scuola superiore per mediatori linguistici cervello

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scuola superiore per mediatori linguistici cervello
SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI
(Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)
Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma
TESI DI DIPLOMA
DI
MEDIATORE LINGUISTICO
(Curriculum Interprete e Traduttore)
Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla
classe delle
LAUREE UNIVERSITARIE
IN
SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA
CERVELLO E INTERPRETAZIONE
RELATORI:
prof.ssa Adriana Bisirri
CORRELATORI:
prof.ssa Maria Nocito
prof.ssa Rita Di Rosa
prof.ssa Claudia Piemonte
CANDIDATA: SERENA MARLETTA
ANNO ACCADEMICO 2012/2013
1 A mia sorella Giulia, per il suo straordinario modo di vivere la vita.
2 INDICE
CAPITOLO PRIMO ...................................................................................... 7
La psicoanalisi e le lingue ........................................................................................ 8
Freud e le lingue ..................................................................................................... 10
Resistere alla lingua ............................................................................................... 12
La funzione del Super-Io nell'apprendimento delle lingue .................................... 13
Madre e madrelingua.............................................................................................. 21
L'inquietante estraneità........................................................................................... 25
Nuova lingua, nuova identità ................................................................................. 28
Conclusioni dell’ introduzione ............................................................................... 33
CAPITOLO SECONDO ............................................................................... 37
Il cervello umano.................................................................................................... 37
Dove risiede il linguaggio? .................................................................................... 40
Cosa succede nel nostro cervello quando impariamo più lingue? ......................... 41
Il Giro di Heschl ..................................................................................................... 44
Studi sperimentali condotti sul linguaggio in soggetti poliglotti ........................... 46
Processi dell’ apprendimento di una lingua straniera ............................................ 52
Analisi degli errori ................................................................................................. 54
CAPITOLO TERZO .................................................................................... 57
Modelli di sviluppo ................................................................................................ 57
L'acquisizione......................................................................................................... 57
Gli studi .................................................................................................................. 59
Problematiche cognitiviste ..................................................................................... 60
Effetti sociali .......................................................................................................... 60
Input e output ......................................................................................................... 60
Interazione .............................................................................................................. 62
Effetti pedagogici ................................................................................................... 63
Fattori interni al discente ........................................................................................ 64
3 Fattori individuali ................................................................................................... 64
Motivazione............................................................................................................ 65
Conclusione ............................................................................................................ 65
INDEX
FIRST CHAPTER ....................................................................................... 69
Psychoanalysis and languages............................................................................... 69
Freud and languages ............................................................................................... 72
Resist the language ................................................................................................. 73
The function of the Superego in language learning ............................................... 74
Mother and mother-tongue ..................................................................................... 82
SECOND CHAPTER ................................................................................... 83
The Brain ................................................................................................................ 83
Areas of the brain involved in language learning. ................................................. 84
The areas that the brain uses for the learning of a new language: ........................ 85
Where is the language situated ? ............................................................................ 87
What happens in our brain when we learn more than one language ? ................... 88
Heschl’s gyrus ........................................................................................................ 91
Conclusion.............................................................................................................. 93
4 INDICE
Primer Capítulo ........................................................................................... 96
Freud y las lenguas ................................................................................................. 96
Resistir al idioma.................................................................................................... 98
Madre y Lengua materna ..................................................................................... 100
Segundo Capítulo ...................................................................................... 105
El cerebro humano ............................................................................................... 106
Las áreas del cerebro involucradas en el "aprender un idioma”. ......................... 107
El àrea de Heschl .................................................................................................. 109
Conclusiòn............................................................................................................ 112 5 Cervello e Interpretazione
Introduzione
L’apprendimento delle lingue straniere è un processo lungo e difficile in cui
interagiscono tra loro elementi molto diversi, alcuni di ordine cognitivo e altri di
ordine psicoaffettivo. I fattori in gioco si distinguono in esterni e interni: i primi sono
relativi alla situazione socio-culturale in cui si trova l’apprendente, all’input
linguistico che ha a disposizione e alle possibilità di interagire con la lingua, e i
secondi dipendono dall’età dell’apprendente, dalla motivazione che lo spinge a
studiare una lingua straniera, dall’attitudine e dallo stile cognitivo. Nonostante la
ricerca scientifica, soprattutto negli ultimi decenni, abbia dato un contributo
fondamentale alla comprensione del processo di apprendimento delle lingue, c’è
accordo nell’affermare che in tale processo vi è, e permane, qualcosa di
incomprensibile. La linguistica e tutte le scienze ad essa correlate (la linguistica
6 applicata, la psicolinguistica, la neurolinguistica, ecc..) hanno ricondotto i processi di
apprendimento a un sistema, ma sia la scienza che l’esperienza riscontrano che, nel
corso del processo, questo sistema va incontro a delle “aperture”, passaggi che
avvengono fuori dal sistema stesso. Gli strumenti sofisticatissimi che la scienza
mette a disposizione per la rilevazione di neuro-immagini, consentono di visualizzare
e registrare quello che succede nel cervello durante varie attività mentali in risposta a
stimoli specifici nei soggetti che volontariamente si sottopongono agli esperimenti.
Seppure esperimenti di tale natura aiutano a scoprire e a connettere varie funzioni
psichiche a specifiche strutture cerebrali, per quanto concerne il funzionamento dei
processi di apprendimento di una lingua, non aiutano però a risolvere completamente
la questione di queste “zone grigie” dell’apprendimento, né illuminano del tutto le
ombre che, in alcuni passaggi, offuscano il cammino di chi impara una lingua.
Partendo dalla constatazione che esiste una zona in ombra dell’apprendimento, nel
presente lavoro proverò a indagare cosa succede in quell’area più inconscia
attraverso cui inevitabilmente passa, e a volte si blocca, l’apprendimento di una
seconda lingua.
7 CAPITOLOPRIMO
Lapsicoanalisielelingue
Innanzitutto è necessario chiarire che nessuno tra gli
studiosi di psicoanalisi si è occupato direttamente del
tema dell’apprendimento delle lingue straniere, anche
se evidentemente lo studio del linguaggio ha costituito
sempre un settore di grande interesse. Istituendo la
scena del setting analitico, Freud sancisce il primato
assoluto della comunicazione verbale in ambito
psicoanalitico: dal momento che l’analista si sottrae
allo sguardo faccia a faccia con il paziente , la parola
acquista una priorità assoluta. In questo modo la
psicoanalisi viene a stabilire con le discipline correlate allo studio del linguaggio un
proficuo e costante scambio, dal momento che condivide con esse le stesse
complessità e specificità. È bene poi ricordare che la psicoanalisi nasce in un
contesto culturale in cui il polilinguismo è la norma. La Vienna del tempo di Freud è
un crocevia di scambi economici e politici che favoriscono la comunicazione
interlinguistica, e naturalmente anche il mondo della cultura risente di un simile
clima di “babele linguistica”. Lo stesso Freud può leggere senza difficoltà testi in
lingua inglese, e l’inglese da lui scritto è fluente, anche se imperfetto. Per quanto
riguarda invece la pratica analitica svolta in inglese, sappiamo che essa è sovente per
Freud causa di insoddisfazione se non dolore o irritazione. Costretto ad accettare in
cura pazienti inglesi e americani per ragioni economiche, dato che sono gli unici, nel
difficile momento storico della guerra, in grado di pagare un onorario decoroso,
soffre tuttavia a tal punto il disagio di dover parlare imperfettamente l’inglese che in
alcuni momenti è sul punto di ripensarci. Scrive P. Gay nella celebre biografia di
8 Freud 1 : “Con questo cambiamento di clientela, la lingua principale, nel lavoro
professionale, diventa per Freud l’inglese, da tempo quella che preferisce. È per
questo che i suoi errori lo esasperano e lo portano ad arrabbiarsi con se stesso – e con
l’inglese. Nell’autunno del 1919 assume un insegnante ‘per affinare il mio inglese’.
Ma i risultati delle lezioni lo lasciano insoddisfatto. ‘Ascolto per quattro- sei ore al
giorno gente che parla in inglese o in americano’ osserva nel 1920, ‘e avrei dovuto
fare maggiori progressi nel mio inglese, ma a sessantaquattro anni imparare è più
difficile che a sedici. Raggiungo un certo livello e lì mi devo fermare.’” Durante la
seconda guerra mondiale, molti psicoanalisti ebrei sono costretti a emigrare in
seguito alle persecuzioni naziste, principalmente negli Stati Uniti, e quindi si trovano
nella circostanza particolare di praticare la terapia psicoanalitica in una lingua
diversa da quella di origine. Allo stesso modo, anche numerosi pazienti, a loro volta
fuggiti dalle persecuzioni o emigrati per altre ragioni, si trovano ad affrontare il
trattamento analitico in un nuovo paese e, cosa ancora più complessa, in una lingua
straniera 2. Proprio da esperienze di questo tipo sono scaturite, da parte del mondo
psicoanalitico, riflessioni molto interessanti sull’uso di una seconda lingua durante la
terapia. Ed è proprio da tali riflessioni che penso di poter trarre degli spunti utili alla
comprensione degli aspetti inconsci che influiscono sul complesso processo di
apprendimento di una lingua. La letteratura sul tema del polilinguismo in psicoanalisi
si può suddividere in due periodi distinti, che vedono tra di loro un vuoto di circa
venti anni: un primo periodo che va dalla metà degli anni Trenta alla metà degli anni
Cinquanta, ed un secondo dagli anni Ottanta in poi. La maggior parte dei lavori che
si riferiscono al primo periodo “indaga la funzione della lingua nell’ambito della
struttura, dei rapporti tra Super-io, Io, Es. Di conseguenza si segnalano
essenzialmente gli aspetti difensivo- resistenziali, la possibilità che una nuova lingua
si pieghi alle esigenze del Super-io e consenta nuove esperienze affettive e nuove
rappresentazioni al servizio della rimozione di pulsioni infantili originarie connesse
alla lingua madre da ripudiare”2 . Il secondo periodo, che i curatori de La babele
dell’inconscio fanno coincidere con lo svolgimento di un convegno tenuto nel 1981 a
1
Gray, P. (1993), "The Assault on Freud" , Time International, 1993.
Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge Canestri
International Universities Press, Incorporated, 1993. 2
9 Rabat, in Marocco, sembra caratterizzato dai temi del bilinguismo, a cui si possono
collegare anche importanti trasformazioni politiche e sociali intercorse in questo arco
di tempo. In questa seconda fase “si cominciano a delineare nell’universo
psicoanalitico i problemi dell’intersezione tra le varie lingue nel mondo interno. A
questo proposito è interessante rilevare che in alcuni casi psicoanalista e paziente
provenivano dallo stesso paese, e quindi parlavano la stessa lingua madre. Questo
consentiva durante la terapia di passare da una lingua (L1) all’altra (L2) o viceversa,
con interessanti implicazioni psicologiche. Ci riferiamo alle vicende storiche legate
al colonialismo che hanno imposto una appropriata riflessione sul tema del contatto
delle lingue e in particolare sul bilinguismo. Il fatto che il convegno in questione si è
svolto in Marocco, paese bilingue, è certamente indicativo.
Freudelelingue
Un’attenzione a parte merita il contributo di Freud al tema delle lingue. Sebbene non
vi siano scritti freudiani che affrontino esplicitamente e in modo organico
l’argomento delle lingue straniere e del ruolo svolto all’interno del funzionamento
psichico, l’intera opera dello psicoanalista viennese è costellata di osservazioni
rilevanti sul linguaggio e l’uso delle lingue. I lavori freudiani sui fenomeni di lingua
(lapsus, motti di spirito), - come sottolineano i curatori de La babele dell’inconsciopur non essendo certamente linguistici, propongono una ‘linguistica’ molto attuale.
Una ‘linguistica’ centrata sull’utente della lingua o delle lingue, che focalizza la
ricerca su quell’area che nella parola del locutore mette in primo piano la deviazione
e il gioco, nella sua funzione creativa e terapeutica. In un certo senso l'intera struttura
10 del discorso psicoanalitico è centrata sul confronto con una lingua straniera, cioè la
lingua dell'inconscio. La grande sfida freudiana consiste nel cercare una chiave di
accesso al linguaggio dell'Es, soprattutto attraverso l'interpretazione dei sogni, e nel
proporne un progetto di traduzione nel linguaggio dell'Io. La lingua straniera come
rappresentazione dell'alterità e dell'incomprensibilità è in ognuno di noi. Già a partire
dagli Studi sull’Isteria, la parola è al centro dell’universo terapeutico freudiano: la
scoperta da cui prende le mosse il metodo catartico di Breuer e Freud è che è
possibile “sfogare a parole un sintomo”, “abreagire gli affetti con le parole”. Il
segreto della nuova tecnica terapeutica sta nel “consentire all’affetto incapsulato di
sfociare nel discorso”3: ”ogni sintomo infatti, scrivono Breuer e Freud, scompariva
dopo la narrazione della prima occasione in cui si era presentato”(Freud). Tutto ciò è
sintetizzato nella celebre metafora di Anna O. : “talking cure”, la cura di parole che
funziona, sempre con una metafora della stessa paziente, attraverso l’effetto
“chimney-sweeping”, ovvero spazzacamino. Scrive Meloni 4 : “Le parole sono in
ultima analisi un effetto di superficie delle pulsioni e dell’affettività: il linguaggio
diviene ‘presentazione delle pulsioni’ come si dirà nei saggi metapsicologici, il loro
delegato, il rappresentante mandato avanti a portare una istanza - Vertretung psichica
della
libido
e
Vorstellungrepräsentanz,
letteralmente,
“delegazione
della
rappresentazione” (“rappresentanza ideativa”), nel linguaggio freudiano. La lingua
diviene teatro di apparizione di una certa materialità, come il corpo diviene una sorta
di grammatica da decifrare.” Circa un decennio dopo lo studio a quattro mani con
Breuer, e primo grande lavoro dopo la svolta compiuta con la Interpretazione dei
sogni, Freud si dedica ancora esplicitamente all’economia della parola nel saggio su
Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. Il motto di spirito o Witz è così
importante nell’economia del lavoro di Freud per il suo essere ponte, mediatore,
formazione di compromesso tra processo primario e secondario, pulsione e
razionalità. Gli Studi sull’Isteria e il lavoro sul Motto di spirito sono entrambi
centrati sull’idea che il linguaggio sia decisivo per la nostra salute mentale: la parola
affonda le sue radici nell’inconscio e pertanto è proprio attraverso i giochi di parole,
3
Sigmund Freud, L’interpretazione dei Sogni , 1899, Giunti Editore.
Meloni, Maurizio, L'orecchio di Freud. Società della comunicazione e pensiero affettivo. Bari,
Dedalo, 2005 4
11 il motto di spirito e i ponti verbali che si interviene nella soluzione dei conflitti
nevrotici.
Resistereallalingua
Chi svolge la professione di insegnante di lingue straniere, si trova frequentemente a
dover affrontare, e possibilmente risolvere, i condizionamenti e le difficoltà che
incontrano gli apprendenti adulti di una lingua straniera. Naturalmente un insegnante
consapevole dovrebbe sapere in che modo e di quali risorse disporre per abbassare le
barriere difensive o il livello di ansietà, per creare un ambiente adatto, per rendere
più accessibile la lingua obiettivo, insomma per facilitare l’apprendimento dello
studente. Ma il manifestarsi di forti resistenze a lasciare la lingua madre per arrivare
alla lingua straniera, spinge a riflessioni più profonde. Imparare una lingua straniera
da adulti implica anche la rinuncia, o almeno la messa in discussione, degli aspetti
affettivi del linguaggio, proprio quelli che insieme ad altri strutturano la nostra
identità. Imparare una lingua straniera non vuol dire
aggiungere una lingua ad un’altra: l’apprendimento
non
consiste
certamente
in
una
semplice
sommatoria di lingue, ma è un processo che implica
una risignificazione dell’intero sistema linguistico e
della rete associativa che ne tiene insieme i
significati. Un nuovo nome, una nuova parola non
sono soltanto un’acquisizione intellettuale, ma un
elemento che modifica l’intero contesto dei nostri
rapporti
con
gli
oggetti,
perché
diverso
è
l’investimento che facciamo sulla parola nell’una o
nell’altra lingua. A questo proposito vorrei ricordare la nota riflessione di LeviStrauss, quando dice che non si pensa alla stessa cosa dicendo cheese oppure dicendo
fromage, proprio perché sono troppo diversi i percorsi affettivi e sensoriali e le radici
relazionali che caratterizzano per ciascun individuo l’apprendimento della lingua e
dei singoli vocaboli: “Per me che ho parlato esclusivamente inglese per certi periodi
12 della mia vita, pur senza essere bilingue, fromage e cheese vogliono certo dire la
stessa cosa, ma con sfumature differenti; fromage evoca una certa pesantezza, una
materia untuosa e poco friabile, un sapore denso. È una parola particolarmente adatta
a designare quel che i lattai chiamano ‘paste grasse’; mentre cheese, più leggero,
fresco, un po’ aspro e che svanisce sotto i denti (si pensi alla forma dell’orifizio
boccale), mi fa immediatamente pensare al formaggio bianco. Per me il ‘formaggio
archetipo’ non è dunque, a seconda che io lo pensi in francese o in inglese, il
medesimo”. 5 Il processo di apprendimento di una seconda lingua comporta un
distanziamento emozionale dalle parole della lingua madre. Questo distanziamento è
difficile da tollerare, proprio perché provoca un estraniamento dalla propria identità
che può essere sentito come una perdita.
LafunzionedelSuper‐Ionell'apprendimentodellelingue
Gli scritti che presento indagano la funzione della lingua nell’ambito dei rapporti tra
Super-Io, Io, Es. Alcuni di questi lavori si riferiscono al periodo della prima
migrazione di psicoanalisti, e mettono bene in evidenza gli aspetti difensivo –
resistenziali che l’uso di una seconda lingua
mette in azione, denunciando la funzione del
Super-Io nel processo di apprendimento e la
difficoltà che una nuova lingua consenta
nuove
esperienze
affettive
e
nuove
rappresentazioni. Le riflessioni contenute in
questi articoli prendono spunto dal lavoro
clinico di psicoanalisti di origine tedesca o
austriaca emigrati in America nel periodo
della guerra, che hanno lavorato con pazienti
di madrelingua tedesca anch’essi emigrati.
La possibilità di utilizzare in sede analitica
5
Lévi Strauss, Mito e significato, 2002 Milano, Bompiani. 13 sia l’inglese che il tedesco, ha messo in luce forme di resistenza verso l’una o l’altra
lingua, dando così significato a rimozioni e conflitti infantili. Uno dei primissimi
lavori sul tema della relazione tra lingua madre e lingua straniera è un articolo del
1939 dello psicoanalista Erwin Stengel, “On learning a new language”. Ebreo di
origine tedesca costretto a trasferirsi in Inghilterra, Stengel è forse l’unico tra i primi
autori che si occupano del problema delle lingue, ad essersi dedicato, prima di
emigrare, allo studio dei disturbi del linguaggio in pazienti affetti da malattie mentali.
