La "Quinton" vuole lasciare Colico Sono a rischio 46 posti di lavoro

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La "Quinton" vuole lasciare Colico Sono a rischio 46 posti di lavoro
[LECCO ECONOMIA 11 ]
LA PROVINCIA
S A B AT O 3 A P R I L E 2 0 1 0
[ LA CRISI DELL’ALTO LAGO ]
[ L’ASSESSORE DADATI ]
La "Quinton" vuole lasciare Colico
Sono a rischio 46 posti di lavoro
«Serve una festa
che celebri il lavoro
e le imprese
del Lecchese»
La multinazionale ha annunciato ai sindacati l’intenzione di cessare l’attività
COLICO L’alto lago rischia di perdere
un’impresa metalmeccanica che vanta una
storia industriale di trent’anni. E’ la Quinton Hazzel di Colico, un’azienda di 46 dipendenti specializzata nella produzione di
dischi per freni dedicati al settore auto motive. L’amministrazione della Quinton la
scorsa settimana ha convocato i sindacalisti di Fiom Cgil e Fim Cisl e, mostrando dati di bilancio in picchiata, ha annunciato
che non sarà più possibile mantenere attiva l’unità produttiva di Colico. L’ennesimo
duro colpo per un territorio che negli ultimi anni ha visto la fuoriuscita di importanti realtà industriali, l’ultima in ordine di tempo è la chiusura dello stabilimento derviese del Catenificio Regina, che risale a circa
un anno e mezzo fa. Allora l’industria Regina aveva tagliato 30 posti di lavoro sull’alto lago, concentrando l’attività a Cernusco
Lombardone.
Il copione si ripete ora alla Quinton Hazzel
di Colico. L’azienda negli ultimi otto anni
era stata amministrata dalla multinazionale Affinia e il 2 febbraio è stata ceduta a
un’altra multinazionale, la Klarius. I vertici della Klarius, dopo aver spulciato i dati
di bilancio dell’azienda metalmeccanica di
Colico, hanno convocato i sindacati per un
primo incontro conoscitivo, nel corso del
quale hanno anche annunciato l’intenzione di chiudere i cancelli della Quinton:
«Una settimana fa si è svolto un incontro
tra le parti sociali – spiega Mauro Castelli
della Fiom Cgil – si è trattato del primo incontro con la nuova società che lo scorso
2 febbraio ha acquistato la Quinton Hazzel,
cioè la multinazionale inglese Klarius. I vertici hanno annunciato che dai dati di bilancio l’azienda negli ultimi due anni ha perso 2 milioni di euro e che i costi di produzione sono talmente alti da rendere impraticabile il proseguimento dell’attività industriale. A perdere il posto sarebbero in 46,
ma attendiamo l’incontro di martedì per capire quali siano le reali intenzioni dell’azienda. Sicuramente è anomalo che, a distanza di due mesi dall’acquisizione dell’azienda, questa multinazionale sia già riuscita a esaminare nel dettaglio l’attività industriale. Sembra invece che il tutto fosse
già stato programmato prima della compravendita e sorge il dubbio che questa multinazionale sia più interessata all’acquisizione del marchio che alla continuità produttiva».
Secondo la multinazionale Klarius lo stabilimento di Colico soffrirebbe anche per evidenti difficoltà logistiche: «Ma noi – continua Castelli – abbiamo fatto notare che lo
stabilimento si trova a mezzo chilometro
dalla superstrada». Tra le parti sociali si avvierà una trattativa e l’obiettivo del sinda-
Il sindacato: «L’azienda
ha spiegato che negli
ultimi due anni ha
perso 2 milioni di euro
e che i costi di
produzione sono
troppo alti»
cato sarà quello di scongiurare la chiusura dello stabilimento, tanto più perché fino a qualche settimana fa l’azienda non aveva manifestato segnali di
difficoltà: «In un momento di crisi
congiunturale la Quinton ha usato nel
2009 solo 25 settimane di cassa integrazione ordinaria. Le istituzioni italiane mettono a disposizione strumento ad hoc per affrontare situazioni di
difficoltà come questa e noi abbiamo
già posto sul tavolo la possibilità di
utilizzare gli ammortizzatori sociali».
