Guida alle indagini in materia di incendi ed esplosioni

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Guida alle indagini in materia di incendi ed esplosioni
GUIDA ALLE INDAGINI IN MATERIA DI INCENDI ED ESPLOSIONI
I
Analizza ogni evento in base alla normativa vigente
(nazionale o internazionale)
II
Studia gli eventi simili precedenti
III
Distingui tra un’esplosione da gas e una bomba
(deflagrazione di una miscela gassosa o detonazione di un esplosivo solido)
IV
Esamina l’eventualità di una esplosione da polvere
V
Esamina l’eventualità di un fenomeno di BLEVE
(boiling liquid expanding vapour explosion)
VI
Analizza i frammenti di vetro
VII
Valuta il “carico d’incendio” e la durata di un incendio
VIII
Fai raccogliere campioni ed eseguire analisi
IX
Verifica se il comburente è aria
X
Analizza le possibilità di aggravamento del rischio e di dolo dell’assicurato
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SAGGIO
DI
GUIDA ALLE INDAGINI IN MATERIA DI INCENDI ED ESPLOSIONI
(Provisional Guide for fire and explosion investigation)
I
Analizza ogni evento in base alla normativa vigente
(nazionale o internazionale)
La normativa nazionale è curata da molti enti e dispersa in numerosissimi decreti e/o circolari
ministeriali. Per es. il Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), il Comitato Italiano Gas (CIG),
l’Ente Italiano di Unificazione (UNI), l’Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza sul
Lavoro (ISPESL, già Associazione Nazionale Controllo della Combustione, ANCC). In ogni
caso è necessario fare una accurata ricerca. Sono state pubblicate anche raccolte di
normative afferenti settori specifici. Per esempio tutte le norme sulle bombole sono state
raccolte dal Massolo.
Massolo P., Gentilucci R., Gas compressi, liquefatti, disciolti e loro miscele. Trasporto in recipienti di acciaio in
2
un unico pezzo fino a 1000 litri di capacità, Milano 1981 , pp. 215.
Esempio I-1: intossicazione da monossido di carbonio (CO) emesso da una caldaia murale.
Per le cosiddette caldaie murali a gas con potenza ≤ 35 kW per riscaldamento e/o
produzione di acqua calda sanitaria vale la norma UNI-CIG 7129 Impianti a gas per uso
domestico alimentati da rete di distribuzione. Progettazione, installazione e manutenzione
nelle successive edizioni del 1972 (in G.U. n. 309 del 28.11.1972), 1992 (in suppl. ord. n. 43
della G.U. n. 101 del 03.05.1993) con i fogli di aggiornamento del 1995 e 1997, 2001 (in
suppl. ord. n. 97 della G.U. n. 89 del 15.04.2006) e 2008 (pubblicata dall’UNI il 30.10.2008 e
recepita ai sensi della legge n. 1083/1971 con D.M. del 13.08.2009 (in suppl. ord. n. 187 alla
G.U. n. 238 del 13.10.2009). La variabilità delle prescrizioni impone evidentemente
l’accertamento della data di installazione dell’apparecchiatura e quindi della norma allora
vigente.
Per caldaie tipo B le verifiche più importanti da effettuare sono: 1) la pervietà della canna
fumaria; 2) la presenza delle aperture di ventilazione (necessitano 6 cm 2 per 1000 kcal; 5,16
cm2 per kW con un minimo di 100 cm2); 3) il volume minimo del locale dove è installata la
caldaia: necessitano 1,5 m3 per kW).
Esempio I-2: incendio nella camera iperbarica dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.
Alla data del 31 ottobre 1997 non esisteva in Italia nessuna norma, ma era disponibile
l’accurata NFPA 99 Standard for Health Care Facilities, Chapter 19, Hyperbaric Facilities
(ultimo aggiornamento oggi disponibile: edizione 2012).
Per la normativa internazionale: il Lees, nel capitolo Standard and Codes (vol. II, pp. 929949) riporta l’elenco delle principali norme emanate dai principali enti:
American National Standard;
American Petroleum Institute (API);
American Society of Mechanical Engineers (ASME);
British Chemical Industry Safety Council;
British Standards;
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Chemical Industry Safety and Health Council (London);
Home Office (London);
Imperial Chemical Industries Ltd;
Institute of Petroleum (UK), nel 2003 confluito nell’Institute of Energy, oggi Energy Institute;
Liquefied Petroleum Gas Industry Technical Association (UK);
National Fire Protection Association (NFPA);
N.B. Tutti i “codes & standards” della NFPA sono
registrazione;
consultabili sul sito www.nfpa.org
previa semplice
Verein Deutscher Ingenieure (VDI).