Richiamandosi al lavoro di Freud sull’afasia, di cui segnala l’ipotesi circa le analogie
tra gli errori degli afasici e i lapsus che possono verificarsi negli individui sani in
condizioni di stanchezza, egli afferma che i pazienti che tornano a parlare, dopo la
perdita completa della facoltà di linguaggio, mostrano sintomi di ecolalia, cioè la
ripetizione automatica delle parole che si ascoltano. Viceversa non v’è traccia di
ecolalia in un adulto sano che impara una seconda lingua: l’ecolalia, questo primitivo
meccanismo di identificazione che caratterizza le prime fasi dello sviluppo del
linguaggio nell’infanzia- sia quando un bambino impara la lingua madre sia una
lingua straniera-, scompare in età più avanzata. Questa differenza sembra essere
importante per Stengel per capire i differenti strumenti che sono a disposizione di un
bambino e di un adulto nell’apprendimento di una nuova lingua, aggiungendo inoltre
che nell’infanzia, ad esempio, si imparano prima e più facilmente le parole che
indicano il corpo e le sue varie parti. Scrive Stengel: “È molto significativo che, di
norma, solamente una categoria di parole non sia soggetta a errore, ovvero il nome
degli oggetti appartenenti all’Io, e in particolare a parti del corpo”6.Un altro tratto che
secondo Stengel sembra accomunare alcune manifestazioni patologiche del
linguaggio con quelle che possono manifestarsi nell’infanzia, è costituito dal
processo del nominare correttamente gli oggetti. Né i pazienti affetti da disturbi della
memoria, o della concentrazione, né i bambini dimostrano di sentirsi a disagio o di
soffrire quando non riescono a trovare la parola giusta e ne dicono una sbagliata: “Se
si comunica a tali pazienti, in cui la comprensione è regolare, che le parole sono
sbagliate, costoro spesso non accettano la correzione ma insistono sulla propria
versione. […] Possiamo riscontrare nei bambini reazioni abbastanza simili a quelle
6
Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis.
14 dei pazienti qui descritti. I bambini infatti non soffrono di tali dubbi. Non temono gli
errori e non indietreggiano dal formare nuove espressioni sotto l’esigenza del
momento, se quella generalmente usata non è a portata di mano”7. Al contrario gli
adulti sani sanno quanto a volte sia difficile trovare la parola giusta per nominare gli
oggetti, e sanno anche quanto questo possa provocare sentimenti di insoddisfazione o
perfino un certo senso di colpa. Questo è dovuto al fatto che una delle funzioni del
Super-Io è proprio quella di controllare le rigide regole che governano la relazione
tra le parole e gli oggetti. Secondo lo psicoanalista, imparando una nuova lingua si
diventa coscienti di questa funzione del Super-Io che interviene nella scelta della
parola che deve riflettere l’idea dell’oggetto, rallentando il processo di
apprendimento: “Nell’apprendere una nuova lingua diventiamo consapevoli di una
simile funzione del Super-Io. Ciascuno di noi, e in particolare quelli con alcuni tratti
di nevrosi ossessiva, è spesso ossessionato da dubbi se alcune parole scelte davvero
riflettano
l’oggetto.
ossessivo
Il
nevrotico
pertanto
rallenta
l’apprendimento di una nuova lingua,
sebbene possa rendere più solidi
eventuali
successi”.
8
Trattando
dell’apprendimento
delle
lingue,
l’autore
inoltre
che
processi
considera
di
pensiero
i
sono
accompagnati da immagini visuali e
pertanto afferma che tale processo
può
essere
alterato
durante
l’acquisizione di una seconda lingua.
7
8
Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis.
Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis.
15 A sostegno di questo dato, Stengel porta alcuni esempi tratti dalla sua esperienza
personale: dice che per un tedesco nelle prime fasi di apprendimento dell’inglese la
parola tedesca Universität evoca una particolare immagine architettonica, diversa
dalle immagini legate alla parola inglese University: “Se un tedesco, nelle fasi
iniziali dell’apprendimento dell’inglese, produce o ascolta la parola ‘Universität’, gli
può apparire l’immagine della facciata di un edificio conosciuto, ovvero, un modello
di base. La parola ‘university’, al contrario, può generare l’immagine di un docente
che fa lezione davanti ad una platea. La stessa cosa avviene con altre parole di
carattere meno pronunciatamente locale”9. Stengel è dunque consapevole della stretta
connessione che si crea tra apprendimento del linguaggio e sviluppo psicoaffettivo,
nonché della radice
corporea
dei
processi di pensiero:
“È
quasi
impossibile
decidere fino a che
punto il fenomeno
che ho descritto sia
connesso
con
il
fatto ovvio che le
nostre
relazioni
libidiche verso un oggetto denotato da una parola straniera siano in qualche misura
differenti dalle nostre relazioni verso lo stesso oggetto denotato in lingua nativa”.
10
Parlando di tale tema, lo psicoanalista non può fare a meno di citare il saggio di
Karl Abraham sulla forza determinante del nome. Secondo Abraham la nostra
relazione con un oggetto cambia nel momento in cui esso ottiene un nuovo nome
durante il processo di apprendimento di una seconda lingua provocando una
resistenza che solo più tardi diventa una resistenza al nuovo nome. Naturalmente la
resistenza è più forte in relazione agli oggetti affettivamente più connotati. Le
9
Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis.
Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis.
10
16 riflessioni sui fenomeni fin qui descritti consentono all’autore di mettere meglio a
fuoco il significato delle difficoltà, o meglio delle resistenze, che spesso
caratterizzano l’apprendimento di una lingua straniera da parte di un adulto. Stengel
afferma che il linguaggio è una realizzazione dell’Io. Investigare le difficoltà del
linguaggio da una punto di vista psicoanalitico significa investigare le differenti
influenze emozionali a cui l’Io è soggetto. Queste influenze variano da individuo a
individuo, ma hanno in comune un certo grado di irrazionalità. Per esempio è molto
comune credere che la propria lingua sia la migliore, l’unica capace di esprimere
adeguatamente la complessità della vita: “La nuova lingua è spesso vista come
povera ed in qualche modo primitiva. C’è spesso il sentimento che solo le parole
della lingua madre possano riflettere la verità, mentre le parole straniere sono sentite
in qualche misura false”. 11 I progressi nell’apprendimento di una seconda lingua,
continua Stengel, si bloccano spesso a un certo stadio, che varia tra i differenti
soggetti: il livello della nuova lingua parlata sembra la risultante del compromesso
tra la domanda di realtà e la resistenza emotiva contro il nuovo modo di esprimere se
stessi. Interessanti le interpretazioni: “Il fattore di devozione alla lingua genitoriale,
in parte inconscio, può avere una qualche importanza ed esistono altre ovvie reazioni.
Praticamente nessuno è immune da un senso di vergogna quando inizia a parlare una
nuova lingua. Acquisire una nuova lingua nella vita adulta è un anacronismo, una
regressione che molte persone non riescono a tollerare. Due i punti salienti: il fatto
che la resistenza alla nuova lingua possa essere motivata dall’attaccamento alla
lingua dei genitori, e la condizione regressiva che sperimenta l’apprendente adulto di
una lingua straniera. Questa regressione verso i processi primari, che si ha
apprendendo una lingua straniera, fa insorgere il senso di vergogna, di colpa, di
paura del ridicolo: “L’adulto che passa attraverso un idioma straniero è spinto a
regredire, ad esempio in direzione del processo primario nel quale a suo tempo creò
il proprio idioma. La sua resistenza verso più idiomi è analoga alla resistenza del
paziente contro l’analisi dei sogni. Dimentichiamo gli idiomi proprio come
11
Le citazioni riportate nella presente pagina appartengono a Stengel, Erwin. (1939). On learning a
new language. International Journal of Psycho-Analysis.
17 dimentichiamo i sogni”.12 Stengel riconosce quindi che la funzione del Super-Io è
determinante nel creare delle resistenze all’apprendimento di una lingua straniera, e i
significati di queste resistenze sembrano particolarmente suggestivi per una
comprensione profonda della realizzazione o del fallimento di tale processo: da un
lato la difficoltà a rinunciare all’universale illusione narcisistica che la propria lingua
sia la migliore, e l’unica capace di esprimere la verità, dall’altro il senso di vergogna,
di colpa e di paura del ridicolo che la regressione verso i processi primari comporta
quando si impara una lingua straniera. Un’altra autrice che si è occupata della
funzione dell’Io e del Super-Io nell’apprendimento della seconda lingua è Edith
Buxbaum, psicoanalista di origine tedesca trasferitasi a Seattle, negli Stati Uniti. Nel
1949 scrive un interessante articolo sulla sua esperienza di psicoanalista bilingue con
pazienti bilingui. All’inizio
del
suo
scritto
l’autrice
riporta i casi clinici di due
bambini, entrambi figli di
genitori tedeschi emigrati
negli Stati Uniti, che pur
incapaci di parlare la lingua
dei
loro
genitori,
conservavano
molto
forte.
un
Un
ne
accento
fatto
piuttosto insolito, considerando che i bambini possono imparare una lingua straniera
perfettamente, anche a livello fonetico. Nell'interpretazione psicoanalitica, questo
sembra un modo per rimanere stranieri in entrambe le lingue: “[...] verso la prima
perché non la sanno parlare, forse nemmeno la capiscono, e verso la nuova perché il
loro accento li isola dal resto delle persone” 13. La psicoanalista ritiene che questo
forte accento, diciamo pure un difetto di pronuncia, rifletta un rapporto fortemente
ambivalente dei due ragazzi con i rispettivi padri, imitativo ma anche ostile, la stessa
ostilità che i padri vivono nei confronti del nuovo paese e della nuova cultura. La
12
Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis.
Edith Buxbaum, “The role of a second language in formation of ego and superego”, Psychoanalytic
Quarterly, 1949 13
18 Buxbaum riferisce che nel corso delle loro analisi i due ragazzi sono andati perdendo
il loro forte accento, sebbene il problema della pronuncia non sia mai stato trattato
direttamente nell’analisi e nonostante lei stessa abbia una forte pronuncia tedesca.
L’interpretazione di questi due casi la porta ad affermare che il linguaggio ha una
specifica funzione nella formazione dell’Io. Molto indicativi sono anche gli altri casi
di cui riferisce la Buxbaum, di giovani donne di origine tedesca, immigrate in
America, che capiscono perfettamente il tedesco, ma si rifiutano di parlarlo:
“Entrambe comprendevano perfettamente il tedesco, ed entrambe rifiutavano di
parlarlo. Anna sosteneva di essere stata una bambina eccezionalmente felice prima di
trasferirsi a sedici anni, quando cominciò la depressione. Credeva che fino ad allora
avesse avuto una relazione perfetta con la propria madre, e che da allora era divenuta
spiacevole. I ricordi della sua infanzia in Germania, così come venivano presentati,
erano vaghi e romantici, evidentemente falsi. Come noto, le memorie infantili
rivivono in analisi
solo
espressioni verbali
di
sono
così
utilizzate;
necessario
quando
quel
le
periodo
divenne
per
Anna utilizzare il
tedesco della sua
infanzia”.
14
L’analisi
con
questa paziente si
svolge quindi in inglese, ma quando il trattamento analitico porta alla coscienza i
ricordi infantili è necessario ricorrere al tedesco, anche se tutte le parole tedesche che
indicano le parti del corpo o le funzioni istintuali, come pure le parole che
nell’infanzia esprimevano la tenerezza verso le persone della famiglia, vengono
pronunciate molto male. Nel caso dell’altra paziente, Bertha, una donna di trentasei
anni che era vissuta in Germania fino alla fine della scuola superiore, era avvenuto
un abbandono volontario del tedesco a causa di una delusione amorosa, quando
ancora viveva in Germania. Emigrando negli Stati Uniti si era ripromessa di non
innamorarsi più e, più o meno consapevolmente, sapeva che sarebbe stato più facile
reprimere i sentimenti cessando di parlare in tedesco. Solo quando capì che reprimere
i sentimenti la faceva sentire vuota, si rese conto che sarebbe dovuta tornare a parlare
14
Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950
19 la lingua tedesca, ma sentiva che questo l’avrebbe sottoposta ad una insostenibile
pressione emotiva: “Quando realizzò che reprimere i suoi sentimenti avrebbe fatto
sentire vuota la sua vita, disse ‘So che dovrei parlare tedesco con lei, ma non ne ho il
coraggio. Non so cosa potrebbe succedere. Probabilmente crollerei a pezzi!’ 15
Appena le sue ansie diminuirono, mi portò il suo diario, scritto in tedesco, che
conteneva la storia del suo amore, un’adorazione da lontano di cui il ragazzo non era
quasi consapevole. Poi mi portò degli appunti scritti in tedesco. Erano delle vere e
proprie lettre d’amore per me, scritte quasi con lo stesso tono del diario. Per lei il
tedesco era la lingua dell’amore. Alla fine mi parlò in tedesco.” In questi due casi
clinici analizzati dalla Buxbaum sembra che la lingua madre sia così intrecciata con i
primi livelli emozionali dello sviluppo psicoaffettivo da conservare tutta la forza
evocativa dei conflitti arcaici. La resistenza a parlare tedesco esprime il diniego a
entrare in contatto con le fantasie rimosse e la nuova lingua serve così come difesa
per rinforzare la rimozione. “In questo modo la lingua diventa il veicolo per rivivere
il passato e portare i desideri e le emozioni inconsce alla coscienza. La difficoltà di
un paziente a esprimere se stesso è una misura della sua resistenza; in alcuni casi la
pressione esercitata dal Super-Io è così forte che il paziente è incapace di dire
alcunché. Il Super-Io usa la sua forza per ostacolare la magia della parola” 16 .
L’abilità di imparare una lingua straniera, conclude la Buxbaum, può dipendere da
sentimenti inconsci che sono sotto il controllo del Super-Io. L’abilità di parlare una
lingua straniera può essere considerata alla pari di altre forme di sintomatologia del
linguaggio, ed è soggetta agli stessi meccanismi che producono disfunzioni della
lingua. Inoltre l'apprendimento di una seconda lingua può essere impiegato sia come
un meccanismo di difesa che rinforza la repressione, sia come un modo per
indebolire la forza del Super-Io.
15
16
Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950
Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950
20 Madreemadrelingua
Madrelingua, mother tongue, alma
mater, langue maternelle, sono le
definizioni che “universalmente” si
danno alla prima lingua che gli
individui cominciano a parlare.
Queste immagini verbali esprimono
suggestivamente
funzione
del
l’idea
che
linguaggio
“la
venga
‘presa’ e appresa attaccati al seno
materno, insieme al latte” 17 . Lo psicoanalista Ralph R. Greenson, che ha fornito
diversi e interessanti contributi proprio sulla relazione tra la madre e la madrelingua,
afferma che il termine stesso madrelingua implica una stretta relazione tra madre e
linguaggio. Nella civiltà occidentale la prima lingua è chiamata madrelingua.
Margaret Mead (comunicazione personale) ha affermato che anche nelle società in
cui le donne parlano una lingua differente dagli uomini, la lingua della madre viene
insegnata per prima a tutti i bambini dalla madre stessa, e solo in seguito i bambini
imparano la lingua del padre.” 18 L’acquisizione del linguaggio non è un percorso
semplice né lineare: parallelamente all’acquisizione neurofisiologica e cognitiva
della lingua, dei suoi vocaboli e dei suoi costrutti, devono maturare tutti quei processi
interni che portano alla definizione del “sé” distinguendolo dal “non sé”.
L’instaurarsi della lingua all’interno del rapporto diadico madre – bambino comporta
un processo di disidentificazione tra la madre e il bambino e di separazione tra il
“dentro” e il “fuori”. Attraverso il linguaggio il bambino comincia a costituirsi come
17
Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge Canestri
International Universities Press. 18
Ralph R. Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998.
21 sé separato dalla madre, e allo stesso tempo sviluppa
la capacità di rientrare in contatto con l’oggetto
amato. Secondo Cremerius: “ Il silenzio è la forma
di comunicazione che caratterizza il primo rapporto
madre- bambino al livello della fusione soggetto –
oggetto; il parlare subentra dopo che è andata
perduta l’unità simbiotica, è anzi in sé uno dei mezzi
per distruggerla. Nel contempo rappresenta però
anche il tentativo di ristabilire il contatto con
l’oggetto amato: solo che ora esso assume la forma
astratta, secondaria e distanziata di un’intesa con l’aiuto di concetti che si possiedono
in comune.” 19 Nell'articolo “La madrelingua e la madre” lo psicoanalista Ralph
Greenson, viennese emigrato negli Stati Uniti, fornisce delle riflessioni importanti su
come questa relazione possa condizionare l’apprendimento di una nuova lingua. Le
osservazioni prendono luogo da un’esperienza clinica con una giovane donna
austriaca che si era trasferita in America nella prima giovinezza. Nonostante la
paziente e l’analista parlino la stessa madrelingua, l’analisi inizialmente si svolge in
inglese. La donna manifesta un forte attaccamento edipico al padre e un’avversione
per la madre, che è associata al rifiuto di parlare tedesco. Scrive Greenson: “Le
suggerii di parlare tedesco, ma lei reagì inizialmente con angoscia e disse: ‘Ho paura.
Non voglio parlare tedesco. Ho l’impressione che se parlo tedesco, dovrò ricordare
qualcosa che voglio dimenticare’. Nella prima ora che parlò tedesco, la paziente
espresse la paura di dover dire parole oscene in quella lingua. Era molto più facile
dirle, ed erano molto più ‘pulite’ in inglese. ‘[…] In tedesco sono una bambina
sporca e spaventata; in inglese sono una donna nervosa e raffinata’”.
20
Le
trasformazioni del lavoro analitico coinvolgono anche la lingua: “Il linguaggio delle
sedute variò, a volte erano in inglese, altre volte in tedesco, ed era la paziente a
scegliere la lingua. Solo quando si verificavano particolari resistenze a ricordare o a
19
Johannes Cremerius,Il futuro della psicoanalisi. Resoconti e problemi di psicoterapia (Psicoanalisi e
psichiatria dinamica), 2000, Feltrinelli. 20
Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusivamente a Ralph R.
Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998.
22 riaappropriarsi di sentimeenti concernnenti la maadre, suggerrivo alla paaziente di parlare
teedesco. Verrso la fine dell’analisi,
d
, la pazientte parlò quasi esclusivvamente ing
glese,
seenza differenziare le su
ue produzionni a seconda della lingua impiegatta” .Analizzzando
quuesto caso clinico
c
dal punto di viista della liingua, lo pssicoanalista afferma ch
he “la
nuuova linguaa, in questo caso l’ingllese, offrivaa alla pazieente l’opporrtunità di errigere
unn nuovo sisstema difenssivo contro la sua vitaa infantile” . Anche la Buxbaum aveva
a
m
messo in lucce proprio questo
q
puntoo, sottolineando le fun
nzioni superregoiche asssunte
daalla nuova lingua: la lingua straaniera aiutaava a rimu
uovere ricorrdi e sentim
menti
inncestuosi chhe sarebbero stati più accessibili nella mad
drelingua. G
Greenson seembra
agggiungere qualcosa
q
di più in relaazione al leegame tra la
l lingua e l’identità: “Una
nuuova linguua offre l’opportunitàà di stabillire un nu
uovo autoriitratto che può
sooppiantare le antiche im
mmagini, o permette allle nuove im
mmagini di coesistere con
c le
veecchie, il chhe può con
ndurre a unna sorta di personalità
p
odo di
‘multipla’””. Quel mo
seentirsi “sporrca e spaven
ntata in tedeesco” e “neervosa e rafffinata in ingglese” dichiiarato
daalla pazientte di Green
nson, spiegaa bene il seenso di un rispecchiam
mento identtitario
23 nella lingua ed anche la possibilità che si venga a sviluppare una personalità multipla.
