La fonte - Periodico dei Terremotati Molisani
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La fonte - Periodico dei Terremotati Molisani
la fonte GENNAIO 2013 ANNO 10 N 1 periodico dei terremotati o di resistenza umana € 1,00 dove c’è un’ingiustizia, il silenzio è la voce della complicità Roy Bourgeois lotta e contemplazione persone incisive Rosalba Manes “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi” (Mt 5,11-12). Le persone che ti segnano di più nella vita sono i profeti. Uomini e donne che incontri quasi per caso, ma che scopri come dono della Provvidenza. Sono lampi, ma fanno seguire tuoni. Semplici, discreti, essenziali, alternano con grande flessibilità espressioni di sdegno ad ampi sorrisi. Persone che sanno stare nel segreto della propria stanza e sotto il cielo di una grande piazza. Persone che coltivano la vita interiore, coniugando la parola alla sua sorgente, il silenzio. Leggono gli eventi e scavano in essi per reperire fili spezzati che gli altri non vedono e impiegarli per tessiture antiche e nuove. Tesi tra due amori - a Dio e al prossimo - compiono gesti che incidono la storia e pronunciano parole che si conficcano dentro come chiodi. Il solo apparire della loro sagoma e il solo pronunciare il loro nome infastidisce. La loro presenza percuote le abitudini pigre e la superficialità di chi è inconsistente. La “volpe” che a loro si accosta senza raggiungerli non ha altra arma che la bugia. Ma il vento forte della verità soffia e la bugia è come pula che si disperde… la fonte Direttore responsabile Antonio Di Lalla Tel/fax 0874732749 Redazione Dario Carlone Domenico D’Adamo Annamaria Mastropietro Maria Grazia Paduano Segreteria Marialucia Carlone Web master Pino Di Lalla www.lafonte2004.it E-mail [email protected] Quaderno n. 91 87 Chiuso in tipografia il 26/08/12 19/12/12 [email protected] Grazie a quanti hanno rinnovato l’abbonamento consentendoci di esistere. Siete la nostra unica risorsa. Noi ce la mettiamo tutta per non deludere le vostre attese, ma voi sosteneteci non solo economicamente ma anche con osservazioni, critiche, suggerimenti. E’ insieme che cambiamo la storia del Molise. Il tuo sostegno ci consente di esistere la fonte ABBONAMENTI PER IL 2013 ITALIA SOSTENITORI AUTOLESIONISTI € 10,00 € 20,00 € 30,00 2 fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 Stampato da Grafiche Sales s.r.l. via S. Marco zona cip. 71016 S. Severo (FG) Autorizzazione Tribunale di Larino n. 6/2004 Abbonamento Ordinario € 10,00 Sostenitore € 20,00 Autolesionista € 30,00 Estero € 40,00 ccp n. 4487558 intestato a: la fonte molise via Fiorentini, 10 86040 Ripabottoni (CB) noi stiamo qui Antonio Di Lalla Il 2013 lo apriamo con una buona notizia: il nostro periodico, sempre più inserito nel dibattito molisano, turba i sogni di qualche faccendiere, profittatore, politicante o come diavolo si voglia appellarlo. Questa è una garanzia che siamo sulla buona strada e allora diamo per certo che continueremo ad essere sempre più importuni e incisivi. Alcuni figuri loschi e vigliacchi si sono presi la briga di inondare Bonefro, e non solo, di lettere anonime infamanti e denigratorie nei miei confronti, senza naturalmente spiegare il motivo di un simile attacco bilioso. Il testo della lettera mostra che l’estensore, verosimilmente donna, è andato inutilmente a scuola per anni, vista l’incapacità di esprimersi correttamente e di raccordare le varie frasi scopiazzate dai giornali. I complici poi se la cavano così male col computer che nella loro incapacità hanno dovuto desistere e completare gli indirizzi a stampatello, volutamente contraffatto, ma non tale da essere irriconoscibile. Utili indizi sono stati da noi forniti alle forze dell’ordine perché individuino queste squallide “zoccole” di fogna, amanti di putridume, che hanno paura della luce del sole. Nostra grande soddisfazione sarà mettere in copertina le loro impresentabili facce, per una specie di legge del contrappasso, una volta individuate, più che la giusta punizione perché, da nonviolento, ho preferito anzitutto autodenunciarmi in modo che si indaghi sul mio passato recente e remoto, a scanso di ogni dubbio. Un amico ha chiosato: non so se sei ancora vergine, ma di certo hanno fatto di te un martire, finendo per rafforzare le vostre battaglie! Anni addietro ci fu un vile attentato dinamitardo di stampo fascista alla sede de il manifesto. Il giorno dopo titolarono “noi stiamo qui”. Non vogliamo dare eccessiva importanza a dei maniaci repressi e frustrati, capaci di agire solo nell’ombra, ma ne approfittiamo per ribadire che la nostra linea editoriale non si sposta di un millimetro, anzi si radicalizza, visto che abbiamo scoperto che sicuramente diamo fastidio a più di una persona. In questi giorni stiamo lottando contro l’apparato di certa sinistra, in verità molto democristiana, e contro tutti quelli che si sono rinchiusi nella cabina di regia perché facciano svolgere le primarie non solo a livello nazionale ma anche a livello regionale. Certamente noi non voteremo chi eventualmente e ottusamente le impedirà, ma anzi ci contrapporremo con tutte le nostre forze alla sua elezione. Non ci interessa che un amico o un amico di amici vinca e occupi uno scranno, ma voglia- mo la buona politica, fatta di confronto democratico e progettualità seria in modo che porti la regione fuori dalle secche dovute alla prolungata e pessima gestione del governatore Iorio. Pertanto eventuali brutte copie sarebbero necessariamente peggiori di lui e dunque non godranno di nessuna simpatia e appoggio da parte nostra. Il buon governo cammina sulle gambe di persone oneste, come presupposto, e competenti, come qualificazione. Tutto questo vale anche per coloro che si candidano al senato e alla camera. Avranno ancora la faccia tosta di ripresentarsi quelli bocciati più volte nel centrosinistra e quelli che hanno votato perché credevano che Ruby era la nipote di Mubarak nel centrodestra? Continueremo a denunciare puntualmente sprechi e ritardi nella ricostruzione post-sisma perché è indecoroso che dopo dieci anni si stia ancora nelle fatiscenti baracche, come è inopportuno che si ricostruisca in zone franose, tanto che della strana situazione di piazza mercato a Casacalenda ci siamo premurati di farne segnalazione alla procura della repubblica fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 di Larino. Con Libera Molise ci opponiamo alle mafie che stanno conquistando la regione, nonostante le endemiche povertà che la rendono poco appetitosa anche alla criminalità organizzata, e con Pax Christi vogliamo coniugare i due termini - pace e giustizia ancora drammaticamente antitetici. E poi chiesa altra, ecumenismo, economia solidale, convivialità di differenze e di popoli, emarginazione e marginalità, rispetto e promozione dell’ambiente e un po’ tutti i temi e le problematiche con cui ci imbattiamo: cerchiamo di farcene carico e di contribuire a trovare risposte adeguate. Non saranno dei minus habens ad intimidirci con le loro lettere anonime e minatorie. La comunità di Bonefro, che ringrazio di cuore, ha reagito con sdegno e compatta nei confronti di chi cercava di offendere la sua intelligenza con insinuazioni false e pedestri, tanto che non si è mai discusso se il contenuto potesse essere vero o falso, ma ci si continua a interrogare, facendo mille congetture, sul perché alcuni sono rimasti esclusi da questa massiccia e fetida pioggia di missive! Un suggerimento a questi rimestatori di cacca: non siate anche spilorci oltre che abietti, riparate a questa discriminazione con un secondo lancio di letame! Non so per quale associazione di idee ma mi viene da accostare i bonefrani ai greci che, allorquando i persiani per intimorirli dissero che, nella imminente tenzone, le loro frecce avrebbero oscurato il sole, risposero, senza scomporsi, che così avrebbero combattuto più comodamente all’ombra! Men che mai questi idioti ammantati di anonimato riuscirebbero ad impressionare e a far desistere dall’esprimere le loro libere opinioni i collaboratori della rivista che, data la loro caratura, andrebbero avanti benissimo, se non meglio, senza di me. Sostanzialmente i tapini attapinati hanno fatto un buco nell’acqua, ma qualora queste ignobili larve umane volessero mettere su qualche altra vigliaccata sanno dove trovarci: noi stiamo qui. ☺ 20 3 spiritualità sporcarsi le mani Michele Tartaglia Per chi, come me, vive nella società con la pretesa di presentare il Dio di Gesù Cristo al mondo di oggi, si ha la sensazione che il mondo ormai ci percepisca come lobbisti, per cui cattolico è sinonimo di appartenente a un gruppo di pressione per perseguire i propri interessi. Se questo aspetto è vero, in (gran) parte, per la gerarchia, per una parte (forse piccola) del basso clero ciò che spinge ad entrare nei dibattiti attuali è piuttosto l’ascolto della Parola di Dio, libri scritti da persone che hanno deciso di non tacere anche quando conveniva farsi i fatti propri; ed è per questo che sono stati perseguitati, diffamati, uccisi, proprio da quelle consorterie politico-religiose che avevano Dio sulle labbra ma oltraggiavano la sua immagine nei poveri cristi in carne ed ossa. Il principe di questi fastidiosi attaccabrighe è sicuramente Gesù Cristo, che non è morto di vecchiaia nel suo letto, bensì nel fiore degli anni su una croce; di conseguenza, ogni cristiano che voglia essere tale, non può tacere mai di fronte alle ingiustizie, anche quando il parlare può causare sofferenza, incomprensione o, peggio, gratuita diffamazione da parte di chi si sente colpito nel proprio bieco tornaconto. L’esempio più chiaro di seguace dello stile di Gesù, che ci viene dalla bibbia, è quello dell’apostolo Paolo che ha scritto le sue lettere per difendersi addirittura da chi, pur essendo battezzato, non tollerava la libertà interiore di Paolo e lo diffamava presso le sue stesse comunità. Nei confronti di costoro l’Apostolo usa dei toni forti, ma allo stesso tempo esprime ciò che lo muove: non la ricerca del consenso umano, non l’appiattimento sui gusti di 4 coloro che usavano l’intimidazione per imporre le loro idee, bensì la fede incrollabile in Cristo morto sulla croce e in quel Dio a cui dovremo rendere (tutti) conto: “Non ci perdiamo d’animo; al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio…Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù... Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2 Cor 4,1-10). La forza dei cristiani come Paolo non stava nell’audience ma nella coerenza con la fede in Gesù Cristo, anche quando costava in termini di fama, sapendo che proprio Gesù, per amore nostro, ha perso la faccia e la vita diventando maledetto secondo la Legge per donarci la salvezza, cioè la libertà: “L’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2 Cor 5,14-15). Il criterio di chi annuncia il vangelo non può essere quindi la convenienza umana, ma la fedeltà di fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 coscienza a quel Dio che ci ha donato la libertà di poterci sentire non schiavi dei padroni di questo mondo ma figli di quel Dio che ascolta il pianto degli oppressi ed è sceso per liberarli: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1). L’identità dell’evangelizzatore e quindi del cristiano (e a maggior ragione del prete) è data quindi dalla chiamata a seguire Cristo fino in fondo, cioè fino alla croce, e di annunciare nient’altro che le sue parole non certo tenere verso chi commetteva ingiustizie, perché Gesù sapeva guardarsi intorno, arrivare alle cause del male che vedeva e si impegnava in prima persona per sollevare chi subiva il male ingiustamente e per denunciare chi lo commetteva. Chiudo con altre parole (tra le tante) di Paolo che indicano a noi credenti di oggi la strada per uscire dalla posizione ambigua del lobbismo clericale e tornare alla limpidezza del vangelo, che non è data dal non sporcarsi le mani, bensì dal portare la luce della fedeltà alla Parola di Dio nelle tenebre del perbenismo umano: “Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però, poco importa di venir giudicato da voi o da un consesso umano; anzi, io neppure giudico me stesso, perché anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio” (1 Cor 4,1-5). ☺ [email protected] glossario brividi Dario Carlone ne della realtà, non più trasparente, nel bene come nel male; è qualcosa di sordido, di viziato da stereotipi e pregiudizi, da voci infondate, artefatte o peggio ancora inventate. È la sensazione raggelante di un vento che sferza la mia vita e quella degli altri, che viola le coscienze e approfitta dell’ingenuità e della buona fede; vento che manipola e rende inefficace qualsiasi ricerca della verità. È l’ospite veloce senza piedi, senza ossatura a sostenerlo - come nei versi di Emily Dickinson - che irrompe nella nostra esistenza e poi fugge via, lasciando una sensazione di incapacità, di sfiducia. È il vento che ci investe tutti e costringe a rabbrividire quando ci rendiamo conto di non essere in grado di contrastarlo, quando vediamo svanire qualsiasi tentativo di fare chiarezza! “… se viene l'Inverno, La sinistra potrà la Primave- ra esser lontana?” si augurava P. B. Shelley. Ed io con lui! È un vento di speranza quello che attendiamo! ☺ [email protected] Scatto d’autore di Guerino Trivisonno Wind chill [pronuncia: uind-cill]. Il freddo polare dei giorni della merla richiama alla mente questo termine appartenente al lessico specifico della biometereologia. È il fenomeno della perdita di calore corporeo: non è tanto il freddo, quanto la presenza del vento a far sì che il corpo umano avverta una temperatura più bassa di quella reale, sensazione scientificamente misurata in base ad un “indice di raffreddamento”, che calcola oltre alla temperatura percepita, anche la velocità del vento. Più le raffiche sono forti, più intenso è il freddo e maggiore diventa la dispersione del calore prodotto dall’organismo. Wind chill dice la locuzione, composta dal sostantivo wind (vento) e da chill - sia sostantivo che verbo - che in italiano traduce “brivido” o “rabbrividire”. La scelta di questo termine? È dovuta ai brividi frequenti che mi attraversano la schiena in questo anno che volge al termine. Indubbiamente dovuti all’età che avanza, mi sono detto; imputabili la maggior parte alle storture cui ci ha abituati il vivere contemporaneo, ho dovuto amaramente ammettere. E allora procedo per associazioni: vento uguale pali eolici che sempre più numerosi vedo prolificare in terra di Molise, ad offuscare beni archeologici e paesaggi senza una effettiva ricaduta economica; vento di voci che si alzano a manifestare e denunciare - le sentite? -; vento di cambiamento contro un immobilismo e una staticità che dura da troppi anni, segno di vitalità, di attenzione, di desiderio di contare e partecipare. Vento forza rigeneratrice, vento riscatto da una condizione di dipendenza o subordinazione, vento risveglio da un torpore prolungato. Vento brivido nel gelo, wind chill. Il brivido che più frequentemente avverto assomiglia ad una strana percezio- fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 molisana senza prospettive 5 xx regione fraintendimenti? Cristina Muccilli L'intelligenza non avrà mai peso, nel giudizio di questa pubblica opinione. Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai da uno dei milioni d'anime della nostra nazione, un giudizio netto, interamente indignato: irreale è ogni idea, irreale ogni passione… (Gli italiani - P. Pasolini) Fraintendimenti d'epoca. Credevo che la crisi ed il fermento sociale di questi ultimi anni avrebbero portato inevitabilmente ad un cambiamento nel modo di pensare la politica. Credevo che l'inarrestabile allontanamento del PD dalle reali problematiche del paese, gli scandali che hanno toccato tutte le compagini, la prona condivisione delle politiche montiane e la bocciatura del dissenso come “antipolitica”, avessero messo in serio pericolo non solo la governance storica del centrosinistra ma addirittura avessero minato la solidità dell'intera struttura. Poi sono arrivate le primarie e ho capito quanto erronee e stupide fossero state le mie aspettative. Il nuovo che avanza: Bersani. Credevo che Vendola (malgrado i limiti della sua non limpida esperienza da governatore) potesse, grazie alla sua innegabile capacità di aggregare, contribuire al rilancio di un polo alternativo, potesse aiutare a riscrivere una grammatica di sinistra. Dopo ogni strage negli Usa, si invoca il controllo delle armi. A me pare funzionino benissimo www. spinoza. it 6 Poi sono arrivate le primarie... Credevo che i gruppi di cittadinanza critica, che mal digerivano le prassi antidemocratiche di imposizione delle candidature, che reclamavano pubblicamente scelte partecipate ed auspicavano per il nostro territorio un drastico cambia- mento culturale, programmassero con una nuova prospettiva di scelte quanto più largamente condivise. Poi è sopraggiunto il periodo preelettorale e mi sono accorta che (forse) è già bello e confezionato un pacchetto di candidature di cui si vocifera, si suppone, si presume. Oggi ho partecipato all'assemblea regionale di “Cambiare si può” , neonato movimento di alternativa al centrosinistra e tentativo di ricostruzione della sinistra radicale. Sinteticamente i punti programmatici: fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 - rielaborazione dell'idea di Europa e rinegoziazione del debito pubblico; - rilancio dell'economia sulla base di migliaia di piccole opere di immediata utilità pubblica, rifiuto delle grandi opere inutili, economicamente insostenibili, dannose per l'ambiente e la salute; - ripristino delle norme a tutela del lavoro e del welfare; - riassetto del territorio e riconversione ecologica dell'economia (so che la sintesi non favorisce la comprensione); - abbattimento dei costi della politica e limite massimo per i compensi pubblici e privati, abolizione del metodo di tassazione indiscriminata, lotta alle mafie e alla corruzione; - politiche di inclusione, drastica riduzione delle spese militari e termine a tutte le operazioni di guerra; - politiche di valorizzazione dei beni comuni e rispetto della volontà dei cittadini espressa con i referendum del 2011. E tanto altro ancora. All'assemblea erano presenti i volti noti della sinistra radicale e qui nasce la prima perplessità: quale rappresentanza sarà possibile? Poi, con grande stupore, ho scoperto la partecipazione di compagni insospettati, come definirli, centristi dal cuore rosso? E questa la seconda perplessità. Fraintendimenti?☺ [email protected] mi abbono a la fonte perché nell’Aida suonano pure i corni politica Nella rivoluzione francese si gridava libertà, uguaglianza e fratellanza, tre parole che hanno ispirato e condizionato la storia dell’800 e del ‘900. Tre idee rivoluzionarie che hanno tirato fuori la politica dagli intrighi di palazzo e dai desideri dei regnanti di allora, tre principi che sono serviti a dare alla politica la dignità dell’etica e alla morale la forza della politica. Nei due secoli che abbiamo alle spalle in nome della libertà si sono affermate le società democratiche dell’occidente, poi la libertà si è scambiata per liberismo, ha perso la sua anima e si è sciolta nell’individualismo, nel consumismo, nell’arbitrio e nell’ingiustizia sociale. L’uguaglianza è diventata la bandiera dei paesi del socialismo reale, anche lì dalle buone intenzioni della rivoluzione bolscevica si è rapidamente passati al dominio di una oligarchia di partito, alla cieca repressione stalinista di ogni diversità di pensiero. Lo spirito egualitario ha perso la sua spinta propulsiva ed è finito sotto il muro di Berlino. La fratellanza, ovvero la capacità di gioire degli altrui successi, è un’aspirazione troppo alta, troppo nobile per trovare cittadinanza in qualche angolo di mondo. Nel ‘900 sono state scritte fra le pagine più sordide della nostra storia recente e al pari tempo in quel secolo si sono compiute imprese che hanno esaltato i sentimenti più civili della nostra storia. In quello che è stato battezzato il secolo breve politica, etica e ideologia si sono scontrate in campo aperto; alla fine il meglio ha avuto la peggio, ma il confronto e lo scontro delle idee vi è stato. Oggi di che si discute? Siamo nel vuoto pneumatico, peggio, siamo immersi in una melma che rischia di sporcare tutto e tutti. L’ultima campanella l’ha suonata Enrico Berlinguer: era il 1983 quando il segretario del Pci in una intervista a Scalfari sollevava “una grave questione morale” e denunciava il già grave degrado dei politici, dei partiti e del sistema istituzionale. Parole giuste, ma totalmente inascoltate: persino nel suo partito vi era chi sosteneva che quelle di Berlinguer erano affermazioni moralistiche e prive di senso politico. In questi ultimi trenta anni i partiti si sono quasi tutti trasformati in consorterie indegne, la politica si è occupata di interessi particolari e famigliari, la gente è stata abbandonata al suo destino. Perché consorterie indegne Famiano Crucianelli sorprendersi dell’astensionismo, dei successi di Grillo e del ribellismo qualunquista che attraversa parti consistenti della società ? Certo non tutti i partiti sono eguali, non tutti i politici sono della stessa razza e, cosa di grande importanza, vi è ancora una parte ampia della società che è pronta ad impegnarsi nella buona Politica, che chiede e vuole partecipare. Infatti, quale altro senso dare alla straordinaria partecipazione di popolo alle primarie del centrosinistra, se non quello di una domanda di politica e di cambiamento! Ma una rondine non fa primavera e già si sentono i rumori dei vecchi attrezzi e il vecchio rischia di divorare rapidamente quel poco di nuovo che ha osato manifestarsi. Proprio qui a casa nostra, in Molise, sono riprese le antiche consuetudini, le trame sotterranee, gli organigrammi e le spartizioni nelle segrete stanze, lo scambio del bene comune con gli interessi di pochi. Se così dovesse andare sarebbe l’ennesimo errore clamoroso. Come con la tela di Penelope, si disfa di notte ciò che si dice di giorno, importante è che il tempo passi, poi quando saranno rimaste poche ore decideranno i soliti noti. Tutti sembravano d’accordo nel fare le primarie per il candidato alla presidenza della regione; in realtà tutti o quasi quelli che decidono hanno lavorato perché la parola fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 non tornasse ai cittadini. In Lombardia hanno tempestivamente fatto le primarie e scelto con il voto popolare del centrosinistra il candidato, in Molise oggi 19 dicembre mentre scrivo queste righe ancora nulla si conosce e si sentono nel sottoscala argomenti pretestuosi per evitare la prova democratica delle primarie per le elezioni regionali. Certo non si potrà sfuggire alle primarie per gli aspiranti parlamentari e bisogna rendere merito a Bersani che ha imposto questa scelta e al pari tempo, però, bisogna evitare che questa scelta non si risolva in una sceneggiata e anche per quest’esito disgraziato vi sono tutte le premesse.☺ [email protected] 7 xx regione sopravvivranno le tribù Giulia D’Ambrosio Quella che viviamo ogni giorno è una guerra che si combatte senza fucili, senza cannoni, senza bombe, ma con le sofisticate armi di distruzione di massa della grande finanza internazionale. Una guerra che viene da lontano, che dilaga e contagia anche i paesi europei. Gli uomini della grande finanza sparano i loro colpi cliccando sulle tastiere e trasferendo in un attimo cifre virtuali da capogiro. È una sofferenza reale, cruda, drammatica, in ogni aspetto della vita quotidiana. Dai colpi delle agenzie di rating, allo schieramento della “troika”; dai provvedimenti del Fondo Monetario Internazionale alle misure della Banca Centrale e della Commissione Europea. Far cadere il governo, ad un passo dalle elezioni, mostrando i muscoli di un partito che non esiste più se non nella figura tragica di un uomo politicamente finito, annulla tutti i sacrifici lacrime e sangue sulle spalle dei più deboli. Noi non abbiamo bisogno di una volontà aggressiva, abbiamo bisogno di una logica riformatrice. Viviamo in un mondo in cui il dolore di uno è soffocato e nascosto dal dolore di un altro. Nessuno è peggiore, nessuno è minore. Sono dolori che si rincorrono nella comune indigenza di questo nostro tempo, forse di ogni nostro tempo. Per ritrovare la convivialità che ci serve a non autodistruggerci dobbiamo rifiutare ogni volontà aggressiva e accogliere con critica serenità ogni logica riformatrice. Il modello culturale italiano per il Washington Post è segnato dall’evasione fiscale eccessiva, da mancanza di spirito civico e dal nepotismo che esclude automaticamente la meritocrazia. Come dargli torto? Se poi ci aggiungiamo uno stato inefficiente che massacra famiglie, attività produttive, sanità, istruzione il default del nostro Paese è assicurato. La Germania continua a sottrarci quote di mercato estero, la nostra industria e la nostra occupazione si contraggono sempre più e con ciò il peso dei settori improduttivi (settore pubblico, burocrazia, ecc.) sarà il macigno che ci trascinerà giù in fondo al lago se non sapremo reinventarci nella consapevolezza che comunque l’Italia resta il numero due nella produzione industriale europea anche se le aree di eccellenza restano davvero poche, tanto che in alcune regioni siamo paragonati alla Grecia o al Portogallo. Bene. Che dire della parte produttiva del Molise? Forse è meglio parlare dei paesaggi, dei tratturi, delle aree incontaminate, dei paesini fantasma in cui finiti gli anziani legati “alla terra” non resterà nulla. Non è sempre colpa di qualcun altro se restiamo in questa condizione di “molisolamento”. Un grande storico arabo, Ibn Khaldun disse “Nel deserto sopravvivono solo le tribù, tenute insieme da un forte senso di appartenenza”. Ebbene se la comunità molisana restasse una tribù, se cacciasse via tutti gli usurpatori, se facesse risvegliare un grandioso senso di appartenenza, allora sì che potemmo partecipare ad un nuovo rinascimento in questa terra di pastori, di gente semplice che ha bisogno soltanto di fiducia e di lealtà.☺ [email protected] 8 Gentile redazione, mi sembrava troppo lo spazio che avete dato alla politica sul numero di dicembre, ma poi ascoltando, nella bella trasmissione sulla costituzione, Roberto Benigni richiamare l’importanza di occuparsi di politica e del voto mi sono resa conto che ancora una volta avete ragione. Continuate così e soprattutto date voce anche a noi perché quelli che hanno occupato le istituzioni e che si ostinano a fare clientelismo e accordi sotto banco senza un confronto serio e leale vadano a casa per sempre. Erminia - e mail Carissimi, attraverso il giornale vorrei lanciare un appello: non si ripresentino più i vari Ruta, Massa e quelli che hanno mantenuto il sacco a questi professionisti che ci hanno fatto perdere tutte le ultime elezioni. Decenza vorrebbe che vadano a pesca, perché il loro tempo è finito. Al segretario del pd senza la elle del Molise, tale Leva, burattino nelle mani di Ruta che sta con lui e contro di lui contemporaneamente, vorrei mandare a dire: se non si fanno le primarie per individuare il candidato presidente della giunta regionale non speri che andiamo a votare per Frattura che, avendo già perso una volta, farebbe bene a non chiedere il bis. Ci è bastato il padre che non solo vuole essere campato da noi ma chiede anche regolarità! Basta con i figli d’arte che vogliono proseguire sulla scia dei padri in politica. Finora non sono stati migliori di loro: basta vedere i Di Pietro o i Bossi junior per farsene un’idea. Fernando - e mail Complimenti per il giornale. È un periodo che mi mancano gli articoli e gli appuntamenti della Lipu, che stanno lavorando così bene nel bosco di Casacalenda e lo stanno rendendo un’attrattiva. Senza il loro verde e solo con i begli articoli del Giannotti il vostro rosso non risalta bene! Facciamo qualcosa perché quel tipo di Leva, che non solleva nulla neppure a casa sua, indica le primarie per il presidente della giunta regionale e pure per il listino. Le voci che circolano su accordi già fatti spero che siano infondate, perché altrimenti significa che si sono già accordati per perdere di nuovo. Se sbagliano tattica e strategia vorrà dire che vogliono vederci con i forconi nelle sedi dei partiti. Se chi ben comincia è a metà dell’opera, questi sinistrati si sono avviati male. Siamo militanti, non militonti. Giacomo mi abbono a la fonte perché l'opera lirica e' un posto dove un uomo viene pugnalato e, invece di morire, canta. fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 europa Una burocrazia inetta si è mascherata da classe dirigente ed ha giocato con l’autonomia regionale dilapidando fondi pubblici in favore di fortune private. Negli ultimi decenni i discendenti dei podestà, e dei loro accoliti, si sono intrufolati ai vertici della pubblica amministrazione per orientare la spesa su progetti di corto respiro, finalizzati ad arricchire una casta di imprenditori, tecnici e amministratori, che hanno utilizzato i partiti come taxi e hanno cambiato corrente o colore, limitandosi a seguire la direzione del vento. I cittadini sono stati relegati al ruolo di sudditi, privati dei loro diritti e spronati a emigrare, a tacere ed ubbidire in ragione di promesse, favori, clientele o intimidazioni. Il luogo piccolo ha consentito un ferreo controllo delle voci di dissenso che sono state abbattute con l’indifferenza, la denigrazione, l’isolamento o colpi bassi. Per la razza padrona è stato facile insinuarsi nei gangli di ogni ufficio pubblico con una capacità di conservazione di potere invidiabile. L’autonomia regionale ha accelerato questo fenomeno con la scomparsa dei controlli nazionali sulla spesa e la consequenziale esplosione del debito. Il fallimento di questi burosauri annidati nelle nicchie decisionali è sotto i nostri occhi. Il Molise è crollato, l’economia langue, la sanità è agli sgoccioli, le aziende chiudono, le scuole scompaiono, i giovani migrano, il ceto medio impoverisce, i commercianti abbassano le saracinesche, le imprese edili portano i libri in Tribunale, gli avvocati si fanno causa l’uno con l’altro in assenza di clienti, gli agricoltori fermano i trattori, i treni arrancano come nel Far West, l’assistenza sociale è negata, il diritto alla casa è un sogno, il pubblico impiego licenzia, per andare in pensione si passa prima per il cimitero e il territorio è devastato da installazioni invasive e da impianti di rifiuti inaccettabili. Dobbiamo prendere atto che la regione è da reinventare, riprogettare e ricostruire sotto il profilo morale, legale, sociale, amministrativo e produttivo. Nulla sarà procrastinabile del modello pregresso con le sue muffe clientelari, le reti familistiche, i campanilismi arcaici, i favoritismi per i soliti noti, le opere inutili e la spesa allegra. Bisogna prendere il coraggio a piene mani e disegnare un nuovo modello di sviluppo con un apparato istituzionale reinventare la regione Michele Petraroia essenziale, un forte orientamento verso gli investimenti privati, un convinto sostegno verso i giovani e le imprese, un’attenzione rigorosa alle regole, e una sobrietà che dovrà partire dall’alto e dai comportamenti della politica e della dirigenza. Per le prossime scadenze elettorali non ci si potrà soffermare alla cosmesi ma sarà necessario rigirare le istituzioni come un guanto con cambiamenti radicali a tutti i livelli. Il centrosinistra avrà il dove- Prima di tutto si individui una soluzione che preservi l’unità della coalizione, definisca poche priorità di totale discontinuità col passato e si adoperi per dividere lo schieramento avversario. Faccia un passo indietro la rivendicazione personale e si dia spazio al progetto generale, agli obiettivi di cambiamento e alla capacità di sintesi tra diverse sensibilità, con rispetto reciproco e chiarezza programmatica. Il Molise non ha bisogno di egoismo, di urla e di propaganda, ma di risposte serie, concrete e difficili. Mai come ora serve un governo dei processi economici, una riscrittura amministrativa, un riordino istituzionale e una cucitura di forze per realizzare un'unica tela e comporre un solo mosaico. Non è il tempo dell’uomo solo al comando o delle individualità. Superare una cultura di clientele, di favori e di elusione delle regole, impone di costruire un nuovo modello di lavoro collettivo improntato alla valorizzazione di ogni energia all’interno di un percorso condiviso, partecipato e comune. Se amiamo la nostra terra adoperiamoci con passione, impegno e abnegazione.