ottobre 2010 - Comune di Penna in Teverina
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ottobre 2010 - Comune di Penna in Teverina
L a BIBLIOTECA INforma… La mia poesia è alacre come il fuoco, trascorre tra le mie dita come un rosario. Non prego perché sono un poeta della sventura che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore, sono il poeta che grida e gioca con le sue grida, sono il poeta che canta e non trova parole, sono la paglia arida sopra cui batte il suono, sono la ninnanànna che fa piangere i figli, sono la vanagloria che si lascia cadere, il manto di metallo di una lunga preghiera del passato cordoglio che non vede la luce. (Alda Merini: da “La volpe e il sipario”, 1997) L'editoriale Un piccolo uomo cencioso e scalzo, ammanettato tra due carabinieri, procedeva a balzelloni, nella strada deserta e polverosa, come in un penoso ritmo di danza, forse perché zoppo o ferito a un piede. Tra i due personaggi in uniforme nera, che nella crudezza della luce estiva sembravano maschere funebri, il piccolo uomo aveva un vivace aspetto terroso, come di animale catturato in un fosso. Egli portava sulla schiena un fagottino dal quale usciva, in accompagnamento al suo saltellare, uno stridio simile a quello della cicala. L'immagine pietosa e buffa m'apparve e venne incontro mentre mi trovavo seduto sulla soglia di casa, col sillabario sulle ginocchia, alle prime difficoltà con le vocali e le consonanti; e fu una distrazione inaspettata che mi mosse al riso. Mi girai attorno per trovare qualcuno che condividesse la mia allegria e in quello stesso momento, dall'interno della casa, udii sopraggiungere il passo pesante di mio padre. "Guarda com'è buffo", gli dissi ridendo. Ma mio padre mi fissò severamente, mi sollevò di peso tirandomi per un orecchio e mi condusse nella sua camera. Non l'avevo mai visto così malcontento di me. "Cosa ho fatto di male?" gli chiesi stropicciandomi l'orecchio indolorito. "Non si deride un detenuto, mai". "Perché no?" "Perché non può difendersi. E poi perché forse è innocente. In ogni caso perché è un infelice". Senza aggiungere altro mi lasciò solo nella camera, in preda a un turbamento di una nuova specie. Le vocali e le consonanti, con i loro complicati accoppiamenti, non mi interessavano più. Quella stessa sera, invece di mandarmi a letto all'ora abituale, mio padre mi condusse in piazza con sé, cosa che gli accadeva raramente; e invece di restare, come al solito, con i suoi amici, dalla parte della Società di Mutuo Soccorso, andò a sedersi a un tavolino, davanti al Caffè dei "galantuomini", dove vari signori si godevano il fresco dopo la giornata afosa. Al tavolino accanto il pretore conversava col medico condotto. "Di che cosa è incolpato l'uomo arrestato oggi?" chiese mio padre al pretore col quale era in buone relazioni. "Ha rubato", rispose il pretore. "Di dov'è il ladro? E' un vagabondo? E' un disoccupato?" chiese ancora mio padre. "E' un manovale della fabbrica di mattoni, e pare che abbia rubato qualcosa al padrone", rispose il pretore. "Ha forse rubato anche a te?" "Strano", disse mio padre. "Scalzo e vestito di stracci come l'ho visto, egli aveva piuttosto l'aria di un derubato". (Da I. Silone: "Uscita di Sicurezza", Vallecchi) 2 Il punto “Chi crede nell’armonia del mondo contemporaneo si propone di riconoscere le diverse identità della natura umana senza doverle incasellare all’interno di una visione semplicistica delle cose. Un’idea positiva di diritti umani è quella che ci porta a credere che ciascun individuo possa scegliere autorevolmente cosa è meglio per se e per la propria esistenza”. (Federico Mercuri) I prossimi sei numeri del