La funzione resistenziale di una seconda lingua può sostanzialmente svilupparsi in
due modi diversi: costituire un argine difensivo contro l’affioramento dei conflitti
infantili rimossi, quindi un baluardo contro la madrelingua, oppure si può verificare
una resistenza a imparare una nuova lingua, in ordine alla difficoltà a introiettare
nuovi oggetti, e quindi a lasciare spazio a delle ristrutturazioni dell’identità. Scrive
Greenson: “L’imparare una nuova lingua implica l’introiezione di nuovi oggetti, e se
esistono delle resistenze a rinunciare ai vecchi oggetti, ciò può diventare un ostacolo
a questo processo. È ben nota lariluttanza ad attribuire un nuovo nome a un oggetto
vecchio. È più facile adottare parole nuove e un nuovo vocabolario, che mutare
accento o intonazione. Il vocabolario e la grammatica possono essere imparati in
modo razionale, ma l’accento, la tonalità e il ritmo devono essere imitati, cioè
incorporati. È questo il nucleo più profondo del linguaggio, così intimamente
collegato alla prima relazione madre-bambino, e tanto difficile da cambiare per gli
adulti.
La
facilità
ad
apprendere una lingua è
forse determinata anche
dagli
esiti
del
primo
rapporto con la madre.”21
Anche in altro passaggio,
Greenson
parla
della
funzione del linguaggio
nel rapporto tra la madre e
il bambino, che costituisce
sia
un
fattore
identificazione
sia
di
un
fattore di distanziamento:
“Il linguaggio è tanto un
modo per mantenere il legame con la madre quanto un mezzo per separarsene. Il
21
Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusivamente a Ralph R.
Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998. 24 bambino che succhiava al seno della madre lo sostituisce introiettando ora il nuovo
liquido della madre, i suoni, acquistando allo stesso tempo la possibilità di ripetere in
maniera attiva questa antica gratificazione passiva. Il bambino sostituisce così la
passività e l’attaccamento alla madre con l’attività e l’identificazione con la madre
attraverso il linguaggio. Si può facilmente immaginare pertanto che la relazione
originaria tra il bambino e il seno materno eserciterà un’influenza decisiva sul
rapporto del bambino con la lingua materna”22 .
L'inquietanteestraneità
Lo straniero, come
figura emblematica
dell'alterità,
radicalizza
l'estraneità
alle
proprie
lascia
origini:
il
proprio
paese e la propria
madrelingua,
ripudia il legame
con
rinnega
opera
le
origini,
l’identità,
dunque
un
tradimento ai danni di se stesso, della propria famiglia e del proprio paese. Per dirlo
con le parole della linguista Julia Kristeva, diventa ‘straniero a se stesso’, come se si
vivesse in una zona grigia di non appartenenza. Con grande raffinatezza intellettuale,
la Kristeva sa mettere in luce l’ambivalenza dell’essere straniero, la complessità di
22
Ralph R. Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998.
25 tale condizione. Per un verso lo straniero è come il Meursault di Camus, distante,
estraniato, come morto dentro, insensibile: lo è naturalmente per difesa contro un
mondo a cui non appartiene e a cui forse non vuole appartenere, un mondo in cui ha
perso le coordinate della sua identità. Dice la linguista: “L’indifferenza è il carapace
dello straniero: insensibile, distante, egli sembra, in fondo, inaccessibile agli attacchi
e alle ripulse che pure sente con la vulnerabilità di una medusa. […] Non appartenere
a nessun luogo, ad alcun tempo, ad alcun amore. L’origine perduta, il radicamento
impossibile, la memoria a perpendicolo, il presente in sospeso” 23La condizione di
inadattabilità si esprime - per così dire- con il silenzio, attraverso la mancanza di
parola: diviso tra due lingue, quella materna tenuta nascosta, e quella straniera,
appresa ma inefficace, lo straniero
preferisce non parlare. Un silenzio,
dunque, che mette anche al riparo
dall’imbarazzo di non essere capiti o di
commettere degli errori, che sono lì a
testimoniare che lo straniero non farà
mai parte di quella comunità. Scrive
ancora la Kristeva a questo proposito:
“Non parlare la propria lingua materna.
Abitare sonorità, logiche separate dalla
memoria notturna del corpo, dal sonno
agrodolce dell’infanzia. Portare dentro di
sé come una cripta segreta, o come un bambino handicappato – amato e inutile – quel
linguaggio di un tempo che sbiadisce e non si decide a lasciarvi mai”. Per un altro
verso, secondo la Kristeva lo straniero può sperimentare, in opposizione a quanto
esposto poco sopra, una sorta di libertà sfrenata, proprio perché si sente libero dai
legami con le sue origini. Ma si tratta di un’opposizione solo apparente, perché
questa libertà è l’altra faccia della solitudine. “Libero dai legami con i suoi, lo
straniero si sente ‘completamente libero’. L’assoluto di questa libertà si chiama però
23
Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusicamente a Julia Kristeva,
Strangers to Ourselves. New York: Columbia University Press,1991
26 solitudine, come lo stato agravitazionale degli astronauti, distrugge i muscoli, le ossa,
il sangue. Disponibile, liberato da tutto, lo straniero non ha nulla, non è nulla” . Tale
liberazione dal controllo superegoico investe anche il linguaggio per il fatto che la
lingua straniera è come svincolata dall’inconscio, una sorta di lingua artificiale che
non è in contatto con le pulsioni profonde. Una lingua quindi che non parla, perché
non fa parlare di se e suona come una pura riproduzione di ciò che si è imparato.
“Libero dalle briglie della lingua materna, lo straniero che impara una nuova lingua è
capace di ricorrere in essa alle audacie più imprevedibili, di ordine sia intellettuale
sia osceno. Quella certa persona che osava appena parlare in pubblico e faceva
discorsi imbarazzati nella sua lingua materna si ritrova a essere nell’altra lingua un
interlocutore intrepido. L’apprendimento di nuovi ambiti astratti si rivela di una
leggerezza inaudita, le parole erotiche su cui pesava l’interdetto familiare non fanno
più paura. [...] Il suo linguaggio non lo mette in imbarazzo perché non dice nulla
delle sue pulsioni: lo straniero può dire ogni genere di incongruità senza farsi
prendere da alcuna repulsione e neppure da una qualsiasi eccitazione, tanto il suo
inconscio si protegge dall’altra parte della frontiera”.24 Il rischio che si corre è quello
di una scissione che si opera attraverso la lingua, ma che riguarda l’identità: la lingua
straniera viene a delimitare proprio quella frontiera tra il se e il non-se, può diventare
la protezione dietro cui difendere la propria identità profonda. Il linguaggio, e in
particolare la dinamica tra lingua madre e lingua straniera, può costituire la
dimensione che consente una esplorazione dell’alterità, non più sentita come
qualcosa che possiamo riconoscere solo fuori di noi, ma che alberga in noi, è parte
del nostro Io. La nozione freudiana di inconscio, la terza ferita narcisistica per
l’uomo, spiega che l’estraneità è in ognuno di noi, che siamo divisi e sconosciuti a
noi stessi. Scrive la Kristeva: “Con la nozione freudiana di inconscio, l’involuzione
dello strano nel sistema psichico perde il suo aspetto patologico e integra in seno
all’unità presunta degli uomini un’alterità ad un tempo biologica e simbolica, che
diviene parte integrante del medesimo. Lo straniero ormai non è né una razza né una
nazione. Lo straniero non è né magnificato come Volkgeist segreto né bandito come
24
Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusicamente a Julia Kristeva,
Strangers to Ourselves. New York: Columbia University Press,1991
27 perturbatore dell’urbanità razionalista. Inquietante, l’estraneità è in noi: siamo i
nostri stranieri, gli stranieri di noi stessi – siamo divisi.”
Nuova lingua, nuova identità
La letteratura psicoanalitica analizzata fin qui individua soprattutto l’aspetto
difensivo e resistenziale dell’uso della seconda lingua. Pensiamo alle osservazioni
cliniche di Stengel (1939), Buxbaum (1949), Greenson (1950), che analizzano come
la lingua straniera possa garantire un distanziamento emozionale dalle parole della
lingua primigenia, con tutto il loro carico di vissuti affettivi; un distanziamento che
può mettere al riparo dall’angoscia che provocherebbe un contatto troppo ravvicinato
con una lingua affettivamente molto carica. Sulla scorta della ricerca svolta dagli
autori de La babele dell’inconscio, vorrei rintracciare anche quegli aspetti
ristrutturanti e trasformativi che sono connessi proprio con l’uso di una seconda
lingua, perché come dice Amati Mehler: “La nostra esperienza, invece, ci fa pensare
che le vicissitudini delle lingue in rapporto all’identità […] siano più complesse”.
25
Talora, infatti, una nuova lingua può essere un espediente per mutilare il proprio
mondo interno, talora invece rappresenta un’ancora di salvezza, un rifugio per
‘rinascere’. Rinascere a una nuova vita mediante l'adozione di una seconda lingua, è
il tema che attraversa l'autobiografia della scrittrice Eva Hoffman, dal titolo Lost in
translation. Il dramma, vissuto in prima persona, della perdita della propria lingua,
del proprio mondo e della propria cultura è testimoniato con forza e acutezza, ma nel
racconto autobiografico vi si trova anche un'indicazione di come sia possibile, da
questaperdita, riconquistare un’identità non mutilata, bensì arricchita. Polacca di
origine ebrea, la Hoffman è costretta a emigrare in Canada con la sua famiglia alla
fine degli anni Cinquanta. Il racconto dell’emigrazione è vissuto e tematizzato dal
punto di vista della perdita della madrelingua, sentita come radicale privazione
dell’espressione e negazione dell’identità. L’idea della perdita è già tutta nel titolo, in
25
The babel of The Unconscious. Amati Mehler J, Argentieri S, Canestri J. Comment in Int J
Psychoanal, 1991.
28 quel ‘lost’ che può essere sia il soggetto della perdita, colui che perde o si perde, sia
l’oggetto, ciò che è perso. Potremmo quindi dire che la prima perdita avviene proprio
cercando una traduzione in italiano, in cui è impossibile restituire il senso, o il
doppio senso, che la parola lost ha in inglese. Persa nella traduzione dal polacco
all’inglese, Eva Hoffman racconta come a partire dalla lingua abbia faticosamente
riconquistato il senso di appartenenza a
se
stessa,
e
come
nella
parola
riconquistata nella lingua straniera abbia
potuto
dare
esperienza,
espressione
trasformando
alla
il
sua
dramma
vissuto in un profondo e toccante
racconto autobiografico. Le difficoltà e
le possibilità di trasformazione del
proprio mondo interno, e dell’Io, sono
connesse con il passaggio da una lingua a
un’altra lingua, cioè con la traduzione.
Traduzione che, come lei stessa afferma,
può acquisire perfino un valore terapeutico, richiamandosi suggestivamente alla
definizione di talking cure: “Per me, la terapia è in parte una terapia di traduzione, la
talking-cure una cura con la seconda lingua. Andare dallo psicoanalista è, tra le altre
29 cose, un rito di iniziazione: iniziazione a una lingua di una sottocultura entro cui mi
capita di vivere, a un modo di spiegare me stessa a me stessa. Ma gradualmente
diventa un progetto di traduzione all'indietro” 26 .Il romanzo è diviso in tre parti,
Paradise, Exile, The New World, che costituiscono le tappe della sua esistenza: il
paradiso dell’infanzia in Polonia, a Cracovia, poi irrimediabilmente perduto, la
condizione dell’esilio intrinseca a quella di chi emigra, e la conquista di un nuovo
mondo che è quello abitato fuori ma anche dentro se stessa. Questi passaggi sono
indicativi non solo della biografia della scrittrice, ma anche di un percorso più
interno di conquista di un’identità adulta e autonoma. Il primo drammatico contatto
con la nuova lingua avviene quando il suo nome e quello della sorella vengono
forzatamente cambiati, traducendoli dal polacco all’inglese. Il cambiamento del
nome
produce
distanziamento
un
tale
dalla loro identità da
farle immediatamente
sentire ‘straniere a
loro stesse’. Anche
dopo molti anni e
molti cambiamenti, la
Hoffman sa che il
minuscolo
ma
abissale divario che si
è aperto in lei con il
cambiamento
del
nome forse non potrà
essere completamente colmato, lei non potrà avere più un solo nome in un’unica
lingua. Ma a questo punto della sua trasformazione l’inglese è la lingua in cui è
diventata adulta, è la sua lingua interiore e ora nella lingua polacca mancherebbero
tutte le parole per dare significato alle tappe dell'esperienza esistenziale fino a quel
26
Eva Hoffman, “Lost in Translation”, 1994, tradotto in italiano nel1995 presso Donzelli con il titolo
“Come si dice”. 30 punto: “Così nei momenti in cui sono da sola, quando cammino o quando lascio
scorrere i miei pensieri prima di addormentarmi, il mio dialogo interno va avanti in
inglese. Non mi capita più di triangolare con il polacco come se fosse il criterio di
autenticità, non mi capita più di riferirmi ad esso come ad un punto di origine”27.
Non c’è più per l’autrice un ritorno al punto di origine, un bisogno di riguadagnare
l’unità dell’infanzia: l’esperienza e la nuova lingua hanno creato una nuova donna e
il polacco non è più l’unica vera lingua, perché ora c’è qualcosa che lei sa anche in
inglese. Le due lingue sono ora permeate l’una nell’altra, hanno modificato l’una
l’altra, e lei, come tutti del resto, è la somma di tante lingue differenti, come di tante
esperienze differenti: “Come tutti, io sono la somma dei miei linguaggi - il
linguaggio della mia famiglia e dell'infanzia, della scuola, delle amicizie e dell'amore,
e del mondo che cambia – sebbene forse io tenda ad essere più cosciente della
maggioranza delle altre persone delle fratture e delle costruzioni ”. Nella sua
translation therapy, la terapia di traduzione, la Hoffman dice di usare l’inglese come
un canale per andare indietro e verso il basso, cioè verso l’infanzia; quando impara a
dire quelle piccolissime, prime cose, nella lingua che è servita per il distacco,
comincia a vedere dove le lingue che ha parlato hanno le loro corrispondenze, dove
può muoversi tra di loro senza essere divisa dalla differenza. Il divario non può
essere completamente colmato, ma può cominciare a fidarsi dell’inglese per far
parlare il suo essere infantile, per dire ciò che è stato nascosto tanto a lungo: “La
distanza non può essere completamente sanata, ma comincio a fidarmi dell'inglese
per far parlare anche il se dell'infanzia, per dire quello che per tanto tempo è stato
nascosto, per toccare i punti più delicati. Forse qualsiasi lingua se ricercata a una
distanza così remota, conduce esattamenteallo stesso posto” . Questo viaggio
all’indietro nel tempo, nella vita, nella lingua permette una riconciliazione e una
trasformazione che possono consentire di sostituire l’iniziale senso di perdita con il
senso del futuro, possono risignificare l’estraneità e integrarla dentro di se, possono
far dire alla scrittrice: “La lingua a questo punto è sufficiente. Io sono qui ora”.
27
Tutte le citazioni virgolette nella presente pagina appartengono esclusivamente a Eva Hoffman,
“Lost in Translation”, 1994, tradotto in italiano nel 1995 presso Donzelli con il titolo “Come si dice”. 31 32 Conclusionidell’introduzione
I limiti della traduzione e i limiti della parola stessa a spiegare l’universo a cui si
riferisce, le difficoltà di comprensione che insorgono tra docente e apprendente, sono
ostacoli abituali nel difficile lavoro di insegnamento/apprendimento di una lingua
straniera. L’ordine di queste difficoltà non si riferisce esclusivamente alla sfera di
maggiore o minore competenza e abilità linguistica del locutore, ma anche alla
maggiore o minore distanza affettiva che può registrare verso un certo universo
linguistico e culturale. Queste considerazioni dovrebbero sollecitare un insegnante a
riconsiderare l’apprendimento come un processo estremamente complesso, e a
interpretare le difficoltà di comprensione, gli errori, e anche il silenzio
dell’apprendente come momenti di elaborazione e di risignificazione del proprio
universo linguistico, rappresentato dalla L1 e dalla L2. La consapevolezza che con il
linguaggio non si comunicano solamente contenuti semantici ma anche affettivi,
aiuta a considerare i significati referenziali inseparabili dai loro significati.
33 emozionali soggettivi. Le parole affondano le loro radici affettive nell’esperienza
originaria dell’apprendimento della lingua madre, e ne conservano il sostrato
emozionale della relazione del bambino con le figure genitoriali. Ritengo che aprire
il dibattito sull’apprendimento delle lingue a questo ordine di riflessioni sulle
implicazioni psicoaffettive significhi arricchire la prospettiva pedagogica di una
valenza ulteriore: fare in modo che il processo di apprendimento/insegnamento
diventi la sede in cui le resistenze, i conflitti, i disagi possano non solo esprimersi ma
anche sciogliersi e sanarsi. La
consapevolezza che imparare
una nuova lingua significa
anche perdere la propria, con
tutto il carico di confusione e
angoscia
che
tale
perdita
implica, può aiutare coloro che
agiscono
nel
campo
delle
lingue ad accogliere la sfida
trasformativa che ne consegue: imparare una lingua è un’esperienza che può
contribuire a raggiungere una nuova percezione di se stessi, a ridefinire il proprio
orientamento interno e a risignificare anche la propria lingua madre e il mondo che
essa rappresenta.
Si stima oggi che esistano tra le 5.000 e le 10.000 lingue parlate nel mondo, senza
tener conto dei dialetti e varianti di ogni lingua: un numero veramente
impressionante di parole. Tra queste lingue, sono 12 quelle principali che
rappresentano circa i tre quinti dell'umanità, mentre le prime 3 sono parlate da più di
tre quarti della popolazione mondiale.In Europa, i 500 milioni di cittadini presenti
nei 27 stati membri parlano 23 lingue ufficiali. Il tedesco è la lingua più diffusa (90
milioni), seguito dall'inglese, dal francese e dall'italiano. Tenendo conto di questo, la
conoscenza di una o più lingue straniere permette moltissime cose: avere amici
stranieri, viaggiare più facilmente, allargare i propri orizzonti, anche in campo
lavorativo.Si pensa spesso che la conoscenza multilinguistica sia appannaggio di una
certa aura geniale. In realtà, qualsiasi persona è in grado di imparare molte lingue, e
34 ciò dipende non dal suo grado culturale o dal livello di studi ma unicamente dalle
abitudini di vita che si hanno.
Un chiaro esempio di questo si ha nei campioni sportivi, che per la loro mobilità
internazionale parlano correntemente molte lingue. Zinedine Zidane, il campione di
football francese, parla il francese, l'italiano, lo spagnolo, l'arabo e il berbero. Una
dimensione particolare dell'acquisizione delle lingue straniere si ha se si lavora nel
commercio. La conoscenza di più lingue in seno a un'azienda moltiplica le
opportunità e la competitività della propria azienda. L'11% delle piccole e medie
imprese interrogate in un recente studio che ha riguardato tutto il territorio europeo
ha dichiarato di aver perso molti contratti perché la propria azienda era sprovvista
delle competenze linguistiche richieste. Il termine "acquisizione" della lingua è
diventato comune dopo che Stephen Krashen distinse un "apprendimento" formale e
non costruttivo. Oggi la maggior parte dei pensatori usano "apprendimento delle
lingue" e "acquisizione delle lingue" in maniera intercambiabile, a meno che non ci
si riferisca direttamente all'opera di Krashen. Comunque l'"acquisizione della
seconda lingua" o "SLA" si è cementato come il termine preferito per questa
disciplina universitaria. È ormai assodato che l’ apprendimento di almeno una lingua
straniera è fondamentale, sia nella vita quotidiana sia nel mondo del lavoro: aiuta a
comunicare con l’altro ed apre le porte ad ulteriori sbocchi professionali. Le
domande che mi sono posta, e che saranno tema centrale della mia tesi sono: come
35 lavora il cervello umano quando si trova a dover imparare una nuova lingua, e perché
per alcuni è più semplice e per altri è più complicato?