Lees F.P., Loss prevention in the process industries, London 1989, voll. I e II.
II
Studia gli eventi simili precedenti
Raccolte di incidenti sono pubblicate in numerosi testi e riviste specializzate.
Cardillo P., Incidenti in ambiente chimico. Guida allo studio e alla valutazione delle reazioni fuggitive, Milano
1998, pp. 364.
Lees, cit., Case histories of selected major incidents, vol. II, pp. 863-927.
King P.J., Clegg G.T., Walters W.J., Report of the Inquiry into serious gas explosions, Department of Energy,
London 1977, pp. 104.
Ortolani C., Casi di combustioni accidentali, Milano 2007, vol. I, pp.196, vol. II, pp. 292.
Fire and Arson Investigator; Fire Protection Engineering Magazine; Journal of Loss Prevention in the Process
Industries; La rivista dei combustibili e dell'industria chimica (a cura della Stazione Sperimentale per i
Combustibili);
NFPA Journal; Tecnews, Bollettino danni e prevenzione (a cura di Assicurazioni Generali); Dossier
prevenzione. Gestire il rischio per creare sicurezza (a cura di Assicurazioni Generali).
On line esistono numerose banche dati che raccolgono informazioni relative ad incidenti:
FACTS (Failure and ACcidents Technical Information System) (www.factsonline.nl);
HSDB (Hazardous Substances Data Bank), pubblicata dalla U.S. National Library of
Medicine (htpp://toxnet.nlm.nih.gov);
LLOYD’S LIST UK (www.lloydslist.com);
MARS (Major Accidents Reporting System), European Commission, Joint Research Center
(JRC) (https://emars.jrc.ec.europa.eu)
MHIDAS (Major Hazards Incident Data System), UK Health and Safety Executive
NFPA (www.nfpa.org)
SONATA (Summary Of Notable Accidents in Technical Activities), ENI, Italia
The Chlorine Institute, Inc. US (www.chlorineinstitute.org)
US Department of Transportation (www.dot.gov).
US Fire Administration (National Fire Incident Reporting System, NFIRS;
www.nfirs.ferma.gov)
Esempio II-1: incendio nella camera iperbarica dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.
Alla data dell’evento era disponibile uno studio sugli incendi verificatisi negli ultimi 73 anni.
Sheffield P.J., Desautels D.A., Hyperbaric and hypobaric chamber fires: a 73-year analysis, in Undersea and
Hyperbaric Medicine, vol. 24, n. 3, settembre 1997. Una selezione dei principali incidenti è riportata in Ortolani
C., Casi di combustioni accidentali, Milano 2007, vol. I, pp. 170-171.
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Esempio II.2: esplosione (detonazione) di nitrati.
Dopo la famosa esplosione di Oppau (21 settembre 1921, presso la BASF in Germania) di
una miscela di solfato di ammonio (NH4)2SO4 e nitrato di ammonio NH4NO3 si sono ripetuti
gravi incidenti coinvolgenti nitrato di ammonio nel 1947 (2 casi), 1954, 1960, 1963 (2), 1965,
1966, 1967, 1972 (2), 1973, 1975, 1978, 1982, 1987, 1988, 1997, 1998, 2000 e 21
settembre 2001 (Totalfinaelf, TFE, stabilimento di Tolosa in Francia) (Shaden spiegel.
Bollettino rassegna danni, Munich Re Group, anno 46, n. 1, 2003, p. 12).
III
Distingui tra un’esplosione da gas e una bomba
(deflagrazione di una miscela gassosa o detonazione di un esplosivo solido)
Le conseguenze di una ”esplosione da gas” (miscela costituita da aria e da un gas
combustibile) o della detonazione di un “esplosivo solido” come dinamite, tritolo (C 7H5N3O6),
RDX (C3H6N6O6), ecc. sono molto diverse e facilmente distinguibili.