giornalino saranno dedicati alla politica: il tema ci sembra importante per crescere insieme nell'aiuto reciproco attraverso la riflessione e la condivisione di idee ed esperienze. Perché questa idea? Perché la biblioteca, oltre ad essere un luogo di incontro e di lettura, è anche e soprattutto uno stimolo al pensiero creativo di tutti. Non tutti hanno il tempo e il modo di frequentare la biblioteca. Tutti però possono trovare, anche al di fuori dei tempi di apertura, un m omento per riflettere sul contenuto del nostro essere e sul nostro vivere insieme. “L'uomo è per sua natura un essere politico” diceva già Aristotele nel IV secolo a. C. E ciò che un cittadino fa o pensa si riflette inevitabilmente su tutta la comunità. Anche la dichiarazione e la vita di chi “non si interessa di politica”. Cominciamo dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo. Il metodo sarà quello di proporre alcuni articoli alla volta (sono 30 articoli) e invitare a una riflessione comune. Ci sembra che sia questa la vera educazione politica, oltre e prima delle singole appartenenze ai partiti che ad ognuno sono simpatici. Secondo me, come conclusione della riflessione, riconosciuti validi i principi proposti, dovremmo chiederci: “Il partito politico cui io appartengo - o a cui va la mia simpatia – che cosa fa per aderire o per a questi principi? E io che cosa faccio?” La “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo” è un documento sui diritti individuali, firmato a Parigi il 10 dicembre1948, la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite perché avesse applicazione in tutti gli stati membri. Il mondo era appena uscito dalla barbarie del Nazismo da una parte e dal piccolo Fascismo dall'altra ed da una spaventosa guerra che aveva viste coinvolte molte nazioni. Si cercava disperatamente di ricostruire il contesto politico della fede nell'uomo e nella sua ragione. Non ha valenza giuridica .- e quindi gli Stati non sono vincolati ad osservare i principi affermati; ma è un codice etico di importanza storica fondamentale: per la prima volta vengono sanciti universalmente - cioè in ogni epoca storica e in ogni parte del mondo - i diritti che spettano all'essere umano. Lucio Pietrantoni 3 Eleanor Roosvelt presenta la Dichiarazione DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO Preambolo Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione; Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni; Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà; Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni, L‟ASSEMBLEA GENERALE proclama LA PRESENTE DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione. 4 DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 2 1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. 2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico internazionale del paese o del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità. Invito alla riflessione: 1. Il Preambolo alla “Dichiarazione Universale dei diritti umani” da una parte descrive le cause storiche e sociali che hanno portato alla necessità di scrivere tale Carta, dall‟altra contiene elementi che, se presi in considerazione e attuati, possono portare alla libertà e alla pace nel mondo. Sei convinto di questo? Perché? 2. Sempre nel Preambolo si afferma che “gli Stati membri (cioè delle Nazioni Unite) si sono impegnati a perseguire … il rispetto e l‟osservanza universale dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali”. Sai però che Nazioni Unite sono organizzate in modo che nel “Consiglio di sicurezza” alcuni Stati (Cina, Russia, Regno Unito (= Inghilterra), Stati Uniti d‟America e Francia) hanno il diritto di veto contro decisioni che ad ognuno di essi risulti sgradita? Come risolveresti questa assurdità? 