☺ re di guidare l’Italia verso l’Europa dei popoli, della democrazia partecipata e dei diritti universali di cittadinanza, dove la dignità di un uomo valga più dello spread. Servirà più equità, tassare i patrimoni, far pagare i ricchi, combattere l’evasione e reinvestire in giustizia sociale, in politiche di uguaglianza partendo dalla scuola, dalla sanità, dal lavoro e dalla casa. Non sarà facile sconfiggere il populismo italico che si annida nelle viscere dei milioni di berlusconidi che sono pronti a rieleggere il caimano al Governo del paese. E non sarà semplice vincere le elezioni regionali contro le truppe di Michele Iorio già schierate in ogni luogo di potere esistente in Molise. Sottovalutare la capacità di mobilitazione del centrodestra è un errore da non compiere. E sarebbe grave persistere in una spaccatura del centrosinistra in più pezzi che riuscirebbe nell’impresa disperata di riconsegnare la regione nelle mani di Iorio e Vitagliano. [email protected] fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 È in uscita un'edizione più moderna della Bibbia, edita Mondadori. Talmente moderna che... ... "date a Cesare quel che è di Cesare", dice uno della loggia P3. ... Sara e Abramo fanno l'inseminazione artificiale. ... Giuseppe chiede l'esame del DNA. ... il serpente offre a Eva un posto in Parlamento. ... l'apocalisse viene trasmessa su Mediaset Premium. ... ci sono le e-mail di San Paolo ai Corinzi. ... Matteo, Marco, Luca e Giovanni hanno un blog. ... una delle piaghe d'Egitto è la Bp. ... l'arca di Noè viene affondata da una motovedetta libica. 9 terzo settore resistenza costruttiva Leo Leone Non basta rassegnarsi al “non se ne può più”. Occorre andare oltre. Viviamo una stagione che pone a rischio i valori che nella storia hanno dato senso alla vita. Non si tratta di una tempesta caduta dall’alto ma di una melma che insorge da un inquinamento diffuso da cui ricavano interessi soprattutto i soggetti che dovrebbero operare per il bene comune nei ruoli di responsabilità sociale e politica che ricoprono. E questo si è verificato in diversi cicli della storia. L’umanità è da sempre alle prese con scelte che segnano il conflitto tra etica e affarismo. I precetti morali della storia hanno ripreso spazio dopo le più atroci forme di schiavismo, sfruttamento e individualismo sregolato. È dalla catastrofe più orrenda che l’umanità è riuscita a riscoprire il senso dell’etica a salvaguardia dei diritti di tutti, a partire dai più deboli. Dovremmo assumere coscienza che stiamo avvicinandoci ad uno di quei momenti in cui lo scadimento dei valori ha raggiunto livelli di squallore inaudito. La politica ne è diffusamente contagiata con l’asservimento ad un’economia che assegna tasse onerose a tutti i poveretti che debbono lavorare per agevolare il benessere dei pochi che intascano prebende e piaceri del tutto incontrollati. È questo un clima che pervade l’universo intero e che risulta più infestante in quei continenti che nella storia risulterebbero come le radici della civiltà dell’uomo: Europa e America. Rientriamo allora in casa nostra per sottrarci all’inquinamento che proviene da un mondo che sa di bolgia dantesca. Siamo ormai quotidiana- 10 mente tempestati da informazioni che scoprono i veli che per anni hanno occultato malefatte e ruberie di ogni stampo, al punto che si è tentati di riconoscerle all’interno di una cronaca che sa di quotidiano, per cui non c’è manco da meravigliarsi. Tuttavia vanno profilandosi segnali di resistenza alla stregoneria e alla turpe strategia di governo dei furbi che hanno superato i limiti della decenza nel campo della politica, dell’ economia e dell’etica. Le ultime testimonianze provengono dai paesi che non hanno di certo sovrabbondato in termini di legalità e di rispetto delle regole in campo politico. L’Egitto tra questi. Ma quel popolo sta dando lezioni di resistenza alla tirannia sostenuta da un integralismo religioso e a un dispotismo che sta attraversando una stagione di crisi che preannuncia scenari di liberazione. Per tornare in casa, rilanciamo la sfida che gli italiani lanciarono al mondo intero allorché, liberatisi del regime fascista, riuscirono a mettere su uno stato centrato sulle regole della democrazia, che seppe dialogare nel tracciare linee strategiche e programmi che si tradussero in una legislazione che diede il via ad una stagione libera e capace di innovare nel pieno respiro di una democrazia dialogica e volta al servizio del popolo. Furono gli anni che videro nascere una scuola per tutti, che acquistò vivo apprezzamento nel mondo intero per la sua modernità e qualità di servizio. Partiti dalla provenienza ideologica diversa si ritrovarono a delineare un progetto al servizio dei fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 cittadini in campo educativo, ma anche nei servizi essenziali quali la sanità, l’assistenza ai deboli, il rilancio di una economia che si adoperò per la ricrescita dei territori e delle categorie più deboli. Il fenomeno della transumanza da partito a partito, che oggi imperversa, non si registrò se non in casi isolati. Quel che ci intristisce e solleva in noi tutti il senso del rigetto nei confronti della classe politica è che alla carenza diffusa di una programmazione misurata ai bisogni dei tempi e dei cittadini, anche per svilupparne i talenti e le risorse, si contrappone una quotidiana litigiosità che non consente neppure un indice minimo d’intesa che si produca in progetti e legislazione diretti a realizzare il bene comune. Se andiamo a scorrere indici attinenti i servizi essenziali scopriamo che l’Italia naviga nella palude in molti settori. Solo per esemplificare, è di questi giorni il sondaggio che mette il nostro paese in coda al servizio sanitario per quanto riguarda i posti letto ogni mille abitanti. Siamo giunti a toccare il 3,52 per mille. E ce ne accorgiamo tutti per la drammatica stasi che attanaglia la sanità nel nostro Molise. Qualcuno è giunto a convincersi che è meglio restarsene a casa che ricoverarsi in ospedale dove, a parte il non servizio, manca anche la vicinanza e quel minimo di calore umano che attenua la sofferenza in famiglia. Ma non è forse giunto il momento di sollecitarci tutti per far rinascere la politica dal basso e darle voci e volti nuovi, visto che tra le poche luci di speranza che si avvertono intorno a noi c’è questa ripresa di voglia di fare da parte dei giovani? Segnali concreti ci vengono dai dati più recenti che ci forniscono numeri di rilievo di aziende create dagli under 35 che nei mesi tra gennaio e giugno di quest’anno hanno creato quarantamila aziende con una media giornaliera di 230. ☺ [email protected] europa Il 10 dicembre scorso l'Unione Europea ha ricevuto il premio Nobel 2012 per la pace per aver "contribuito a trasformare la maggior parte dell'Europa da un continente di guerra in un continente di pace" . All'annuncio del premio, avvenuto a Oslo il 12 ottobre, sono seguite reazioni critiche, delle quali è opportuno dar conto citandone un paio: - il Telegraph, in linea con il consolidato euro-scetticismo britannico, ha subito sentenziato: “l'Unione Europea ha vinto il Premio Nobel per la Pace nonostante un anno segnato da rivolte nelle strade di molte capitali e la prospettiva incombente di una brusca rottura nel bel mezzo di una crisi economica causata dall'euro”; - Perez Esquivel, premio Nobel per la pace nel 1980 per il suo impegno contro la dittatura Argentina, ha rincarato la dose dicendo: "Un premio senza senso: un riconoscimento per la pace dato a chi fa la guerra. No, il mio consenso non lo avranno mai". Questi due giudizi non saranno certamente piaciuti a Thorbiorn Jagland, Presidente del Comitato Norvegese del Premio Nobel e Segretario Generale del Consiglio d'Europa, come non gli sarà piaciuta la sottolineatura del fatto che dalla Norvegia, della quale Jagland è stato Primo Ministro, arrivano apprezzamenti per l'Unione Europea, ma non la richiesta di adesione alla stessa. Per parte nostra, non abbiamo difficoltà a riconoscere che tutte queste osservazioni critiche hanno un fondamento, ma dobbiamo aggiungere che esse nulla tolgono al valore della scelta fatta a Oslo. In una fase storica nella quale si tende ad ancorare il giudizio sulle istituzioni europee alle quotidiane difficoltà e contraddizioni dell'Unione Europea, appare assai utile un messaggio capace di richiamare sulla scena una vicenda storica che in pochi decenni ha capovolto il profilo geopolitico ed etico del vecchio continente. Appare utile proprio perché nella nostra memoria collettiva si vanno affievolendo i contorni di un'Europa preda di opposti e feroci assolutismi per i quali la vita dei cittadini era tenuta nel massimo disprezzo; perché lasciamo agli impolverati libri di storia il compito di ricordare che i rapporti tra i popoli europei erano stati il nobel all’europa Giovanni Di Stasi regolati per molti secoli sui sanguinosi campi di battaglia anziché intorno ai tavoli della diplomazia; perché riusciamo perfino a tollerare teorie che negano la verità storica degli stermini di massa. E poi ci meravigliamo che il sogno europeo di Ventotene scivoli lentamente verso la periferia del nostro cuore! Il Premio Nobel per la pace, assegnato all'Unione Europea, ci aiuta a riflettere sul valore storico della costruzione europea e sul fatto che, attraverso l'Unione Europea ed il Consiglio d'Europa, siamo riusciti a realizzare uno spazio continentale di convivenza civile, di libertà, di democrazia. Un continente nel quale milioni di cittadini erano stati sterminati, ha cancellato, con l'eccezione della Bielorussia, la barbara pratica della pena di morte. Quando il Comitato per il Nobel afferma di voler premiare l'UE per aver contribuito a “trasformare la maggior parte dell'Europa da un continente di guerra in un continente di pace" esprime, dunque, un giudizio fondato ed incontrovertibile e ci pone di fronte alle nostre responsabilità. Se è vero, infatti, che con il processo di costruzione europea abbiamo avviato un'opera imponente e preziosa, non possiamo sottrarci al dovere di implementare quel proces- fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 so di costruzione perché l'Unione Europea sta attraversando una fase di turbolenza finanziaria, economica, sociale e perfino di smarrimento valoriale. Al contrario, dobbiamo ripartire dall'immenso valore del progetto europeo fin qui realizzato e portarlo a compimento perseguendo con nuovo slancio l'obiettivo di realizzare in questo decennio gli Stati Uniti d'Europa. La costruzione politicoistituzionale incompiuta di cui disponiamo si è rivelata assai utile per il superamento dei conflitti bellici tra i popoli, per lo sviluppo di una crescente cooperazione e la condivisione di fondamentali valori civili ed etici. Essa, però, non è sufficiente per dare al vecchio continente una coesione economica, sociale e territoriale che consenta a tutti gli europei di godere concretamente dei diritti fondamentali contenuti nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo del Consiglio d'Europa e nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea. Il Premio Nobel per la Pace assegnato all'Unione Europea è, dunque, un riconoscimento dell'alto valore del compito fin qui svolto dall'Unione Europea, ma è sopratutto un formidabile stimolo a portarlo a termine. In quel Premio Nobel c'è anche l'implicito invito ai Norvegesi ad essere presenti nella prossima foto storica dell'Unione Europea e l'auspicio inespresso che gli inglesi assumano un atteggiamento più European e meno British quando quella foto sarà scattata.☺ [email protected] 11 convivialità delle differenze i moti dei popoli Erri De Luca Non ho proprietà salvifiche né terapeutiche, non posso salvare vocaboli, ma solo alzare una siepe intorno a una parola cercando di proteggerla dalla falsificazione. Per esempio non posso salvare l'aggettivo "madornale" dall'accoppiamento forzato col sostantivo "errore". Madornale, da maternale, indica in botanica il ramo principale che spicca dal tronco. Ha il senso di legittimo vigore. A braccetto con errore è diventato un guaio. In questa pagina mi sta a cuore la parola "ondata". Le pubbliche autorità la usano per nominare gli arrivi dei migratori nel territorio italiano. Dicono: ondate migratorie, suggerendo in convinta malafede l'effetto difensivo. Se sono ondate, cosa deve fare un litorale per proteggersi? Respingerle con dighe, scogliere, sbarramenti. Le ondate invadono, sommergono: aiuto! Ma non sono ondate. Sono invece flussi migratori. A definirli flussi però si perde tutto l'effetto difensivo, di paura di fronte a un pericolo. Chi si permetterebbe d'interrompere un flusso? È un crimine strozzare la circolazione. Sono flussi: rinnovano le fibre di una comunità che invecchia e che rallenta il rimpiazzo delle nascite. Sono flussi: vanno a riempire di nuova energia i lavori pesanti che la comunità anziana ha smesso di eseguire. Aggiungono fertilità di nascite e varietà di culture, dall'arte alla cucina. E i flussi non possono essere fermati. Per esempio da noi oggi abitano cinque milioni di nuovi residenti che non sono passati attraverso alcuna quota programmata. Non li abbiamo invitati anzi abbiamo cercato di respingerli fin dallo sciagurato e volontario affondamento del battello albanese "Kater i 12 caldo e di freddo. Ma sono inapplicabili a descrivere le mosse umane. I pubblici poteri spacciano vocabolario falso, dalle guerre pretese umanitarie, alla legge finanziaria detta di stabilità, che invece scuote forte le tasche di un paese in cui le famiglie vanno a vendersi i piccoli oggetti d'oro. In fine corsa di questa pagina spero di avere persuaso un lettore a sospettare il vocabolario del potere di falso in atto pubblico. Non sono ondate le migrazioni, sono flussi. Non invadono: irrorano. ☺ Rades" nel Canale di Otranto durante la pasqua d'aprile del 1997, in seguito a speronamento eseguito dalla corvetta "Sibilla" della Marina Militare Italiana. Officiava allora al governo Romano Prodi. Ci si arrogava l'arbitrio di effettuare un blocco navale, usando il vocabolario falso delle ondate migratorie. Da allora in poi non è servita a niente qualunque misura di sbarNon cercare mai ramento. Neanche la pena di morte sarebbe un efficace deterrente perché quei viaggi di cambiare qualcuno l'affrontano già. L'equivalente di dieci Titaper renderlo uguale a te. nic sono spalmati sul fondo del Mediterraneo, naufragando alla spicciolata. Dovresti sapere Sono flussi e affrontano le perdite oltrepasche uno basta. sando qualunque ostacolo di terra, di mare e di potere. Sono le innumerevoli molecole che formano il flusso. Neanche gli Stati Uniti, efficienti per natura, e con un immenso muro alzato lungo la frontiera del Messico, hanno impedito il travaso ispanico, che oggi è maggioranza del popolo americano. Allora io proteggo la parola "ondata" dalla contraffazione dell'autorità che li accosta ai viaggi delle migrazioni. Le ondate spettano al mare, qualche volta ai fiumi, per massima concessione si possono estendere alle ma- Carla Llobeta - Speriamo che piova caffè nel campo nifestazioni naturali di fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 convivialità delle differenze A partire dal secondo dopoguerra l’emergere del fenomeno migratorio, unito certamente ad altri fattori che vanno genericamente sotto l’etichetta di “globalizzazione”, è stato una concausa del deperimento del concetto di Stato-nazione e di un indebolimento del nesso Statoappartenenza-diritti di cittadinanza. La sovranità statale è, di fatto, oggi al centro di varie forze o fenomeni centripeti, che incidono sulla sua erosione. Da un lato, vanno segnalati i fenomeni, spesso tra loro connessi, della caduta della partecipazione, del proliferare delle rivendicazioni identitarie su base etnica e culturale. Dall’altro lato emerge, in tutta la sua complessità, il fenomeno della globalizzazione. L’immigrazione è un fenomeno che meglio di altri mette in evidenza l’intersecazione tra globale e locale, nonché il mutamento nei rapporti di forza tra i diversi livelli