiano, e delle difficoltà e minacce che sta affrontando in questo momento. Nel pomeriggio, con le stesse modalità, ci si è invece concentrati più sull’aspetto pratico, concreto, proponendo e cercando di tirare fuori nuove idee e progetti per il futuro, modi per coinvolgere i giovani più “lontani”, e soprattutto cercando di gettare le basi per il Moked giovanile che Rav Della Rocca ha, da diverso tempo, in programma per tutti i giovani ebrei italiani, che si vorrebbe organizzare in collaborazione tra tutti gli enti. Ora starà all’UCEI il compito di non deludere le aspettative: la prima cosa da fare è sicuramente, secondo la Nacamulli, consolidare e rendere affiatato questo gruppo, far sì che questi incontri diventino appuntamenti periodici, e creare il Moked, un incontro ludico e culturale, da cui possano uscire direttive da presentare ad un convegno nazionale aperto a tutti coloro che lavorano o prestano la propria attività per le Comunità Ebraiche Italiane, ma soprattutto a chi con i giovani è costantemente in contatto. SARA HABIB Dichiarazione dei redditi: i costi della mensa sono detraibili Sia per la scuola primaria che secondaria La spesa per la mensa è detraibile tra i costi di istruzione all’interno della propria dichiarazione dei redditi se i figli sono a carico. Questa una delle novità della finanziaria 2016, e si applica sia per quanto riguarda il servizio scolastico primario sia per il secondario e non prevede distinzione tra la scuola pubblica e la scuola privata. Le spese detraibili non possono superare i 400 euro annui per alunno, per un totale che in percentuale non può essere superiore al 19% del costo. La spesa per la mensa può essere inserita all’interno del 730 con il codice 12 da indicare nei righi da E8 a E12 del nuovo modulo 2016. All’interno del modulo Unico 2016 i costi della mensa vanno indicati con il codice 12, all’interno delle righe da R8 a R14. Vanno certamente conservate le copie delle ricevute di pagamento. Si deve poi richiedere il rilascio da parte della scuola dell’attestazione di pagamento delle rette. Ciò può essere richiesto in segreteria. E’ prevista l’apposizione di una marca da bollo da 2 euro se l’importo supera 77,46 euro. Maggiori informazioni sul sito dell'Agenzia delle Entrate. È stato uno dei fondatori del Benè Berith Giovani Roma - Sezione Stefano Gaj Tachè U na nomina importante quella di Daniel Citone, eletto lo scorso novembre presidente del B’nai B’rith Europa, costola della più ampia associazione del B’nai B’rith International. Shalom lo ha incontrato. Cos’è il B'nai B'rith International e che tipo di attività porta avanti? Il B’nai B’rith International è stato fondato negli Stati Uniti da ebrei tedeschi nel 1843, dunque 172 anni fa, con l’intento iniziale di aiutare gli ebrei emigrati dall’Europa. E’ un’organizzazione con antiche tradizioni presente nei quattro angoli del mondo dal Canada al Sud America, dalla Australia alla Nuova Zelanda, negli Stati Uniti e in Europa con persone sul campo. Il B’nai B’rith è riconosciuta come organizzazione non governativa dall’ONU, siamo presenti in tutti gli uffici dell’ONU da New York a Ginevra dove si trova il Consiglio dei Diritti Umani e siamo presenti anche all’UNESCO. Portiamo avanti attività a difesa delle comunità ebraiche nel mondo, a difesa di Israele e combattiamo l’antisemitismo. Abbiamo in corso decine di progetti. Ad esempio la scorsa settimana, con una delegazione di circa venti persone da diverse parti del mondo, siamo andati a Ginevra dove è in corso il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Abbiamo incontrato diverse personalità, soprattutto Ambasciatori che andranno poi a proporre risoluzioni e a votare, e noi proponiamo temi e soluzioni. Abbiamo parlato soprattutto del conflitto israelo-palestinese, difendendo Israele, cercando di far capire che Israele è un paese che non deve essere demonizzato o isolato come spesso avviene in queste sedi e chiediamo un maggior equilibrio anche se purtroppo sappiamo come funziona il Consiglio dei diritti umani: i paesi arabi hanno un ruolo preponderante e ciò causa grandi difficoltà. Abbiamo parlato anche di antisemitismo legandoci ad Israele dal momento che spesso gli attacchi ad Israele nascondono un forte antisemitismo e della minaccia dell’Iran argomento che ci preoccupa enormemente. Oltre che a Ginevra andiamo anche a New York all’Assemblea Generale dell’ONU e uno dei miei progetti futuri per il BB Europe è di fare un’attività simile anche all’Unione Europea, a Bruxelles, dove vorremmo incontrare membri del Parlamento Europeo per proporre i nostri temi. Oggi nel mondo c’è un clima di crescente antisemitismo lega- to anche ad organizzazioni come BDS che cavalcano l’onda dell’antisionismo. Cosa fa il B’nai B’rith Europe per contrastare il BDS e l’antisemitismo? Negli ultimi tempi ho cercato di lavorare maggiormente con la Commissione Europea che lo scorso novembre ha nominato un commissario per la lotta all’antisemitismo, Katharina von Schnurbein, che ho già incontrato più volte e sto cercando di lavorare il più possibile con lei. E’ importante la nomina di un commissario per la lotta contro l’antisemitismo, erano anni che le organizzazioni ebraiche di tutto il mondo la chiedevano. In Europa dove l’antisemitismo è in forte crescita era necessario che l’Unione Europea si prodigasse e si circondasse di persone in grado di poter fare qualcosa. Noi portiamo avanti campagne di educazione che sono utili e specifiche per la lotta contro l’antisemitismo e per il dialogo interreligioso. Come portate avanti il dialogo interreligioso? Un ufficio di New York si occupa proprio di questo. Lo scorso giugno abbiamo incontrato il Papa, alcuni fra i vertici del Vaticano e i responsabili del dialogo interreligioso e siamo in stretto contatto. Per quanto riguarda il mondo islamico, è molto più difficile ma tentiamo comunque di avere un dialogo. A Roma, in occasione dell’ultima premiazione, abbiamo dato la ‘Menorah d’oro’ all’Imam Pallavicini. B’nai B’rith International e B’nai B’rith Europe intervengono anche contro il razzismo e a difesa di diverse minoranze. Sono frequenti gli interventi di organizzazioni di gruppi religiosi diversi a sostegno o a difesa dell’ebraismo grazie ai rapporti con il B’nai B’rith? No, non molti, però ogni tanto capita anche se da parte del mondo islamico è più difficile: molte organizzazioni legate all’islam moderato sono spesso minacciate e quindi non è facile. Capitano spesso esternazioni di sostegno in privato ma in pubblico è più raro che intervengano a difesa dell’ebraismo e contro l’antisemitismo. Ad esempio l’anno scorso si è tenuta a Berlino un’importante conferenza riguardante l’antisemitismo organizzata dall’OSCE dove sono stato insieme a diversi rappresentanti del B’nai B’rith e lì una organizzazione musulmana in occasione di situazioni private ha fatto dichiarazioni utili contro l’antisemitismo ma, ripeto, solo privatamente. Le organizzazioni islamiche hanno maggiori difficoltà a parlare. SARAH TAGLIACOZZO Contatti: Yael Ilmer Giron 349 251 6993 I [email protected] I www.masaitalia.org Masa Israele è un progetto del governo Israeliano e dell'Agenzia Ebraica ed è reso possibile grazie al generoso contributo del Keren Hayesod MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Daniel Citone eletto Presidente del B’nai B’rith Europe 31 ROMA EBRAICA Presentato nella sede di via Balbo, il Talmud in italiano “Q uesto volume è una pagina importante per l’ebraismo italiano e la cultura in generale” dice Miriam Haiun, direttrice del Centro di Cultura, “il Talmud è un’opera di profonda saggezza che si occupa dei temi più svariati, abbracciando tutti gli aspetti della vita. La sua originalità sta nel suo approccio al modo di dibattere, che incoraggia la discussione, i dubbi, ed accetta le risposte contrastanti”. Clelia Piperno direttrice del progetto di traduzione, è poi passata a spiegare come tutto si è articolato e sviluppato. “Molti mi hanno chiesto come è nata l’idea, ma non so rispondere” racconta, “i tempi erano ormai maturi”, ed è stato così messo in moto un meccanismo “che ha permesso all’ebraismo italiano di ricominciare a contare culturalmente, in un periodo in cui, mi dispiace dirlo, si parlava ormai quasi solo di morti”. Fin dall’inizio, dice, ha guardato a questa impresa come un immenso progetto di ricerca, ed ha ammesso, mettere insieme la squadra è stato più difficile che trovare le risorse. “Abbiamo già tradotto una mole enorme” conclude, ma che, per “poter essere meglio digerita dal pubblico” verrà pubblicata pian piano, facendo uscire circa due volumi l’anno. “Ci siamo rivolti inizialmente, nel 2012, a tutti gli iscritti dell’A- RI, e ad alcuni studenti del collegio Rabbinico e Yeshivot in America ed Israele, contattando complessivamente un totale di 70 potenziali traduttori”, ha spiegato Rav Gianfranco Di Segni illustrando la modalità di traduzione. Si è cominciato a tradurre: Rosh Hashanà, Berachot, Shabbat e Kidushin, che venendo da tre Ordini differenti “offrivano un ventaglio