3. I primi due articoli della “Dichiarazione” stabiliscono i concetti fondamentali di libertà e di uguaglianza. Che cosa significa per te che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”? Oggi in Italia hanno pari dignità i portatori di handicap, gli omosessuali, i poveri, gli anziani, gli stranieri, i senza fissa dimora, i carcerati e gli excarcerati,…? Tu come ti comporti? Perché? 4. L‟articolo due specifica che non ci può essere nessun tipo di impedimento perché l‟uomo sia riconosciuto libero e uguale agli altri in dignità e diritto. Che senso hanno per te le parole “negro”, “handicappato”, “fro…”, “figlio di …”? Ti senti tanto diverso da loro da pretendere maggiori diritti? Perché? Su quale base? 5 La novella (continua dal numero precedente...) San Gennaro non lasciò trasparire la delusione, si inchinò, invitandomi a fare altrettanto e, con il solo movimento degli occhi, mi fece capire che dovevamo affrettarci ad andare. “San Gennà, scusatemi, io vi saluto, ritorno sulla mia panchina, non solo perché non conosco la strada che conduce in paradiso, ma anche perché non si sa mai, possono accadere tante cose: il ritorno potrebbe essere difficoltoso ed io potrei trovarmi in paradiso prima del tempo; poi, può succedere che sbagliamo strada, andiamo a finire all‟inferno ed io, in verità, non ci tengo proprio, fa troppo caldo, lingue di fuoco, ferri roventi……. no..., San Gennà io rimango a Penna, Voi accomodatevi pure, fate buon viaggio !” Mi ero appena girato, che il Santo, appoggiandomi il braccio sulla spalla mi invitò a seguirlo; mi disse che non ci sarebbe stato alcun pericolo perché lui conosceva tutti i sentieri e tutti i metodi per evitare o allontanare ogni qualsivoglia inconveniente. Rassicuratomi e con il braccio del Santo ancora sulla mia spalla, mi ritrovai all‟ingresso dell‟inferno. “San Genna – dico io – ma noi siamo finiti all‟inferno, Dante non dovrebbe essere in paradiso? “ “ Ma non ti hanno mai detto che per arrivare in paradiso bisogna passare per l‟inferno?” “Speriamo in bene”, pensavo tra me, afferrandomi al suo braccio e facendomi scudo con il suo corpo. San Gennaro, senza alcun motivo apparente, invece di entrare dall‟ingresso principale si incamminò in un sentiero/vicoletto laterale, parzialmente coperto da cespugli selvatici, affinché si avverasse la profezia citata da Dante: “ Nel mezzo del cammin della sua vita, San Gennaro spuntò da un “ vicariello”…” Alla fine del vicoletto ci trovammo di fonte Caronte che, mettendo in brutta mostra tutta la sua mole in piedi nella barca, si rivolse a noi con tono arrogante: “Dovete traghettare? avete i soldi del biglietto: 200 euro? “ San Gennaro si tolse la tiara dal capo, mostrò il denaro e lo inserì nel sacro cappello che porse a Caronte. Costui prese il copricapo, lo sistemò in un vano a prua ed avviò la barca verso l‟altra sponda. Giunti che fummo, chiesi al Santo per quale motivo avesse abilmente trattenuto il denaro lasciando a Caronte il solo cappello. “Guagliò, quello, Caronte è un mariuolo, non dovrebbe chiedere i soldi; non è giusto farsi pagare dalle persone per poi spedirle all‟inferno. E poi, quest‟imbroglio lo voleva perpetrare proprio a danno di due napoletani? “ San Gennà, guardate là, c‟è un fiera con dodici teste, mi sembra minacciosa, che dobbiamo fare” dico io, mentre catturo l‟attenzione del Santo tirandogli un lembo dei paramenti sacri. “ Non ti preoccupare, quest‟insetto inutile fa sempre così, vuole giocare”, cosi dicendo, si rivolse a quel bestione feroce che lui definì