di governo. Nella tesi che ho discusso lo scorso 13 novembre a Macerata per il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze politiche, dal titolo “Trasformazioni dei diritti di cittadinanza nella società dell’ immigrazione. Tra integrazione e localismo dei diritti” ho trattato della nuova natura che i confini assumono nel nostro tempo, con particolare riferimento ai movimenti migratori e al rapporto che essi intrattengono con le trasformazioni della cittadinanza. Al giorno d’oggi, sebbene esistano norme internazionali dei diritti dei migranti e richiedenti asilo, l’ingresso in uno Stato rimane comunque regolato dalle legislazioni nazionali. Allo stesso tempo, l’universalizzazione dei diritti umani implicita nel fenomeno delle migrazioni globali, che impone il rispetto di tali diritti e degli obblighi internazionali nei riguardi di ogni persona indipendentemente dalla qualità di cittadino, solleva il rischio di una possibile incompatibilità con la natura e l’origine nazionale e territoriale dei diritti riconosciuti da ciascuno Stato ai propri cittadini all’interno dei suoi confini. Lo scenario internazionale è progressivamente caratterizzato da una tendenza alla sicuratization della questione migratoria: i flussi migratori devono essere governati e contenuti, anche drasticamente, soprattutto per bloccarne la componente irregolare. Inoltre, nella politica da nemico a ospite Antonella Fantetti migratoria europea è stata rilevata la tendenza a liberalizzare gli spostamenti interni da un lato, abolendo i controlli alle frontiere nazionali, e a blindare i confini esterni dall’altro. Da qui è nata la metafora di “Fortezza Europa”, a indicare il potenziamento dei controlli sugli ingressi di extracomunitari. A partire dagli accordi di Schengen del 1985 e poi nel contesto del processo di allargamento dell’Unione Europea, ha preso forma, proprio intorno alla retorica del necessario contrasto dell’immigrazione clandestina, un nuovo regime di controllo dei confini, flessibile e “a geometria variabile”, il quale, più che segnare una rigida linea di demarcazione fra il dentro e il fuori, sembra puntare a governare un processo di inclusione differenziale dei migranti. Il processo di formazione della cittadinanza europea viene analizzato assumendo come punto privilegiato di osservazione i suoi confini, allo scopo di cogliere le profonde trasformazioni che stanno investendo il significato e le forme dell’inclusione. Il significato politico e sociale della cittadinanza europea è infatti fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 caratterizzato da livelli di appartenenza differenziati a seconda dello status giuridico degli individui - appare a tal fine fondamentale la distinzione tra straniero comunitario e straniero extracomunitario - che rivendicano un’inclusione piena o parziale. Venendo all’Italia, appare proficuo concentrarsi sul livello locale, considerato come il contesto privilegiato per osservare il godimento dei diritti. L’avvio dei processi di integrazione e di lotta alle disuguaglianze, sia sul piano delle politiche di partecipazione e rappresentanza, sia per la sperimentazione e lo sviluppo di concrete forme di legittimazione e cittadinanza, non può prescindere dalla ricognizione e lo studio del fenomeno migratorio su scala locale. Presso gli enti locali, infatti, le posizioni ufficiali del governo vengono ‘contaminate’ da pratiche che vanno in un’altra direzione. Alla luce della “crescente istituzionalizzazione della xenofobia” (C. Bartoli, Razzisti per legge. L’Italia che discrimina, Laterza, RomaBari, 2012, p. VI), si intendono individuare le modalità di intervento delle istituzioni nei confronti degli immigrati, siano essi regolari o irregolari. In particolare l’attenzione si focalizza sull’evoluzione delle politiche di welfare specifiche per gli immigrati. In un quadro generale notoriamente caratterizzato da forte frammentazione e spiccata eterogeneità tra i Comuni, si rileva che le politiche per gli immigrati del nostro paese fanno emergere quel localismo dei diritti che rimanda a una dimensione subnazionale della cittadinanza. Analizzare come gli stranieri intendono e praticano il loro essere “cittadini”, è un modo per includere il loro punto di vista nel processo di ridefinizione degli attuali sistemi democratici. Considerare lo straniero come ospite, e non come nemico, è un segno di progresso civile (Cfr. J. Daniélou, Saggio sul mistero della Storia, la Morcelliana, Brescia, 1957; p. 75): “La civiltà ha compiuto un passo decisivo il giorno in cui lo straniero da nemico è divenuto ospite”.☺ 13 cultura il fascino di una storia Carolina Mastrangelo Succede spesso che, guardandomi allo specchio, scopra qualche ruga in più, lentiggini affiorate senza sole e gli angoli della bocca che guardano ostinatamente all’ingiù, ma non mi ritengo vecchia, non fino a quando andrò a scuola almeno, anzi mi sento piccola come i miei bambini perché essi mi regalano i loro occhi per guardare il mondo. La mattina li vedo arrivare a scuola infreddoliti, felici sotto il sottile incanto della neve che cade e mi chiedo: - Che dirai oggi a queste anime di brina? Da poco è passato Natale; è un rito annuale raccontare la storia antica, ogni volta la stessa e ogni volta meravigliosa: “Maria e Giuseppe si misero in viaggio verso Betlemme per il censimento. Erano partiti anche per la profezia, il bambino che lei portava in grembo sarebbe nato nella città di Davide; nessuna porta, però, si aprì per loro; non c’erano stanze nella locanda sulla collina per gente così umile ed essi, lontani dalle lampade ad olio e dalla folla del paese gremito, dovettero sistemarsi in una grotta, mentre la notte scendeva sulla Giudea e l’oscurità avvolgeva la città in una grande coperta trapunta d’argento. Nei campi, oltre le case, i pastori dormivano vicino alle greggi; il fuoco ardeva come una stella terrestre in mezzo a loro e le note lontane di un flauto si alzavano verso il cielo dove le Pleiadi danzavano con solennità. Mentre il buio si faceva più profondo, all’improvviso tutto tacque e per un tempo che nessuno poté misurare l’immobilità si diffuse sul mondo. Nella miseria e nel silenzio di Betlemme prese vita il Figlio di Dio…”. Potrebbe sembrare una favola e invece è la storia di un mistero che sempre mi piace rievocare per farne sentire il fascino ai miei alunni. Il mistero è una dimensione ineliminabile della vita e trovo essenziale improntare ad esso l’azione educativa per non farla scadere nell’addestramento o nella manipolazione più alienante. Natale ha offerto un’occasione di più per rinsaldare nelle nostre giornate affannate o incolori, il senso del mistero che le abita, traccia di insopprimibile luce in questo andare che non ha ancora senso.☺ [email protected] 14 “La prospettiva dell'Europa oltre la crisi - Le pagine di Ernesto Rossi”, opera prima del giovane Dario Di Stasi, è un saggio di grande attualità che affronta di petto il crescente euro-scetticismo sviluppando un'analisi strutturata su vari livelli: quello politico, quello economico e, non ultimo, quello sociale. L'autore ricostruisce il complesso percorso delle istituzioni europee, ricordandoci innanzitutto quanto e quale valore abbiano avuto le idee dei grandi padri dell'Europa per determinarne la direzione. Tra essi è la figura di Ernesto Rossi ad assurgere a simbolico faro del processo di formazione dell'Europa unita. Autore de “Gli Stati Uniti d'Europa”, oltre che coautore con Spinelli del “Manifesto di Ventotene”, Ernesto Rossi ha infatti pagato con la libertà il sogno di un continente libero e unito. Come avrebbe potuto un così lucido visionario non essere omaggiato da un giovane europeista dei nostri giorni? Il libro però va ben oltre la storia, trovando tra la crisi del secondo conflitto mondiale e quella (dai tratti ben diversi) di oggi un parallelismo che dà modo allo scrittore di argomentare la sua tesi: per superare disperazione, recessione e perdita di valori abbiamo bisogno di più Europa, non del superamento della stessa. Di un'Europa migliore, soprattutto, essendo l'UE lontana da ciò che aveva promesso di diventare come entità politica, economica e sociale, lontanissima dagli Stati Uniti d'Europa descritti nelle pagine di Rossi. L'autore propone un'analisi innovativa del processo di costruzione europea basata sulla individuazione di tre decenni cruciali per il destino dell'Europa: il decennio delle scelte e delle promesse, quello di Maastricht; il decennio dell'involuzione e della delusione, che si è appena concluso; il decennio decisivo, che si sta aprendo e che segnerà il futuro dell'UE. La ricetta di Dario Di Stasi è chiara e interessante ed indica il sentiero da percorrere affinché il continente intero esca rafforzato e più unito, attraverso una precisa “Strategia” che punti a realizzare una “Federazione europea entro il 2022”. fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 il calabrone importante è apparire Loredana Alberti In un'intervista del Time Magazine, Caitlin Moran, columnist de The Times di Londra è irriverente, anticonformista, schietta e per queste sue caratteristiche, a noi Italiani, appare provocatoria. Dice che in fondo sembrare grassi o magri è una questione di proporzioni, così - essendo lei piuttosto in carne - ha aumentato il volume dei suoi capelli, per creare una migliore proporzione con il suo corpo. La lezione sulle proporzioni è antica, solo che noi la dimentichiamo spesso, (rileggi Ars Amatoria di Ovidio). Il contenuto dell'intervista s'incentra sul 'femminismo', anche parlando di moda o dell'ultimo libro di soft-porno (il sopravvalutato “best seller” Cinquanta sfumature di grigio). La Moran è convinta che non ci sia nulla di estremista né di pericoloso a dirsi femministe, poiché più del 50% della popolazione mondiale è donna. Esistono più di tre miliardi e mezzo di modi per essere femminista, per cui il femminismo non è un movimento a parte, bensì un vero e proprio partito di massa. Ciò mi ha ricordato un'altra intervista della stessa Moran, in cui raccontava: "Quando mi trovo a parlare con le ragazze, loro mi dicono 'Io non sono una femminista' ed io rispondo 'Cosa? Vuol dire che non vuoi avere il diritto di votare? Vuoi essere una proprietà di tuo marito? Vuoi che il tuo stipendio vada a finire sul suo conto? Se tu venissi stuprata, vorresti ancora che lo stupro fosse un reato? Congra- tulazioni allora: Tu sei una femminista". Penso che sia l'attitudine coraggiosa della Moran a farle rispondere così, perché è difficile affrontare il discorso sul femminismo. Pare una parolaccia, una malattia infettiva da cui le stesse donne vogliono tenersi alla larga, per non correre il rischio di essere equiparate a erinni rabbiose, o streghe sciatte e misantrope. Specialmente in questa nostra epoca ossessionata da canoni estetici ristretti e dall'imperativo di piacere a tutti e a tutti i costi (ecco perché il ricordo dei canoni di proporzione della Moran è importante, tra l'altro). Dichiararsi femminista serve ad alienarsi una parte dell'uditorio, alimenta frasi di scherno e battutacce. Pure peraltro intelligenti ed acculturate donne di mezz'età temono di essere qualificate come femministe, per non alienarsi il gradimento degli uomini. Come repellente, purtroppo, già basta l'età! Con una matura e intelligente signora, la quale dichiarava che la ruolizzazione estrema salva i rapporti di coppia, ho avuto questo piccola conversazione: "Allora, mi spiega qual è il suo ruolo". "Faccio tutto ciò che a lui non va di fare". "Succede anche l'inverso, ovviamente?". "Beh no. Non c'è nulla che non mi va di fare". È un vero peccato, per esempio, che le giovani generazioni di donne italiane non abbiano compreso appieno l'importanza della legge 194 (regolamentazione sull'aborto), o della legge 40, sulla procreazione assistita. A tal proposito mi ricordo, durante la campagna referendaria sulla legge 40, di ragazze ventenni le quali erano state inibite dai loro fidanzati ad andare a votare o solamente a parlare dell'argomento, vuoi per mancanza di una corretta informazione pubblica, vuoi per un malcelato orgoglio di maschi procreatori non ‘assistiti’! Cosa ci vuole per cambiare il senso culturale ad una parola utile e necessaria come femminismo? Noi, in Italia, non abbiamo una Caitlin Moran, allegra e serena nelle sue esternazioni, e semmai l'avessimo, sarebbe “bannata” dal web, sommersa dai commenti negativi, derisa da autorevoli soloni del giornalismo e dell'intellighenzia italica, bandita dai talk show o relegata in fascia protetta. Eppure, basterebbe leggere qualche rivista o ri-vedere Videocracy per capire come si è arrivati a delegare la nostra femminilità ed il nostro senso critico a canoni commerciali.☺ [email protected] Via Marconi, 62/64 CAMPOBASSO fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 15 arte lo stucco barocco Gaetano Jacobucci “…con la forza delle linee e degli angoli, che da essa se producono; con le quali commesuramento onni contorno e lessicamente se descrive”: l’affermazione umanistica di Piero della Francesca, riguardante l’intento di modificare la dimensione scientifica dello spazio mediante la prospettiva, durante tutto il XVI secolo, progressivamente sfocia in un rifiuto di tale linguaggio giungendo alla negazione quasi totale, innestando l’illusione prospettica grazie all’uso della decorazione a stucco. L’obiettivo delle committenze e degli artisti post-tridentini è quello di raggiungere una rappresentazione sintetica e non analitica dello spazio interno ecclesiale, entro cui la focalizzazione, rappresentata dall’altare, viene raggiunta in modo intuitivo e non per artificio matematico. Lo spazio interno degli edifici subiva adattamenti e indefinitezza, la sintesi tra spazio e rilievi dei singoli particolari diviene caratteristica delle tecniche decorative mediante l’uso della decorazione a stucco a tutto rilievo o nelle quadrature con semplici elementi decorativi, quale strumento di costruzione dello spazio. Lavorazione dello stucco L’impasto di gesso e di marmo tritato finissimo, mescolato con calce e acqua a cui si aggiungeva caseina o cola di pesce, doveva essere steso in fretta sulle superfici lisce e già pronte. Occorreva essere capaci di lavorarlo ad umido, modellandolo con stampi o, nei casi più virtuosi, a mano libera. Anche asciutto lo stucco era assai malleabile e lo si poteva scolpire come la pietra, ma senz’altro con minore fatica e con esiti convincenti. Queste tecniche, che richiedevano abilità consumata, vennero predilette dagli artisti del barocco e in tal modo poterono evidenziare all’esterno, e soprattutto nell’interno delle chiese e dei palazzi gentilizi o ville, quegli estri, quelle morbidezze e quelle animazioni tenacemente esaltate dalla fantasia. Lo stucco con la sua complessa lavorazione ha origine molto antica: già nei palazzi di Gerico e in quelli di Creta se ne vedono esempi elaborati. Anche a Roma lo stucco fu largamente impiegato, come testimoniano i raffinati rilievi della Domus Aurea e della Casa della Farnesina. Quest’uso di materiale povero durò fino all’Alto Medioevo, la sua scelta andò esaurendo- si in quanto soppiantato dalla più durevole scultura in pietra. Riemerse nella sua attualità decorativa all’inizio del Cinquecento a Roma al tempo del concitato fervore per la scoperta dell’antico e che svelò la mirabile sintesi fra stucco e pittura delle grottesche sulle volte della Domus Aurea. Gli studiosi dello stucco seicentesco hanno sottolineato la derivazione di questo dalla grande e colta tradizione che si era formata appunto a Roma e che era continuata ai tempi del manierismo, per sfociare nel barocco dove lo stucco diventò parte integrante, e non più solo aggiuntiva, dell’architettura. Il mestiere di stuccatore I maestri dello stucco, al contrario di quelli dell’intaglio, non aprirono quasi mai bottega nel loro borgo natale: non era vantaggioso. Il loro era un mestiere che richiedeva diretta presenza sul cantiere: quindi dovevano essere disposti a muoversi dove la committenza li richiedeva, di corte in corte, di chiesa in chiesa. Come segno del loro acquisito prestigio, o in occasione di rientri stagionali, non mancarono di lasciare tracce nelle chiese e nelle case dei loro paesi. Forti della loro esperienza secolare e sempre aggiornati, gli stuccatori evidenziarono già allo schiudersi del Seicento, un gusto tutto teso a vivificare lo spazio mediante un’intensa dinamicità che s’innestava coerentemente sul nuovo senso dello spazio, come proponeva lo spirito barocco. Nelle severe chiese posttridentine innalzate nell’Italia settentrionale, dove il rigore regnava sovrano, la decorazione a stucco non parve disdicevole. Per le sue caratteristiche lo stucco poteva esaltare, trasformando presbiterio e abside in dinamici spazi di forte coinvolgimento per il fedele.