Rel.triennale TORCHIA - Dipartimento di Scienze Aziendali e

Transcript

Rel.triennale TORCHIA - Dipartimento di Scienze Aziendali e
RELAZIONE FINALE SULL ’ATTIVITÀ SVOLTA
DAL DOTT . FRANCESCO TORCHIA NEL TRIENNIO DEL CORSO DI
DOTTORATO DI RICERCA “IMPRESA, STATO E MERCATO”, XV° CICLO.
Il dott. Francesco Torchia,
in ordine all’attività svolta nel I° anno del corso di Dottorato in “Impresa Stato e Mercato”:
a) ha frequentato, come semplice uditore, un Corso di alta qualificazione in Diritto dei
Consumi e dei Consumatori, corso istituito dalle facoltà di Economia e Scienze Politiche presso l’Università degli Studi della Calabria l’anno 2000/2001;
b) ha partecipato al convegno, tenutosi in Cosenza nei giorni 21 e 22 settembre 2001, sulla
“crisi d’Impresa e procedure concorsuali in Italia ed in Europa. Prospettive di riforma”, organizzato
dal Centro Studi di Diritto fallimentare;
c) ha partecipato all’attività seminariale (integrativa dell’attività didattica) per l’ insegnamento di Istituzioni di Diritto Privato (titolari i professori E. Caterini e G. Chiappetta)
nelle facoltà di Scienze Politiche e di Economia dell’Università della Calabria;
- in merito all’attività di ricerca relativa al “Credito al consumo: problematiche e prospettive evolutive a tutela del consumatore”, dopo la lettura di numerose pubblicazioni in materia, tra cui: “Il Credito al
Consumo” di M. Gorgoni, Milano, 1994; “Il Credito al consumo” di G. Piepoli, Napoli, 1976;
“Storia del credito al Consumo” di R. M. Gelpi e F. J. Labruyère, Bologna, 1994; “The indebted Society” di J Ford, London, 1988, è pervenuto alla conclusione che nel volgere di pochi
anni il settore del credito, e in particolare quello del credito al consumo, ha evidenziato una
molteplicità di cambiamenti. Basti pensare al rapido succedersi delle recenti pronunzie della
nostra Suprema Corte in materia d’usura ed anatocismo (Cass. 16 marzo 1999 n.2374, Cass. 30
marzo 1999 n.3096, Cass. 2 febbraio 2000 n.1126, Cass. 22 aprile 2000 n.5286), precedute e/o
seguite (non senza strascichi polemici) da svariati provvedimenti normativi, di cui alcuni dal
dubbio valore interpretativo, come il decreto legge n.394 del 29 dicembre 2000, convertito nella legge n.24 del 28 febbraio 2001. A tanto si aggiunga che la storia del credito al consumo è
sempre stata animata da un antico e costante rapporto d’attrazione – repulsione; da un lato, infatti, il credito è sempre stato visto come un indubbio fattore di sviluppo economico e di modernizzazione sociale, avendo continuamente movimentato moneta per la produzione e/o per
il consumo, dall’altro lato, però, è sempre stato considerato come un fattore d’indebitamento
incontrollato e di propagazione esponenziale della usura. La paura per la crescita dei consumi
s’è andata, così, col tempo ad innestare al timore atavico di un potenziale degrado usuraio. Ciò
nonostante, il settore del credito ha sempre dimostrato di potersi autonomamente affermare
sul mercato. Non a caso, secondo gli economisti, il credito al consumo è una componente essenziale d’ogni società che abbia voglia di sviluppo, integrazione sociale e flessibilità. Ne consegue che il dibattito sul tema del credito al consumo è destinato ad intensificarsi anche nel nostro paese, anche perché ai tradizionali problemi dell’ autonomia contrattuale sono destinati ad
intrecciarsi i nuovi dati offerti dalla svariata morfologia del consumer credit e delle nuove forme organizzative dell’economia moderna. A ciò si aggiunga che è opinione consolidata ritenere
che, per non correre il rischio di lasciare in secondo piano la varietà delle operazioni economiche utilizzate, per quanto sia insita nella nostra tradizione giuridica la tendenza ad inquadrare
1
sistematicamente la complessa tipologia fenomenica, privilegiando la forma logica dell’ istituto
e muovendosi all’interno di definizioni legali, occorre procedere anche in maniera assiologica,
tenendo presente, cioè, la concreta realtà del fenomeno da analizzare ed i suoi peculiari connotati in modo da valorizzare la concreta funzione ed il reale assetto d’interessi sottostanti al fenomeno regolato.