di argomenti piuttosto diversificati”- ne sono ad oggi in lavorazione 13, aggiunge, quasi tutti appartenenti al Seder Moed, e quasi tutti in fase di revisione. Il Rav Riccardo Di Segni ha invece ripercorso, con l’ausilio di un proiettore, l’evoluzione testuale e tipografica del Talmud, cominciando con la prima stampa di Soncino a Venezia nel 1483 - “di un’eleganza raffinata” che inventa la divisione in dapim e stabilisce l’impaginazione in colonne - passando per l’edizione di Vilna 1883 - “versione estremamente accurata, di una qualità tipografica molto pregiata”, la più usata - per arrivare alle traduzioni: quella in inglese ed ebraico moderno di Steinsaltz - primo a cimentarsi in questa impresa, fautore della popolarizzazione del Talmud fin dagli inizi degli anni ‘70 - e quella dell’Artscroll - l’edizione che va per la maggiore nel pubblico ortodosso americano, che offre una traduzione “estremamente erudita e piena di dettagli”- tutte prese in considerazione per la traduzione italiana, in quanto, ha ricordato il rav, è il Talmud un testo spesso criptico ed ambiguo, pericoloso da tradurre affidandosi ad una sola versione. SARA HABIB LA TOP TEN DELLA LIBRERIA MAGGIO 2016 • IYAR 5776 KIRYAT SEFER 32 BABILONESE – TRATTATO ROSH HA SHANA’ 1 TALMUD ed. Giuntina E IL GHETTO 2 VENEZIA di D. Calabi ed. Bollati Boringhieri DI GLUCKEL HAMELN 3 MEMORIE ed. Giuntina POSTO PER UN SOLO AMORE 4 C’E’ di K.W. Ochayon ed. Giuntina INVISIBILI 5 GLI di M. Serri ed. Longanesi SOPRA L’INFERNO 6 ILdi S.CIELO Helm ed. Newton Compton ESTRANEO SUL DIVANO 7 UN di S. Mendel-Enk ed. Bollati Boringhieri BOURNE 8 ASCENDENTE di R. Ludlum ed. Rizzoli HATODA’A’ 9 SEFER di E. Kitov ed. Morasha 10 L’ABBRACCIO di D. Grossman ed. Mondadori Un percorso di vita e di valori ebraici nel piccolo libro di Gianni Ascarelli L’ ultima pubblicazione di Gianni Ascarelli, architetto e attuale assessore al Museo Ebraico di Roma, si presenta in un libricino di appena 70 pagine, da leggere tutto d’un fiato. Come spiega lo stesso autore è ormai tradizione nell’ambito della nostra comunità raccogliere memorie, soprattutto famigliari, legate ad un piacevole evento. Infatti, dopo “Verso Roma?”, pubblicato da Ascarelli nel 2012 per la nascita della sua prima nipote Rachele, quest’ultimo è stato redatto in occasione del secondo anno di età del nipote Nathan. Interstate 95 è la principale autostrada degli Stati Uniti, che collega da nord a sud molte aree metropolitane. Il libro dunque fin dal titolo suggerisce un percorso, durato mezzo secolo come si evince dal sottotitolo, metafora di un itinerario cominciato nel lontano 1966, e che lo ha forgiato come uomo, architetto ed ebreo. Un viaggio che allora fece con la madre, ripetuto oggi con la sua famiglia, nipoti compresi. Nella presentazione, il Rabbino Capo Riccardo Di Segni spiega come il testo si sviluppi su due percorsi di memoria: uno legato alla sua formazione che più tardi diventerà la sua professione, ovvero l’architettura; l’altro sulla identità ebraica, vero leitmotiv di questo avvincente percorso autobiografico. Ciò si nota anche dalla costante ricerca di motivi specifici ebraici nella produzione dei grandi architetti citati pagina dopo pagina dall’autore, quasi a voler riscoprire la propria identità ebraica attraverso di loro. Molto si deve all’insegnamento del Professor Bruno Zevi, riconosciuto da Ascarelli come “maestro nell’indirizzo di vita e nella professione”. Spiega Rav Di Segni: “Bruno Zevi ha avuto un ruolo fondamentale nel far conoscere all’Italia del dopoguerra un po’ chiusa in sé stessa il respiro dell’architettura internazionale, e che poi ha cercato di individuare l’elemento culturale ebraico specifico nell’architettura”. Altro elemento costante in tutto il libro è la figura materna essenziale per la formazione di Ascarelli, soprattutto dopo la scomparsa del padre Ennio nel ‘57. È con lei che si reca per la prima volta negli Stati Uniti per andare a trovare il fratello Paolo. È commo- vente quando Ascarelli la definisce suo mentore, riconoscendole dunque un ruolo fondamentale nascosto spesso dietro una durezza quasi necessaria. Senza tralasciare la sua inclinazione all’insegnamento (Ascarelli è stato Professore Ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università de L’Aquila), anche in questa pubblicazione l’autore approfitta per fare vere e proprie lezioni sull’architettura del Novecento, snocciolando nomi dei grandi maestri che hanno caratterizzato la fisionomia urbanistica americana, molti dei quali ha avuto modo di conoscere personalmente se non addirittura di lavorarci insieme. Da Eero Sarinen, che negli anni Cinquanta e Sessanta riuscì a scardinare le forme asciutte del razionalismo americano attraverso un design futuribile, al noto studio Harrison & Abramovitz, in cui ebbe la fortuna di lavorare; da Paul Rudolph, artefice del Yale Art and Architecture Building, a Louis Kahn che porta nel suo lavoro i ricordi di un ebraismo mitteleuropeo. Ascarelli non risparmia però nemmeno le critiche, rivolte soprattutto agli architetti della sua generazione, molti dei quali assurgono oggi il titolo “archistar”, strabordando in allestimenti capaci di cannibalizzare qualsiasi cosa, dimenticando così quale sia il vero compito di chi sceglie questo mestiere. Anche nella conclusione del libro Ascarelli riconferma la sua identità ebraica, il suo attaccamento ai valori e alle tradizioni, attribuendone il merito alla moglie Paola, e al suo rapporto con la keillà romana. Dunque molto è cambiato in cinquanta anni, è cambiato il profilo delle metropoli americane, è cambiato lui stesso come uomo e come ebreo. Un filo di nostalgia separa il 1966 ad oggi, la nostalgia di una generazione, la sua, che egli stesso definisce nel primo volume “compresa tra una tragedia già avvenuta ed una che tarda a venire...”. Mi domando se questo non sia il sentimento che accomuna il popolo ebraico da sempre. GIORGIA CALÒ, STORICO E CRITICO D’ARTE MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Interstate 95. Un viaggio lungo mezzo secolo 33 Rav Reuvèn Roberto Colombo ROMA EBRAICA ’Io e l’altro’: Le mitzvot che regolano i rapporti con il prossimo, nell’ultimo libro di rav Roberto Colombo n libro che andrebbe letto tutti i giorni, soprattutto la storia introduttiva che ci fa capire come spesso siamo portati a fare del bene agli altri e dare per scontate le persone a noi più vicine”, così ha presentato Semi Pavoncello il nuovo libro di rav Roberto Colombo. “Non un libro di lettura scorrevole”, lo descrive invece la Morà Gaia Piperno, bensì una raccolta di fonti che offrono numerosi spunti di riflessione e spingono chi lo studia ad approfondire ulteriormente, risalendo ai testi originali. Rav Colombo traduce la Mishnà Berurà e approfondisce, nei dieci capitoli di cui è composto il libro, le principali norme comportamentali partendo per ognuna da un verso della Torà e riportando le spiegazioni dei Maestri, con note, “fondamentali per capire i brani e metterli in relazione tra loro”. “Il rapporto col prossimo è come giocare con il fuoco: prima o poi ci si brucia”, ha ricordato Rav Arbib ed appare infatti evidente, come ha sottolineato Gaia Piperno, “che in questo ambito è molto difficile parlare per principi generali, perché, in ogni caso, ognuno diverso dall’altro, le circostanze sono fondamentali. La Torà ci indica una via, ma capire come affrontarla nella vita reale richiede grande saggezza e sensibilità”. La Morà ha poi continuato enfatizzando l’importanza dell’umiltà, illustrando una lezione di Rav Sherki, secondo la quale ben tre personaggi nella generazione di Moshè potevano considerarsi adatti a dare la Torà - Itrò, Bilam e Yov, esperti, rispettivamente nel rap- porto col prossimo, con D. e con se stessi - ciascuno di loro però, partito da un presupposto errato. “La grandezza di Moshè sta nel contenere tutte e tre le specialità, grazie alla sua estrema umiltà. Questo gli permette di ascoltare la parola del S. nella sua interezza nella sua armonia, senza inserirvi nulla di personale. La modestia è la qualità che può farci da faro nella vita di tutti i giorni, negli affari e in famiglia, per trovare l’armonia necessaria a vivere in pace e a ‘trovare grazia e buona considerazione agli occhi di D. e dell’uomo’.” “L’uomo impara a parlare all’età di 3 anni, all’età di 70 impara a tacere”, il detto rabbinico con cui ha invece cominciato il suo intervento Rav Arbib, concentratosi sulla Lashon Harà. “Perché è considerato un peccato così grave? Perché la tradizione ebraica insiste così tanto sulla maldicenza?”, perché, spiega il Rav, la parola è un elemento fondamentale per l’essere umano, è ciò che lo distingue da tutti gli altri animali, è addirittura, secondo Onkelos, ‘l’anima viva’ soffiata da H. in Adam di cui si parla nel secondo capitolo di Bereshit. Rav Carucci ha parlato della mortificazione dell’altro, considerata gravissima dalla Torà, e addirittura paragonata all’omicidio. SARA HABIB Jewrovision, il Benè Akiva canta e balla Approcci optometrici per la promozione della