☺ [email protected] CAMPOBASSO 16 fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 mondoscuola La scuola è sempre più povera. A partire da quest'anno scolastico - è notizia di qualche giorno fa piombata fra capo e collo sui docenti di ogni ordine e grado - gli istituti italiani riceveranno dal ministero dell'Istruzione meno finanziamenti per il cosiddetto fondo d'istituto, quello con cui si pagano una miriade di attività “extra” (sport, musica, teatro, ricerca..) e si retribuiscono le funzioni strumentali dei docenti (quei particolari incarichi volti a curare i bisogni del personale e degli alunni, i rapporti con gli enti locali, la progettazione d’istituto, i viaggi d’istruzione, l’aggiornamento e quant’altro). È tutto, nero su bianco, nell'intesa sugli scatti stipendiali sottoscritta qualche giorno fa dai sindacati con l'Aran, l'Agenzia che negozia i contratti dei dipendenti pubblici per conto del governo. Ma l'unità sindacale faticosamente ritrovata dopo anni si è nuovamente incrinata. Da un lato la Flc Cgil che non ha sottoscritto l'accordo sugli scatti e dall'altro lato tutti gli altri sindacati: Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda. Cerchiamo di capire meglio. In poche parole, se, a cominciare dall'anno 2012-2013, le scuole vorranno mantenere lo stesso livello di offerta formativa del passato, potranno seguire soltanto due strade: chiedere più risorse ai genitori oppure cercare sponsor privati. Perché ancora tagli, allora? Non avevamo già dato abbastanza? I fondi "sottratti" alle scuole, in realtà (e così si giustifica o si spiega il Ministero) sono serviti a pagare gli scatti stipendiali previsti dal contratto del personale scolastico che due anni fa il governo Berlusconi aveva bloccato fino al 2012. Insomma, ci danno dalla porta e ci tolgono dalla finestra. Per la Flc Cgil è "ancora una brutta pagina sulla scuola" perché è una beffa a danno dei lavoratori e un ulteriore taglio alle risorse della scuola pubblica”, dichiara il segretario generale della FLC CGIL, Mimmo Pantaleo. “Gli effetti - prosegue Pantaleo - saranno pesantissimi per ancora tagli Gabriella de Lisio tutti, ma soprattutto per la scuola dell’infanzia, primaria e media". E per finire "l'accordo pretende che le risorse prese dal fondo per il miglioramento dell'offerta formativa vengano recuperate in termini di produttività nel rinnovo del contratto: vale a dire maggior lavoro a parità di retribuzione". Ma la Cisl scuola la vede in maniera diametralmente opposta. "L'accordo - replica Francesco Scrima della Cisl scuola chiude in modo positivo una vicenda che si è trascinata già troppo a lungo e su cui era molto forte l'attesa dei lavoratori”. Anche Uil scuola, Snals e Gilda sono contenti della trattativa. "Senza minare la qualità dell'offerta formativa - spiega Massimo Di Manna, della Uil scuola - e la sostanza del fondo di istituto, si garantisce il pagamento con tutti gli arretrati per chi ha maturato lo scatto al 31 dicembre 2011". Ma quanto arriverà nelle casse delle scuole per le diverse attività? Il Fondo d'istituto verrà decurtato del 24 per cento nel 2012 e del 27 per cento nel 2013. Le risorse per l'attività sportiva alle medie e alle superiori, le Funzioni strumentali per l'attuazione del Piano dell'offerta formativa (Pof) e gli incarichi specifici al personale Ata si assottiglieranno, nel 2013, del 26 per cento. E verrà ridotta di un quarto anche la dotazione finanziaria per le scuole che mettono in campo attività volte al recupero della dispersione scolastica. Ci sembrava di aver dato già abbastanza. E ci asteniamo dai commenti stavolta. Ci facciamo solo una domanda. Dove fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 crede di andare un paese che non si decide a investire sulla formazione dei giovani e sulla dignità di chi lavora nel campo dell’educazione? ☺ [email protected] lezioni di ottimismo Il figlio che tante volte non pulisce la propria camera ed è sempre attaccato alla TV, significa che... È a casa! Tutto ciò che devo pulire dopo una festa in casa, significa che... Siamo stati circondati da parenti e amici! I vestiti mi stanno stretti, significa che... Ne ho abbastanza per mangiare! La fatica che faccio per pulire casa, significa che... Ho una casa! Le critiche che sento sul governo, significa che... Ho libertà di esprimermi! Non trovo parcheggio, significa che... Ho una macchina! I rumori della città, significa che... Posso udire! La stanchezza a fine giornata, significa che... Ho un lavoro! La sveglia che mi fa alzare ogni mattina, significa che... Sono vivo! Infine, tutti i messaggi che ricevo, significa che... Ho degli amici che mi pensano! Quando pensi che nella vita ti va tutto male… leggi di nuovo questo messaggio! 17 libera molise considerazioni su morale e etica Franco Novelli “C’è la bellezza e ci sono gli umiliati. Qualunque difficoltà presenti l’impresa, non vorrei mai essere infedele né ai secondi né alla prima” Albert Camus Nei giorni scorsi - 7 dicembre - c’è stata una trasmissione, Moby Dick - sul Piano Sanitario Regionale 2012-2015 e sulla sanità nel Molise a Telemolise, alla quale hanno preso parte diversi esponenti della politica istituzionale molisana; a rappresentare le associazioni e i movimenti dei cittadini, che si battono da un anno circa per difendere la sanità pubblica molisana, è stata Libera nella mia persona. Quello che particolarmente ha colpito è stata la sensazione, verificabile dal tipo delle risposte date dai rappresentanti della politica regionale, di completa estraneità di costoro rispetto alla sofferenza, direi esistenziale e materiale, di una massa enorme di cittadini, colpiti dalle manovre ingiuste e ingiustificate del governo tecnico dei “professori”. Costoro, a fronte dell’enorme patimento della popolazione, non hanno né la minima idea di cosa significhi soffrire per l’attuale inconsistenza dei salari (ovviamente per chi ce li ha!) né sono in grado di dimostrare un minimo di sensibilità per quanti silenziosamente rischiano di morire di fame. La professionalità tecnica, si dice, deve essere al di sopra di ogni condizionamento sociale e politico; come pure si va sbandierando che la scienza debba essere neutrale e al di sopra delle parti. Ma questo non è né giusto né vero, perché la scienza non è affatto neutrale. In particolare, le dottrine economiche, che allo stato attuale pretendono di guidare gli Stati, contribuiscono a distruggerli, dominando ed annientando la democrazia faticosa- 18 mente conquistata dalle popolazioni di molti paesi europei (tra questi ci sono la Grecia, il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda, l’Italia). Ecco allora che nasce spontanea la domanda del perché si sia arrivati a questo punto, all’apparenza di “non ritorno” (almeno così vogliono farci credere il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea, e le società private di rating, alle quali scelleratamente i governi europei hanno affidato il controllo delle loro economie nazionali). Una delle risposte, ci limitiamo per ora a questo ambito apparentemente iporazionale, è l’affievolimento del senso della “morale” comune ed individuale; poi, l’inesistenza spaventosamente vera dell’etica, di ogni etica, strumento di sensibilità civile e solidaristica che, per dirla con Bauman, andrebbe imposta alle persone e alla collettività. Cerchiamo di dare adesso una spiegazione di fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 questi convincimenti. Zygmund Bauman, in un’opera del 2001, - “Società, etica e politica”, - sostiene che la cultura sia come un coltello che affonda nel futuro e che può cambiare il mondo ( = la realtà fenomenica), in quanto esso è nelle mani degli uomini, che sono in grado, se lo vogliono veramente, di trasformare le cose e di affermare con convinzione quei principi solidaristici che possono costituire il nuovo Dna della società rinnovata. Se l’uomo suppone l’esistenza e la possibilità di affermazione di un’alternativa, allora questa va scovata e poi attualizzata nella concretezza della Storia, attraverso un impegno civile costante e la ricerca di alleati per questo cammino di rinnovato umanesimo. L’attualizzazione di questa strategia presuppone l’utopia (la capacità di sognare un mondo differente e migliore), che è parte integrante della cultura individuale e di un popolo (in questo caso esemplari sono le guerre di liberazione indipendentistica, il “sogno di una cosa”, nel senso pasoliniano e storicistico). Un supporto naturale dell’affermazione di nuovi contenuti culturali e civili esplicitazione dell’utopia - è oggettivamente la “morale” (nel caso nostro indicata in senso laico e materiale). La “morale” riguarda l’agire e il comportamento, considerati in rapporto all’idea che si ha del bene e del male e ciò è dettato dalla coscienza individuale, ossia dall’istintiva percezione del bene e del male, dalla naturale conformità ai principi del giusto e dell’onesto. L’uomo naturalmente nasce ed è predisposto al bene e al rispetto, ma successivamente (quasi presto, fin dall’infanzia) è condizionato dalla famiglia e dalla società nel suo insieme, che lo spingono a comportamenti ingiusti che gli fanno dimenticare ciò che è coscienziosamente onesto, civilmente giusto, e, perché no, anche spiritualmente religioso. I livelli di generale corruzione della nostra società oggi sono sotto gli occhi di tutti e non vanno neppure messi in evidenza, tanto lavoro è chiaro a tutti il livello mediocre dei valori morali della società, oggi in prevalenza consumistica, egoistica, razzista. Di qui, nasce il problema che sia necessario ed urgente un supporto alla morale o qualche cosa che ne ravvivi i contenuti filosofici e sociali anche; questo supporto è l’etica, che va imposta alla società da quanti, condividendo la progettualità verso un mondo migliore, sono convinti che solo in questo modo si possa sostituire all’egoismo di classe e all’odio un percorso, civile e culturale, verso un mondo migliore. Ora se l’etica per molti appare come un segmento della filosofia che si occupa del problema morale cioè del comportamento degli uomini in relazione ai mezzi, di cui dispongono, ai fini, che essi intendono perseguire, e alle ragioni che lo spingono a fare certe cose, essa però per molti altri ancora è un modello di comportamento che un individuo o gruppi di individui sono soliti seguire nelle loro azioni per affermare certi determinati principi precisati da una visione complessiva della società. Tale visione, democraticamente condivisa e programmaticamente tesa alla realizzazione piena della Carta Costituzionale (lavoro per tutti, solidarietà, pace reale fra le nazioni, diritto all’autodeterminazione dei popoli, difesa strenua e attenta del territorio, diritto inalienabile allo studio, sanità pubblica da difendere e valorizzare sempre di più) è messa in discussione oggi o da nazioni che si fanno guerre devastanti o dalla stessa Unione Europea, i cui paesi membri stanno lentamente ma progressivamente perdendo l’autonomia nazionale a causa dello strapotere illegittimo della finanza internazionale e delle banche. Dunque, imporre un cammino etico oggi significa fare una vera e propria rivoluzione culturale e politica e la realizzazione di tale progettualità spetta a una nuova classe dirigente, magari molto più giovane e per niente compromessa con il Potere. È questo il senso dell’appello che Libera ha lanciato già un mese fa dai fogli de la fonte; è questo il messaggio che ancora Libera rivolge ai cittadini che certamente intendono contribuire a modificare i rapporti di forza che oggi illegittimamente sono sottolineati da un ceto dirigente e da una classe politica letteralmente corrotti, incapaci di portare la gente comune fuori dalle sabbie mobili della crisi economico-sistemica e nel contempo di darci risposte esaurienti.☺ [email protected] un anno di lotta Antonello Miccoli Il 22 novembre è stata siglata l'intesa Stato-Regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2013. L'accordo assegna alle regioni 650 milioni di euro a fronte di una spesa di oltre 2 miliardi sostenuta nell'anno in corso. Si comprende l'insufficienza dell'intervento finanziario rispetto ai fabbisogni dei territori. Nel solo Molise abbiamo raggiunto 4.327.540 ore di cassa integrazione. Nello specifico: 1.606.594 ore di Cigo + 93,48% (dipendenti coinvolti 1.842); 1.347.282 di Cigs – 49,30% (dipendenti coinvolti 1.545); 1.373.664 + 67,12% (dipendenti coinvolti 1.575). Su un totale di 4.962 lavoratori coinvolti dalla Cig, nelle sue diverse articolazioni, ben 2.481 sono stati collocati a zero ore. Tra i settori maggiormente coinvolti: alimentari (Cigo + 847,46%; Cigs + 35,40%); legno (Cigo + 378,41%; Cigs + 589,07%); edile (Cigo + 421,54%; Cigs + 52,14%); meccaniche (Cigo + 135,67%; Cigs + 7,47%); tessili (Cigo + 87,01%); chimiche (Cigo + 66,01%; Cigs + 2,05%). Va tra l'altro rilevato come la sensibile contrazione delle esportazioni di prodotti tessili e dell’abbigliamento (–31,8%) e di sostanze e prodotti chimici (–6,8%) non è stata compensata dall’aumento di vendite di prodotti in gomma (2,1%) e di alimentari (9,5%). Sullo stesso versante agricolo, le coltivazioni industriali hanno registrato una contrazione del 25,8%: deficit che, determinato dalle perduranti difficoltà dell’industria bieticolo-saccarifera, ha indotto gli agricoltori a ridurre di più di un terzo le superfici destinate alla barbabietola da zucchero. Nel comparto olivicolo il raccolto è invece diminuito del 10,5%; mentre la produzione di latte vaccino si è ridotta del 4% risentendo della diminuzione del numero di capi allevati (–6,2%). A fronte di questi dati, che evidenziano le difficoltà dei diversi comparti economici, non si può accettare l'idea di un continuo taglio di risorse allo stato sociale: le famiglie molisane, come quelle di altre regioni, sono ormai allo stremo. La stessa sostenibilità del debito fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 (interessi e rate capitali da rimborsare) mostra elementi di grave preoccupazione. In proposito la Banca d'Italia ci ricorda che convenzionalmente una famiglia è definita finanziariamente vulnerabile se la quota di debito è superiore al 30% del proprio reddito. Ad esempio, nel periodo 2005/2009 il peso del servizio del mutuo per le famiglie molisane è salito di circa 6 punti percentuali portandosi al 19,1% rispetto al reddito disponibile. Contemporaneamente la percentuale di famiglie che superavano la soglia di vulnerabilità è sensibilmente cresciuta, passando dal l’8,5 al 32,8%: una quota superiore sia a quella del Mezzogiorno (19,8%) che a quella italiana (20,4%). La maggiore vulnerabilità comporta, in alcuni casi, una riduzione della capacità di fare fronte con regolarità ai pagamenti e mantenere il proprio tenore di vita. Nel 2009 più del 10% delle famiglie molisane indebitate non sono riuscite a rispettare le scadenze di pagamento delle rate del mutuo (una quota più elevata che nel 2005 e maggiore della media italiana). Nel contempo una percentuale di famiglie, solo leggermente inferiore, ha registrato nello stesso anno una forma di disagio nella gestione delle spese domestiche. Più in generale, la crisi ha inciso sensibilmente sui consumi dei nuclei familiari: dal 2007 al 2010 la spesa si è ridotta del 6 per cento (Cfr. Banca d'Italia, Economie Regionali, n°16 giugno 2012). Va da sé che la debolezza della ripresa produttiva e la fragilità delle economie domestiche dovrebbero trovare il primo posto nell'agenda della politica. Al contrario il teatrino elettorale tende ad avere il sopravvento su tutto, mentre tante persone hanno perso il lavoro o, pur