Una “bomba” forma un tipico cratere (explosion crater, ved. Henrych, fig. 5.34, p. 278). Le
dimensioni del cratere sono legate alla quantità (W) di esplosivo da molte formule empiriche
o semi-empiriche (Henrych, p. 280). La più semplice è:
W = k3 w3
Ove W (kg) è la quantità di esplosivo, w (m) la profondità del cratere e k 3 (kg/m3) un
coefficiente empirico, funzione del tipo di suolo, variabile da 0,9 a 2,55 (Henrych, tab. 5.14, p.
283).
La quantità di esplosivo è approssimativamente determinabile anche con il metodo del tritolo
equivalente (ved. VI - Analizza i frammenti di vetro).
Nel caso di “esplosioni di miscele gassose aria/combustibile” la velocità di combustione
(“velocità di fiamma”) in deflagrazione è molto modesta (dell’ordine del m/s; per la miscela
metano/aria circa 0,5 m/s) ed altrettanto modesta è la velocità di aumento della pressione
(bar/s). Poiché la velocità del suono coincide con la velocità delle perturbazioni di pressione
ed è dell’ordine di centinaia di m/s, la pressione tende ad eguagliarsi molto rapidamente nel
volume interessato. In altre parole la velocità con cui la pressione si equalizza in un volume
confinato è elevata. Conseguentemente il danno strutturale (dovuto all’aumento di
pressione) è piuttosto uniforme e omnidirezionale.
Invece la velocità di combustione (in detonazione) di un esplosivo solido è dell’ordine di
migliaia di m/s (tipicamente più di 7000 m/s). La pressione non può eguagliarsi nel volume
interessato dall’esplosione. Si generano pressioni molto elevate proprio nel punto dov’era
collocato l’esplosivo solido. La pressione, e quindi il livello di danno, decade poi molto
rapidamente con la distanza dal punto dov’era collocata la “bomba”. Nel caso di esplosivi
solidi la velocità di aumento della pressione (bar/s) è molto più elevata (teoricamente tende
all’infinito).
Si definisce “violenza dell’esplosione” il rapporto dp/dt (velocità di variazione della pressione
rispetto al tempo). Vale la legge cubica:
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(dp/dt)max V1/3 = KG
Henrych J., The Dynamics of Explosion and Its Use, Amsterdam 1979.
IV
Esamina l’eventualità di una esplosione da polvere
Benché la prima esplosione da polvere documentata (Memorie dell’Accademia Reale delle
Scienze di Torino, anni 1786-1787) sia avvenuta il 14 dicembre 1785 il fenomeno è molto
meno conosciuto di quello delle esplosioni di gas. E’ opportuno sottolinearne le diverse
caratteristiche.
Limiti di infiammabilità. Il campo di infiammabilità delle polveri è molto più ampio: da qualche
g/m3 a qualche kg/m3 (il rapporto fra i due limiti è quindi circa 100; nel caso dei gas è
inferiore a 10). Normalmente il limite superiore non vien neppure denunciato.
Una regola empirica: se non si riesce a distinguere la propria mano all’estremità del braccio
disteso, la nube è probabilmente infiammabile.
Se in ambiente chiuso si rilascia un gas, questo lentamente diffonderà fino a formare una
miscela omogenea in tutto l’ambiente. Con una polvere avviene il contrario: la nube di
polvere rilasciata nell’aria, al passare del tempo precipiterà verso il basso e l’aria risulterà
priva di polvere.
Ma un improvviso movimento dell’aria (colpo di vento, ecc.) può risollevare la polvere
ricreando una miscela combustibile.
E’ quindi essenziale la pulizia, non solo dei pavimenti, ma anche di ogni superficie su cui può
accumularsi la polvere (tubazioni sospese, ecc.).
E’ istruttivo osservare che, in un volume alto 3 m contenente 15 g/m 3 di polvere avente
densità di 1 kg/dm3, tutta la polvere si deposita completamente con uno spessore di soli
0,045 mm !
Energia minima di accensione. E’ molto più alta. Pur variando molto da caso a caso
possiamo assumere un valore normale pari a 100 mJ. Quindi le nubi di polvere sono molto
meno sensibili all’accensione mediante scintilla.
Temperatura minima di accensione. E’ minore. Possiamo assumere un valore di 400°C.
Pressione massima di esplosione in volume chiuso. Praticamente uguale (8 ÷ 10 bar).
Costante Kst della legge cubica. E’ molto più elevata, perché siamo sempre in regime
turbolento (la polvere di alluminio può arrivare a 750 bar m/s).