36 CAPITOLOSECONDO
Ilcervelloumano
Cos’è il cervello? Il cervello è l'organo principale del sistema nervoso centrale, presente nei vertebrati e
in tutti gli animali a simmetria bilaterale, compreso l'uomo. Nei vertebrati il cervello
è situato all'apice del nevrasse,
all'interno del cranio. Il termine
corretto per indicare l'insieme delle
strutture contenute all'interno della
scatola cranica è encefalo, di cui il
cervello è una parte. Il cervello si
occupa,
insieme
endocrino,
al
di
parte
sistema
della
regolazione delle funzioni vitali ed
è
sede
omeostatiche
delle
e
regolazioni
delle
funzioni
cerebrali superiori. Il cervello è
l'organo più importante del sistema nervoso centrale con un peso piuttosto variabile
che non supera i 1.500 grammi ed ha un volume compreso tra i 1100 e i 1300 cm³,
tenendo presente la possibilità di significative variazioni tra individuo e individuo,
anche legate a sesso, età e altri fattori .
Aree del cervello coinvolte nell’ apprendimento di una lingua.
Linguaggio ha un’organizzazione di tipo focale, specializzata della corteccia. E’ ciò
che ci differenzia dagli animali, anche se loro comunque comunicano ma in un altro
modo. La differenza è che il nostro linguaggio è proporzionale o simbolico, mentre
quello degli animali è emozionale .
37 Le aree del linguaggio sono distinte in:
•
Aree deputate alla decodificazione del linguaggio.
•
Aree deputate alla produzione del linguaggio.
Il cervello da un punto di vista operativo può essere distinto in due metà:
Anteriore= parte esecutiva del cervello: vi è il lobo frontale per le funzioni motorie.
Posteriore= è la parte percettiva del cervello. Vi sono le aree sensitivo-sensoriali.
Le funzioni di produzione del linguaggio sono soprattutto: frontali, laterali inferiori.
Invece, le funzioni di decodificazione del linguaggio e dei simboli sono: la corteccia
post-centrale, prevalentemente la corteccia del lobo temporo-parietale, quindi il
linguaggio si sviluppa sostanzialmente nella Scissura di Silvio.
38 Le aree che il cervello utilizza per l’ apprendimento di una nuova lingua.
CORTECCIA UDITIVA PRIMARIA: sito in cui arriva lo stimolo uditivo,
acustico, un suono non un significato. Da qui il messaggio viene decodificato
nell’area di Wernicke che ha la funzione di decodificare il messaggio di quel suono
in significato.
AREA di BROCA: in cui si ha la produzione, in cui esiste la memoria espressiva
delle parole e si ha così “L’emissione della parola”.
AREA di WERNICKE: deputata alla ricezione della parola, alla trasformazione di
una parola in significato. Quando quest’area deve trasferire l’informazione pensata o
la parola pensata la trasferisce nell’area di Broca, dove il fonema pensato viene
trasformato in parola .
39 GIRO ANGOLARE: deputato alla decodificazione ed alla percezione della parola
scritta. E’ vicino alla’area di Wernicke ed alla area associativa del lobo occipitale,
sito in cui la parola scritta arriva alla corteccia calcarina e si trasferisce alle aree
multimodali della corteccia occipitale vicino al giro angolare.
FASCICOLO ARCUATO: è un fascicolo di sostanza bianca che mette in
comunicazione la componente sensoriale del linguaggio con la componente
espressiva del linguaggio, infatti se c’è una lesione di tale fascicolo si parla di
AFASIA TRANSCORTICALE.
Doverisiedeillinguaggio?
Il linguaggio risiede nell’ area di Broca ( la quale prende il nome dallo psichiatra
Paul Broca) che è un area corticale posta nel lobo frontale sinistro, cruciale per la
produzione del linguaggio. È spesso chiamata area motoria del linguaggio ed è
situata nella terza convoluzione frontale,
subito davanti all’area motoria che
controlla i muscoli del volto e subito
sopra il solco di Silvio. L’ipotesi iniziale
era che l’area di Broca fosse cruciale per
la produzione del linguaggio in quanto
conteneva la memoria della complicata
serie di comandi motori necessari per
articolare i suoni. Normalmente noi non ci accorgiamo della complessità del compito
di articolare i suoni mentre parliamo, ma basta dover pronunciare una parola ignota e
difficile, o parole in una lingua che non è la nostra lingua madre, per rendercene
conto. La vicinanza fra l’area di Broca e le aree della corteccia motoria primaria che
controllano la bocca e le labbra dimostra che l’ipotesi ha buoni fondamenti logici. È
40 anche interessante notare che in soggetti che apprendono una seconda lingua da
grandi, l’attivazione dell’area di Broca mentre parlano nella prima lingua è in una
zona non sovrapponibile a quella che si attiva quando parlano nella seconda lingua,
suggerendo che il secondo apprendimento ha creato circuiti per la pronuncia delle
parole diversi da quelli utilizzati per la lingua appresa per prima. Oggi sappiamo che
anche altre aree del lobo frontale sinistro svolgono funzioni importanti
nell’articolazione del linguaggio: in particolare l’area motoria supplementare è
coinvolta nella pianificazione delle sequenze necessarie per svolgere compiti motori
anche linguistici. È interessante il fatto che l’area di Broca può attivarsi in seguito
alla lettura di verbi che denotano azione, contribuendo forse alla comprensione
linguistica. Lavori della prima decade del 21° secolo suggeriscono anche che l’area
di Broca possa giocare un ruolo nella produzione di frasi corrette dal punto di vista
grammaticale.
Cosasuccedenelnostrocervelloquandoimpariamopiùlingue?
Paul Broca fu il primo a sostenere l'esistenza di una asimmetria funzionale tra gli
emisferi cerebrali dell'uomo e a ritenere che, nella maggioranza degli individui,
41 l'emisfero sinistro presiedesse alla facoltà del linguaggio articolato. Seguirono altre
ricerche, soprattutto l'osservazione di pazienti affetti da lesioni di uno o dell'altro
emisfero cerebrale. Il cervello umano, come quello dei vertebrati, è formato da due
metà simmetriche, gli emisferi cerebrali, i quali sono collegati dal punto di vista
anatomico attraverso i sistemi commessurali che permettono così il funzionamento
unitario. I due emisferi svolgono funzioni diverse e regolano attività differenti. Essi
possiedono quindi una specializzazione e un modo di operare propri che si
evidenziano quando, per vari motivi le connessioni interemisferiche sono interrotte. I
primi studi sulle asimmetrie strutturali si sono occupati delle differenze nel peso e
volume dei due emisferi. Questi studi però non hanno fornito delle prove consistenti
sulle presunte differenze ananomiche. Si devono a Geschwind e Levitsky (1968) le
prime ricerche sistematiche in questo settore. Per ciò che riguarda le asimmetrie
funzionali i due emisferi cerebrali rappresentano simbolicamente il modello di
coppia di opposti che interagiscono e costituiscono un'unica unità funzionale per
l'adattamento e lo sviluppo del sistema uomo. Uno degli aspetti più interessanti del
nostro cervello riguarda la caratteristica configurazione bicomportamentale della
corteccia cerebrale rappresentata dai
suoi due emisferi, che sono le strutture
nervose più recenti (neocortex); esse
sono quasi identiche e poste in maniera
speculare
L'emisfero
l'una
rispetto
sinistro
all'altra.
controlla
i
movimenti e la sensibilità della parte
destra del corpo e viceversa. Da un
punto di vista filogenetico, si può dire che la preferenza manuale destra (e forse
anche la specializzazione dell'emisfero sinistro per il linguaggio) risale ad alcuni
milioni di anni fa e sembra essere una peculiarità specie-specifica dell'homo sapiens.
Una considerazione importante riguarda il fatto che originariamente il linguaggio era
di tipo gestuale e quindi veniva usata la mano destra; questo, quindi, ha avuto un
ruolo importante nello sviluppo della comunicazione che, successivamente sarebbe
diventata di tipo verbale. Nel XIX secolo le osservazioni del medico antropologo
Paul Broca lo portarono ad affermare: noi parliamo con l'emisfero sinistro.
42 L'emisfero destro è stato meno studiato, probabilmente a causa della sua relativa
asintomaticità nel caso di lesioni cerebrali e solo da pochi anni è stata studiata a
fondo la sua peculiarità per le prestazioni visuo-spaziali. Da un punto di vista
funzionale questo emisfero è specializzato nell'elaborazione degli stimoli visivi, nella
rappresentazione mentale dello spazio e del tempo, nel riconoscimento dei volti non
conosciuti, nel riconoscimento delle espressioni facciali, cioè espressione di stati
emotivi, nella percezione e nella produzione della musica. E' indubbio che i due
emisferi funzionino come un'unica struttura e abbiano una certa specificità anche nel
funzionamento a livello superiore. L'abilità di comprendere il linguaggio è una
caratteristica della nostra specie e gli studi fin qui eseguiti hanno portato ad una
migliore configurazione e definizione di molteplici varianti . L'emisfero sinistro
sembra essere maggiormente interessato nella decodificazione e produzione di
componenti fonologiche, morfologiche, sintattiche e lessicali, mentre l'emisfero
destro è coinvolto nell'interpretazione dei significati impliciti.
Le aree specifiche del linguaggio sono situate nell'emisfero dominante (sinistro)
e comprendono:
•
l'area corticale anteriore di Broca;
•
l'area corticale posteriore di Wernicke;
•
l'area corticale superiore.
Tuttavia, all'elaborazione del linguaggio partecipano anche il giro angolare e
sopramarginale (aree 39-40 di Brodman) e le aree associative parietali di sinistra .
Anche
le
strutture
sottocorticali
sono
interessate
alla
produzione
del
linguaggio.L'area di Wernicke è specializzata nell'uso del codice fonemico della
lingua, mentre l'area di Broca presiede alla combinazione dei fonemi per comporre
parole.
43 IlGirodiHeschl
Il giro di Heschl è la parte del cervello che racchiude la corteccia uditiva, ossia
quell'area che presiede alla percezione dei suoni. Ma dalle sue dimensioni dipende
anche un'altra capacità, quella di imparare più o meno facilmente una lingua straniera.
Apprendere una lingua diversa da quella natale non è solo una questione di esercizio,
ma anche una derivazione di madre natura. A scoprirlo, dando così un marchio di
scientificità a una credenza diffusa, sono stati i ricercatori della Northwestern
University di Chicago, con uno studio pubblicato sulla rivista Cerebral Cortex. Gli
scienzati hanno condotto un esperimento su 17 persone di età compresa tra i 18 e i 26
anni. Hanno misurato le dimensioni del loro giro di Heschl, attraverso una risonanza
magnetica cerebrale, e su questa base sono riusciti a indovinare quali, tra di loro,
avrebbero imparato più agevolmente 18 parole di una pseudo-lingua inventata.
Quanto maggiore era il volume dell'area misurata, infatti, tanto più facile era per le
"cavie" apprendere i nuovi vocaboli. In particolare, a fare la differenza erano le
dimensioni della parte sinistra del giro, come ha dichiarato una delle autrici dello
studio, Catherine Warrier. A guidare l'equipe di ricercatori è stato il neuroscienziato
44 Patrick Wong, professore assistente a Northwestern, che ha utilizzato un metodo già
sviluppato da Virginia Penhune e Robert Zatorre, dell'Istituto Neurologico di
Montreal. I partecipanti allo studio, tutti rigorosamente di madre-lingua inglese, si
sono fatti misurare il giro di Heschl. Poi sono entrati in una cabina insonorizzata,
dove hanno ascoltato 6 suoni di una sillaba ciscuno (pesh, dree, ner, vece, nuck e
fute),
risintetizzati
in
3
tonalità
differenti.
Le pseudo-parole erano dunque 18, perché nelle lingue tonali il significato di un
vocabolo cambia a seconda del tono. Le 18 pseudo-parole sono state associate ad
immagini che ne rappresentavano il significato. Il suono "pesh", ad esempio, è stato
collegato, a seconda delle tonalità, alle parole "bicchiere", "matita" e "tavolo". I nove
partecipanti dal giro di Heschl più voluminoso hanno avuto una percentuale di
riuscita del 97% nell'identificare le pseudo-parole. Gli altri 9 si sono fermati al 63%.
Alcuni di loro hanno avuto bisogno di ben 18 sessioni per riconoscere i suoni. C'è
dunque un nesso tra biologia e linguistica, per cui alcuni uomini sono più predisposti
di altri ad apprendere una lingua straniera. In passato altri studi avevano mostrato un
nesso tra capacità linguistiche e struttura del cervello, ma per la prima volta si
individua la sede precisa di questo fenomeno. Tra l'altro, il fatto che questa sede sia il
giro di Heschl ha sorpreso gli stessi ricercatori, perché quest'area del cervello è stata
sempre associata al riconoscimento dei suoni primari - se è crescente o decrescente,
da dove proviene, quanto è potente - non a una struttura complessa come il
45 linguaggio.Anche se imparare una lingua è spesso una questione di testa, i meno
dotati non si devono disperare. La costanza, l'applicazione negli studi non è inutile. E
poi la ricerca degli scienziati americani serve soprattutto a loro.
Perché il suo scopo è quello di "capire meglio il funzionamento del cervello, e
aiutare a migliorare l'insegnamento delle lingue".
Studisperimentalicondottisullinguaggioinsoggettipoliglotti
Le ricerche in questo campo hanno evidenziato che in genere la lingua madre (L1) ha
una rappresentazione corticale più centrale nell'emisfero dominante sinistro,
maggiormente perisilviana, mentre le altre lingue (L2, L3, ecc.) hanno una
rappresentazione corticale più estesa rispetto alla prima lingua. Ma che cosa succede
nel nostro cervello quando impariamo più lingue? La definizione di un soggetto
bilingue o poliglotta si può riassumere in questi termini: la caratteristica di un
individuo che parla due o più lingue è quella di separare nettamente i sistemi
linguistici: è in grado quindi di esprimere le stesse cose in più di una lingua .
L'acquisizione precoce (fino all'età di sette anni) e contemporanea di più lingue
determina una lateralizzazione all'emisfero sinistro rispetto all'apprendimento tardivo
(dopo il settimo anno di età) di una seconda o terza lingua, in tal caso la loro
rappresentazione non riguarda solo l'emisfero dominante sinistro, ma anche
l'emisfero destro. Molti neurologi hanno avanzato diverse ipotesi sulla localizzazione
delle lingue nel cervello di persone bilingui o poliglotte; il primo neurologo che
ipotizzò una diversa lateralizzazione cerebrale per la prima e la seconda lingua fu G.
Gorlitzer von Muendy , studiando un paziente bilingue, nel 1959. In genere i
numerosi studi sulla lateralizzazione cerebrale nei bilingui e poliglotti sono stati
effettuati con le più comuni tecniche di neuropsicologia sperimentale come l'ascolto
dicotico, la tecnica tachistoscopica, prove di interferenza verbo-manuale, ma i
risultati sono stati contraddittori, perché queste tecniche non erano in grado di
comprovare l'una o l'altra ipotesi. I metodi di indagine più diretti sono: la tecnica
dell'iniezione intracarotidea di sodio amitale (test di Wada) e tecniche di
46 neuroimmagine (TAC, RMN, PET, SPECT), nonché lo studio di un numero
adeguato di afasici bilingui . Queste persone presentano un disturbo del linguaggio in
conseguenza a lesioni di centri del cervello, soprattutto dei centri del linguaggio nel
relativo emisfero cerebrale (sinistro nei destrimani).
Essi presentano generalmente disturbi pressappoco uguali in tutte due le lingue
precedentemente note e, migliorando, recuperano l'uso delle lingue alla stessa
maniera. Un aspetto essenziale e controverso della neuropsicologia dei soggetti
bilingui e poliglotti è l'esistenza o meno in questi soggetti di funzioni nervose e
strutture neuronali differenziate rispetto all'assetto neuronale dei monolingui (ad es.
sistemi che regolano il passaggio da una lingua all'altra, sistemi per la traduzione,
funzioni di controllo nell'espressione in una lingua..ecc.). Paradis, ritiene che vi siano
differenze quantitative piuttosto che qualitative nei meccanismi neuronali linguistici
dei bilingui rispetto ai monolingui. Inoltre, quando un bilingue si esprime in una
delle due lingue che conosce, entrambe vengono attivate mentalmente, con
un'inibizione parziale della lingua che non viene parlata in quel momento. Secondo
alcuni autori, i meccanismi di inibizione di una lingua che entrano in gioco mentre si
parla una seconda lingua sono simili ai meccanismi di selezione di una parola nei
soggetti monolingui.
47 Il processo di selezione di una parola in un poliglotta o in un monolingue è
probabilmente simile. Anche la commutazione da una lingua all'altra (language
switching ) non sembra essere un compito peculiare degli individui bilingui o
poliglotti, ma probabilmente è un processo che viene attivato in molte operazioni
mentali in cui è necessario alternare diverse modalità di risposta. (Paradis; D.W.
Green). Le basi neurofisiologiche di tale compito sono state studiate recentemente da
Zatorre (1989) con il test di Wada. In alcuni pazienti poliglotti produceva sintomi
afasici nelle lingue conosciute. Secondo Zatorre , i lobi frontali assumono un ruolo
molto importante nella regolazione del passaggio da una lingua ad un'altra in un
ambiente sociale multilingue. Molti studi sono stati fatti sul bilinguismo e poliglossia
con metodi di Imaging funzionale come PET o RMN; alcuni autori in particolare
hanno studiato i processi della comprensione del linguaggio con soggetti che
avevano appreso la seconda lingua dopo il settimo anno di età.
48 I rrisultati dellla ricerca hanno
h
confeermato l'ipottesi che l'em
misfero siniistro sia preeposto
alll'acquisizioone della lin
ngua madree, mentre l'apprendim
l
mento tardivvo della secconda
linngua interesssa aree molto variabilii. Altri auto
ori hanno vo
oluto esaminnare se i pro
ocessi
seemantici in due diversse lingue ssiano mediaati da un sistema
s
com
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h
appreeso la loro sseconda lin
ngua dopo l'acquisizionne della priima. I
rissultati hannno dimosttrano che c'era una maggiore attivazionee per decisioni
seemantiche rispetto
r
a qu
uelle non-ssemantiche nelle region
ni frontali ssinistra e destra,
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coon maggiorre attivazio
one frontalle sinistra, ma esisterrebbe un ssistema fro
ontale
coondiviso perr l'analisi seemantica, chhe indica ch
he le due lin
ngue di una persona bilingue
o poliglotta accedono
a
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ma semanticco comune. In questi uultimi anni molti
riccercatori hanno
h
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olto i loroo studi su
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c
ddel bilingu
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olare, su duue questioni basilari mo
olto importaanti:
•
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one del linguuaggio;
•
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n
per quel che riguarda
r
lo switching del linguag
ggio ,
annche se nellla letteraturra neuropsiccologica i risultati
r
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one di
quuale circuitoo neuronale sia coinvollto nel proceesso di swittching dellee lingue.