insetto e gli intimò di andarsene; l‟ “insetto” continuava ad aprire le dodici bocche con quattordici fiamme (n.d.r. forse c‟è un errore di conteggio? No, miracoli infernali !). San Gennaro, a questo punto, si rivolse a lui in modo visibilmente minaccioso: fece un cerchio con l‟indice ed il pollice delle due mani avendo cura di distanziare le dita fino a formare un cerchio di almeno 50 cm. di diametro. Le dodici teste con le fiamme a seguito scomparvero rientrando immediatamente nei loro alveoli naturali. Più si andava avanti, più aumentavano le urla di dolore, i lamenti e gli stridii, ed io più mi nascondevo dietro i paramenti sacri di San Gennaro. Non potei evitare, tuttavia, di vedere un sofferente dal volto noto, anche se i pochi capelli, un tempo color mogano, erano diventati 6 totalmente bianchi. “ Mi consenta… “, diceva, ma il diavoletto imperterrito continuava a passargli un ferro rovente sulla lingua impedendogli di parlare, ben conoscendo, il diavoletto, la capacità “diabolica” di quell‟organo. Incontrammo un‟altra persona, dalle sembianze mi sembrava una donna, aveva i capelli lunghi ed una strana corona sulla testa: riceveva due schiaffi a destra e due a sinistra con quegli arnesi che i pizzaioli adoperano per infornare le pizze, poi spuntava una testa di ferro e le dava una capocciata al centro. “ San Gennà” – intervenni io quasi impietosito – che ha commesso questa poveretta che incassa mazzate a destra a sinistra ed al centro, quella capocciata di ferro, poi ! “ “Quella è una tortura che si chiama S.P.C.C. sta per “Schiaffo Perenne Con Capocciata” la poveretta è l‟Italia: a destra a sinistra ed al centro, le piglia sempre, perché tace sempre! Come dite voi “ Chi tace acconsente” ed incorre nella punizione S.P.C.C. . Ai confini tra l‟inferno ed il purgatorio, notai una persona, elegantemente vestita, in ginocchio sui ceci, piangeva con la “erre moscia”, al collo aveva un astuccio e spesso chiamava Marx chiedendo aiuto. San Gennaro, anticipando la mia richiesta di chiarimento mi disse: “Vedi, quello è „nu buono guaglione però è un poco ateo, sta sui ceci in ginocchio fino a quando non chiede aiuto a qualche santo, solo allora, passa avanti e incomincia il percorso verso la Luce”. “Visto che si tratta di una brava persona che non ha mai fatto male a nessuno, perché non gli diciamo cosa deve fare?”, dissi io, rivolgendomi al Santo che continuò a camminare senza rispondere, come se non mi avesse sentito. “ Adesso o mai più” pensai tra me. Mi volsi verso il sofferente in ginocchio: ps..ps..ei.ei. , lui mi guardò ed io gli dissi: “Senti, fammi un favore, mi dici come si chiama il patrono di Napoli?” “San Gennaro” , mi rispose. “ Non ho sentito, urla più forte, per piacere” , e lui di nuovo urlando:”San Gennaro” e scomparve dalla mia vista. Lo rividi più avanti in una condizione migliore. Fatti pochi metri vidi un uomo con una folta barba circondato da un nugolo di diavoletti con in mano i più svariati arnesi: pinze, martelli, cacciavite di diverse dimensioni, apparecchi per fare i “tests”e quant‟altro sarebbe potuto servire per una accurata messa a punto; un robusto diavoletto/meccanico aveva in mano un‟ascia con la quale aprì la testa proprio mentre guardavo; dal cranio schizzò di tutto: fili attorcigliati, bulloni, rotelline dentate, piastrine con circuiti stampati ed altro materiale non definibile. I meccanici, prontamente, si misero all‟opera per riparare i possibili guasti adoperando gli arnesi di propria competenza, poi, rimettevano tutto nel cranio richiudendolo con uno speciale mastice, ed attendevano che l‟uomo con la barba parlasse, se continuava a dire “il capitale” , i