Le esplosioni da polveri si dividono solitamente in 3 classi in funzione della costante K st (bar
m/s):
1) 0 ÷ 200
2) 201 ÷ 300
3) > 300
Sono nettamente più frequenti le esplosioni di classe 1).
Anche per le esplosioni da polvere vale la legge cubica:
(dp/dt)max V1/3 = Kst
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N.B. Leggi le raccomandazioni della National Academy of Sciences (US), Panel on Grain
Elevator Explosions (Baker, Tang., cit., Appendix C, p. 251).
Bartknecht W., Dust Explosions. Course, Prevention, Protection, Berlin 1989, pp. 270.
Baker W.E., Tang M.J., Gas, Dust and Hybrid Explosions, Amsterdam 1991, pp. 254.
Prevention and mitigation of combustible dust explosions and fire. Factory Mutual Property Loss Data Sheets,
7-76, 1998, pp. 35.
NFPA 654 Standard for the prevention of fire and dust explosions from the manufacturing, processing, and
handling of combustible particulate solid.
V
Esamina l’eventualità di un fenomeno di BLEVE
(boiling liquid expanding vapour explosion)
Qualunque recipiente giunge a rottura quando la pressione interna produce uno stato di
sollecitazione insopportabile dalla struttura. Se il recipiente contiene un liquido a temperatura
ambiente, un innalzamento della pressione porterà al collasso, ma senza produrre alcun
effetto di tipo esplosivo perché la scarsissima comprimibilità di un liquido reale non fa sentire
effetti di decompressione (il volume specifico rimane praticamente costante). Se invece il
recipiente chiuso contiene un liquido a temperatura sufficientemente elevata e la pressione
aumenta a valori intollerabili, il cedimento improvviso delle pareti causa una repentina
“espansione” del liquido che istantaneamente cambia di stato, passando, almeno in parte,
allo stato di vapore, con un aumento del volume specifico di migliaia di volte (nel caso di
vapor d’acqua). Questo sprigionarsi di grandi volumi di vapor d’acqua produce sulle strutture
gli stessi effetti di una esplosione di gas (deflagrazione in volume confinato).
Ortolani C., Esplosione da BLEVE, in Casi di combustioni accidentali, Milano 2007, vol. II, pp. 197-200.
VI
Analizza i frammenti di vetro
L’esame delle superficie vetrate (direttamente sul luogo dell’incidente o nelle vicinanze) è
uno strumento di indagine particolarmente utile.
Se le superfici vetrate della facciata di un edificio sono danneggiate per il 50% si ritiene che
siano state sollecitate da una sovrappressione di circa 10 mbar.
Poiché è nota (sperimentalmente) la pressione generata ad una data distanza
dall’esplosione (detonazione) di una data quantità di tritolo è possibile risalire dalla distanza d
alla quantità di tritolo TNT (kg).
TNT (kg) = 3,8 d3 (m) / 106
E poiché le distanze di sicurezza per i depositi di esplosivi sono dimezzate quando è
interposto uno schermo di protezione tra il deposito e la zona di sicurezza, se l’esplosione è
avvenuta all’interno di un locale la distanza d suole essere raddoppiata (cosiddetto metodo
approssimato del tritolo equivalente, TNT, TriNitroToluene C7H5O6N3).
Esempio VI-1: se d = 200 m, TNT = 30,4 kg.
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E’ nota la pressione di rottura (mbar) del vetro di una finestra in funzione della superficie e
dello spessore (Harris, fig. 5.10, p. 96).
E’ nota la pressione di rottura (mbar) del vetro di una finestra in funzione dello spessore
(mm) e di diverse superfici (0,48x0,48 m; 1,0x0,5 m; 1,0x1,0 m; Harris, fig. 5.11, p. 97).
E’ nota la distanza (m) cui sono proiettati i frammenti di vetro di una finestra in funzione del
tipo di vetro (Harris, fig. 5.14, p. 100).
Il tipo di rottura del vetro di una finestra è completamente differente nel caso di esplosione, di
incendio o di effrazione.
Nel caso di esplosione (aumento rapido di pressione) la rottura si manifesta con un gran
numero di piccoli frammenti di vetro, mentre nel caso di incendio (produzione di calore) con
un piccolo numero di frammenti di grandi dimensioni. Nel caso di incendio la superficie
interna del vetro sarà anche annerita dal fumo (più o meno, a seconda della durata
dell’incendio e dei materiali bruciati).