salute MAGGIO 2016 • IYAR 5776 D 34 Rav Reuvèn Roberto Colombo Io e l’altro “U Io e l’altro Raccolta di fonti rabbiniche sulle norme sociali tradotte e commentate omenica 3 aprile si è tenuto nei cortili della Scuola Ebraica lo Jewrovision, un festival musicale capace di unire con spirito di competizione i diversi rappresentati del Benei Akiva dei maggiori paesi europei. Tema di quest’edizione è stato la speranza. Efrat Metzler, esponente del Benei Akiva europeo, ha sottolineato come uno degli scopi del festival fosse esprimere una chiara reazione nei confronti degli atti di terrorismo degli ultimi mesi: il Benei Akiva non rinuncerà mai alla speranza che ognuno di noi possa tornare in Israele per cantare insieme. Lo shaliach (delegato) del Benei Akiva di Roma, Alon, ha spiegato come la speranza sia una delle caratteristiche più importanti nell’identità di ogni ebreo e di ogni persona: non si potrebbe altrimenti sperare in un domani. Uniti da questo spirito, più di 150 ragazzi di età compresa tra i 15 e i 16 anni sono giunti a Roma da paesi come Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Svizzera. I diversi paesi si sono esibiti sul palco offrendo una canzone dal testo rimaneggiato o inedito, collegato al tema della speranza e dell’ebraismo. Hanno vinto i rappresentati dell’Austria e dell’Italia. Il senif dell’Austria ha infatti esibito anche quest’anno una canzone dal testo e musica completamente inediti, con accompagnamento di flauto traverso, pianola, chitarra, tromba. Il senif di Milano è stato premiato per l’attività di beneficienza volta a donare speranza a bambini colpiti da malattie. Il festival tuttavia era solo una delle giornate del progetto, che ha visto impegnati ragazzi e ragazze per un intero weekend all’Hotel Fleming in attività di coesione e leadership. Lo scopo dello Jewrovision è infatti rafforzare l’identità ebraica locale e non solo, ricordando quindi come la forza maggiore di un ebreo risieda nell’appartenenza al suo popolo. Le diverse giornate del progetto sono state infatti impreziosite dall’aiuto del DJ Yosi Anticoli, dalla partecipazione del catering di Lebonton e dai rinfreschi di Dolci Kosher. MICOL SONNINO Un nuovo appuntamento di 'Aiuto alla genitorialità' H a avuto luogo il quarto incontro del “Ciclo di incontri a sostegno della genitorialità" che come ospite ha potuto vantare la presenza del dott. Marco Orlandi, Psicologo e Optometrista che da oltre vent’ anni si occupa di diagnosi e trattamento delle funzioni visive con particolare riferimento ai Disturbi Specifici di Apprendimento. La velocità di scrittura di un bambino può essere influenzata da difficoltà legate alla capacità di inseguimento visivo, così come le saccadi nella lettura o le vergenze negli esercizi alla lavagna. La stessa dislessia può essere influenzata dallo span visivo di un bambino, ovvero il numero di caratteri che possono essere visti con una singola fissazione. Eventuali disturbi possono essere riconosciuti grazie a un eye tracker, che traccia appunto le traiettorie dei movimenti oculari sottolineando eventuali anomalie. I bambini tendono frequentemente alla manifestazione di atteggiamenti come la rotazione del capo, avvicinamento degli oggetti agli occhi, inclinazione del quaderno: questi fattori indicano di difficoltà visuo-motori - un bambino che stringe le palpebre per fissare o perde il segno quando deve copiare alla lavagna sarà presto caratterizzato inoltre da un rapido decremento delle prestazioni. Il dott. Orlando indica dunque come norme da adottare da insegnanti e genitori un’adeguata distanza di lettura su un piano inclinato satinato chiaro o una corretta posizione dei piedi correlata da un’illuminazione ambientale e sul piano di lettura. Nello specifico il dott. Orlando ha spiegato il ruolo della visione nei processi cognitivi di apprendimento e nel controllo motorio. La vista diventa un processo da “tenere sott’occhio”, generando altrimenti disturbi come l’emmetropia, la miopia, ipermetropia, astigmatismo. Il progetto “Aiuto alla genitorialità” è nato dalla collaborazione tra Dipartimento Educativo Giovani e le Scuole Ebraiche di Roma. Scopo del progetto è stimolare la condivisione e gli scambi, tra educatori e genitori al fine di aiutare bambini e adolescenti nel loro sviluppo, ostacolato da problemi comuni. MICOL SONNINO Promesse, fede e aspettative nella lezione di Gavriel Levi “N on c’è Emet-verità senza Emunà-fiducia, e soprattutto non c’è emunà senza emet. Se uno vuol capire una qualità di valori non può se non confrontandola con un'altra, per questo ‘Emet’ e ‘Emunà’ vanno considerate contemporaneamente, si devono formare delle coppie. Altro esempio noto è quello di ‘Mishpat’ e ‘Zedek’: la prima rappresenta ciò che è esplicitamente comandato, mentre l’altra l’andare oltre per scelta personale. Il bilanciamento è un momento di crescita” ha esordito il professor Gavriel Levi, aprendo la lezione che si concentrava sul “ponderare il rapporto tra verità e fiducia”. “Emet e Emunà condividono, in ebraico, anche una parte di radice comune, e sono due parole che variano significato già nel Tanach”: “Emunà, spesso tradotto come ‘fede’, è invece nel chumash più propriamente ‘fiducia’, ed è, a dispetto di quello che si crederebbe, una parola rarissima nella Torà. Viene usata per la prima volta in Bereshit 15:6 “ed Avraham ebbe fiducia nel S.” quando H’ promise la terra di Israele a lui ed i suoi discendenti, e si ritrova poi in Shemot 17:12, dove la traduzione è particolarmente problematica”.“Emet viene invece spesso menzionata accanto a ‘chesed’-bontà in quanto queste sono le due qualità per eccellenza di Avraham. Esiste inoltre un concetto di ‘chesed a emet’, il modo in cui la verità va detta, dosata, rispetto a quello che una persona può in quel momento accettare e sopportare, di modo che sia digeribile e comprensibile”. Altro punto focale della serata è stato l’analisi del rapporto di fiducia tra Am Israel ed il S., che ha aperto la strada ai molti interventi. “Il Modè Ani, una delle prime tefillot che insegnano ai bambini, finisce ambiguamente con le parole ‘rabbà emunatechà’ - grande è la Tua fiducia” ha ricordato il Professore “ma l’affermazione è in questo caso ambivalente, quella che H’ ha in noi, per continuare a restituirci la nostra anima ogni giorno, e quella noi abbiamo in Lui, ed è interessante come nella tradizione ebraica sia prima il S. a dare fiducia alle persone, e poi viceversa”. Altro grande spunto di riflessione la menzione dell’interpretazione del Maggid di Kozhnitz sulla frase dello Zohar, ‘Lui è l’emet, lei è l’emunà’, dove, secondo il commentatore “‘Lui’ si riferisce a chi dà, ad H’, e ‘lei’ a chi riceve, al popolo di Israele. La verità è infatti assoluta, mentre la fiducia è una sensazione variabile, oscillante, e così è il nostro rapporto con D.”. “I bambini faticano a capire cosa è la verità, e lo stesso vale per la fiducia” ha poi evidenziato il professore rivelando come il rapporto del bambino con la verità non sia così scontato ed immediato. “La prima definizione che ne danno, la prima verifica che possono attuare sulla realtà è osservare il nostro rapporto con gli impegni, controllare se manteniamo o no le nostre promesse. Anche da un punto di vista ebraico questo è ‘il tipo di verità più importante’, giurare che questa bottiglia sia un elefante è sicuramente giurare il falso, ma non sono questi i tipi di giuramenti trattati maggiormente nel Talmud, bensì quelli sul passato e sul futuro, su ciò che abbiamo fatto e ci prefiggiamo di fare.” Proprio perché il concetto di verità si arriva comprendere pienamente solo dopo un lungo percorso, “al di sotto di una certa età - addirittura 8-10 anni”, ha fatto notare Levi, “spesso non ha neanche senso parlare di bugie dette dal bambino. C’è infatti in loro ancora confusione tra desideri, fatti, e il modo in cui secondo loro le cose dovrebbero andare”, ha spiegato “e bisognerebbe sempre lasciargli la possibilità di dire la ‘loro verità’, che in parte esiste sempre”. SARA HABIB MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Verità e fiducia 35 ROMA LIBRIEBRAICA Trent’anni fa l’abbraccio tra Giovanni Paolo II e rav Toaff: oggi una mostra lo ricorda M Visitabile fino al 14 luglio, presso il Museo Ebraico ercoledì 13 Aprile al Museo Ebraico di Roma è stata presentata alla stampa la mostra “1986-2016: trent’anni dallo storico abbraccio tra Papa Giovanni Paolo II e Rav Toaff”. Obiettivo dell’esposizione, visibile fino al 14 Luglio, non è solamente ricordare l’evento ma evidenziare l’attualità di quel gesto carico di significato. A fare gli onori di casa è stata la Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello che ha sottolineato l’importanza di proseguire costantemente il dialogo con la Chiesa Cattolica per il bene di entrambe le fedi ed anche come riconoscimento nei confronti di Rav Elio Toaff. All’interno del Museo, oltre alle foto d’archivio e le prime pagine dei giornali dell’epoca, è possibile osservare i doni e le lettere che Toaff e Wojtyla si scambiarono prima