49 In un esperimento di elettrofisiologia (Potenziali Evocati - ERP) condotto
all'Università di Trieste si è voluto ricercare la presenza di eventuali differenze di
elaborazione corticale del linguaggio tra persone monolingui e persone poliglotte
(che parlavano da tre a sette lingue) di professione interpreti simultanei, che avevano
imparato la seconda lingua (quella inglese) in media a undici anni. Tale ricerca ha
rivolto un interesse particolare all'elaborazione cognitiva legata a due condizioni:
•
al riconoscimento di frasi semanticamente scorrette (sia per il gruppo
sperimentale che per il gruppo di controllo) che ha portato di conseguenza a
osservare delle differenze nei processi elaborativi;
•
al fenomeno dello switching (che definisce un meccanismo che opera
automaticamente quando chi parla si sposta tra differenti lingue) per il solo gruppo
sperimentale.
Queste differenze hanno fornito indizi preziosi sulla diversità dei processi sottostanti.
Per quel che riguarda i dati comportamentali nel riconoscimento delle frasi, i tempi
erano minori se i soggetti di ambedue i gruppi rispondevano con la mano destra,
riflettendo così il ruolo dell'emisfero sinistro nella comprensione del linguaggio. Per
quanto riguarda i dati elettrofisiologici ottenuti analizzando le onde cerebrali, si è
potuto osservare una maggior differenza di elaborazione corticale tra emisfero destro
ed emisfero sinistro nei soggetti monolingui, segno questo di una maggior
lateralizzazione della lingua nell'emisfero sinistro, rispetto ai soggetti poliglotti, i
quali avevano un'elaborazione corticale più diffusa nei due emisferi ; ciò sta ad
indicare una maggiore simmetria della rappresentazione del linguaggio nei due
emisferi. Dai risultati di questo esperimento si evidenzia una differenza significativa
rispetto al fattore lingua in favore della lingua italiana, sebbene gli interpreti abbiano
una perfetta conoscenza di altre lingue e questo confermerebbe i dati in letteratura
secondo cui la rappresentazione della lingua madre nell'emisfero sinistro
50 consentirebbe l'accesso più immediato, nonostante gli interpreti abbiano perfetta
conoscenza di altre. L'argomento fin qui trattato ci da un'idea della perfetta
organizzazione cerebrale per ciò che riguarda la rappresentazione del linguaggio dal
punto di vista fisiologico.
PaulBrocaeglistudisullafacoltàdellinguaggio.
Paul Broca fu il primo a dimostrare un'asimmetria funzionale tra i due emisferi
cerebrali e a ritenere che quello sinistro presiedesse alla facoltà del linguaggio
articolato e fu Gorlitzer von Muendy , studiando un paziente bilingue, a ipotizzare
una diversa lateralizzazione cerebrale per la prima e seconda lingua.Esiste quindi
un'organizzazione del linguaggio diversa in persone che parlano una lingua rispetto a
persone che parlano di più. Esse infatti hanno una rappresentazione corticale più
estesa rispetto alla lingua madre, che è rappresentata più al centro dell'emisfero
dominante sinistro. Nel corso degli
anni si sono realizzate tecniche
sempre più avanzate per lo studio
della localizzazione delle lingue:
dal semplice ascolto dicotico fino a
metodi d'indagine più sofisticati,
come
le
tecniche
di
neuro-
immagine . Queste hanno permesso
di comprendere i processi del
linguaggio in soggetti che avevano
appreso la seconda lingua (o lingue
successive) dopo il settimo anno
d'età rispetto soggetti che avevano
acquisito due o più lingue prima del
settimo anno, evidenziando così la
loro differente rappresentazione corticale. Con tali tecniche si è potuto esaminare che
i processi semantici in due diverse lingue sono mediati da un sistema comune in
bilingui o poliglotti, che hanno appreso la seconda lingua dopo l'acquisizione della
prima. Negli ultimi anni, diversi ricercatori hanno rivolto un interesse particolare non
51 solo alla rappresentazione del linguaggio, ma anche alle correlazioni neurali con
esperimenti elettrofisiologici atti a mettere in luce le differenze di elaborazione
cognitiva legata a certe condizioni tra questi due tipi di soggetti. Esperimenti che
hanno fornito indizi preziosi sulla diversità dei processi sottostanti osservando così
anche la differenza di elaborazione corticale tra i due emisferi. I risultati hanno
messo in evidenza che la rappresentazione della prima lingua (lingua madre) in
soggetti poliglotti è rappresentata nell'emisfero sinistro nonostante essi abbiano una
perfetta conoscenza anche di altre lingue.
Processidell’apprendimentodiunalinguastraniera
L'apprendimento della seconda lingua (in inglese, Second language acquisition o
SLA, ovvero Acquisizione della seconda lingua) è il processo per cui persone
imparano le lingue in aggiunta alla loro lingua nativa; è il termine per qualsiasi
lingua appresa dopo la prima infanzia, incluso ciò che è nel tempo la terza o
un'ulteriore lingua.
52 Possiamo affermare che i processi dell’ apprendimento siano 3: input, intake e output.
Viene definito input tutto ciò che il discente utilizza per avere delle conoscenze sulla
seconda lingua (materiale didattico, informazioni, nozioni). L’ intake è, invece,
l’insieme di tutte le informazioni dell’ input che l’ apprendente riesce ad assimilare
in un determinato momento.
Gli studiosi Lee e Van Patten sostengono che il
discente utilizza l’ input come primo ingrediente per creare un proprio sistema
interno. Usando l’ input il discente tenta di legare e connettere forme e significati nell’
apprendimento di una lingua straniera. Nell’ elaborare l’ input e per capire il
significato del messaggio contenuto dell’ input stesso il discente lo filtra, lo riduce e
lo modifica fino a farlo diventare una nuova entità chiamato “intake”. L’ intake
rappresenta la parte di input che filtrata dal discente, passerà successivamente dentro
il suo sistema linguistico (developing system) e come risultato diventerà “output”.
Gli studiosi possono adottare una prospettiva interlinguistica, esplorando la lingua
del discente come sistema linguistico, o possono studiare come la lingua del discente
possa essere paragonata alla lingua bersaglio. La ricerca si concentra sulla domanda:
"Quali sono le caratteristiche uniche della lingua del discente?"
53 Analisi degli errori
Il campo dell'analisi degli errori nello SLA è stato stabilito negli anni settanta da S. P.
Corder e dai colleghi. Uno studio disponibile ampiamente si può trovare nel capitolo
8 di Brown, 2000. L'analisi degli errori era un'alternativa all'analisi contrastiva, un
approccio influenzato dal comportamentismo attraverso il quale i linguisti applicati
tentavano di usare le distinzioni formali tra la prima e la seconda lingua del discente
per prevedere gli errori. L'analisi degli errori ha dimostrato che l'analisi contrastiva
era incapace di prevedere una grande maggioranza di errori, anche se i suoi aspetti
più di valore sono stati incorporati nello studio dell'interferenza linguistica. Un
risultato chiave sull'analisi degli errori è stato che molti errori vengono prodotti da
discenti che fanno deduzioni sbagliate sulle regole della nuova lingua. Gli analisti
degli errori cercano di sviluppare una tipologia di errori, e distinguono tra errori
sistematici e sviste, che non lo sono.
54 Un errore può inoltre essere classificato secondo un tipo di base, che può essere:
•
omissivo
•
additivo
•
sostitutivo
•
collegato con l'ordine delle parole.
Possono essere classificati secondo la loro manifestazione: errori evidenti come "io
arrabbiato" sono ovvi anche al di fuori di un contesto, mentre errori nascosti sono
evidenti solo all'interno di un contesto. Strettamente collegata a questo è la
classificazione secondo il campo, la dimensione di un contesto che l'analista deve
esaminare, e l'estensione, la dimensione dell'enunciato che deve essere modificato
per correggere l'errore. Gli errori possono anche essere classificati secondo il livello
linguistico:
•
errori fonologici
•
errori sintattici
•
errori di vocabolario ecc.
Questi possono essere valutati in base al grado in cui interferiscono con la
comunicazione: errori globali rendono un enunciato difficile da comprendere, mentre
errori locali no. Nell'esempio sopra citato, "io arrabbiato" sarebbe un errore locale,
poiché il significato è ovvio. Sin dall'inizio l'analisi degli errori era costellata da
problemi metodologici. In particolare le tipologie sopra sono problematiche: dai soli
dati linguistici, spesso è impossibile determinare con affidabilità quale tipo di errore
un discente stia facendo. Quindi, l'analisi degli errori può avere a che fare
effettivamente soltanto con la produzione del discente (parlato e scritto) e non con la
55 ricezione del discente (ascolto e lettura). Inoltre non può controllare l'uso del discente
di strategie comunicative quali l'eliminazione, nel quale i discenti semplicemente non
usano una forma con cui si sentano a disagio. Per queste ragioni, sebbene l'analisi
degli errori sia ancora in uso per investigare problemi specifici nel SLA, la ricerca di
una teoria onnicomprensiva degli errori del discente è stata ampiamente abbandonata.
A metà degli anni settanta Corder e altri si sono mossi per un approccio più ampio
per la lingua di un discente, nota come interlingua. L'analisi degli errori è
strettamente correlata allo studio del trattamento degli errori nell'insegnamento delle
lingue. Oggigiorno, lo studio degli errori è particolarmente pertinente per la
metodologia d'insegnamento di focalizzazione sulla forma.
Interlingua Lo studio dell'interlingua tenta di capire la lingua del discente nella sua
peculiarità, come una lingua naturale con il suo coerente corredo di regole. Gli
studiosi dell'interlingua rifiutano, almeno per fini euristici, di considerare la lingua
del discente come una semplice versione imperfetta della lingua bersaglio.
L'interlingua è forse meglio considerata come un'attitudine verso l'acquisizione
linguistica e non come una disciplina distinta. Secondo lo stesso modello, il lavoro
interlinguistico è un microcosmo vibrante di linguistica. È possibile applicare una
prospettiva interlinguistica alla pronuncia del discente (fonologia interlinguistica),
ma anche alle norme dell'uso linguistico trovate tra i discenti (pragmatica
interlinguistica). Descrivendo il modo in cui la lingua del discente si conforma alle
56 norme linguistiche universali, la ricerca interlinguistica ha contribuito ampiamente
alla nostra comprensione degli universali linguistici nel SLA.
CAPITOLO TERZO
Modellidisviluppo
Ellis (1994) distingueva tra "ordine" per riferirsi al modello in cui diverse
caratteristiche linguistiche vengono acquisite e "sequenza" per denotare il modello in
cui una specifica caratteristica linguistica viene acquisita.
L'acquisizione
Gli studiosi hanno trovato
un ordine molto costante
nell'acquisizione
delle
strutture della prima lingua
da parte dei bambini e
questo ha attirato un grosso
interesse da parte di studiosi
della
SLA.
Uno
sforzo
è
stato
considerevole
dedicato
alla
prova
dell'ipotesi di identità la
quale
sostiene
che
l'acquisizione della prima e
della
seconda
lingua
avviene allo stesso modo. Questo non è stato confermato, probabilmente perché gli
stati cognitivi e affetto dei discenti della seconda lingua sono molto più avanzati.
57 L'ordine di acquisizione nel SLA comunque assomiglia spesso a quelli rinvenuti
nell'acquisizione della prima lingua e può avere cause neurologiche comuni. Quasi
tutti i discenti iniziano il l'acquisizione con un periodo di silenzio nel quale essi
parlano davvero molto poco. Per alcuni questo è un periodo di shock linguistico nel
quale si rigetta ciò che non si capisce attivamente della nuova lingua. Comunque la
ricerca ha dimostrato che molti discenti silenziosi si attivano in dialoghi interiori a
volte chiamati self talk. Benché apparentemente silenziosi, provano importanti frasi
di uso comune e unità sintattiche che vengono quindi utilizzate nel periodo
successivo del discorso formulaico ma incostante delle caratteristiche. Gli studi più
recenti preferiscono vedere l'acquisizione di ogni caratteristica linguistica come un
processo graduale e complesso. Altri, per loro volere, non hanno alcun periodo
silenzioso e passano direttamente al discorso. Questo discorso, nel quale viene usata
una manciata di espressioni di routine per portare a termine finalità di base, spesso
dimostra poco distacco dalla morfosintassi della L2. Infine dà inizio ad una fase più
sperimentale dell'acquisizione, nella quale la semantica e la grammatica della lingua
bersaglio vengono semplificate e il discente comincia a costruire una vera interlingua.
La natura di transizione tra il formulaico e il discorso semplificato è ancora oggetto
di dispute. Alcuni, tra cui Krashen, hanno sostenuto che non c'è alcuna relazione
cognitiva tra i due e che la transizione è immediata. Pensatori influenzati da teorie
recenti del lessico hanno preferito considerare anche il discorso del parlante nativo
come pesantemente formulaico e interpretano la transizione come un processo di
sviluppo graduale di un repertorio più ampio di brani e una comprensione più
profonda delle regole che le governano. Alcuni studi hanno sostenuto entrambe le
teorie ed è probabile che la relazione dipenda in larga parte dallo stile
d'apprendimento dei singoli discenti. Una serie di studi ha avuto luogo negli anni '70,
esaminando se fosse possibile mostrare un ordine costante di acquisizione dei
morfemi. La maggior parte di questi studi ha mostrato ordini di acquisizione
abbastanza costanti per i morfemi selezionati. Per esempio è stato scoperto che tra i
discenti dell'inglese il gruppo di caratteristiche comprendenti il suffisso "-ing", il
plurale e la copula precedono frequentemente altri quali l'articolo, l'ausiliare e la
terza persona singolare. Comunque questi studi sono stati criticati ampiamente per
non aver prestato sufficiente attenzione all'abuso delle caratteristiche (usi
58 idiosincratici al di fuori di ciò che sono contesti obbligatori nella L2), e l'uso
sporadico ma incostante delle caratteristiche. Gli studi più recenti preferiscono
vedere l'acquisizione di ogni caratteristica linguistica come un processo graduale e
complesso. Per questa ragione la maggior parte degli studi dagli anni '80 si sono
focalizzati sulla sequenza, piuttosto che sull'ordine dell'acquisizione delle
caratteristiche.
Glistudi
Diversi studi hanno esaminato
l'acquisizione di pronomi di
studenti di varie lingue e hanno
dimostrato che cominciano con
l'omettere pronomi o con l'usarli
indiscriminatamente:
esempio,
usando
per
"io"
per
riferirsi a tutte le persone, poi
acquisiscono
una
singola
caratteristica del pronome, spesso la persona, seguita dal numero ed infine dal genere.
Non si è riscontrata una grande interferenza dalla prima lingua del discente; sembra
che i discenti usino i pronomi interamente sulla base delle loro deduzioni sulla lingua
bersaglio. Studi sull'acquisizione dell'ordine delle parole in tedesco hanno mostrato
che la maggior parte dei discenti cominciano con un ordine delle parole basato sulla
loro lingua nativa, indicando che alcuni aspetti della sintassi dell'interlingua sono
influenzati dalla prima lingua del discente, mentre altri no. La ricerca
sull'acquisizione delle parole è riveduta in modo esaustivo da ricercatori e studiosi
che hanno fatto ricerche a fondo sulla sequenza d'acquisizione di caratteristiche
pragmatiche. In entrambi i campi, sono emersi modelli costanti che sono stati oggetto
di considerevole teorizzazione.
59 Problematichecognitiviste
Lo studio dei fattori esterni al discente in SLA riguarda innanzitutto la domanda:
Come i discenti ottengono informazioni sulla lingua bersaglio?. Lo studio si è
focalizzato sugli effetti di differenti tipi di input, e sull'impatto del contesto sociale.
Effettisociali
L'acquisizione può essere molto difficile e l'impatto di atteggiamenti della società
circostante può essere determinante. Un aspetto che ha ricevuto particolare
attenzione è la relazione dei ruoli dei sessi con l'acquisizione linguistica. Studi diretti
su varie etnie hanno dimostrato che le donne, nel complesso, riescono meglio degli
uomini. Il modo di fare della comunità verso la cultura che si sta imparando può
avere un enorme effetto sull'apprendimento della seconda lingua. Se la comunità ha
una visione ampiamente negativa della lingua bersaglio e di coloro che la parlano, o
una visione negativa di una propria relazione con loro, l'apprendimento è tipicamente
molto più difficile, come è stato confermato da ricerche in numerosi contesti. Un
esempio molto citato è la difficoltà affrontata dai bambini indiani nell'imparare
l'inglese come seconda lingua. Altri comuni fattori sociali includono l'atteggiamento
dei genitori verso lo studio delle lingue, e la natura di dinamiche di gruppo nella
storia della classe.
60 Inputeoutput
E’ stato condotto un gran numero di ricerche sul miglioramento dell'input, ossia nei
modi in cui l'input può essere alterato in modo da
convogliare
l'attenzione
linguisticamente
dei
importanti.
discenti
Il
su
aree
miglioramento
dell'input può includere parole del vocabolario
stampate in grassetto o note esplicative scritte a
margine in un testo. Questo tipo di ricerca è
strettamente collegato a quelle sugli effetti pedagogici,
e similmente articolato. In generale, la quantità di
input che i discenti assimilano è uno dei fattori più
importanti che influiscono sul loro apprendimento. In
ogni caso, deve essere ad un livello a loro
comprensibile. Nel suo Monitor Model, Krashen avanzò il concetto che l'input
linguistico dovrebbe essere ad al livello "L+1", giusto al di là di ciò che il discente
può completamente capire; quest'input è comprensibile, ma contiene strutture che
non sono ancora completamente capite. Tale ipotesi è stata criticata sulla base che
non c'è nessuna definizione chiara di L+1, e che possono influire sulla
trasformazione dell'input in intake altri fattori oltre alla difficoltà strutturale (come
l'interesse o la presentazione) . Il concetto, comunque, è stato quantificato nella
ricerca sull'acquisizione del vocabolario; Nation (2000) recensisce vari studi i quali
indicano che affinché una lettura estesa sia efficace circa il 98% delle parole in un
testo scorrevole dovrebbe essere conosciuto in precedenza.
61 Interazione
L'ipotesi di interazione afferma che l'acquisizione della lingua è radicalmente
facilitata dall'uso del linguaggio bersaglio nell'interazione. In particolare, è stato
dimostrato che la negoziazione del significato contribuisce molto all'acquisizione del
vocabolario. In una recensione della letteratura fondamentale su tale argomento,
Nation (2000) collega il valore della negoziazione all'uso generativo delle parole,
ossia l'uso di parole in contesti nuovi che stimolano una comprensione più profonda
del loro significato. Negli anni ottanta, Merrill Swain, ricercatore canadese del SLA,
ha avanzato l'ipotesi dell'output, secondo la quale un output (produzione del
linguaggio) significativo è tanto necessario per l'apprendimento della lingua quanto
un input significativo. Tuttavia, la maggior parte degli studi ha mostrato scarsa o
nulla correlazione tra apprendimento e quantità dell'output: oggi molti studiosi
sostengono che piccoli quantitativi di output significativo sono importanti per
l'apprendimento della lingua, ma principalmente perché l'esperienza di produrre
linguaggio conduce ad un'elaborazione dell'input più efficace.
62 Effettipedagogici
Lo studio degli effetti dell'insegnamento sull'apprendimento della seconda lingua si
propone di misurare o valutare sistematicamente la validità dei metodi di
insegnamento della lingua. Tali studi sono stati intrapresi per ogni livello della lingua,
dalla fonetica alla pragmatica, e per quasi tutte le metodologie di insegnamento
attuali: per la mole dei risultati vengono di seguito riportati solo i caratteri generali.