Tanto più che, grazie all’inserzione nel circuito del credito al consumo di un terzo finanziatore,
si è venuto a realizzare un preciso coordinamento del finanziamento dei consumi con quello
delle vendite, che, nell’intento precipuo di procurare al consumatore il finanziamento a lui indispensabile e, nel contempo, garantire agli esercizi commerciali un incremento delle vendite e
del volume d’affari, ha, però, determinato l’insorgere di quelle nuove figure giuridiche che si
rende ora necessario analizzare e sottoporre a verifica. Infatti, la gran parte degli interventi legislativi finora posti in essere, considerando il credito al consumo come un fenomeno economico la cui struttura non può essere lasciata al libero gioco delle forze di mercato, ha mirato a
correggere gli eventuali squilibri delle singole operazioni economiche mediante un penetrante
controllo della autonomia negoziale.
In ordine all’attività svolta nel II° anno del corso di Dottorato in “Impresa Stato e Mercato”:
a) ha seguito un corso di alta qualificazione in sessantasei lezioni su “Persona e Mercato”;
b) ha partecipato in qualità di congressista al convegno, tenutosi in Loc. S. Trada di Reggio Calabria nei giorni 4 – 5 ottobre 2002 su “Conoscenza e Diritto, l’informazione tra
responsabilità e autoresponsabilità”, organizzato dalle Facoltà di Giurisprudenza dell’
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro e dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, nonché dal dipartimento di Scienza e Storia del Diritto
dell’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro e il Centro Calabrese di Ricerche e Studi di Diritto Civile;
c) ha partecipato all’attività seminariale (integrativa dell’attività didattica) per l’ insegnamento di Istituzioni di Diritto Privato (titolari i professori E. Caterini e G. Chiappetta)
nella Facoltà di Economia dell’Università della Calabria;
d) fa parte del coordinamento redazionale della rivista giuridica quadrimestrale di giurisprudenza, dottrina e legislazione regionale, diretta dal Prof. Enrico Caterini, “Le Corti
Calabresi”, prestando il proprio contributo con la redazione di note in materia di responsabilità da trasporto e tutela e trattamento dei dati riservati;
e) ha pubblicato, unitamente ad altri autori, un contributo dal titolo “ L’iniziativa Economica nell’ordinamento Italiano e Comunitario” in “Costituzione Italiana e Diritto Comunitario. Principi e tradizioni costituzionali comuni. La formazione giurisprudenziale
del diritto costituzionale Europeo” a cura di S. Gambino, Milano, 2002;
f) ha rivisto e licenziato un lavoro dal titolo “La garanzia per vizi ed evizione nelle vendite” in “La dicotomia parte e terzi del contratto nella dottrina e nella giurisprudenza” a
cura di E. Caterini e G. Chiappetta;
G) ha preso parte ai seguenti seminari:
a. “Etica e profitto: un connubio possibile ? ”, relatore Dott. G. Robiati;
2
b. “Quale magistratura, quale governo”, relatore Prof. Alessandro Pizzorusso;
c. “Aspetti evolutivi della normativa europea sui contratti. Il contratto di agenzia”, relatore
Prof. Rafael Lara;
d. “La transizione della Repubblica ceca all’economia di mercato”, relatore Prof. Libor
Grega;
e. “Disoccupazione e Lavoro sommerso nel mezzogiorno”, relatore Prof. Tito Boeri;
f. “Il nuovo Ordinamento Regionale nell’ottica italiana e comparata; giornate di studio sulle riforme costituzionali in Italia”, organizzato dall’area giuspubblicistica del Dipartimento di Organizzazione Aziendale e Amministrazione Pubblica.