Per la resistenza al fuoco dei vetri speciali (temprati, retinati, vetrocemento, composti, fibre di
vetro e vetro cellulare) ved. Ania (a cura di), Comportamento al fuoco dei materiali, dei
componenti costruttivi e degli arredi, Milano/Torino 1986, p. 84.
Harris R.J., The investigation and control of gas explosions in building and heating plant, London 1983, pp. 194.
Fabbrica Pisana SpA Saint Gobain, Manuale tecnico del vetro, Milano 1993, pp. 540. In particolare: resistenza
al fuoco, pp. 88-95.
VII
Valuta il “carico d’incendio” e la durata di un incendio
Nella letteratura internazionale il “carico d’incendio” (fire load) è semplicemente inteso come
la massima quantità di calore sviluppabile su una data superficie (MJ/m 2, Buchanan, formula
3.3, p. 37).
Nel D.M.I. 30 novembre 1983 (in G.U. n. 339 del 12 dicembre 1983) il carico di incendio è
definito come il «potenziale termico della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno
spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie (divisorie ?), dei pavimenti
e dei soffitti. Convenzionalmente è espresso in chilogrammi di legno equivalente».
«La quantità di calore che si può sviluppare in un incendio è data, al massimo, dalla somma
dei prodotti dei pesi dei materiali combustibili presenti (comprese naturalmente le eventuali
strutture combustibili del locale) per il loro potere calorifico» (superiore), «che, per
definizione, è la massima quantità di calore che si può ricavare da una data quantità di
sostanza combustibile» (Luciani, p. 182).
In Italia si usava definire convenzionalmente il “carico di incendio” come kg di legna per m 2:
q = [G1 Hs1 + G2Hs2 + …)] / [ (4400 S)] (kg di legna/m2)
ove:
G1 massa del singolo materiale (kg);
Hs1 potere calorifico superiore del singolo materiale (kcal/kg);
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S superficie del locale (m2);
4400 potere calorifico superiore del legno (kcal/kg).
Possiamo classificare il carico d’incendio in:
basso: fino a 20 kg di legna/m2;
medio: da 20 a 100 kg di legna/m2 (es.: abitazioni, uffici, ecc.);
alto: da 100 a più di 500 kg di legna/m2 (es.: fabbricati destinati al deposito di sostanze
infiammabili).
Il valore del carico d’incendio può dare un’indicazione approssimata della presumibile durata
dell’incendio:
25 kg di legna/m2 = 15 min
da 25 a 50 kg di legna/m2 = 40 min
da 50 a 100 kg di legna/m2 = 1 h e 40 min
da 100 a 150 kg di legna/m2 = 3 h e 40 min
In generale la durata dell’incendio può essere espressa da:
t = q S/W (min)
ove W (kg/min) è la quantità di combustibile che brucia nell’unità di tempo.
Esempio VII-1: sia q = 60 kg/m2; S = 5 x 10 = 50 m2; W = 100 kg/min. Segue t = 60 x 50 /
100 = 30 min.
Stimata la durata dell’incendio, con l’uso dei diagrammi temperatura-tempo (es.: ISO 834,
ASTM E 119) è possibile ricavare la temperatura alla quale le strutture saranno sottoposte.
Nel manuale ANIA 1986 cit. sono riportati valori orientativi del potere calorifico (in MJ per
pezzo) del materiale di arredo (p. 61-62; per esempio: armadio, divano, letto, ecc.); del
potere calorifico di merci varie depositate nei magazzini (in MJ/m3 e impropriamente
denominato “carico di incendio”, pp. 62-67; per esempio: abiti, carta, liquori, ecc.); del potere
calorifico in funzione della destinazione del locale (in MJ/m 2 impropriamente denominato
“carico di incendio, pp. 67-76; per esempio: agenzia di viaggi, biblioteca, cinematografo,
ecc.).
Valori orientativi dei carichi d’incendio in funzione della destinazione dei locali sono riportati
in Corbo L., Prevenzione incendi. Corso di sicurezza nelle costruzioni, Milano 1992, tab. b,
pp. 207-214.