La ricerca ha indicato che molte tecniche
di
insegnamento
della
lingua
sono
estremamente inefficienti. Tuttavia, vi è
oggi un ampio consenso di studiosi del
SLA che riconosce che l'istruzione
tradizionale
può
aiutare
nell'apprendimento della lingua. Un'altra
importante
questione
è
l'efficienza
dell'insegnamento esplicito, o meglio se
l'insegnamento tradizionale ha un effetto costruttivo oltre al fornire lo studente del
miglioramento dell'input. Dal momento che l'istruzione esplicita si deve esplicare
nella lingua nativa dello studente, molti hanno sostenuto che ciò semplicemente lo
priva dell'input e delle opportunità per fare pratica. Ricerche in questo ambito a
differenti livelli della lingua hanno condotto a diversi risultati, tra cui si segnala che
la pronuncia non sembra mostrare alcuna risposta significativa all'insegnamento
esplicito. Altre aree tradizionali dell'insegnamento esplicito, come la grammatica e il
vocabolario, hanno fornito risultati misti. A questo livello gli effetti positivi
dell'istruzione esplicita sembrano essere ristretti al fornire aiuto agli studenti
nell'individuare aspetti importanti dell'input. Curiosamente, gli aspetti della lingua
che hanno beneficiato di risultati rilevanti grazie all'istruzione esplicita sono quelli
del livello più elevato, come sociopragmatica e competenza nei discorsi più seri e
formali. Le ricerche hanno evidenziato inoltre che l'efficienza dell'istruzione esplicita
63 è influenzata chiaramente dall'età dello studente, concludendo che quanto più egli è
giovane tanto più l'insegnamento esplicito è inefficace, e viceversa.
Fattoriinternialdiscente
Lo studio dei fattori interni al discente nel SLA riguarda primariamente l'istanza: "In
che modo il discente ottiene competenza nella lingua di arrivo?". In altre parole, dati
input ed istruzione efficace, con quali risorse interne il discente tratta questo input
per produrre un'interlingua governata da regole?
Fattoriindividuali
Lo studio dei fattori individuali cerca di rispondere alla domanda: "Perché alcuni
discenti imparano meglio o più facilmente di altri?". Sono state condotte varie
ricerche, in particolare dagli anni settanta in poi, per cercare di identificare i fattori
che distinguono i discenti più brillanti da quelli meno fortunati. Si crede
comunemente che i bambini siano più predisposti ad imparare una seconda lingua
degli adulti. Comunque, in generale, la ricerca sulla seconda lingua non ha avuto
successo nel supportare l'ipotesi del periodo critico nella sua forma più forte, che
afferma che la completa acquisizione di una lingua è impossibile dopo una certa età.
Persino coloro che cominciano a imparare una lingua tardi possono raggiungere un
alto livello di scioltezza. L'unico aspetto del linguaggio che si è dimostrato segue
l'ipotesi del periodo critico (forte) è l'accento: la stragrande maggioranza di coloro
che cominciano a studiare una lingua dopo la pubertà non è capace di acquisirne
l'accento tipico.
64 Motivazione
Il ruolo della motivazione nello SLA è
stato oggetto di molti studi, influenzati
sensibilmente
dai
psicologia
motivazionale.
motivazione
è
progressi
nella
La
intrinsecamente
complessa, tanto che Dörnyei (2001)
comincia la sua opera dichiarando che
"a rigor di termini... la motivazione non
esiste". Ci sono molti tipi diversi di
motivazione,
p.es.
integrativa
o
strumentale, intrinseca o estrinseca. Secondo molti studi, la motivazione intrinseca (il
desiderio di fare qualcosa per un profitto interiore) è sostanzialmente più efficace
nell'apprendimento di un linguaggio a lungo termine rispetto alla motivazione
estrinseca (il desiderio di un riconoscimento esteriore, come voti o lodi). Gli
orientamenti integrativo e strumentale si riferiscono, per l'apprendimento delle lingue,
al desiderio di conoscere una lingua per le sue caratteristiche (integrativo) e come
mezzo strumentale. Su quest'aspetto le opinioni sono incerte o divise. I discenti di
successo sono ben motivati, e a sua volta il successo rafforza la motivazione.
65 Conclusione
La buona volontà che deriva dalla passione per una lingua ed una cultura diversa è
capace di sormontare qualunque ostacolo, a prescindere dalle proprie doti innate. Le
ricerche svolte sull’apprendimento delle lingue straniere su base puramente
scientifica hanno dimostrato che, sì, è vero che è più facile studiare lingue straniere
per alcuni e più difficile per altri, ma spiega anche che non è impossibile per nessuno
imparare una nuova lingua. Anche se imparare una lingua è spesso una questione di
testa, i meno dotati non si devono disperare. La costanza, l'applicazione negli studi
non sono inutili, e restano ,comunque, un modo per migliorarsi.
66 LINGUA INGLESE
67 Brain and Interpretation
Introduction
The learning of foreign languages is a long and difficult process in which different
elements interact with each other, some of them belong to a cognitive area and others
to a psycho- order. The factors involved are divided into external and internal : the
first ones relate to the socio-cultural situation in which the learner is born , to the
input language that he has and to the opportunity to interact with the language itself,
while other factors depend on the age of the learner , on the motivation that drives
him to study a foreign language and on his attitude and cognitive style. Even if the
scientific research has given a fundamental contribution to the understanding of the
process of language learning, several agree on the point that in this process there is
somewhat incomprehensible. Linguistics and all the sciences related to it ( applied
linguistics , psycholinguistics , neuro-linguistics , etc. ..) tell us that the learning
processes generate inside a system, but both science and experience found out that,
during the process, this system undergoes the " openings " which are processes
occurring outside the system.
68 The sophisticated tools that science makes available for the detection of neuro imaging allow to view and record what happens in the brain during various mental
activities in response to specific stimuli in subjects who voluntarily undergo the
experiments. Although experiments of this kind help to discover and connect various
psychic functions of specific brain structures, they do not help to completely solve
the issue of these "gray areas" of learning, which, in some passages , obscure the path
of those who learn a language.
FIRSTCHAPTER
Psychoanalysisandlanguages
First, it is necessary to clarify that none of the
scholars of psychoanalysis has dealt directly
the issue of foreign language learning ,
although obviously the study of language has
always constituted an area of great interest.
By setting up the scene of the analytic setting
Freud establishes the absolute primacy of
verbal communication in psychoanalysis :
from the moment that the analyst turns away
from the patient’s gaze , the word acquires a
top priority. In this way psychoanalysis
establishes with the disciplines related to the
study of language a profitable and constant
exchange , since it shares with them the same
complexity and specificity. It should also be remembered that psychoanalysis was
born in a cultural context in which the polilinguism is the norm. The Vienna of
Freud's time is a crossroads of economic and political exchanges that promote interlinguistic communication , and of course the world of culture suffers from a similar
climate of the " linguistic Babel " . Freud himself can read texts in English without
69 difficulty, and his written English is very fluent, even if imperfect. As regards the
analytical practice carried out in English, we know that, to Freud, it is often source of
dissatisfaction if not pain or irritation . Forced to accept British and American
patients in care for economic reasons , since they were the only ones able to pay a
good fee , Freud started suffering from the discomfort of having to speak English.
Writes P. Gay in the famous biography of Freud28: " With this change of customers ,
the main language in daily work changed into English. That's why his errors
exasperate him and take him to get angry with himself - and with English. In the fall
of 1919 Freud assumes a teacher ' to refine my English ' . But the results of the
lessons leave him dissatisfied. “I am listening from four to six hours a day to people
who speak English or American ' he stated in 1920 , ' and I would have to make more
progress in my English but when one is sixty-four years of age, learning starts to be
far more difficult compared to when one is aged sixteen. I reach a certain level and
then I have to stop”.29 "During the Second World War , many Jew psychoanalysts are
forced to emigrate as a result of Nazi persecution , mainly in the United States, and
thus they are in special circumstances to practice psychoanalytic therapy in a
language which is not their mother-tongue. Similarly, too many patients , fled for
persecutions or emigrated for other reasons, they faced the analytic treatment in a
new country and this is even more complex , in a foreign language .It is right from
such experiences that , from the psychoanalytic world , some very interesting
thoughts rose on the use of a second language during therapy. It is from these
thoughts that I think I can draw some useful insights to the understanding of the
unconscious aspects that affect the whole process of learning a language.
28
Gray, P. (1993), "The Assault on Freud" , Time International, 1993.
29
Gray, P. (1993), "The Assault on Freud" , Time International, 1993. 70 The
literature
on
the
subject of polilinguism in
psychoanalysis
can
be
divided into two distinct
periods: a first period
from the mid-thirties to
mid-fifties , and a second
from the Eighties onwards.
Most of the works that
refer to the first period, "
30
explore the role of
language in the context of
the structure of the relationship between super-ego , I and Ex. As a consequence, the
main aspect to be underlined is the possibility that a new language could bend itself
to the needs of the super-ego , allowing, so, an opening to new experiences and new
representations and a removal of old instincts from the childhood which are
connected to the original and repudiated mother-tongue. The second period seems to
be characterized by the themes of bilingualism , which can be also connected to
important political and social transformations that occurred in this period of time. In
this second phase "I
will begin to outline the problems in the universe of
psychoanalytic intersection between the various languages in the inner world . In this
regard it is interesting to note that in some cases psychoanalyst and patient came
from the same town, and then spoke the same language. This allowed during therapy
to switch from one language (L1 ) to the other (L2 ) or vice versa , with interesting
psychological implications .”31 We refer to historical events related to colonialism
that have imposed an appropriate reflection on the theme of language contact and in
particular on bilingualism . The fact that the meeting in question took place in
Morocco, bilingual country , it is certainly indicative .
30
The Babel of The Unconscious, Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge
Canestri International Universities Press, Incorporated, 1993.
31
The Babel of The Unconscious Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge
Canestri International Universities Press, Incorporated, 1993.
71 Freudandlanguages
A special attention needs to be given to Freud’s contribution to the study of
languages. Although there are Freud's writings that deal explicitly and in an organic
way with the subject of foreign
languages and the role within the
psychic functioning , the entire
work
of
the
psychoanalyst
is
Viennese
dotted
with
relevant comments on language
and language use . " The Freudian
work
on
the
phenomena
of
language ( slip of the tongue ,
jokes ) proposes a very recent '
linguistic ' . In a sense, the entire
structure
of
psychoanalytic
discourse is centered on the
comparison
with
a
foreign
language , the language of the
unconscious. The big challenge is to find a Freudian key to the language of the Ex,
especially through the interpretation of dreams, and proposing a translation project in
the language of the ego. The foreign language as a representation of otherness and
incomprehensibility is in each of us. Already in the Studies on Hysteria , the word is
at the center of the therapeutic universe of Freud: the discovery on which the
cathartic method of Breuer and Freud is grounded is that you can " vent in words a
symptom "32 , " abreact affections with the words" . The secret of the new therapeutic
technique is "to allow the encapsulated affection to flow in the discourse" : “In fact,
every symptom , disappeared after the first occasion in which the patient had talked
about it" . This is summarized in the famous metaphor of Anna O. " Talking cure ,"
32
I do not own any of the quotes in the present page, they are all taken by Studies on Hysteria
(German: Studien über Hysterie) Sigmund Freud and Josef Breuer, first published in 1895
72 the cure of words that works, always with a metaphor of the same patient , through
the effect of " chimney- sweeping ".
Resist the language
Who works as a foreign
language teacher , is
frequently
confronted
with the conditioning
and
the
difficulties
faced by adult learners
of a foreign language .
Of course, an aware
teacher should know
how and what resources
to have to lower the defensive barriers or level of anxiety, to create a suitable
environment to make it more accessible to get to the target language , in short, to
facilitate the learning of the student. But the emergence of strong resistance to leave
the native language leads to deeper reflection . Learning a foreign language to adults
also implies renunciation. Learning a foreign language does not mean to add one
language to another : learning certainly does not consist in a simple summation of
languages, but it is a process that involves a re-signification of the entire linguistic
system and the associative network that holds together the meanings . A new name ,
a new word acquisition are not only intellectual , but an element that changes the
whole context of our relationships with objects, because different is the investment
we make on the word in either language . In this regard I would like to recall the
well-known reflection of Levi - Strauss, when he says he does not think the same
thing saying cheese or fromage , because the paths differ in affective, sensory and
relational roots that characterize each individual's learning of the language and the
individual words : " I spoke English only for certain periods of my life , without
73 being bilingual , fromage and cheese mean the same thing, but with different
nuances ; fromage evokes a certain heaviness , a greasy thing with a dense taste . It is
a well suited word to describe what the milkmen called 'paste fat ' , while cheese is a
lighter word , it’s fresh but also a bit harsh and it disappears under the teeth. For me,
the ' cheese archetype ' is therefore not the same whether I think in English or
French” 33 . The process of learning a second language involves an emotional
distancing from the words of the mother tongue . This spacing is difficult to tolerate ,
precisely because it causes an estrangement from its own identity that can be felt as a
loss.
ThefunctionoftheSuperegoinlanguagelearning
The writings that I present investigate the function of language in the relations
between the Superego, I and Ex. Some of these works are from the period of the first
migration of psychoanalysts. The points
made in these articles are inspired by the
work
of
clinical
psychoanalysts
of
German or Austrian emigrants to America
during the war , who worked with
German-speaking
patients
who
also
emigrated. The ability to use both English
and German, has brought to light forms of
resistance towards one or the other
language , thus giving meaning to
removals and childhood conflicts . One of
the earliest works on the theme of the relationship between mother tongue and
foreign language is an article of 1939 by the psychoanalyst Erwin Stengel , "On
learning a new language” .
33
Myth and Meaning , Lèvi Strauss, published May 17th 2001 by Routledge. 74 Stengel was a German-born Jew forced to move to England and he is perhaps the
only one amongst the first authors who dealt with the problem of Languages, because,
before emigrating, he dedicated himself to the study of language disorders in patients
suffering from mental illnesses. Referring to Freud's work on aphasia , which signals
the assumptions about the similarities between the errors of aphasia that can occur in
healthy individuals under conditions of fatigue, he states that patients who return to
speak , after the complete loss of the language faculty , show symptoms of echolalia ,
the automatic repetition of words that are heard . Conversely, there is no trace of
echolalia in a healthy adult learning a second language : echolalia , is a primitive
identification mechanism that characterizes the early stages of language development
in childhood, in the adulthood any sign of echolalia tends to disappear. This
difference may be important for Stengel to understand the different tools that are
available to a child and an adult learning a new language, adding that, in childhood ,
for example, you will learn first and more easily the words which indicate the body
and its various parts . Stengel writes : "It is very significant that , as a rule , only one
category of words is not subject to error , which is the name of the objects belonging
to the ego , and in particular parts of the body". 34 According to Stengel there is
another trait that seems to unite pathological manifestations of language with those
that may occur in childhood , it has to do with naming objects correctly . Neither her
the patients without memory disorders , attention or concentration , nor the children
are to feel uncomfortable or suffer when they cannot find the right word and I say
one wrong : " If you tell such patients, in which the understanding is regular , that the
words they pronounce are wrong, they often do not accept the correction, but insist
on their version . [...] We can see in children reactions that are quite similar to those
of the patients described here. Children in fact do not suffer from such doubts.
Children do not fear mistakes and do not hang back from forming new expressions
under the exigency of the moment, if the expressions that are generally used are not
within reach". In contrast, healthy adults know how it is sometimes difficult to find
the right word to name objects , and they also know that this can cause feelings of
34
I do not own any of the quotes in the present page, they all belong to Erwin Stengel, On learning a
new Language, International Journal of Psychoanalysis. 75 diissatisfactioon or even a sense off guilt. Thiis is due to the fact that one of
o the
fuunctions of the Supereego is preccisely to co
ontrol the strict
s
rules that goverrn the
reelationship between
b
wo
ords and objjects.
A
According too the analystt , once youu learn a neew language you becom
me aware of
o this
fuunction and it’s right th
here that th e Superego
o intervenes in word chhoice that sh
hould
reeflect the idea of the ob
bject, slowinng down th
he learning process
p
:"W
When learn
ning a
neew language we becom
me aware o f a similar function off the supereego . Each of
o us,
annd especiallly those witth some prooblems of obsessional neurosis
n
, aare often haunted
byy doubts whether
w
som
me choice words reaally reflect the objecct. The neu
urotic
obbsessive theerefore slow
ws down thhe learning
g of a new language, although itt may
m
make any solid achievements "35. A
As for accu
uracy of speeech producction, the author
a
allso considerrs that the thought prrocesses are accompan
nied by vissual imagess and
thherefore stattes that thiss process m
may be alterred during the acquisittion of a seecond
laanguage. In support of this
t finding , Stengel brings some examples fr
from his perrsonal
exxperience : he says thaat for a Geerman in thee early stag
ges of learnning English
h, the
35
I do not own any of the quo
otes in the preesent page, theey all belong to Erwin Stenngel, On learn
ning a
neew Language, International Journal of Psyychoanalysis. 76 German word Universität evokes a particular architectural image , different from the
images related to the English word University:
“If a German, in the early stages of learning English , pronounces or hears the word '
Universitat ' , the image he focuses can be a building he has seen in the past. The
word ' University ' , in contrast, can generate an image of a teacher who does lesson
front of an audience . The same thing happens with other words which are less
local" . Stengel is therefore aware of the close connection that is created between
language learning and psycho-affective development , as well as the root of thought
processes : "It's almost impossible to decide to what extent the phenomenon I have
described is connected with the obvious fact that our libidinal relations to an object
denoted by a foreign word are somewhat different from our relations to the same
object denoted in the native language” 36. Speaking of this topic , the analyst cannot
help mentioning the essay by Karl Abraham (1911) on the determining force of the
name. According to Abraham our relationship with an object changes when it gets a
new name during the learning process of a second language causing a resistance that
only later becomes a resistance to the new name . Naturally, the resistance is stronger
in relation to the objects to which one is most affectively attached . The reflections
on the phenomena described so far allow the author to better focus the meaning of
the difficulty , or rather the resistance , which often characterizes the learning of a
foreign language by an adult. Stengel says that the language is a realization of the
36
I do not own any of the quotes in the present page, they all belong to Erwin Stengel, On learning a
new Language, International Journal of Psychoanalysis. 77 ego. Investigating the difficulties of language from a psychoanalytic point of view
implies investigating the different emotional influences to which the ego is subject.
These influences vary from individual to individual, but have in common a certain
degree of irrationality . For example it is very common to believe that one’s main
language is the best, the only one able to adequately express the complexity of life :
"The new language is often seen as somewhat poor and primitive . There is often the
feeling that only the words of the mother tongue can reflect the truth , while the
foreign words are felt to some extent false ". Progress in learning a second language ,
continues Stengel , often get stuck at a certain level , which varies between the
different subjects: the level of the new spoken language seems to be the result of a
compromise between the demand for reality and emotional resistance against a new
way of expressing themselves. Interesting interpretations : " The factor of parental
devotion to the language , partly unconscious , may have some importance , and
there
are
other
obvious
reactions . Virtually no one is
immune from a sense of shame
when starting to speak a new
language . Acquiring a new
language in adult life is an
anachronism , a regression that
many people cannot tolerate
"
37
because of two salient
points : the fact that the resistance to the new language can be motivated by
attachment to the language of the parents, and the regressive condition the adult
learner experiences when learning a foreign language . This regression to the primary
processes , which one has when learning a foreign language, gives rise to a sense of
shame, guilt, fear of ridicule : " The adult who passes through a foreign language is
pushed to regress , for example in the direction of primary process in which at the
time he established his own idiom . Its resistance to multiple languages is similar to
37
Erwin Stengel, On learning a new Language, International Journal of Psychoanalysis.