meccanici dovevano ripetere l‟operazione anche all‟infinito, perché sul cranio c‟era una garanzia illimitata. Finalmente uscimmo dall‟inferno, attraversammo il purgatorio con la raccomandazione di San Gennaro che mi disse: “ Curati di loro, prega , guarda e passa…e più non dimandare”. Ubbidii camminando in silenzio. Improvvisamente apparve davanti ai nostri occhi un prato verde con tantissime aiuole e panchine riparate da macchie che sembravano mediterranee. Una di queste panchine era occupata da un monaco che aveva i mano una penna e sulle ginocchia un libro, forse era S. Benedetto, al quale chiesi: “Per favore, può dirmi dov‟è Dante? “ “Più avanti, alla dodicesima 7 macchia, trova Dante in compagnia di Virgilio”. Dopo aver ringraziato il nostro informatore, raggiungemmo la dodicesima panchina, dove trovammo Dante e Virgilio che discutevano tra loro: ”Caro Maestro, io credo che ogni uomo abbia dentro di sé un‟unica fonte di energia che si trasforma in amore oppure odio in funzione di avvenimenti esterni” “ Hai detto una cosa giusta, Dante, però l‟uomo deve imparare, finché è sulla terra, a gestire gli avvenimenti esterni e la sua energia , per evitare di essere condizionato….” “Buongiorno, - dicemmo all‟unisono San Gennaro ed io – siamo venuti fin qua per chiedereVi un favore”. Dante e Virgilio alzarono lo sguardo verso di noi ed avvenne una cosa che non mi sarei mai aspettato: Dante si alzò e si diresse verso San Gennaro con le braccia aperte : “Gennarì comme stai, so‟ cuntento „e te vedè. Quale buon vento ti ha spinto in paradiso? “ Anche Virgilio salutò Gennarino in vernacolo napoletano e attese di conoscere il motivo della nostra visita. “ Dante, come tu sai, molti napoletani vivono in tutto il mondo e vorrebbero sentire il mio nome nella litania dei Santi. Noi ci siamo rivolti….” A questo punto San Gennaro, racconta del parroco, del vescovo, del cardinale del papa e dell‟inserimento in uno dei cieli della “Divina Commedia” giusto suggerimento delle auguste personalità. Dante ascoltò la storia con attenzione, si concentrò rivolgendo il viso verso nord, ci offrì il profilo e generò l‟inevitabile quanto scontata osservazione circa il naso eccessivamente adunco, più che aquilino direi “aquilone”. “ Gennarì, sono talmente contento di vederti che ti faccio scegliere tra il secondo cielo, quello degli spiriti attivi e l‟ottavo, dove ci sono gli spiriti trionfanti.” “ Padre Dante, ti ringrazio, hai finalmente colmato una grande deficienza. Per quando riguarda la scelta, ti prego di inserirmi nel secondo cielo , quello degli “attivi”; mi è più congeniale, visto che mi strapazzano ad ogni piè sospinto per “attivare” il mio sangue.” “Gennarì adesso mi devi fare un favore, ora che sei tra gli spiriti attivi. Appena scendi a Napoli devi andare in quel vicoletto che dicono “ degli orefici”, ci sono degli artigiani molto bravi ai quali devi affidare il compito di copiare pezzo per pezzo il tuo tesoro, poi metti in vendita il tesoro vero con una grande asta internazionale; una volta accumulata l‟immensa fortuna, devi restaurare il “Reale Albergo dei Poveri” che si estende per un fronte ininterrotto di 354 metri con 450 stanze alte ben quattro metri; può ospitare con certezza tutti quei poveretti che dormono nei cartoni. Il progetto originario, voluto da Carlo III di Borbone, prevedeva un‟estensione di 600 metri di lunghezza, 135 di larghezza ed un possibilità di accogliere ( pernottamento e vitto) ben 8000 poveri. Ti diranno che l‟attuale tesoro è foriero di un flusso turistico con offerte a seguito. Tu gli risponderai che un‟opera del genere, unitamente al tesoro “falso” che esporrai in bella