I recenti decreti sulla resistenza al fuoco (D.M. 16.02.2007 Classificazione di resistenza al
fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione e D.M. 09.03.2007
Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del
CNVVF) hanno introdotto il nuovo concetto di “carico d’incendio specifico di progetto” che è il
carico d’incendio riferito all’unità di superficie lorda (MJ/m 2) corretto in base ai parametri
indicatori del rischio d’incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di
protezione presenti (ved. le tabb. nn. 1, 2, 3 e 4 dell’Allegato al D.M. 09.03.2007).
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Ania (a cura di), Comportamento al fuoco dei materiali, dei componenti costruttivi e degli arredi, Milano/Torino,
1986, pp. 118.
ANIA (a cura di), Manuale di prevenzione incendio, Milano/Torino, 1998, pp. 180.
Buchanan A.H., Structural Design for Fire Safety, Chichester 2001, pp. 422.
Luciani R., Sistemi antincendio negli impianti industriali. Tecniche e legislazione della prevenzione, Bari 1976,
pp. 268.
VIII
Fai raccogliere campioni ed eseguire analisi
Come documentare correttamente il sopralluogo effettuato (riprese fotografiche, filmate, ecc.)
?
Ved. NFPA 921, Chapter 8, Recording the scene, pp. 50-60.
Nel campo della combustione le analisi sono sempre molto delicate. Sia per la raccolta dei
campioni sia per le analisi è indispensabile affidarsi a laboratori di provata affidabilità. Ci
permettiamo di segnalare: l’Istituto di ricerche sulla combustione - CNR, piazzale V. Tecchio,
n. 80, 80125 Napoli (www.irc.cnr.it) e la Stazione Sperimentale per i Combustibili, viale A. De
Gasperi, n. 3, 20097 San Donato Milanese (Milano) (www.ssc.it).
Alcune analisi utili nelle indagini (alla fine, tra parentesi, la norma di riferimento) sono:
• gascromatografia (GC): per evidenziare la maggior parte degli idrocarburi utilizzati come
acceleranti, ASTM E 1387 Standard Test Method for Ignitable Liquid Residue in Extracta
from Fire Debris Samples by Gas Chromatography);
• spettrometria di massa (MS): utilizzata assieme alla gascromatografia per ulteriori analisi
sui componenti evidenziati dalla gascromatografia (American Society for Testing Materials,
ASTM E 1618);
• spettrofotometro a infrarossi (IR): per identificare alcune specie chimiche sensibili
all’infrarosso;
• assorbimento atomico (AA): per identificare sostanze non volatili (metalli, ecc.);
• fluorescenza a raggi X: per individuare elementi metallici;
• tecniche diverse per la determinazione di flash point e fire point (ASTM D 56, ASTM D 92,
ASTM D 93, ASTM D 1310, ASTM D 3828);
• temperatura di autoignizione di liquidi (ASTM E 659);
• calore di combustione di idrocarburi mediante bomba colorimetrica (ASTM D 2382);
• infiammabilità di fibre tessili (ASTM D 1230);
• resistenza all’ignizione mediante mozzicone di sigaretta (ASTM E 1352 e ASTM E 1353);
• infiammabilità di rivestimenti in tessuto per pavimenti (ASTM D 2859);
• infiammabilità di prodotti aerosol (ASTM D 3065);
• resistenza al fuoco di materiali per rivestimento di pareti e soffitti (ASTM E 84);
• resistenza al fuoco delle coperture di fabbricati (ASTM E 108);
• resistenza a flussi termici radianti per materiali di rivestimento di pavimenti (ASTM E 648);
• resistenza al fuoco di un compartimento (ASTM E 603);
• determinazione dei limiti di infiammabilità (ASTM E 681);
• misura dei gas sviluppatisi in un incendio (CO, CO2, O2, NOx, SOx, ecc.; ASTM E 800);
• emissione di calore e di fumo visibile (ASTM E 906, ASTM E 1354);
• pressione e velocità di variazione della pressione per polveri combustibili (ASTM E 1226);
• temperatura di ignizione spontanea di materie plastiche (ASTM D 1929);
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• caratteristiche di infiammabilità di campioni di tessuto disposti in verticale (ASTM D 3659).
N.B. Esistono naturalmente norme corrispondenti anche a livello nazionale o europeo.
Cardillo Paolo, Fire investigation: acceleranti e analisi chimiche. Come mettere insieme i pezzi del puzzle, Atti
del corso Cineas Ricerca dell’origine dolosa degli incendi, Milano, 25 giugno 2009, pp. 21.