e durante l’evento; ma a colpire di più i visitatori è sempre la celebre foto dell’abbraccio (13 aprile 1986), “la traduzione mediatica del passo in avanti” per dirla con le parole del Rabbino Capo di Roma Rav Riccardo Di Segni che ha voluto concentrare la sua attenzione su come “i semi di quella giornata siano germogliati portando ad altre due storiche visite dei successivi pontefici alla Sinagoga di Roma”. Sarebbe però un errore non raccontare anche il sentimento di amicizia che ha sempre legato Papa Wojtyla agli ebrei. In questo è stato fondamentale l’intervento del Cardinale polacco Stanislaw Rylko che ha testimoniato questo sentimento parlando dei rapporti fra Wojtyla e la comunità ebraica polacca e del giorno in cui il pontefice si recò al Kotel per pregare e lasciare il tradizionale biglietto nelle fessure del Muro come fanno gli ebrei di tutto il mondo. Tra i presenti anche Luisa Todini, Presidente di Poste Italiane che ha sponsorizzato la mostra, e Sandro Gozi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il governo Renzi. A chiudere la presentazione è stata la curatrice della mostra e nipote del Rav Lia Toaff che ha regalato ai presenti dei preziosi aneddoti su quella storica giornata. Tra questi il fatto che l’indimenticabile abbraccio non era previsto nella scaletta del cerimoniale, fu un’azione istintiva che entrambi i protagonisti si portarono dentro per tutta la loro vita. Da quel gesto appassionato nacque una profonda amicizia che portò Rav Toaff addirittura ad essere citato nel testamento del pontefice. “Un abbraccio pesante come duemila anni di storia” lo definì il Rav ma che oggi vale decisamente la pena ricordare per farne un esempio per le generazioni future. MARIO DEL MONTE Un grande artista, però poco conosciuto P Una mostra patrocinata dalla Cer, fino al 20 luglio, sulle opere di Arthur Brycks ochi giorni fa è stata inaugurata la mostra “Arthur Brycks e l’avanguardia europea” a cura di Federico De Melis e Ly Bricks, figlia dell’artista. L’esposizione patrocinata dalla Comunità ebraica di Roma, è ospitata negli spazi della Galleria Aleandri Arte Moderna in Piazza Costaguti 12, e rimarrà fino al 20 ASSOCIAZIONE D.A.N.I.E.L.A DI CASTRO AMICI MUSEO EBRAICO DI ROMA L’“Associazione Daniela Di Castro Amici del Museo Ebraico di Roma” è nata per aiutare il Museo Ebraico MAGGIO 2016 • IYAR 5776 di Roma nella tutela, conservazione, 36 promozione, diffusione e sviluppo della ricchezza del suo patrimonio. PER INFORMAZIONI E PER ISCRIZIONI: www.associazionedanieladicastro.org [email protected] Tel. 334 8265285 di luglio. Per l’occasione sono esposte 140 opere dell’artista ebreo polacco e dell’entourage di Ascona, territorio adottato a ricovero di artisti in fuga dagli scenari bellici della Prima Guerra Mondiale. Oltre che per la sua attività pittorica, Arthur Brycks è conosciuto anche per aver dedicato la sua vita all’assistenza sociale dei sopravvissuti della Shoah dopo la sua aliah in Israele, insieme a quelle di altri amici e sodali. I suoi lavori, composti da disegni e dipinti, hanno spesso oggetto figure di vita ebraica con i quali Brycks venne a contatto durante la sua prima parte della vita trascorsa per diversi anni in varie capitali occidentali: da Parigi a Berlino, da Zurigo a Amsterdam fino ad arrivare a New York. Proprio in questo suo lungo pellegrinaggio itinerante arricchì il suo estro e la sua personalità virtuosa che caratterizzò tutta la sua esistenza. Già dagli inizi della sua produzione è ben visibile un’impronta cubista e orfista secondo il modulo prismatico, che risente anche dell’influenza del suo collega Arthur Segal, i cui insegna- menti facevano molti proseliti nella Mitteleuropa degli anni ‘20. Nel realismo espressionistico di Brycks, che proveniva da un’educazione ebraica chassidica, forte di studi compiuti in yeshivà, vengono riprodotti momenti della quotidianità sinagogale, come vediamo nell’opera “Il giudizio”, e “Studiosi di testi sacri”, dove la tematica della ritualistica viene rappresentata con eleganza ed estremo rigore. Altresì dedica anche alcuni lavori, come “Tragico ritorno” del 1945, alla situazione dei sopravvissuti ai lager nazisti, dove l’artista perse un fratello e una sorella. Come ha sottolineato il rabbino capo, Riccardo Di Segni, si tratta di “un esempio di personalità poliedrica, creativa, di artista che agisce in un clima di grande vivacità, vicina geograficamente e socialmente a Elias Canetti e Albert Einstein; un esempio di genialità ebraica del primo Novecento. E’ un autore tanto vicino a noi, quanto poco conosciuto, purtroppo”. Gli ha fatto eco l’assessore alla cultura della CER, Giorgia Calò, che salutando l’inaugurazione della mostra ha messo in risalto come questo “movimento artistico apparentemente lontano, offra una nuova e inedita prospettiva attraverso la quale guardare l’arte del Novecento”. JONATAN DELLA ROCCA Piazza rivive le sue storie di miseria e di luce un nucleo di una Roma scomparsa e in generale dimenticata. Un progetto ambizioso realizzato attraverso il lungo racconto di chi ha vissuto, ricordando i soprannomi, i personaggi, le attività e mestieri che si erano inventati tra mille difficoltà. Una popolazione povera che ha vissuto attraverso le diverse situazioni e persecuzioni. Gli antichi mestieri andati in disuso e scomparsi: dagli stracciaroli, alle ricamatrici, ai carbonai, ai venditori ambulanti di cibi quali patate cotte sulla strada o i pezzi fritti, collegati a dei personaggi che vivevano giorno per giorno davanti alle loro botteghe come la nota “Zì Fenizia” di Fenizia Terracina e del marito Giuseppe Perugia “Peppe il friggitore”. “Moschino” preparava a casa un dolce “la mandorlata” che vendeva per strada. Ed i ginetti di Occhialone a Piazza Costaguti, e i Limentani “Boccione” che avrebbero creato una dinastia di matriarche dolciarie fino ai nostri giorni. A Piazza Costaguti al mattino un mercato forniva alla popolazione locale il pesce fresco, la pescivendola famosa era la “Sora Velia”. Il cioccolataio rinomato in tutta Roma era Alberto Piperno, che ha fatto sognare tante generazioni di romani. Rosa l’orefice con il marito Angelo Anticoli, raffinato orafo e argentiere che pesò l’oro offerto per evitare la deportazione di 200 uomini capifamiglia. I diversi abitanti e commer- ‘Cronaca di un assassinio’ Al MAXXI, sino al 5 giugno, la mostra multimediale di Amos Gitai sull’omicidio di Ytzhak Rabin A l MAXXI, il Museo Nazionale delle Arti, sino al 5 giugno è visibile la mostra “Chronicle of an assassination foretold”, “Cronaca d’ un assassinio annunciato”: un progetto di Amos Gitai, curato da Hou Hanru con Anne Palopoli. Una mostra multimediale: con pannelli informativi, tele e collages di Gitai, plastici e foto riguardanti la tragica serata del 4 novembre 1995 a Tel Aviv, giorno dell’assassinio di Ytzhak Rabin, e schermi dove si proiettano immagini di “Rabin, The Last Day” , il film del regista israeliano, dedicato appunto all’uccisione del premier, presentato a settembre scorso alla 72ma Mostra del cinema di Venezia. Una mostra nata - come precisato dallo stesso Amos Gitai - non solo come omaggio al premier israeliano a vent’anni dal suo assassinio, che bloccò gravemente il processo di pace in Medio Oriente iniziato, due anni prima, con gli storici accordi di Oslo e di Washington; ma anche come tentativo di ritrarre l’atmosfera di crisi e di tensione che pervade, purtroppo, la società israeliana di oggi. Sempre di Gitai, ci sarà poi uno spettacolo teatrale su questo tema, in scena l’estate prossima al festival di Avignone (per poi spostarsi al festival di Napoli, e da lì a Berlino e a New York). Amos Gitai ha realizzato un’esposizione che colpisce l’anima degli spettatori con un’atmosfera che ricorda, per certi aspetti, quella dello struggente “santuario dei bambini” dello Yad Vashem di Gerusalemme. Mentre la proiezione - alla serata inaugurale della mostra - di “Rabin, The Last Day” (non ancora distribuito in Italia), ha fatto riflettere il pubblico non solo sul tema specifico della pellicola, ma, più in genera- cianti cristiani che vivevano insieme agli ebrei, si adoperarono come Francesco Nardecchia e le sorelle Arcangela e Maria, nel momento del pericolo e della persecuzione, come i nobili Pediconi e Costaguti, famiglie legate al territorio per i loro magnifici palazzi e il legame con gli ebrei dell’ex ghetto. Non dimenticando, ed è un obbligo ricordarlo, i “ricordari”, gli urtisti che offrivano ai pellegrini e ai turisti i souvenirs. Le loro licenze centenarie, che non sono state riconvertite nel mondo contemporaneo, nella difficile realtà commerciale di oggi, quelle licenze sono state cancellate, tradite dagli amministratori del Campidoglio, annullando una storia dei romani e degli ebrei romani che hanno fatto di Roma una città da grandi tradizioni. Resta la Fontana delle Tartarughe a Piazza Mattei, restaurata più volte, senza i bambini che vi si tuffano l’estate per trovare refrigerio. L’acqua della fontana continua a cantare e a narrare le storie di una Roma povera ma