mostra, richiamerà tanti di quei turisti e pioveranno tanto di quelle offerte che sarà possibile provvedere alle esigenze del Duomo, della Curia e di tutti i poveretti della Campania. La cospicua differenza che rimarrà ogni anno, potrà essere utilizzata per costruire altri alberghi dei poveri, in altre città italiane o in altri paesi bisognosi. Oggi, si direbbe una grande catena in franchising.” San Gennaro annuì, divenne triste in volto, abbracciò Dante e Virgilio e prendemmo la via del ritorno. Ci ritrovammo a Penna, seduti sulla panchina. “ San Gennà, scusatemi, toglietemi una curiosità: Dante e Virgilio erano Napoletani?” “Tu vuoi sapere troppe cose guagliò, ma visto che hai collaborato ti dirò che Virgilio è stato a Napoli per molto tempo, tant‟è che è morto a Napoli ed ivi è sepolto, in un bel parco insieme a Leopardi. Dante è mezzo Napoletano, nel senso che sua madre Gabriella, (Gabriellina per i napoletani), amava Virgilio e veniva spesso a pregare presso la 8 sua tomba. Un bel giorno le si presentò un signore, un certo Amedeo, napoletano di nobile stirpe, affabile colto ed affascinante; disse di essere un parente di Virgilio; in verità gli somigliava alquanto. Gabriellina , dopo un po‟ di frequentazioni, si innamorò di Amedeo e dopo nove mesi nacque Dante. In seguito Gabriellina non rivide più Amedeo perché Alighiero, ricco e nobile fiorentino, le chiese di sposarlo. Adesso si capisce perché Virgilio si prese cura di Dante e gli fece da guida; ancora oggi, come hai potuto constatare, è molto legato a lui.” “San Gennà, ma perché questa storia i libri…… San Gennà…… San Genna “ San Gennaro è scomparso non lo vedo più, mi alzo per allungare lo sguardo “ San Gennaro dove siete?” urlo più forte per farmi sentire. San Gennaro se ne andato, ma quando vado a Napoli gli faccio visita , mi deve dare alcune spiegazioni. Qualcuno mi sta strattonando e mi chiama per nome: “Geppino, Geppino, svegliati” Se non mi fossi svegliato era meglio. Intanto mia moglie ha voluto sapere chi era Gabriellina e poi Dante, Virgilio, tutti nomi di donne camuffati, secondo lei. San Gennà aiutami tu! Geppino Scudieri 9 Penna viva FESTA DELLA VENDEMMIA TRENTESIMA EDIZIONE La “Festa della Vendemmia”, come al solito, ha richiamato un folto pubblico. E‟ piaciuta, e sicuramente piacerà anche in futuro, perché è un contenitore di cultura, di tradizioni e di dimostrazione della laboriosità, non solo dei nostri viticultori, ma anche dell‟intero paese. La Pro Loco ha coperto in modo efficiente i molteplici aspetti della manifestazione dimostrando competenza ed anche un‟indiscussa capacità organizzativa: si pensi solo alla difficoltà per distribuire l‟immenso carico di lavoro tra i numerosi volontari ai quali mi sia consentito di rivolgere un segno sensibile di lode condiviso, ne sono certo, dai Pennesi tutti. L‟intero paese, a mio avviso, partecipando in modo entusiastico alla festa ed offrendo una collaborazione attiva e consapevole, ha contribuito, in modo significativo, alla buona riuscita della manifestazione che è iniziata con un‟esibizione della centenaria banda Bonafede diretta dalla maestra Luisa Polli e si è conclusa con musiche di diverse estrazioni eseguite da più gruppi esibitisi sia in piazza S. Valentino che in piazza della Libertà. Costoro, molto applauditi e conosciuti da un nutrito numero di spettatori, hanno riscosso significativi consensi. Il piccolo popolo di espositori itineranti hanno lasciato le loro postazioni con i volti soddisfatti: vuol dire che gli affari sono andati bene e questo non guasta. Un vecchio e saggio brontolone diceva:“ Il meglio può essere migliorato”. Vista l‟affluenza decisamente maggiore