-In merito all’attività di ricerca del dottorato, dopo aver approfondito (per come già evidenziato) gli aspetti relativi al “Credito al consumo: problematiche e prospettive evolutive a tutela del
consumatore”, ha rivolto la sua attenzione all’approfondimento dell’aspetto relativo al fondamento etico del credito al consumo. Al riguardo, dopo lo studio di numerose pubblicazioni, tra
cui F. Capriglione, Etica della finanza e Finanza etica, Bari, 1997; N. Lipari, Mercato del credito e Usura, a cura di F. Macario e A. Manna, Milano, 2002; P. Perlingieri, Mercato, Solidarietà e diritti umani, in Rass. dir. civ., 1995; M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, trad. it., Londra,
1976; E. Caterini, Dall’impresa agricola all’impresa agronomica, in Rass. dir. Civ., 1998; R.M. Hare,
Teoria etica ed utilitarismo in AA.VV., Utilitarismo e oltre, a cura di A. Sen e B. Williams, Milano,
1984; E. Granaglia, Efficienza ed Equità nelle politiche pubbliche, Milano, 1990; G. Dell’Amore, Risparmio e credito, a cura di R. Moroni, Torino, 1996; F. Capriglione, Intervento pubblico e ordinamento
del credito, Milano, 1978; N. Lipari, G. Carriero, Autonomia privata e disciplina del mercato, il credito al
consumo, Torino, 2002; G. Alpa, Tipologie contrattuali degli investimenti: aspetti e problemi, in Giust.civ.,
1989; G. Carriero, L’Ombudsman garante della correttezza bancaria, in Riv. crit. dir. priv., 1995 ; G.
Dell’Amore, Il credito al consumo, Milano, 1964; P. L. Fabrizi, Il credito al consumo, Milano, 1975; G.
Alpa, Credito al Consumo,(voce) in Digesto, Disc. Priv., sez. civ., V, 1992 ; A. Tidu, La direttiva comunitaria sul credito al consumo, in Banca, borsa e titoli di credito, 1987; F. Cantoni, Manuale del credito
al consumo, (a cura) di U. Filotto, Milano, 1999; E. Minervini, La trasparenza delle condizioni contrattuali(contratti bancari e contratti con i consumatori) in Banca e Borsa, I, 1996, e Norme per la trasparenza
delle operazioni bancarie, in Banca e Borsa, I, 1986; V. Desario, La tutela del consumatore: il ruolo
dell’autoregolamentazione, in Bancaria, 1996, n.3; G. Oppo, La direttiva comunitaria sul credito al consumo, in Riv. dir. civ., 1988, I; L. C. Ubertazzi, Credito bancario al consumo e direttiva Cee: prime riflessioni,
in, L’armonizzazione comunitaria dei diritti bancari nazionali, Studi raccolti da Luigi Carlo Ubertazzi,
Padova, 1989; U. Filotto e C. Giannasca, Credito al Consumo: qualità del credito e gestione del rischio,
in Banche e Banchieri, 1996, è pervenuto alla conclusione che anche se molto è stato detto a proposito di una moderna e globalizzata realtà socio-economica, poco è stato fatto al fine di conseguire quell’auspicabile equilibrio tra una “profittevole” operatività economica ed il rispetto
della dignità umana. Da ciò il tentativo di realizzare il superamento definitivo dell’ interpretazione utilitaristica, che, secondo molti, ha egemonizzato e caratterizzato la rilevanza teorica del
mercato, privilegiando un’impostazione etica. Per far ciò, tuttavia, occorre prendere le mosse
da un’adeguata rivisitazione del rapporto tra diritto e morale sociale, oltre che da un’ attenta valorizzazione dei soli principi in grado di superare la rigida applicazione delle categorie economiche. Ne consegue che, al fine di ritrovare il rispetto dell’altrui interesse ed evitare che l’utilità
3
sociale continui ad essere ingiustificatamente compressa dalla logica del profitto a tutti i costi,
occorre rivendicare all’etica spazi sempre più ampi.