forse più umana, i ricordi di tanti anni fa. GEORGES DE CANINO Nella foto: a sinistra Occhialone, al centro in primo piano il capostipite dei Verdura Samuele Zì Sed ('o Cecio) con vicino Flora, la moglie, a destra Gino Moscati 'o Shamash del Tempio Maggiore. Sullo sfondo la salsamenteria Diotallevi le, sulle possibilità del cinema, e delle altre forme d’espressione artistica, di centrare il rapporto tra democrazia e violenza politica nelle societa contemporanee e, soprattutto, di contribuire alla crescita d’un mondo migliore. FABRIZIO FEDERICI MAGGIO 2016 • IYAR 5776 “I portoni di Portico d’Ottavia si raccontano”, è un progetto di Alberto Di Consiglio che si è sviluppato nel 2014, a seguito della pubblicazione del libro “Il Ribelle del Ghetto, la vita e le battaglie di Pacifico Di Consiglio, Moretto”, a cura di Maurizio Molinari in coproduzione con Alberto Di Consiglio nel 2009. In seguito è nato il progetto “Memorie ebraiche”, vita, racconti, immagini e tradizioni della Comunità ebraica di Roma prodotto dal Centro di cultura ebraica CER, www.memoriebraiche. it. Necessitava raccogliere una documentazione sul dopo 16 Ottobre ‘43, una mappatura del rione, ex area del ghetto della Roma degli anni ‘30. Una ricerca della vita, dell’economia, dei costumi, degli antichi mestieri, delle attività della popolazione, fatta a lungo raggio con interviste alle persone più anziane, localizzando botteghe e case, riuscendo a ricostruire attraverso le strade e i numeri civici le famiglie e gli abitanti, raccogliendo foto e documenti essenziali per avere una completa visione della vita degli ebrei dopo la liberazione di Roma il 4 giugno del 1944. La ricerca e l’enorme quantità dei materiali raccolti sono stati depositati alla SIAE per proteggerne il valore culturale e scientifico, storico e morale delle testimonianze, di un rione che era stato prima ghetto ed era rimasto ghetto anche dopo l’Unità d’Italia, 37 ROMA LIBRIEBRAICA Due cuori in cattedra La storia dei professori Vittorio Segrè e Lilia Panzieri MAGGIO 2016 • IYAR 5776 N 38 el contesto delle famigerate leggi sulla “difesa della razza” ed in particolare sull’espulsione degli alunni e docenti dalle scuole primarie e secondarie e dalle università ed il conseguente potenziamento delle scuole della Comunità israelitica di Roma si colloca l’interessante ricerca di Giuliana Piperno Beeer e Silvia Haia Antonucci “Sapere ed essere nella Roma razzista” Gli ebrei nelle scuole e nell’università (1938-1943). Nella tragedia che colpì la Comunità ebraica italiana, molto integrata nel tessuto sociale e culturale dell’Italia dell’epoca, la mia attenzione si sofferma su un aspetto direi quasi intimistico. La copertina del libro riporta una foto presa dall’Album della Scuola Media Israelitica, Istituto tecnico superiore di Roma, Classe IV, a.s. 1941/42. Nella foto è rappresentato un giovane professore che interroga l’alunna. Sappiamo dal risvolto di copertina che la studentessa interrogata è Giulia Sermoneta, ma nulla viene detto di quel professore. Leggendo il libro ho rinvenuto quel docente (pag. 54, Fig. 25) in un’altra foto che rappresenta la classe II della Scuola Media Israelitica (Istituto Tecnico Superiore), a.s. 1939/40. Proverò a ricostruire momenti della vita di quel periodo di questo ignoto professore. Nel numero giugno 1984 di Shalom a pag. 28 vi è una testimonianza di Giulia Coen e Franca Ottolenghi sulla loro esperienza di studentesse dopo le leggi razziali: “La scuola ebraica incominciò a funzionare a via Celimontana (nell’a.s. 1938/39) in una villa molto bella che però dopo un anno venne requisita, così fummo trasferiti in via Balbo, nei locali sopra il Tempio... Per Diritto ed Economia venne un altro insegnante di grande preparazione e prestigio, il professore Segre di Genova, che ci portò ad un livello universitario, tanto che quando facemmo gli esami dell’ultimo anno arrivammo tutti a prendere nove... Una curiosità: il professor Segre quando interrogava noi ragazze (noi due e Tina Scazzocchio) lo faceva immancabilmente sul Diritto matrimoniale, tanto che alla fine eravamo tutte e tre ferratissime in materia”. Il professore descritto nella testimonianza riportata, è il docente della copertina del libro anzi citato. Nel ricordo delle alunne viene individuato come il prof. Segre: in realtà il suo cognome era Segrè, veniva effettivamente da Genova ed insegnava diritto ed economia. Era nato a Pisa nel 1908 e si era trasferito nel 1920 a Venezia in quanto il padre, avv. Cesare Segrè era stato chiamato a ricoprire l’incarico di Segretario della Comunità ebraica della città. La madre, Alaide Castelli, era originaria di Arezzo. Laureatosi a Bologna in Giurisprudenza e a Firenze in Scienze politiche, il prof. Vittorio Segrè si era abilitato per insegnare diritto ed economia e filosofia e storia alle Scuole medie e alle Scuole secondarie superiori ed aveva insegnato, tra l’altro, a Pola e Fiume. Nel 1937 si trasferì a Genova per avvicinarsi al confine e tentare di espatriare con i genitori (era figlio unico) percependo che la situazione per gli ebrei stava cambiando in peggio, ma nel 1938 il padre muore e la possibilità di emigrare in Francia si rivela molto più complessa di quanto immaginato. Viene così a Roma con la madre e dall’a.s. 1938/39 all’ultimo anno di apertura delle scuole ebraiche (a.s. 1942/ 43) insegnerà con passione, allegria ed umanità Diritto ed Economia presso l’Istituto tecnico superiore. In quella stessa scuola insegnava una bella e volitiva giovane docente, la prof.ssa Lilia Panzieri, nata a Roma nel 1912, che aveva due fratelli minori: Liana, che dopo la guerra sarebbe diventata anche lei professoressa in lettere e Franco, laureato in giurisprudenza, che sarebbe diventato un dirigente della Remington. La professoressa Lilia Panzieri in quel settembre del 1938 si sentì crollare il mondo due volte addosso. Aveva infatti vinto il concorso a cattedre per italiano latino e greco per la scuola media e la scuola secondaria superiore e quasi contemporaneamente veniva cacciata dall’insegnamento. Eppure affrontò con forza, come gran parte dei correligionari, gli avvenimenti che si stavano compiendo. La Scuola ebraica, come molte testimonianze riportano, era un centro d’eccellenza: docenti di grandi qualità professionali ed umane e giovani che sentivano di vivere, nonostante tutto o proprio per questo, in un ambiente ricco di stimoli e di cultura. In questo contesto il prof. Vittorio Segrè svolgeva la sua professione con serietà ed ironia. Accadde che si ammalò in modo serio e ripresosi tornò ad insegnare ancora molto sofferente. La professoressa Panzieri si intenerì per l’aspetto sofferto del prof. Segrè e da lì incominciò una frequentazione che li portò a fidanzarsi, a sposarsi nel 1950 , e ad avere un figlio. I due professori sarebbero rimasti sempre insieme oltre che nella vita anche nell’insegnamento. Lei ad insegnare italiano e latino nella sezione A del Liceo Scientifico Statale di Roma Avogadro. Lui ad insegnare nello stesso liceo filosofia e storia. Entrambi erano molto amati dagli alunni perché oltre alla grande preparazione infondevano nel loro insegnamento quella capacità, che non sempre si rinviene, di saper coinvolgere i giovani, interessarli alle materie e trasfondere con equilibrio alcuni dei principi che sono alla base dell’ebraismo: il senso di giustizia, di responsabilità, di amore per la vita, il rispetto per gli altri e l’amore e la curiosità della conoscenza. Quando, ancora in servizio, il prof Segrè morì prematuramente i suoi studenti testimoniarono il loro affetto ricordandone l’allegria e la profondità leggera del suo insegnamento. Alla stessa stregua, quando la prof.ssa Panzieri andò in pensione a settanta anni i suoi studenti inviarono una petizione al Provveditorato agli Studi di Roma per chiedere una deroga per mantenerla in servizio. La Scuola ebraica di via Celimontana e poi di via Balbo era stata una palestra di cultura e di vita per gli studenti ma anche per i docenti. Un mondo si andava sgretolando lasciando dolori indelebili ma il risveglio dalla tragedia avrebbe portato, come in questo caso e come in tanti altri, una speranza di rinascita alla quale l’ebraismo non ha mai rinunciato nei secoli. Durante il periodo dell’occupazione nazista di Roma accaddero ai due professori una serie di episodi che sarebbe interessante raccontare, come quello che vide il prof. Vittorio Segrè nascondersi a via Tasso di fronte alle prigioni della polizia di sicurezza nazista. Ma questa è un’altra storia. IL FIGLIO, GIORGIO SEGRÈ Un grazie dagli autori È con grande piacere che siamo in grado di dare un nome al docente che compare sulla copertina del nostro libro “Sapere ed essere nella Roma razzista”: si tratta del prof. Vittorio Segrè che insegnò Diritto nell’Istituto Tecnico Commerciale in via Balbo, negli anni 1941-1943. Lo ha riconosciuto il figlio Giorgio, che ringraziamo. Silvia Haia Antonucci e Giuliana Piperno Beer LA PILLOLA DEL MESE DOPO Le parole che nun t’ajo ditto N onostante il fitto scambio epistolare