rispetto allo scorso anno, sicuramente la giunta comunale ed i diretti responsabili aumenteranno gli sforzi per rendere sempre più entusiasmante e pregna di interesse la “Festa della vendemmia 2011”. G. S. OTTOBRE : PIOVONO LIBRI L‟incontro culturale che si è tenuto nella sala consiliare del Comune il giorno 2 ottobre u.s., ha avuto come protagonista un cardine della cultura umbra: la professoressa Igea Frezza, che ha presentato il suo ultimo libro “Semantica dell‟Umbria”, Morlacchi editore, Perugia 2010, € 13.00. La prefazione del libro, curata da Mario Morcellini, indica la traccia entro cui si è mossa l'autrice 10 nell'illustrare la sua ultima fatica: "Grazie a una convenzione ormai accettata, l'Umbria è descritta come uno scrigno. Bisogna darsi da fare per aprirlo e per capirlo. Ma quando si penetra questo tesoro, non è senza conseguenze per la sensibilità e per il gusto estetico. Si può cominciare a capire, allora, cosa vuol dire "essere nato in un posto, averlo nel sangue, starci già mezzo sepolto insieme ai vecchi": come ci insegna il poeta dei paesi, "è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione". È questo sentimento che ci ricorda quanto l'Umbria è una regione che ha legami inossidabili con la tradizione, non un posto in cui si possa impunemente licenziare il passato, quello che siamo stati. Ma la sua semantica non è solo racchiusa nella storia e nella memoria. È straordinariamente contemporanea a noi stessi”. Così, vengono esaltate le caratteristiche peculiari della nostra regione: la storia millenaria, i tantissimi e famosi borghi medievali, i preziosissimi reperti archeologici, le tradizioni ancora ben radicate nel territorio e nei costumi degli Umbri; ma anche le nostre specialità gastronomiche, le semplici e antiche ricette dei gustosi piatti umbri, i nostri paesaggi dalle dolci e verdeggianti colline, la professionalità e la serietà dei nostri imprenditori, la laboriosità persistente nel mondo del lavoro ed una buona gestione della cosa pubblica: tutti elementi, questi, che possono rappresentare, evidenziati nel modo migliore, delle molteplici e concrete opportunità di sviluppo; e certamente costituiscono delle validissime basi per una evoluzione sociale, culturale ed economica. Sono seguiti autorevoli interventi da parte del prof. Alì Ait Abdelmalek dell'Università di Rennes e della professoressa Maria Caterina Federici dell‟Università di Perugia che in modo eccellente hanno recensito i vari aspetti del libro. G.S. 11 Invito alla lettura Elif Shafak: Le quaranta porte, Rizzoli, Milano 2009 “Si dice che il confine tra perdersi in Dio e perdere la ragione sia sottilissimo” (p. 45) “Dio non è da qualche parte su nel cielo. E’ dentro di noi, dentro ciascuno di noi. Ecco perché non ci abbandona mai. Come potrebbe abbandonare se stesso?” (p. 47) E‟ la storia di un amore. Di uno, due, dieci personaggi diversi, reali e immaginari, vivi o vissuti molti anni fa, o che potrebbero esistere in un momento qualsiasi e in qualsiasi lembo di terra. Shams-i Tabriz ed Ella, Aziz e Baba Zaman, Rumi e Kerra, Hasan e Rosa del Deserto, Suleiman il beone e lo zelota, „Ala ad-Din e Kimya e Baybars il guerriero, e Sultan Walad il figlio e Husam il discepolo, e infine il sicario. Anche il suo un atto di amore? E l‟amore certamente ha cambiato Rumi. “Ho pensato di non poter più vivere. Ho pensato che la luce del mio spirito sia stata spenta e che sarei rimasto al buio per sempre. Ma quando mi sono trovato avvolto in queste tenebre dense, quando entrambi i miei occhi si sono chiusi al mondo, un terzo occhio si è aperto nel mio cuore. E solo allora ha capito che la vista fisica ostacola