78 the patient's resistance against the analysis of dreams . We forget idioms just as we
forget the dreams "38. Stengel then recognizes that the function of the superego is
fundamental in creating resistance to learning a foreign language, and the meanings
of these resistances seem particularly suggestive for a deeper understanding of the
realization or failure of this process : on the one hand, the difficulty to renounce to
the universal narcissistic illusion that their language is the best, and the only one able
of expressing the truth , on the other hand a sense of shame, guilt and fear and
ridicule that regression to the primary processes creates when learning a foreign
language . Another author who has focused on the function of the Ego and the
Superego in the learning of a second language is Edith Buxbaum , German-born
psychoanalyst who moved to Seattle, United States. In 1949 she wrote an interesting
article about her experience as a bilingual psychoanalyst with, obviously, bilingual
patients . At the beginning of her article , the author reports the clinical cases of two
children , both sons of German parents who emigrated to the United States , who
although unable to speak the language of their parents , would keep a very strong
accent . A fact rather unusual , considering that children can learn a foreign language
perfectly , even at a phonetic level . According to a psychoanalytic interpretation ,
this seems like a way to stay foreigners in both languages : " [...] firstly because they
do not know how to talk , perhaps not even understand it, and secondly because their
accent isolates them from the rest of the people " 39 . The analyst believes that this
strong emphasis , let's say a speech impediment , is reflecting a highly ambivalent
relationship of the two boys with their fathers , which is imitative but also hostile ,
reflecting the same hostility that fathers live in relation to the new country and the
new culture. Buxbaum reports that in the course of the analysis the two boys went
losing their accent , although the problem of the accent has never been directly dealt
in the analysis and although she had a strong German pronunciation . Through the
interpretation of these two cases we can state that the language has a specific
function in the formation of the ego. Very indicative are also other cases in which
Buxbaum reports the case of young women of German origin, immigrants to
38
Erwin Stengel, On learning a new Language, International Journal of Psychoanalysis I do not own any of the quotes in the present page, they are all by Edith Buxbaum ,Technique of
terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 39
79 America, who understand German well , but refuse to speak it : "Both understood
German well , and both refused to speak it. Anna claimed to have been a happy child
before moving to sixteen,
when she began suffering
from
depression.
She
believed that until then she
had a perfect relationship
with her mother , and that
since then it had become
unpleasant . The memories
of
her
childhood
in
Germany , as they were presented , were vague and romantic , evidently false . As
you know, childhood memories come alive in analysis only when verbal expressions
of that period are used, so it became necessary for Anna to use the German of her
childhood " 40. The analysis of this patient then takes place in English, but when the
analytic treatment leads to conscious childhood memories it becomes necessary to
resume German. Even if all the German words that indicate the body parts or
instinctual functions , as well as the words that were used during childhood were
expressing tenderness toward the people of the family, those were spoken very badly.
In the case of the other patient , Bertha , a woman of thirty-six years of age who had
lived in Germany until the end of high school, she went through a voluntary
abandonment of the German due to a disappointment in love when she still lived in
Germany. By emigrating to the United States she has promised herself not to fall in
love anymore (more or less consciously) , she knew it would be easier to suppress
the feelings by ceasing to speak in German . Only when she realized that suppressing
the feelings made her feel empty , she realized she would have to return to speak
German, but felt that this would have subjected her to an unbearable emotional
pressure : " When she realized that repression of her feelings would make her and her
life feel empty, she said, ' I know I should speak German with you, but I do not have
40
I do not own any of the quotes in the present page, they are all by Edith Buxbaum ,Technique of
terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 80 the courage to do it . I do not know what could happen. I would probably fall into
pieces ! ' As soon as her anxiety subsided , I took her diary , written in German ,
which contained the story of her love, an adoration from afar that the boy was hardly
aware of. Then I took some notes written in German . Those were real love letters ,
written almost in the same tone of the diary. For her, German, was the language of
love. Soon after handing me those letters, she started speaking German. “ In these
two cases analyzed by Buxbaum it seems that the mother tongue is so interwoven
with the first psycho- emotional levels of development to keep all the evocative
power of archaic conflicts . The resistance to speak German expresses refusal to
come into contact with the fantasies removed and the new language serves as a
defense to reinforce the removal" 41. In this way, the language becomes the vehicle to
relive the past and bring the unconscious desires and emotions to consciousness. The
difficulty of a patient to express himself is a measure of its resistance and in some
cases the pressure exerted by the super-ego is so strong that the patient is unable to
say anything . The superego uses his strength to hold back the magic of the word " .
The ability to learn a foreign language , concludes Buxbaum , may depend on
unconscious feelings that are under the control of the superego . The ability to speak
a foreign language can be considered on a par with other forms of symptoms of
language, and is subject to the same mechanisms that produce dysfunction of the
language. In addition, the learning of a second language can be used both as a
defense mechanism that strengthens the repression, both as a way to weaken the
strength of the superego .
41
I do not own any of the quotes in the present page, they are all by Edith Buxbaum ,Technique of
terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 81 Motherandmother‐tongue
Mother tongue , alma mater, langue maternelle , the definitions that are universally
given to the first language that individuals begin to speak . These verbal images
express the idea that " the function of language is learned when the child is being
breast-fed" 42 . The psychoanalyst Ralph R. Greenson , who has provided several
interesting contributions right on the relationship between the mother and the mother
tongue , says that "
the
term
implies
a
itself
close
relationship
between
mother
tongue and mother
language.
In
Western civilization,
the first language is
called
mother
tongue. Margaret Mead stated that even in societies where women speak a different
language from the men , the language of the mother is taught to all children before by
the mother herself , and only then the children learn the language of the father . "43
The acquisition of language is not a simple path or a parallel line to
neurophysiological and cognitive acquisition of language, its vocabulary and its
constructs , must develop all those internal processes that lead to the definition of
"self" distinguishing it from " non-self " The establishment of the language within
the dyadic relationship mother - child involves a process of disidentification between
the mother and the child and the separation between the "inside" and "outside ."
Through language, the child begins to establish himself as a separate self from the
42
The Babel of The Unconscious Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge
Canestri International Universities Press, Incorporated, 1993. 43
Ralph Greenson, The Technique and Practice of Psychoanalysis (1967) 82 mother , and at the same time develops the ability to get back in touch with the
mother.
SECOND CHAPTER
The Brain
What is the brain?
The brain is the primary organ of the central nervous system , it is present in
vertebrates and in all animals with bilateral symmetry , including mankind . In
vertebrates, the brain is located at
the apex of the cerebrospinal axis ,
inside the skull . The correct term
to denote the set of structures
contained within the braincase is
the encephalus, which is part of the
brain. The brain is responsible ,
along with the endocrine system,
for part of the regulation of the
vital
functions
homeostatic
and
is
adjustments
where
and
higher brain functions develop.
The brain is the most important organ of the central nervous system with a rather
variable weight of no more than 1,500 grams and has a volume between 1100 and
1300 cm ³, bearing in mind the possibility of significant variations between
individuals , also related to sex, age and other factors.
83 Areasofthebraininvolvedinlanguagelearning.
Language has an organization of focal type , made possible thanks to the cortex .
This is what differentiates us from the animals , even though they still can
communicate, but in a different way. The difference is that our language is
proportional or symbolic , while animal’s language is emotional .
The areas of language are divided into:
• Areas that decode the language
• Areas that produce the language.
The brain ,from an operational point of view, can be divided into two halves : the
forebrain and the hindbrain.
The forebrain = it is the executive part of the brain, in the frontal lobe all motor
functions are organized .
The hindbrain = it is the perceptive part of the brain. There are areas of the sensory
system.
84 The areas of the brain who are in charge of language organization are : the frontal
area, the lateral area and the lower area.
The areas in charge of the decoding of language and symbols are: the post- central
cortex , mainly the cortex of the temporo-parietal lobe , then the language is
developed substantially in the Sylvian fissure .
There are five cerebral areas associated with the learning of a new
language.
Primary auditory cortex : this is the site where the auditory stimulus comes from,
it concerns the acoustic, the sound and not the meaning of words. The message is
then decoded in the area of Wernicke that has the function to decode the sound of the
word into meaning .
85 Broca's area : This area takes its name from its discoverer ,Paul Broca, and it is the
part where the production of the words takes place, it is endowed of the expressive
memory of the words, here we have the “Emission of the word”.
Wernicke's area : deputed to the reception of the words and to the transformation of
a word into meaning. When this area must transfer the information thought or the
word meant the message is transferred into Broca's area , where the phoneme is
transformed into words .
Angular Gyrus : deputy to the decoding and the perception of the written word . It is
near Wernicke's area and the associative area of the occipital lobe , site where the
written word is transferred to the calcarine cortex and moved to multimodal areas of
the occipital cortex, which is near the angular gyrus .
Arcuate fasciculus: is a fasciculus of white matter that connects the sensory
component of the language with the expressive component of language , in fact, if
this area gets injured the consequence would be a transcortical aphasia .
86 Where is the language situated ?
The language resides
in
'
Broca's
area
( which is named after
the psychiatrist Paul
Broca analyzed it )
which is a cortical area
placed
in
the
left
frontal lobe , which is
crucial
production
for
the
of
language. It is often
called motor area of
language and is located in the third frontal convolution , just opposite to the motor
that controls the muscles of the face and just above the Sylvian fasciculus . The
initial hypothesis was that Broca's area was crucial for the production of language as
it contained the memory of the complicated series of motor commands needed to
articulate sounds . Normally, when we speak, we are not aware of the complexity of
the task of articulating the sounds, but it is necessary to just pronounce an unknown
and difficult word or words in a language that is not our mother tongue , for us to
realize it . The proximity between Broca's area and the areas of the primary motor
cortex that control the mouth and lips shows that the hypothesis has a good and
rational base . It is also interesting to note that in people who learn a second language
in adulthood, the activation of Broca's area while speaking in the first language is not
comparable to the one which activates when speaking in the second language , this
suggests that the second learning circuits created for the pronunciation of words are
different from those used for the language learned first. Today we know that other
areas of the left frontal lobe perform important functions in the articulation of
language: in particular the supplementary motor area is involved in the planning of
the sequences necessary to perform motor tasks. It is interesting that Broca's area
may be activated after the reading of verbs that denote action , perhaps contributing
87 to the understanding of language . Works from the first decade of the 21st century
also suggest that Broca's area may play a role in the production of correct sentences
from grammatical point of view .
What happens in our brain when we learn more than one language ?
Paul Broca was the first to support
the
existence
of
a
functional
asymmetry between the cerebral
hemispheres of man and to hold that ,
in the majority of individuals , the
left hemisphere presides over the
faculty of articulate speech . The
human brain, is formed from two
symmetrical halves , the cerebral
hemispheres , which are connected
from an anatomical point of view
through the commissural systems
thus allowing the operation unit .
The two hemispheres have different
functions
and
regulate
different
activities . They have a way of working that becomes evident when , for various
reasons, the hemispheric connections are interrupted . The first studies on the
structural asymmetries have underlined the differences in weight and volume
between the two hemispheres. These studies , however, did not provide substantial
evidence of the alleged anatomical differences. Geschwind and Levitsky (1968 )
were the first to carry on systematic research in this area. Regarding the functional
asymmetries of the two cerebral hemispheres they symbolically represent the model
of pair of opposites that interact and form a functional unit for adaptation and
development of the human system . One of the most interesting aspects of our brain
is the bi-behavioural characteristic configuration of the cerebral cortex represented
88 by its two hemispheres , which are the most recent nerve structures; they are almost
identical and they are perfectly specular.
The left hemisphere controls the
movements and the sensitivity of the right side of the body and vice versa. From a
phylogenetic point of view , we can say that the right hand preference (and perhaps
also the fact that language is situated in the left hemisphere of the brain ) dates back
to a few million years ago and seems to be a specific characteristic of homo sapiens.
An important consideration is the fact that originally the language was gestural and
then the right hand was used , and this, therefore, has played an important role in the
development of communication that would later become of verbal type.
In the nineteenth century, the medical anthropologist Paul Broca 's observations led
him to say : we speak with the left hemisphere . The right hemisphere has been less
studied , probably because of its relative asymptomatic behaviour in the case of brain
injury, only recently has been thoroughly studied for its peculiarity visual-spatial
performances . From a functional point of view this hemisphere is specialized in
89 processing visual stimulations , in the mental representation of space and time, in the
recognition of facial expressions. No doubt that the two hemispheres are functioning
as a single structure and have a certain specificity , even when operating at a higher
level. The left hemisphere seems to be more interested in the decoding and in the
production of phonological , morphological , syntactic and lexical components, while
the right hemisphere is involved in the interpretation of implicit meanings.
The specific areas of language are located in the dominant hemisphere ( left ) and
include:
• Broca’s anterior cortex area ;
• Wernicke’s posterior cortex area;
• The higher cortical area .
However, the development of language sees participation of the supramarginal and
angular gyrus, and the associative areas of the left parietal lobe . Even the subcortical
structures are involved in the production of language. Wernicke's area is specialized
in the use of the phonemic code of the language, while Broca's area governs the
combination of phonemes for the articulation words .
90 Heschl’sgyrus
Heschl’s gyrus is the part of the brain that contains the auditory cortex , which is the
area that governs the perception of sounds . But also another ability depends on its
size: to learn more or less easily a foreign language. Learning a language other than
the native is not just a matter of exercise, but also a gift of mother nature. Some
scientists in Chicago conducted an experiment on 17 people aged between 18 and 26
years. They measured the size of the Heschl’s gyrus of the patients , through a brain
MRI , and on this basis they have been able to guess which , between them , would
have more easily learned 18 words of a pseudo- invented language . The greater the
volume of the measured area was, the easier it was for the "cavy " to learn new
words . In particular, to make the difference was the size of the left part of the gyrus,
as stated by one of the authors of the study, Catherine Warrier .
The leader of the team of researchers was the neuroscientist Patrick Wong, assistant
professor at Northwestern, who used a method already experimented by Virginia
Penhune and Robert Zatorre , from the Montreal Neurological Institute . The
participants of the study , all strictly native speakers of English , made the scientist
measure their Heschl’s gyrus . Then they entered in a soundproof booth , where each
of them heard 6 sounds of a syllable ( pesh , dree , ner , instead , nuck and fute ) ,
91 resynthesized in 3 different shades . The pseudo- words were 18 , because in the
tonal languages the meaning of a word changes according to the the tone of the word
itself . The 18 pseudo- words have been associated with images that represent its
meaning. According to its tone the sound " pesh " , for example , has been linked the
words "glass", "pencil" and "table" . The nine participants whose Heschl’s gyrus was
more voluminous have had a success rate of 97 % in identifying the pseudo- words.
The other 9 stopped at 63%. Some of the participants needed approximately 18
sessions to recognize sounds . There is thus a link between biology and linguistics,
some men are more likely than others to learn a foreign language . In the past, other
studies have shown a link between language skills and structure of the brain , but this
was the first time that the location of this phenomenon has been identified.
Moreover , the fact that le site is right the Heschl’s gyrus surprised the researchers as
well , because this area of the brain has always been associated with the recognition
of the primary sounds.
92 Conclusion.
Although learning a language is often a matter of the head, the less gifted do not have
to worry . The constancy of the application in studies is not useless. And then the
research of the American scientists is for their own use. Because its purpose is to "
better understand the functioning of the brain , and help to improve the teaching of
languages ."
93 LINGUA SPAGNOLA
94 Cerebro y Interpretaciòn
Introducciòn
El aprendizaje de idiomas es un proceso largo y difícil en el que interactúan ,unos
con otros, elementos muy diferentes, algunos de carácter cognitivo y otros psicoafectivos. Los factores que intervienen se dividen en externos e internos : el primeros
se refieren a la situación socio- cultural en el que el alumno se encuentra, el idioma
de entrada que tiene y la oportunidad de interactuar con el lenguaje , y los segundos
depienden de la edad del alumno , la motivación que lo impulsa a estudiar una lengua
extranjera , la actitud y el estilo cognitivo. No obstante la investigación científica ,
especialmente en las últimas décadas , hizo una contribución fundamental a la
comprensión del proceso de aprendizaje de idiomas, en este proceso hay algo
incomprensible . La lingüística y todas las ciencias relacionadas con ella ( la
lingüística aplicada , la psicolingüística , la neurolingüística , etc .. ) han rastreado los
procesos de aprendizaje en un sistema, pero tanto la ciencia como la experiencia han
95 encontrado que , durante el proceso , este sistema se somete a las "aperturas " , pasos
que ocurren fuera del sistema. Las sofisticadas herramientas que la ciencia pone a
disposición para la detección de neuroimagenes permiten ver y grabar lo que sucede
en el cerebro durante las diversas actividades mentales en respuesta a estímulos
específicos en sujetos que se someten voluntariamente a los experimentos. Aunque
los experimentos de este tipo ayudan a descubrir y conectar varias funciones
psíquicas con las estructuras específicas del cerebro , en relación con la operación de
los procesos de aprendizaje de una lengua , no ayudan a resolver por completo el
problema de las "zonas grises " del aprendizaje. Partiendo de la observación de que
hay un área sombreada de aprendizaje, en este trabajo voy a tratar de investigar lo
que sucede en la parte más inconsciente a través de la cual pasa inevitablemente , y a
veces se bloquea, el aprendizaje de un segundo idioma.
PRIMER CAPìTULO
Freudylaslenguas
Merece atención la contribución de Freud al tema de las lenguas . Aunque no hay
escritos de Freud que tratan explícitamente ,y de manera orgánica, el tema de las
lenguas extranjeras y su papel en el funcionamiento psíquico , todo el trabajo del
psicoanalista está salpicado de comentarios relevantes sobre el lenguaje y el uso del
96 lenguaje" 44. El trabajo de Freud sobre los fenómenos del lenguaje ( lapsus , chistes ),
propone un ' lingüística ' muy actual. Una lingüística centrada sobre el usuario del
idioma o sobre el idioma mismo , y que se basa en la investigación de la área en la
cual palabra del orador enfueca la desviación y el juego en su función creativa y
terapéutica. En cierto sentido, toda la estructura del discurso psicoanalítico se centra
en la comparación con una lengua extranjera, es decir, el lenguaje del inconsciente .
El gran desafío es que hay que encontrar una clave freudiana a la lengua del Ello ,
especialmente a través de la interpretación de los sueños, y proponer un proyecto de
traducción en el idioma del Ego. La lengua extranjera como una representación de la
alteridad y la incomprensibilidad se encuentra en cada uno de nosotros . Ya en los
Estudios sobre la histeria , la palabra está en el centro del universo terapéutico del
descubrimiento
freudiano que se
basa en el método
catártico
de
Breuer y Freud
los cuales apoyan
que se puede "
ventilar
con
palabras
un
síntoma”
“abreaccionar
afectos con las
palabras".
El
secreto
de
la
nueva
técnica
terapéutica es "permitir que el afecto de plomo encapsulado fluya en el discurso " :
"De hecho, todos los síntomas , escriben Breuer y Freud , desapareciàn después de la
primera ocasión en la que se habían presentado ". Esto se resume en la famosa
44
No soy dueña de ninguna de las citas de la presente página, todas pertenecen a La interpretación de
los sueños, Sigmund Freud, 1899. 97 metáfora de Anna O. " Talking Cure ", la cura de palabras que funciona , siempre
con una metáfora del mismo paciente , a través del efecto de " deshollinadores " , o el
deshollinador. Las palabras son en última instancia un efecto de superficie de los
impulsos y de la afectividad : el lenguaje se convierte en la presentación de los
impulsos. El lenguaje se convirtió en el teatro de la aparición de una cierta
importancia , ya que el cuerpo se convierte en una especie de gramática de descifrar.