tra l’Accademia della Crusca ed il sottoscritto, le divergenze di opinioni non hanno permesso di approdare ancora ad una soluzione chiara e soddisfacente per entrambi. Questo il contenuto dell’ultima lettera: “Gentile sig. Bondí, in merito alla sua richiesta del 21 marzo u.s. le significhiamo che la parola da lei proposta è si ben formata, ma simile ad un’altra già esistente che rende bene l’idea dell’aggettivo al quale intende riferirsi, più precisamente la parola “ripetitivo”. Evidentemente non avevo ben reso l’idea, mi sono quindi sentito in dovere di controbattere: “Gentile Accademia, Vi prego considerare il seguente esempio: ho provato a dire a coloro che mi facevano continue richieste di giochi su Facebook come candy crush, candy crush saga, dragon city, pirate kings etc. etc. che erano ripetitivi, ma nessuno ha colto il messaggio così come volevo intenderlo. Molti, invece, hanno desistito nel momento in cui ho scritto loro che erano “REPETOSI”, a volte con l’utilizzo di alcuni rafforzativi quali ahó, eeh, ammazza etc. etc. (a titolo di esempio “Ahó ammazza se sii REPETOSO eeh!!”). Vi dirò di più, in alcuni casi ho persino ottenuto la cancellazione della loro amicizia sul social network sopra citato. Detto quanto sopra, insisto nella richiesta di inserire la parola “REPETOSO” nel vocabolario italiano, vista la sua provata e totale efficacia. In merito alle altre parole da me richieste trovo anche qui da ridire in merito alle vostre obiezioni. Ad esempio la parola “PACHETOSO” può tranquillamente non solo sostituire l’aggettivo pauroso, ma fungere anche da rafforzativo ed addirittura essere coniugato. Alcuni esempi chiariranno meglio il concetto: “come è pauroso” si traduce con “com’è PACHETOSO”, “si è impaurito” con “s’è IMPACHETITO”, ma anche il classico “ha avuto paura” con “c’ha avuto na’ PACHETE!!” Vi ricordo inoltre il sinonimo di tale parola: “CHASVODOSO”, che può assolvere esattamente alla stessa funzione, fenomeno difficilmente riscontrabile nella lingua italiana. Che dire poi degli altri suggerimenti dati con le parole “CHANNOSO” e “SPONGOSO”? Provate infatti a dire “carino” e non avrete mai lo stesso effetto del “com’è CHANNOSO!”, così come potrete chiedere al cameriere una portata con il giusto equilibrio tra i diversi ingredienti o essere molto ben condita, ma non otterrete mai il risultato da voi voluto se non con la parola “SPONGOSO”. Ancora, in merito alla proposta di inserimento del termine “DESCDITTA”, parola che compendia più categorie di persone: menagrami, pessimisti, catastrofisti, malinconici, rattristati, negativi.. insomma una sola parola che può perfettamente descrivere gli stati d’animo più bui dell’essere umano. Riconosco infine le vostre rimostranze sull’ambiguità della parola “ADDABBERA”, però mi trovo costretto ad insistere proprio sulla sua proprietà di ambivalenza. Dove trovate infatti una parola che può essere usata per significare sia “dare” che “avere”? Ad esempio il classico “avanti dai la maglia alla signora”, tradotto con :”Ma naaamo ADDABBERA!”, fa il paio con “prendi i soldi”, tradotto con “ADDABBERA i mangoddi!” Certo di un Vs. cortese riscontro, Vi saluto cordialmente.” Quest’ultima lettera attende ancora una risposta, avessero PACHETE che gli rubo il mestiere?! ATTILIO BONDÌ Prende avvio da questo numero una originale rubrica che è, per questo giornale, una novità per certi versi addirittura inconsueta: una striscia cartoon che nello stile tipico della moderna fumettistica tratterà dei temi dell'attualità. Il merito di questa avventura, e che ha accettato la sfida di raccontare nel suo forte e incisivo tratto di penna, è di Sigmund Dollinar che si avvale della collaborazione nella stesura dei testi di Marcello Bondi. A loro il mio ringraziamento e l'auspicio che piacerà ai lettori. IL DIRETTORE MAGGIO 2016 • IYAR 5776 A volte un tratto di matita vale più di mille parole 39 DOVE E QUANDO MAGGIO 16 18.00 Centro di Cultura Ebraica - Libreria Kiryat sefer Libreria Kiryat Sefer, via del Tempio, 2 – ore 18.00 L U N E D I Presentazione del libro “I santuari dei nostri amori” 18 di Noemi Vogelmann. Intervengono con l’autrice: Georges de Canino, Marco Morselli. Modera Claudio Procaccia - Info: 065897589 [email protected] ------------------------------------------------------------------------------- 17.30 UCEI - DIPLOMA UNIVERSITARIO IN STUDI EBRAICI Centro Bibliografico Tullia Zevi, Lungotevere Sanzio 5 MERCOLEDI Diritto e Halakhà - Intervengono: Luigi Mattuolo, Daniela Piattelli, Umberto Piperno. Modera: Fabiana Di Porto. In occasione della pubblicazione di due libri di Francesco Lucrezi, Ed, Giappicchelli. Sarà presente l’autore. 20.00 ADEI WIZO - Il PitiglianI 19 Il Pitigliani, via Arco de’ Tolomei, 1 L’Adei Wizo e Il Pitigliani, in collaborazione con tutte le organizzazioni sionistiche di Roma, organizzano il Seder di Yom Hazmauth. Aderiscono l’Ambasciata d’Israele in Italia e l’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede Tema di quest’anno: “Melting Pot” le differenti etnie presenti in Israele Info e prenotazioni: Micaela 065897756 – 065898061 [email protected] ------------------------------------------------------------------------------- 17.00 LE PALME La Parashà della settimana “Emor”, G I O V E D I a cura di Rav Roberto Di Veroli 19.00 ADEI WIZO Incontro-confronto con le candidate UCEI 21.00 Centro di Cultura Ebraica 25 25/26 Teatro Italia, via Bari 18 Rappresentazione teatrale in giudaico romanesco della compagnia “Quasi stabile” di Alberto Pavoncello: L’altra parte di me: l’omosessualità. Talk show con: Cecilia Angrisano, Benedetto Carucci Viterbi e Gianni Dattilo ------------------------------------------------------------------------------- 16.30 ADEI WIZO Per un libro al mese: parliamo del libro “Finché le stelle MERCOLEDI saranno in cielo” di Kristin Harmel. Ed. Garzanti ------------------------------------------------------------------------------- 10.00/18.00 ADEI WIZO Gran Bazar di Primavera: vendita in sede e brunch MERC. GIOV. Prodotti originali e artigianali per la vostra estate! Non mancherà la nostra sempre richiesta gastronomia! ------------------------------------------------------------------------------- 26 MAGGIO 2016 • IYAR 5776 GIOVEDI 40 30 13.00 LE PALME In occasione di Lag Ba omer mangiamo insieme! 20.30 Il PitiglianI “Percorsi di scrittura: ebraismo mondo” Siegmund Ginzberg Ne parla Victor Magiar, interviene l’autore Info: Micaela 065897756 [email protected] ------------------------------------------------------------------------------- 14.00/18.30 UCEI - DIPLOMA UNIVERSITARIO IN STUDI EBRAICI MASTER IN CULTURA EBRAICA E COMUNICAZIONE L U N E D I Centro Bibliografico Tullia Zevi, Lungotevere Sanzio 5 – La 614sima mitzwà: non dare una vittoria postuma a Hitler. Shoah, ritorno a Sion e filosofia in Emil L. Fackenheim (1916-2003) nel centenario della nascita Intervengono: Myriam Silvera, Irene Kajon, Paola Ricci Sindoni, Liliana Picciotto, Benedetto Carucci Viterbi, Massimo Giuliani 31 20.00 ADEI WIZO Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio, 16 – ore 10.00 M A R T E D I Visita alla mostra “Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento” Info e prenotazioni in sede GIUGNO 02 07 17.00 LE PALME 09 17.00 LE PALME Festeggiamo con gelato e dolci G I O V E D I ------------------------------------------------------------------------------- 18.30 Il PitiglianI (data da confermare) In collaborazione con Jcall: Ari Shavit e Maurizio Molinari “Israele oggi a 50 anni dalla Guerra dei 6 giorni” MARTEDI Introduce Giorgio Gomel, coordina Daniele Fiorentino Info: Micaela 065897756 [email protected] ------------------------------------------------------------------------------- GIOVEDI 14 MARTEDI Aspettando Shavuot: lezione di Rav Roberto Di Veroli 20.30 ADEI WIZO Teatro Sala Umberto, Via della Mercede, 50 - Galà di Beneficenza ADEI WIZO Bagliori: “Or neshamà - Le luci dell’anima” con l’étoile Giuseppe Picone a favore della messa in sicurezza dei Centri per l’infanzia Wizo in Israele ------------------------------------------------------------------------------- 17.00 LE PALME Giochi di società: Ruzzle, nomi, cose, città e altro NOTES ADEI La Presidente Nazionale convoca la 61^ Assemblea Generale e ordinaria delle Associate a norma dell’art. 9 dello Statuto Adei Wizo. Domenica 22 maggio 2016 Sede dei lavori: Via Gombruti, 9 Bologna. Inizio dei lavori ore 10:30 IL PITIGLIANI Domenica 22 maggio l’Associazione Amici Maghen David Adom in Italia organizza un corso di primo soccorso per adulti iscritti ad una Comunità Ebraica. Il corso sarà tenuto da Alessandra Guggenheim. Info: Silvia Voghera [email protected] Gruppo Ghimel Ogni giovedì dalle 16.30 con Elisabetta Moscati Anticoli Prossimi appuntamenti: - 19 maggio: conversazione con Amit Zarouk, portavoce e consigliere stampa dell’Ambasciata di Israele a Roma - 26 maggio ore 17.00 Daniel Della Seta “Il colore della notizia” - 9 giugno: pranziamo insieme alle 12.