In questo senso, esemplare è l’indicazione che ci proviene da quella dottrina più attenta ai valori costituzionali, che vede nel principio della solidarietà il cardine di ogni ricostruzione sistemica, secondo la quale accanto alla finanza tradizionalmente intesa c’è spazio per una finanza etica che riesca a conciliare termini quali “produttività”, “mercato” e “rispetto dei valori umani e
sociali”. Individuando i principi etici della finanza ed evitando accuratamente di dare alla normativa di settore una lettura che non sia finalizzata esclusivamente alla formazione del profitto,
si può cercare di reinterpretare i rapporti economico-finanziari alla luce dei valori di “dignità”,
“uguaglianza” e “solidarietà”. La solidarietà, pertanto, non va vista come qualcosa che appartiene ad una sfera diversa dai modelli giuridici, bensì come criterio per introdurre nei vari ordinamenti concrete possibilità di redistribuzioni e, soprattutto, come un ineludibile portato di
una finanza più attenta a quei valori umani che trovano nella morale cristiana il loro fondamento, sempre che, però, l’uomo rappresenti il fine e non lo strumento del sistema.
Quanto detto è ancor più vero se si considera che il mercato, in virtù della pluralità di significati che può assumere rappresenta un presupposto per l’esercizio delle libertà personali e, dunque, c’è l’esigenza di una direzione etica e giuridica della vita economica e di un garante esterno. Se così non fosse, la sfrenata libertà del mercato esporrebbe i soggetti deboli alla marginalità ed il mercato sarebbe solo occasione di conflitto continuo senza possibilità di mediazione
politica in mancanza di restrizioni alle libertà. A tanto si aggiunga che spesso puntare all’ efficienza non significa solo ridurre i costi grazie ad economie di scala, perché non sempre riduzione dei costi significa miglioramento dell’efficienza e perché per considerare efficienti i costi
occorre valutare i vantaggi anche non puramente economici da essi prodotti.
Uno Stato, dunque, si può dire stato sociale di diritto solo quando si organizza efficacemente e
solo quando si preoccupa di essere solidale; solo così l’investimento sociale può diventare investimento produttivo e può dare efficienza al mercato. In siffatto contesto si può senz’altro garantire la libertà senza negarla per realizzare la socialità di cui è capace, ma ancor prima si può
ricavare la funzione del mercato da quei valori, che legittimano la libertà economica come potere di rilevanza costituzionale appunto perché la vincolano, così come, infine, si può configurare la solidarietà come un vero e proprio atto di liberalità, ovvero come l’adempimento di un
dovere morale, ovvero, ancora, come l’adempimento di un dovere giuridico fondato sui valori
della nostra costituzione. La categoria dell’avere deve essere strumentale a quella dell’essere.
Per far ciò, però, occorre una lettura unitaria dei tre commi dell’art.41 Cost. Solo così, infatti, si
potrà far sì che si venga a realizzare quel rapporto tra situazioni – mezzo e situazioni finali, che
condizionerà tutte le manifestazioni di autonomia senza escludere un intervento legislativo più
penetrante, nel caso in cui le situazioni patrimoniali regolamentate saranno strettamente funzionali alla realizzazione di situazioni finali esistenziali.
La legge, dunque, nella consapevolezza che le ragioni dell’economia, dell’equità e della giustizia
non sono tra loro incompatibili, deve contribuire a realizzare quell’economia sociale di mercato, fondata su argomenti etici, che sappia coniugare efficienza economica e diritti umani, mercato e democrazia.