la conoscenza interiore. Nessun occhio può vedere con tanta profondità quanto l‟occhio dell‟amore” (p. 430). “«E‟ la quarantesima regola» … «Una vita senza amore è una vita senza importanza. Non chiederti di quale tipo di amore andare in cerca, spirituale o materiale, divino o mondano, orientale o occidentale … le divisioni portano solo ad altre divisioni. L‟amore non ha etichette né definizioni. E‟ quello che è, puro e semplice …” (p. 439 s) Ma partiamo dall‟inizio. Ella è una donna ormai in quella fase della vita in cui comincia a capire che non può più vivere di passato e di famiglia. La figlia è ormai adulta e sta cercando la sua libertà. A lei Ella cerca in tutti i modi di evitare che incorra nei suoi stessi sbagli. Il matrimonio in primo luogo. Il marito l‟ha tradita da tanto tempo e lei è stanca di subire in nome dell‟unità familiare. “Galeotto”, anche in questo caso, un libro: “La dolce eresia”, pervenuto per caso nelle mani di Ella, “un romanzo storico e mistico, che racconta lo straordinario rapporto tra Rumi, massimo poeta e riverito capo spirituale dell‟Islam, e Shams-i Tabriz, un derviscio oscuro e ribelle dalle mille sorprese e dai mille scandali” (p. 26 s). Perché “Per tanti versi il Ventunesimo secolo non è così diverso dal Tredicesimo. Entrambi saranno ricordati nella storia come tempi di inauditi scontri e incomprensioni religiose e culturali e per il senso diffuso di insicurezza e paura del diverso. In periodi come questi il bisogno di amore è più forte che mai” (p. 28). La paura del diverso. L‟attualità. 12 E i vari personaggi escono pian piano dalla maschera che si erano cucita addosso e che gli altri hanno contribuito a costruire. Ella riuscirà a superare la sua situazione familiare che la vedeva in crisi sia come madre che come moglie e vivrà una breve, ma intensissima passione per l‟autore del libro. Sharm-i Tabriz sarà ucciso, ma avrà fatto di Rumi un poeta e un derviscio. “Ogni vincitore è incline a pensare che trionferà per sempre. Ogni sconfitto tende a temere che sarà sconfitto per sempre. Si ingannano entrambi, e per la stessa ragione: tutto cambia, tranne il volto di Dio” (p. 432). E Rumi riotterrà l‟amore di suo figlio Sultan Walad, pieno di rancore per quell‟amicizia che toglieva al figlio l‟amore del padre. Aziz, autore del libro, vivrà con Ella quell‟amore che egli andava predicando ma che mancava di concretezza. Ma i cambiamenti avvengono maggiormente nei personaggi femminili, che l‟autrice sente ancora più vicini alla propria sensibilità: Kerra, Kimya e soprattutto Rosa del Deserto, la meretrice, che, dopo la sua coraggiosa fuga, prigioniera nel bordello di Baghdad, diverrà una devota della scuola di Rumi. Così Aziz ha assolto il suo compito. Ora anche lui se ne può andare in pace. La morte è la naturale risposta all‟amore vissuto. “La nostra è la religione dell‟amore. Siamo tutti anelli della catena formata dai nostri cuori. Se e quando uno degli anelli si spezza, un altro se ne aggiunge altrove” (p. 433). “«E‟ la quarantesima regola» … «L‟amore è l‟acqua della vita. E un amante è un animo di fuoco! L‟universo gira in un altro modo quando il fuoco ama l‟acqua»” (p. 440). Lucio Pietrantoni 13 La Biblioteca Informa ● orario: orario invernale: dal lunedì al venerdì dalle 16.00 alle 19.00 orario estivo: dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00 ● attività: - consultazione e prestito libri - ascolto musica - visione di cassette VHS e di CD Rom - assistenza ai compiti scolastici - supporto alle materie scolastiche: italiano, latino, greco, matematica, fisica, inglese. a cura della Biblioteca Comunale di Penna – anno 1 numero 6 – ottobre 2010 14