-30 per salutarci in vista dell’estate Info: [email protected] Programmi educativi Domenica 15 maggio ore 11.00 Gita di fine anno con le Domeniche di ebraismo ed il Talmud Torah! In collaborazione con il Tempio di Ostia Shirat AhYam Info: Roberta [email protected] Lunedì 30 maggio ore 17 Saggio di fine anno di Avanim (2-5 anni) Martedì 31 maggio ore 19.30 Saggio di fine anno di Pitimania e Mediamo: saggi di teatro, scherma, hip hop, baby gym, taekwondo, coro e rappresentazioni dei bimbi partecipanti Da giovedì 9 giugno dalle 8.30 alle 16.30 Centri estivi per bambini dai 6 ai 14 anni: sport, laboratori, piscina e compiti delle vacanze! Pranzo e pulmino da Piazza Bologna Giovedì 16 giugno ore 20.00 Hai tra i 14 e i 18 anni? La tua passione è la cucina? Partecipa alle selezioni per essere ammesso al corso di formazione con la chef Laura Ravaioli! Info, iscrizioni e regolamento: Federica 065897756 [email protected] Giovedì 30 giugno Inizio Centro estivo Avanim SHABAT SHALOM NASCITE BAR/BAT MITZVÀ Yoni Di Cori di Angelo e Fabiana Efrati Eleonora Vespasiani di Saul e Simona Raccah David Colombo di Angelo e Laura Sabatello Elisheva Moresco di Alberto e Katiuscia Limentani Noah Pavoncello di Alberto e Sara Sonnino Gabriele Moscati di Ferruccio e Linda Sufir Natan Moscati di Settimio e Orit Buhnik Gaia Funaro di Rodolfo e Micaela Salmoni Avigail Rossi di Nello e Rossella Di Porto Kerol Di Nepi di Fabio e Valentina Limentani Yael Sciunnacche di Massimo e Grazia Sonnino MATRIMONI Davide Bentura – Carolina Addadi Bruno Funaro – Inbar Meyshar Leo Pavoncello – Alessia Perugia RINGRAZIAMENTI Il Presidente della Deputazione Ebraica Bonfiglioli ed il Consiglio desiderano ringraziare tutti coloro i quali hanno permesso la realizzazione delle scatole in occasione della festa di Purim; in particolare: Laura Raccah (Il Mondo di Laura), Alberto Ouazana, Claudio Spizzichino, Angelo Spizzichino (Pascarella), Antica Stamperia, Ghidon Fiano e la pasticceria Boccione. Si desiderano, inoltre, ringraziare i ragazzi del Bene Berith per i pacchi da loro gentilmente offertici. Il Presidente della Deputazione Ebraica Bonfiglioli ed il Consiglio ringraziano Milena Pavoncello, Direttrice della Scuola Elementare Vittorio Polacco, e le Scuole Medie Angelo Sacerdoti e Renzo Levi per la generosa partecipazione in occasione della “Giornata delle Buone Azioni” (Good Deeds Day). Prosegue da molti anni l’attività di diffusione del pensiero e delle tradizioni ebraiche a cura di Moise Levy. Quest’anno ha messo a disposizione gratuitamente – all’indirizzo http://libri.levy. it/omer - la possibilità di scaricare il libretto per il conteggio dell’Omer nei giorni che intercorrono tra Pesach e Shavuot. E’ possibile scaricare il libretto costituito da 4 pagine in formato Pdf stampabili. Dopo il successo dello scorso anno torna a grande richiesta “Krav maga per tzedaka”. L’evento, nato dalla collaborazione tra Delet, Assessorato alle politiche giovanili e la Securdan Krav Maga Academy si svolgerà il prossimo 25 maggio ed è aperto a tutti. Un modo carino per fare tzedaka divertendosi e allo stesso tempo aiutare chi ne ha bisogno. Anche in questa occasione il ricavato sarà interamente devoluto in beneficenza. Parashà: Emor Parashà: Bechukkotai Venerdì 20 MAGGIO Venerdì 3 GIUGNO Nerot Shabath: h. 20:11 Sabato 21 MAGGIO Mozè Shabath: h. 21:15 -------------------------------------Parashà: Bear Sinai Nerot Shabath: h. 20.22 Sabato 4 GIUGNO Mozè Shabath: h. 21.26 -------------------------------------Parashà: Bemidbar Venerdì 27 MAGGIO Nerot Shabath: h. 20.17 Sabato 28 MAGGIO Mozè Shabath: h. 21.21 Venerdì 10 GIUGNO Nerot Shabath: h. 20.27 Sabato 11 GIUGNO Mozè Shabath: h. 21.30 AUGURI È nato Nathan Naccache. Mazal tov ai genitori, Gabriel Naccache e Deborah Moscati, e alle famiglie, in particolare al nonno Claudio Moscati, presidente della consulta della CER. I migliori auguri a Saul Perugia, sorvegliante della CER e a Manuela Moscati per la nascita di Ilai. Un bar mitzvà per 30 bambini Se D-o vuole, il prossimo 7 giugno si svolgerà un bar mitzvà in Israele per 30 bambini provenienti da famiglie disagiate. La cerimonia sarà tenuta al kotel e seguirà un pranzo per i ragazzi e le loro famiglie in una sala a Gerusalemme. Chabad Lubavitch di Roma si occuperà di fornire tutto il necessario: i tefillin, le talitot, gli abiti, i pullman per i parenti, ecc. ecc. Il contributo di 700 euro sponsorizzerà il bar mitzvà per un ragazzo. Ogni contributo è ben accetto. Il Museo della Shoah cerca volontari La Fondazione Museo della Shoah cerca personale volontario per le prossime iniziative museali. Le persone selezionate parteciperanno ad un Corso di formazione sulla Memoria della Shoah. Sede dell’attività sarà la Casina dei Vallati in Portico d’Ottavia, 29. Le domande di adesione dovranno pervenire al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected] corredate di dettagliato curriculum vitae e lettera motivazionale. Per informazioni 698260959 / 3459236057 dal lunedì al giovedì dalle 10 alle 13. CI HANNO LASCIATO Aldo Amati 11/09/1922 – 16/03/2016 Clara Di Capua ved. Di Segni 31/10/1922 – 04/04/2016 Enrica Di Consiglio ved. Pavoncello 04/12/1922 – 04/04/2016 Pacifico Di Segni 02/04/1934 - 31/03/2016 Enrica Di Veroli ved. Spizzichino 13/08/1922 – 01/04/2016 Umberto Efrati 11/02/1946 – 01/04/2016 Paola Fiorentini 04/02/1927 – 27/03/2016 Giovanni Grego 04/12/1938 – 16/03/2016 Aldo Mieli 14/11/1929 – 20/03/2016 Cesare Perugia 17/06/1925 – 08/04/2016 Gina Piazza O Sed ved. Di Segni 29/07/1926 – 19/03/2016 Santiago Schmidov 18/01/1936 – 13/04/2016 Mario Terracina 18/12/1948 – 26/03/2016 Diamantina Tesciuba ved. Tagliacozzo 02/01/1949 - 03/04/2016 IFI 00153 ROMA - VIA ROMA LIBERA, 12 A TEL. 06 58.10.000 FAX 06 58.36.38.55 MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Kailah, Rachele Elisheva Di Porto di Marco e Letizia Perugia Ilai, Avraham Perugia di Saul e Manuela Moscati Edoardo, Settimio Terracina di Roberto e Sarah Polacco Samuele De Santis di Roberto e Raffaella Moresco Nathan Naccache di Gabriel e Deborah Moscati Noa Sassun di Ralph e Sharon Di Porto Ghila Pavoncello di David e Micaela Di Nepi Jacob Lapo Pavoncello di Marco e Nicole Messica 41 LETTERE AL DIRETTORE voce lettori La dei MAGGIO 2016 • IYAR 5776 Magistrati radiati Caro Direttore, ho ricevuto il numero di “Shalom” (marzo 2016), in cui a pag. 33 si trova un articolo a proposito del “Consiglio Superiore della Magistratura che incontra la Comunità Ebraica di Roma”. In quell’incontro sono stati ricordati i magistrati che furono radiati a seguito delle Leggi razziali. E’ stato però dimenticato il nome di mio padre, Sergio Piperno Beer z.l. che nel 1939 era pretore a Milano e che, in base alle Leggi razziali, venne in quell’anno allontanato dal servizio in magistratura. Dopo la Liberazione mio padre poté rientrare in magistratura e continuare la sua carriera, arrivando fino alla carica di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione. Ricoprì inoltre numerose cariche nell’ambito dell’ebraismo italiano: fu consigliere della Comunità di Roma nel dopoguerra; nel 1956 fu eletto prima consigliere e poi Presidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, carica che ricoprì per 20 anni fino alla sua morte nel 1976. Desidero ricordare alcuni momenti significativi della sua presidenza: promosse la ricerca e la pubblicazione del volume storico di Renzo De Felice,”Gli ebrei italiani sotto il fascismo” (1961); collaborò con il card. Agostino Bea alla stesura della prima bozza della dichiarazione “Nostra Aetate” sui rapporti della Chiesa cattolica con l’ebraismo (1965); ebbe parte attiva nel facilitare l’entrata in Italia e l’accoglienza di migliaia di profughi ebrei in fuga dalla Libia nel 1967. Credo che la sua attività abbia contribuito in maniera significativa alla ricostruzione e al recupero della dignità delle Comunità Israelitiche Italiane dopo le persecuzioni e le perdite degli anni precedenti. Con un cordiale shalom. GIULIANA PIPERNO BEER 42 Alcune dimenticanze Egregio Direttore, in merito all’articolo apparso su Shalom di marzo 2016, pag. 34, “Io sopravvissuto ad Auschwitz per il dovere di parlare”, riguardante la testimonianza di Sami Modiano presso il Convitto Nazionale di Roma, volevo precisare che nelle righe dove si parla dell’esibizione dal titolo “Viaggio” dei ragazzi del liceo coreutico, non è stato riportato il nome della coreografa Alessandra Di Segni, docente di Tecnica della danza contemporanea e Laboratorio coreografico presso lo stesso Istituto. Inoltre l’ex allieva menzionata, giovane professionista che sta attualmente lavorando in Israele, è Dana Terracina. A mio avviso nominare gli autori è doveroso e altresì necessario quando si tratta dei pochissimi artisti correligionari professionisti dell’arte coreutica che operano all’interno delle Istituzioni statali e soprattutto se, con il loro lavoro, contribuiscono ad accrescere la sensibilità dei giovani e delle istituzioni verso l’eclettico e variegato mondo ebraico. Volevo segnalare ancora che l’evento è stato organizzato dalla Prof. ssa Stefania Buccioli la quale