4
In ordine all’attività svolta nel III° anno del corso di Dottorato in “Impresa Stato e Mercato:
- in data 12 febbraio 2003 il Consiglio del Corso di studio in Economia Aziendale dell’ Università della Calabria – Facoltà di economia – ne ha deliberato la nomina a cultore della materia
per la cattedra di Istituzioni di Diritto Privato
- partecipa ad un progetto di studio relativo all’approfondimento delle tematiche inerenti alla
legge regionale c.d. “Legge Urbanistica”, con particolare riguardo all’art. 10;
- partecipa, in qualità di membro supplente della commissione, alle sedute di laurea della Università degli
Studi della Calabria;
- ha seguito e segue lavori di tesi aventi ad oggetto: “la tutela dei consumatori nei contratti a distanza”, “l’Operazione negoziale nel credito al consumo”, “La pubblicità comparativa ”, “I rapporti tra l’ innovazione tecnologica e l’impresa:il Know How ”, “Il contratto di Franchising ”, “dalla disciplina della concorrenza
sleale alla disciplina della concorrenza a tutela del consumatore ”, “il percorso normativo nella firma digitale ”, “il
risarcimento del danno in forma specifica ”;
- collabora col gruppo di ricerca per i seguenti progetti presentati al M.I.U.R:
a) “La norma civile nel tempo”
b) “Il negozio giuridico di comunicazione”
c) “Tutela dei diritti del consumatore: sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi”;
- svolge attività integrativa alla didattica con il prof. E. Caterini e con la prof.ssa G. Chiappetta per le
cattedre di Istituzioni di Diritto Privato, facoltà di Economia -corso di laurea di economia aziendalepresso l’Università degli Studi della Calabria, tenendo seminarii sugli argomenti trattati a lezione, svolgendo esercitazioni e fornendo assistenza agli studenti;
- ha partecipato in qualità di congressista al convegno, tenutosi in Siena nei giorni 18-19 ottobre 2002 su
“La proprietà nella Carta Europea dei diritti fondamentali”, organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza – dipartimento di Scienze Giuridiche privatistiche – della Università degli Studi di Siena;
- ha partecipato in qualità di congressista al convegno tenutosi a Crotone il 13 dicembre 2002
su “ Figure della nullità e tutela giurisdizionale del contratto ”;
- è autore di una nota in materia di Servizio Sanitario Nazionale dal titolo: libera scelta del medico
di base e del luogo di cura: manifestazione di un diritto assoluto o di un semplice interesse dell’assistito?, pubblicata nel fascicolo n.3 della rivista giuridica, diretta dal Prof. E. Caterini, “Le corti calabresi”;
- è autore di un articolo dal titolo L’etica del credito al consumo e l’impresa sociale, in corso di pubblicazione nel fascicolo n.2 del 2003 della rivista giuridica, diretta dal Prof. E. Caterini, “Le Corti
Calabresi”;
- Relativamente alla ricerca inerente all corso di Dottorato ha approfondito l’aspetto relativo al
consumo di microcredito e tutela della persona, pervenendo alla conclusione che nel sistema creditizio
italiano, il credito al consumo è l’esperienza che più si avvicina alle forme moderne ed alternative di finanziamento dell’impresa sociale. Tanto più che il credito al consumo è risultato essere
un’entità giuridica imprecisa che non assolve alla finalità per la quale è stata concepita. Da ciò,
il raffronto con il c.d. microcredito ed il suo utilizzo come «banco di prova» per la dimostrazione di un esercizio del credito dissonante dai principi dell’art.47 Cost. È in atto, infatti, una
disfunzione del sistema bancario. Un sistema che, a causa di una spiccata carenza di professionalità e di un’evidente inadeguatezza organizzativa e funzionale nel rapporto banca – mercato,
5
opera per lo più nella direzione della sanzione piuttosto che dell’adempimento del debitore. A
fondamento di siffatte conclusioni c’è la considerazione, secondo cui, una volta individuati nei
principi costituzionali i valori di riferimento per una corretta accezione dell’etica, occorre incoraggiare un esercizio del credito etico e secondo i dettami dell’art.47 Cost. In questo senso,
l’esercizio etico del credito potrà rinvenire nella fiducia il suo fondamento e nei valori costituzionali i criteri di riferimento. L’art. 47 della Costituzione, dunque, rappresenta l’affermazione
di un interesse pubblico ad una disciplina unitaria, la cui attuazione il costituente ha demandato
alla Repubblica. A conferma di quanto detto, è stata vista la peculiarità assunta dalle erogazioni
di credito a tassi di interesse inferiori a quelli di mercato effettuate dalle c.d. banche etiche, le
quali mirano a promuovere attività che, se pure meno remunerative di altre, sono indirizzate al
progresso culturale e sociale dell’uomo. Basilare è stata la considerazione secondo cui l’istituto
di credito etico è, in ogni caso, vincolato al rispetto ed alla realizzazione dello scopo sociale
dell’impresa, a nulla rilevando che si possa trattare di un’attività gratuita e disinteressata. Anzi,
nella maggior parte dei casi, proprio la gratuità è esclusa dalla previsione di un dividendo, rappresentato dall’utile d’esercizio da distribuire tra i soci, nonché dal potere economico che, secondo alcuni studiosi, deriverebbe all’istituto di credito dal fatto di rivolgersi ad un settore di
nicchia inesplorato. Il credito, dunque, é strettamente connesso alle possibilità d’espansione o
di restrizione dei consumi, i quali, a loro volta, influiscono direttamente sulla stabilità dei prezzi
e sul livello d’occupazione delle forze di lavoro e costituiscono uno dei principali fattori di
condizionamento dell’equilibrio economico. Il credito, però, deve essere compatibile con un
profitto che non sia conseguenza di forme di sfruttamento di situazioni di bisogno e di prevaricazione della dignità umana
Il presupposto è che ci sia un nesso imprescindibile tra sviluppo del mercato ed elevazione del
livello di vita comune, nonché che ci siano dei criteri generali tramite i quali valorizzare le risorse umane, assicurare la rispondenza dell’azione a regole tecniche e realizzare una più equa distribuzione delle ricchezze. Tanto più se si pensa che nei paesi sottosviluppati i costi reali o sociali del lavoro non si rispecchiano nella formazione dei prezzi, ma si traducono in repressione
dei diritti dei lavoratori con conseguente sfruttamento della mano d’opera utilizzata.