IX
Verifica se il comburente è aria
Nella stragrande maggioranza dei casi il comburente è costituito dall’ossigeno presente
nell’aria (21% in volume), ma esistono anche altre sostanze che possono fornire ossigeno. I
perossidi inorganici (per es. di sodio Na e di potassio K) reagiscono con l’acqua liberando
ossigeno; i clorati (di Na e K) e i cloriti sviluppano ossigeno se riscaldati; i persolfati (per es.
di K) sono ossidanti energici.
Nelle strutture sanitarie e in alcuni sistemi industriali (per es. nei sistemi a gassificazione
IGCC, cioè Integrated Gasification Combined Cycle delle raffinerie di petrolio) esiste
disponibilità di ossigeno puro, che è un ossidante estremamente energico.
Secondo NFPA una atmosfera si definisce “arricchita di ossigeno” quando la percentuale di
ossigeno in aria è maggiore o uguale al 25%.
Il processo di combustione è enormemente favorito in ossigeno puro. Infatti per le miscele
gassose:
. il campo di infiammabilità si allarga (perché cresce il limite superiore);
. la velocità di fiamma aumenta di circa 10 volte;
. l’energia minima di accensione diminuisce di circa 100 volte;
. la temperatura adiabatica di fiamma aumenta di circa 1000 K;
. la temperatura di ignizione spontanea diminuisce.
All’aumento della temperatura adiabatica di fiamma corrisponde un aumento della pressione
per deflagrazione in volume chiuso.
Atti dell’International Symposium on Flammability and Sensitivity of Materials in Oxygen-Enriched Atmospheres
(pubblicati a cura di ASTM, US).
Ortolani C., Combustione dell’acciaio in ossigeno puro, in Casi di combustioni accidentali, Milano 2007, vol. II,
pp. 275-280.
X
Analizza le possibilità di aggravamento del rischio e di dolo dell’assicurato
ANIA (a cura di), Sinistri intenzionali incendio. Osservazioni e procedure peritali, Milano 1992, pp. 52.
Atti del corso Cineas Ricerca dell’origine dolosa degli incendi, Milano, 25 giugno 2009.
NFPA 921 Guide for fire and explosion investigation, 2011 Edition.
Tattoni Sergio, Analisi delle strutture edilizie dopo l’evento incendio, in Atti del corso Cineas Ricerca dell’origine
dolosa degli incendi, Milano, 25 giugno 2009.
APPENDICE I
Valori numerici dei principali parametri dei processi di combustione
• Calore di formazione (heat of formation)
S.J. Sandler, Chemical and engineering thermodynamics, New York 1977, Table A6.1, pp. 315-322; New York
3
1999 .
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• Calore di combustione o potere calorifico superiore e inferiore (heat of combustion H 2Oliq;
heat of combustion H2Ogas).
Sandler, cit., Table A6.2, pp. 323-325.
N.B. Il calore di combustione può essere calcolato con la legge di Hess in funzione dei calori
di formazione.
• Caratteristiche delle polveri (dimensioni, limite inferiore di infiammabilità, pressione
massima, violenza dell’esplosione, costante della legge cubica Kst)
NFPA 68, 1998 ed., tab. E-1: prodotti agricoli; tab. E-2: carbonacei; tab. E-3: prodotti chimici; tab. E-4: metalli;
tab. E-5: materie plastiche; Cote A.E., Linville J.L., Fire protection handbook, Table 5-9A, Explosions
characteristics of various dusts, pp. 5-99/5-101; Table 10-11B, Explosions characteristics of various dusts, p.
10-84; Bartknecht 1989, pmax e Kst, tab. 10, p. 80.
• Energia di esplosione di esplosivi solidi (1000 ÷ 2000 kcal/kg).
• Energia minima di accensione per miscele gassose ( < 1 mJ)
Médard L., Les explosifs occasionnels, Paris 1979, vol. I, tab. 10.1, p. 261. Drysdale D., An introductionto fire
2
dynamics, Chichester 1998 , tab. 3.1, p. 77.
N.B. L’energia di accensione varia moltissimo con il rapporto di miscela.
Kanury A.M., Introduction to Combustion Phenomena, New York 1975, p. 127 e fig. 4.24; Bartknecht W., Dust
Explosions, Berlin 1989, fig. 162 a p. 147 e B. Lewis, G. von Elbe, Combustion Flames and Explosions of
2
Gases, New York 1961 ).