Pierangelo Arnoldi della Fim Cisl ha
annunciato che le parti sociali si incontreranno nuovamente martedì
prossimo. In quell’occasione l’azienda dovrà annunciare le proprie intenzioni sulla gestione della situazione
di criticità. «In base all’esito dell’incontro e alle comunicazioni dell’azienda decideremo quali azioni mettere in campo», conclude Arnoldi.
Gloria Riva
IL CURATORE FALLIMENTARE DI "RIMERO"
«Erc High Light continuerà a produrre»
(gl.riv.) Una delle prime azioni di Edoardo Palma Camozzi, da poco nominato curatore fallimentare di Rimero, è stata quella di visitare lo
stabilimento di Calolziocorte dove lavorano i
150 dipendenti della Erc High Light. L’azienda,
nata dalle ceneri di Erc circa un anno e otto mesi fa, in seguito alla messa in liquidazione della Rimero da parte della famiglia Borsani, era
stata creata dalla prima liquidatrice Serenella
Rossano, poi destituita dal suo incarico per attriti con la proprietà. Camozzi è stato nominato curatore fallimentare della Rimero dal Tribunale di Milano in seguito all’istanza di fallimento nei confronti della Rimero presentata da
alcuni fornitori che non avevano ricevuto alcun
compenso per le opere prestate alla società di
Calolziocorte.
«Nella mia qualità di curatore fallimentare della Rimero in liquidazione tengo a precisare che
la Erc Highlight (società controllata al 100% dalla Rimero) proseguirà la sua attività attraverso
un organo amministrativo autonomo di fiducia
della Procedura fallimentare avviata». Con la
nomina del nuovo curatore è stata destituita dal
suo incarico Clotilde Maggi, la liquidatrice della Rimero, mentre l’amministratore di Erc High Light, Ivo Bendotti, verrà confermato o sostituito in base alle decisioni del curatore, ma per
il momento continuerà nel suo lavoro. «La Erc
High Light manterrà intatta la sua operatività –
spiega Camozzi – E soprattutto rimarranno inalterati i rapporti con i dipendenti».
LECCO (gl.riv.) Crisi, licenziamenti, cassa
integrazione, cessazione di attività, dimagrimento del personale: da un anno a questa
parte il territorio si è abituato ad avere a che
fare con queste spiacevoli notizie.
Ma contro lo scoramento Fabio Dadati, assessore alle attività produttive dell’amministrazione provinciale di Lecco, ha lanciato
l’idea di organizzare una grande “Festa dell’orgoglio del lavoro lecchese” in occasione
del Primo Maggio.
«L’idea mi è venuta ascoltando le storie degli imprenditori disperati e impotenti di fronte al crollo degli ordini – dice l’assessore –
il lecchese è fatto di tanti industriali che vivono il lavoro come un elemento di orgoglio personale e molto spesso leggono i bilanci in calo come una loro colpa, un loro
errore. Nonostante la crisi economica passi sopra le loro teste, si sentono colpevoli
per quanto sta avvenendo. Lo stesso vale per
i lavoratori che hanno sempre svolto con
costanza e dedizione
«L’iniziativa
il loro lavoro e oggi,
senza averne colpa,
vuole mettere
si trovano estromesin evidenza
si dal ciclo produttile qualità
vo». Fabio Dadati, un
esponente della delavorative
stra lecchese sembra
dei lecchesi»
sul punto di una conversione, arrivando a
battere sul tempo persino il sindacato nell’organizzazione della
festa del Primo Maggio.
«Alla luce della gravissima crisi economica
che colpisce lavoratori e aziende, propongo
di dedicare la ricorrenza del Primo Maggio,
Festa dei lavoratori, alla “Festa dell’orgoglio
del lavoro lecchese”, iniziativa che vuole
mettere in evidenza le grandi qualità dei lecchesi, intraprendenti e dediti al lavoro, riportando fiducia nei propri mezzi e ottimismo sulla capacità di reazione. Lavoratori, imprenditori e istituzioni devono trascorrere la Festa del Primo Maggio uniti per combattere prima di tutto quel senso di scoramento e disfattismo che inevitabilmente si
crea con il protrarsi delle difficoltà economiche. Noi tutti insieme dobbiamo lottare
perché a fronte della cessazione di un’attività produttiva, possa seguire la nascita di
una nuova, capace di competere in misura
maggiore rispetto alla precedente».