lavorando, non percepiscono il salario. Ci attende un Natale volto cristianamente alla speranza, mentre, nel contempo, i sazi non vedono e non odono i lamenti provenienti dal basso. Il modo migliore per iniziare il 2013 è far risuonare nei palazzi del potere la voce di chi chiede giustizia e solidarietà, rispetto ad una strategia finanziaria che vede nei deboli un intralcio all'accumulo della ricchezza per pochi. ☺ [email protected] 19 economia il potere finanziario Antonio De Lellis In una sala gremita si incontra il popolo di sinistra e non del PD. In tutt’Italia il 15 dicembre verrà ricordato come il giorno della parola data ai territori. Il popolo arancione, di sinistra, vuole confrontarsi, ascoltare il dolore di quanti non hanno più lavoro o rischiano di perderlo, di chi vede profilarsi all’orizzonte una catastrofe sociale. Occorre fare presto: raccogliere 60.000 firme in tutta la penisola entro un mese dalla data fissata per le politiche che dovrebbe coincidere con quelle regionali, per il Molise. È un sentire popolare quello che la sinistra vuole risvegliare dando la parola a tutti quelli che non si riconoscono né in Monti, né in Bersani, né in Berlusconi: appunto il quarto polo. Le scelte del governo tecnico hanno fatto fare al Paese una cura da cavallo che rischia di ucciderlo. Le scelte montiane “ottime per l’Europa”, si tramutano per il popolo italiano in una macelleria sociale. Tutti i numeri sono contro Monti tranne lo spread, che è effettivamente sceso per la sua credibilità, la quale ha messo un freno alla speculazione (ma questa poteva essere messa a freno anche con leggi antispeculazione che però non sono state fatte). Ma per chi Monti rappresenta l’uomo giusto al posto giusto? Sicuramente per le banche, per i creditori esteri del debito pubblico italiano. Ma se tutto parte dal debito, occorre ricordarsi gli anni bui del debito pubblico italiano che vanno dal 1980 al 1996, un quindicennio durante il quale il debito cresce 10 volte: da 114 a 1.213 miliardi di €. Dal 1980 al 1991 la spesa primaria fu superiore alle entrate per 140 miliardi di €. Ma il vero problema furono gli interessi che oscillavano fra il 12 e il 20%. Bisognò attendere il 1996 per vederli scendere sotto al 9%. In parte l’Italia pagava per le scelte di Reagan che 20 aveva bisogno di soldi per finanziare lo scudo spaziale (l’Iniziativa di Difesa Strategica). Non volendo alzare le tasse, si finanziava richiamando capitali dal resto del mondo offrendo alti tassi di interesse. Gli altri paesi assetati di prestiti non avevano altra scelta che offrire di più. Con l’eccezione del 2009-2010, tutti i governi successivi al 1992 hanno mantenuto la spesa primaria al di sotto delle entrate. Ma il debito ha continuato a crescere per effetto degli interessi. L’Italia è un paese di risparmiatori spennati! Non sottovalutiamo il problema! Il debito pubblico non è una questione di ordi- naria politica. È una guerra del potere finanziario contro le comunità nazionali per imporci il proprio dominio e impossessarsi della nostra ricchezza. Se vince, perderemo democrazia, sicurezza sociale, beni comuni e ogni altra conquista sociale. Per piegarci al suo volere, il potere finanziario usa giornali, televisioni ed economisti, per darci un’unica versione dei fatti. Il suo intento è convincerci che il nostro unico dovere è pagare, non importa se la disoccupazione cresce, se i servizi si riducono, se la previdenza sociale scompare. Non possiamo sperare che sia l’attuale classe politica ad arrestare questo lento declino. Per convinzione o per interesse, i politici sono alleati dell’ oligarchia finanziaria. Solo una grande opposizione popolare potrà salvarci. Il debito è diventato una guerra dei mercati contro le comunità nazionali fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 per fare aumentare i tassi di interesse e intascare più soldi. All’Italia ogni aumento dell’1% procura una maggior spesa annua per interessi di 16 miliardi a vantaggio dell’oligarchia finanziaria. Conseguenze: a) Si aggravano le disparità. Nel 1985, in Italia, il divario fra il 10% più ricco e il 10% più povero era 8 a 1. Nel 2008 è salito 10 a 1. L’11% delle famiglie italiane vive in povertà e un altro 7,6% è a rischio di diventarlo (Istat luglio 2012). b) Peggiorano le nostre condizioni di vita. Più soldi paghiamo per interessi, meno ne abbiamo per servizi e previdenza sociale. Nel 2011 abbiamo versato nelle tasche dei ricchi 78 miliardi. Nel 2012 la cifra è attesa a 90 miliardi. Soldi sottratti a scuola, sanità, creazione di posti di lavoro, in perfetto stile neoliberista. Fra il 2008 e il 2012, fra maggiori tasse e minori spese, abbiamo subito un salasso di 330 miliardi di €. Il debito di ogni paese ha la sua storia e quella dei paesi del Nord è fortemente intrecciata con i dissesti bancari. Dal 2007 il sistema bancario occidentale è nella tormenta. Nella bramosia di guadagnare sempre di più le banche hanno espanso a dismisura le proprie attività, non sempre nella giusta direzione. Molti mutui non sono rientrati, un sacco di scommesse sono risultate sbagliate, fiumi di denaro sono andati perduti. Ma non si è trattato di soldi propri, bensì presi in prestito, e alle banche si è posto il problema di come restituirli. Per evitare la bancarotta hanno chiesto soccorso ai governi e l’hanno ottenuto. Ma per salvare le banche, i governi hanno indebitato se stessi. Dal 2008 al 2011, i governi d’Europa hanno soccorso le banche per 2.310 miliardi di €. Continuano a dirci che per uscire dal debito non abbiamo altra scelta se non accettare manovre “lacrime e sangue” che ci impoveriscono e demoliscono i nostri diritti. Ma lungo questa strada, passo dopo passo, arriveremo alla morte per strangolamento. L’alternativa è avere il coraggio di annunciare al mondo che un paese in difficoltà non fa pagare solo i cittadini, ma anche i creditori. Ecco i quattro passi per un’uscita dalla parte dei cittadini: impedire la crescita degli interessi; abbattere la spesa per interessi; ripudiare il debito illegittimo (che ha causato: corruzione, acquisto di armi, ingiustizie sociali); risanare il bilancio pubblico. Cambiare si può, cambiare si deve.☺ [email protected] spazio aperto Caro Antonio, ho avuto la disdetta della casa per anonime(?) maldicenze e ora so di te. Mi sono documentata: nel gennaio 1895, in un teatro di Torino, Edmondo De Amicis (sì, proprio lui, l'Autore di Cuore) tenne una conferenza intitolata La lettera anonima e inveì contro quelli che ne sono solitamente gli autori: «grafomani assassini, carnefici di deboli e d'innocenti, ladri della pace e dell'onore, più crudeli di chi uccide col ferro e più spregevoli di chi ruba il pane al mendico». Paolo Preto, ordinario di Storia moderna all'Università di Padova, ha scritto “Persona per hora secreta” (Saggiatore), cioè le parole con le quali esordivano le denunce anonime. La gamma è variegata come le brutture e le debolezze umane. S'incontrano bestemmiatori, «baradori da carte», pubbliche concubine, adulteri e adultere, stupratori, sodomiti («uno scelerato che nel stato suo et parte anche in luogo sagrato et religioso, ha sforzato alcuni putti garzoni»), incestuosi, una «infamissima meretrice» che frequenta le chiese solo «per fare nuovi morosi», la vedova d'un barcaiolo accusata di «strigarie et incantesimi et molte altre simili et pegior furfantarie». Siamo in buona compagnia, caro amico! Dal Settecento ad oggi nulla è cambiato! Tra i poeti c’è un'immagine che indelebilmente sovrasta ogni altra, La Gioconda di Ponchielli, libretto di Arrigo Boito, ispirato a un dramma di Victor Hugo. Nel primo atto il cantastorie Barnaba infila una denuncia nella bocca del leone e dice: «O monumento! Apri le tue latébre, spalanca la tua fauce di tenebre, s'anco il sangue giungesse a soffocarla! Io son l'orecchio e tu la bocca: parla!». L'opera è del 1876. Penso a Barnaba e sento ancora un brivido. «Persona per hora secreta». Se avessi una religione, come te, potrei scrivere al vigliacco/a: - il peccato di scrivere lettere anonime è in assoluto il più grave. Perché? Perché offende in modo enorme non uno, ma tutti gli altri sette Comandamenti, che, come Gesù ha insegnato, sono tutti a sostegno del grande precetto dell'amore verso il prossimo. E li offende non a viso aperto, ma ipocritamente, vigliaccamente. - Chi scrive lettere anonime pecca gravemente contro il 5° Comandamento: “Non uccidere” (sei un volgare assassino!); - contro il 6°: “Non fornicare” (sei un immondo scrittore di novelle boccaccesche!); - contro il 7°: “Non rubare” (rubi il buon nome, come un ladro di notte, coprendoti con una maschera sul volto); - contro l’8°: “Non dire falsa testimonianza” (sei uno sfrontato calunniatore!); - contro il 10°: "Non desiderare la roba d'altri" (vorresti distruggere ciò che c'è di più intimo e privato nella società!). Ma sono laica e ho fede assoluta nell’etica della responsabilità personale e civica e per questo dico allo sconosciuto: E allora tu chi sei? Caro Antonio, la storia dura da secoli! Che dirti ancora amico mio? Ci conosciamo dall’84 e sappiamo bene che stiamo a Disputà dell’ombra de l’ase. Un bacio. Esprimiamo profonda indignazione per le accuse infamanti rivolte al nostro parroco Don Antonio Di Lalla, un prete di grande serietà e dirittura morale, che ha come pochi coraggio di esporsi, di battersi in prima linea e di denunciare le storture della società e del sistema politico della nostra regione, un motivo per essere inviso a molti e scomodo per tanti. Ciò che è successo è una vergogna per il nostro paese e mentre ci dissociamo nel modo più assoluto dalle calunnie, confermiamo a Don Antonio stima, fiducia e affetto. La comunità di Bonefro Caro Don Antonio, desidero esprimerti solidarietà e affetto e voglio, inoltre, dichiarare la mia ferma condanna verso chi nascondendosi nell'anonimato dimostra non solo di essere vigliacco, ma, soprattutto, un pericolo per la civile convivenza dell'intera comunità. Ciò che è accaduto è un problema di tutti noi ed è necessario affrontarlo insieme. Nadia Una vile lettera anonima, che molti di noi hanno ricevuto per posta, tende a colpire l’onorabilità - ineccepibile del nostro parroco Antonio Di Lalla e insieme a minare la fiducia in lui di quanti lo conoscono da vicino e ne apprezzano la fede coraggiosa, la dedizione alla giustizia, oltre che la sobrietà e trasparenza di vita. Un’accusa così banale (vi si ricorre ormai con deplorevole leggerezza per liberarsi di qualche prete scomodo), ma potenzialmente distruttiva, da parte di una persona grossolana e carica di livore, quale appare dal tenore della lettera, ci spinge come in una grande famiglia a fare cerchio intorno a don Antonio e a dare forza alla sua denuncia e alla sua difesa. Teresa Sono profondamente indignata per le accuse diffamanti e diffuse in modo così subdolo rivolte al nostro parroco Don Antonio Di Lalla, prete come pochi che ha sempre avuto il coraggio di esporsi e agire in prima linea denunciando le verità scomode della società e del sistema politico della nostra regione e per questo inviso a molti. Penso che quanto è accaduto oggi sia motivo di vergogna per il nostro paese. Morena Loredana fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 21 islam oltre la tradizione gennaio Francesco De Lellis Secondo gli attivisti/teorici islamisti, una nuova economia morale può essere possibile solo in una società dove tali regole sono non soltanto imposte dall'alto, dalle leggi dello stato, ma interiorizzate attraverso il ritorno alla fede, rinnovata e rivitalizzata attraverso l'educazione e l'attivismo sociale. È per questo che pur non avendo mai avuto accesso al potere per decenni questi movimenti non si sono arresi ma hanno continuato un instancabile lavoro dal basso, sia fornendo servizi là dove il sistema di welfare statale non era più in grado di arrivare, sia portando avanti la loro battaglia sul piano culturale ed educativo. Ma allora perché, se queste sono le premesse, gli islamisti giunti al potere, in Egitto in particolare, sono visti da chi ha animato quei giorni di piazza Tahrir, come traditori della rivoluzione? Perché, come spesso accade, con il passare del tempo, specialmente negli ultimi venti anni, i Fratelli Musulmani, o almeno i gruppi al vertice, si sono allontanati di molto dalle loro origini. È vero che rappresentano ancora la classe media impoverita dei dipendenti pubblici che non arrivano a fine mese, o gli studenti e i giovani che sanno che non riusciranno mai a trovare un lavoro adeguato alle loro qualifiche, ma è anche vero che molti dei leader più influenti sono oggi molto vicini a potenti circoli economici o sono essi stessi grandi uomini di affari, che spesso hanno beneficiato delle privatizzazioni dell'era Mubarak, acquisendo privilegi a cui non intendono affatto rinunciare. E questo causa non pochi malumori e dissensi all'interno del movimento stesso. Probabilmente gli interessi più forti prevarranno all'interno del partito, e spetterà alle sinistre, per ora piuttosto frammentate e marginali, e ai movimenti sociali, il compito di riportare i temi dell'equità e della giustizia sull'agenda politica nazionale, contro un'élite che non ha alcun reale interesse a cambiare lo status quo. Tuttavia le idee degli intellettuali che, negli anni '80 soprattutto, hanno dato forma al pensiero economico islamista, dandogli contenuto nelle battaglie quotidiane contro il governo Mubarak, vanno attentamente studiate e prese in considerazione da chi (movimenti di tutto il mondo, anche religiosi) è alla ricerca di una piattaforma comune nella lotta per un'alternativa al sistema economico attuale. La distanza che separa le due sponde, dal punto di vista geografico, religioso, culturale, potrebbe rivelarsi sempre meno incolmabile, e i nostri vicini apparirci un po' alla volta sempre più vicini. ☺ Credo di portarmi sfortuna: ogni volta che mi succede qualcosa di negativo ci sono sempre presente io. 22 fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 Il paesaggio di Gennaio, al top dell’inverno, è un arazzo intessuto di freddo, vento, gelo coi toni svariati del grigio. Sulle colline il bruno dei campi arati e il verde muschiato delle boscaglie. Le bianche mareggiate lungo il litorale. Il maestrale che impazza e s’incunea nelle strade del centro abitato: un’ammucchiata di case piene di caldo e di agi. Fuori circola tra i passanti un’umanità sofferente anonima e indifesa. Un mondo di miseria, degrado si cela in tuguri e rifugi dove Gennaio irrompe con crudezza. Agli angoli delle strade i novelli Lazzari gemono misericordia. Passano gli extracomunitari con i loro fardelli, avanzano spediti verso le loro grame dimore. Sfidano il freddo e la vita con silenzioso ardire. Hanno nei giovani occhi le loro terre lontane ed i colori dell’estate. Lina D’Incecco chiese una sola chiesa ecumenismo Giovanni Anziani Timoteo Limonci “Ecumenismo adesso! Un solo Dio, una sola fede, una sola chiesa”: questo il titolo di un appello lanciato lo scorso 5 settembre a Berlino da numerosi esponenti - protestanti e cattolici - del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo e dello sport in Germania. Per i promotori dell'iniziativa lo scisma tra le chiese, oggi, non è più né voluto, né giustificato. E, non a caso, fa riferimento sia al cinquantesimo anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II, sia al cinquecentenario della Riforma protestante che cadrà nel 2017. Tra i 23 primi firmatari figurano il presidente del Bundestag Norbert Lammert, il ministro della difesa Thomas de Maiziere; la ministra dell'Istruzione e della Ricerca, la teologa Annette Schavan. E ancora: Richard von Weizsäcker, già presidente della Repubblica federale tedesca, nonché ex numero uno del “Kirchentag” evangelico; Friedrich Kronenberg, già segretario generale del Comitato centrale dei cattolici tedeschi; Christian Führer, pastore protestante e iniziatore delle “preghiere per la pace” e delle “dimostrazioni del lunedì” a Lipsia, che ebbero un importante ruolo per il crollo del regime della Germania dell'Est; Thomas Bach, presidente del Comitato olimpico tedesco e vice presidente del Comitato olimpico internazionale. L’appello “Ökumene Jetzt”, che vuol essere "un