• Flash point
2
Drysdale D., An introductionto fire dynamics, Chichester 1998 , tab. 6.4, p. 203 e tab. 6.9, p. 204.
N.B. Significato del flash point in merito alla sicurezza d’impiego del combustibile liquido. Uso
della benzina commerciale (f.p. = - 40°C) e del gasolio (f.p. = + 60°C) negli incendi dolosi.
• Limiti di infiammabilità in aria dei combustibili puri
Médard L., cit., vol. I, tab. 8.5, p. 182; tab. 8.6, pp. 184-189. Drysdale D., An introductionto fire dynamics,
2
Chichester 1998 , tab. 3.1, p. 77.
• Limiti di infiammabilità delle miscele
N.B. Nel caso di una miscela di combustibili gassosi, il limite inferiore di infiammabilità della
miscela non coincide con quello dei singoli combustibili, ma deve essere valutato secondo la
“legge di Le Chatelier”. Ad esempio: il limite inferiore L di una miscela contenente il 50% di
metano (CH4, limite inferiore 5%) e il 50% di ossido di carbonio (CO, limite inferiore 12,5%)
vale:
100/L = 50/5 + 50/12,5 = 14
L = 7,14%
• Limiti di detonabilità in aria e in ossigeno
Baker, Tang., cit., tab. 3-12, p. 90; Zeldovich Ia.B., Kompaneets A.S., Theory of Detonation, New York 1960,
tab. II, p. 136.
• Pressione massima di deflagrazione in volume chiuso per miscele idrocarburi-aria (8÷10
bar)
Baker, Tang., cit., tab. 3-9, p. 76; NFPA 68, tab. D-1, p. 47.
• Pressione massima di detonazione per miscele idrocarburi-aria (17-19 bar)
Baker, Tang., cit., tab. 3-10, p. 82.
N.B. Non esistono detonazioni gassose documentate in ambienti civili e industriali (la
detonazione si ha solo in geometrie tipo lunghi tubi, cioè con rapporto lunghezza/diametro
L/D molto maggiore di 1).
• Pressione di detonazione per esplosivi solidi (103 ÷ 104 bar)
2
Kinney G.F., Graham K.J., Explosives shocks in air, Berlin 1985 , tab, 9-3, p. 142.
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• Rapporto di miscela stechiometrico
Murty Kanury A., Introduction to Combustion Phenomena, New York 1975, tab. 4.3, pp. 130-131.
• Temperatura-limite inferiore e superiore
Mèdard, cit., tab. 8.6, pp. 184-189; tab. 9.1, p. 214
• Temperatura adiabatica di fiamma
Murty Kanury A., Introduction to Combustion Phenomena, New York 1975, tab. 4.3, pp. 130-131.
• Temperatura di ignizione
B.P. Mullins, Spontaneous Ignition of Liquid Fuels, London 1955, chapter 11, Spontaneous Ignition
Temperature Data, pp. 61-72; Médard, cit., tab. 8.6, pp. 184-189.
• Velocità di fiamma (fundamental burning velocity)
Baker-Tang, cit., Table D-1, pp. 253 oppure NFPA 68, 1998 ed., tab. C-1(a) e tab. C-1(b), pp. 45-46.
• Velocità di detonazione
Zeldovich Ia.B., Kompaneets A.S., Theory of Detonation, New York 1960, tab. II, p. 136.
Il sito del National Institute of Standards and Technology pubblica il “NIST Chemistry
WebBook”
(http://webbook.nist.gov/chemistry) che raccoglie numerosissimi dati.
APPENDICE II
• National Association of Fire Investigators (NAFI), www.nafi.org, fondata nel 1961.
Certifica i “fire and explosion investigators” ed i “fire investigation instructors”.
• Society of Fire Protection Engineers (SFPE), www.sfpe.org, fondata nel 1950.
Pubblica il SFPE Handbook of Fire Protection Engineering e la rivista Fire Protection
Engineering Magazine.
• International Association of Arson Investigators (IAAI), www.firearson.com, fondata nel
1949.
Pubblica la rivista Fire and Arson Investigator. E’ l’associazione degli “IAAI-certified fire
investigators” (CFI).
carlo ortolani
(aggiornamento: 14 giugno 2012)
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