Proprio ieri Dadati ha inviato un messaggio
per l’organizzazione dell’evento a tutti gli
enti interessati – le istituzioni Provincia di
Lecco, Prefettura di Lecco e Camera di Commercio, le parti sociali Cgil, Cisl e Uil e le
Associazioni di categoria Confartigianato,
Confindustria, Ance, Unione Artigiani, Coldiretti, Confagricoltura, Ance, Api.
[ ACQUISITI NUOVI IMPORTANTI ORDINI ]
Leuci accende le luci del lavoro notturno
Cresce la produzione proprio quando entra a regime il contratto di solidarietà
LECCO (gl.riv.) Buone notizie no. «Questo perché delle dodiper l’azienda di lampadine Leu- ci linee produttive presenti alci che incamera nuovi ordini da la Leuci solo una ha la possibimettere in produzione. Per iro- lità di realizzare questo tipo spenia della sorte, dopo
ciale di lampadina –
che l’azienda e i sinspiegano Germano
dacati hanno dato
Bosisio e Maurizio
Per
avvio al contratto di
Esposito delegati
solidarietà per tutte
consegnare le aziendali della Leule cento maestranze,
lampadine gli ci – per questo si è
l’ufficio commerciastabilito di gestire
operai sono
le ha incamerato un
l’attività industriale
importante ordine
impegnati su su tre turni. Se si riuper la realizzazione
scirà a modificare
tre turni
di lampade speciali
anche le altre linee
da forno.
produttive per la reaPer consegnare al
lizzazione delle lamcliente le lampadine entro la fi- pade da forno è possibile che
ne di aprile le maestranze da lu- dal mese di maggio l’azienda
nedì scorso stanno lavorando incameri altre commesse di
su tre turni, di cui uno nottur- questo genere e questo sarà se-
gnale di miglioramento seppur
minimo. Se ciò avverrà può darsi che la maggior parte dei dipendenti potrà rientrare al lavoro a tempo pieno rendendo
momentaneamente superfluo
il contratto di solidarietà. Proprio per questo motivo noi avevamo chiesto all’azienda di posticipare l’avvio dell’ammortizzatore sociale, sapendo che aprile sarebbe stato un mese di lavoro intenso, ma l’azienda non
ha voluto ascoltarci».
Da giovedì per i 100 lavoratori
è stato aperto un contratto di solidarietà, di conseguenza per
tutto il mese di aprile lavoreranno contemporaneamente cinquantasei maestranze: «Nel primo mese di avvio della proce-
dura – spiega Esposito – l’azienda è obbligata a non aumentare il numero di lavoratori impegnati sulle linee produttive e
questo sta complicando le cose
perché nel mese di aprile sono entrati alcuni ordini e a fatica 56 persone riescono a reggere il carico di lavoro, nonostante la continua rotazione».
Ma il progetto per il futuro della Leuci va ben al di là delle
lampade da forno: «Le lampade da forno sono un piccolo elemento, non sufficiente a porre
in acque sicure la Leuci. Noi per
quest’azienda abbiamo piani
ben più ampi e che speriamo di
poter presto concretizzare», dice l’rsu Esposito. Infatti entro la
fine del mese si svolgeranno al-
Alla Leuci nuovi ordini
cuni incontri con le amministrazioni locali nel tentativo di
creare una nuova unità produttiva rivolta alle lampade led.
«Queste ultime sono particolarmente innovative e presto diverranno le più sfruttate soprattutto nel campo dell’illuminazione pubblica – spiega Esposito – Le lampade led sono regolabili per quanto riguarda i
consumi, la potenza e l’intensità, rispondendo così a qualsiasi esigenza e con un costante risparmio energetico». Ma per
la realizzazione di questo progetto sarà necessario che Sergio
Pisati, titolare di Leuci, tenga fede alle sue promesse, scegliendo di accogliere nuovi imprenditori nella sede dello stabilimento lecchese.