Aproximadamente una década después del estudio a cuatro manos con Breuer ,
primer trabajo importante después la interpretación de los sueños , Freud se dedicò
explícitamente a la economía de la palabra en su ensayo sobre el ingenio y su
relación con el inconsciente. Los estudios sobre la histeria está centrada en la idea de
que el lenguaje es fundamental para nuestra salud mental : la palabra tiene sus raíces
en el inconsciente y , por tanto, es a través del juego de palabras que se llega a la
solución de los conflictos neuróticos.
Resistir al idioma
Quién trabaja como profesor de lengua extranjera , se enfrenta a menudo con las
dificultades que encuentran los estudiantes adultos de una lengua extranjera. Por
supuesto,
un
maestro
consciente debe
saber
qué
recursos
utilizar para que
las
barreras
defensivas o el
nivel de ansiedad,
reduzcan
para
crear
un
cómo
y
ambiente
adecuado y para
que
sea
accesible llegar a
la
lengua de
destino
definitiva,
,
en
más
para
facilitar el aprendizaje del estudiante. Pero la aparición de una fuerte resistencia a
abandonar el idioma nativo para conseguir la lengua extranjera conduce a una
reflexión más profunda . El aprendizaje de una lengua extranjera para adultos
98 también supone la renuncia, o la consideraciòn de los aspectos afectivos del lenguaje
que son elementos fundamentales en la creaciòn de nuestra personalidad. El
aprendizaje de una lengua extranjera no significa añadir un idioma a otro : el
aprendizaje no consiste ciertamente en una simple suma de las lenguas, pero es un
proceso que implica una resignificación de la totalidad del sistema lingüístico y de la
red asociativa que une los significados. Un nuevo nombre, una nueva adquisición de
palabras no es sólo intelectual, sino un elemento que cambia todo el contexto de
nuestra relación con los objetos , porque diferente es la inversión que hacemos en la
palabra en un idioma u en el otro. En este sentido, me gustaría recordar el reflejo
conocido de Levi -Strauss , cuando dice que no piensa lo mismo que pronuncia
cheese (queso en Inglès) o fromage (queso en Francès) , porque son demasiado
diferentes las raíces afectivas y sensoriales y de relación que caracterizan el
aprendizaje de cada individuo de la lengua y de las palabras individuales: " para mí,
yo sólo hablaba Inglés para ciertos períodos de mi vida , sin ser bilingüe , “cheese” o
“fromage” significan lo mismo, pero con diferentes matices , fromage evoca una
cierta pesadez, algo grasiento y un poco grumoso , con sabor denso. Es una palabra
muy adecuada para describir lo que los lecheros llaman " pasta grasa" , mientras que
el “cheese” , suena más ligero, fresco , un poco áspero y desaparece bajo los dientes,
me hace pensar inmediatamente el queso blanco. Para mí , el " arquetipo de queso '
cambia si lo digo en Inglès o Francès”. 45 El proceso de aprendizaje de una segunda
lengua implica un distanciamiento emocional desde las palabras de la lengua materna.
Esta separación es difícil de tolerar , precisamente porque se produce un alejamiento
de su propia identidad que se puede sentir como una pérdida.
45
Lévi-Strauss, Claude - Mito y significado ed. Alianza, 2002. 99 MadreyLenguamaterna
La lengua materna , mother-tongue , alma mater, la langue maternelle , son las
definiciones " universales " que se dan a la primera lengua que las personas
comienzan a hablar . El psicoanalista Ralph R. Greenson , que ha proporcionado
varias aportaciones interesantes y en particular en la relación entre la madre y la
lengua materna, dice que " el término en sí implica una estrecha relación entre la
lengua materna y la lengua materna . En la civilización occidental , la primera lengua
se llama “mother tongue” (lengua materna). Margaret Mead indicó que incluso en
sociedades donde las mujeres hablan un idioma distinto de los hombres , el idioma de
la madre se enseña a todos los niños antes, y sólo entonces, los niños aprenden el
lenguaje del padre . "
46
La adquisición del lenguaje no es un camino sencillo o
paralelo lineal: la adquisición neurofisiológica y cognitiva del lenguaje, su
vocabulario y sus construcciones , deben desarrollar todos los procesos
46
Ralph R. Greenson Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998. 100 internos que llevan a la definición de "yo" que la distingue de " no-yo " . El
establecimiento de la lengua dentro de la relación diádica madre - niño implica un
proceso de desidentificación entre la madre y el niño y la separación entre el "
adentro" y "afuera". A través del lenguaje , el niño comienza a consolidarse como un
ser separado de la madre, y al mismo tiempo desarrolla la capacidad de ponerse en
contacto con el objeto amado . Según Cremerius : "El silencio es la forma de
comunicación que caracteriza a la primera relación madre-hijo en el ámbito de la
fusión sujeto - objeto , el hablar es una consecuencia del haber perdido la unidad
simbiótica , y es uno de los medios para destruirla. Al mismo tiempo, sin embargo ,
es también un intento de volver a conectar con el objeto amado , sólo que ahora toma
101 la forma abstracta , secundaria y distanciada por un entendimiento con la ayuda de
conceptos
común.”
47
que
tienen
en
En el artículo “La
lengua materna y la madre ", el
psicoanalista Ralph Greenson ,
que emigró de Viena a los
Estados
Unidos,
ofrece
importantes reflexiones sobre
cómo
esta
relación
puede
afectar el aprendizaje de un
nuevo
idioma.
Las
observaciones se llevan a cabo
de la experiencia clínica con
una joven austriaca que se
había trasladado a Estados
Unidos en la adolesciencia . A
pesar de que la paciente y el
analista tenìan la misma lengua
materna , el análisis se desarrolla inicialmente en Inglés . La mujer manifiesta un
fuerte apego edípico con su padre y una aversión a su madre, que está asociada con la
negativad a hablar alemán. Greenson escribe : " Le sugerí de hablar alemán, pero ella
reaccionó con angustia y dijo:" Tengo miedo . No quiero hablar alemán . Siento que
si hablo alemán, voy a tener que recordar algo que quiero olvidar " . En la primera
hora que hablaba alemán , el paciente expresò el temor de tener que decir palabras
obscenas en ese idioma. [ ... ] En alemán soy una nina sucia y un poco asustada,
mientras que en Inglés soy una mujer nerviosa y refinada ' ". 48 Las transformaciones
del trabajo analítico también implican lenguaje : "El lenguaje de las sesiones varían ,
a veces eran en Inglés , a veces en alemán, y fue el paciente a elegir el idioma . Sólo
cuando se le ocurrió a recordar la aparición de resistencias o recuperar sentimientos
47
Johannes Cremerius,Il futuro della psicoanalisi. Resoconti e problemi di psicoterapia (Psicoanalisi
e psichiatria dinamica), 2000, Feltrinelli.
48
Ralph R. Greenson Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998.
102 accerca de su madre , le sugerí
s
hablaar alemán . Hacia el fin
nal del anállisis , la pacciente
haablò Inglés casi exclu
usivamente , sin difereenciar sus productos de acuerdo
o a la
leengua utilizaada ".49 En el análisis dde este caso
o de estudio
o desde el puunto de vista del
leenguaje , ell analista diice que " lla nueva len
ngua , en este
e caso Innglés , ofreece al
paaciente la opportunidad de construirr un nuevo sistema de defensa conntra la vida de su
hiijo " . Inclusso Buxbaum
m ( 1949 ) hha puesto dee relieve estte punto , haaciendo hin
ncapié
enn las funcioones del sup
peryó asumiidas por el nuevo
n
lengu
uaje : el lennguaje extraanjero
ayyudó a borraar los recueerdos y senttimientos in
ncestuosos que
q serían m
más accesiblles en
laa lengua matterna.
G
Greenson paarece añadirr algo más en relación
n con el víínculo entree la lenguaa y la
iddentidad : " Un nuev
vo lenguaje ofrece la oportunidaad de estabblecer un nuevo
n
auutoretrato que
q puede su
uplantar lass fotos antiguas y perm
mitir a nuevvas imágen
nes de
cooexistir conn las viejas, eso es loo que puedee conducir a un tipo de personaalidad
49
N
No soy dueñoa de ninguna de las citas dee la presente página,
p
todas pertenecen
p
a laa Ralph R.
Grreenson Técniica y práctica del psicoanáliisis, 1998. 103 "múltiple " . De esa manera se siente " sucia y asustada en alemán " y " nerviosa y
refinada en Inglés ", dijo la paciente Greenson , explica así el sentido de un reflejo de
la identidad en la lengua y también la posibilidad de que pueda desarrollar una
personalidad múltiple. La función de la resistencia de un segundo idioma puede
desarrollar básicamente de dos maneras diferentes: para construir una defensa como
terraplén contra la aparición de conflictos infantiles reprimidos , a continuación, un
baluarte en contra de su lengua materna , o se puede haber una resistencia a aprender
un nuevo idioma , que implica una dificultad a internalizar nuevos elementos.
Greenson escribe : "
El aprendizaje de
una nueva lengua
implica
la
introyección
de
objetos nuevos, y si
hay
resistencia
a
abandonar los viejos
objetos , esto puede
convertirse en un
obstáculo
a
este
proceso. Se sabe que
en el
asignar un
nuevo nombre a un
objeto hay falta de
voluntad . Es más
fácil adoptar nuevas palabras y vocabulario nuevo , que mutar acento o entonación.
El vocabulario y la gramática se pueden aprender de una manera racional , pero el
acento , el tono y el ritmo tienen que ser imitados, o sea, encorporados . Este es el
núcleo más profundo de la lengua , tan íntimamente conectada a la primera relación
madre-hijo , y por lo tanto es màs difícil cambiar lengua para los adultos. La
facilidad de aprender un idioma es quizás determinado por los resultados del primer
104 contacto con la madre. En otro pasaje , Greenson habla de la función del lenguaje en
la relación entre la madre y el bebé, que es a la vez un factor de identificación". 50El
lenguaje es tanto una forma de mantener el vínculo con la madre como un medio
para desprenderse de ella . La succión del pecho de la madre al bebé que sustituye
introjecting ahora la nueva madre del líquido, sonidos , adquiriendo al mismo tiempo
la posibilidad de repetir esta antigua gratificación en un pasivo activo . El niño
reemplaza así la pasividad y el apego a la madre con la actividad y la identificación
con la madre a través del lenguaje . Es fácil imaginar , por tanto, que la relación
original entre el niño y el pecho de la madre ejerce una influencia decisiva en la
relación del niño con la lengua materna " .51
50
No soy dueña de ninguna de las citas de la presente página, todas pertenecen a la Ralph R. Greenson
Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998. 51
No soy dueña de ninguna de las citas de la presente página, todas pertenecen a la Ralph R. Greenson
Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998. 105 SEGUNDO CAPìTULO
El cerebro humano
¿Qué es el cerebro?
El cerebro es el órgano principal del sistema nervioso central , presente en los
vertebrados y en todos los animales en simetría bilateral , incluso el hombre . En los
vertebrados , el cerebro se encuentra en el vértice del eje cerebroespinal , en el
interior del cráneo . El término correcto para denotar el conjunto de estructuras
contenidas dentro de la caja del craneo
es el encefalo , cuyo cerebro es una
parte . El cerebro es responsable, junto
con el sistema endocrino, de parte de
la regulación de las funciones vitales y
es
el
hogar
de
los
ajustes
homeostáticos y de las funciones
cerebrales superiores .
El
cerebro
importante
es
del
el
órgano
sistema
más
nervioso
central con un peso bastante variable y de un máximo de 1.500 gramos y tiene un
volumen entre los 1.100 y 1.300 cm ³, teniendo en cuenta la posibilidad de
variaciones significativas entre los individuos , también se relaciona con sexo , edad
y otros factores .
106 Lasáreasdelcerebroinvolucradasenel"aprenderunidioma”.
El lenguaje tiene una organización de tipo focal. Y eso es lo que nos diferencia de
los animales , a pesar de que todavía se comunican , pero de una manera diferente .
La diferencia es que nuestro lenguaje es proporcional o simbólico , mientras que los
animales tienen un lenguaje emocional .
Las áreas de lenguaje se dividen en :
• Áreas diputadas a la decodificación del lenguaje .
• Áreas diputadas a la producción del lenguaje .
El cerebro desde un punto de vista operativo se puede dividir en dos partes :
Frente = parte ejecutiva del cerebro es en el lóbulo frontal de la función motora.
Posterior = la parte perceptiva del cerebro .
Las funciones de producción de la lengua son principalmente: frontal, lateral inferior.
107 Las funciones de decodificación del lenguaje y los símbolos son : la corteza posterior
a la central, principalmente la corteza del lóbulo temporoparietal , entonces, la lengua
se desarrolla sustancialmente en la Cisura de Silvio .
Las áreas que el cerebro utiliza para el aprendizaje de un nuevo idioma
Corteza auditiva primaria: el sitio donde viene el estímulo auditivo y acústico, no
el significado. A partir de aquí el mensaje es decodificado en el área de Wernicke
que tiene la función de decodificar el mensaje de aquel sonido en el significado .
El área de Broca : àrea en la que hay la producción , en la que existe la memoria
expresiva de las palabras y por la cual hay la “emisiòn de la palabra”.
Área de Wernicke : designado para recibir la palabra , la transformación de una
palabra en lo que significa . Cuando esta área debe transferir la información o el
pensamiento las transfiere en la área de Broca , en donde el fonema se transforma en
palabra.
108 Cinconvoluciòn angular : diputada a la decodificación y la percepción de la palabra
escrita. Se encuentra cerca del área de Wernicke, y a la area asociativa del lóbulo
occipital , lugar donde la palabra escrita llega a la corteza calcarina y se transfiere a
las zonas multimodales de la corteza occipital , cerca de la circunvolución angular.
Fascículo arqueado: es un fascìculo de materia blanca que conecta el componente
sensorial de la lengua con el componente expresivo del lenguaje , de hecho si hay
una lesión de este fascìculo se habla de afasia transcortical .
ElàreadeHeschl
El àrea de Heschl es la parte del cerebro que contiene la corteza auditiva , que es el
área que gobierna la percepción de los sonidos . Sin embargo, su tamaño también
depende de otra capacidad , de aprender más o menos fácilmente un idioma
extranjero . El aprendizaje de una lengua distinta de la materna no es sólo una
109 cuestión de ejercicio, sino también un regalo de madre naturaleza . A descubrirlo
fueron los investigadores de la Universidad Northwestern en Chicago, con un estudio
publicado en la revista Cerebral Cortex. Los científicos realizaron un experimento
con 17 personas entre los 18 y los 26 años . Midieron el tamaño de su àrea de Heschl ,
a través de una resonancia magnética del cerebro , y sobre esta base han sido capaces
de adivinar para cuales , entre ellos , habìa sido màs fácil aprender 18 palabras de un
lenguaje pseudo- inventado . Cuanto mayor es el volumen de la zona de medida , de
hecho , más fácil era para los jovenes aprender nuevas palabras. En particular , a
hacer la diferencia fue el tamaño de la parte izquierda del àrea, como dice uno de los
autores
del
estudio
,
Catherine
Warrier.
.
Al frente del equipo de investigadores fue el neurocientífico Patrick Wong, profesor
asistente a la Universidad de Northwestern, que ha utilizado un método ya
desarrollado por Virginia Penhune y Robert Zatorre , Montreal Neurological
Institute . A todos los participantes en el estudio , todos oradores estrictamente
nativos de Inglaterra , se midiò el àrea de Heschl . Luego entraron en una cabina
insonorizada , donde escucharon sonidos de una sílaba 6 CADA INDIVIDUO ( pesh ,
Dree , ner , nuck y fute ). Las pseudo- palabras eran 18 , ya que en las lenguas
tonales el significado de una palabra cambia dependiendo del tono. Los 18 pseudopalabras se han asociado con imágenes que representan su significado . El sonido "
pesh " , por ejemplo , se ha relacionado , según el tono, las palabras " vaso" , " lápiz "
y " mesa" . Los nueve participantes con el àrea de Heschl más voluminosa han tenido
110 una tasa de éxito del 97% en la identificación de pseudo- palabras. Los otros 9 se
pararon a un 63% . Algunos de ellos han necesitado casi 18 sesiones para reconocer
los sonidos. Existe, pues, un vínculo entre la biología y la lingüística , algunos
hombres son más propensos que otros a aprender un idioma extranjero . En el
pasado , otros estudios han demostrado un vínculo entre habilidades de lenguaje y la
estructura del cerebro , pero por primera vez, se identifica la ubicación precisa de
este fenómeno .
111 Conclusiòn
Aunque el aprendizaje de un idioma sea a menudo una cuestión de la cabeza, los
menos dotados no tienen que desesperarse . La constancia de la aplicación en los
estudios no es inútil. Y la investigación de los científicos estadounidenses se hizo
principalmente para que ellos la utilizaran. Porque su propósito es " comprender
mejor el funcionamiento del cerebro , y ayudar a mejorar la enseñanza de idiomas . "
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http://www.treccani.it/enciclopedia/area-di-broca_%28Dizionario-di-Medicina%29/
115 Ringraziamenti
In primis, un ringraziamento particolare e speciale va alle mie correlatrici: Maria
Nocito e Rita di Rosa. Grazie per la pazienza, la disponibilità e la dedizione al mio
lavoro. Le parole non saranno mai abbastanza per spiegare la mia gratitudine. Spero
di cuore che l’argomento vi sia piaciuto nonostante il duro lavoro.
Ringrazio la Professoressa Adriana Bisirri, Direttrice della SSML Gregorio VII e
relatrice della mia tesi in lingua italiana, un ringraziamento anche alla Professoressa
Claudia Piemonte, mia relatrice e curatrice degli aspetti multimediali del mio
elaborato.
Ringrazio la mia famiglia: mamma, papà, mia sorella Giulia. So che starmi vicino
non è un’ impresa facile, specialmente quando la mia testardaggine mi impedisce di
guardare le cose in modo diverso, o più semplice. Grazie per ogni vostra parola o
gesto d’affetto, farò del mio meglio per rendervi sempre fieri di me.
Grazie alla mia tifoseria preferita: nonni, zii, cugini, amici. I vostri consigli mi sono
sempre tornati utili. Mi avete sempre strappato un sorriso anche nei periodi più
difficili, spero che anche io , nel mio piccolo, riesca a farvi stare bene come voi fate
stare bene me.
Ringraziamento d’obbligo e di cuore a “Casa de’ Matti”, i miei coinquilini che per
tre anni hanno sopportato ogni mia stranezza: il mio umorismo incomprensibile
116 (grazie per aver riso anche quando non capivate cosa avessi detto), i miei periodi “no”
( so che i vostri nervi saldi sono stati messi a dura prova), etc… Grazie per aver
sempre scelto di guardare la parte migliore di me, per la cura e la delicatezza che
avete sempre riservato alle mie debolezze. Grazie : Lisa, Riccardo, Stefano e Tino.
So per certo che al mondo non c’è nessun altro che mi conosca bene quanto voi, vi
porterò sempre nell’angolo dei miei ricordi più belli.
Con tanto affetto,
Serena.
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