da anni opera nella scuola in maniera significativa per la divulgazione della cultura ebraica nei suoi vari aspetti. Con la speranza che la prossima volta siate meno distratti, invio un cordiale shalom. ALESSANDRA DI SEGNI Ringraziamenti Gli Asili Infantili “Rav Elio Toaff” ringraziano sentitamente l’OSE per la donazione di oggetti molto utili alla Scuola, provenienti dalla dismissione della Villa di Caletta di Castiglioncello. Un altro grazie sincero giunga anche alla “Società dei Compari” che ha elargito agli Asili la somma di seicento euro in beneficenza. Ge- [email protected] sti come questi fanno sentire ancora alto il calore della solidarietà e permettono di continuare il nostro impegno verso una serena e gioiosa educazione ebraica. LA PRESIDENTE E IL CONSIGLIO DEGLI ASILI Un invito a svegliarsi Mi compiaccio con Shalom per la pubblicazione dell’articolo di Michael Laitman, che non ho il piacere di conoscere, ma del quale condivido perfettamente il contenuto (numero di Marzo 2016 pag. 21). Prima di me e di lui anche Moshe’ Rabbenu aveva scritto (Deut. 32,29): “Se i figli di Israele fossero saggi penserebbero al loro futuro”. Purtroppo molti mi ricordano i viaggiatori del Titanic: la nave affondava ed essi ballavano. Alcuni ragionano come la maggior parte degli ebrei nel 1938 (inizio delle leggi razziali): “sono italiano di fede mosaica, a Roma non succederà nulla di grave”. Quando a settembre del ‘38 la mia famiglia fuggì da Roma molti ci criticarono e non pochi di loro furono deportati mentre noi nella allora Palestina sfuggimmo alla Shoà e alla Guerra grazie alla previdenza di mio Padre. Chi non vede più in là del suo naso non si preoccupa e campa “alla giornata”. Mi è stato riferito che una personalità di spicco dell’ebraismo romano ha asserito che la sua maglia ha il n. 10, alludendo al giocatore Totti della Roma che ha sempre giocato in quella squadra senza mai trasferirsi in altra città. Ovviamente non auguro a nessuno conseguenze tragiche per poter dire poi “avevo ragione”. Il previdente compera l’ombrello quando il tempo è sereno e può sceglierlo con calma. Quando piove ci si deve accontentare di ciò che offre il mercato se ancora l’articolo non è esaurito. Se queste poche righe contribuiranno a “svegliare” qualche dormiente, avrò raggiunto lo scopo. BRUNO DI CORI, GERUSALEMME. Gratitudine per una storia di solidarietà Mauro ha 12 anni e i nonni gli dicono di lasciare la sua cameretta ed il suo letto e di mettersi a dormire su una cassapanca all’ingresso. Ma che succede? Siamo a Roma, all’indomani del 16 ottobre ’43, e tre donne, ebree, sono venute a casa di nonno Umberto e nonna Delia a cercare un rifugio per quello che sta tragicamente accadendo nella città. Nonna Delia non ha esitazioni: prepara tre letti e dice: “è giusto così”. Le tre donne sono Lidia Ascoli con una cugina ed una zia. I nonni di Mauro e gli Ascoli sono stretti da vecchia e profonda amicizia, alla trasteverina, tanto da non poter smentire in nessun caso quegli intaccabili principi che caratterizzavano un tempo i rapporti fraterni fra due famiglie amiche di quello straordinario rione. Nei giorni successivi il piccolo Mauro viene incaricato dai nonni di andare a controllare i negozi dove lavoravano i fratelli di Lidia, Sandro e Amedeo: nel primo, un negozio di elettricità, trova Sandro con una decina di ebrei tutti nascosti nel sottobottega, e per loro Mauro cercherà qualcosa da mangiare mentre nel secondo negozio, una tappezzeria, la situazione è più tranquilla e Mauro si trattiene per un po’ e per rendersi utile carda un po’ di lana. La zia e la cugina di Lidia vanno via dopo un po’ di tempo mentre Lidia rimarrà nascosta fino all’arrivo degli Americani il 4 giugno del ‘44. Per lei, ricorda Mauro, arrivata così all’improvviso con solo il vestito che aveva indosso, per farla cambiare bisognava lavare il vestito stesso perché era una donna alta e in casa non disponevano di vestiti della sua taglia. Sono passati molti anni da allora, i protagonisti di questa storia sono ormai scomparsi e Mauro, ex dirigente della De Agostini, è oggi un bel signore pensionato. È stato merito di Rav Amedeo Spagnoletto SHALOMשלום EBRAISMO INFORMAZIONE CULTURA che, abitando nello stesso palazzo di Mauro e venendo a parlare con lui dei fatti sopra ricordati, sentendo il cognome Ascoli mi ha informato di questo episodio che, pur riguardando la mia famiglia, non conoscevo. Lo spontaneo sentimento di gratitudine per la famiglia ha sollecitato la convinzione di poter in qualche modo fare un atto di riconoscenza ed in proposito con grande disponibilità e prontezza la nostra Presidente Ruth Dureghello ha raccolto il mio pensiero. Così lunedì 4 aprile abbiamo potuto insieme, Ruth, Amedeo e me, consegnare un attestato CER alla memoria dei nonni Umberto Brugnoli e Delia Marchetti nelle mani di un emozionatissimo Mauro Catteruccia alla presenza di sua moglie e delle sue tre figlie in una cornice ufficiale ma in un’atmosfera amichevole, cordiale e particolarmente commossa. MAURIZIO ASCOLI Urtisti: recuperare un briciolo di dignità Vi scrivo queste righe in qualità di urtista. Dal 10 luglio tramite determinazione dirigenziale, veniamo subdolamente allontanati dall’area Colosseo e da zone limitrofe senza possibilità di ricollocazione e dialogo con la giunta Marino. Dal quel maledetto momento, nonostante la comunità si sia adoperata per un possibile dialogo, invano purtroppo, molte delle 105 licenze, con annesse famiglie, sono ridotte allo stremo. Abbiamo atteso, invano, possibili dialoghi con la giunta e gli assessori: nessuno ci ha dato ascolto, anzi molto spesso l’opinione pubblica, essendo a nostro sfavore, ha spesso denigrato l’urtista in quanto ebreo, confondendolo spesso con i camion bar. Ora, ringraziando comunque chi si è adoperato invano e senza tregua per noi, lavoratori onesti, vorrei far presente a tutti coloro i quali imperversano sui social network, vedendo che gli Urtisti hanno offerto possibilità di dialogo a Salvini e a Giorgia Meloni, che si tratta di dialogo e null’altro. La giunta Marino ci ha ingannati, disillusi e affamati e con essa anche la comunità ebraica non ha avuto una buona immagine. Il nostro è solo un tentativo di recuperare un briciolo di dignità che il lavoro e l’onestà ci avevano permesso e che vorremmo recuperare, senza essere denigrati ed insultati. Un cordiale Shalom. ALEXIA TERRACINA Smokéd / affumicato: un gioco di parole. Una sfida nel segno di uno humor che non vuole offendere nessuno, ma sorridere di tutto. Problemi con gas e petrolio in Basilicata. Sarà difficile dare la colpa a Israele. I Territori di Lucania e Basilicata, peraltro, furono occupati dai Mille di Garibaldi già nel 1860. Smokéd Giacomo Kahn Direttore responsabile Attilio Bondì Ghidon Fiano Marcello Bondi Sara Habib Riccardo Calimani Gisèle Lévy Giorgia Calò David Meghnagi Giorgia Calò Angelo Pezzana Georges De Canino Clelia Piperno Mario Del Monte Jacqueline SegretariaSermoneta di redazione Jonatan Della Rocca Giuditta Servi Yuri Di Castro Micol Sonnino Piero Di Nepi Miriam Spizzichino Sigmund Dollinar Sarah Tagliacozzo Benny Fadlun Francesca Tardella Alessandra Farkas Daniele Toscano Fabrizio Federici Ugo Volli Jacqueline Sermoneta [email protected] Cell. 392.9395910 DIREZIONE, REDAZIONE Lungotevere Sanzio, 14 - 00153 Roma Tel. 06.87450205/6 - Fax 06.87450214 E-mail: [email protected] [email protected] - www.shalom.it Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposto a riconoscerne il giusto compenso. 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MAGGIO 2016 • IYAR 5776 PER LA VOSTRA PUBBLICITÀ 43 www.positivoagency.com LASCIA UN BUON SEGNO TESTAMENTI I progetti di Lasciti e Donazioni danno pieno valore alle storie personali e collettive degli amici del popolo ebraico. Un testamento è una concreta possibilità per aiutare oggi e domani l’azione del Keren Hayesod. FONDI Il nostro buon nome dipende dalle nostre buone azioni. Un fondo a te dedicato o alla persona da te designata, è la migliore maniera di lasciare una traccia duratura associandola ad un ambito di azione da te prescelto. I temi ed i progetti non mancano. Una vita ricca di valori lascia il segno anche nelle vite degli altri. Nel presente e nel futuro. PROGETTI Il KH ha tanti progetti in corso, tra gli altri; progetti per Anziani e sopravvissuti alla Shoah - Sostegno negli ospedali - Bambini disabili - Sviluppo di energie alternative - Futuro dei giovani - Sicurezza e soccorso - Restauro del patrimonio nazionale. Progetti delicati, dedicati, duraturi nel tempo. Di cui sei l’artefice. Giliana Ruth Malki - Cell. 335 59 00891 Responsabile della Divisione Testamenti Lasciti e Fondi del Keren Hayesod Italia vi potrà dare maggiori informazioni in assoluta riservatezza Enrica Moscati - Responsabile Roma Tu con il Keren Hayesod protagonisti di una storia millenaria KEREN HAYESOD Milano, Corso Vercelli, 9 - Tel. 02.4802 1691/1027 Roma, C.so Vittorio Emanuele 173, - Tel. 06.6868564 Napoli, Via Cappella Vecchia 31, tel. 081.7643480 [email protected]