documento dell’impazienza", non ha coinvolto né vescovi, né istituzioni ecclesiastiche. "È evidente che è molto di più quello che ci unisce, che quello che ci divide" dicono, consci del fatto che "esistono posizioni differenti nella concezione dell’eucarestia, del ministero e della chiesa", ma, secondo i firmarti dell’appello, "queste differenze non giustificano il perdurare di questa separazione". Tiepidi per ora i vertici sia della Chiesa evangelica di Germania (EKD), sia della Conferenza episcopale tedesca (DBK). L’iniziativa, seppure accolta come espressione di un non più eludibile sentire comune dei cristiani non solo tedeschi, presenta tuttavia irrisolti problemi di ordine teologico. "All’inizio del XVI secolo, i riformati hanno sviluppato una diversa concezione della chiesa che ancora oggi impedisce una reale comunione con i fratelli e le sorelle cattolico-romane", ha detto Thies Gundlach, vice presidente della EKD. "Certo, ci fa solo che piacere vedere come cristiani evangelici e cattolici si sentano molto più uniti, di quanto si sentano divisi. E non c’è dubbio che bisogna andare avanti più spediti sul cammino ecumenico, facendo però anche prova di tanta pazienza", ha concluso Gundlach. Il testo - pubblicato sul sito www.oekumene-jetzt.de - è stato firmato già da oltre 4.000 persone. (NEV) ☺ Cosa vuole Dio da noi? È questo il tema della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che si celebrerà in tutto il mondo dal 18 al 25 Gennaio 2013, tratto dal passo di Michea 6, 6-8. La scelta di questo tema, come pure la predisposizione del sussidio, viene dall'India e potrà essere occasione di riflessione nei giorni sopraindicati. Cogliamo ora l'occasione per una breve analisi sulla realtà ecumenica odierna resa più complicata dopo il Summorum Pontificum, che ridava spazio alla Messa in latino, e Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della Chiesa: in questi due documenti vaticani soffia uno spirito che non è più quello che animò il Concilio Vaticano II. Le Chiese Valdesi - Metodiste e Battiste colgono, così, l'occasione per ringraziare Dio per aver suscitato il movimento ecumenico, scuola di umiltà e fraternità vissuta, ma anche per averli liberati dalla sudditanza al Pontefice romano, fratello in Cristo, non maestro di fede; tanto più dovendo constatare che il Papato e la Curia romana sono un ostacolo all'unità cristiana. Anche nelle diocesi molisane e abruzzesi si vive con difficoltà l'impegno ecumenico in particolare per il rapporto di solo di buon vicinato tra valdesi e battisti, e per il disimpegno della Chiesa cattolica. Nonostante tutto, cristiani e sacerdoti sono invitati a non disertare oggi il movimento ecumenico, anzi ad impegnarsi per intensificarlo e rinnovarlo; il principale intento del Concilio (UR) è ristabilire l'unità fra tutti i cristiani come una delle priorità pastorali. Purtroppo cristiani e preti che amano l'ecumenismo si contano sulle dita, ma è opportuno ricordare che chi ci unisce è più grande di chi ci divide e, così, vivere il sogno di passare dalla crisi alla svolta. Tre proposte: 1. Superare la propria centralità e vivere la centralità della Parola di Dio e dell'amore del prossimo; 2. Solo amando la diversità si potrà giungere al riconoscimento reciproco delle Chiese; 3. Uscire dal legalismo: non c'è ancora l'Ecumenismo, ma già si fanno leggi sull'Ecumenismo; lasciamolo crescere, poi faremo le leggi per vivere la gioia, non i doveri dell'Ecumenismo. Concludo riportando una riflessione di Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli: “Ora, più che mai, è tempo di dialogo. Non siamo così ingenui da pensare che questo dialogo non abbia un prezzo o non faccia correre dei pericoli. Ha con sé sempre un rischio avvicinare un'altra persona, un'altra cultura e un altro credo. Non si sa mai cosa aspettarsi: l'altro sarà sospettoso? Penserà che voglio imporgli il mio credo o il mio stile di vita? Comprometterò o addirittura perderò ciò che è unico nella mia tradizione? Quale è il terreno comune sulla cui base possiamo dialogare? E quali saranno i risultati del dialogo? Ci poniamo questi interrogativi quando tentiamo il dialogo. Ciononostante, riteniamo che se si aprono la mente e il cuore alla possibilità di dialogo avviene qualcosa di sacro. Quando la volontà di accogliere l'altro è autentica, al di là di qualsiasi timore o pregiudizio, scocca la scintilla mistica e prende il sopravvento la realtà di qualcosa, o di Qualcuno, che è molto più grande di noi. Dunque, riconosciamo che i benefici del dialogo superano i rischi. Siamo convinti che, nonostante le differenze culturali, religiose e razziali, siamo ora più vicini di quanto avremmo mai potuto immaginare”. ☺ [email protected] fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 23 ambiente kupa-munduk Angela Damiano “Chi suona il Veena in toni così soavi? Il mio cuore ha conosciuto il dolore, la felicità e la tristezza ma non avevo mai avuto una canzone per esprimere tutto questo. E tutti i miei desideri escono allo scoperto ed il fiume e la foresta tremano con me”. Vi è mai capitato, durante il vostro risveglio del mattino, che la vostra mente stia replicando per voi in modo del tutto spontaneo un brano musicale esattamente come lo avevate udito? Ebbene la mia non è avara di simili regali e questa mattina ha voluto accompagnare il mio risveglio con la dolce melodia del Veena, uno dei più antichi strumenti indiani, ed il soave canto di una donna indiana. Si tratta di un brano tradizionale che avevo udito per la prima volta pochi giorni fa mentre veniva eseguito per “Lo Straniero” che è il protagonista ma anche il titolo dell’ultimo film (Agantuk) realizzato da Satyajit Ray. Un film che fa un’analisi profonda, realistica e accurata dell’altro, dello straniero, di colui che non si conosce realmente, di colui che nonostante abbia le stesse “radici”, o come nel caso del film “lo stesso sangue”, viene accolto con paura, diffidenza e pregiudizi. Quando le diversità si incontrano può, infatti, a volte accadere che alcune persone poco aperte alla diversità, al nuovo, allo sconosciuto siano piene di pregiudizi che non vengono basati su qualcosa di reale ma solo sul presupposto che "se una cosa è nuova io la rifiuto immediatamente, perchè mi spaventa". Quello che fanno questo tipo di persone è “attenersi a ciò che è a loro familiare” ma in questo modo perdono un’occasione unica per crescere, conoscere ed evolversi. In pratica restano dei “Kupamunduk”, delle rane che non escono mai dal loro buio, scivoloso e poco salubre pozzo. Queste rane credono che questo sia un bene per loro ma “Lo Straniero” consiglia alla nuova generazione di non imitarle e di aprirsi invece al mondo e al diverso. Le nostre speranze infatti possono fondarsi solo sulle giovani generazioni. “L’uomo è per natura un essere culturale” come ha affermato Arnold Gehlen. “La sua sensibilità per le armonie deve però essere destata e coltivata al mo- 24 mento giusto e può funzionare solo se sono stati immagazzinati un gran numero di dati. La miglior scuola nella quale un giovane possa apprendere che l’universo è dotato di senso è la pratica diretta con la natura. Ogni cucciolo d’uomo che sia dotato per natura della capacità di nutrire sentimenti profondi, passerà dalla gioia per la natura vivente all’amore per tutti gli esseri viventi. Se vogliamo davvero che i giovani d’oggi non disperino della presente situazione dell’umanità, dovremmo fare in modo che possano rendersi conto veramente di quanto è grande, di quanto è bello il nostro mondo. Dovrebbe far parte di una educazione sana far capire all’essere umano in formazione che è possibilissimo distinguere ciò che ha significato da ciò che non lo ha. Tuttavia ai ragazzi e ai giovani non si insegna mai a distinguere il vero dal falso, ciò che ha senso da ciò che non lo ha. Eppure questo è possibile! È assai grave che nell’educazione dei nostri figli sia trascurato questo problema importantissimo, decisivo per sviluppare la capacità umana di libero pensiero. Cercando di rendere direttamente percepibile agli adolescenti la bellezza e la grandezza del mondo in cui viviamo, noi speriamo anche di ridestare il loro interesse per i rapporti interni fra gli elementi di cui il mondo è costituito. La completa mancanza di curiosità è un fenomeno patologico. Azzardo l’ipotesi che questo ridestarsi della curiosità fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 potrebbe persino rivitalizzare il senso della solidarietà umana che è andato perduto. Per rivelare a un giovane la grandiosa varietà della creazione organica e al tempo stesso della sua intima regolarità bisognerebbe fargli acquisire una stretta familiarità con una qualsiasi specie, animale o vegetale”, come ha affermato Konrad Lorenz (Il declino dell’uomo). Un dovere per chi ritiene che sia molto importante l’educazione (non solo l’insegnamento) per l’Homo sapiens e per le nuove generazioni a cui è indispensabile lasciare in dono preziose virtù: “L’empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo può ricevere in dono” come ha affermato Charles Darwin. Mentre Molière con “la virtù è il primo titolo di nobiltà; io d'un uomo non bado al nome ma alle azioni” sembra sottolineare quello che vuole dimostrare “Lo Straniero” protagonista dell’omonimo film e cioè che un documento completo di generalità, quant’anche fosse autentico, non possa assolutamente dimostrare ciò che è la persona a cui è intestato poiché “L'uomo non è altro che la serie delle sue azioni” (G. W. F. Hegel) ma se Epicuro affermava che “Non la natura che è unica per tutti, distingue i nobili dagli ignobili, ma le azioni di ciascuno e la sua forma di vita” dobbiamo anche considerare che conoscere e comprendere la natura dell’altro e dello straniero deve avvenire attraverso un incontro autentico ed empatico che deve essere fatto in pieno equilibrio di ragione e sentimento, cosa molto difficile per chi non conosce se stesso poiché “un essere che non abbia ancora preso coscienza del proprio io non può essere in grado di sviluppare né un pensiero astratto, né un linguaggio, né una coscienza o una morale responsabile. Un essere che non riflette più corre il rischio di perdere tutte queste qualità e attività specificatamente umane” (K. Lorenz). Altre parole della canzone indiana tornano alla mente “Riempio di melodia la mia vita da reclusa. Il mio cuore si apre come il loto la mattina e aspetta un paio di piedi umidi che si avvicinano. La grazia e la bellezza si svegliano e il mio cuore si riempie di gioia. Una brezza fresca fluisce e porta tutto a nuova vita, raggiungendo la profondità del mio essere” e invitano a riflettere che è ora che tutti comincino ad uscire dai propri pozzi☺ [email protected] le nostre erbe la parietaria Gildo Giannotti La Parietaria officinalis, della famiglia delle Urticacee, è una pianta erbacea perenne, diffusa soprattutto nelle regioni temperate. Fiorisce da maggio ad ottobre; eccezionalmente anche negli inverni più miti o in luoghi riparati. Può raggiungere, in condizioni favorevoli, l’altezza di un metro. Il suo nome deriva dal latino paries, parietis = parete; infatti cresce prevalentemente sui muri, tanto che è conosciuta anche col nome di muraiola; tuttavia la troviamo in ogni angolo di strada e lungo i muretti a secco. Tutta la pianta è ricoperta di minuti peli ricurvi che si attaccano facilmente agli abiti e viene chiamata anche erba vetriola perché in passato veniva sfruttata per pulire bottiglie, fiaschi, bicchieri e oggetti di cristallo, grazie alle foglie lievemente appiccicose che, attaccandosi alle pareti, portavano via lo sporco. Il suo nome dialettale è invece ’a c’m’ciare e deriva dal termine cimice, forse perché l’odore tipico di questa pianta richiama alla nostra memoria olfattiva quello della cimice, insetto emittero parassita dell’uomo che, se schiacciato, o semplicemente toccato, emana un odore ripugnante. È fra le piante fortemente allergiche e il suo polline può facilmente provocare allergie nelle persone sensibili: tali soggetti devono astenersi dalla raccolta e dalla manipolazione di questa pianta. Ma la parietaria ha anche delle La vera pigrizia è alzarsi alle 6 del mattino per avere più tempo a disposizione per non fare niente. virtù: contiene un’alta percentuale di potassio e sostanze solforate utili per l’eliminazione di acqua attraverso le vie urinarie e, specialmente se consumata fresca, è molto efficace nella nefrite, nella cistite e nell'espulsione dei calcoli renali e vescicali. È uno dei diuretici più rinfrescanti ed emollienti ed è indicata in tutti i casi in cui vi sia uno stato di infiammazione delle vie urinarie. Un altro utilizzo “empirico” di questa pianta è quello di strofinarla senza troppo vigore sulle parti lese dal contatto con la sostanza urticante dell’ortica, per lenire il prurito. Mescolata proprio assieme alle ortiche, viene inoltre utilizzata nei pastoni per i volatili da cortile al fine di stimolare la produzione delle uova e favorire la colorazione dei tuorli. L’intera pianta si raccoglie al momento della fioritura, eliminando le radici e la parte inferiore del fusto. Nell’uso popolare, le giovani foglie primaverili, private del picciolo e lessate per dieci minuti, vengono impiegate come gli spinaci e sono ottime anche per ripieni, frittate, minestre o come contorno insieme ad altre erbe di campo. Ma con la parietaria si possono preparare anche piatti più sofisticati: i conchiglioni ripieni, le crespelle di parietaria, le seppie con contorno di parietaria, la parietaria soffritta in sugo di pane e una gustosa vellutata da servire con dadini di pane tostato. Tra i primi sono senz'altro da raccomandare le crespelle alla parietaria, realizzabili con 100 g di farina, un bicchiere fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 di latte, due uova, sale e pepe, 150 g di germogli e foglie tenere di parietaria, 300 g di ricotta, parmigiano reggiano grattugiato, noce moscata, 60 g di burro, una mozzarella, 100 g di panna. In una ciotola mettere la farina, il latte, l’uovo, sale e pepe. Mescolare bene fino ad ottenere una pastella omogenea, coprire e lasciar riposare per un’ora a temperatura ambiente. Imburrare un padellino, versare tre cucchiai di pastella e far cuocere da entrambe le parti; ripetere l’operazione sino ad esaurimento della pastella. Nel frattempo mondare, lavare e lessare le foglie di parietaria; strizzarle, tritarle e unirle alla ricotta con un uovo, tre cucchiai di parmigiano, la noce moscata, il sale e il pepe. Farcire le crespelle con il composto e i dadini di mozzarella. Arrotolarle e allinearle in una pirofila bene imburrata. Distribuirvi sopra i riccioli di burro, spolverare con parmigiano reggiano grattugiato, bagnare con la panna e cuocere in forno a 190° per trenta minuti. Per realizzare invece il piatto di pesce, occorrono 800 g di seppie piccole, mezzo bicchiere di olio, 3 spicchi di aglio, sale e pepe e 800 g di germogli e foglie tenere di parietaria. Pulire le seppie, lavarle, asciugarle e rosolarle nell’olio con uno spicchio di aglio tritato; salare, pepare e fare asciugare. Mondare, lavare e lessare in poca acqua salata i germogli e le foglie di parietaria e rosolarli in una casseruola dove precedentemente sono stati soffritti due spicchi di aglio schiacciati. Poco prima della fine della cottura, unire la parietaria alle seppie, mescolare, cuocere per due minuti, togliere dal fuoco e servire. ☺ [email protected] 25 un film, un libro, una canzone ... sulla cultura delle armi Alessia Mendozzi Dopo l'ennesima strage a colpi di arma da fuoco negli Stati Uniti, sono riemersi gli stessi interrogativi che seguono un evento del genere. È giusto o meno che in una nazione sia così facile possedere un'arma da fuoco? Ci si può ancora appellare al secondo emendamento, di una Costituzione datata fine Settecento, per giustificare il diritto a questo possesso? E soprattutto, quanto business c'è dietro la vendita di armi? Un film: Bowling a Columbine titolo originale: Bowling for Columbine, regia: Michael Moore, anno: 2002, origine: USA Partendo dal massacro alla Columbine High School, in Colorado, avvenuto nel 1999, Michael Moore si interroga sulla società statunitense e sul suo rapporto con