Esemplare è l’esperienza di commercio equo e solidale, ritenuto una forma di commercio economicamente efficiente, dal momento che mira ad ottenere una produzione efficiente e finalizzata ad ottenere un prodotto di buona qualità a prezzo concorrenziale.
Ragion per cui se è vero (come è vero) che l’economia di mercato governa la maggior parte dei
paesi del mondo e che la disuguaglianza rispetto ai diritti civili in molti casi dipende da una tutela non adeguata dei diritti economici, si deve convenire con quanti ritengono che la finanza è
in grado di assumere sempre più un nuovo e più caratterizzante ruolo sociale, sia a livello nazionale che a livello internazionale. Espressione di ciò è il processo di ridiscussione dei valori
tradizionalmente posti a fondamento dell’economia e della finanza. Un processo che – come
detto - ha preso l’avvio sulla scorta di alcune importanti considerazioni, tra cui un lento, ma inesorabile, fallimento dello stato sociale, un aumento degli indici di povertà ed una significativa
crescita del settore non profit in risposta al problema della disuguaglianza sociale. Da ciò - nel
più generale contesto del rapporto esistente tra eguaglianza economica e diritti sociali - la necessità di un’eguaglianza di accesso al mercato dei beni e del credito come diritto fondamentale
6
del- l’individuo. Un’eguaglianza che, però, non è ancora pienamente garantita né dai Paesi industrializzati né, tanto meno, da quelli ancora in via di sviluppo. Ciò posto, non sembra che il
mondo finanziario sia disposto a cercare una risposta ai grandi interrogativi dei nostri tempi, a
meno che il mercato non offra incentivi per comportamenti virtuosi e, nel contempo, efficienti
dal punto di vista economico, come nel caso del commercio equo e solidale e della gestione patrimoniale socialmente responsabile. Ecco perché, dunque, lì dove non arriva la finanza tradizionale, deve supplire la finanza etica nella sua accezione più pregnante di sistema finanziario e
informativo alternativo. Si pensi al ruolo che la finanza etica gioca nello sviluppo del settore
non profit. Un settore, che senza apporti economici non attraverserebbe l’attuale fase di espansione economica e sociale che invece sta vivendo, considerato che si tratta di un settore in cui
nel 1997 erano operative ben 4.699 cooperative sociali, con un incremento complessivo di
3.000 unità nel solo periodo dal 1993 al 1997. Sono così sorte in molti Paesi Europei le prime
banche alternative, dirette a finanziare attività a forte contenuto etico come la protezione delle
categorie deboli, il commercio equo e solidale, la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e
altre attività sociali, e le prime reti, come INAISE (Associazione Internazionale degli Investitori nell’ Economia Sociale), cui aderiscono contestualmente organizzazioni e istituti di credito
alternativo.
Un’evoluzione che, inizialmente dettata da una sensibilità concretizzatasi in atti di mera beneficenza, ha dato origine alla nascita di un vero e proprio sistema di intermediari che opera in favore di un settore che partecipa a pieno titolo all’implementazione delle politiche di welfare, assumendo la connotazione organizzativa e produttiva di una vera e propria impresa, l’impresa
sociale.
7