le armi da fuoco. Tra associazioni che promuovono le armi da fuoco come la NRA, la National Rifle Association - e le interviste a comuni cittadini in giro per gli Stati Uniti, Moore mostra il rapporto quasi morboso degli statunitensi nei confronti delle armi. Un documentario scorrevole e dettagliato che riesce a far riflettere anche con la sua enorme dose di ironia. Un libro: Armi, un affare di stato di: Duccio Facchini, Michele Sasso, Francesco Vignarca, anno: 2012, casa editrice: Chiarelettere in collaborazione con Altreconomia Un business miliardario per la prima volta raccontato 26 minuziosamente in un libro, con tanto di nomi e cognomi dei soggetti coinvolti. Una lobby potentissima in costante crescita, anche in piena crisi economica internazionale. Ci si domanda come mai la Grecia, sull'orlo del baratro, spenda più di tutti in Europa per quanto riguarda la difesa. E in quanti sanno che l'Italia è il 5° paese al mondo nella produzione di armi? Dati inquietanti su cui occorre sapere di più. Un giro di miliardi che fa gola a molti e che coinvolge diversi soggetti. Una canzone: To The Teeth di: Ani DiFranco, anno: 1999, album: To The Teeth "To The Teeth" più che una canzone è una poesia amara sulla corsa agli armamenti e sui suoi effetti negativi nella società. Una società fatta di gente che si arma "fino ai denti", scambiando questo per libertà, mentre l'unico risultato che riesce a ottenere è rendere più pericolosa la società stessa in cui vive. Quando si portano a casa le armi il rischio che questo degeneri in tragedie è molto alto. Ciò che suggerisce la DiFranco è di guardare dove sono i profitti, per capire la menzogna che sta dietro a questa mania di possedere armi, e di non credere alle bugie raccontate dai media e dalle associazioni di categoria, interessate a lucrare anche sul sangue della gente. [email protected] mi abbono a la fonte perché la lega fischietta il nabucco fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 Perché l’intento della Gaudium et Spes non ha potuto realizzarsi pienamente? La risposta alla domanda penetra il senso del dibattito postconciliare, chiuso ancora nella diatriba tra continuità e rottura; tra coloro che accentuano la continuità con la perenne verità della fede e delle teologie precedenti e coloro che sottolineano il cambiamento da intraprendere. Non era la verità in discussione al concilio ma il modo di porgerla all’uomo d’oggi e il metodo di approccio alle problematiche del mondo contemporaneo, ovvero, la cosiddetta pastorale: non tanto l’ortodossia, quanto l’ortoprassi, scrostata dai limiti di una certa cultura teologica occidentale. Nella diversità delle posizioni si nasconde un presupposto mai detto ma dirimente tra le due posizioni. Un presupposto intellettualistico e volontaristico insieme, secondo il quale sarebbe possibile all’uomo guidare il processo storico per ricondurlo ad un ordine, ad una tranquillità dell’ordine. È vero che l’aspirazione all’ordine non è più rivolta al passato, non è più animata da un processo di restaurazione; è rivolta al futuro ma rimane nella sostanza immutata: la presenza cristiana nella storia è percepita come garanzia di ordine più che spinta al movimento e al cammino. Vi è, inoltre, la possibilità di attestarsi sulle posizioni della dottrina sociale aggiornata e rivisitata, accantonando l’intuizione creativa che si coglie nella lettura dei segni dei tempi. La chiesa diviene interprete della storia, si riconosce garante della ragione umana e di un ordine ideale ad essa coerente, ma giudica una storia che non guida e non promuove. Si giunge così alla massima valorizzazione della funzione magisteriale; riemerge la distinzione fra storia sacra e storia profana; però si accetta inevitabilmente il sacrificio delle dimensioni proprie della laicità, si realizza un passo indietro rispetto alla via aperta dal concilio. Vi è un’altra possibilità, anch’essa presente e operante nella chiesa del dopo concilio, e più coerente con l’applicazione della categoria dei segni dei tempi, con le conseguenze che essa comporta. Non si tratta di mettere tra parentesi i dettami del magistero ma di personalizzarli e interiorizzarli a livello dei comportamenti di ogni cristiano: si tratta, per la Chiesa, di percorrere gli spazi necessari al sorgere di un giudizio profetico, più che dottrinale, sul mondo. Non si vuole una chiesa che avvalla tutto, etica pace e guerra Silvio Malic benedice tutto quello che accade, che aderisce acriticamente agli eventi. Tutt’altro: si vorrebbe la potenza profetica più che il richiamo ad una dottrina in cui tutto è teoricamente risolto. Perché è il giudizio profetico quello che mette in moto meccanismi nuovi, che fa emergere nelle coscienze energie nuove che possano modificare il corso degli eventi. Si tratta, per tutti i cristiani, di prendere coscienza della inadeguatezza di una progettualità globale e di cercare perciò la via della progettualità possibile, continuamente legata alla lettura della realtà nel suo divenire mutevole. Su questa via si ridimensionerebbe ogni pretesa di guida e di indirizzo a vantaggio di un ruolo di animazione (cfr. Lettera a Diogneto); si accentua la divaricazione (non mai separazione) fra ispirazione interiore e spiritualità da un lato e laicità delle competenze e dell’azione dall’altro; si esalta il valore della presenza molecolare quale di “seme gettato nel terreno” o “lievito immesso in una quantità di farina”; si recupera il senso e il valore delle virtù civiche rispetto ai modelli di società cristiana. Questa linea di cammino sembra capace di futuro, sfatando anche il contrasto apparente tra cristianesimo visibile e cristianesimo invisibile. Non la visibilità cristiana è in discussione, bensì le sue forme storiche; c’è urgenza di una visibilità altra rispetto alla forma antica della cristianità occidentale. L’obiettivo non è il passato ma il futuro; il recupero della dimensione escatologica ridimensiona ogni passato o presente e semplicemente spinge verso un futuro per il quale la categoria fondamentale di approccio non è l’ordine costituito ma l’avvento che irrompe. Un segno visibile della questione: il tema della pace e della guerra a cui è dedicato il capitolo quinto della Gaudium et Spes. Il Concilio, nell’ottobre del 1962, iniziò il suo cammino in coincidenza con il rischio di una guerra nucleare nella crisi di Cuba. L’irrompere degli eventi segnò la riflessione dei padri: ne nacque l’urgenza di un documento che avesse a tema il “rapporto” tra Chiesa e mondo e la riflessio- ne su “alcuni problemi” emergenti del tempo (anni sessanta del secolo scorso) e, tra questi, la pace e la guerra. La possibilità della guerra totale esige mentalità e comportamenti nuovi e il concilio ne proclama solennemente l’unica condanna esplicita; viene colto il nesso devastante fra corsa agli armamenti e i problemi non risolti dello sviluppo; la necessità di un’autorità mondiale a garanzia della pace è lucidamente percepita. Ma il trascorrere degli anni ha accumulato nuovi e complessi problemi: l’esplosione di nuovi nazionalismi a forte identità religiosa e connesso terrorismo militare, in qualche modo legati della decolonizzazione e nuova colonizzazione economicofinanziaria; il moltiplicarsi delle guerre locali dette “dimenticate” perché in territori lontani da noi; l’esplodere di nuove ed esasperate forme di razzismo e di localismi; l’emergere della nuova realtà del pluralismo etnico nella vecchia Europa, ecc.. “L’inizio di un inizio” - definizione breve del concilio da parte di Rahner - ha messo in moto le giornate mondiali della pace, le marce della pace, liturgie consolidate promosse da cristiani. Ma chi aggredisce il riarmo costante delle nazioni “vera piaga” che umilia i poveri? Chi si batte perché fuoriescano dai bilanci degli stati le spese per armamenti, mentre i bilanci tagliano tutte le risorse allo sviluppo delle persone e dei popoli? Chi sostiene coraggiosamente i cammini di pace, nei luoghi istituzionali e nei luoghi di guerra reale, mentre le diplomazie sono prese a ripulire la faccia delle sporche guerre economiche per farle divenire umanitarie? Non occorrono nuovi principi ma profeti in cammino sul campo. Rimane icona lacerante il grido solitario di Giovanni Paolo II contro la guerra in Iraq definita “illecita, ingiusta, immorale” e le cristianità varie impegnate a giustificare la posizione in favore dell’aggressore. Si può ripetere, purtroppo a livello planetario, “dum Romae colsulitur Saguntum espugnatur” (mentre a Roma si discute Sagunto viene espugnata). La via percorsa dai credenti risulta molto lontana dai propri principi ripetuti senza spessore storico. ☺ fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 Dire F35 è come giocare a battaglia navale. F35: colpita e affondata la dignità i caccia che l’italia si ostina a voler comprare di un Occidente (affiancato e sostenuto da buoni partner anti-Occidente) che continua a giustificare produzione e vendita di armi come legittime e le-gali, eticamente inappuntabili, politicamente uti-li, socialmente giustificabili, sindacalmente difendibili, tecnologicamente insostituibili ed economi-camente necessarie, soprattutto in tempi di crisi. F35: colpita e affondata la verità, perché di bugie o mezze verità (sui costi, sui tempi, sull'utilizzo, sull'acquisto, sui posti di lavoro, sull'uso e sulle vittime) si ingrassa e si ingrossa la voragine della violenza istituzionale e della crimi-nalità organizzata e internazionale. F35: colpita e affondata la giustizia che da pro-motrice di vita diventa spietata vendetta e spudorata ritorsione, oltre che ingiustificata (e ingiusta) difesa di interessi di pochi a scapito di troppi altri. F35: colpita e affondata la nonviolenza che vuole spezzare la catena dell'ingiustizia e dell'op-pressione, traducendo la novità del Vangelo che è metodo per l'eroismo dei piccoli, capaci di vincere il male con il bene. Voglio vivere, adesso, una Società e una Chiesa capaci di dichiarare: F35 ... non gioco più! Non ci convinceranno mai che è per la pace; sappiamo e sanno che è menzogna globale . Fabio Corazzina- Pax Christi 27 sisma il diritto di sapere Domenico D’Adamo Le lentezze della giustizia non sono ormai più sopportabili. I cittadini hanno diritto di sapere se un loro interlocutore, privato o pubblico che sia, è persona affidabile e perbene o invece un mascalzone pronto a mollargli una fregatura, così come ogni cittadino soggetto ad accertamento giudiziario ha il diritto di conoscerne l’esito. Solo nel nostro paese queste richieste di buon senso non sembrano avere diritto di cittadinanza. La legislatura si è conclusa e anche questa volta, dopo tante chiacchiere inutili, siamo di nuovo a zero. A causa delle disfunzioni della macchina giudiziaria, vuoi perché le regole non consentono una rapida definizione delle controversie, vuoi perché l’organizzazione giudiziaria è priva delle sufficienti risorse umane ed economiche, nessuno è più disposto ad investire in attività d’impresa con grave pregiudizio per il lavoro e per lo sviluppo. Nella nostra regione le cose vanno peggio poiché alla patologia nazionale si aggiunge anche un effetto locale, l’essere una piccola realtà, che alimenta le inefficienze. Non si comprenderebbe altrimenti il motivo per cui i processi penali per giungere all’udienza preliminare impiegano numerosi anni da quando i fatti si sono verificati e le controversie civili registrano la stessa lentezza riscontrata per altre realtà giudiziarie. Possiamo affermare senza il timore di essere smentiti che quanto a parametri negativi non siamo secondi a nessuno e, siccome siamo convinti di avere una classe politica omogenea al resto del paese, non comprendiamo il motivo per cui, pur avendo la polizia giudiziaria effettuato delle indagini sulle spese della politica nelle maggiori istituzioni della regione, non si riesce a conoscerne gli esiti. Siamo alla vigilia di importanti consultazioni elettorali e vorremmo sapere se chi ci ha rappresentato lo ha fatto con onore oppure no. O dobbiamo votare al buio? Non è difficile accertare, così come hanno fatto in altre parti d’Italia, se i soldi dei contribuenti siano stati usati correttamente o invece se questi signori, sempre pronti a tornare in campo, ci abbiano pagato le spese delle loro vacanze e quelle dei loro amici. Prendiamo ad esempio il caso della 28 richiesta di rinvio a giudizio del presidente Iorio, indagato per questioni relative alla ricostruzione post sisma. Secondo l’accusa allargare il perimetro del “cratere sismico”, non sulla base di valutazioni oggettive ma per puro interesse di tipo elettoralistico-clientelare, è reato: vale la pena ricordare che nella versione governativa i paesi ricompresi nel cratere sismico erano solo 14, nella versione Iorio, dopo i famosi decreti del 2003, i comuni sono diventati 82 e per questo motivo il presidente è stato riconfermato alla guida della regione. Il sostituto procuratore di Campobasso ritiene che Iorio, abusando dei suoi poteri, abbia commesso reato. I terremotati attendono da dieci anni che si faccia chiarezza su questa vicenda e sicuramente il PM avrà le sue legittime motivazioni per giustificare il ritardo nell’accertamento dei fatti, ma come è possibile che per interpretare qualche norma, oltre che acquisire qualche dato, ci sia voluto tanto tempo? Sostenere che le schermaglie difensive, la legislazione garantista e le norme ad personam abbiano impedito un rapido svolgimento delle indagini non è convincente anche perché in questo caso il contraddittorio deve ancora iniziare: stiamo ancora a “cara mamma”. Se solo l’ accertamento giudiziario fosse stato più rapido, forse, avremmo potuto utilizzare meglio quei 154 milioni di euro spesi fuori dal cratere. Qualcuno potrebbe obiettare che non è compito dei giudici prevenire i reati perché il loro compito è quello di verificare ed eventualmente sanzionare i comportamenti che hanno rilevanza penale ed allora è bene che si sappia che questo sistema così com’è non funziona e che di queste chiacchiere è lastricata la strada che porta all’impunità, ovviamente dei potenti. Questa “giustizia” in galera ci manda i poveri, i fessi e gli extracomunitari, mentre per i politici in attesa di giudizio si spalancano le porte del parlamento. Tuttavia se in tutta questa vicenda ognuno avesse fatto a pieno il proprio dovere - mi riferisco all’autorità di controllo della protezione civile (un tal Guido fonte febbraio gennaio 2005 gennaio 2013 la la lafonte fontegennaio marzo 2005 al quale qualche zelante sindaco ha conferito la cittadinanza onoraria) che avrebbe avuto il dovere di impugnare i provvedimenti ritenuti da loro stessi viziati da elementi di illegittimità -qualcuno dei terremotati che abita ancora nelle baracche, forse, questo Natale lo avrebbe potuto trascorrere in una casa vera. In questa storia la cosa ancora più singolare è che ai sindaci del cratere, vuoi perché hanno sempre condiviso le scelte compiute da Iorio e non i sacrifici sopportati dei propri concittadini, vuoi perché aspettano l’esito delle elezioni regionali per cambiare condottiero, ancora oggi, nonostante tutto, proprio non gli riesce di schierarsi dalla parte delle vittime. La costituzione di parte civile nel processo penale contro Iorio ed altri non può essere esperita da chi è stato, ed è, in perfetta armonia con il governatore. Quelli che in questi anni hanno condiviso le decisioni del commissario delegato senza aver mosso neanche un muscolo, oggi sono certamente imbarazzati, e forse anche confusi per l’iniziativa giudiziaria rivolta contro il governatore con il quale, oltre alle gioie avrebbero ora il dovere di condividere anche qualche dolore: sì, perché, il Modello Molise è stato sicuramente scelto da Iorio ma in quella valle di lacrime ci hanno pianto volentieri anche i nostri sindaci. Immaginare che l’ex sub commissario possa consentire all’ amministrazione comunale del suo paese, nella quale è autorevole membro e della quale detiene il pacchetto di maggioranza, di costituirsi in giudizio contro Iorio è puro esercizio di fantasia, cosicché le vere vittime di questa vicenda sono i terremotati che resteranno fuori del processo, in buona sostanza “cornuti e mazziati”. ☺ [email protected]